home page




RASSEGNA STAMPA

FEBBRAIO 2003

 
Teatro Vittorio Emanuele II
Conferenza stampa "Il fantasma nella cabina"

Lunedì 3 febbraio alle ore 16.00 - Sala IV° Piano T.V.E. - si svolgerà la conferenza stampa relativa allo spettacolo "Il Fantasma nella cabina" (Il Commissario di bordo), opera in due atti con musiche di Marco Betta, su libretto di Rocco Mortelliti da un racconto di Andrea Camilleri, (Editore Proprietario Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano), Saranno presenti il compositore M. Betta, il regista e librettista R. Mortelliti (che è anche interprete del ruolo di "Rocco"), il direttore d'orchestra Fabrizio Maria Carminati ed i cantanti dell'opera, oltre naturalmente alle rappresentanze del Teatro di Messina che ha prodotto questo primo appuntamento operistico stagionale.
 
 

l'Unità, 1.2.2003

Più incollato che mai al cavallo di viale Mazzini, il consigliere leghista Ettore Albertoni non ha alcuna intenzione di essere disarcionato. Anzi. Promette una vera e propria rivoluzione culturale in Rai. Troppa Sicilia nella fiction.
E questo Montalbano, va bene, ha successo, ma "è ingiusto" che l'unico contenitore sia quello della Sicilia". Ci vuole "un indirizzo diverso". Che non offenda la sensibilità culturale della Lega. E allora, da Vigata a Brembio? Un bel commissario lodigiano per realizzare la vera Tv federalista. Ci vorrà un po' di tempo, "almeno un anno", ma le serie televisive di produzione Rai si adegueranno. Basta partire dall'obiettivo finale che qualche Andrea Camilleri di turno si trova: "l'indirizzo deve essere introdotto dal CdA, il contenuto lo farà la struttura".
[...]
 
 

Giornale di Sicilia, 4.2.2003
Le pagelle del maestro Camilleri
Anteprima da "Capital". Pubblichiamo un'intervista al grande scrittore agrigentino. Il mensile in edicola sabato col Giornale di Sicilia.
Carrellata sui siciliani famosi. E` difficile pensare a un comune denominatore. Da Fiorello a Consoli una raffica di elogi

