"Stilos" (supplemento letterario de "La Sicilia") del 15/08/2000 

Ma perché la testa non gli ha fatto dire di scrivere un diario?

Se Camilleri non avesse consentito che La testa ci fa dire divenisse un libro sotto forma di dialogo (che però risulta un'intervista giornalistica), avremmo avuto un appassionante romanzo autobiografico la cui principale qualità stilistica sarebbe stata la negazione dell'espressionismo linguistico. La narrazione che Camilleri fa in prima persona della sua vita, calata nella sua personale Weltanschauung, tutta, come avrebbe detto Brancati, <<cose e fatti>>, aneddotica e affatto shining, una autentica Wunderkammer, è quanto di meglio il genere diaristico avrebbe potuto dare ed è la prova che Camilleri riesce efficace e piacevole anche senza servirsi del suo pastiche. Scopriamo un Camilleri che non solo esercita con levità l'affabulazione orale, con le scansioni e le proprietà del monologo reso in teatro, le stesse che ritroviamo anche nei modi semantici dei suoi romanzi, ma anche un Camilleri egli stesso personagigo di romanzo, avendo avuto una vita traboccante di res gestae, imprevisti e colpi di scena - tanto da chiederci perché non l'abbia raccontata senza comprimari né commis, la cui presenza, del tutto esornativa, produce il
solo effetto di rallentare e appesantire il ritmo del racconto intridendo una franta ibridazione di fatti eccezionali e di quotidiani accadimenti, tale è lo scarto tra la vita e la Erlebnis di Camilleri e quella del suo pur generoso intervistatore. Sul quale -essendo Sorgi anch'egli siciliano- pesa in più la
tara di rendere la sicilitudine una sorta di olla podrida buona per tutte le occasioni, quando è piuttosto all'idea di sicilianità che egli trova forse di dover ricondurre opinioni e azioni di un Camilleri fine letterato e lucido pensatore, la sicilitudine -concetto isolato da Sciascia- essendo, quale elemento antitetico al sicilianismo, un modo d'essere dei siciliani legato, dice Sciascia <<a particolari vicissitudini storiche e alla particolarità degli istituti>> e che quindi nulla può avere del patrimonio genetico dei siciliani, alla cui sfera può semmai rimandare la sicilianità, entro la cui nozione il riferimento insistito al dato della natura anziché della storia, quando postula cause esimenti e entifica alibi, prende il nome di sicilianismo.
Letto come opera del solo Camilleri, sicché il titolo andrebbe corretto in quello di La testa mi fa dire, questo libro in forma di Mémoires rimasti in vitro assume un'importanza decisiva per conoscere l'officina creativa di Camilleri e scoprire una vita la cui vicenda ha influito in profondità sulla sua invenzione letteraria. Una vita dove è accaduto di tutto e dove troviamo con Camilleri papi, grandi registi, scrittori, uomini politici, gerarchi fascisti, il tapis roulant insomma sul quale scorre l'Italia del dopoguerra vista attraverso la formazione di un siciliano della diaspora, del <<mare aperto>>, che è stato capace di trovare, pirandellianamente o tilgherianamente, l'agòn di forma e vita.

Gianni Bonina