Il Messaggero 07.02.2000
La solidarietà, questo è il futuro
La globalizzazione. Le
trasmigrazioni da Continente a Continente. La corruzione
della politica. E questi sono i veleni. La famiglia. La
solidarietà personale. La forza delle idee. E questi sono
gli antídoti. Dice Andrea Camilleri: «Si fa sperpero
dell'aggettivo "epocale", che andrebbe speso con maggiore
parsimonia. Ma questo passaggio di Secolo, che è anche di
Millennio, prefigura all'orizzonte problemi immensi da
giustificare il suo uso». L'annunciata morte del libro,
sorride, prima di entrare nel vivo, non è una
preoccupazione: «Se muore il libro non è 'sta gran cosa. La
comunicazione continua per altre strade: Internet,
eccetera. Non è finito niente. Il Novecento, breve nella
sua complessità mostruosa, è stato anche bellissimo per le
conquiste. Quando il Cinema non fu più muto, ci si chiese
(saggio di Luigi Pirandello) se il Cinema parlante avrebbe
ucciso il Teatro. Il Cinema parlante non ha ammazzato
nessuno. Casomai ha arricchito la comunicazione». Non
vorrebbe arrischiarsi più di tanto: i cambiamenti a breve,
che si ipotizzano, rischiano di essere fronteggiati su
binari sbagliati: «Non disponiamo di tutte le conoscenze
necessarie per poter affermare perentoriamente che cosa
accadrà fra 15 anni».
Tutto ciò premesso, crede che
nel Duemila i problemi veri, «che gli altri dovranno
affrontare», sono perlomeno due. «Il primo: la globalizzazione. Ogni giorno, negli ultimi tempi, veniamo
informati di fusioni gigantesche fra gruppi economici già
potentissimi di per sé, per cui il controllo di risorse
vitali si concentra in poche mani. E quindi ho
l'impressione che occorra cambiare il concetto di Nazione,
di Stato. La questione è l'organizzazione dell'economia. Un
altro problema che mi angoscia è la mancata presa di
coscienza, da parte di chi dovrebbe, del fenomeno
dell'immigrazione. Io sono tranquillissimamente sicuro che,
nei prossimi anni, le migrazioni diventeranno tante e
siffatte da trasformare il volto delle persone. Masse di
individui si sposteranno da Continente a Continente. E
alcuni valori subiranno delle alterazioni, perché si
determineranno inevitabili sovrapposizioni», prevede Camilleri, siciliano di Porto Empedocle, in provincia di
Agrigento, 75 anni, a lungo sceneggiatore e regista
radiofonico, teatrale e televisivo, produttore (Le inchieste del commissario
Maigret e Il tenente Sheridan), prima del debutto come romanziere nel 1978,
creatore del commissario Montalbano.
Il mutamento
sarà cosmico. E inarrestabile. «Che cosa dobbiamo salvare o
recuperare dei nostri valori? E' sbagliato il tentativo di
costringere ai nostri usi, costumi e abitudini gente che ne
ha altri. E' ridicolo difendersi da un carro armato con uno
stuzzicadenti: semmai ci si difende col proprio corpo, come
è accaduto a Piazza Tien An Men, e gli si impedisce di
andare avanti. L'atto di quel giovane mi ha molto colpito.
Ma, dall'altra parte, invisibile, dentro il carro armato,
c'era un altro giovane che, davanti a quel gesto, non ha
avuto il coraggio di compiere il suo».
Alcuni fatti avverranno automaticamente. «Per esempio: il concetto di
nazionalità, come l'abbiamo fino a questo momento
concepito, è un valore da portarsi appresso? Io comincio ad
avere dei dubbi fortissimi. Uno può anche scegliere di
farlo e cercare di difenderlo. Ma è una guerra persa.
Invece mi piacerebbe portarmi appresso, e solidamente, il
valore della famiglia, forse perché sono diventato vecchio,
ho quattro nipoti e m'è venuta una singolare incapacità di
leggere notizie come quella del neonato abbandonato nel
cassonetto». Quando una donna della sua generazione era
nell'impossibilità di tenere un figlio, ricorda Camilleri,
lo lasciava nella ruota dei conventi, «in modo che le suore
lo trovassero immediatamente». O davanti alla porta di una
casa, «in modo che venisse raccolto al momento
dell'abbandono». Non vuole giudicare, ma il cassonetto lo
sconvolge: «E' la perdita terribile di un valore
fondamentale».