Mettiti seduto, tranquillo. La questione è di qualche importanza.
Non ti pare, caro lettore, che da un poco di tempo a questa parte siculi e sicule presero possesso delle tue risate, delle tue letture, per non dire della tua musica, della tua televisione e del tuo cinema?
Possesso, sì. E neanche possiamo dire che lo fecero zitti zitti, ammucciuni, di nascosto.
Allora, sei seduto? Non ancora? Ma che stiamo scherzando? Te lo devo ripetere?
Ricominciamo. Il discorso è questo. Te lo ricordi il Regno delle due Sicilie? Ora ce ne sono perlomeno cinque o sei, di Sicilie in questo Regno, e il Re si chiama Camilleri. Camilleri Andrea. Che è uomo per l'appunto di ironia, essendo della terra di Pirandello Luigi, Agrigento; e di letteratura, per conseguenza; e travagliò per la televisione, alla Rai, scrivendo le scene e le battute di telefilm e sceneggiati, vecchi, ancora in bianco e nero; e per il teatro, insegnando all'Accademia d'Arte Drammatica, e al Cinema.
Ora, Camilleri scrive libri che ci vorrebbero petroliere per trasportarli tutti in libreria. Insomma. Un imperatore, altro che Re.
Andiamo al fatto. Troppi siculi si contendono i titoli del Regno. E alla domanda '”hi è il più siciliano del Reame?” viene difficile rispondere. E dunque, chi meglio del Re, dell'Imperatore, Camilleri Andrea insomma, può fare ordine in questa Corte di stravacanti, di attori, di registi, belle fimmine, musicisti e scrittori?
Se finalmente sei comodo, cominciamo, caro lettore!
Maestà, scusasse il disturbo, ma chi è il più siciliano del Reame?
«Difficile dire chi è più siciliano. Anche perché è difficile pensare a un comun denominatore dell'esser siciliani. Secondo me, è una partenza sbagliata. La complessità del siciliano è nota, credo. C'è un bella frase di Vitaliano Brancati: il signor x e il signor y abitano sullo stesso pianerottolo. Sono tutti e 2 siciliani. Ma quando si va dalla casa dell'uno a quella dell'altro, è come passare da un continente all'altro. I siciliani, tra loro, sono diversi fisicamente, culturalmente, psichicamente».
Ma non sarà proprio questo ad accomunarli, la complessità?
«Naturale. C'è una domanda di Leonardo Sciascia nel Consiglio d'Egitto, formulata ad un certo punto dal Vicerè: come si fa ad esser siciliani? Come si fa a sopportarlo? Come si fa a vivere essendo siciliani?».
Le dispiace se assegniamo qualche titolo, così, per principiare a mettere ordine? Comincerei da due attori. E il primo, Zingaretti Luca, lo facciamo siciliano sul campo, ad honorem. L'altro è Fiorello Rosario. Lo Zingaretti arriniscì a dare vita al suo Commissario Montalbano, che personaggio di fantasia è: sbirro buono, con senso di giustizia, simpatico e vincente. E il Fiorello, invece, uomo in carne e ossa, pare personaggio di fantasia: imitatore, presentatore, cantante, attore, uomo finito insomma, epperò riesce a dire cose intelligenti, e a fare una cosa intelligentissima. la Radio... 
«Sempre di due attori stiamo parlando. Fiorello imita, presenta canta, ma è anche un grande attore. La capacità di trasformarsi da attore disinvolto e cantante ad uomo capace di dire cose intelligenti e serie, è tipica di un grande attore di intrattenimento. Essere siciliano qui è molto, molto relativo. Andiamo a toccare quel meraviglioso mestiere che è l'attore, che poi è la capacità di essere altro da sé. A questi livelli di bravura, sarebbe persino possibile una trasformazione di Zingaretti in Fiorello e viceversa. Quando si è bravi, ci si riesce. Non mi meraviglia per niente».
Lo Zingaretti non aveva le carte in regola per essere Montalbano. Stando ai suoi romanzi.
«No. Era tutto sbagliato, ragionando con il vecchio schema del phisyque du role. A cominciare dalletà: Montalbano oggi ha 53 anni: io ho scritto che è nato nel 1950. Montalbano, poi, ha capelli e baffi. Luca Zingaretti invece, anche se più giovane e calvo, dà l'idea di essere l'unico possibile Montalbano. Non ho mai detto è lontano dal mio personaggio. Sapevo che era uno straordinario attore. Valeva la mia esperienza».
Sì, perché lei fu suo professore, all'Accademia...
«Io lo considero mio nipote. E lui, mi tiene per zio. Ricordo che quando cominciò a fare questo personaggio, ebbe una crisi di impatto, come accade spesso agli attori, e mi fece la prima e ultima telefonata dal set, dicendomi: Andrea, da dove lo devo prendere questo personaggio? E io più o meno gli risposi: da te stesso, e non rompere i coglioni. Non ci furono altre parole».
Solo in Sicilia ci possono essere nipoti adottivi, e difatti il rispetto si esprime nella ziitudine, nel dare a qualcuno dello Zio. E poi, il modo di parlare dice tutto: "da dove la devo prendere questo personaggio, da quale verso..."
«Sì, Zingaretti è un siciliano ad honorem».
E dunque, passiamo alla cerimonia della spada? Che titoli gli diamo a questi due, il Fiorello e lo Zingaretti?
«Principi, senz'altro».
E Baglio Aldo?
«Quello di Aldo, Giovanni e Giacomo? Io mi ci diverto da matti con loro. Merita senz'altro un marchesato».
Il Baglio pare uno che lavora all'antica. Grande artigiano da avanspettacolo. Un classico contemporaneo...
«Anche questo è un bel problemino. Non è che conti molto l’innovazione. Conta, semmai, quanta intelligenza metti in quello che fai. Ora, per quel che riguarda noi siciliani - e qui ho uno scatto d'orgoglio - devo dire che siamo leggermente più reattivi di molti altri. Perché siamo dei bastardi».
Nel senso letterale? Nel senso che siamo figli di molti padri?
