Parvapolis, 18.11.2002
Roma. Capo Circeo. Montalbano e dintorni. Andrea Camilleri: «Scrivo della Sicilia perché non saprei scrivere d'altro. Ne conosco il cuore, l'anima»
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Davanti le Telecamere di ParvapoliS Andrea Camilleri, uno scrittore che non ha bisogno di presentazione. Ha legato il suo nome ad un personaggio televisivo di successo, il Commissario Montalbano ed ha firmato importanti romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi personali studi sulla storia dell'isola. Polizieschi e saggi storici, dunque. Una differenza di genere. Ma c'è anche un modo di porsi diverso di fronte alla scrittura? «Effettivamente sì. E cioè che mentre le mie ricerche linguistiche sono assai spinte nei miei saggi storici, nel romanzo cerco di mettere un freno. Un giallo è un enigma di per sé. Se mi metto a scrivere completamente a modo mio, do un ulteriore problema al mio lettore». Il romanzo giallo è considerato un po' paraletteratura... «Secondo me c'è un equivoco grosso come una casa. Ci sono romanzi gialli strepitosi scritti da Gadda, da Sciascia, da Dürrenmatt. E ci sono i gialli ferroviari. Allo stesso modo ci sono dei capolavori di letteratura e dei prodotti sciocchi e insopportabili. Fortunatamente questa storia oggi come oggi è abbastanza superata. Penso che presto la finiranno». Quali sono gli ingranaggi narrativi che differenziano il giallo europeo dal giallo anglosassone? «Dire "tradizione anglosassone" mi mette un po' in imbarazzo, perché una cosa sono gli inglesi, un'altra cosa gli americani. Gli inglesi sono molto più europei in questo senso, cioè si affidano molto alla forza della ragione. La letteratura hard boiled americana si affida alla forza e basta. In noi europei, Maigret, Simenon, c'è un forte elemento deduttivo che si fonda su elementi del reale». Per quale motivo nei suoi romanzi c'è sempre la Sicilia? «Perché non saprei parlare d'altro. Se devo parlare di paesi che ho visto, ma di cui non ho capito e non conosco lo spirito, l'anima, di chi ci abita, io mi sento di fare un esercizio vano ed inutile».
Siciliano doc, esordisce come regista teatrale. Amerà la sicilianità di Pirandello e sarà il primo a portare Beckett in Italia, mettendo in scena Finale di partita nel 1958 al Teatro dei Satiri di Roma e poi nella versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. A vent'anni alcune sue poesie furono pubblicate in un'antologia curata da Ungaretti. Nello stesso tempo scriveva i suoi primi racconti per riviste e quotidiani come "L'Italia socialista" e "L'ora" di Palermo. Ha esordito come romanziere nel 1978 con "Il corso delle cose" (Lalli, ristampato da Sellerio nel 1999), primo della serie dei romanzi "storici". Due anni dopo ha pubblicato con Garzanti "Un filo di fumo" (premio Gela). Sono seguiti, per Sellerio: "La strage dimenticata", "La stagione della caccia", "La bolla di componenda", "Il birraio di Preston" (premio Vittorini), "La concessione del telefono". Nel 1999 è uscito per Rizzoli "La mossa del cavallo" (premio Elsa Morante). Sempre Sellerio ha pubblicato i cinque romanzi che hanno come protagonista il commissario Montalbano: "La forma dell'acqua" (1994), "Il cane di terracotta" (1996), "Il ladro di merendine" (1996), "La voce del violino" (1998, premio Flaiano), "La gita a Tindari" (2000).
Elisabetta Rizzo