Avvertenza, del tutto rassicurante, ai telespettatori che a partire
da lunedì 28 ottobre ritroveranno, questa volta su Raiuno, Luca
Zingaretti con la pistola in mano: la famosissima esclamazione «Montalbano
sono!» c'è.
Anzi, il commissario siciliano inventato dalla penna di Andrea Camilleri
la ripete più volte. A inaugurare la serie è l'episodio Il
senso del tatto, tratto dalla raccolta edita da Mondadori, Gli arancini
di Montalbano. Zingaretti fa felici i suoi fan quattro volte, con un piglio
che riassume la sicurezza del funzionario di stato e la timidezza che per
correggersi si fa quasi arroganza.
«So che la battuta piace soprattutto ai bambini» dice Zingaretti.
«Sono loro a fermarmi e a ripeterla».
La battuta è stata amplificata dall'imitatore Sergio Friscia
nella trasmissione Convenscion. È diventata uno dei tanti tormentoni.
Sì, i bambini sono entusiasti, ma non dimentichiamo le «femminuzze»,
per dirla alla Camilleri. L'attore sorride appena e preferisce stare sulle
generali: «So di essere gradito al pubblico femminile, che è
più difficile, esigente e diffidente e alla fine anche più
fedele».
Il primo episodio della serie televisiva (quattro puntate), prodotta
dalla Palomar di Carlo Degli Esposti e costata 6 milioni di euro, riporta
inevitabilmente il discorso sulle donne. Zingaretti si rivede sullo schermo
accanto al cronista di Panorama e non è minimamente turbato dallo
sdoppiamento pirandelliano. Lui sornionamente sa che la fidanzata di Salvo
Montalbano, l'algida Livia (interpretata dall'austriaca Katharina Bohm),
non piace al pubblico.
E poi questa bionda perbene e permalosa ha la brutta abitudine di fare
della psicologia spicciola, vizio che Camilleri mette alla berlina.
Però Zingaretti la difende, astrattamente: «Quella donna
vive bene un rapporto con un uomo senza rinunciare al proprio ruolo. Sì,
è vero, è un po' una rompiscatole, ma quando c'è,
c'è davvero, e a lei si rivolge Montalbano quando vuole allontanarsi
dallo schifo del mondo dentro il quale indaga».
In Senso del tatto, Livia sbarca in Sicilia, vuole sole e amore tra
le lenzuola. E vuole il commissario tutto per sé. L'abbraccio tra
i due è frettoloso.
Montalbano è più affettuoso con il cane Orlando che porta
con sé dopo la morte misteriosa del suo padrone, un cieco. La storia
del nuovo episodio ruota tutta attorno al cane che fa persino scattare
un assalto armato della polizia, e il commissario in testa: un arrivano
i nostri con tutti i crismi.
Poi ci sono le siciliane, intimidite e silenti di giorno, fantasmi
dietro a persiane mezzo chiuse, loquaci di notte tra mille prudenze, pronte
a raccontare delle proprie schiavitù, della gelosia dei maschi che
si fa violenza. Montalbano ascolta queste creature notturne, una sua smorfia
sottende alla comprensione dinanzi a un costume sociale rimasto indietro
di mille anni.
«Comprende ma non giustifica» ci tiene a dire Zingaretti.
«Quelle donne riempiono quei pochi spazi a loro concessi, raccontano
di dolori e sentimenti forti». In questa Sicilia che si permette
di stare anacronisticamente fuori dall'Occidente, una donna rivela a Montalbano
una verità da tragedia greca: «Signor commissario, non ho
paura di essere ammazzata di botte, ma di essere lasciata dal mio uomo».
Femministe abbiate pazienza, pare dire Camilleri: molte donne sono così
e non cambiano.
Montalbano è un uomo fedele. Anche nella nuova serie non mancano
i turbamenti accanto a donne socialmente e sessualmente disinvolte, pronte
a concedersi. Ma lui no, non approfitta. L'odore del basilico e dei pomodori
siciliani, la suggestione del castello di Donnafugata (la sensualità
del Gattopardo è sempre in agguato) non fanno scricchiolare le abitudini
morali di un uomo che comanda così bene i suoi uomini e anche la
propria anima.