«Proprio. È come la storia del cane di razza. Ha un bel pedigree, ma è po' scemo. I cani di strada sono più reattivi. Tornando ad Aldo Baglio, che mi fa ridere davvero assai, mi sembra che incarni una delle nostre maschere. Giufà ha due facce, è stupido e intelligente. È il nostro Bertoldo. Baglio ha veramente grande tradizione».
E Ficarra e Picone?
«Li seguo da molto tempo. Sono due palermitanazzi, in senso buono. Nel loro lavoro c'è una cosa, una sorta di intelligenza del gioco, che arriva immediatamente e ti lascia presupporre un risvolto che non è quello che vedi: un sottotesto, un'allusione continua».
Meritano almeno un Granducato...
«Perlomeno».
La spada pesa. Se la vuole riporre un attimo, le volevo fare una domanda. Ma come se lo spiega questo fenomeno di colonialismo sicuro nel territorio difficilissimo della comicità?
«Mica si può avere il ciclo continuo. Era inevitabile che avvenisse una sorta di ritorno. Questo succede spesso. Abbiamo avuto l'epoca catanese di Angelo Musco, al quale il grande D'Amico dedicava pagine e pagine, ed era in grado di farsi capire in tutta Italia. Poi venne De Filippo, che era napoletano. Sono fatti ciclici. Non so quanto durerà. Ma bisogna anche dire che questo è il tempo dei comici siciliani alla ribalta, non il tempo della caricatura della Sicilia. Ricordo quegli spaventosi doppiaggi, con un siciliano improbabile, che diventavano una parodia involontaria. Questi nuovi comici, al contrario, fanno parodia con i loro linguaggi della loro realtà, e l'autenticità paga».
I siciliani fanno ridere. Ed è una buona notizia. Ma sanno anche ridere di sé. Prenda la Russa lgnazio e Schifani Renato. Fatti a pezzi da Fiorello e Marcoré. Eppure, uno va in diretta a farsi fare il verso - "digiamoolo!" - e l'altro si mette con la famiglia davanti alla televisione a ridere del suo riporto!
«Si vede che sono dei buoni siciliani. A quella domanda di Sciascia, come si fa ad esser siciliani, una volta risposi: con l'ironia e l'autoironia. E questo non corrisponde al canone del siciliano irascibile, che è di per sé falsificante».
Sono diventati due maschere, il La Russa e lo Schifani. O no? Che facciamo, glielo diamo un titolo?
«Niente titoli. E le dico la verità. A me viene molto difficile chiamarle maschere, che poi sono simboli, figure esemplari. Loro sono due uomini politici - dai quali peraltro sono lontano mille miglia - che reagiscono bene alla satira, non reagendo, ridendo a denti stretti. Reagire è la cosa più brutta che si possa fare contro la satira. Ci fu un grosso personaggio politico che ricorse al giudice contro un atto di satira. Io lo trovai delirante. Un uomo politico sa che è esposto alla satira. Deve reagire solo alla diffamazione».
Torniamo agli attori. Che ne dice di Lo Cascio Luigi, che coi Cento Passi fece un figurone?
«Anche lui è stato allievo mio. È cresciuto bene, e continuerà a crescere. È un tipo alla Zingaretti. Mi dispiace non poterli vedere vecchi. Sono vini di classe, e miglioreranno con il tempo».
Diventerà Principe, insomma. E i registi? Ce ne sono tanti, ormai. C'è Torre Roberta, milanese di nascita e palermitana di adozione. C'è Scimeca Pasquale. E c'è Tornatore Peppuccio. Uno, il Tornatore, che ha assimilato il grande cinema, o il cinema dei grandi, e che muove la cinepresa come un grande pennello. Epperò, si disse che i suoi colori sapevano di melassa...
«Io non vedo tutta questa melassa nell'Uomo delle Stelle. E proprio quel finale va letto in un altro modo. Qualsiasi cosa sia una rinunzia, non è mai una melassa».
Il Tornatore racconta spesso un sentimento alla volta: con Nuovo Cinema Paradiso, la nostalgia; con Una pura formalità, la paura della morte; e con Maléna, l'erotismo...
«Noi uomini siamo anche uno alla volta. La sua forma narrativa è quella di una cosa alla volta: ma bene, però».
Principe, abbiamo capito. Parliamo di musica? Anche qui sono tanti i siculi. C'è Battiato Franco, c'è Consoli Carmen, c'è Sollima Giovanni, violoncellista e compositore. E ce ne sono altri ancora...
«Battiato lo ascolto ma non posso dire di nutrire molta simpatia nel confronti della sua musica. Ma lo facciamo Conte. La Consoli mi piace santissimo. Trasgressiva, moderna, mi piace anche per questo. Sollima, poi, lo considero tra i più importanti compositori italiani, per quel che ho sentito fino a questo momento. Gli diamo un Granducato».
E la Consoli, Maestà?
«Principessa. Anche se non voglio spodestare la bellissima Maria Grazia Cucinotta».
Di belle donne ce ne sono assai, in Sicilia. C'è Riccobono Eva, che comparve in tv e fece strage di telespettatori. E poi Valle Anna, già Miss Italia, che da ragazzina, visse a Lentini, e potrebbe chiedere il passaporto. E La Rosa Marina, che frequentò il Grande Fratello e si spogliò davanti a un fotografo…
«Bé, la Riccobono giustamente aspira al titolo, e ha tutte le carte in regola per acquisirlo. La Valle? Boh, faccia lei. Cavaliera, magari. Marina La Rosa non la conosco: il Grande Fratello è escluso dal mio orizzonte. Senta, ma una domanda, io, gliela posso fare?»
Sicuro.
«Di letteratura non ne parliamo?».
Mancanza! Può essere che non ne parliamo?
«E qua i talenti sono tanti. Tanti e importanti. Vincenzo Consolo lo facciamo principe da subito. Un ducato va a Giuseppe Bonaviri: ce ne scordiamo troppo spesso. Dietro, vengono una schiera di aspiranti nobili, che fa piacere farli conti: Roberto Alajmo con il suo Repertorio dei pazzi della città di Palermo. E poi Santo Piazzese, Giosuè Calaciura, Piergiorgio Di Cara, Silvana Grasso e Silvana La Spina».
Grazie, Maestà. Anzi, torno a chiamarla Professore, ché la Repubblica non ci dispiace. Se abbiamo scherzato sui titoli, lo si deve al ritorno dei Savoia, pur se preferiamo il purissimo giglio dei Borboni.
Candido da Regalpetra
 
