Giornale di Sicilia, 31.1.2002
Zingaretti sbanca con "Perlasca". E ora sarà di nuovo Montalbano
PALERMO. (sit) Perlasca stravince, batte Aldo, Giovanni e Giacomo, e
si attesta sui 13 milioni di spettatori. Il film tv di Raiuno sul commerciante
di carni padovano che si finse un console spagnolo e, così facendo,
riuscì a salvare 5.000 ebrei nella Budapest del '44, è stato
seguito con commozione da giovani e meno giovani, da chi ricordava e da
chi ha soltanto sentito raccontare.
Perlasca, diretto da Alberto Negrin e interpretato da Luca Zingaretti,
ha ottenuto il record di stagione, raggiungendo il picco intorno alle 22
di martedì: 13.267.000 spettatori con il 45% di share. La sera precedente
gli ascolti avevano toccato uno share del 43.81% con 12.942.000 spettatori.
Il successo della fiction, nei giorni dedicati alla memoria dell'Olocausto,
ha trascinato anche Il fatto di Enzo Biagi (un'intervista alla vedova Perlasca
è stata vista da 7.178.000 spettatori) e Tg3 Primo Piano (2.340.000
spettatori) che ha riproposto l'intervista di Minoli del 1990 a Giorgio
Perlasca.
Dello Schindler italiano non si sapeva nulla: la stessa famiglia ne
conobbe la storia quando due donne salvate dal finto console vennero a
cercarlo a Padova all'inizio degli anni '80. "Chiesero di Jorge Perlasca
- ha raccontato l'anno scorso il figlio, Franco, intervenuto a Castelbuono
all'inaugurazione di una mostra sull'Olocausto - pian piano abbiamo ricostruito
una storia assurda, che papà non aveva mai raccontato. Era un fascista
entusiasta, mio padre, che al rientro in Italia, nel '42, si rende conto
che qualcosa non va: iniziano le deportazioni, lui non comprende perché‚
deve odiare un ebreo o uno zingaro. E' a Budapest, munito di un lasciapassare
diplomatico: per 45 giorni rilascerà salvacondotti agli ebrei ungheresi,
inserendoli in un fantomatico elenco di spagnoli sefarditi: alla fine saranno
5.200". E lui? "Un giorno lo intervistò una tv cattolica, gli volevano
far dire che aveva aiutato gli ebrei per carità cristiana. Lui rispose,
nudo e crudo, "li ho salvati perché sono un uomo"".
Enrico Deaglio fu il primo a far conoscere la vicenda Perlasca più
di dieci anni fa, dal suo libro La banalità del bene, è stata
tratta la sceneggiatura.
Per Luca Zingaretti si tratta di un periodo veramente felice: dopo
il successo continuato del commissario Montalbano per tre stagioni di seguito,
arriva la quarta serie delle avventure del poliziotto di Vigata creato
da Camilleri. E raddoppia: i due nuovi episodi che Alberto Sironi ha appena
finito di girare in provincia di Ragusa, resteranno "congelati" fino all'autunno.
Il regista sta infatti completando i provini per l'altra serie, la quarta,
e la sceneggiatura è praticamente pronta. Stavolta verranno portati
sullo schermo - in un'unica tornata di quattro episodi - l'ultimo romanzo,
L'odore della notte e il racconto Il gatto e il cardellino. Le riprese
iniziano a fine mese, gli attori sono sempre gli stessi. "E chi li cambia...-
sorride Sironi - Ormai il gruppo è quello. Anche io sono rimasto
incollato alla tv per Perlasca, Luca è stato straordinario, al pubblico
è piaciuta la storia che ha saputo raccontare l'Olocausto in maniera
intelligente. Per non dimenticare, mai, che simili tragedie sono appena
dietro l'angolo".
Si. T.
La Repubblica, 30.1.2002
Sgarbi presenta gli italiani al xxii Salon du Livre
Scrittori gaffes e malumori
Un editor di Seuil abbandona la sala
ROMA. Nel segno della polemica è cominciato. E nella bagarre
rischia fatalmente di chiudersi il XXII Salon du Livre di Parigi, che tra
il 22 e il 27 marzo accoglierà l'Italia come ospite d'onore. Dopo
l'esordio battagliero del ministro Catherine Tasca (figlia di Angelo, fondatore
del Pcd'I, autore d'un classico quale Nascita e avvento del fascismo) che
minaccia di non stringere la mano a Silvio Berlusconi, alcuni editori francesi
vanno preparando iniziative di segno analogo e tra le redazioni circolano
appelli perché gli stand siano chiusi allo sgradito ospite. «Berlusconi
non ci sarà», spegne il sottosegretario Vittorio Sgarbi durante
la conferenza stampa romana al Teatro dei Dioscuri. «Non per fare
un piacere alla Tasca, ma perché impegnato altrove. Comunque noi
ci saremo. E innalzeremo un cartello con la scritta
"Resistere, resistere, resistere"», aggiunge rovesciando in parodia
l'appello del giudice Francesco Saverio Borrelli. Sgarbi lamenta "l'equazione
Berlusconi eguale Mussolini" invalsa in parte dell'opinione pubblica, "per
colpa anche di intellettuali come Maurizio Viroli e Norberto Bobbio" (autori
di un volume laterziano sulla Repubblica la cui circolazione in una scuola
di Pesaro è stata duramente contestata da Forza Italia). Mentre
il tonante sottosegretario prosegue con l'epinicio del presidente del Consiglio
– "lui sì laureato a differenza di qualche ex ministro della Cultura
diplomato alla Scuola di cinematografia" – un bel signore dai capelli bianchi
sbuffa e se ne va. «Inammissibile questo uso propagandistico della
cultura», si sfoga Claude Cherki, figura di primo piano delle Edition
du Seuil. Intanto Serge
Eyrolles, il presidente degli editori francesi seduto accanto a Sgarbi,
tace imbarazzato con la testa tra le mani.
