Da La Repubblica, 15/04/2001

elvira sellerio
Una donna sul ponte di comando
quarant'anni da Sciascia a Camilleri
Un flash. Un pensiero fugace che racchiude un rimpianto inconfessato. Elvira Sellerio racconta così la nascita della sua casa editrice. Il passo che la portò al prematuro pensionamento dall'Eras, l'ente per la riforma agraria in Sicilia dove aveva lavorato per poco più di quattordici anni, e alla costituzione dell'azienda di famiglia nata con il semplice logo di "S", ha il sapore amaro di una vittoria a metà.
Era il 1969, e la decisione di imbarcarsi in un'avventura che l'avrebbe portata al lungo sodalizio con Leonardo Sciascia e a un successo editoriale allora non preventivato coincise con le prime avvisaglie della sua crisi matrimoniale. Dietro l'entusiasmo con cui la Sellerio diede vita alle prime pubblicazioni, opere grafiche e incisioni di artisti siciliani, si nascondeva anche la voglia di dare nuova linfa al suo matrimonio. «In quel periodo - racconta nel suo ufficio di via Siracusa, mentre schiva telefonate e scocciatori d'ogni sorta, seduta dietro un tavolo pieno zeppo di carte e manoscritti in lettura - sentivo che Enzo cominciava a essere insofferente, ad annoiarsi. Ho pensato che mollare col mio lavoro e investire le mie energie in un progetto come quello della casa editrice ci avrebbe in qualche modo riavvicinati».
Le cose andarono diversamente. Anche se solo dieci anni dopo. Nel ‘79 la rottura del matrimonio tra Enzo ed Elvira Sellerio coincise con la scissione della casa editrice in due distinte società. Le scelte sofferte di quel periodo riaffiorano nella memoria della signora dell'editoria siciliana, che esorcizza la malinconia accendendo una sigaretta dietro l'altra e che, per una volta, si spoglia degli abiti dell'imprenditrice burbera e volitiva per vestire quelli di una donna che parla della parte più privata di sé: «Decidemmo di comune accordo che lui avrebbe continuato a pubblicare i libri illustrati, mentre io avrei curato le collane di narrativa e di saggistica».
Prima di allora c'erano stati sedici anni di convivenza durante i quali erano nati Olivia e Antonio, i due figli dell'editrice e del fotografo, ma anche le prime collane delle sue pubblicazioni: la "Civiltà perfezionata" prima, "Prisma" dopo, diretta da sempre da Nino Buttitta, un amico di famiglia oltre che a lungo esponente di punta del Psi e antropologo a Lettere, facoltà di cui per anni è stato preside. «Lo ricordo ancora con nostalgia, quel periodo. Vivevamo in una piccola casa di via Segesta e io seguivo affascinata il lavoro di fotografo di mio marito. Furono proprio il suo gusto per le cose belle e la sua statura intellettuale a conquistarmi».
Il primo incontro tra Enzo ed Elvira risale al 1961: «Io avevo venticinque anni e lui, che ne aveva tredici più di me, era già un personaggio importante in città. E poi era bellissimo. Me ne innamorai subito anche se venivo da una brutta batosta sentimentale. E ci sposammo dopo appena due anni». Ma queste sono vicende legate al passato. Oggi nella vita di Elvira Sellerio c'è altro. La sua casa editrice, l'exploit di Camilleri e il recente successo dei gialli di Margaret Doody le assorbono ogni momento della giornata. E non è un caso. Il suo ruolo di imprenditrice lo interpreta in maniera assai rigida. Dentro un ufficio dove campeggiano decine di incisioni e di quadri d'autore, un trompel'oeil di Enzo Patti e una famosa collezione di giocattoli d'epoca, lei si muove da capo indiscusso. Non delega niente. È lei ad assumere qualsiasi scelta che riguardi la gestione dell'azienda. E spesso non lesina rimproveri e sfuriate anche ai suoi collaboratori più stretti. Chi la conosce e le lavora a fianco riesce a ritagliarsi a fatica qualche piccolo spazio. È lei stessa ad ammettere: «Lavorare con me non è facile. Sono una persona umorale e ho un brutto carattere». Salvo poi precisare: «In generale gli scontri più duri li ho avuti con gli uomini».
Non è un caso che nella sua azienda lavorino solo donne. A parte Antonio, che però è suo figlio, e qualcun altro che si aggira tra le stanze di via Siracusa ma solo in qualità di collaboratore, per il resto la casa editrice Sellerio è un vero e proprio gineceo. Quando entri, senti che lì dentro lo scettro del comando è un privilegio tutto femminile. Come contraltare, nello stesso piano dello stesso palazzo c'è l'azienda di Enzo: qui vige la regola opposta. Sono gli uomini, da sempre, ad avere la meglio.
