Il tempo 10.05.2001

La gita a Tindari» con Montalbano, giallo di delicata letteratura
HA i ritmi lenti di una giornata in Sicilia che, pur se funestata da un omicidio e una doppia sparizione, mantiene una sua compassata estraneità alla vita. Un film, perché fiction non le si addice, che ripercorre con maggiore serenità i sentieri calpestati più volte da Andrea Camilleri. «La gita a Tindari», in onda ieri sera su Raidue, è un una nuotata lenta nell’animo di quella terra dura eppure tanto morbida, un tuffo in situazioni torbide appena accennate con, in primo piano, le atmosfere tanto care all’autore, colte nell’accecante bagliore del mare.
Tutto questo più Montalbano. Già abbiamo sottolineato che l’appartenenza geografica non fa di diritto il protagonista giusto. Lo stesso Camilleri disse che vedendo Luca Zingaretti non ha potuto fare a meno di pensare a lui, nel prosieguo delle sue creazioni letterarie. Zingaretti è Montalbano perchè lo ama, lo studia, ne cerca sfumature estranee alla sceneggiatura ma credibilmente aderenti. Nelle avventure passate gli si leggeva negli occhi una forte malinconia. Oggi è più solare, sempre riflessivo, chiuso, macerato, ma con sprazzi solari, perfino giocherelloni, apparsi d’incanto come se la bufera fosse passata, come se avesse assimilato la morte del padre e fosse più maturo anche nella sofferenza. Dice spesso: «Montalbano sòno» e ci si crede.
Al suo fianco un ottimo cast artistico a partire da Cesare Bocci, il collega Augello, all’alter ego Fazio di Peppino Mazzotta al caricaturale Angelo Russo. Un omicidio, una doppia sparizione che si rivelerà essere ulteriore omicidio, dietro un terribile intrigo che vede coinvolti uomini potenti nel mercato degli organi da trapiantare. Un giallo sì e ne rispetta le regole. Ma la regia di Alberto Sironi guarda oltre e coglie la delicatezza della letteratura.

MICHELA TAMBURRINO