Eppure a Parigi la festa per gli italiani era stata preparata con grande
cura. Tra gennaio e febbraio sono previste quaranta traduzioni di nostri
romanzieri, tra gli altri Camilleri, Brancati, Moravia, Eco, Ferrero, Arpaia,
Serena Vitale, De Luca e Veronesi. Molti di questi nomi figurano nella
lista dei sessanta invitati al Salon du Livre, che include personalità
di rilievo quali Citati e Garboli, Arbasino e Magris, La Capria, Zanzotto
e innumerevoli altri. Colpisce invece l'assenza di scrittori come Vincenzo
Cerami, un autore conosciuto in Francia grazie alle traduzioni di Seuil
e Gallimard, e di Domenico Starnone, vincitore dell'ultimo Strega. Minima
la componente femminile: dieci scrittrici su sessanta. In rappresentanza
della pubblicistica d'argomento storico è stato chiamato Giordano
Bruno Guerri, opinionista del
Giornale e autore mondadoriano (insieme agli storici veri Cardini e
Canfora, calibrati come da manuale bipartisan). Macchinosa è apparsa
a molti la selezione degli invitati – specie nella saggistica — che qualche
editore scontento attribuisce interamente a Sgarbi ed Alain Elkann, mentre
l'Aie (Associazione italiana degli editori) – qui rappresentata da Federico
Motta e Gianni Vallardi — difende tenacemente come propria. A chiarire
ogni cosa provvede il medesimo Sgarbi, che rivendica con orgoglio la "presenza
forte dello Stato" attraverso l'"appassionata e ossessiva" partecipazione
di Elkann. Il quale non è soltanto "un uomo al servizio della letteratura"
ma anche il "militante d'una sinistra educata " – curiosa definizione –
"che in passato ha sostenuto D'Alema, ha votato per la Melandri" e non
ultimo "è stato l'interlocutore di Moravia e Montanelli, uno scrittore
non certo di destra e un giornalista inviso a Berlusconi". Quindi – è
il ragionamento di Sgarbi davanti a un'attonita platea – il ministero non
è certo imputabile d'una partigianeria politica e culturale. Ne
sarebbe prova anche "la lista gauchiste" (sono sempre parole di Sgarbi)
con cui ci presentiamo a Parigi. D'altra parte il suo modello si riferimento
è nientemeno che André Malraux: «Anche i suoi interventi,
come quelli del governo Berlusconi, erano interpretati come un dovere».
Tiepidi gli applausi in sala.
Su quello che è stato definito il "gran carrozzone" nazionale
non mancano le defezioni. Stefano Benni ed Antonio Tabucchi si faranno
ospitare dai propri editori francesi. Lo storico Carlo Ginzburg ha declinato
l'offerta perché impegnato altrove. Giuseppe Laterza, storicamente
legato alle edizioni d'Oltralpe, preferisce non partecipare «a questo
siparietto italiano, fatale prodotto di uno studiato dosaggio politico
e culturale». Un "siparietto" per cui saranno spesi tre miliardi
di lire: novecento milioni del ministero dei Beni Culturali, un miliardo
dell'Aie, altri novecento dell'Istituto del Commercio Estero, duecento
milioni del ministero degli Esteri. «Benissimo», conclude Laterza,
«ma forse sarebbe più efficace spenderne la metà per
sostenere in un anno le traduzioni italiane in Francia. Purtroppo anche
la cultura è assimilata alla società dello spettacolo, e
l'evento finisce per contare più delle iniziative di largo respiro».
Simonetta Fiori
27.1.2002
Sulla presentazione del CDROM "Il ladro di merendine" a Napoli
Ho potuto assistere live ad una rappresentazione del Sommo, uno dei
pochi eroi e non mito del nostro tempo...
Il Contastorie, così ama definirsi, nella presentazione del
cd rom "Il ladro di merendine" ha ribadito a più riprese la "non
sacralità dell'arte", affermando che un momento di estasi sublime
è... farsi catturare e godere della visione di un disegno, un quadro...
e non vedere riportato il nome dell'autore.
Nella presentazione del cd ha più volte ringraziato il Club
che ha curato il glossario dei termini vigatesi.
Infine ha letto una pagina tratta dal "Ladro di merendine", con Somma
vanitosità!
Marco
Il
Tirreno, ed. di Pisa, 25.1.2002
Barbara Hendricks, la voce
Da Gershwin a Ellington per «I concerti della Normale»
PISA. Di altissimo profilo il secondo appuntamento per il 2002 de I
Concerti della Normale: sul palcoscenico del Teatro Verdi, alle ore 21
di questa sera si esibirà infatti il celebre soprano Barbara Hendricks.