Ma questo non incide minimamente sulle scelte di Elvira. Il suo braccio destro è da sempre Chiara Restivo, figlia dell'ex ministro e moglie del giudice Peppino Di Lello. È lei che ha seguito, standole accanto, avventure e disavventure dell'azienda. Che negli ultimi anni di batoste ne ha ricevute non poche: non ultima l'inchiesta aperta dalla magistratura sui libri acquistati dalla Regione. Il caso scoppiò nel ‘94 e fu la Rete di Leoluca Orlando ad accendere la miccia che ha portato la signora Sellerio davanti al giudizio del tribunale. Allora l'azienda arrivò quasi al tracollo finanziario. Si parlò di esposizioni bancarie per svariati miliardi.
Oggi, a sette anni da quell'incidente, con un processo ancora in corso, le casse della casa editrice si sono rimpinguate. Il re Mida dell'avventura editoriale è stato Andrea Camilleri, un caso letterario che dal ‘97 tiene i tipi della Sellerio in testa alle classifiche di vendita. «Eppure - racconta donna Elvira - io Camilleri lo avevo scoperto almeno sei anni prima e già allora avevo cominciato a pubblicare i suoi libri, convinta che fosse un grande scrittore». Il successo, insomma, arriva col tempo, ed è legato al "Birraio di Preston", pubblicato in prima battuta alla fine degli anni Ottanta, e alla serie delle avventure del commissario Montalbano. Sono uscite tutte nella collana "La Memoria", un gioiello tipografico di nicchia, un rettangolo blu corredato da un'immagine scelta con cura quasi sempre da Enzo, il fotografo, l'ex marito, il cultore del bello. Il compagno di sempre che continua a essere un punto di riferimento per la casa editrice.
Quella collana, partorita grazie alla collaborazione preziosa di Leonardo Sciascia, partì con un titolo dello scrittore di Racalmuto. Erano i primi anni Ottanta, e in libreria arrivò "Dalle parti degli infedeli". Da allora, di volumi di Sciascia la Sellerio ne ha pubblicati un gran numero. E anche quelli che non portavano la sua firma risultavano il frutto di una scelta concordata tra l'autore e l'editrice. «Conobbi Sciascia proprio in concomitanza con l'avvio della mia attività di editore - ricorda la Sellerio - fu mio marito a portarlo in casa nostra. Allora provavo una certa soggezione per un uomo della sua levatura intellettuale. Ricordo che per colpirlo gli dissi che in quel momento stavo leggendo il "Dottor Zivago". Lui non mi disse nulla. Ma da quel momento cominciò a darmi consigli preziosi, senza mai imporre il suo punto di vista. Il suo allontanamento dalla casa editrice coincise con il suo impegno politico con i radicali. Ma non ci fu mai polemica. Poi, poco prima di morire, nell'89, mi disse che aveva appena firmato un accordo con Adelphi, cui cedeva tutti i diritti sui suoi libri. La cosa mi addolorò molto. La sua presenza nel mio catalogo era un fatto molto importante, dava prestigio al mio lavoro. Ma ho sempre rispettato le scelte di un grande amico».
Già, i grandi amici. Se le si chiede di citarne qualcuno, lei taglia corto. Poi fa solo un nome: Adriano Sofri. «Saperlo in carcere ingiustamente mi fa stare male. Per dimostrare la sua innocenza mi sono battuta con tutte le mie forze e, se sarà il caso, continuerò a farlo senza risparmiarmi».
Oggi, a sessantacinque anni, Elvira Sellerio si confronta col bilancio di una vita pubblica che l'ha esposta all'invidia di molti e le ha fatto collezionare una serie di successi. Non ultimo quello che l'ha vista consigliere di amministrazione della Rai tra il ‘92 e il ‘93. Un'esperienza che l'ha allontanata dalla gestione della sua azienda ma che lei reputa importantissima per la sua crescita personale. «Mi ha insegnato il potere enorme di un certo tipo di comunicazione ma anche la superiorità del libro come strumento di diffusione delle idee. Quando mi sono dimessa - ricorda - l'ho fatto senza rimpianti, sapendo che ritornare a Palermo, a occuparmi dei miei manoscritti di quello che considero ancora un mestiere di grande fascino, era la scelta giusta". Ma anche rispetto all'impegno di una vita oggi cerca di prendere lentamente le distanze. "In questo momento sono ancora assorbita interamente dal mio lavoro. Eppure sento l'esigenza di ritagliarmi degli spazi per la muna vita privata". Non che voglia cedere completamente il testimone. Chi la conosce bene non ci crederebbe mai. Ma nei suoi progetti c'e' quello di mollare un pò la presa e di coinvolgere i figli nella gestione dell'azienda. Per far cosa? Sorride, Elvira Sellerio, e poi dice candidamente: "Per riprendere a occuparmi di cose normali, come ad esempio rassettare un cassetto o comprare dei fiori per rendere più accogliente la mia casa".

CHIARA DINO