Il Resto del Carlino, 18.12.2002
Camilleri ha un tenore che indaga

MODENA — Se fossimo ancora nell'Ottocento, sarebbe tutto normale. Appena l'avevano ottenuto, i libri di successo diventavano subito melodrammi: cotti e musicati per un pubblico bulimico di novità. Oggi è diverso, e se Andrea Camilleri si mette all'opera diventa una notizia. Dopo la prima di Bergamo (tanti applausi, recensioni così così), Il fantasma nella cabina, libretto di Rocco Mortelliti dall'omonimo racconto del papà di Montalbano, musica di Marco Betta, inaugura stasera (ore 20,30, nessuna replica, info 059 200010) la stagione del Comunale di Modena. Questa volta protagonista non è il commissario Montalbano, ma il suo collega Cecé Collura, che, dopo aver incassato una pallottola, va a distrarsi in crociera. Ma la nave è infestata dai fantasmi: indagherà con voce di tenore.
Spiega Mortelliti, che firma anche la regìa e conosce bene Camilleri perché è suo genero: «Non potevamo scegliere un romanzo: troppo pieno, troppi personaggi. Meglio un racconto, per fare un'opera agile, leggera e, spero, divertente». La chicca è che nel passato remoto ('58) Camilleri aveva già firmato una regìa d'opera, e proprio a Bergamo: «Era un San Giovanni decollato, da Angelo Musco, con la musica di Alfredo Sangiorgi, un compositore seriale. Fu un disastro: impossibile far ridere la gente con la musica seriale...». Ma ha seguito la realizzazione dell'opera? «Per carità, non lo faccio nemmeno con gli sceneggiati televisivi— risponde lui —. Da regista, mi sono spesso trovato gli autori sul set o in palcoscenico: erano terribilmente ingombranti. Mortelliti mi ha solo fatto leggere il libretto: l'ho trovato divertente, e basta».
E la musica? Betta dà la garanzia di una partitura non punitiva, ascoltabile, magari con profitto e perfino con diletto. «Il punto — racconta — è che non mi faccio terrorizzare dai problemi d'estetica: una volta che è chiara la struttura, il linguaggio viene da sé. Per quest'opera la musica è volutamente tradizionale, con pezzi chiusi come arie e perfino canzoni». Conferma Aldo Sisillo, che dirige: «Il pubblico avrà la sorpresa di ascoltare un'opera “vera”, con leit-motiv e vere melodie. E cantano non gli "specialisti" del contemporaneo ma vere voci liriche».
Infatti nella compagnia grandi firme spiccano Katia Ricciarelli (nei panni tragicomici di un'attrice in pensione), Luciana Serra (la giornalista impicciona) e, nella parte di Cecé, un tenorissimo internazionale come Vincenzo La Scola, in libera uscita nell'opera contemporanea, siciliano con trascorsi modenesi di gioventù: «Io, uno Zingaretti della lirica? Montalbano è lui e solo lui. Io, più modestamente, sono Cecé Collura, siciliano doc. Mai avrei immaginato che un giorno avrei cantato “minchia!” in un teatro d'opera».
Alberto Mattioli