Il Messaggero 09.05.2001

Zingaretti: torna il mio Montalbano
e sarà meno ombroso del solito,
ha capito che la rabbia serve a poco
ROMA — Cadaveri e salsedine. Colpi di pistola e colpi di scena, pasta con le sarde, sesso, latte di mandorle, tracce di sangue, profumo di zagare, pochi indizi, l’ansia che assale e l’ascolto televisivo che sale. Stasera torna in tv il commissario Montalbano, il Maigret siciliano, figlio dei romanzi di Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti. Il detective gentiluomo ruvido e generoso che se ne infischia di carriera, quattrini e potere ma che è pronto a inchinarsi in nome dell’onestà...a anche davanti a un piatto di rigatoni alla Norma. «Montalbano sono», è il biglietto da visita oramai entrato nel lessico familiare ma anche giovanile. Una presentazione secca e forte per un protagonista apparentemente duro ma in realtà probus vir. Per un antieroe che piace al pubblico di tutte le età perchè incarna un rivoluzionario dei nostri tempi, romantico, appassionato, passionale e colto. Uno Sherlock Holmes che scopre gli assassini usando il cervello e non la rivoltella.
E, se negli scorsi capitoli (Il ladro di merendineLa voce del violino, La forma dell’acqua e Il cane di terracotta), il commissario fremeva di sdegno per l’Italia del malaffare, nelle due nuove avventure televisive cambia umore e faccia. Niente più pugni in tasca, rabbia in corpo, sguardo cupo. «Il mio Montalbano stavolta è meno ombroso e più solare», dice Zingaretti, ormai parente stretto del detective con il fiuto di un mastino e l’animo di un poeta. Stasera alle 20,50, Raidue presenta La gita a Tindari, mentre mercoledì 16 andrà in onda Tocco d’artista, tratto non da un romanzo ma da un dei racconti di Un mese con Montalbano, sceneggiati dallo stesso Camilleri con Francesco Bruni. I due episodi, prodotti dalla Palomar di Carlo Degli Esposti con la Sveriges Tv per Raifiction, sono ancora una volta diretti da Alberto Sironi, regista in grado di dare spessore, profondità e un grande senso estetico a una narrazione raffinata e pulsante di vita. E ancora una volta, accanto a Zingaretti, il pubblico ritroverà Katharina Bohm, la fidanzata storica del commissario, Cesare Bocci, Davide Lo Verde, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Giovanni Guardiano, Roberto Nobile e Marcello Perracchio.
La vita televisiva di Montalbano non si conclude con questi due appuntamenti. Zingaretti sarà ancora il paladino dei "giusti" nella Sicilia di un’immaginaria quanto reale Vigata. «Non lo lascio il commissario», racconta l’attore che non ha alcun timore di venire identificato con il personaggio: «Se un ruolo mi piace, e Montalbano mi piace, lo interpreto e basta, inutile farsi rodere dai tarli. E quando per strada, la gente mi ferma, mi dà calore: che importa se mi chiama Zingaretti, Zingarelli o Montalbano?». Quel commissario, dice, gli assomiglia: «Non sono presuntuoso, lo giuro. Ma isuoi sono anche i miei valori. Con la differenza che io li vivo in un altro modo e in un altro mondo. Roma non è certo Vigata, è una giungla. Roma non è un’isola, un minuscolo fortino protetto e diviso dalla cosiddetta civiltà dal mare. Roma è dura. Ma se si ha dignità, se si è temprati a dovere e si dà per scontato che la vita è una lotta continua, è possibile abitarci, persino rintanarcisi».
In attesa di tornare sul set di Vigata, Zingaretti ha dato anima e faccia a Giorgio Perlasca, lo Schlinder italiano, in due episodi con la regia di Alberto Negrin e tratti dal libro di Deaglio, La banalità del bene. E ora è in gara con Claudio Amendola per il remake televisivo di Incompreso di Luigi Comencini. Una domanda al commissario Montalbano: perchè girare un’altra versione di un caso già risolto? Perchè tentare di rifare un capolavoro?
di MICAELA URBANO