[...]
Ecco il calendario dei Venerdì del Direttore in programma per
questa primavera.
[...]
Il 3 maggio sarà la volta del noto scrittore Andrea Camilleri,
affiancato dal professor Aldo Gargani dell'Università di Pisa.
La Repubblica, 23.1.2002
Ruggero Jacobbi il fascino d'un critico impuro
Una giornata di studio a Firenze
FIRENZE. Un ventennio di silenzio ha fatto seguito — ce ne accorgiamo
oggi con un confuso senso di vergogna — alla morte di Ruggero Jacobbi,
scomparso a Roma a 61 anni, il 9 giugno 1961, dopo una vita avventurosa
come poche. E l'eclettico Jacobbi è stato ricordato ora in una affollata
giornata di studio fiorentina, promossa congiuntamente dal Dipartimento
di Italianistica dell'Università di Firenze, dal Gabinetto Vieusseux
e dall'Accademia di Arte Drammatica.
[...]
Tutti coloro che hanno conosciuto Jacobbi, e che, come ha ricordato
fra il riso e il pianto un nostalgico Andrea Camilleri, avevano viaggiato
realmente o metaforicamente con lui, sono stati soggiogati dalla sua presenza
magnetica su ogni scena.
[...]
Luciana Stegagno Picchio
Il Messaggero,
21.1.2002
Ciampi alla prima del Trittico di Puccini, domani all’Opera
ROMA — Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, accompagnato
dalla moglie, la signora Franca parteciperà alla prima de Il Trittico
di Giacomo Puccini che, diretto da Gianluigi Gelmetti e interpretato dal
soprano Daniela Dessì, andrà in scena martedi sera all'Opera
di Roma.
Per il debutto romano sono attesi anche, Carla Fracci, Andrea Camilleri
e Gina Lollobrigida, il sindaco Veltroni e Gianni Letta.
Il Nuovo, 21.1.2002
Perlasca, un eroe molto scomodo
In onda su Raiuno il 28 e il 29 gennaio, la fiction dedicata allo Schindler
italiano. Luca Zingaretti, ex commissario Montalbano, è il protagonista
del film che si colloca nel filone delle miniserie revisioniste.
L'anteprima alla Camera
ROMA – “All’estero siamo famosi per spaghetti e mandolino ma la nostra
storia è piena di gesti eroici”. Luca Zingaretti porta alla luce
quelli del commerciante veneto Giorgio Perlasca, un eroe italiano, col
film tv diretto da Alberto Negrin e musicato da Ennio Morricone, con Amanda
Sandrelli, Franco Castellano, Giuliana Lojodice, Marco Bonini , in onda
su Raiuno lunedì 28 e martedì 29 gennaio, che inaugura la
Giornata della memoria sull’Olocausto, per non dimenticare. Raiuno lo ricorderà
in ogni programma della settimana, da Uno mattina alla Carrà, con
speciali di Biagi e Vespa, collegamenti e interviste inedite del Tg1.
Frutto di una coproduzione tra Raifiction e le tv pubbliche francese
e svedese la fiction, costata dodici miliardi e girata in dodici settimane
a Budapest, rispolvera una pagina vera e sconosciuta della nostra storia
portata alla luce nel ’90 da Enrico Deaglio col libro La banalità
del bene e da Minoli, che intervistò Perlasca a Mixer. Un anonimo
commerciante di carni, ex fascista, che trovatosi nel ’44 a Budapest durante
le persecuzioni naziste, spacciandosi per console spagnolo, rischiò
continuamente la vita per salvare migliaia di ebrei dalla fucilazione.
Il tv movie, spiega il direttore di Raifiction Stefano Munafò,
segue il filone delle miniserie revisioniste dell’ammiraglia Rai che culminerà
in primavera con La guerra è finita (con Alessandro Gassman e Barbora
Bobulova ), proseguirà con la produzione di costose monografie di
Mussolini, Stalin, Hitler e forse completerà la “collana” con la
battaglia di Cefalonia.
“Perlasca fu un personaggio scomodo perché politicamente non
catalogabile. A differenza di Schindler non aveva un ruolo politico – dice
-, per questo è stato rimosso da tutta la cultura italiana che considerava
un’eresia accostare la figura di un fascista a quella di eroe. Il film
è un giusto risarcimento a 50 anni di silenzio”. “Rispecchia notevolmente
la figura di mio padre, scomparso nel ’92 – spiega Franco Perlasca -. Non
era sempre stato politicamente dalla parte giusta e anche dopo eticamente
rimase un uomo di destra. Non vendette la sua storia a nessuno, questo
è un bel ricordo che lo fotografa, anche nei momenti più
tragici, con tutta la sua ironia”. Abano Terme gli dedicherà a febbraio
una mostra antologica con le sue foto, le medaglie, i diari. Zingaretti
fisicamente non gli somiglia molto: “Era alto più di un metro e
novanta, segaligno, ho puntato più sui lati psicologici del suo
carattere, sui meccanismi che spingono un uomo a rischiare la vita – racconta
-, cercando di coniugare il lato eroico a quello umano, istrionico, quasi
buffonesco del personaggio. E’ un esempio da seguire in un momento in cui
prevalgono le divisioni ideologiche, politiche e religiose”. L’attore romano,
che presto approderà su Canale5 con la fiction Incompreso, sta girando
per Raiuno la quarta serie del commissario Montalbano (tratto dall’ultimo
libro di Camilleri L’odore della notte). Non trova affinità tra
i due personaggi: “Perlasca e Montalbano hanno in comune solo il fatto
di essere due uomini liberi, che non si piegano a ideologie o supposte
gerarchie ma reagiscono seguendo solo il loro cuore e il loro cervello.
