Il Tempo 09.05.2001

Zingaretti: «Montalbano sòno ma voglio passare alla regia»
ROMA - «Montalbano sòno». E lo dice così bene, Luca Zingaretti, tanto da avvalorare la tesi che non c’è bisogno d’essere siciliani per entrare nella pelle cinematografica di un siciliano. Felice congiunzione che ebbe la perfetta sintesi nel Gattopardo di Burt Lancaster, quando sentimenti, ombrosità, slanci e silenzi servono a restituire, più che un personaggio, stile di genti.
Il merito? Soprattutto di Andrea Camilleri, perché grazie a un buon testo si costruisce un buon film come quello che stasera andrà in onda su Raidue alle 20,50. «La gita a Tindari» dall’omonimo romanzo edito da Sellerio e il 16 maggio il racconto «Tocco d’artista» compreso nella raccolta «Un mese con Montalbano» edito da Mondadori. Questi due si aggiungono ai quattro già visti ai quali poi ne saranno aggiunti altri due o quattro. La saga di Montalbano è ben curata e assomma tutti gli ingredienti che determinano un successo persino transnazionale. Gongola Freccero di Raidue presentando i coproduttori svedesi della televisione di Stato pronta a presentare la collezione completa ai suoi telespettatori. Piace tanto Montalbano perchè, diciamolo, vi si rappresenta lo stereotipo dell’Italia che all’estero fa tanto folklore: «Ci piace la descrizione della vostra realtà che non conosciamo - dice con candore lo svedese in trasferta - tanti elementi insieme, per esempio quando si incontrano il capo mafioso, il prete, il commissario». In definitiva: sole mafia e mare fanno ancora cassetta.
Ma Zingaretti non si ferma a questo e ci aggiunge di suo. Al personaggio del commissario tutto onestà e intelligenza, regala umanità, un lampo di tristezza e anche una solarità recuperata. Lui così dice di divertirsi, altrimenti non girerebbe e non avrebbe girato neppure Perlasca, per la regia di Alberto Negrin, kolossal sullo «Schindler» italiano che a Budapest salvò centinaia di ebrei. In forse c’è anche la riedizione di «Incompreso», due puntate su Canale 5 tratte dal commovente romanzo di Florence Montgomery con Margherita Buy o Francesca Neri. Tanto per parlare di bambini che a Zingaretti, pur non avendone di suoi, stanno tanto a cuore per la loro sensibilità, per il loro mondo da rispettare ma poco rispettato.
Televisione, parecchia, poco cinema perché i ruoli belli non sposano un quarantenne che ha felicemente superato la crisi d’età.
Dunque Zingaretti lei è pronto per altre esperienze?
«Mi piacerebbe molto portare sullo schermo una storia scritta da mia moglie, Margherita D’Amico. Si chiama "Il secondo di bordo". Parla del dramma di un bambino, affronta il problema dell’adolescenza. Un bel romanzo che mi ha molto commosso e mi piacerebbe diventasse un film. Io potrei passare per la prima volta dietro la macchina da presa, diventare regista per un progetto importante».
Si ricaverebbe anche un ruolo da attore?
«No, non ne potrei essere anche interprete perché la regia per me sarebbe già un compito gravoso. Sono convinto che a un certo punto si debba farla quest’esperienza della regia».
E il teatro?
«Sono pronto a tornare ai classici per affrontare i grandi temi: vita, morte, amore, chi siamo, dove andiamo. Il bello del teatro è che si possono sviscerare problematiche profonde anche attraverso la metafora, cosa che in tv non può avvenire. Il guaio della drammaturgia moderna è proprio quello di correre dietro ai mezzi dei giorni nostri. Un pericolo che non tocca i classici».
Chi è Montalbano per lei?
«È un amico che ogni tanto vado a visitare nel suo paesino siciliano per recuperare freschezza. Ma le visite non devono diventare troppo assidue».
Che nel gergo "mafioso" perfettamente assimilato suona come un avvertimento. Attento Montalbano, Zingaretti potrebbe fare "l’ammazzatina".
di MICHELA TAMBURRINO