 

Stilos, 4.2.2003
La Sicilia di Montalbano è un punto di partenza (in viaggio con Camilleri)
Estratto del saggio La salvezza è nel bianco di una vela. Il tema del viaggio in Andrea Camilleri, in uscita il 6.2.2003 su "NAE", edizioni Cuec, Cagliari.

Montalbano, nativo di Catania e vigatese solo di adozione, preferisce vivere fuori del centro abitato, a Marinella, in un villino sulla spiaggia.
Sintomo, anche questo, di una volontaria emarginazione, di un sentimento di estraneità all'ambiente circostante. Inoltre, significativamente, il poliziotto privilegia gli spostamenti all'interno della Sicilia seguendo trazzere che sembrano ribellarsi al loro destino di diventare strade asfaltate e ciclicamente assumono il primigenio aspetto sconquassato e polveroso; straduzze a serpentina che destano titubanza persino nelle capre, poco propense a dimostrare le loro doti di equilibrismo: "Quella però era la Sicilia che piaceva al commissario, aspra, di scarso verde, sulla quale pareva (ed era) impossibile campare e dove ancora c'era qualcuno, ma sempre più raro, con gambali, coppola e fucile in spalla, che lo salutava da sopra la mula portandosi due dita alla pampèra"; Montalbano, ad esempio, per raggiungere la casa di campagna dell'amico giornalista Nicolò Zito preferisce affrontare "mulattiere, polverosi viottoli che gli imbiancavano la macchina", vuole cogliere l'occasione di "ricrearsi una Sicilia sparita, dura e aspra, una riarsa distesa di giallo paglia interrotta di tanto in tanto dai dadi bianchi delle casuzze dei contadini": è una terra mallitta, ma è la sua terra. Questi sentieri contorti paiono anche metaforici dei bizantinismi della mente del commissario, ben simboleggiati dalle nodosità tortuose dell'olivo saraceno minuziosamente descritto in alcune belle pagine de La gita a Tindari. Probabilmente a causa dell'irresistibile senso di sfida che ogni caso gli ispira, Montalbano non arretra di fronte a viaggi di tipo temporale (per non parlare delle inchieste svolte all'inizio della carriera che appaiono in alcuni racconti), cioè si incaponisce ad indagare su circostanze ormai quasi del tutto seppellite dal tempo: come ne Il cane di terracotta, in Un diario del '43, in Meglio lo scuro. Come potrebbe col suo rigoroso senso di giustizia rifiutarsi di "calarsi in quegli abissi? [...] Affrontarne i dedali oscuri? Gli inestricabili grovigli? Le sotterranee caverne?", come afferma autoironicamente servendosi dei tanto odiati luoghi comuni.
La morbosità insistita e senza scampo dell'ambientazione impone che per Montalbano esistano dei varchi, dei punti di fuga: la Sicilia diventa allora luogo di partenza. Non a caso l'annosa, eterna fidanzata del commissario non solo non è siciliana, ma neanche vive nell'isola: la sopravvivenza del loro rapporto è legato proprio alla lontananza fra i due, alla scarsa frequenza degli incontri, alla possibilità di scegliere di stare insieme, al desiderio mantenuto sempre vivo (anche se non mancano le sciarratine, soprattutto telefoniche). Talvolta Livia appare quasi un simbolo di purificazione dalle tragedie isolane, un luogo catartico - più che una persona - in cui annidarsi e rinnovarsi, come è evidente, per esempio, fin dall'epilogo del primo romanzo di Montalbano, La forma dell'acqua: egli fugge dall'orrore che prova per rifugiarsi tra le braccia di una donna che non comprende la Sicilia così come non ne comprende il dialetto. Con questi presupposti, raggiungere Genova (anzi, Boccadasse, ancora la periferia marina defilata dalla grande città) per il commissario significa evadere, perdere (almeno temporaneamente) contatto con una realtà fatta di collusioni, sottintesi e ammiccamenti, di componende.
Forse proprio per questo l'ormai celebre detective non si unisce a nessuna delle picciotte siciliane di cui subisce il fascino e che incontra nel corso delle sue indagini. Prima fra tutte l'amica dell'assassinata Michela Licalzi ne La voce del violino, Anna Tropeano, una delle figure femminili più riuscite della vasta galleria dei personaggi di Camilleri. Difatti si avverte dai lunghi dialoghi che tra i due si stabilisce immediatamente un certo feeling, basato sull'esistenza di tante cose in comune, tuttavia si insinua fra loro soprattutto una cosa che li divide: non si tratta solo dell'incrollabile fedeltà dell'integerrimo poliziotto, ma paradossalmente proprio della Sicilia, del fatto di essere entrambi siciliani. La loro relazione sarebbe senz'altro infelice, dal momento che Montalbano non potrebbe in essa realizzare il ruolo salvifico della donna 'continentale', completamente estranea da un mondo avviluppante che talvolta gli è necessario abbandonare. Anche l'amore, i sentimenti sarebbero pesantemente condizionati dalla presenza del clima ammorbante che spesso si respira nelle inchieste. La condivisione, la complicità all'interno della coppia che è evidente in alcune pagine del romanzo impedisce proprio la concretizzazione del rapporto che in nessun caso potrebbe essere liberatorio e consolatorio come quello con Livia, fatto di telefonate nel cuore della notte, di aerei presi all'ultimo istante, di incontri decisi d'impeto che hanno sempre il sapore della vacanza e anche un po' della trasgressione. Per questo, l'unica donna che può in un certo senso competere con Livia è Ingrid, che in verità è molto lontana dal contendere all'impiegata genovese l'amore del commissario, per cui nutre una sincera e disinteressata amicizia. L'amica svedese, disinibita e ingenuamente provocatoria, è l'incarnazione dell'eterno femminino rincorso da generazioni di giovani italiani (soprattutto nel secondo dopoguerra e nel periodo del boom economico), quello della straniera alta, bionda e sessualmente disponibile. Salvo Montalbano ha con Ingrid una liaison che volutamente Camilleri lascia nell'ambiguità, nel probabile intento di umanizzare il personaggio troppo 'squadrato' nella sua adamantina lealtà, di rendere più verosimile il suo comportamento assecondandone le debolezze. A ogni modo la donna è palesemente avulsa dal mondo siciliano e la relazione con lei, di qualunque tipo sia, conserva quindi alcune delle caratteristiche che sono appunto individuabili nel legame con Livia. In tal modo Ingrid riveste a volte quasi un ruolo di figura sostituiva e un eventuale amplesso con lei, agli occhi dell'indulgente e comprensivo lettore non assume quindi la valenza di un 'reale' tradimento.
Nonostante tutto, Montalbano non lascia volentieri la Sicilia. Si ricorderà facilmente che sfugge ogni possibilità di promozione, atterrito dal conseguente probabile trasferimento. Tuttavia il commissario compie alcune trasferte (soprattutto nell'ambito dei racconti brevi) imposte dalle sue mansioni. In tali situazioni si trova spesso in imbarazzo, come se  fuori dal suo habitat si sentisse "straneo, una sorta d'alieno impacciato e frastornato", vittima di un certo disagio, rispecchiato da un comportamento anomalo. In Un cappello pieno di pioggia - che Camilleri si è divertito ad ambientare a Roma, beffardamente proprio nei dintorni della sua abitazione - contribuisce all'arresto di un piccolo spacciatore dopo essersi accapigliato con lui per futili motivi; mentre in Miracoli di Trieste viene vergognosamente borseggiato, tuttavia si risparmia l'umiliazione della denuncia perché il ladro, un vecchio compagno di scuola, lo riconosce e, pentito, gli restituisce il maltolto. Nei momenti più tragici, invece, dimostra la solita abilità e lucidità nel condurre le indagini o nel trarre deduzioni da pochi indizi, come nel caso dello stimato professionista, ma ladro per sfida, che finisce ucciso ne Lo scippatore; oppure riguardo al delitto passionale scoperto durante una notte nel wagon-lit di un treno tra Palermo e Roma, argomento del racconto Il compagno di viaggio. Persino durante le gite e le vacanze con la solita Livia si ritrova coinvolto in frangenti scabrosi, come lo stupro su una spiaggia ai danni di una giovane capoverdina da parte di alcuni 'civilissimi' svizzeri (Un angolo di paradiso); o subisce circostanze ambigue: protagonista de La paura di Montalbano è un uomo tentato, anche solo per un momento, di non aiutare la moglie in pericolo di vita perché caduta da una cengia della montagna valdostana.
Simona Demontis
 
 

La Sicilia, 4.2.2003
La polemica di Enzo Siciliano
«Camilleri? Il suo dialetto è offensivo»
Siciliano: «Camilleri sì, però...»

Gli assenti hanno sempre torto. E mai come questa volta hanno sbagliato quegli studenti dello Scientifico Leonardo che hanno preferito la giornata di sole piuttosto che l'incontro con lo scrittore Enzo Siciliano, organizzato dalla Provincia nell'ambito della manifestazione «Percorrendo la letteratura». Al Cine Astor comunque c'è stata una larga presenza di studenti e professori, insieme a quella dell'assessore Lillo Firetto, del preside Leonardo Manzone, del critico Salvatore Ferlito e della prof. Agata Gueli. Enzo Siciliano non ha deluso certamente le attese: non è un caso se è uno dei maggiori scrittori contemporanei. Con gli studenti si è parlato del suo ultimo romanzo («Non entrare nel campo degli orfani», edito da Mondadori) e del suo modo di intendere la letteratura e la cultura. Siciliano è entrato in polemica con l'uomo che è attualmente il mostro sacro della letteratura italiana, quell'Andrea Camilleri campione di vendite che è nato proprio a due passi dal luogo in cui si è svolta la sua conferenza.
«Con tutto il rispetto per Camilleri – ha detto Siciliano – credo che lui faccia un uso del dialetto offensivo. Lo usa per fare distinzioni di ceto come accadeva nei circoli per fare la distinzione tra il notabile ed il cafone. Non ha realtà è il limite della irrealtà. Fermo restando che questo nel gioco comico di Camilleri va bene. Ma io non accuso Camilleri, ma un certo uso del dialetto che si fa».
Siciliano è legato alla Mondadori ma non sembra particolarmente felice del legame. La circostanza è apparsa chiara quando il prof. Zino Pecoraro gli ha chiesto degli scrittori impegnati alla maniera dei Pasolini anni Settanta. Enzo Siciliano ha citato Leonardo Sciascia: «Sono uno scrittore impegnato con me stesso».
[...]
Fabio Russello
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.2.2003
Riapre il Margherita la sala amata da Sciascia
Il teatro ritrovato
Racalmuto fa festa per il gioiello ottocentesco

