Ragusa, dicembre
Quando s'alza, ma sarebbe meglio dire s'arrisbiglia, nivuro
e nirbuso, scende dalla veranda con falcate prepotenti e, dopo quattro
passi sulla spiaggia, eccolo in mare a sfogare il malumore con un bel crawl
ritmato. Ma oggi, domenica, il commissario Salvo Montalbano non c'è,
appaiono chiuse le persiane verdi della sua casa sull'arenile di Punta
Secca (Marinella, nel serial televisivo). In compenso, arrivano gruppi
di turisti armati di macchine fotografiche che cercano invano pirtusi
per spiare nell'abitazione. «L’arredamento, i libri, i piccoli divani,
tutto nella realtà è come appare in video», dice un
quarantino
(quarantenne) dottor Pietro Diquattro, proprietario della villetta. «Mi
sono talmente abituato a cedere la mia proprietà al set televisivo
che quando vi rimetto piede mi capita, inconsciamente, di andare al frigorifero
per vedere se per caso la cameriera Adelina c'ha lasciato uno di quei pranzetti
che si sciala il commissario».
Potenza della fantasia, magia della scrittura avvolgente di Camilleri,
che spalanca tutti e cinque i sensi, seduzione della faccia sempre un poco
arraggiata
del bravo Luca Zingaretti, ma un pezzo di Sicilia, l'antica terra ragusana
(la nobile contea di Modica) è diventata il feudo di Montalbano.
Con tanto di video che furoreggia alla Bit, la grande assise del turismo
di Milano. «Abbiamo raccolto un'agile documentazione visiva dei posti
incantati, le perle dell'arte che fanno da sfondo alle avventure del celebre
detective», dice Franco Antonaci, presidente della Provincia di Ragusa.
«Le agenzie specializzate mostrano un interesse nuovo al nostro territorio».
Il gran tour alla scoperta dei luoghi di Montalbano necessita di qualche
istruzione per l'uso. Il regista Alberto Sironi ha creato suggestive ambientazioni
a partire dalla realtà, ma non tutto quello che si vede nel serial
corrisponde a luoghi precisi, spesso una scena è realizzata mettendo
insieme atmosfere diverse (che distano macari tra loro venti chilometri).
In breve, Vigàta, il paese di fantasia, corrisponde a Ibla, Marinella
è Santa Croce di Camerina, ma quando il commissario passeggia tra
le barche in cerca di un'ispirazione ci troviamo nel porto di Pozzallo.
La masseria,della sorella di Mimì Augello è Villa Fagotto
nel Ragusano, alcuni interni lussuosi (La voce del violino) sono stati
girati nell’Eremo della Giubiliana, elegante relais cinque stelle, la malfamata
mannara
è l’ex fabbrica di mattoni Pisciotto in contrada Sampieri.
Da dove cominciamo? Da quella panoramica dei tetti di Ibla (lo spezzone
medioevale di Ragusa) che il regista Sironi scandisce con la vertiginosa
ebbrezza della musica di Franco Piersanti. Il balcone naturale da cui si
gode quella vista mozzafìato che accompagna i titoli di testa del
serial è la rampa di gradini che porta alla chiesa di Santa Maria
delle Scale. «L’evento spartiacque della nostra storia è il
terremoto che nel 1693 squassò la Val di Noto», spiega Antonaci.
«Il ceto nobile dominante Ibla, devoto a San Giorgio, non volle abbandonare
l'abitato e ricostruì un sontuoso barocco sulla planimetria delle
strette viuzze medioevali. Il ceto borghese più dinamico, devoto
a San Giovanni, si spostò sull'adiacente pianoro e dette vita alla
Ragusa moderna, anch'essa barocca». Tra i due blocchi la chiesa di
Santa Maria delle Scale, che il sisma in parte risparmiò, ha un
raro gioiello di tutta l'architettura siciliana, una navata in stile gotico
catalano.
Percorriamo i ripidi tornanti verso Ibla a motore scoppiettante come
fa Montalbano, quando dal litorale di Marinell sale verso Vigàta.
Una sgommata e poi inchiodiamo nella deliziosa piazzetta dove si apre il
portale del Giardino Ibleo. Proprio qui, dove si nascondeva il bambino
tunisino protagonista del Ladro di merendine, allegri studenti festeggiano
il cabarettista Angelo Russo, l’agente Catarella. Di pirsona, pirsonalmente
ha un naso ancor più schiacciato di come appare in video. Fa benissimo
l'imitazione di Celentano. «Con Luca Zingaretti», rivela, «c'è
un'amicizia speciale, l'ho salvato da una figuraccia di fronte a tutti
i siciliani». Non si sa né perché né per come,
ma un giorno il commissario Montalbano, si trova a recitare un'insidiosa
battuta. «Sono jarruso...», proclama sprezzante e Angelo
Russo si mette le mani nei suoi capelli punk neri come la pece: «Luca
fermati, quella parola vuol dire gay...». Cambiarono il copione.