Essere liberi da ogni condizionamento è stato difficile in ogni
epoca, anche oggi. Mi ha fatto piacere raccontare la storia di un italiano
di cui dobbiamo andar fieri. Abbiamo tanti esempi di vigliaccheria per
quanto riguarda i nostri governanti, basti pensare alla fuga dei Savoia
l’8 settembre. Ma gli italiani soldati al fronte sono stati sempre autori
di gesti eroici”. Spera di girare presto un film per il cinema sulla storia
di un italiano che diventò una rock star in Argentina del calibro
di Madonna. “Sono curioso di lavorare laggiù, a contatto con la
gente del posto, per capire cosa stia realmente succedendo”. E
presto sarà sul grande schermo col film Texas ’46 girato in
Bulgaria da Giorgio Serafini. “E’ il racconto di un prigioniero di guerra
italiano catturato in Africa dagli americani che deportavano i nemici nei
loro campi di concentramento texani – racconta -. Sarò un capitano
in eterno conflitto con il capo del campo: non si arrenderà mai
e riuscirà a fuggire. Anche questa è la storia di due uomini,
al di là delle loro divise”.
Betty Giuliani
Il Manifesto,
20.1.2002
Correntone continuo
La minoranza Ds riunita a Roma per discutere il proprio futuro
ROMA. Le mozioni congressuali saranno anche consegnate agli archivi,
"ma le differenze politiche, quelle restano profonde". Quando Carlo Leoni
risponde così al modo in cui Piero Fassino aveva declinato la dialettica
interna - escludendo di fatto che la minoranza possa lottare politicamente
per diventare maggioranza - la platea del centro congressi Frentani, dov'è
riunito il "correntone" dei Ds, esplode nel suo applauso più sincero
e significativo. Già, perché il quesito a cui deve rispondere
la due giorni romana della minoranza della Quercia è proprio il
"che fare?" dopo il congresso: come far vivere la soggettività politica
che si è andata delineando con e dopo le assise di Pesaro.
Un quesito che non ottiene completamente risposta attraveso i tre compiti
elencati nella relazione introduttiva di Giovanni Berlinguer: condizionare
e mutare la politica del partito; intessere relazioni con la sinistra che
sta fuori dall'Ulivo; operare un collegamento con le forze esterne al partito
attraverso un'associazione di tendenza politico-culturale. Un quesito che
sarà al centro soprattutto dei lavori di oggi e che ha riempito
la sala romana al di là di ogni aspettativa: ci sono infatti tutti
gli esponenti della minoranza compresi Cofferati e Bassolino, c'è
Luciana Castellina; Andrea Camilleri ascolta, Gillo Pontecorvo passeggia
in sala, e anche i leader della maggioranza - oltre a Fassino ci sono D'Alema
e Angius - seguono i lavori per tutta la mattinata, così come Gabriella
Pistone e Marco Rizzo del Pdci. E ci sono sopratutto tanti militanti non
di lungo corso.
Perché se è vero - come riflette Berlinguer - che nei
Ds "qualcosa si muove nella direzione giusta", è altrettanto verso
che questo "non basta colmare la sfiducia profonda che si è espressa
con gli abbandoni e con il diradamento di tutti i nostri rapporti con la
vita reale e gli interessi dei cittadini, a partire dai lavoratori". Ed
è ancor più vero che dentro i Ds convivono analisi e risposte
politiche divergenti.
Ecco allora che Berlinguer analizza il fallimento in partenza della
chimera di unità socialista "proclamata a Pesaro", mentre Fassino
risponde che "non è tramontato l'obiettivo di costruire una sinistra
riformista". Ecco che quando Berlinguer lamenta l'accantonamento dei guai
dell'Ulivo (la cui convention si svolgerà solo in autunno) e insieme
l'incapacità di "tessere una rete di relazioni" con la sinistra
che ne è al di fuori, Fassino si limita a enunciare la necessità
per l'Ulivo di "andare oltre se stesso" ma poi volge subito il pensiero
all'aggregazione della sinistra riformista.
Se poi si parla della destra, per quanto il segretario Ds dichiari
che "il giudizio non ci divide", le affermazioni sono affatto diverse.
Gli applausi scroscianti della platea per l'accorato intervento di Paolo
Sylos Labini sono paradigmatici. Berlinguer parla di "una aggressività,
una pervasività, una accelerazione del programma di Berlusconi",
ma anche di "una reazione popolare crescente". E Sylos Labini rincalza
affermando che "il rischio di regime c'è". L'economista lancia un
appello affinché "si evitino i compromessi" con il centrodestra:
"Meglio una minoranza robusta e coerente che domani potrebbe vincere invece
di un'intesa che potrebbe avere la puzza di inciucio", esalta la platea
prima di sferrare una lunga bordata contro l'esperienza della Bicamerale
che D'Alema ascolta lasciando incrinare la sua impassibilità solo
da un sorriso nascosto dalla mano.