Leonardo Sciascia, in "Occhio di capra", lo ricorda come «il più bel teatro della mia vita, incantevole di stucchi, ori, velluti, allegorie e luci». Poi, dopo il 1964 le luci si spensero per quarant´anni, venti dei quali trascorsi in un tormentatissimo restauro. Adesso il teatro Regina Margherita di Racalmuto, progettato da Dionisio Sciascia, allievo di Gian Battista Basile, sta per tornare alla luce dopo un lungo letargo. Il degrado è stato spazzato via da un atto d´amore dell´amministrazione comunale di Racalmuto guidata dal sindaco Gigi Restivo, insieme a una squadra di addetti ai lavori che ha preso a cuore il destino del teatro: Andrea Camilleri, innanzitutto, che ha accettato la direzione artistica, e, coadiuvato dal suo braccio destro, il regista Giuseppe Dipasquale, ha impaginato un cartellone che andrà avanti fino a giugno. E poi Francesco Giambrone, l´ex sovrintendente del Massimo, dall´anno scorso presidente dell´associazione Teatri aperti, che è entrato a far parte del consiglio di amministrazione del Margherita, insieme al progettista dei restauri, Antonio Foscari, e ai giornalisti Gaetano Savatteri e Felice Cavallaro.
«Finalmente ci siamo - dice Restivo - Il teatro riapre come Fondazione, e con una programmazione completa. Ma il Margherita sarà anche scuola di mestieri teatrali, per rimettere in moto le maestranze locali, e patrocinerà un Premio di drammaturgia intitolato a Sciascia».
Il sipario si apre il 14 febbraio, con una due giorni di manifestazioni che suonano come una vera e propria festa cittadina. Venerdì prossimo si comincia al tramonto, con un grande prologo, curato da Sandro Tranchina e Alfio Scuderi, che coinvolgerà il centro storico di Racalmuto fino all´ingresso del teatro. Da piazza Castello muoverà una parata con tamburi, figuranti, fuochi d´artificio sparati dal Margherita, e un angelo che calerà dall´alto per porgere al sindaco le forbici del tradizionale taglio del nastro. Alle 20.30 la serata di gala (a inviti) con un concerto dell´Orchestra filarmonica Franco Ferrara che eseguirà brani di Bellini, Rossini e Verdi. Andrea Camilleri farà gli onori di casa e accoglierà diversi nomi del teatro: Serena Dandini, Anna Marchesini, Gigi Burruano, Ida Carrara, Mariella Lo Giudice, Tiziana Lodato. «Riaprire l´unico teatro di una cittadina - commenta in una nota lo scrittore - è come rimettere a posto una strada ferrata in dissesto da quarant´anni per consentire l´arrivo di quella specie di fantastico treno spaziale che è il teatro».
Il 15, invece, sarà la prima giornata aperta al pubblico. Di mattina, il coro polifonico Terzo Millennio eseguirà nel foyer del teatro un concerto di arie celebri, e alle 21, ci sarà il primo «vero» spettacolo: un recital di celebri melodie del tenore palermitano Vincenzo la Scola, accompagnato dal chitarrista agrigentino Tom Sinatra. La Scola proporrà canzoni classiche popolari come Torna a Surriento, Core ´ngrato, e canzoni tipiche spagnole come Amapola e Granada. (I biglietti sono già in vendita, informazioni allo 0922 942564). «Alternerò le canzoni al racconto di aneddoti del mondo dell´opera - dice emozionato La Scola - Sarà uno spettacolo popolare, come si addice a una festa di riapertura». 
Insomma, è tutto pronto: il Margherita, a sorpresa, potrebbe ricevere anche la visita del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che ha manifestato «interesse e compiacimento» per l´evento. Di certo c´è che riapre un piccolo gioiello di fine Ottocento di 350 posti, sala all´italiana, due ordini di palchi, loggione a ferro di cavallo, un ampio palcoscenico e fossa mistica. «È il primo impegno portato a termine con il concorso di Teatri Aperti - dice soddisfatto Francesco Giambrone - adesso tocca al cine-teatro Ideal di Lercara, a fine marzo, e al Garibaldi di Modica, entro fine aprile. Sono stati interamente restaurati, ormai siamo in dirittura d´arrivo».
Laura Nobile
 

IL CARTELLONE. Un concerto di Bentivoglio
Recital a tappe su Regalpetra

«Intreccio di teatro e musica, per fare del Margherita un teatro polivalente, e spettacoli con una linea precisa: un protagonista unico, percorsi non del tutto commerciali e una presenza costante di interpreti femminili». Giuseppe Dipasquale ha stilato un cartellone di dodici appuntamenti, badando a legare musica e parole. Dopo la serata di Vincenzo La Scola, si comincia il 2 marzo con "La chiave dell´ascensore" di Agota Kristoff, con Ida Carrara. Il 10 marzo Mariella Lo Giudice interpreterà "Kirie" di Chiti. Il 22 marzo arriva "La fattoria dei comici", una rassegna di comici del teatro Ambra Jovinelli di Roma, mentre il 23 Fabrizio Bentivoglio farà a Racalmuto la sua terza tappa siciliana, dopo Palermo e Catania, del suo film-concerto "Talagarife Tipota", insieme agli Avion Travel. Dipasquale firma la regia di "Tango e Borges", il 5 aprile, e de "La recitazione della controversia liparitana" di Sciascia. Ma c´è anche l´omaggio multimediale a Turi Ferro, "Experientia", di Massimiliano Pace, autore delle musiche degli ultimi sei spettacoli del grande attore catanese. In appendice un ciclo di serate su "Le parrocchie di Regalpetra", interpretate da Giulio Brogi, Pino Micol e Gigi Burruano.
l.n.
 
