Davanti le Telecamere di ParvapoliS Andrea Camilleri, uno scrittore
che non ha bisogno di presentazione. Ha legato il suo nome ad un personaggio
televisivo di successo, il Commissario Montalbano ed ha firmato importanti
romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi personali studi sulla
storia dell'isola. Polizieschi e saggi storici, dunque. Una differenza
di genere. Ma c'è anche un modo di porsi diverso di fronte alla
scrittura? «Effettivamente sì. E cioè che mentre le
mie ricerche linguistiche sono assai spinte nei miei saggi storici, nel
romanzo cerco di mettere un freno. Un giallo è un enigma di per
sé. Se mi metto a scrivere completamente a modo mio, do un ulteriore
problema al mio lettore». Il romanzo giallo è considerato
un po' paraletteratura... «Secondo me c'è un equivoco grosso
come una casa. Ci sono romanzi gialli strepitosi scritti da Gadda, da Sciascia,
da Dürrenmatt. E ci sono i gialli ferroviari. Allo stesso modo ci
sono dei capolavori di letteratura e dei prodotti sciocchi e insopportabili.
Fortunatamente questa storia oggi come oggi è abbastanza superata.
Penso che presto la finiranno». Quali sono gli ingranaggi narrativi
che differenziano il giallo europeo dal giallo anglosassone? «Dire
"tradizione anglosassone" mi mette un po' in imbarazzo, perché una
cosa sono gli inglesi, un'altra cosa gli americani. Gli inglesi sono molto
più europei in questo senso, cioè si affidano molto alla
forza della ragione. La letteratura hard boiled americana si affida alla
forza e basta. In noi europei, Maigret, Simenon, c'è un forte elemento
deduttivo che si fonda su elementi del reale». Per quale motivo nei
suoi romanzi c'è sempre la Sicilia? «Perché non saprei
parlare d'altro. Se devo parlare di paesi che ho visto, ma di cui non ho
capito e non conosco lo spirito, l'anima, di chi ci abita, io mi sento
di fare un esercizio vano ed inutile».
Siciliano doc, esordisce come regista teatrale. Amerà la sicilianità
di Pirandello e sarà il primo a portare Beckett in Italia, mettendo
in scena Finale di partita nel 1958 al Teatro dei Satiri di Roma e poi
nella versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. A vent'anni
alcune sue poesie furono pubblicate in un'antologia curata da Ungaretti.
Nello stesso tempo scriveva i suoi primi racconti per riviste e quotidiani
come "L'Italia socialista" e "L'ora" di Palermo. Ha esordito come romanziere
nel 1978 con "Il corso delle cose" (Lalli, ristampato da Sellerio nel 1999),
primo della serie dei romanzi "storici". Due anni dopo ha pubblicato con
Garzanti "Un filo di fumo" (premio Gela). Sono seguiti, per Sellerio: "La
strage dimenticata", "La stagione della caccia", "La bolla di componenda",
"Il birraio di Preston" (premio Vittorini), "La concessione del telefono".
Nel 1999 è uscito per Rizzoli "La mossa del cavallo" (premio Elsa
Morante). Sempre Sellerio ha pubblicato i cinque romanzi che hanno come
protagonista il commissario Montalbano: "La forma dell'acqua" (1994), "Il
cane di terracotta" (1996), "Il ladro di merendine" (1996), "La voce del
violino" (1998, premio Flaiano), "La gita a Tindari" (2000).
Elisabetta Rizzo