La Stampa, 16.12.2002
Le indagini di Camilleri fra Morricone e l´operetta
«Il fantasma della cabina» con il poliziotto Cecè Collura: testi di Mortelliti e musica di Betta

BERGAMO. Montalbano spopola in libreria e in televisione, ma nel teatro d'opera entra Cecè Collura: il poliziotto, amico del più famoso commissario, fu inventato da Andrea Camilleri per i racconti d'estate de «La Stampa» nel 1998, otto brani adesso riuniti in un volumetto dal titolo «Le inchieste del commissario Collura», che verranno raggruppati in quattro opere liriche con testo di Rocco Mortelliti e musica di Marco Betta. La prima, «Il fantasma nella cabina», ha ora debuttato al Teatro Donizetti di Bergamo con autentiche star quali Vincenzo La Scola, Katia Ricciarelli e Luciana Serra: Collura, imbarcatosi dopo una sparatoria e la convalescenza su una nave da crociera in qualità di commissario di bordo, se la vede con Candida Meneghetti, la quale racconta di aver scorto nella sua cabina un fantasma, il classico lenzuolo. Dalle indagini si scoprirà che la donna si è inventata tutto, è un'ex-attrice con modesta pensione, pagata da una compagnia concorrente per rovinare l'immagine degli armatori. Mortelliti, anche regista dello spettacolo, ha compiuto dell'essenziale «Fantasma nella cabina» una diluizione in due atti di un'oretta ciascuno, nei quali riemergono passi del racconto, testuali o alterati: la voce registrata del medesimo scrittore apre lo spettacolo con l'esordio del «Mistero del finto cantante» e lo chiude col finale rifatto del «Fantasma». Alcune cose cambiano, il giornalista Davide Birolli diventa l'agguerrita Stefania Biroli, soprattutto s'introduce il personaggio di Giorgia, la cantante che anima il piano-bar e si lega a Collura. Betta ha scelto di non musicare tutto il testo, alternando parti cantate a molte dove si recita, spesso sopra la musica: la forma potrebbe essere quella dell'operetta, soggetto giallo a parte, che resta ad ogni modo leggero e umano. Tuttavia, benché il sottotitolo dica «opera», Betta evita nella partitura classificazioni rigide, inglobando qualcosa del jazz, molto pop (non solo per Giorgia, la brava Paola Ghigo che suona e canta), in uno stile da canzone smaccatamente facile, con armonie elementari. Scrivere musica comunicativa è intento di tutto rispetto, però qui si arriva a semplificare Morricone e ad iterare spesso in forma strumentale la musica delle arie, dove l'azione si ferma alla maniera antica, mentre si sviluppa nelle scene recitate: può esservi un'allusione ai motivi conduttori, qualche influsso minimalista in formule ritmiche ripetute, ma il valzerino del second'atto alla lunga sfinisce. Comunque tale facilità ha consentito di vivere come un divertissement a carriera avanzata la partecipazione della Ricciarelli, di pretto stile lirico, e della Serra, pimpante e squillante. La Scola è un tenore protagonista generoso e credibile, oltretutto siciliano come Cecè e tutti gli autori, buoni Fabio Previati (Comandante) e Danilo Formaggia (Premuda), onesta la direzione di Aldo Sisillo a capo della discreta orchestra «Donizetti». Agile nei molti cambi a vista, semplice eppure esatto nel creare i diversi luoghi della nave, anche evocativo (l'elica gigante) è l'impianto scenico di Italo Grassi, ideale per la circolazione dell'allestimento: ancora oggi pomeriggio a Bergamo, mercoledì sera a Modena. Nel 2003 si vedrà in giro per l'Italia, mentre a Siena andrà in scena la seconda opera, che unirà «Il mistero del finto cantante» e «Che fine ha fatto la piccola Irene?».
g.satragni@tin.it Giangiorgio Satragni