 

La Repubblica, 5.2.2003
L´INAUGURAZIONE. Lo scrittore sarà direttore artistico dell´antico teatro di Racalmuto, che riapre il 14
Camilleri: "Omaggio a Sciascia"
"Ho già pensato a un premio per nuovi testi dedicati al tema della giustizia"

ROMA - «Cammellè, quelli della mafia non sparano, si mettono seduti in prima fila e applaudono» disse Leonardo Sciascia al regista Andrea Camilleri che anni fa gli confidava scrupoli dirigendo le prove (poi interrotte) d´una riduzione de Il giorno della civetta. «Ora tento di sdebitarmi - dice Camilleri - L´impegno col teatro di Racalmuto m´ha fatto pensare a un Premio di Drammaturgia intitolato a lui sul tema della Giustizia, non circoscritto alla Sicilia, senza polemiche, solo sulla dolenzia di Sciascia». C´è un cartellone, il bando di concorso e la prospettiva di una Scuola di Mestieri Teatrali, nel carnet di Andrea Camilleri neo-direttore artistico del glorioso Teatro Regina Margherita di Racalmuto, vicino ad Agrigento e Caltanissetta, un teatro con 350 posti, ampio palcoscenico e golfo mistico sorto nel 1880 ai tempi delle miniere di zolfo, edificio convertito poi in cinema e chiuso dal 1964. Ora, col vice-direttore artistico Giuseppe Dipasquale, ha messo in piedi una stagione di rodaggio a base di "soli", prosa mista a musica, annunciando un´apertura di due giorni, il 14-15 febbraio. «Chissà se prima, nel viaggio in Sicilia dal 10 al 12, il presidente Ciampi potrà fare una scappata. All´inaugurazione, dopo un gala con attori, personaggi e orchestra, ci sarà un recital che racconterà l´Opera. Tutto il paese entrerà e uscirà. Più avanti c´è la Carrara con Agota Kristoff, Rigillo, Fabrizio Bentivoglio, un omaggio a Turi Ferro, una Yourcenar, la Recitazione della controversia liparitana di Sciascia, e un ciclo su Le parrocchie di Regalpetra con Brogi, Micol e Burruano». Andrea Camilleri è un veterano pieno di ricordi. «Ricordo quando fui direttore dello Stabile delle Puglie a tu per tu con Randone, tra le mie regie il collaudo in Italia di Finale di partita di Beckett e il dittico pirandelliano dei Giganti e La favola del figlio cambiato, ricordo l´Accademia d´Arte Drammatica e il Dna del rigore, ricordo un testo strepitoso come Diario di un giudice di Dante Troisi che finì sotto processo negli anni ´60, ricordo un´intuizione di Rita Rusic che da "La mossa del cavallo" avrebbe fatto un western fine '800...». Esclude un Montalbano teatrale: «Si legge meglio in tv, sentirlo respirare no. Invece farei tutto, per uno Zingaretti in scena. E vedrei bene Leo Gullotta a teatro con "La concessione del telefono"». E conclude ricordando la nonna che lo chiamava pizzipiturro, birichino.
Rodolfo Di Giammarco
 
 

La Stampa, 5.2.2003
Alza il sipario il teatro di Sciascia
A Racalmuto riapre il Margherita sotto la direzione di Andrea Camilleri

Racalmuto torna a vivere il 14 febbraio, dopo un oblio durato quarant´anni, alla fine di un restauro ventennale fortemente voluto da Leonardo Sciascia e avviato, nel 1984, dall´architetto veneziano Antonio Foscari. Si chiama «Regina Margherita» ed è il teatro di Racalmuto, la cittadina dell´autore siciliano che, tra il 1870 e il 1880, celebrò una fase di prosperità anche attraverso quel piccolo, ma perfetto tempio dello spettacolo: 350 posti, due ordini di palchi, loggione a ferro di cavallo, ampio palcoscenico. Racconta Andrea Camilleri: «Una volta parlavo con Sciascia di una messa in scena del Giorno della civetta, gli chiesi come avrebbe reagito la mafia a uno spettacolo del genere. Magari ci ammazzano, dissi, e lui mi rispose "No, quelli sono vanagloriosi, si mettono in prima fila e sono contenti". Poi domandai dove avremmo potuto mettere in piedi la rappresentazione e lui, subito, "Nel teatro di Racalmuto". Non ne conoscevo l´esistenza, si scandalizzò moltissimo». Per Camilleri, che del Regina Margherita ha assunto la direzione artistica e infatti sarà anfitrione della serata inaugurale che prevede la partecipazione di Serena Dandini, Anna Marchesini, Luigi Maria Burruano, Mariella Lo Giudice, Tiziana Lodato, il nuovo impegno coincide con «il tentativo di pagare uno dei molti debiti che ho nei riguardi di Sciascia». Anche per questo si augura che all´atteso battesimo possa prendere parte il Presidente Ciampi, in Sicilia proprio in quei giorni. Annesso alla sede del Municipio, circondato dal giardino dell´ex-monastero di Santa Chiara, il teatro avrà anche una «Scuola dei Mestieri teatrali» e lancerà un concorso rivolto a giovani autori e scrittori chiamati a proporre opere drammaturgiche originali centrate sull´argomento giustizia perchè, spiega il neo-direttore artistico, «questo era uno dei punti di più forte dolenzia di Sciascia». Teatro, insomma, ma anche, come sostiene Gigi Restivo, il sindaco 35enne di Racalmuto, «una scommessa, la sfida che vuole riportare questa cittadina e la Sicilia nel flusso pulsante della vita nazionale, nel fiume della cultura che unisce e collega grandi e piccole città d´Europa e d´Italia». Basta pensare che, solo in Sicilia, sono 258 i teatri dai 150 ai 400 posti chiusi, dismessi, in attesa di diventare supermercati oppure cinema. Nel Margherita troveranno spazio, annuncia il regista e vice-direttore artistico Giuseppe Dipasquale, la lirica, la prosa, la «dichiarata e partigiana presenza femminile», le voci e i volti dei solisti. Potrebbe esserci spazio anche per un Montalbano in versione teatrale? Camilleri scuote la testa: «No, Montalbano va bene in tv, ma dal vivo, in palcoscenico, non lo reggerei». È con il cinema che Camilleri confessa di avere un conto aperto, un conto che non riguarda il fortunato commissario, ma gli fa tornare un episodio alla mente: «Ero stato contattato da Rita Rusic che voleva produrre La mossa del cavallo: all´inizio dell´incontro fui colpito dalle sue gambe, ma, man mano che il tempo passava e lei parlava di come avrebbe portato sullo schermo il racconto, trasformandolo in un grande western ambientato in Sicilia, la mia attenzione si spostò, affascinata, sempre più su, fino alla testa, al modo con cui ragionava».
Fulvia Caprara
 
