«Che si possano sentire le vere voci dell'Islam, della saggezza
secolare tante volte dimostrata, non quelle estremistiche». Sparge
grani di pace e di speranze di comunicabilità Andrea Camilleri in
un invito e un augurio per il nuovo anno. Un augurio a tutti che ha, come
altra faccia della medaglia, un consiglio al mondo occidentale: «Sapersi
mettere in ascolto, non scendere nello stesso campo dell'estremismo».
In altre parole «non reagire con le stesse azioni dell'estremismo»,
in maniera da evitare di dare a Bin Laden l'occasione di poter dire «l'Occidente
ci odia».
L'augurio è soltanto la conclusione di un articolato discorso
che lo scrittore siciliano comincia con il ruolo che gli intellettuali,
gli scrittori devono avere nella società in questo difficile momento.
«È molto difficile trasferire quello che accade in un libro,
trasferire il presente. Puoi farlo in un pamphlet, alla Fallaci, ma in
un romanzo, in un'opera di fantasia è praticamente impossibile.
Ci sono stati ad esempio poeti che hanno dedicato versi alle Torri gemelle:
nobili gesti consolatori ma questa non è una vera funzione intellettuale,
parola che peraltro detesto. L'intellettuale deve essere sempre guidato
dalla luce della ragione che non è mai così violenta da abbagliare
e far scomparire le ragioni degli altri; il suo compito è, dunque,
ove gli capiti e come gli capiti, illustrare quello che succede nel mondo
da un punto di vista che non sia di parte».
Il primo esempio di intellettuale in questo senso?
«Noam Chomsky. Ma ci sono anche altri esempi, di parte completamente
opposta» e cita il libro di recente pubblicato dal giornalista Gianni
Riotta, N.Y. «Qualcuno lo ha definito una lettera d'amore. Va a finire
che in fondo non estremizza le ragioni dell'offesa, allora si può
capire anche un libro che sia di parte ma non estremamente di parte».
Come è quello della Fallaci?
«Sì, come è quello della Fallaci».
Questo per quanto concerne il mondo occidentale, ma l'altra parte,
il mondo islamico, cosa pensa?
«Dell'altra parte non si sa niente. Dall'altra parte non arriva
niente. Credo che nel campo della gente che ragiona dall'altro lato ci
sia un senso di smarrimento e di solitudine. Andrebbe perforata questa
barriera e raggiunte queste persone. L'integralismo, oltre che per il caso
di Salman Rushdie, si segnalò anche per l'accoltellamento del premio
Nobel Nagib Mahfuz. Ecco, gente come Mahfuz o chi è intorno a lui,
scrittori, letterati, poeti arabi, musulmani, la loro voce è come
coperta dal fragore delle due torri che continuano a cadere. Bisognerebbe
dar loro forza, coraggio, espressione perché sono loro i primi ad
essere vittime di questa situazione, oltre ai morti americani».
Per questo l'augurio di una maggiore conoscenza, comunicazione?
«Sì, che queste vere voci dell'Islam possano sentirsi.
Così, il consiglio al mondo occidentale, che temo sia difficile
da percepire, che mi sento di dare è quello di saper mettersi in
ascolto. Quando facevo il regista radiofonico mi capitò di mandare
in onda ad altissimo volume un'esplosione e poi di far parlare delle persone,
sul silenzio che ne seguiva. Bene, scoprii che l'esplosione risucchia anche
le parole».
Se il suo eroe, Montalbano, fosse al posto del comandante dell'operazione
«Liberazione duratura» Tommy Franks, come si comporterebbe?
«Lui non ama comandare e difficilmente si sposta dal luogo che
conosce. Caso mai potrebbe fornire dei consigli agli uomini della Cia ma
sempre nell'ambito di una forza di polizia. Da che mondo è mondo
la polizia ha sempre lavorato sulle informazioni per sapere dove si trovavano
alcune persone, si tratta ovviamente di informatori locali. Il problema
è interpretare quello che dicono, non come traduzione ma come decrittazione
dell'informazione, il comprendere quel parlare per scrigni uno dentro l'altro».
All'indomani dell'11 settembre si disse che il fallimento della Cia
era stato causato anche dalla mancanza di uomini disposti a lavorare duramente
nei paesi asiatici.
«Non credo non si trovino uomini disposti a questo tipo di servizio
duro. Non è un caso che il primo caduto americano della guerra sia
proprio un uomo di questo tipo. Il problema è l'informazione preventiva:
credo ci sia stato da parte degli uffici preposti una sottovalutazione
dell'avversario e una sopravvalutazione del proprio mito. D'altronde, a
quanto risulta proprio a Chomsky, alla Cia erano state fornite informazioni
due anni fa circa Al Qaeda ma sono state rifiutate. Errori gravissimi».
Sara Finale