La Gazzetta del Mezzogiorno, 25.1.2002
L'intervista. Con Antonio Sellerio

Per il momento è solo un'idea. Ma presto Alessandro e Giuseppe Laterza, i cugini che hanno ereditato lo scettro della prestigiosa casa editrice barese, potrebbero decidere di avviare un rapporto di collaborazione con gli editori Sellerio di Palermo.
Un primo incontro operativo si è svolto nei giorni scorsi a Bari, dove Antonio Sellerio, 29 anni, figlio dei fondatori, Enzo ed Elvira, si è intrattenuto a lungo con Alessandro Laterza.
Entrambi non hanno voluto anticipare alcunché. Si sono soltanto limitati a confermare che un'intesa «è possibile ed auspicabile», tanto più in un momento in cui la concentrazione dei grandi gruppi rischia di soffocare l'attività dei piccoli e medi editori italiani.
Antonio Sellerio, nei mesi scorsi Casa Laterza ha annunciato ed avviato l'iniziativa dei «presìdi del libro». In Puglia l'idea è piaciuta. E sta riscuotendo un grande successo. Altrove, invece, stenta addirittura a partire. Secondo lei perché?
«L'idea dei presìdi è ottima. Ma, se devo essere sincero, non mi sorprende il fatto che non abbia ancora avuto una sua realizzazione pratica su larga scala. C'è bisogno di tempo. È un'iniziativa così innovativa... In Puglia è diverso. Qui ci sono gli ispiratori».
Eppure, da molti l'idea era stata salutata con entusiasmo. C'è forse la resistenza dei grandi gruppi? Dei grandi editori-distributori?
«No. Non credo che vi sia nessuna resistenza. L'operazione dei presìdi - e questo forse ne limita la diffusione - è pensata per avere l'adesione di tutti i diversi possibili attori del mondo del libro. No, francamente, non credo che vi siano resistenze».
C'è un motivo particolare che l'ha spinta a venire a Bari? Questa sua visita è legata proprio all'iniziativa dei presìdi? Oppure c'è qualche progetto che contate di avviare con i Laterza?
«Sì, stiamo parlando dei presìdi. Ma anche di altro».
Ad esempio?
«Pensiamo di fare anche alcune cose insieme. Pensiamo ad un rapporto di collaborazione e cooperazione. In fondo le nostre sono due fra le più importanti case editrici indipendenti. Peraltro entrambe del Sud».
È un modo per fronteggiare la concentrazione dei grandi gruppi?
«Anche. La concentrazione nel mercato editoriale pesa moltissino. I vantaggi che hanno i grandi editori sono infiniti: dalla possibilità di disporre di una serie di testate ai vantaggi più specificamente industriali. C'è poi una progressiva concentrazione della distribuzione, che provoca un'ulteriore pressione sul mercato».
E allora? Che farete voi cosiddetti piccoli e medi editori? Siete destinati all'estinzione?
«Spero proprio di no. Noi, finché ce la facciamo, andiamo avanti. Io sono comunque ottimista. Perché ritengo che vi sia una fetta di pubblico che, per quanto vada restringendosi, resta attenta alle offerte più originali. E noi contiamo di insistere su questa strada».
La sua casa editrice, che pure ha in catologo autori come Leonardo Sciascia e Antonio Tabucchi, da qualche anno vive soprattutto grazie al fenomeno Camilleri. Com'è nato? Lo avete costruito in laboratorio? Oppure è stato frutto del caso?
«No. È stato un fenomeno molto graduale, fondato prevalentemente sul passaparola. Credo, comunque, che determinante sia stata l'omogeneità fra la sigla dell'editore e il prodotto stesso. Molto importante, poi, è stato il rapporto che insieme, noi ed Andrea Camilleri, abbiamo saputo costruire con i lettori. È un fenomeno che ha più di una radice. E che ha potuto svilupparsi anche perché i nostri sono libri di formato ridotto e che costano fra le 15 e le 18 mila lire. Se
costassero 30 mila lire, sarebbe stato sicuramente un fenomeno ancora più graduale».
C'è un altro Camilleri all'orizzonte della Sellerio?
«Un altro Camilleri non lo so. Non credo che ci sia all'orizzonte di nessuno. Un autore su cui noi puntiamo moltissimo è Santo Piazzese, un giallista, anche lui siciliano, molto bravo, già tradotto in diversi Paesi. Il suo prossimo libro uscirà a giugno».
Stefano Boccardi