L'Unità, 5.8.2002
Io, Manzoni, Montalbano e Cofferati
“Ho scoperto il vero Alessandro Manzoni e mi sono appassionato alla sua produzione letteraria, dopo aver letto La colonna infame. E' stato così che ho colto la profondità della visione manzoniana dell'esistenza.”

Andrea Camilleri, il padre del commissario Salvo Montalbano e autore di romanzi storici, il cui successo non conosce confini geografici – dalla Francia al Giappone, dall'Italia alla Svezia – si confronta con Manzoni, lo scrittore per antonomasia, un pezzo di storia della cultura nazionale. Una riflessione che Camilleri aveva maturato da tempo, e che solo di recente è divenuta pubblica. La prima occasione del confronto è nata dall'iniziativa in un liceo di Ispica dove un insegnante di letteratura ha espunto dai programmi I promessi sposi, sostituendolo con il brillante romanzo storico di Camilleri Il birraio di Preston, edito da Sellerio. Iniziativa che ha suscitato polemiche e reazioni, ed ha scandalizzato una parte della critica italiana. Qualcuno invece ha sostenuto che l'idea ha un suo fondamento nel fatto che Camilleri rappresenta, con le dovute differenze, un nuovo Manzoni, per il suo sperimentalismo linguistico, per la sua capacità di innovare la struttura narrativa del romanzo. Spiega divertito a riguardo Camilleri: “Non ho mai né detto né pensato ad un simile paragone, chi lo fa se ne assume in pieno le responsabilità.”
Il secondo confronto con il Manzoni nasce da una telefonata di un giornalista de El Pais, che gli pose la domanda su quale scrittore del Novecento avrebbe salvato, nel caso che il buco dell'ozono avesse portato alla distruzione del mondo.
“Ebbene – racconta lo scrittore - risposi il Manzoni. Chiusi la cornetta e continuai a mangiare il mio piatto di spaghetti. Ma una seconda telefonata mi interruppe.” (Pare di vedere Montalbano mentre gusta piatti prelibati e va su tutte le furie se viene interrotto).
“Era ancora il giornalista del quotidiano spagnolo. Aveva verificato e ovviamente gli risultava che il Manzoni era vissuto nell'Ottocento. In seguito ho riflettuto su quell'errore così vistoso e mi son fatto una idea della vicenda”.
Quale?
“Vede, ho iniziato a considerare il Manzoni come un autore contemporaneo, dopo la lettura de La colonna infame, quello scritto me ne ha fatto cogliere la grandezza, ma questo è avvenuto in età adulta. Da ragazzo, non lo nascondo, non sopportavo l'autore de I promessi sposi. La lettura che ci veniva propinata a scuola lo rendeva odioso, noioso. Il Manzoni appariva come un baciapile, la critica letteraria ne ha costruito per decenni e decenni una immagine stereotipata, agiografica, rasserenante e pedagogica. Insomma, Manzoni veniva presentato come un secchione. Uno che in vita sua non ha mai sorriso. A quel punto persino Leopardi, che se ne stava ad osservare la luna, mi era più simpatico. La colpa non era del Manzoni, ma della lettura penitenziale e penitenziaria, che ne veniva fatta.”
Come è avvenuta la svolta?
“Qualche anno dopo aver finito gli studi, mi capitò inopinatamente fra le mani una copia de La colonna infame. La lessi, ne rimasi incuriosito, colpito, addirittura turbato. Avvenne in me un risveglio di attenzione. Ma era possibile che quel baciapile di Manzoni avesse scritto quell'opera così profonda, che scandagliava l'animo umano nei suoi meandri più nascosti, che rappresentava la drammaticità e le contraddizioni dell'esistenza, con acutezza e sguardo critico? Iniziò così la mia comprensione dell'opera manzoniana, i personaggi de I promessi sposi assunsero una dimensione diversa, non acriticamente rasserenante. E' come se con La colonna infame Manzoni abbia voluto fornire una chiave critica ai lettori più attenti. Lo scritto rappresenta come un fiume carsico che pervade tutta l'opera del Manzoni, con la sua essenzialità e la sua tragicità.”
Quale rilettura critica contemporanea coglie questi aspetti?
“Debbo dire che la rilettura di Salvatore Silvano Nigro, che per Mondadori ha riunito i romanzi di Manzoni e le diverse edizioni de I promessi sposi, è illuminante. Illuminante nella sua capacità di penetrazione critica del testo. E' un'analisi moderna e colta, aderente alla vera concezione storico-letteraria e culturale del Manzoni. Potrei dire che dal suo saggio introduttivo ne vien fuori una originale biografia intellettuale non autorizzata del Manzoni, importante e innovativa. Guardi, questa vicenda del Manzoni mi affascina. Quando Nigro mi ha invitato di recente alla presentazione a Catania del suo libro sull'opera manzoniana, ho risposto: “non ho le carte, quando tocca a me”. Nigro ha insistito con sottile e intelligente malizia e non mi sono sottratto. Ne è venuto fuori un confronto originale, suggestivo, di notevole rilievo sul piano cultural-letterario. Sullo sfondo del dibattito c'era ovviamente il romanzo storico, la sua struttura narrativa, il suo valore filosofico.”