Al Frentani c'è una sinistra che invoca "maggiore combattività",
Fassino invece si sofferma sul fatto che il consenso nei confronti di Berlusconi
"non è intaccato" e si interroga su come tradurre "la sacrosanta
indignazione morale verso questo governo in un programma politico per erodere
i consensi del centrodestra". O, per dirla con D'Alema, "la forza dell'opposizione
non dipende solo dai decibel, ma dalla credibilità del suo progetto
alternativo". Benché D'Alema ammetta congedandosi: "Bisogna chiamare
a raccolta anche le forze delle sinistra del partito, oggi è una
giornata utile".
C. ROS.
Il Denaro, 19.1.2002
Gli intellettuali in corporazione, vizio italiano che non tramonta
Anticipazioni. PARLA PIERLUIGI BATTISTA, EDITORIALISTA DI PANORAMA
IL FATTO
Pierluigi Battista, inviato della Stampa ed editorialista di Panorama,
di cui è stato anche condirettore, autore di numerosi saggi e pamphlet,
presenterà il suo ultimo volume, «Il partito degli intellettuali»,
martedì 22 gennaio presso la Saletta Rossa della Libreria Guida
a Portalba. Il denaro lo ha intervistato.
«Sembra che l’ansia per un'egemonia visibilmente andata in frantumi
abbia rinfocolato e inasprito fobie delegittimanti e perentorie intimazioni
al silenzio indirizzate contro chiunque osi imboccare la strada di una
rilettura critica del passato». Così Pierluigi Battista scrive
a proposito del settarismo della classe intellettuale italiana nell’introduzione
al suo «Il partito degli intellettuali». 47 anni, inviato della
Stampa, editorialista di Panorama di cui è stato anche condirettore,
ha lavorato a Epoca e alla collana storica della casa editrice Laterza.
E’ autore di numerosi saggi e pamphlet, tra cui «La fine dell’innocenza»
(Marsilio, 2000).
Domanda. Perché soprattuto in Italia la cultura viene vista
come strumento dell’azione politica, come lei denuncia?
R. Avviene prevalentemente in Italia per la particolare storia che
il rapporto tra intellettuali e politica ha qui, un rapporto che affonda
le sue radici ancor prima del Risorgimento, con l’idea che l’Italia stessa
sia stata una costruzione intellettuale. Agli intellettuali è stato
affidato il senso di una missione, fenomeno sconosciuto al mondo anglosassone.
Poi «il partito degli intellettuali» prende forma agli inizi
del Novecento, con le riviste prezzoliniane e futuriste.
D. Proprio nel periodo fascista?
Risposta. Sì, perchè col fascismo, una volta accettato
il primato politico del Duce, era permesso un grande pluralismo nelle riviste,
nelle case editrici, nelle scuole architettoniche. L’intellettuale poteva
tutto sommato dire e scrivere qualsiasi cosa, posta ovviamente la premessa
iniziale.
D. L’esigenza di formare una corporazione con peso politico resta anche
negli anni successivi, non è così?
R. Il senso di una missione da attribuire agli intellettuali è
stato ereditato dal Pci. C’è stata una ferrea supremazia culturale
del Pci, ma gli intellettuali non aderirono a quell’ideologia soltanto
per mero opportunismo, per essere cortigiani e consiglieri del principe.
Era il Pci che dava il senso di stare dalla parte giusta, dalla parte della
storia.
D. E oggi?
R. Sbriciolata l’ideologia culturale si è rielaborata la sconfitta
perpetuando i vizi d’origine, mantenendo immutato negli intellettuali quel
senso di missione che in sé racchiude dogmatismo, intolleranze,
riti inquisitori nei confronti degli irregolari.
D. Nel libro si citano due esempi lampanti di emarginazione voluti
dagli intellettuali di sinistra, a danno di Sciascia e Pasolini. Oggi chi
è emarginato?
R. E’ fortissimo il senso di scomunica contro i cosiddetti revisionisti,
anche dopo la morte di Renzo De Felice. L’intellettuale di sinistra si
sente pur sempre sacerdote dell’ortodossia ed è furente nei confronti
di chiunque mette in discussione gli articoli di fede della vulgata storiografica
militante. Loro bollano con termini squalificanti
qualsiasi tentativo di lettura alternativo alla loro attuando il processo
alle intenzioni, senza argomentazioni, con denigrazione preventiva e demolizione
morale dell’avversario.
D. Com’è possibile uscire da questo corto circuito ideologico?
R. Gli intellettuali di sinistra hanno vissuto cinque anni al cloroformio
durante il governo dell’Ulivo, adesso è come se si fossero risvegliati
dal sonno del governo.