Russo, comico molto amato da Pieraccioni, ci accompagna verso corso XXV
aprile, la serpentina dello struscio di Vigàta. Balconi rococò,
preziose edicole votive e uno sciauro... uno sciauro. Viene
dalla trattoria di Giorgio ingrasciato (bisunto), il rustico ritrovo
dell'oste Calogero nel serial, dove il commissario entra sempre con un
buon pititto per ordinare, di preferenza, una mezza chilata
di sarde a beccafico. Un luogo di delizie per il Montalbano più
disteso. Il commissario è invece tanticchia preoccupato quando
attraversa il ben curato salotto di piazza Pola. Nell’edificio della delegazione
comunale Sironi ha piazzato la questura di Montelusa.
«Ibla, come la Vigàta di Camilleri», avverte Russo,
«ama le chiacchiere e le granite». La strada principale è
tutto un susseguirsi di bar, pasticcerie e circoli: quello della Caccia
e della Pesca, frequentato dagli sportivi, quello di San Giuseppe, prediletto
dai pensionati, e quello della Conversazione, riservato ai nobili, un tripudio
di velluti rossi e specchiere (curioso il soffitto, affrescato da
Flaccavento, con botola per smaltire il fumo) dove Sironi ha ambientato
gli uffici del ragioniere truffaldino de L’odore della notte. In cima a
corso XXV aprile c'è uno dei luoghi più belli di tutta la
saga, la piazza Duomo, con la cattedrale di San Giorgio.
«A proposito di Camilleri», domando a Russo, «pensi
che farà sposare l'agente [Sic!, NdCFC] Mimì Augello
con la sua zita Beba, così finisce il tormentone?».
Russo ride. «Lo scrittore mi ha detto che non lo sa», risponde.
«È, buffo, ma Camilleri, sposatissimo, felicemente coniugato,
ama scrivere di agenti che di fronte al matrimonio entrano in crisi. Solo
io, Catarella, sono un abitudinario, un pantofolaio, e finito il turno
corro via dall’ufficio per mangiare a casa».
Il commissariato di Vigàta, con la sua piccola scalinata e il
suo portone monumentale, corrisponde al palazzo comunale di Scicli, il
paese barocco che fu culla di metodisti e mazziniani. Con qualche licenza
creativa. «Perché nello stesso edificio, anzi proprio nella
mia stanza, hanno ambientato anche l'ufficio del sussiegoso questore Bonetti-Alderighi,
mi avverte il sindaco Bartolomeo Falla. Impossibile non ravvisare dietro
la sua scrivania di primo cíttadino di Scicli quel grande arazzo
dove indugia lo sguardo furente di Montalbano quando il suo superiore lo
chiama a rapporto. «Ogni volta che arriva la troupe televisiva io
faccio le valigie, porto le mie carte in una stanza meno sontuosa»,
spiega il sindaco, mentre ci mostra dal suo balcone la suggestiva via Mormino
Penna, il quartier generale di Salvo.
Quanti chilometri al giorno fa il commissario per sbrogliare i suoi
enigmi? Vi assicuro che sono tanti. Mettiamo, per esempio, uno dei primi
episodi, La forma dell'acqua: la famiglia del morto, l’ingegnere Luparello,
abita a Villa Criscione, un bellissimo esempio di villa rurale, che sta
a più di 20 chilometri dal centro di Ibla-Vigàta. Ancora,
quando l'investigatore si reca a colloquio col grande vecchio della mafia,
Balduccio Sinagra (Gli arancini di Montalbano, La gita a Tindari), spinge
l'acceleratore per un'altra ventina di chilometri, fino al Castello di
Donnafugata, l'imponente edificio rimaneggiato nel tardo Ottocento dai
baroni Arezzo, che nel serial funge da imprendibile roccaforte del boss.
Montalbano è Montalbano fintantoché nel suo territorio,
il feudo della nobile contea di Modica, avvengono ammazzatine. Ma
non potrà durare ancora per molto. Camilleri si lamenta e dice che
il suo detective è ormai un cinquantino in affanno, che non
si raccapezza più con le nuove forme di crimine senza volto, globale
(commercio d'organi, pedofilia, reati valutari via Internet e altro). «Come
andrà a finire?», chiedo a Russo. «Ci saranno nuovi
episodi televisivi?». «Sarei felice di girare ancora un racconto
nel quale sono protagonista di un’intricata storia con una maga»,
confessa. «Succede pure che il mio amatissimo commissario, tra una
sciarratina
e l'altra, per errore, al buio, mi colpisce di striscio...». Prove
tecniche di uscita di scena? Nell'ultima raccolta di racconti (La paura
di Montalbano) Camilleri scrive che il commissario per anni ha letto e
riletto, amandolo follemente, il romanzo di Raffaele La Capria Ferito
a morte.
Antonella Amendola