L'idea di famiglia è stata profondamente
alterata. «Io non sono per una famiglia patriarcale, col
padre-padrone. In quella da cui provengo, la dialettica era
un momento fondamentale. Ma restava il senso dei rapporti
interni». Non ha alcuna intenzione di difendere a spada
tratta l'istituzione, purchessia, nelle forme tradizionali.
«Vorrei che fossero conservati i sentimenti di base che
costituiscono l'essenza del nucleo familiare, perché penso
che questa sorta di planetario movimento di razze, di
religioni e di costumi riduca sempre di più il carattere etnico-nazionale, e la famiglia potrebbe in qualche modo
rafforzare la possibilità di salvaguardare l'identità delle
singole persone».
Altre virtù da portarsi appresso,
o da recuperare, sono quelle della cui esistenza ci
accorgiamo quando le vediamo scomparire, sottolinea: «I
valori che riguardano la relazione tra politica e Onestà:
sì, con la O maiuscola. Dover mantenere a tutti i costi i
partiti a un certo livello di produzione di sé ha
cagionato, non solo in Italia, ma in Paesi che ritenevamo
di una moralità cristallina, Germania e Israele, la
corruzione e la degenerazione di questo rapporto. Allora,
qual è la virtù da proclamare come valore irrinunciabile?
Il denaro, pubblico e privato, non può in alcun modo
interferire coi fatti e la gestione della politica: se un
partito, per mantenersi a galla, ha bisogno di soldi, e
tanti, vuol dire che non crede alla forza del suo progetto.
Anche perché, in vista dei mutamenti "epocali" alle porte,
non si tratterà più di amministrare e governare lo Stato di
una volta, ma uno Stato multietnico».
Occorre
liberarsi, aggiunge Camilleri, delle correnti e delle
sottocorrenti dei partiti. «Vanno lasciate al Novecento. Le
divisioni e le sottodivisioni sono un "lusso" che non
possiamo permetterci e verranno spazzate via. Il Secolo che
si è appena concluso ci ha consegnato tanti esempi positivi
e tanti enormemente negativi. Dobbiamo salvare e difendere
il valore dell'uomo in sé, come creatura umana, e opporci
tenacemente alla massificazione dell'individuo, che è
atroce. Un morto ci impressiona; 10.000 in un campo di
concentramento diventano una statistica. Quando nei
documentari abbiamo visto i lager nazisti, una tragedia che
offende l'umanità, siamo inorriditi: "Possibile che l'uomo
abbia fatto scempio dell'uomo?". Ma la Storia, anche la più
recente, non ha insegnato nulla».
E allora, dice,
portiamoci appresso il movimento, non solo europeo, della
solidarietà che si esprime a livello personale. «Il
volontariato non ha dietro di sé un organismo statale o un
partito. Quando Firenze fu devastata dall'alluvione,
centinaia di giovani partirono per salvare le opere d'Arte,
i libri, la città. Alcuni sono rimasti per salvare l'uomo:
questo è un valore enorme da diffondere. Può anche accadere
che nella Missione Arcobaleno si scoprano (se sarà
confermato) 10 ladruncoli. Ma questo càpita in ogni parte
nel mondo. Saremmo utopisti senza speranza se pretendessimo
l'Onestà sempre e dovunque: faremmo del moralismo astratto,
perché l'Onestà bisogna poi saperla concretizzare in
valore. La solidarietà privata, che scatta fulmineamente
nei singoli, è la fonte di salvezza decisiva. Una volta i
giovani si spostavano, viaggiavano, sospinti dalle
ideologie, per organizzare gratuitamente i Festival
dell'Amicizia o de L'Unità. Le ideologie sono cadute. Non
sono caduti gli ideali. La voglia di dare, che caratterizza
la gioventù migliore, si è trasferita nella solidarietà.
Una scintilla c'è sempre. E' un valore enorme: bisogna che
diventi fuoco. Adesso che gli Stati abbassano il livello di
assistenza e di soccorso, se non si coltiva la solidarietà
fra gli uomini abbiamo il neonato nel cassonetto. O lo
spastico abbandonato. Nel Novecento, in mezzo a centinaia
di migliaia di orrori, il valore-uomo ogni tanto lo abbiamo
intravisto». conclude Andrea Camilleri. «Identifichiamolo.
Non iberniamolo. E trasferiamolo, di pari passo, nel
Duemila».