Il Tirreno 09.05.2001
Montalbano è più sereno
ROMA. Prima un caso di pedofilia e un traffico di organi e poi uno
strano suicidio. Non c'è pace per il commissario di polizia Salvo
Montalbano, nato dalla penna dello scrittore siciliano Andrea Camilleri,
che torna in tv per la quinta volta in tre anni.
A interpretarlo è sempre Luca Zingaretti, protagonista di «Gita
a Tindari» (questa sera su Raidue), tratto dall'omonimo romanzo che
nel 2000 ha vinto la classifica dei best seller, e «Tocco d'artista»
(mercoledì 16), uno dei racconti di «Un mese con Montalbano».
Due film, diretti sempre da Alberto Sironi e sceneggiati da Francesco
Bruni e lo stesso Camilleri, che insieme alle quattro avventure già
trasmesse dalla Rai varcheranno il confine volando fino in Svezia, dove
la rete televisiva di stato (coproduttrice degli episodi) li programmerà
per tutto giugno.
Così gli appassionati di Camilleri ritroveranno l'integerrimo
poliziotto che rinuncia alle promozioni pur di rimanere nell'amata Sicilia,
gli intrecci corposi e quello scandagliare le passioni umane che lo hanno
portato al successo.
Ma questa volta il commissario è più solare, spiritoso
e meno in conflitto con il mondo. «La morte del padre, avvenuta nell'ultimo
episodio, lo ha un po' cambiato», spiega Zingaretti. «Dopo
i pianti per tante cose non dette e la crisi dei quarant'anni, indossa
un cappotto, il simbolo di un salto importante e ci piace pensare che l'abbia
preso proprio dall'armadio di suo padre». Anche lui, dice Zingaretti,
ha affrontato quella crisi, ma ora si sente uno splendido quarantenne e
non ha paura di essere identificato con il suo personaggio. «Ogni
volta è come andare a trovare un vecchio amico che abita in Sicilia»,
dice. «Semmai il problema è di non sedersi sugli allori. E
poi noto che la gente non mi ferma più come "il commissario", ma
mi chiama per nome. Al massimo si sbagliano e divento Zingarelli».
E se Sironi definisce Montalbano «un paladino che non ci sta
a lasciare che le cose vadano a rotoli», Zingaretti aggiunge: «Abbiamo
bisogno di storie così. Con la globalizzazione ci ritroviamo con
valori non nostri. La gente non crede più a nulla ed è bello
raccontare un personaggio saldo».
La prima delle indagini affrontate toccherà poi il tema della
pedofilia, che l'attore sente molto vicino. «Le storie che sentiamo
tutti i giorni sono solo la punta dell'iceberg. Purtroppo ci sono un'infinità
di violenze familiari che non escono fuori. Dovremmo stare tutti più
attenti». Per questo che, terminate da poco le riprese de «Il
coraggio di un uomo giusto», sulla storia di Giorgio Perlasca, commerciante
di Padova che salvò cinquemila ebrei ungheresi, Zingaretti ha accettato
di interpretare «L'incompreso» accanto a Margherita Buy. «Non
cercavo una storia lacrimosa, ma la pedofilia è un problema che
mi fa avvelenare», spiega. «Volevo fare qualcosa di utile e
questa vicenda pone al centro dell'attenzione i bambini. Dobbiamo capire
che non sono piccoli adulti, ma persone in crescita che vanno tutelate,
protette e salvaguardate».
di Daniela Giammusso