La Sicilia, 10/05/2001

Il ritorno di Montalbano ieri sera su Raidue
Una gita a Tindari tra delizie e trapianti

di Tony Zermo

L'importante è il cappotto, quel cappotto che il commissario Montalbano indossa per la prima volta all'inizio della "Gita a Tindari" - trasmesso ieri su Rai2 - e che apparteneva a suo padre. Significa tante cose: l'identificazione e la pacificazione col genitore, con il quale in vita non era riuscito a comunicare come avrebbe voluto, la raggiunta maturità del personaggio Montalbano che ha superato i 50 anni e ha metabolizzato le sue crisi intime come il rapporto non risolto con l'eterna fidanzata genovese. Con il cappotto indosso Montalbano perde per sempre quell'aria di commissario un po' scanzonato e ragazzone. Godibile "La gita a Tindari" con persone misteriosamente scomparse e traffici di organi gestiti dalla mafia. L'accoppiata Camilleri-Zingaretti funziona ancora perché presenta cadenze non traumatiche, un’umanità leggibile e gli scenari siciliani che inondano di sole e di tenerezze anche gli angoli bui della trama.
Dobbiamo confessare che Camilleri ci stufava, troppo successo in un'età troppo tarda, ogni libro scalava le classifiche, ogni produzione tv aveva altissimi indici di gradimento, insomma ogni cosa che lo scrittore empedoclino faceva riceveva premi ed osanna. Anche l'uso del dialetto siciliano lo trovavamo a volte eccessivo, insistente. Personalmente continuando a leggerlo, ci siamo ricreduti perché Camilleri ha una prosa talmente sciolta, comprensibile, piana, ma sottilmente affascinante che si potrebbe paragonarlo a Simenon e al suo Maigret. Perché infondo anche Simenon scriveva un libro dopo l'altro e congegnava i suoi "gialli" in modo accattivante e mai sconvolgente nonostante i fatti di nera di cui si occupava. E poi, dice Camilleri, che colpa ne ho se ho sfondato a settant'anni? La colpa non è sua, semmai degli editori che, quando lui era giovane, gli tiravano dietro i manoscritti.
Luca Zingaretti-Montalbano è il Gino Cervi-Maigret in salsa siciliana, a volte più gustosa che non quella del paragone. La bravura di Zingaretti copre anche qualche sbavatura dell'interpretazione degli altri attori. Le produzioni sono state acquistate dalla Svezia, dalla Germania, dalla Francia, il che significa che la Sicilia, i suoi paesaggi e la sua lingua saranno visti e sentiti in mezza Europa, e avranno il sapore della terra buona, del vino generoso, della pasta con le sarde, dei campi assolati e dei miracoli che ti appaiono all'improvviso per stupirti, come il santuario della Madonna nera di Tindari, o il tempio di Selinunte, oppure le sconosciute rovine di Solunto. Peccato che buona parte della riprese siano state girate in commissariato.
Se ci fate caso, nel Montalbano di Camilleri la trama è solo un pretesto accidentale, perché la vera protagonista è la Sicilia, di cui l'uomo di Porto Empedocle ha una nostalgia fanciullesca e inestinguibile. Lui scrive in una villetta dalle parti dell'Amiata, se non ricordiamo male a Roccalbegna, ma il suo pensiero fisso vaga tra le spiagge agrigentine e ragusane, e i paesini dai balconi infiorati che lui ha accomunato nell'unico nome di Vigàta. Dopo la "Gita a Tindari" sarà trasmesso "Tocco d'artista", che non è tratto da un libro, ma da un racconto breve, in cui si descrive il tormento di un commerciante portato al suicidio dagli usurai. Sarà difficile stavolta mantenere quel tono non drammatico delle precedenti puntate della "collana Camilleri".