La Nuova Sardegna, 4.1.2002
Una studiosa cagliaritana, Simona Demontis, ha pubblicato per Rizzoli un saggio sullo scrittore
Camilleri, la lingua è un gioco
Il valore assoluto di uno stile che va oltre il «parlato»

Sono anni, ormai, che le classifiche dei libri più venduti vedono al vertice il nome di Andrea Camilleri. Insolito destino per uno scrittore che ha conquistato prepotentemente la notorietà in età matura, vincendo mille difficoltà, compresa quella rappresentata dalla lingua che usa.
Sul "siciliano" di Camilleri molti hanno detto, a cominciare dai suoi conterranei spesso perplessi di fronte a un impasto linguistico nel quale non possono immediatamente riconoscersi, perché nella pagina dello scrittore anche confluiscono vocaboli e costrutti gergali, forme di un lessico familiare che finisce col divenire un "idioletto", una lingua individuale dello scrittore.
Sul fenomeno Camilleri sono stati versati fiumi di inchiostro: articoli, per lo più, o brevi saggi. Ora è apparsa una monografia, «I colori della letteratura» (Rizzoli, 2001), che parla della lingua, dei modelli narrativi e delle forme strutturali, dei personaggi che caratterizzano l'opera dello scrittore siciliano ed è arricchita da una ricca bibliografia e da un'utile appendice che offre la sintesi dei romanzi e dei saggi pubblicati da Andrea Camilleri nell'arco di tempo compreso fra il 1978 e il 2001.
Autrice dell'opera è Simona Demontis, insegnante cagliaritana, la quale mostra una notevole latitudine di interessi, spaziando dal mondo del giallo alle indagini narratologiche, dalla filosofia al cinema. Costruisce, così, un ritratto compiuto dello scrittore, che è padre del celebre commissario Montalbano, ma è anche capace di ribaltare "il giallo tradizionale in chiave drammatica e ironica", di pervenire "alla parodia stessa" di un genere letterario tradizionalmente considerato d'evasione e che ha finito col trasformarsi in strumento di riflessione sulla realtà. Così come, del resto, nel campo linguistico, lo scrittore siciliano sembra partire da un "parlato" quotidiano immediatamente disponibile, quello che adoperava la sua famiglia, non dichiara esplicite volontà sperimentali, ma finisce col raggiungere risultati di valore 
assoluto.
In questa monografia Simona Demontis condensa il lavoro elaborato per la tesi della sua seconda laurea, conseguita mentre già insegnava: la qual cosa suggerisce un doppio ordine di considerazioni. La prima è relativa alle competenze presenti, anche se misconosciute, all'interno di un mondo scolastico che critici superficiali o interessati dipingono come sprofondato in uno sfacelo totale.
La seconda, che è un po' corollario della prima, dice che anche il nostro piccolo mondo isolano di studi e ricerche può produrre qualche risultato apprezzabile. Basta sfogliare la bibliografia contenuta nel volume per comprendere come quel lavoro sia nato in Sardegna, sull'onda di un progetto di ricerca al cui centro c'è la storia culturale e letteraria sarda, non vista in maniera isolata, ma piuttosto esaminata nel necessario riferimento a tutte le realtà, nazionali e internazionali, che trovano un punto di forza nella riflessione sulla propria identità etnica. E ciò sia detto per spiegare che anche nel campo degli studi, come nella vita, le "specificità" possono giocare un duplice ruolo: possono spingere a chiudersi in se stessi e bearsi nella contemplazione di un'identità alla quale viene attribuito valore assoluto; avremo, in tal caso, un poco produttivo isolamento. Oppure possono portare allo studio di sé nel raffronto con tutte le situazioni che, ovunque nel mondo, presentando somiglianze e analogie meritano di essere indagate e comparate con la nostra. Alla ricerca di spiegazioni che riguardano anche, ma non soltanto, noi stessi: quindi all'apertura e al confronto.
Varrà la pena di aggiungere che uno stimolo importante agli studi su Camilleri è derivato da una venuta dello scrittore (ancora non celebre) in Sardegna, per due conferenze patrocinate dalle Università di Cagliari e di Sassari e finanziate con quattro lire strappate con mille difficoltà e non pochi "murrungius". Nessuno consideri questa una polemica ma solo, quale è, una sorridente e divertita constatazione. Quando pensiamo all'"afferra afferra" con cui molti si gettano sui finanziamenti pubblici (per fare un esempio non casuale: quelli destinati alla cultura sarda), sulla base di progetti improvvisati per l'occasione e privi di principi etico culturali e li compariamo con i risultati prodotti, dovremmo metterci le mani nei capelli.
Il lavoro di Simona Demontis ci aiuta a concepire visioni più ottimistiche. Saranno anche una marea, gli autori dei progetti "last minute" il cui unico risultato è quello di danneggiare la cultura sarda, ma, a gioco lungo, non prevarranno.
Giuseppe Marci