BERGAMO. Montalbano spopola in libreria e in televisione, ma nel teatro
d'opera entra Cecè Collura: il poliziotto, amico del più
famoso commissario, fu inventato da Andrea Camilleri per i racconti d'estate
de «La Stampa» nel 1998, otto brani adesso riuniti in un volumetto
dal titolo «Le inchieste del commissario Collura», che verranno
raggruppati in quattro opere liriche con testo di Rocco Mortelliti e musica
di Marco Betta. La prima, «Il fantasma nella cabina», ha ora
debuttato al Teatro Donizetti di Bergamo con autentiche star quali Vincenzo
La Scola, Katia Ricciarelli e Luciana Serra: Collura, imbarcatosi dopo
una sparatoria e la convalescenza su una nave da crociera in qualità
di commissario di bordo, se la vede con Candida Meneghetti, la quale racconta
di aver scorto nella sua cabina un fantasma, il classico lenzuolo. Dalle
indagini si scoprirà che la donna si è inventata tutto, è
un'ex-attrice con modesta pensione, pagata da una compagnia concorrente
per rovinare l'immagine degli armatori. Mortelliti, anche regista dello
spettacolo, ha compiuto dell'essenziale «Fantasma nella cabina»
una diluizione in due atti di un'oretta ciascuno, nei quali riemergono
passi del racconto, testuali o alterati: la voce registrata del medesimo
scrittore apre lo spettacolo con l'esordio del «Mistero del finto
cantante» e lo chiude col finale rifatto del «Fantasma».
Alcune cose cambiano, il giornalista Davide Birolli diventa l'agguerrita
Stefania Biroli, soprattutto s'introduce il personaggio di Giorgia, la
cantante che anima il piano-bar e si lega a Collura. Betta ha scelto di
non musicare tutto il testo, alternando parti cantate a molte dove si recita,
spesso sopra la musica: la forma potrebbe essere quella dell'operetta,
soggetto giallo a parte, che resta ad ogni modo leggero e umano. Tuttavia,
benché il sottotitolo dica «opera», Betta evita nella
partitura classificazioni rigide, inglobando qualcosa del jazz, molto pop
(non solo per Giorgia, la brava Paola Ghigo che suona e canta), in uno
stile da canzone smaccatamente facile, con armonie elementari. Scrivere
musica comunicativa è intento di tutto rispetto, però qui
si arriva a semplificare Morricone e ad iterare spesso in forma strumentale
la musica delle arie, dove l'azione si ferma alla maniera antica, mentre
si sviluppa nelle scene recitate: può esservi un'allusione ai motivi
conduttori, qualche influsso minimalista in formule ritmiche ripetute,
ma il valzerino del second'atto alla lunga sfinisce. Comunque tale facilità
ha consentito di vivere come un divertissement a carriera avanzata la partecipazione
della Ricciarelli, di pretto stile lirico, e della Serra, pimpante e squillante.
La Scola è un tenore protagonista generoso e credibile, oltretutto
siciliano come Cecè e tutti gli autori, buoni Fabio Previati (Comandante)
e Danilo Formaggia (Premuda), onesta la direzione di Aldo Sisillo a capo
della discreta orchestra «Donizetti». Agile nei molti cambi
a vista, semplice eppure esatto nel creare i diversi luoghi della nave,
anche evocativo (l'elica gigante) è l'impianto scenico di Italo
Grassi, ideale per la circolazione dell'allestimento: ancora oggi pomeriggio
a Bergamo, mercoledì sera a Modena. Nel 2003 si vedrà in
giro per l'Italia, mentre a Siena andrà in scena la seconda opera,
che unirà «Il mistero del finto cantante» e «Che
fine ha fatto la piccola Irene?».
g.satragni@tin.it Giangiorgio Satragni