 

Il Messaggero, 5.2.2003
L’intervista/Parla Andrea Camilleri, direttore artistico
del rinnovato teatro Regina Margherita di Racalmuto
«Rendo a Sciascia il palcoscenico dove incontrava il suo paese»

«COSA ci manca di più, oggi, di Leonardo Sciascia? L’uso della ragione. Abbiamo perso l’abitudine a questo utile esercizio».
Andrea Camilleri accetta la direzione artistica del Teatro “Regina Margherita" di Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia, diecimila abitanti fra Agrigento e Caltanissetta. L’edificio riapre dopo quarant’anni di silenzio (i secondi venti impiegati per un lungo restauro) e lo scrittore di Montalbano dedica una frase-simbolo all’amico nel cui nome la rinnovata sala, il prossimo 14 febbraio, sarà inaugurata: «L’uso della ragione». Due sostantivi, un articolo e una preposizione per mettere avanti l’elemento discriminante di chi, nel corso di una vita di letteratura e impegno, non ha mai tradito il raziocinio come chiave interpretativa della storia, pubblica e privata.
«E’ un debito, questo del teatro del suo paese, che a Sciascia andava pagato. Lui amava moltissimo il “Regina Margherita". Ci aveva visto l’opera da bambino, con voci minori, ma anche qualche divo, e compagnie di prosa di rilievo. Lo definiva “il più bel teatro della mia vita". Si impegnò personalmente per avviare i restauri dopo i danni procurati alle strutture dalla trasformazione della sala in cinematografo, avviata negli anni Trenta e divenuta definitiva nel dopoguerra. Il degrado era generale, il bel sipario, semidistrutto. Non ha visto, putroppo, l’ultimazione dei lavori. Per questo, quando sono stato chiamato, non mi sono tirato indietro. Leonardo me ne aveva parlato tante volte, del “suo" teatro, bisognava saldare il debito».
Costruito fra il 1870 e il 1880, il teatro di Racalmuto - 350 posti, due ordini di palchi, un loggione a ferro di cavallo, golfo mistico per l’orchestra e un ampio palcoscenico - nacque come simbolo di stato delle famiglie ricche del paese, che derivavano potere e benessere dalle locali miniere di zolfo e dal lavoro di coloro che vi penavano. La realizzazione dell’edificio fu deliberata il 19 dicembre 1870 e il progetto fu affidato all’architetto Dionisio Sciascia, allievo della scuola di Filippo Basile, al quale si deve il Massimo di Palermo, concepito nello stesso periodo. La costruzione sarebbe dovuta durare un paio d’anni: occorse invece un decennio. Ma il teatro, alla fine, risultò assai bello, nel giardino dell’ex monastero di Santa Chiara, anticipatore delle armonie del Massimo palermitano, impreziosito dagli stucchi di Giuseppe Carta (autore anche del sipario, che raffigura i Vespri siciliani), nonché dotato di dodici scenari dipinti dal pittore Giuseppe Cavallaro.
Camilleri conosce bene certe alchimie di provincia, l’orgoglio e l’accidia di una terra che è la sua, la volontà di riscatto che, in Sicilia, si scontra spesso con una complicata psicologia di razza. Sa che tra il dire e il fare, nella Trinacria leggendaria, corrono fiumi di tempo, ostacoli pesanti, burocrazie all’apparenza insormontabili. «Ma ci siamo - dice -, finalmente ci siamo. Sciascia era fissato con questo teatro, non tanto perché gli mancassero gli spettacoli, che poteva vedere altrove, quanto perché lo riteneva, per il suo paese, un insostituibile luogo di incontro, di discussione, di confronto fra le persone. In memoria di questa attenzione, innanzitutto antropologica e sociale, assieme ai cartelloni di musica e prosa che penserò, in collaborazione con il vice-direttore, Giuseppe Dipasquale, seguirò da vicino la neonata scuola dei Mestieri Teatrali, alla quale i giovani possono iscriversi fin da quest’anno. Non pensiamo di formare attori (se qualcuno mostrerà particolari attitudini, vedremo). Vogliamo creare maestranze professionalmente qualificate: macchinisti, sarte, tecnici, organizzatori, amministratori... Tre anni di studio con corsi semestrali. La sede della scuola è il teatro stesso».
C’è inoltre un premio di drammaturgia destinato a scrittori under 40. Tema: la giustizia. «Mi auguro che i partecipanti pensino alla giustizia come a un valore assoluto e non si facciano condizionare da orizzonti solo o troppo siciliani. Sciascia è la testimonianza di come l’impegno civile possa diventare grande letteratura radicandosi in luoghi precisi, ma per travalicarli, per fare il discorso universale». Rubando a Sciascia qualche frase, riferita al periodo cinematografico del teatro di Racalmuto (Fatti diversi di storia letteraria e civile, 1989, Sellerio), ci rendiamo ben conto del soffio che rende oggettivo il localismo: «... per il cinema, il prezzo diventò unico, ma l’ordine di separazione tra gli spettatori persistette: gli artigiani continuarono ad andare in platea, la piccola borghesia impiegatizia e le donne nei palchi, i minatori e contadini in loggione. Ma - fatto del tutto nuovo - il loggione cominciò ad essere affollato anche da ragazzini; ragazzini che, ancora alle elementari, avevano cominciato il loro apprendistato artigiano e ostentavano mozziconi di sigarette, bestemmie ed oscenità - oscenità di cui non chiaro avevano significato -; età, la loro, in cui, ben dice un pedagogista, si hanno più parole che cose. E dalla funzione del cinema nel rivelar loro le cose bisogna, per allora, tenere un certo conto».
E’ una visione di gente affascinata e “corrotta" dal divertimento, inconsapevole testimone del potere intrinseco del nuovo mezzo di comunicazione. Ma il teatro del paese si allarga comunque alla vocazione sociale, antica, del luogo Teatro. Tutto questo, come dice Camilleri, meritava l’omaggio di una rinascita. Dopo l’inaugurazione ufficiale del giorno di San Valentino («Sarà una festa con attori e pubblico, animazioni, cerimonie e l’ufficialità del caso»), il 15 prenderà il via il primo cartellone del nuovo corso: «Il tenore Vincenzo La Scola, siciliano, racconterà l’opera lirica interpretando arie celebri da melodrammi italiani. Ma accompagnato da un chitarrista. Anche la commistione fra genere colto e genere popolare fa parte del gioco. Il teatro di Racalmuto è giusto per il coro polifonico del paese e per qualche star che vorrà suonarci o cantarci, per la lingua siciliana come per i classici della drammaturgia mondiale».
Viene in mente, chissà perché, il sapore forte di una famosa scena di Questa sera si recita a soggetto. Commistione fra generi, appunto, con una casa della provincia siciliana che fa da teatro. Pirandello mette in ballo femmine e soldati. E qualcuno, al pianoforte, suona la vampa verdiana del Trovatore.
Rita Sala
 
