Il Giornale, 7.4.2002

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C'è una follia che riempie le pagine di cronaca, ce n'è una che riempie quelle politiche. La lettura dei giornali può essere, a seconda degli umori, esilarante o irritante o angosciosa, o tutte e tre le cose insieme. La più clamorosa, e petulante, è la follia che si propaga negli ambienti politici e intellettuali, e per la quale forti pensatori come Lidia Ravera, Andrea Camilleri, Pancho Pardi di Firenze si agitano e non si danno pace perché costretti a vivere in un Paese dominato da una fosca dittatura, che per "l'Unità" avrebbe in sé "caratteri semi-nazisti". E sì che quel giornale, diretto una volta da comunisti veri, ricordo Velio Spano, Mario Alicata, Pietro Ingrao, Gerardo Chiaromonte, pur alimentando ideologie rivelatesi fallaci non era privo di una sua tetra nobiltà. Niente che facesse presagire, una volta liberatosi dal comunismo, l'attuale e penoso stato di follia demenziale, e un po' metafisica della sua stravaganza. C'è, di questa follia, una versione domestica che produce girotondi, riti gregari e massivi in difesa di luoghi sacri del potere di sinistra, come sarebbero tribunali e sedi Rai. Ma ce n'è anche di tipo-esportazione per la quale i pensatori forti già nominati, e altri come Vincenzo Consolo, o Antonio Tabucchi, che si muovono a coppie come i frati e i carabinieri, si danno a girare l'Europa per informare gli ignari nostri vicini di fuggire da un Paese dove loro stessi, e i loro amici vivono perseguitati e fatti segno a ogni tipo di angherie.
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Arturo Gismondi