Ma qual è, a giudizio di Camilleri, la valenza culturale e l'attualità dei Promessi Sposi?
“Quanto alla valenza culturale si tratta del maggior classico della letteratura italiana. Per quel che attiene invece all'attualità, dipende invece dall'ottica di chi presenta l'opera, di chi l'ha interpretata. La lettura di Nigro ad esempio, è moderna, visiva, la definirei una inquadratura cinematografica, diretta, efficace.”
Cos'è per Camilleri il romanzo storico?
“E' uno strumento letterario essenziale, che permette di raccontare la realtà nel suo divenire processuale, dialettico, di cogliere e delineare le sfumature dell'esistenza, di prospettare e sviluppare sui piani diversi la storia umana.”
Come nel Re di Girgenti dove ad un piano narrativo ne segue uno storico-culturale, e più in profondità, uno metafisico-simbolico, con il protagonista Zosimo che dinanzi alla morte si rende conto alla Wittgenstein della limitatezza della logica, e in buona sostanza si ferma dinanzi all'inconoscibile. Insomma ciò che non può essere detto, deve essere taciuto?
“Esatto. Vi è una pluralità di linguaggi ed una diversità di piani di indagine culturale, sociale, storico, Comunque in tutti i miei romanzi il piano dell'indagine coincide con il piano della ricerca della verità, sociale, filosofica, o direi più semplicemente “umana”. Vi è l'uomo che si confronta con se stesso, o cerca se stesso...”
Oppure ha paura di se stesso, come Montalbano?
“Il commissario Montalbano, dopo aver superato i cinquanta anni, compie un bilancio della propria vita ma ha paura di guardare la sua vera immagine, di scavare nei meandri della sua psiche, così come tutti gli uomini. Perché in fondo ognuno di noi preferisce restare all'immagine ufficiale che di sé ha dato, la quale non crea turbamenti, inquietudini. E' il discorso di Pirandello, la maschera che ognuno indossa è preferibile all'analisi che mette tutto in dubbio.”
Montalbano è turbato da quello che accade in Italia e parla a Camilleri dell'impossibilità del romanzo in questa fase storica?
“I fatti del G8 e quelli di Napoli mettono in dubbio la permanenza di Montalbano nella polizia. L'impossibilità del romanzo deriva invece dalla leggi che vengono attualmente varate, volute dal governo Berlusconi. E' paradossale, ma Montalbano che svolge il proprio dovere, che è abituato ad indagare seriamente, rischia, forse, di essere fuori legge, mentre tutti gli altri sono nella legge. E' da questo paradosso che nasce l'impossibilità del romanzo.”
Camilleri, in questa fase non vuole parlare di politica, ma può dirci se Montalbano è Cofferatiano?
“Credo proprio di poter dire che è con Cofferati, anzi senza dubbio Salvo Montalbano è Cofferatiano.”
Ed è ottimista?
“Sì, lo è. Non per il presente, ovviamente, ma per il futuro.”
A questo punto quelli che si definiscono opinionisti liberali criticheranno anche Montalbano?
“Può darsi, probabilmente verrà iscritto anche lui tra gli apocalittici.”
A proposito di apocalittici, Ad ogni suo intervento, nonostante il suo stile ironico, lei viene classificato con lo stereotipo dell'intellettuale apocalittico. Oriana Fallaci adopera invece uno stile letterariamente forte, aggressivo, a tratti astioso, ed alcuni moderati la ergono a modello di liberalismo. Se ne è fatto una opinione?
“Non riesco a capirlo, e non mi interessa.”
Nelle sue vacanze in Sicilia è andato a trovare i carcerati nella struttura di Contrada Petrusa ad Agrigento, quale esperienza ne ha tratto?
“Spesso abbiamo un'idea distorta della gente in carcere. Ho trovato delle persone lucide, attente, acutissime, che hanno una capacità di elaborazione culturale. Ho deciso che collaborerò ad una loro rivista.”
Ha anche partecipato nella sua città natia, Porto Empedocle, alla inaugurazione del commissariato di polizia?
“Sì, ed è stato divertente. E' originale che accanto alle autorità, all'inaugurazione di un commissariato di polizia sia invitato un intellettuale, uno scrittore.”
Il dialogo si sta per concludere, ma Camilleri si congeda da L'Unità con un'ultima notizia, una sorta di nota a margine. Vi è in preparazione un altro romanzo storico, La guerra di Macallé. Si tratta di una storia ambientata a Vigata, ai tempi della guerra di Abissinia. Ma non è di prossima uscita come è trapelato su alcuni giornali. Dovrebbe invece essere pubblicato a marzo 2003, dalla Sellerio.
Salvo Fallica