MESSER FLORIO, DETTO SHAKESPEARE
LO SCRITTORE ANDREA CAMILLERI E IL REGISTA GIUSEPPE DIPASQUALE SI SONO CIMENTATI IN UNA DIVERTENTE E RIUSCITA OPERAZIONE DRAMMATURGICA: TRADURRE IN SICILIANO E METTERE INSCENA UNA COMMEDIA DI SHAKESPEARE AMBIENTATA A MESSINA. "MOLTO RUMORE PER NULLA" E’ COSI’ DIVENTATA "TROPPU TRAFFICU PPI NENTI"
Nella commedia di Shakespeare Molto rumore per nulla c'è
una curiosa battuta rivolta al governatore a proposito della figlia: "Leonato,
riprendetevela: è vostra. Agli amici non si offrono le arance marce".
Una strana metafora, di cui si coglie meglio il senso se si conosce l'analoga
espressione coniata dalla cultura contadina siciliana per designare le
persone da poco, false e meschine: aranci di 'nterra,
ossia arance
raccolto da terra. Spesso, a un primo sguardo, questi frutti caduti si
presentano intatti ma sono in realtà guasti nella parte che è
stata a contatto col terreno e soprattutto hanno la sgradevole caratteristica
di celare sotto la buccia una polpa spugnosa e insapore. Risulta più
chiaro così anche il seguito della frase shakespeariana: "costei
non ha che l'abito e l'aspetto dell'onore. Guardatela ora, che rossore
verginale! Dietro quali parvenze di verità è capace di nascondersi
il peccato!".
Se in Sicilia, terra votata alla coltivazione degli agrumi, non stupisce
il ricorso alla metafora dell'arancia marcia per indicare la pochezza di
qualcuno, più sorprendente à trovare questa stessa immagine
in un autore di ben altre latitudini. Si potrebbe tuttavia dire che Molto
rumore per nulla è una commedia poco anglosassone, non foss'altro
perché la vicenda si svolge a Messina. E sarà per l'ambientazione
siciliana, sarà perché nella trama e nella caratterizzazione
dei per sonaggi sono rappresentati tratti e umori isolani, sarà
forse anche un po' per gioco, ma lo scrittore Andrea Camilleri e il regista
Giuseppe Dipasquale hanno scelto proprio questo testo per cimentarsi la
scorsa estate in una divertente e riuscita operazione drammaturgica: mettere
in scena la commedia shakespeariana tradotta in siciliano. Much Ado
about Notbing è così diventata Troppu trafficu ppi
nenti. "In fondo - dice Camilleri in un'intervista rilasciata
al Corriere della Sera - non abbiamo fatto altro che riportare la
vicenda nella sua parlata originale, quella indicata dal testo. Ma Shakespeare
non conosceva il nostro dialetto, dunque la scrisse nella sua lingua, l'inglese".
Tra il serio e il faceto, lo scrittore agrigentino continua ricordando
la fantasiosa ipotesi di uno studioso ragusano, Martino Juvara, secondo
cui il Bardo dell'età elisabettiana sarebbe stato in realtà
un certo messer Florio, di origini siciliane, costretto ad abbandonare
l'isola dopo aver pubblicato un libello eretico. "Fuggì prima a
Venezia, ospite di tale Otello, un tipo irascibile che durante una discussione
strangolò la moglie, la signora Desdemona, e quindi riparò
in Inghilterra". Scherzi a parte, è vero che Molto rumore per
nulla coglie alcuni aspetti caratteristici dei siciliani, il loro essere 'tragediatori', maestri nel complicarsi la vita per il puro gusto di disquisire
su ogni nonnulla o di esibirsi in scene madri disperandosi, gridando ed
enfatizzando cose di poco conto che potrebbero essere affrontate in tutta
calma. Inoltre - e la metafora dell'arancia ne è un esempio - il
linguaggio dei personaggi sembra davvero permeato di 'sicilitudine'. Il
che ha certamente facilitato i due artefici di Troppu trafficu ppi nenti
nelmisurarsi
col verbo shakespeariano.
Del resto, le traduzioni in dialetto di classici sono abbastanza frequenti,
spesso discutibili ma talvolta geniali e feconde di significati ulteriori,
come nel caso della Tempesta in napoletano di Eduardo De Filippo
o della trilogia di Eschilo 'sicilianizzata' da Emilio Isgrò. "E’
la forza dei grandi testi - ricorda ancora Camilleri - che non solo reggono
ad altre incursioni, ma ne traggono nuova linfa. Il dialetto, patrimonio
inestimabile di una civiltà, arricchisce, non riduce. Il problema
è semmai che oggi, anche da noi, lo si usa poco. Quanto capiranno
i siciliani?".
m.d.l