La Sicilia 14.11.2000

Il dossier di Camilleri
ROMA - «Murì Patò o s'ammucciò?», ovvero «Patò è morto o si è nascosto?». E' la scritta che compare il 23 marzo 1890 sui muri di Vigata, la città siciliana immaginaria, creata da Andrea Camilleri, e nelle prime pagine del suo nuovo romanzo, «La scomparsa di Patò» in libreria da domani. E' il nuovo mistero proposto dallo scrittore italiano di maggiore successo degli ultimi anni. La scomparsa di Patò, che segue l'ultima avventura di Montalbano (500 mila copie vendute), mantiene la promessa fatta dalla scrittore sulla «novità per la struttura narrativa». Se, infatti, in opere precedenti lo scrittore siciliano aveva alternato parti narrate a parti epistolari o documentali, stavolta in Patò la scelta è ancor più estremizzata: il dossier. Tra le tante pagine non si consuma un solo colloquio, non si indugia su una sola descrizione: assetto e storia sono affidate a lettere, atti, rapporti ufficiali. «Da questa mole di documenti il lettore elaborerà i personaggi», spiega Camilleri. L'altra novità del romanzo è nella lingua: scompare il lessico tradizionale di Camilleri. Al posto delle espressioni siciliane diventate familiari al lettore dei suoi romanzi ('taliata', 'stinnicchiato', 'acchianata','cataminato'), in «Patò» domina il burocratese di inizio secolo di cui Camilleri aveva già dato un assaggio in 'La mossa del cavallo' e che qui trova la sua realizzazione grazie alla conoscenza dei linguaggi ed alle grandi capacità manipolatorie. Così, a mano a mano che sale l'importanza sociale dello scrivente, dal brigadiere al prefetto al sottosegretario, si resta sempre più avviluppati nel dedalo linguistico di 'adeso', 'ultroneo', 'accivire', sostantivi e verbi rintracciabili soltanto in dizionari dell'epoca. La storia di Patò, ambientata a Vigata nel secolo scorso, parte da uno scritto di Leonardo Sciascia contenuto in «A ciascuno il suo». «Trae spunto da lontanissime radici che possono essere vere come di leggenda popolare - spiega l'autore-, nasce in occasione di uno degli spettacoli più popolari, una sorta di rappresentazione di Cristo che avviene nelle pubbliche piazze e nei teatri. Iniziative seguitissime nell'Ottocento quando giunse in provincia di Agrigento una compagnia di guitti, recitò tanto bene che fu loro concesso l'uso di un orto con abitazione purchè ogni sera recitassero il Mortorio. Si andò avanti per un anno». Antonio Patò, nipote di un'alta personalità politica più o meno coinvolta in oscuri maneggi, impersonando Giuda nel Mortorio cade come da copione in una botola ma non ne esce più, scompare. Pur essendo il protagonista, non si vede mai, non interviene mai e solo chi l'ha visto ne conosce le fattezze. «Un maresciallo dei carabinieri e un delegato di polizia - spiega Camilleri - obbligati a compiere insieme le indagini abbandonano la rivalità e collaborano. Tra loro si crea un rapporto di amicizia e di affetto per difendersi da un pericolo non previsto: è in gioco la loro carriera. Tutto il libro è in tono di divertissement».