[Sono stati estrapolati gli interventi di Andrea Camilleri, NdCFC]
Andrea Camilleri: È triste dirlo,
ma dell’omicidio di Borsellino, se mai c’è stata la cronaca di una
morte annunciata era
quella… era quella. E ho avuto un senso
di scoramento, quello stesso che credo dovette provare, e con ben altri
e
fondati motivi Caponnetto, per esempio,
quando disse: “È finito tutto”.
L’ho provato un’altra volta, l’ho provato
l’11 settembre, stesso tipo di smarrimento, cupo… bè, anche in Sicilia
avevano abbattuto due Torri, eh?, non
solo a New York…
[…]
Carmine Fotia: C’è qualcuno che
dice che l’importanza di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella lotta
alla mafia sta
anche nel fatto che loro sono profondamente
Siciliani, profondamente Palermitani. Lei, che della Sicilia cerca di
penetrare anche i meccanismi psicologici
più profondi, pensa che questo abbia davvero importanza nel rapporto
tra un
giudice e un mafioso? Nel fatto che
questi giudici capiscono la mafia più di altri?
Andrea Camilleri: Credo di sì.
Credo che, almeno a livello di Falcone e Borsellino, diciamo ai tempi loro,
sia stato
molto importante la conoscenza dei codici
di comportamento della mafia, che hanno tali risvolti, tali sottilissimi…
che
posso dire?… fili, proprio come fili
da ragnatela, con altre connessioni che solo dei Siciliani possono intuire,
più per
DNA che per lavoro della ragione o di
altro. Poi, dopo di loro, le cose sono mutate, infatti Caselli ha potuto
svolgere un
ottimo lavoro, e certamente Caselli
non è un Siciliano. Ma la grossa spinta, il caterpillar che ha dato
questa enorme botta
alla mafia sono stati loro due, loro
due col loro anche essere Siciliani e quindi con la possibilità
di capire meglio le cose
che erano dette ma soprattutto, forse,
le cose che non erano dette.
Carmine Fotia: Anche l’uso del dialetto,
di cui lei è maestro…
Andrea Camilleri: Sì, e infatti
chi lavorava con loro raccontava che in realtà loro… il loro approccio
con questa gente
era in termini di dialetto e il dialetto
ha delle sfumature - o l’uso di una parola piuttosto che un’altra nel dialetto
- e una
sfumatura nel dialetto ha parecchi significati.
Ecco, quindi era - come posso dire - anche questo un mezzo di
conoscenza: l’uso del dialetto.
[…]
Carmine Fotia: C’è un grande
scrittore siciliano che ha fatto conoscere e amare la Sicilia a tanti italiani,
si chiama
Andrea Camilleri e con lui proseguiamo
adesso questo nostro viaggio nel ricordo di Paolo Borsellino dieci anni
dopo.
Andrea Camilleri: La mafia in sostanza,
è una sorta di… nasce come sorta di difesa dove lo Stato, per esempio,
non
c’era. Io mi ricordo - sono ricordi
miei di bambino - per esempio, che a casa mia della mafia non se ne parlava,
perché
non era… .era come parlare del mal di
pancia a un pranzo di gala, non si parla di questa materia. Però
era altrettanto
vero, e l’ho detto con totale sincerità,
che mio nonno, per garantirsi il suo lavoro in miniera o altre cose, pagava
un pizzo,
cioè a dire era protetto dalla
mafia perché i carabinieri o la pubblica sicurezza non erano in
grado di proteggerlo. Quindi
si fingeva di negare la mafia, la sua
esistenza, e nello stesso tempo la si alimentava, nello stesso tempo in
cui si diceva:
vabbè, non ci sono… fatti loro.
Ci abbiamo messo parecchie decine di anni per capire che erano fatti nostri,
che non
erano solo fatti loro quando si sparavano
per le strade.
Carmine Fotia: Senta, c’è ancora
oggi questa omertà, come vogliamo chiamarla… dicono che a Palermo,
in tante
zone, il pizzo lo pagano pressocchè
tutti.
Andrea Camilleri: Senta, io credo una
cosa: che l’omertà è come i banchi di nebbia. Non sempre
c’è nebbia in Val
Padana, certe volte c’è la nebbia
e certe volte la nebbia non c’è. Però si usa dire “la nebbia
della Val Padana”. In Sicilia
c’è l’omertà, ma certe
volte non c’è. Le volte che non c’è è quando lo stato
è presente, quando il cittadino non si sente
lasciato solo, quando il cittadino sa
di poter dire alcune cose avendo una protezione da parte dello stato. Dopo
anni nei
quali - c’è Pirandello che lo
racconta, quindi si immagina - ammazzano uno sotto le finestre di casa
sua e la cameriera
chiude gli scuri, le persiane, per dire
noi non vogliamo averci a che fare, cancelliamo il fatto chiudendo gli
scuri. E
quando vent’anni fa hanno ammazzato
un povero maresciallo dei carabinieri all’ingresso del mio paese, Porto
Empedocle, gli prepararono un agguato,
c’era una palazzo, era estate e tutta la gente era affacciata alla finestra,
pigliavano fresco, e capirono da due
macchine, da come si stavano posizionando, che stavano preparando un agguato.
I
centralini dei carabinieri e della pubblica
sicurezza si intasarono di telefonate. Arrivarono tardi, perché
l’omicidio venne
compiuto lo stesso. Bè, anni
prima non ci sarebbero state, queste telefonate.
Carmine Fotia: E oggi i segnali che
vengono, sono segnali che inducono al primo atteggiamento o al secondo?
Andrea Camilleri : No, inducono a un
atteggiamento… i segnali di oggi credo che siano negativi e inducono un
atteggiamento di ritorno all’indietro,
cioè a dire vabbè, allora io non voglio entrarci. Credo che
ci sia una rinascita vera
della mafia in Sicilia, solo torno a
ripetere non è così visibile e appunto perché non
è così visibile è più pericolosa, è
più
sotterranea e penetra di più.
Carmine Fotia: Il suo amico Montalbano
che cosa le dice di questa realtà di oggi?
Andrea Camilleri: Il mio amico Montalbano
mi ha fornito recentemente il soggetto per un racconto, quasi a sfida,
dicendomi, praticamente, se ero così
bravo a trarre un racconto dagli elementi che lui mi porgeva, mi dava in
base alle
nuove leggi che si stanno facendo, per
esempio sui grandi appalti in Sicilia, sulla suddivisione e l’allargamento
del
subappalto che è una meravigliosa
torta, un campo di pascolo della mafia meraviglioso. E questa traccia di
raccontino fa
sì che la situazione venga completamente
capovolta, che se Montalbano continua le sue indagini si trova ad essere
fuori
legge, mentre i mafiosi stanno agendo
nella legalità con le nuove leggi.
[…]
Andrea Camilleri: Questa storia della
Rita Atria è un simbolo, il simbolo della fiducia che un siciliano,
una siciliana, può
riporre assolutamente nella legge –
e in certe situazioni riporre fiducia nella legge significa anche mettere
in gioco anche la
propria vita – e poi la scomparsa della
persona – e quindi dello stato – alla quale tu hai dato questa fiducia
ti riduce nella
disperazione. È un grosso simbolo
di una realtà che investe molti siciliani di oggi.
[trascrizione a cura di Paola]