Adesso, 4.2002
La Sicilia di Camilleri
Intervista allo scrittore che ha creato la figura del commissario Montalbano
Die Figur des Kommissars Montalbano machte Andrea Camilleri berühmt. Erfolgreich ist der Krimlautor nun auch mit historischen Romanen, die ebenfalls auf seiner Heimatinsel Sizilien spielen

Lo conoscono tutti ormai per i gialli del commissario Montalbano, da cui la televisione italiana e quella tedesca hanno tratto una fortunata serie di film per la TV. Ma Andrea Camilleri ha anche un'altra passione da raccontare, quella dei romanzi storici. Tutti rigorosamente ambientati in Sicilia, tutti basati sui racconti orali, vivificati dalla fantasia giocosa del loro autore, come La scomparsa di Patò (Mondadori), La concessione del telefono (Sellerio) o la Biografia del figlio cambiato (Rizzoli), biografia romanzata di un altro grande scrittore siciliano, Luigi Pirandello.
E a ben guardare, è proprio l'amore per questa terra affascinante il filo rosso che collega le avventure di Salvo Montalbano - e le ricette prelibate di cui va ghiotto anche Camilleri - alle storie ambientate nelle seducenti campagne agrigentine, tra i contadini che sanno di sole, mare e terra. Concreti, come il loro dialetto, di cui Camilleri farcisce le pagine dei suoi romanzi vendendo più di cinque milioni di esemplari solo in Italia. Dalla sua casa romana, accanto alla sua adorata moglie e ai suoi quattro nipoti, il divertimento di questo simpatico siciliano sembra non finire più.
Camilleri delle meraviglie. Anche se giunto in età matura, il successo non sembra essergli piovuto dal cielo. Lo scrittore ha infatti lavorato per anni alla radio e alla televisione come autore e sceneggiatore e ha prodotto diversi programmi televisivi, tra cui un ciclo dedicato al teatro di Eduardo De Filippo e alle famose serie poliziesche del commissario Maigret. Ha insegnato a lungo al Centro di Cinematografia di Roma e ha imparato a teatro a padroneggiare le lingue.
Una volta mise in scena a Lisbona il dramma pirandelliano Sei personaggi in cerca d'autore: gli attori erano tutti inglesi e russi e ognuno si esprimeva nella propria madre lingua.
L'ultimo romanzo dello scrittore siciliano, Il re di Girgenti, ha già venduto in Italia 350 mila copie. È in preparazione la traduzione tedesca e il volume farà bella mostra di sé nelle librerie della Germania, per la casa editrice Wagenbach, entra il prossimo anno.
Adesso: Chi è "il re di Girgenti"?
Camilleri: "Il re di Girgenti" è Michele Zosimo, un contadino siciliano realmente vissuto fra la fine del '600 e i primi del '700, che si mette a capo di una rivolta contadina e viene proclamato re per pochi giorni.
Perché ha voluto raccontare la storia di Zosimo?
Perché mi consentiva di entrare in un remoto mondo contadino con la sua realtà sociale, i suoi riti e le sue credenze. E così ho scritto allora una finta biografia, che in realtà è un romanzo, di questo personaggio.
Il romanzo affronta il tema della dignità umana calpestata dal potere. In Italia la tradizione letteraria legata alla denuncia dei mali sociali, sembra destinata a scomparire.
Se in Italia sembra destinata a scomparire, peggio per la letteratura italiana. Il tema della dignità umana calpestata dal potere, piccolo o grande che sia, è un tema affrontato già da Manzoni, soprattutto nella Storia della colonna infame. Quindi ha una tradizione.
Come arma contro il potere il libro sembra suggerire la fantasia. Non è un po' poco?
Ma in verità il mio libro non suggerisce solamente la fuga nella fantasia. Zosimo diventa re dopo una rivolta armata: più che la fuga nella fantasia, egli propone la trasformazione di un sogno in realtà. Anche se sa benissimo che si tratta di un sogno-realtà di brevissima durata.
L’inchiesta sociale è un tema che ricorre anche nella tradizione letteraria siciliana. Se ne sente il prosecutore?
Non ho la coscienza di essere il prosecutore di qualcuno o qualcosa. Prosecutori, in ogni forma d'arte, lo si è sempre. Ma io non so dare giudizi né storici, né letterari su me stesso e la mia opera.
Quanto tempo ha lavorato a questa storia e cosa le è sembralo più difficile raccontare?
