Il Piccolo, 24.6.2002
Riviste. Nel nuovo numero un «Almanacco di letteratura» poliziesca
MicroMega: giallo sì, con impegno
Dodici racconti inediti di Camilleri, Lucarelli, Tabucchi, Ammaniti

Considerato abitualmente - e del tutto a torto - un genere «minore», quello del romanzo poliziesco è viceversa uno dei filoni più ricchi, originali e significativi della storia della letteratura. Sulla tuttora prevalente valutazione limitativa, pesano alcuni pregiudizi assai difficili da sradicare.
Anzitutto, l’idea che la narrativa «alta» non possa che essere «seria», e dunque anche un po’ noiosa, mentre notoriamente il racconto «giallo» è di lettura piacevole e coinvolgente. E poi la convinzione che, a parte alcune pur rilevanti eccezioni (i soliti citatissimi Edgar Allan Poe e Dashiell Hammett), i maggiori autori non si siano cimentati con soggetti di questo tipo, preferendo tematiche più impegnative.
In realtà, entrambe queste opinioni si rivelano assai poco fondate, non soltanto perché da tempo si è capito che la «serietà» di un testo (ma anche di un’opera cinematografica o teatrale) non si può far dipendere dal coefficiente di noia che lo accompagna, ma anche perché si è dovuto constatare che la costruzione di un intreccio basata sull’enigma risale ben oltre la narrativa americana dell’Ottocento. Prova ne sia, fra tutte, quello che resta l’archetipo tuttora insuperato (e probabilmente ineguagliabile) del racconto giallo, vale a dire l’«Edipo re» di Sofocle, talmente perfetto da far coincidere la figura del detective con quella dell’assassino.
Assecondando questa linea di interpretazione, e dunque contribuendo meritoriamente a riscattare questo genere letterario dalla subalternità nella quale è tuttora prevalentemente tenuto, la rivista «MicroMega» dedica interamente il numero che è da oggi in libreria al tema «Il giallo e l’impegno».
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Scorrendo l’indice del fascicolo, qualcuno potrà sorprendersi per la scelta compiuta, dopo la martellante campagna che la rivista ha compiuto nei numeri precedenti in difesa di alcuni diritti di cittadinanza e in aspra polemica contro il governo Berlusconi. Magari si potrà anche temere che la «normalizzazione», già in atto nei programmi Rai e in molti altri settori, abbia finito per colpire anche una fra le più forti e autorevoli voci di dissenso, quale è appunto il bimestrale diretto da Paolo Flores d’Arcais.
Niente di tutto ciò. Confermando che l’intrattenimento intelligente e l’impegno politico non sono affatto in contraddizione fra loro, i racconti pubblicati riescono ad assortire con grande efficacia la suggestione di un modo di raccontare suggestivo e a tratti anche spassoso, con un «sottofondo» di critica politica graffiante, in qualche caso anche dura e intransigente, nello stile, insomma, che ha reso ormai molto popolare la rivista e colui che la dirige. Ne scaturisce un «Almanacco» di rara godibilità, con alcuni «pezzi» di valore assoluto (Camilleri, Tabucchi e Ravera, soprattutto), e più ancora con un profilo complessivo di raro equilibrio fra la passione del «giallo» e la lucidità dell’«impegno».
Insomma, un fascicolo nel quale la letteratura recupera appieno quel carattere di «infinito intrattenimento» (per dirla con Maurice Blanchot) e quella funzione sociale che sempre si è dimostrata capace di resistere ad ogni forma di sopraffazione. Qualcosa che rievoca alla mente le parole con le quali il poeta Femio, che pure era stato costretto a cantare per i Proci traditori, riesce a placare la spietata vendetta di Ulisse: «Avrai rimorso, dopo, se uccidi l’aedo che canta per gli dei e per gli uomini».
Chissà che, nella stagione di resa dei conti che si preannuncia, con l’obiettivo di «punire» giornalisti e intellettuali per qualche ragione scomodi, anche i potenti di oggi tengano conto di questi versi omerici.
Umberto Curi