Panorama, 18.10.2002
Televisione - Supercommissari TV. In anteprima la nuova serie tratta da Camilleri
«Montalbano sono» è tornato
Luca Zingaretti davanti al video si rivede nei panni del poliziotto idolo di milioni di spettatori, arcinoto per una battuta tormentone. E fra Sicilia, delinquenti, cani per ciechi e «femminuzze» innamorate, racconta il suo sdoppiamento pirandelliano.

Avvertenza, del tutto rassicurante, ai telespettatori che a partire da lunedì 28 ottobre ritroveranno, questa volta su Raiuno, Luca Zingaretti con la pistola in mano: la famosissima esclamazione «Montalbano sono!» c'è.
Anzi, il commissario siciliano inventato dalla penna di Andrea Camilleri la ripete più volte. A inaugurare la serie è l'episodio Il senso del tatto, tratto dalla raccolta edita da Mondadori, Gli arancini di Montalbano. Zingaretti fa felici i suoi fan quattro volte, con un piglio che riassume la sicurezza del funzionario di stato e la timidezza che per correggersi si fa quasi arroganza.
«So che la battuta piace soprattutto ai bambini» dice Zingaretti. «Sono loro a fermarmi e a ripeterla».
La battuta è stata amplificata dall'imitatore Sergio Friscia nella trasmissione Convenscion. È diventata uno dei tanti tormentoni. Sì, i bambini sono entusiasti, ma non dimentichiamo le «femminuzze», per dirla alla Camilleri. L'attore sorride appena e preferisce stare sulle generali: «So di essere gradito al pubblico femminile, che è più difficile, esigente e diffidente e alla fine anche più fedele».
Il primo episodio della serie televisiva (quattro puntate), prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti e costata 6 milioni di euro, riporta inevitabilmente il discorso sulle donne. Zingaretti si rivede sullo schermo accanto al cronista di Panorama e non è minimamente turbato dallo sdoppiamento pirandelliano. Lui sornionamente sa che la fidanzata di Salvo Montalbano, l'algida Livia (interpretata dall'austriaca Katharina Bohm), non piace al pubblico.
E poi questa bionda perbene e permalosa ha la brutta abitudine di fare della psicologia spicciola, vizio che Camilleri mette alla berlina.
Però Zingaretti la difende, astrattamente: «Quella donna vive bene un rapporto con un uomo senza rinunciare al proprio ruolo. Sì, è vero, è un po' una rompiscatole, ma quando c'è, c'è davvero, e a lei si rivolge Montalbano quando vuole allontanarsi dallo schifo del mondo dentro il quale indaga».
In Senso del tatto, Livia sbarca in Sicilia, vuole sole e amore tra le lenzuola. E vuole il commissario tutto per sé. L'abbraccio tra i due è frettoloso.
Montalbano è più affettuoso con il cane Orlando che porta con sé dopo la morte misteriosa del suo padrone, un cieco. La storia del nuovo episodio ruota tutta attorno al cane che fa persino scattare un assalto armato della polizia, e il commissario in testa: un arrivano i nostri con tutti i crismi.
Poi ci sono le siciliane, intimidite e silenti di giorno, fantasmi dietro a persiane mezzo chiuse, loquaci di notte tra mille prudenze, pronte a raccontare delle proprie schiavitù, della gelosia dei maschi che si fa violenza. Montalbano ascolta queste creature notturne, una sua smorfia sottende alla comprensione dinanzi a un costume sociale rimasto indietro di mille anni.
«Comprende ma non giustifica» ci tiene a dire Zingaretti. «Quelle donne riempiono quei pochi spazi a loro concessi, raccontano di dolori e sentimenti forti». In questa Sicilia che si permette di stare anacronisticamente fuori dall'Occidente, una donna rivela a Montalbano una verità da tragedia greca: «Signor commissario, non ho paura di essere ammazzata di botte, ma di essere lasciata dal mio uomo». Femministe abbiate pazienza, pare dire Camilleri: molte donne sono così e non cambiano.
