l'Unità, 23.5.2002
“Mi pagano i lettori, non il premier”
Lo scrittore ribatte al giornale Libero che lo accusa di aver criticato Berlusconi nel suo ultimo libro pubblicato con la Mondadori

PALERMO. «Tanto rumore per nulla. I giornali della destra mi attaccano sul fatto che guadagnerei soldi con Berlusconi, criticandolo. Una serie di falsità assolute. In realtà nel mio ultimo testo non vi è nessun attacco al premier, e cosa più importante, non sono pagato da Berlusconi, ma dalla Mondatori che mi dà una percentuale sui libri venduti. Mondadori guadagna con i miei scritti. Li vuole, per profitto, mica per beneficenza». Il celebre scrittore Andrea Camilleri, non ci sta e rompe il suo silenzio. Decide di intervenire sulle polemiche politiche suscitate dal suo ultimo libro La paura di Montalbano. Spiega: «I giornalisti di Libero hanno preso un granchio, un abbaglio. Hanno smarrito l'oggetto della polemica. Nel libro non vi sono attacchi al premier, e non perché il commissario Montalbano abbia cambiato idea. Lui è un uomo di sinistra. Già ne La forma dell'acqua, il primo romanzo su Montalbano parlavo di ministri, di sottosegretari, per certi provvedimenti legislativi, e si trattava di un altro periodo storico, vi era un governo di colore diverso. Questo non vuol dire che Montalbano sia un qualunquista. Percepisce gli errori che compiono quelli di sinistra, come si suol dire 'li coglie in castagna'. Mentre critica la disastrosa politica del centrodestra».
Hanno suscitato polemiche i riferimenti a sottosegretari e ministri.
«Se loro vedono delle allusioni, me le spieghino. Ho sempre attinto a fatti di cronaca quotidiana, ma rielaborandoli in maniera fantasiosa e letteraria. E continuerò a farlo.Quello che mi dà fastidio è leggere delle falsità assolute, quali Berlusconi paga Camilleri. La Mondadori, mi dà semplicemente quello che mi spetta. Sul libro che pubblico per loro percepisco per i diritti d’autore il 15%. Più correttamente mi pagano i lettori. La Mondadori non fa altro che attuare un trasferimento di soldi. Mi dà un anticipo: se il mio libro non vende, lo restituisco. Se le vendite superano le previsioni, mi dà un conguaglio. Le persone gradiscono i miei libri e li comprano. Se guadagno un miliardo con un libro, è solo il 15% dei loro proventi. Molti miliardi, dunque, vanno alla Mondadori, che è di Berlusconi. Tanto è vero che vengono a cercare i miei libri. Ed io glieli do volentieri, perché possiede una grande distribuzione e ha un mercato che altre case editrici non hanno».
Qual è il suo giudizio sull'autonomia della Mondadori?
«Secondo me, continua ad avere una sua linea di indipendenza. E lo fa perché ne trae profitto, mica le case editrici sono istituzioni di beneficenza. A differenza dei giornalisti di Libero, del Foglio, del Giornale, io non prendo soldi da Berlusconi, ma dai lettori. Finiamola, con questo equivoco, sul quale ci marciano in troppi».
Nel libro vi sono riferimenti ai fatti di Napoli ed al G8?
«No. Come non c'è il riferimento a Berlusconi. Quelli di Libero scrivono male e cose inesatte. In quell'articolo su di me, hanno compiuto errori elementari. Citano la pagina sulla questione della pubblica sicurezza Ed allora, dov'è l'attacco a Berlusconi? Se viene scritto che la polizia deve fare il suo dovere, dove, sta l'attacco? Le vicende di Napoli e Genova, non si intrecciano con il testo. Nel racconto vi è una discussione fra il questore e Montalbano, su come stare più vicini alla gente».
Polemiche strumentali?
«Ovvio. Se uno piglia un giornale come La Stampa dell'altro ieri, che certo non è un giornale di sinistra, trova due notizie 'una appresso all'altra', che se le avesse impaginate così un quotidiano di estrema sinistra, si sarebbe parlato di una provocazione. La prima: due carabinieri nei guai per aver ottenuto favori sessuali da una prostituta clandestina. La seconda: due poliziotti accusati di aver pestato a morte un tossicodipendente. Che vogliamo fare? O si fa finta che queste cose non accadano, o le mele marce, che vi sono ovunque, vanno eliminate. Per i miei romanzi e racconti, lo ribadisco, traggo anche spunto dalle vicende di cronaca. Che rielaboro in maniera originale sul piano narrativo. E’ la libertà della scrittura, della letteratura».
Ne La paura di Montalbano vi è però un riferimento ad un ministro?
«In questo caso specifico, sì. Il riferimento è a Lunardì, il quale ha detto che con la mafia bisogna convivere. Lo stesso Libero, a dimostrazione delle polemiche pretestuose cui accennavo, l’ha definita una frase infelice. Fuori dall'eufemismo si tratta di una affermazione gravissima. Allora, o Lunardi parla a vanvera, ma non credo, perché non mi permetto di mettere in dubbio la sua intelligenza, o realmente ha detto quello che pensava con buona pace di Falcone e Borsellino e di tutti quelli che con il loro sacrificio hanno dato un reale contributo alla lotta contro la mafia. Lunardi chiarisca il suo pensiero, una volta per tutte».
Molti hanno lanciato l’allarme sulla caduta di tensione nella lotta alla mafia…
«E’ un errore usare questo termine. Se ci sono delle leggi da votare, che “volenti o nolenti", oggettivamente per la commissione antimafìa, offrono delle aperture piuttosto vaste alle possibilità di intervento mafioso, questo è assai più che una caduta di tensione, è uno sfascio. Ha ragione Violante, non possono commemorare Falcone e Borsellino e tutte le decine di persone coraggiose che si sono ribellate alla mafia e per questo sono morte, politici che lavorano a disegni di legge che oggettivamente possono favorire l'intervento mafioso. E in modo legale: questo è grave e preoccupante!»
Salvo Fallica