La Stampa 10.12.2000
Camilleri: mia moglie è il primo «censore»
«Le idee per i racconti mi vengono mentre stiro camicie e pantaloni Poi scrivo sempre la mattina presto»

Lo scrittore Andrea Camilleri vive in un appartamento nel quartiere Prati di Roma, una casa arredata con semplicità, molte biblioteche con libri di narrativa ed enciclopedie. Camilleri entra nel suo studio, preceduto dal fumo della sigaretta, vestito con un impeccabile completo di velluto blu scuro, una camicia a righe e una cravatta scura.

Che cosa significa essere siciliano?
«E’ una domanda che mi mette in imbarazzo. Io sono un italiano nato in Sicilia. Essere siciliano significa avere un maggior senso di appartenenza alla propria terra. Per me è una ‘’ragione di scrittura’’: non potrei raccontare di altri luoghi che non conosco bene come conosco la Sicilia».

Usando una lingua che non è dialetto siciliano né italiano?
«Sì. E’ una lingua in gran parte inventata, un dialetto trasformato. Questa è forse la ragione per cui tanti siciliani non si ritrovano nella mio modo di scrivere».
Come fanno a tradurre i suoi libri in altre lingue?
«In Francia utilizzano un francese ecumenico. Prendiamo il verbo “tambasiare”: tambasiare significa nel mio linguaggio alzarsi dal letto, non lavarsi, non farsi la barba, vestirsi alla meno peggio, spostare un libro naturalmente senza leggerlo. Per tradurre questa parola in francese hanno usato un verbo normanno».

«La scomparsa di Patò», pubblicato da Mondadori, la «Biografia del figlio cambiato» (Pirandello), edito da Rizzoli: perché ha tanti editori?
«Per un lungo periodo ho scritto solo per la Sellerio, poi ho ceduto alla tentazione perché volevo vedere se ‘’reggevo’’ con un grande editore come Rizzoli o Mondadori. Chiunque può guidare una Cinquecento ma è difficile che riesca anche guidare una Ferrari».

Le interessa il calcio?
«No, sono due i motivi per cui non posso interessarmi al calcio. Uno, perché mio padre era il presidente della Empedoclina. Ricordo, come un incubo, quando, la domenica sera, cominciava la lunga attesa di papà che rientrava dalla partita. Un tormento che mi ha inseguito per tutta l’infanzia. La seconda ragione è che una domenica mi trovavo in casa e, non essendoci mia moglie, guardai una partita di calcio. La trovai interessante, bella anche nella sua geometria di gioco. Quando tornò, mia moglie mi disse: “Cosa guardi?”, ‘’La partita’’ risposi. Lei disse: “Com’è possibile che tu guardi la partita come se stessi guardando un film hard?”. Da allora non ne ho più guardate».

Sua moglie ha molta influenza su di lei.
«Moltissima. L’ha sempre avuta, temo i suoi giudizi. Quando facevo il regista, alla prima temevo più il parere di mia moglie che quelli di Silvio D’Amico o di Giorgio Prosperi».

E’ siciliana?
«No, è nata a Roma ed è cresciuta a Milano».

Lei è padre e nonno. Ha tre figli e quattro nipoti. Si dice che i suoi figli siano gelosi dei nipoti, perchè?
«Un padre avverte un forte senso di responsabilità verso i figli. Io non sono il vero padre siciliano, ma pretendo educazione. Con i nipoti sono più permissivo».

Tornerà a scrivere di Montalbano, il commissario più famoso d’Italia si sposerà?
«Non lo so».

Non ci saranno nuove avventure?
«Può darsi che finendo la sua storia, cominci quella di un altro personaggio. Comunque non lo farò certamente morire».

Quando scrive?
«Preferisco la mattina verso le 7. A quell’ora sono lavato, sbarbato, devo essere vestito di tutto punto per mettermi a scrivere».

Fuma molto?

«Sì, una sessantina di sigarette al giorno, ma le lascio a metà. E non fumo dove non si deve fumare. Bevevo tanto whisky, una bottiglia e mezza al giorno, anche a digiuno, perché non mi dava segni esteriori di alterazioni. Poi smisi perché mi sono sentito male a Vienna».

Che cosa significa essere un uomo del Sud?
«Come tutti i meridionali amo moltissimo il Nord e mi piace vivere a Torino o a Trieste. Sono attirato dall’ordine che c’è in quelle città».

E’ pigro?
«No, affatto. Mi lucido le scarpe, stiro pantaloni e camicie».

Perché?
«Da ragazzo mi scocciava molto che i miei pantaloni non avessero la piega. E così pure non mi piaceva che la camicia avesse delle piccole grinze. Ero pignolo, allora mia madre mi insegnò a stirare. E mentre stiro penso e organizzo i miei racconti».

Sa cucinare?
«No. Io sapevo solo mangiare. Mio padre cucinava benissimo. Da quando molte cose a tavola mi sono negate, le faccio mangiare a Montalbano».

Come vive il suo successo?
«E’ straordinariamente gratificante. Ma lo godo più internamente che esteriormente. Nulla è cambiato nella mia vita: i mobili di casa sono gli stessi, gli amici, le vacanze. Ma ho maggior fiducia in me stesso»

Quali sono i suoi scrittori preferiti?
«Gogol di “Anime morte” e “I racconti di Pietroburgo”, Pirandello, Brancati, Sciascia che chiamo “l’elettrauto Sciascia”».


Alain Elkann