Purtroppo se si vede cosa scrivono Dario Fo, Gianni Vattimo, Andrea
Camilleri, Vincenzo Consolo si nota come per loro ci sia sempre l’allarme
sulla democrazia in pericolo. Il ritornello è sempre il fascismo
alle porte. Anche se la politica italiana della sinistra è molto
più avanzata di quella della sinistra intellettuale, e non riceve
da essa nessun appoggio per la sua crescita. Sono questi intellettuali
la vera zavorra della sinistra, pronti a squalificare sempre l’avversario
e l’elettorato dell’avversario, definito incivile, gaudente e maneggione.
Pierluigi Battista
Il partito degli intellettuali, Editore Laterza, 145 pag., euro
9,30
Il Manifesto,
18.1.2002
Unità socialista in fondazione
Oggi Italianieuropei riunisce i maitre à penser. Domani berlingueriani
in assemblea
ROMA.
[...]
La minoranza diessina si accinge invece a riunirsi domani e domenica
al centro congressi Frentani per avvire il processo di costituzione in
associazione: un appuntamento nel corso del quale interverranno, oltre
al segretario ds Fassino, anche intellettuali iscritti e non (Camilleri,
Vattimo, Sylos Labini, Trafaglia) e associazioni (particolarmente atteso
quello di Attac Italia).
[...]
C. ROS.
Corriere della sera,
18.1.2002
«Da Montalbano a Perlasca, il magnifico impostore»
Luca Zingaretti su Raiuno il 28 e il 29 nella vicenda vera del padovano
che salvò migliaia di ebrei
Il Nuovo, 17.1.2002
La corruzione, Grande Male per la letteratura
Izzo, nell'ultimo Solea fa riferiferimento a Mani Pulite. Ma nel mondo
del Noir, da John le Carrè a Massimo Carlotto, da Ballard fino ai
giovanissimi Brookmyre e Peace, i corruttori sono di casa.
MILANO - "In Europa solo l'Italia ha sviluppato un piano politico per
lottare contro il denaro sporco e la corruzione. In particolare durante
l'operazione Mani Pulite. Sinceramente, la Francia non dà affatto
l'impressione di voler aggredire le reti del denaro sporco. (…) Questo
atteggiamento non è di un partito o di un altro, che sia al potere
o meno. Hanno tutti qualcosa da nascondere e nessuno ha interesse a parlare".
L'elogio ai vilipesi giudici di Milano che precede non è tratto
da un quaderno di Micromega. E' una citazione da Solea , l'ultimo capolavoro
di Jean-Claude Izzo, lo scrittore marsigliese recentemente scomparso. Izzo
è solo uno dei tanti autori, europei e americani, che da anni -
almeno dalla caduta del muro di Berlino - hanno identificato nella corruzione
il Grande Male contemporaneo. Corruzione nel senso pieno e ambivalente
del termine: fiumi di denaro sporco che alterano le regole del gioco democratico,
trasformando la libera circolazione delle merci in una sarabanda criminale
dominata dalle vecchie e nuove mafie, ma anche disfacimento del senso morale
comune, naufragio dei valori un tempo condivisi, sonno torpido e inquieto
delle coscienze. In una parola: bancarotta dell'umanità.
Esagerazioni? Prendiamo qualche esempio a caso. In Single&Single
John Le Carré racconta le imprese di una prestigiosa firm legale
della City impegnata in una colossale operazione di riciclaggio per conto
della mafia cecena. Il fratellino e L'uomo della mia vita di Vazquez Montalban
affrontano il tema della corruzione politica nella Spagna del dopo Gonzales.
I romanzi di Yasmina Khadra sono allucinanti affreschi delle inconfessate
connessioni tra potentati occulti e fondamentalismo islamico algerino.
Massimo Carlotto racconta da anni i retroscena della criminalità
organizzata del ricco e infelice Nordest italiano. Camilleri ci ricorda
che la mafia pullula di padrini moribondi che si rivitalizzano alla notizia
della strage di Capaci e non si capacitano di come Caselli possa essere,
a un tempo, ‘toga rossa’ e credente.
Nei romanzi del greco Petros Markaris, già sceneggiatore di
Angelopoulos, il commissario Kharitos della polizia di Atene si imbatte
costantemente in politicanti corrotti ansiosi di bloccare le sue indagini:
se gli è concesso di procedere oltre è solo perché
altri politicanti hanno tutto l'interesse a screditare pericolosi rivali.
Gli ultimi due libri di Ballard , Cocaine Nights e Supercannes, sono apologhi
tra il thriller e la fantafilosofia su comunità di potenti della
Terra che, per vincere la noia, suscitano artificiosamente un crimine che
poi non sono in grado di controllare. Giovani talenti inglesi come Brookmyre
e Peace svelano il rovescio della medaglia del miracolo thatcheriano. Un
autore di frontiera come Bret Easton Ellis (Glamorama) traccia un'ardita
linea tra terrorismo ipertecnologizzato, fantasie mediatiche e alto intrigo
politico. E non è forse una storia ‘nera’, una storia di corruzione
Amsterdam di Ian McEwan? A volte, in queste narrazioni, il Bene finisce
per trionfare grazie a una crisi di coscienza del vilain o all'intervento
determinante della Libera Stampa.