A scrivere Il re di Girgenti ho impiegato quasi sei anni. Il problema principale è stato l'individuazione del linguaggio contadino nell'insieme della struttura narrativa. Inoltre, come spiego in nota al romanzo, non esistono fonti scritte, se non di pochissime righe, su questo personaggio. Inventarmi il 99 per cento dei fatti era l'unica strada possibile. E anche la più divertente.
Girgenti è l'antico nome arabo di Agrigento, dove lei ha trascorso gli anni della gioventù.
Il nome arabo di Girgenti era Kerkent. Poi diventò Agrigento perché i latini la chiamavano Agrigentum. Ci ho studiato al ginnasio e al liceo, nello stesso liceo dove aveva studiato Luigi Pirandello. Ho avuto degli ottimi professori, degli splendidi compagni di scuola, alcuni dei quali sono ancora miei amici. Conosco la città come le mie tasche, ho conosciuto anche il tetro carcere di San Vito, in una cella del quale, nel 1943, ho trascorso 24 ore. Quando marinavo la scuola me ne andavo ai templi.
Come lavora Camilleri?
Lavoro come capita, uso il computer, la macchina da scrivere o la biro. Non ho orari precisi e scrivo quando me ne viene voglia.
A chi fa leggere per primo i suoi libri?
A mia moglie, che è una critica severissima. Se passo il suo esame, poi mi sento tranquillo.
Sono stato importanti le esperienze di teatro e cinema?
Mi hanno insegnato qualcosa tutte le esperienze di spettacolo. Per esempio, il teatro mi ha insegnato il ritmo dei dialoghi; la televisione e la sceneggiatura mi hanno insegnato a scrivere più che capitoli delle sequenze, e sapere costruire delle scene efficaci a livelle visivo conta molto nei libri.
Parliamo di cibo. Perché è cos'ì importante mangiare bene per il commissario Montalbano?
Perché, lei non trova importante mangiar bene? Ad ogni modo Montalbano mangia perché gli piace, non assegnerei a questo suo privato piacere ragioni e spiegazioni troppo recondite.
L’uso costante del dialetto siciliano non sembra scoraggiare i lettori italiani che non lo conoscono. Ma questa volta al siciliano lei ha avvicinato anche lo spagnolo. Non sta esagerando con lo sperimentalismo linguistico?
Anche se può apparire così, in realtà non si tratta di sperimentalismo. Nel Seicento in Sicilia il potere parlava spagnolo. Dovendo rappresentare alcuni discorsi tra potenti, che altro avrei potuto fare? Lo stesso avviene ne Il birraio di Preston. Siamo ancora a pochi anni dall'Unità e ogni italiano, nel suo privato, parla il proprio dialetto. Che poi in tutto questo ci sia un mio divertimento linguistico è vero. Ho usato e uso, anche se non sempre, il linguaggio parlato nel contesto romanzesco.
Un'arte appresa in teatro…
Perché io cerco una comunicazione immediata che il teatro è in condizione di dare e la letteratura no. Alcuni recensori se ne sono lamentati, ma quelli si lamentano sempre.
Parliamo della Sicilia. I suoi nipoti vi sono già stati? La trovano tanto diversa da Roma?
I miei nipoti vanno in Sicilia d'estate e ci si trovano benissimo. Non fanno differenze.
Ci sono degli aspetti della Sicilia che lei personalmente critica? La Sicilia deve "crescere"?
Ci sono molti aspetti della Sicilia che sono criticabilissimi. Ma non creda che la mentalità siciliana debba "crescere" perché è abbastanza cresciutella- Deve- semmai evolversi senza omologarsi. E lo sta facendo.
Lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia aveva coniato il termine di "sicilitudine". Lei che ne pensa?
Non amo definire alcunché e meno che mai la mentalità dei siciliani. Definire significa circoscrivere entro precisi confini. Come si fa a stabilire i confini dì una mentalità che è in continua evoluzione?
Ma la Sicilia per lei cos'è?
La Sicilia è forse la parte migliore di me.
È una dichiarazione d'amore molto bella. Anche se in occasione delle recenti elezioni in Sicilia, lei ha pronunciato parole molto dure contro Berlusconi che le ha stravinte.
Cosa vuole che ne pensi... Spero che l'Italia rinsavisca. I siciliani hanno scelto, quasi totalitariamente, di andare in una direzione politica opposta alla mia. Me ne díspiaccio. Ma vede, il proprio Paese lo si ama nel bene e nel male.
La letteratura può aiutare a cambiare la realtà?
Penso che la letteratura abbia la capacità d’interpretare una piccola parte della realtà. Ma in quanto a modificare questa realtà, non credo ne abbia la possibilità.
Laura Tomassetti