Andrea Camilleri in varie occasioni ha confessato di essere un po' stanco
di Montalbano, ma questo non toglie che, puntuali come le stagioni, sia
pure attraversate da incostanti flussi metereologici, le sue vicende giungano
in libreria. L'ultima, intitolata La paura di Montalbano, l'ha pubblicata
Mondadori, ed è una raccolta di racconti che, sicuramente, non aggiungono
nulla alla fama dello scrittore e del suo personaggio. Si registra in tutto
il libro quella stanchezza che Camilleri ha ammesso, e per quanto il mestiere
e il fascino del commissario più famoso d'Italia riescano a salvare
l'opera da una piccola débâcle, l'insieme è un po'
scipito. Il sale forse comincia a scarseggiare, e più di un racconto
(qualcuno con echi di cose già lette) sembra tirato via frettolosamente,
con risultati non proprio esaltanti. Anche quello che titola la raccolta
e che, per quanto ci riguarda, è il migliore, non fosse altro che
per la chiusura in chiave psicologica che denota in Camilleri una non comune
facilità nel taliare l'animo umano, ha qualcosa di scontato. L'uomo
che tentenna nel salvare la moglie scivolata in un precipizio di montagna,
perché la sua morte gli darebbe la possibilità di convivere
beatamente con l'amante, è una pochade troppo sfruttata, un feuilleton
che traduce il dramma in qualcosa di ridicolo.
Forse, ci si esprime con la rabbia del lettore deluso, perché
Montalbano è talmente popolare che non si riesce a perdonargli una
resa mediocre. E così si rilegge qualche racconto trovando ragguagli
che una lettura affrettata potrebbe aver ignorato, ma, scava scava, le
emozioni sono sempre le stesse, così come identici sono Vigàta,
Catarella, il maresciallo Verruso e tanti altri comprimari. Ma, soprattutto,
e fortunatamente, è identico il fascino del personaggio che ormai
vive di vita propria. Pirandellianamente parlando, Montalbano ha lasciato
le pagine della finzione, ed ora è un personaggio vero, libero,
senza autore, perché il retroterra originario lo ingloba in un contesto
scenico d'estrema naturalezza, fissandolo a una realtà di fantasia
che spesso è più vera della realtà documentata dai
fatti, dalle lacrime e dalla rabbia degli uomini.
Raggiunti simili risultati, un libro di racconti con poco mordente
è solo una tappa deludente nel lungo cammino vittorioso che ancora
aspetta Montalbano. Infatti, per metà giugno è già
annunciato sempre da Mondadori, un altro volume che conterrà le
storie più celebri e una biografia del commissario per antonomasia.
Al libro saranno annessi due cd in cui Camilleri legge per la prima volta
alcuni tra i racconti più interessanti e più divertenti del
commissario Montalbano. Una celebrazione di entrambi in piena regola in
cui Montalbano e Camilleri (ma è ancora possibile distinguerli?)
si accordano su uno spartito sinfonico d'indubbia suggestione, premendo
sui flauti di una narrativa che ha raggiunto l'apice di un successo forse
insperato; narrativa che, sia pure con i dovuti riguardi dettati dall'educazione,
comincia a bussare alle porte della letteratura. Si apriranno? Chi manovra
i battenti nella casa dei geni alti? Perché in quell'Olimpo si dice
che il romanzo sia morto? Chi l'ha ucciso? Ecco un'altra bell'indagine
per Salvo Montalbano.
Francesco Mannoni