E' composto da tre racconti brevi e tre lunghi questa nuova fortunata
opera di Camilleri, che diventa uno specchio dei pregi e dei limiti dello
scrittore. Quando il suo commissario si muove nei pressi di Vigata e può
contare (come elementi di struttura narrativa) di personaggi come Catarella,
Augello e Fazio il racconto frizza di invenzioni linguistiche inserite
al tempo giusto e si dipana leggero e compito (per quanto deliziosamente
arruffato), creando situazioni mirabili e altri personaggi estemporanei
a tutto tondo. Ma guai uscire da questo cliché, come capita qui
nei tre racconti brevi molto deboli, dove Montalbano per sopravvivere ha
bisogno di esibire citazioni dotte, di un gioco linguistico che diventa
parossistico nei propri artifici o addirittura di sconfinare (e perdersi)
in territori di indagini nel profondo della psiche, come accade nell'infelice
pezzo che dà il titolo al libro.
Giorgio De Rienzo