La Repubblica 20.02.2000
Montalbano e' in crisi e vuole scrivere gialli

Il commissario Montalbano non sa fischiare. Non gli riesce proprio, sin dai tempi della scuola. In conpenso, pero', in altri campi e' un vero genio: spiluccare il pesce fresco con perizia da scienziato, tenere salda la sua squadra, ragionare, in rivoli intricati come i rami di un ulivo saraceno, senza pero' negarsi l'azzardo dell'intuito. Anche se nell'ultimo La gita a Tindari, uscito venerdi' da Sellerio - divertito, sagace, lieve e perfetto come solo il giallista di Porto Empedocle sa fare - il suo papa' e mentore Andrea Camilleri ha deciso di mettergli in testa una nidiata di dubbi e di grilli, uno per ogni capello bianco sopraggiunto a ingriggirgli le tempie.

Camilleri, due omicidi, tre vittime, una girandola di belle donne, un finale che sembra tornare, per cosi' dire, alle origini. Ma soprattutto un nuovo Montalbano, con piu' ombre e meno scrupoli, anche sentimentali ...
Beh, certo, prima o poi per il commissario doveva arrivare la stagione dei bilanci. E' confuso, si interroga sul tempo che passa, a tratti diventa nostalgico, e' in tutto e per tutto un uomo di 50 anni, che non va confuso con la faccia serena e giovanile del suo alter ego televisivo. E' un po' in crisi, ma di sicuro non cambiera' mestiere, perche' lui e' un istituzionale, non ha la stoffa del seguggio privato.

Pero' nelle ultime pagine parla addirittura di un'ipotetica carriera letteriaria, se non fosse che il genere poliziesco e' considerato di serie B. E' una licenza del personaggio o una polemica tra le righe?
E' una polemica, senz'altro. Oggi ci sono i giallisti puri e gli autori che nel giallo mettono un po' di costume, di sociologia. Da questo punto di vista il giallo e' riuscito a possedere e raccontare quella realta' che negli altri libri e' scomparsa. In questo senso e' un genere vincente, anche se non sempre compreso.

Il ritratto del mafioso, invece, e' sin troppo chiaro: prima vagamente oleografico, poi spietato. C'e' piu' verita' o romanzo?
Credo piu' romanzo. La mafia di don Balduccio che racconto all'inizio e' quella che ho conosciuto meglio, antica, patriarcale, quasi mitica. Poi pero' diventa feroce, assolutamente all'avanguardia, padrona della tecnologia. Questa e' la nuova mafia.

Ma i ranghi dell'ordine pubblico e delle istituzioni, piu' che soldati valorosi pronti a combatterla sembrano un esercito allo sbaraglio?
Per molti versi e' cosi'. La scena del commissario dell'Antimafia che in visita in Sicilia urla davanti alla polizia e alla guardia di finanza: dov'e' lo stato , e' vera. Ho solo omesso il nome di Del Turco per decenza.

Meglio la finzione, i personaggi di Catarella, Fazio, di Mimi' Augello e della svedese, su cui, tra l'altro, incombe il sospetto di una notte galeotta con Montalbano. Ce n'e' uno in particolare che si e' dimostrato piu felice nella creazione?
Non saprei. Sono tutti tasselli necessari. Spesso nei miei libri sembra tutto narrato con grande facilita', come se dietro non ci fosse fatica. Ma la fatica c'e', come negli esercizi di un trapezista, che nasconde il lavoro e il sacrificio con la leggerezza delle sue acrobazie.

La gita a Tindari e' ancora fresco di stampa, ma lei ha gia' nuovi progetti?
Penso che adesso sia venuto il momento di riprendere Il re di Girgenti , che dorme da troppo tempo. E' un lavoro difficile perche' devo cercare di rendere con naturalezza il dialetto contadino del Seicento. Poi, a fine marzo, andra' sugli schermi RAI la nuova serie di Montalbano, smepre con Zingaretti. Ne ho visto una puntata e sono piu' che soddisfatto. Il mio poliziotto in tv ha trovato un destino felice.

Federica Certa