Montalbano è un uomo fedele. Anche nella nuova serie non mancano i turbamenti accanto a donne socialmente e sessualmente disinvolte, pronte a concedersi. Ma lui no, non approfitta. L'odore del basilico e dei pomodori siciliani, la suggestione del castello di Donnafugata (la sensualità del Gattopardo è sempre in agguato) non fanno scricchiolare le abitudini morali di un uomo che comanda così bene i suoi uomini e anche la propria anima.
Zingaretti uomo è sposato con Margherita D'Amico, una scrittrice. Diversa da Livia, anche fisicamente: «Con mia moglie parlo spesso di libri» dice l'attore «mi dà consigli e io mi diverto a leggere Dostoevskij e Dickens».
Montalbano, in questi ultimi episodi, si scatena. Volano parecchi «cornutazzo» e «grandissimo figghio di puttana». Conferma la sua indole sanguigna. Ecco perché questo nuovo Maigret piace da morire. «È genuino» spiega Zingaretti «supera le barriere della gerarchia, dice in faccia quello che pensa, ferma chi, persino un questore, si prende la licenza di insultare, sta dentro il quadrato dei suoi valori, non si prostituisce alla carriera perché vuole nuotare, leggere, mangiare con tranquillità. Montalbano è ammirato dagli uomini ed è colui che le donne vorrebbero avere accanto a sé».
La passione per Montalbano è tale che è appena uscito il primo di una serie di videogiochi a lui dedicati e il 22 ottobre sarà attivo un sito (www.montalbano.rai.it) per fan e curiosi.
La regia di Alberto Sironi e la sceneggiatura di Francesco Bruni (sul cui lavoro lo stesso Camilleri ha poco da correggere, ormai) hanno confezionato un prodotto che si è conficcato nel cuore dei telespettatori: l'ultima serie ha registrato una media di 6 milioni di spettatori. E Montalbano piace anche fuori dai patrii confini.
Il produttore Degli Esposti racconta che l'audience in Svezia è stata così alta che molte agenzie di viaggio di Stoccolma hanno preparato itinerari siciliani, nella zona (attorno a Ragusa) dove l'italiano onesto, e affascinante, si tuffa nei misteri umani e nuota senza enfasi nel marcio e nelle debolezze di esistenze curiose. Se c'è poi «un tripudio di cosce al vento» (frase dell'Odore della notte da cui è stato tratto il terzo episodio), tanto meglio.
Zingaretti si diverte a indossare i panni di Montalbano. Entra ed esce da questo personaggio con disinvoltura, senza esserne schiavo, come è capitato a molti attori. Non è certo uno che invecchierà con l'impermeabile, come il tenente Sheridan.
L'attore quarantenne evita accuratamente la retorica: «Se interpreto San Giovanni, non dico poi che ho visto la Madonna. Il cinema è un gioco, io affronto un lavoro emozionale, ma sempre attaccato alla mia impalcatura razionale». Quando ha interpretato Giorgio Perlasca, l'uomo che ha salvato migliaia di ebrei a Budapest, era quello e non altri.
Si calerà negli intimidenti panni di Papa Wojtyla («È un progetto che mi interessa moltissimo, ma manca ancora un testo di riferimento»), oggi è impegnato sul set del film in due puntate Doppio agguato, previsto per aprile da Mediaset: fa il capo dei Nocs, gli uomini «così poco rambo» che hanno risolto il sequestro Belardinelli. Accanto a lui Isabella Ferrari e Sabrina Impacciatore.
Come Montalbano, Zingaretti cerca in ogni modo di salvaguardare il suo privato. Le proposte che gli fanno sono tante, «e molte sono bruttine», lui sceglie quel che gli va. Ha in mente di diventare regista e di mettere in scena un romanzo della moglie (Il secondo di bordo, Piemme editore).
E assieme alla moglie ha fatto un sopralluogo in Uganda, per conto dell'Amref, associazione umanitaria, tra miseria e bambini guerriglieri. «Margherita sta scrivendo il testo del documentario, io sarò il testimonial e il narratore».
E poi il teatro, sua antica passione. In luglio, all'Eliseo di Roma, sarà Riccardo III, con la regia di Patroni Griffi: «Alcuni miei colleghi inglesi mi hanno detto che recitare il Riccardo III è il massimo, anche come difficoltà». Tutto questo pensando alla regia.
Pier Mario Fasanotti