Più spesso il Male trionfa. Ma una cosa è certa: con
buona pace di quanti si ostinano a identificare il male in un'alterità
facilmente riconoscibile (l'immigrato albanese, il mafioso con la coppola,
l'arabo dalla lunga barba), i migliori autori di noir ci ricordano che
sotto il velo della parvenza regna una grandissima, a volte indecifrabile
confusione nella quale sguazza una confraternita mondiale di corruttori
che non s'arrestano davanti a nulla. In altri tempi il fascismo vietò
il romanzo giallo. Una dittatura che si ‘rispetti’, oggi, dovrebbe mettere
all'indice questi pericolosi spacciatori di dubbi, rei di raccontare il
mondo così com'è diventato.
Giancarlo de Cataldo
Il Gazzettino,
16.1.2002
Lo scrittore Andrea Camilleri
«Giustizia, gli incoscienti non si preoccupano»
«Preoccupazione» per lo scontro in atto sui temi della giustizia
è stata espressa dallo scrittore Andrea Camilleri: «Personalmente
sono abbastanza preoccupato per quello che sta accadendo. Solo gli incoscienti
non possono essere preoccupati di questa situazione. Se non si politicizzano
i temi della giustizia, un dialogo tra le parti può essere raggiunto».
Comunque c'è bisogno di «abbassare i toni».
La Repubblica,
ed. di Firenze, 13.1.2002
Una settimana di spettacoli e cultura. Tutto il meglio da vedere
e da sentire
Martedì 15.1.2002, una star della narrativa italiana al Gabinetto
Vieusseux (ore 17.30): è Andrea Camilleri, creatore dell’amatissimo
commissario Montalbano.
La Nazione,
13.1.2002
Jacobbi: «Percorsi multipli tra letteratura e teatro»
Giornata di studio al Dipartimento di Italianistica
A venti anni dalla morte di Ruggero Jacobbi, e in occasione della ristampa
anastatica di uno dei suoi libri di teatro più belli, «Le
Rondini di Spoleto», Anna Dolfi, direttore del Dipartimento di Italianistica
dell'Università di Firenze, organizza domani dalle ore 9, una giornata
di studio dedicata a «L'eclettico Jacobbi. Percorsi multipli tra
letteratura e teatro» (Aula Grande del Dipartimento di Italianistica
- piazza Savonarola 1 Firenze). Alle relazioni sul Novecento italiano (Luigi
Baldacci, Franco Contorbia, Luciano Currei, Raffaele Manica, Silvio Ramat,
Beatrice Sica), sulla letteratura brasiliana (Luciana Stegagno Picchio),
su Ibsen e gli americani (Tommaso Lisa, Nicola Turi), sul teatro (Luigi
Maria Musati, Marzio Pieri, Alessandra Vannucci), sul cinema (Michele Goni)
si affiancherà la testimonianza di Andrea Camilleri.
Gazzetta del Sud,
13.1.2002
Castrovillari / Premiata studentessa-scrittrice
CASTROVILLARI – Prestigioso riconoscimento letterario per una studentessa
di Castrovillari al concorso “Modello Pirandello”, che il Kiwanis Club
d'Agrigento organizza ogni anno assieme alle locali amministrazioni comunale
e provinciale e al quale hanno preso parte un migliaio di giovani da tutta
l'Italia. A Rosanna D'Agostino è andata – fra i tanti giovani che
hanno preso parte con le loro composizioni al concorso letterario intitolato
all'insigne agrigentino – un'attestazione di merito per la novella “Un'anima,
un cuore e niente più”, in “stile pirandelliano” e centrata sul
tema del rifiuto della modernità che tenta di meccanizzare l'uomo
mortificandone il sentire, selezionata dalla giuria di cui faceva parte,
tra gli altri, Andrea Camilleri. (v.a.)
Le Soir, 11.1.2002
Commissaire Montalbano: Le Voleur de Goûter, France 2, à
22h.35
Visage mal rasé et crâne dégarni, le flic sicilien
Montalbano prouve une nouvelle fois ses qualités d'enquêteur
de la "polizia" dans une sombre affaire de double meurtre. Mais à
force de parler tout le temps avec les mains, il risque de faire fuir le
meurtrier!
(Viso mal sbarbato e cranio calvo, lo sbirro siciliano Montalbano
dimostra di nuovo le sua qualità d'investigatore della "polizia"
in un tenebroso caso di doppio omicidio. Ma, a forza di parlare sempre
con le mani, rischia di fare fuggire l'assassino.)
RSR (radio svizzera francese), 11.1.2002
Drôles d'histoires
Durante la trasmissione, il cuntastorie Jean-Louis Millet ha raccontato
"La Revisione" (da "Gli arancini di Montalbano").
[segnalazione di Piero Marelli]
FILM TV, anno 10 n.2, 8.1.2002
Non solo Montalbano
Tutti conoscono Andrea Camilleri come il “padre” del commissario Montalbano
(portato in tv da Luca Zingaretti) e come l’autore dei bei romanzi ambientati
a Vigàta nella seconda metà dell’Ottocento. Ma Camilleri
è anche sceneggiatore e regista televisivo e teatrale. Proprio al
mondo del teatro (che ha “bazzicato” per 40 anni) lo scrittore siciliano
dedica questo “Le parole raccontate. Piccolo dizionario dei termini teatrali”
(Rizzoli, pp. 150, € 12,41), un curioso percorso, rigorosamente
in ordine alfabetico – da Arlecchino a Testo – che riunisce i termini teatrali
più usati. Ogni voce è per l’autore il pretesto per ricordare
aneddoti, curiosità, piccoli frammenti di vita vissuta tra quinte
e palcoscenico, e un modo per costruire una storia del tutto personale
del nostro teatro.
