Giornale di Sicilia 21.10.2001
Quell'utopia un po' ariostesca del contadino che volle farsi re
Appena uscito in libreria, è già al primo posto delle classifiche il nuovo romanzo di Andrea Camilleri che molti additano come il capolavoro dello scrittore empedoclino.

Il più impegnativo, il più riflessivo, il più introverso, il più lungo. Il capolavoro, come si sussurra. E' "Il Re di Girgenti" di Andrea Camilleri, un libro la cui uscita l'editrice Elvira Sellerio ha fissato non casualmente ad ottobre, facendo slittare l'originaria data prevacanziera perchè questo "non è un libro da leggere sotto l'ombrellone". E che già da ieri è al primo posto delle classifiche di vendita scavalcando un temibile avversario come Andrea De Carlo.
Un libro che sicuramente è quello che ha richiesto le maggiori energie e forse le più mature dell'autore, che ha cominciato a lavorare all'idea nel 1995.
"Il Re di Girgenti" è un libro che pone la critica ed i pochi detrattori di Camilleri di fronte ad un bivio: consacrare l'autore siciliano un grande scrittore dando indirettamente nuova collocazione letteraria anche al genere poliziesco, oppure liquidarlo definitivamente illustrando però fondatamente le ragioni di questa scelta. "E' segno che c'è perplessità", è la conclusione cui giunge Camilleri commentando il "circospetto silenzio" che fino a questo momento ha caratterizzato la pubblicazione, diversamente dallo strombazzare che segue l'apparizione di "un" Montalbano negli scaffali delle librerie.
Camilleri definisce "Il Re di Girgenti" "la vittoria della fantasia sulla realtà, il riscatto della fantasia perfino sulla morte". "Attenzione però - ammonisce - non si tratta di una sopravvivenza dell'anima alla morte ma del fantastico", smentendo qualunque richiamo alla religione o alla figura di Cristo. "Nemmeno il gesto di Zosimo di cingersi il capo con una corona di spine è riferito a Cristo ed alla sua corona - spiega Camilleri -. Lo fa perchè ritiene che il vero regnante non può avere una corona d'oro".
Il contenuto del libro, diviso in cinque parti, è già parzialmente noto: la storia di Michele Zosimo, un contadino girgentano che per una settimana, nel 1718, diventa re. Un'opera storico-fantasiosa in cui il protagonista-eroe, un po' reale, un po' magico, proprio in quanto campione è solo con il peso del proprio, prevedibile, destino. Lui, Zosimo, capopolo, ha la responsabilità di capovolgere i destini, la storia, la fissità delle classi sociali in un contesto rurale e privo di diritti per tanti. Il suo diventare re, con una corte di disgraziati come lui, è il rovesciamento del mondo, l'anelito della rivoluzione. Fanno compagnia a Zosimo personaggi dipinti a tinte forti, nei quali le passioni, i sentimenti, le ansie scavano in loro i giorni, i tratti somatici con forza e crudeltà devastante e invincibile. Ne sanno qualcosa don Aneto, il valletto Cocò, il monumentale padre Uhù, che si riduce a poco più di uno scheletro ma con una invidiabile energia, frutto di una irresistibile forza spirituale. Un libro che l'autore sostiene non avere "una specifica finalità", puntando l'attenzione sulla diversità del registro utilizzato rispetto alle opere precedenti. "L'ambientazione - prosegue - non è la solita piccolo-borghese del romanzo fine '800 ma è contadina: un mondo nuovo, collocato storicamente tra la fine del '600 e l'inizio del '700. Per me una zona inesplorata". Il linguaggio è stato uno degli ostacoli maggiori che spiega i sei anni di impegno per la stesura: "E' difficile far parlare un contadino del '600 in maniera che sia comprensibile a tutti senza perdere troppo del sapore della sua lingua, il gusto della sua costruzione linguistica". Per questo complesso lavoro lo scrittore siciliano ha avuto varie fonti, una delle quali è "Le parità morali" di Serafino Amabile Guastella, una raccolta di storie contadine. "Questo tipo di storie - precisa Camilleri - parte da un dato reale per poi continuare di fantasia".
La scelta di Michele Zosimo non dev' essere stata casuale. In mancanza di documentazione sulla sua vita (si conosce soltanto qualche dato anagrafico) Camilleri ha potuto investirlo con la propria fantasia e ricostruirlo piegando questa figura alle proprie esigenze narrative. Un' esistenza inventata appartenente però ad un uomo realmente vissuto. Il risultato è "una grossa favola epico-ariostesca con risvolti magici, spiritualistici ma rozzi come era in uso nella cultura contadina".
Ma, infine, un libro così vorrà pur insegnare, indicare qualcosa? "E' il regalo di un sogno, che ha la durata di qualche giorno, che coinvolge tutti ben sapendo, tutti, che si tratta di un sogno. E' la realizzazione di un'illusione. In questo senso è un messaggio positivo perchè il sogno si realizza. Zosimo - continua Camilleri - non ha un progetto politico, lui stesso dall'inizio sa che non potrà durare ma è tale il richiamo che decide di andare avanti lo stesso".
""Il Re di Girgenti" - conclude il lungo risvolto di Salvatore Silvano Nigro - è il gran romanzo di Camilleri, che tutti aspettavamo".
A. A.