Di Andrea Camilleri e del suo Commissario Montalbano ho già detto
tutto il bene possibile e, forse (me ne accorgo mentre la sto scrivendo),
ho già detto anche questa frase. Eppure si può dire ancora
di meglio. Il teatrino del commissariato di Vigàta replica deliziosamente
le sue avventure in una nuova serie di racconti dove spicca, per maestria,
Il quarto segreto, un romanzo breve più che un racconto lungo, che
narra una sospetta serie di incidenti sul lavoro e li intreccia a vicende
di mafia, di politica e di polizia, e ruota attorno alla figura disperata
di un maresciallo dei carabinieri condannato a morte dal cancro. Un personaggio
che non si dimentica così come non abbiamo dimenticato altri personaggi
di precedenti inchieste di Montalbano (ma quanti ne ha inventati, a volte
nel giro di pochissime pagine, Camilleri?). E in un'altra storia, qui raccolta,
ecco altri due personaggi scavati con sapienza e umanità. Il povero
Dindò, garzone di supermercato che è rimasto bambino nella
testa, e Grazia, un'altra sfortunata ragazza, schiavizzata anche sessualmente
da uno zio usuraio, che si rivelerà poi, a modo suo, una dark lady.
Dindò, con la sua innocenza di disgraziato, si innamorerà
di Grazia che lo piegherà ai suoi biechi voleri.
La bravura di Camilleri è indiscutibile. Lui quasi a volte sembra
vergognarcene. E, nel farlo, per distogliere l'attenzione dalla sua arte,
si mette a celiare, a scherzare con i suoi pupi, a magari esagerare con
il centralinista Catarella e i suoi sfondoni, fin quasi a proporlo come
protagonista, a fargli sfiorare per un attimo lo status di personaggio
tragico, eroico, da opera lirica.
La bravura di Camilleri è indiscutibile e il fatto di averlo
così tardivamente scoperto ci dice molto di come (non) funzioni
il mondo letterario ed editoriale italiano. Vedo ancora che c'è
qualcuno che sparla di Camilleri, che lo contesta linguisticamente, mentre
il linguaggio da lui inventato fa molto riflettere su una unità
linguistica che va dalla Sicilia alla Calabria Citeriore, un tesoro idiomatico
che sembrava perduto e che lo scrittore ha portato a dignità letteraria.
La bravura di Camilleri è indiscutibile e la conferma del suo
valore ci viene da un test infallibile. Dunque, in Italia si è formato
un partito trasversale composto dagli snob di sinistra e dagli snob di
destra. I primi (quelli di sinistra) sono antichi. I secondi (quelli di
destra) sono i nuovi venuti. La saldatura tra le due fazioni snobistiche
avviene proprio nei confronti di Camilleri che, su entrambi i fronti (ma
è un fronte unico), viene liquidato con sufficienza. Si sbagliano,
e si sbagliano di grosso. Gli snob di sinistra non sopportano il successo
di Camilleri, la sua popolarità, la capacità abbastanza unica
oggigiorno di coniugare malinconia e umorismo. Gli snob di destra odiano
Camilleri per questioni politiche (sono ancora a quel livello, e pretendono
di essere snob). Questa doppia ostilità è garanzia assoluta
della grandezza di Camilleri.
Antonio D’Orrico