E.G.
RADIO2 RAI,
5.1.2002
Giocando
All'interno della rubrica, Sergio Valzania ha recensito il CDROM Il
ladro di merendine. Apprezzato in particolare il Dizionarietto
Vigatese-Italiano.
La Repubblica, 4.1.2002
BRILLANO NEL 2001 LA ROWLING E "L'ODORE DEI SOLDI"
Il 2001 è iscritto nel segno di Joanne Rowling e del suo piccolo
mago, il geniale Harry Potter. La classifica dei dieci libri più
venduti durante l'anno scorso annovera ben tre romanzi della scrittrice
inglese: Harry Potter e la pietra filosofale, al primo posto, Harry Potter
e il calice di fuoco, al quarto, Hary Potter e la camera dei segreti, al
settimo (tutti editi da Salani). Dietro il fenomeno Rowling (che ha contagiato
l'Italia intera e non solo i suoi lettori più piccoli) si conferma
il successo di Andrea Camilleri, che ormai da tempo piazza uno o più
romanzi fra i più venduti dell'anno. Nel 2001 è stata la
volta de L'odore della notte e Il re di Girgenti (entrambi pubblicati da
Sellerio).
Ma l'anno editoriale che si è chiuso porta impresso anche il
marchio de L'odore dei soldi, il libro di Marco Travaglio ed Elio Veltri
(Editori Riuniti) che, pubblicando solo atti giudiziari (sentenze, richieste
di rinvio a giudizio e altro) ripropone il mistero del successo di Silvio
Berlusconi e dei suoi più stretti collaboratori che dal nulla hanno
costruito un impero economico e finanziario. Sono tanti gli interrogativi
che emergono da quei documenti, interrogativi che hanno rilievo penale
e politico insieme: il volume, secondo nella classifica generale, ha suscitato
tante discussioni, ma ha anche molto incuriosito e interessato.
Il rilevamento è stato realizzato dall'Istituto Cirm.
Corriere della sera,
4.1.2002
CATTIVO GUSTO
[...]
I soliti eccessi, si dirà. Gli eccessi della solita Sicilia
che alla mostruosità è stata condannata dalla letteratura
dei vari Camilleri, dalle fiction sulle piovre, e dalla politica dei superbotti.
[...]
Francesco Merlo
Il Nuovo, 2.1.2002
2002, ecco come cambia la moda
Un ritorno al passato, ai favolosi anni '50. Questa potrebbe essere
la sorpresa del 2002 secondo uno studio realizzato dall'agenzia di pubblicità
multinazionale Euro.
[...]
Per quanto riguarda i libri e le letterature, pollice verso per i sudamericani:
basta Sepulveda, Isabel Allende, Paulo Coelho. Salgono invece gli scrittori
americani, nuovi o riscoperti che siano: Edward Bunker, T. Coraghessen
Boyle, Dave Eggers e altri ancora. Sì anche agli italiani, ma giu'
Andrea Camilleri.
[...]
Il Giorno,
2.1.2002
Un teatro all'antica
«Parole» di Camilleri
MILANO - C'è voluto il commissario Montalbano perchè l'editoria
si occupasse di teatro. «Le parole raccontate» di Andrea Camilleri,
dizionario dei termini teatrali da Arlecchino a Testo, è stato lanciato
per le feste da Rizzoli anche sulle prime pagine dei giornali. Con Camilleri
ormai tutto fa brodo, anche questo libretto - dice l'autore - «incredibilmente
lacunoso». Si sa che prima di inventare, tardivamente, le gesta di
Montalbano nell'immaginaria cittadina di Vigàta, lo scrittore siciliano
è stato sceneggiatore, regista (di autori «difficili»
come Strindberg, Ionesco, Beckett) e docente all'Accademia D'Amico. Gli
faremmo torto considerando «Le parole raccontate» alla pari
con le inchieste del Maigret siciliano, ma è vero che «il
viaggio dentro il teatro di un uomo che ha fatto teatro è, inevitabilmente,
la storia della
sua vita»: e dunque a lettura ultimata sappiamo qualcosa di più
sul padre del commissario Montalbano. Fra l'altro, di dove vengono la sua
abilità nello sceneggiare i suoi gialli e la colloquialità
della sua pagina.
LA PAPERA - «La vera forza del teatro - dice Camilleri - è
sentire gli altri», e dal teatro egli ha imparato a raccontare. C'è
molta forza comunicativa in queste pagine. E una nostalgia evidente per
quel teatro «all'antica italiana», fatto di artigianato e passione,
che certa regia ipertecnologica ha liquidato. Voce «papera»,
su questo incubo degli attori che affonda le radici nel lapsus freudiano:
Camilleri racconta di quel seduttore che in un vaudeville all'Eliseo di
Roma, invece di dire alla protagonista «Mia bella signora, sono venuto
a farvi una visitina», farfugliò: «Mia bella signora,
sono venuto a farvi una vaselina». E via di questo passo.
Ugo Ronfani |