Zingaretti uomo è sposato con Margherita D'Amico, una scrittrice.
Diversa da Livia, anche fisicamente: «Con mia moglie parlo spesso
di libri» dice l'attore «mi dà consigli e io mi diverto
a leggere Dostoevskij e Dickens».
Montalbano, in questi ultimi episodi, si scatena. Volano parecchi «cornutazzo»
e «grandissimo figghio di puttana». Conferma la sua indole
sanguigna. Ecco perché questo nuovo Maigret piace da morire. «È
genuino» spiega Zingaretti «supera le barriere della gerarchia,
dice in faccia quello che pensa, ferma chi, persino un questore, si prende
la licenza di insultare, sta dentro il quadrato dei suoi valori, non si
prostituisce alla carriera perché vuole nuotare, leggere, mangiare
con tranquillità. Montalbano è ammirato dagli uomini ed è
colui che le donne vorrebbero avere accanto a sé».
La passione per Montalbano è tale che è appena uscito
il primo di una serie di videogiochi a lui dedicati e il 22 ottobre sarà
attivo un sito (www.montalbano.rai.it)
per fan e curiosi.
La regia di Alberto Sironi e la sceneggiatura di Francesco Bruni (sul
cui lavoro lo stesso Camilleri ha poco da correggere, ormai) hanno confezionato
un prodotto che si è conficcato nel cuore dei telespettatori: l'ultima
serie ha registrato una media di 6 milioni di spettatori. E Montalbano
piace anche fuori dai patrii confini.
Il produttore Degli Esposti racconta che l'audience in Svezia è
stata così alta che molte agenzie di viaggio di Stoccolma hanno
preparato itinerari siciliani, nella zona (attorno a Ragusa) dove l'italiano
onesto, e affascinante, si tuffa nei misteri umani e nuota senza enfasi
nel marcio e nelle debolezze di esistenze curiose. Se c'è poi «un
tripudio di cosce al vento» (frase dell'Odore della notte da cui
è stato tratto il terzo episodio), tanto meglio.
Zingaretti si diverte a indossare i panni di Montalbano. Entra ed esce
da questo personaggio con disinvoltura, senza esserne schiavo, come è
capitato a molti attori. Non è certo uno che invecchierà
con l'impermeabile, come il tenente Sheridan.
L'attore quarantenne evita accuratamente la retorica: «Se interpreto
San Giovanni, non dico poi che ho visto la Madonna. Il cinema è
un gioco, io affronto un lavoro emozionale, ma sempre attaccato alla mia
impalcatura razionale». Quando ha interpretato Giorgio Perlasca,
l'uomo che ha salvato migliaia di ebrei a Budapest, era quello e non altri.
Si calerà negli intimidenti panni di Papa Wojtyla («È
un progetto che mi interessa moltissimo, ma manca ancora un testo di riferimento»),
oggi è impegnato sul set del film in due puntate Doppio agguato,
previsto per aprile da Mediaset: fa il capo dei Nocs, gli uomini «così
poco rambo» che hanno risolto il sequestro Belardinelli. Accanto
a lui Isabella Ferrari e Sabrina Impacciatore.
Come Montalbano, Zingaretti cerca in ogni modo di salvaguardare il
suo privato. Le proposte che gli fanno sono tante, «e molte sono
bruttine», lui sceglie quel che gli va. Ha in mente di diventare
regista e di mettere in scena un romanzo della moglie (Il secondo di bordo,
Piemme editore).
E assieme alla moglie ha fatto un sopralluogo in Uganda, per conto
dell'Amref, associazione umanitaria, tra miseria e bambini guerriglieri.
«Margherita sta scrivendo il testo del documentario, io sarò
il testimonial e il narratore».
E poi il teatro, sua antica passione. In luglio, all'Eliseo di Roma,
sarà Riccardo III, con la regia di Patroni Griffi: «Alcuni
miei colleghi inglesi mi hanno detto che recitare il Riccardo III è
il massimo, anche come difficoltà». Tutto questo pensando
alla regia.
Pier Mario Fasanotti