«Lo confesso a questo premio ci tenevo tanto». Così
Andrea Camilleri commenta a caldo l´assegnazione del Premio Mondello
per il romanzo "Il re di Girgenti" che gli sarà consegnato sabato
all´hotel Palace. Del suo libro, invece, si parlerà oggi pomeriggio
alle 16.30 a Palazzo Ziino, in via Dante, nel corso di una tavola rotonda
dedicata alla produzione dello scrittore empedoclino, alla quale parteciperanno
Nino Borsellino, Salvatore Silvano Nigro, Gianni Puglisi e Natale Tedesco.
«"Il re di Girgenti" è un lavoro che mi è costato
troppo tempo e una lunga, umana partecipazione - dice Camilleri - Ho ricevuto
un fax degli operai della Sicilfiat nel quale si definivano i duemila Zosimo
di Termini Imerese, alludendo proprio al mio ultimo libro. La cosa mi ha
commosso: questi qui hanno capito lo spirito di Zosimo, che era un povero
Cristo».
Camilleri ha già in cantiere nuove sorprese per i suoi lettori:
«È già pronto un romanzo storico ambientato a Vigàta
nel 1935: per la prima volta racconto un´epoca in cui c´ero.
Si intitolerà "La presa di Macallè". Entro il 2003 quasi
sicuramente ci sarà un nuovo Montalbano». E così se
Piazzese si è liberato del suo La Marca, Camilleri ha tutt´altri
progetti per il suo commissario: «Non ho alcuna intenzione di liberarmene,
con Montalbano convivo perfettamente. Il successo televisivo, poi, è
davvero interessante: se la tv ha ancora un senso dovrebbero essere andate
a segno le battute dell´ultimo sceneggiato trasmesso, quando Mimì
Augello va a reprimere la protesta degli operai in cassa integrazione».
Lo scrittore non rinuncia alla battuta sulla politica e, giusto per
non smentire la sua fede di sinistra, alla domanda sulla presunta jella
di Berlusconi quanto ad alluvioni ed eruzioni risponde: «Se devo
esprimere il mio profondo pensiero dico di sì. Scherzi a parte,
su "Micromega" prima delle elezioni ho scritto lettere profetiche non riguardo
allo stato delle leggi che supera di gran lunga la fantasia ma sulle calamità
naturali che hanno colpito l´Italia».
E la fortuna della letteratura siciliana? «È a buon punto,
abbiamo nomi grossi sui quali è difficile discutere: Consolo e tutta
una nuova fioritura. Abbiamo Giosuè Calaciura, "Sgobbo" è
ancora meglio di "Malacarne". E poi c´è Di Cara con la sua
"Isola nera", Cacopardo e Alajmo. Forse è sempre stata questa l´unica
nostra ricchezza».
E adesso, con un premio Mondello in tasca, cosa penserebbe Sciascia,
che lo scoraggiò dal pubblicare col suo stile così siciliano,
di questo successo? «A me divertirebbe tanto saperlo - risponde lo
scrittore - e comunque anche se con me era stato critico forse oggi sarebbe
contento». Ma Camilleri, tutto sommato, preferirebbe la «scommemorazione»
come la chiamava Manganelli. «Durante un convegno a me dedicato Gioacchino
Lanza disse che era imbarazzato a parlare in presenza della "salma": e
io davvero mi sentivo una salma. A questo punto è meglio la scommemorazione».
Salvatore Ferlita