Giornale di Sicilia 21.10.2001
Lingua e dialetto? OK, perfetto
Esce il primo saggio sulla sua scrittura, di Simona Demontis

Sulla foto di copertina c'è Andrea Camilleri dalla calvizie al naso su un fondo buio pesto che sembra nascondere gli occhi con le nocche delle mani. E chi in quegli occhi - in quelli del narratore, almeno - dovrebbe leggere è Simona Demontis, autrice del libro I colori della letteratura che si presenta come il primo saggio organico sulla narrativa di Camilleri fino a prima del "Re di Girgenti".
La Demontis può vantare un doppio legame con lo scrittore empedoclino: quello più universale tra lettore appassionato e autore e quello più specifico di una insularità (è nata in Sardegna) dalla quale può esserle venuta un'affinità elettiva. Sfrutta comunque la sua familiarità con Camilleri scrittore, nata dalla passione di lettrice-filologa più che dal mestiere (insegna nelle scuole superiori), per un'indagine serissima, che non è sinonimo di tediosa, sui modi del narrare camilleriano che a suo dire non derivano da uno sperimentalismo deliberato come quello di Gadda bensì un'opposizione alla lingua italiana utile ormai solo alla comunicazione formale o burocratica.
Su un altro versante l'ibridazione di dialetto e lingua può servire a stemperare la tensione drammatica, come nella versione dello shakespeariano "Molto rumore per nulla" messo in scena da Camilleri e Dipasquale allo Stabile di Catania con il titolo "Troppu trafficu ppi nenti". Su cause, struttura e fini della "differenza" di Camilleri rispetto al linguaggio corrivo la Demontis tenta di far luce con un'analisi coronata da un'eccellente bibliografia di e su Camilleri, scrittore del quale fortunatamente si può ancora dire, usando il prologo del "Re di Girgenti", che "ora come ora se la passava bona".
Giampiero Cinque