 

Giallo diVino, 5.2.2003
E Montalbano "andò" a Genova

Brechin nius: a marzo da Sellerio esce il nuovo Montalbano. Si  dovrebbe chiamare Giro di Boa, o qualcosa del genere. Il commissario di Vigàta si ritroverà immerso in riflessioni da sbirro post G8 e post Napoli, ne porterà addosso i segni e gli scrupoli. Ma soprattutto subirà un vero e proprio assedio fisico da parte di Ingrid. Ve la ricordate? La svedese che ci provava da tempo con Montalbano stesso.
In attesa del nuovo Sellerione e per chi non l'avesse letto, consiglio l'ultima raccolta di racconti di A.C. uscita da Mondadori, "La paura di Montalbano". Il racconto-romanzo breve che dà il nome al volume è ispirato ai fatti di Cogne. In rima: secondo GiallodiVino, da tenere sul comodino.
 
 

6.2.2003
La salvezza è nel bianco di una vela. Il tema del viaggio in Andrea Camilleri
Esce oggi a Cagliari un nuovo trimestrale, "NAE" (in sardo vuol dire nave) che sostituisce dopo oltre 25 anni "La grotta della vipera" (che ha ospitato diversi saggi sul Andrea Camilleri, nonchè un suo racconto - "Il patto", poi ripubblicato da Mondadori - e un'intervista di Simona Demontis). Il direttore responsabile è il Prof. Giuseppe Marci, la casa editrice sempre la CUEC.
Nel primo numero compare un breve saggio inedito di Simona Demontis, del quale anticipiamo un brano.

www.vigata.org è presumibilmente il primo, sicuramente il più completo sito web dedicato a Andrea Camilleri. Prende nome dal luogo, Vigàta, in cui si svolgono, perlopiù, le vicende narrate dal noto scrittore; una città che è facilmente identificabile in Porto Empedocle, ma che grazie al nome inventato si trasforma in una 'gigantesca variabile', lasciando ampi spazi e libertà di invenzione che non impediscono comunque la verosimiglianza del racconto. Definita da giornalisti in vena di legittimazioni letterarie la 'Macondo', oppure la 'contea di Yoknapatawpha' dello scrittore siciliano, la città di Vigàta sembra un contrassegno irrinunciabile, una connotazione prepotente e imprescindibile nell'opera di Camilleri quanto il Quai des Orfèvres nella Parigi dei romanzi di Simenon.
Potrebbe sembrare contradditorio trattare l'argomento del viaggio in un autore che apparentemente si presenta come "un agricoltore sedentario", secondo la definizione che Walter Benjamin dà dell' atteggiamento del narratore: un uomo che non ha mai abbandonato la propria terra e ne custodisce la memoria, ha accumulato numerose esperienze di vita e generosamente le regala ad un attento uditorio. Infatti, come afferma Tolstoj, basta descrivere il proprio paese per descrivere il mondo. Ma lo stesso Benjamin delinea un'alternativa, quella del "mercante navigatore", il quale al rientro dai suoi viaggi, così come la gente si aspetta, racconta le meraviglie di mondi sconosciuti. Ebbene, Andrea Camilleri può essere identificato anche in questo tipo di novellatore, anche perché, come lo stesso scrittore rivela ne La linea della palma - una sorta di biografia autorizzata sotto forma di dialogo -, solo un incidente gli impedì di perseguire il progetto adolescenziale di iscriversi all'Accademia Navale di Livorno. A ben vedere, è un navigatore mancato che ha voluto ugualmente raccontare "questa voglia inappagata di mare" attraverso avventure e personaggi frutto della sua fantasia.
Simona Demontis
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 6.2.2003
Lirica. A Messina l'opera di Betta tratta dal racconto di Camilleri
Appare "Il fantasma" e la lirica parla siciliano

Se il passaggio dal romanzo alla televisione sembrava del tutto normale, soprattutto per un grande conoscitore del piccolo schermo come Andrea Camilleri, il grande passo sul palco della lirica, francamente era poco prevedibile. Ebbene, proprio da un racconto uscito dalla penna di Camilleri è tratto "Il fantasma della cabina", opera da camera in due atti di Marco Betta che, dopo aver girato alcuni teatri della penisola, arriva in Sicilia con la sola tappa messinese del teatro Vittorio Emanuele, da stasera a domenica, per inaugurarne la stagione musicale diretta da Lorenzo Genitori.
Il libretto è elaborato da Rocco Mortelliti, che è pure regista ed interprete nella parte di Rocco; lo spartito è di Marco Betta, compositore palermitano, ex direttore artistico del Teatro Massimo, già apprezzato dal pubblico di Messina con l´avvincente "Averroè". Dirige l´Orchestra del Vittorio il maestro Fabrizio Maria Carminati.
La storia parla di un commissario, manco a dirlo, dal sicilianissimo cognome Collura, il quale, dopo essersi beccato una pallottola nella pancia, va in crociera per la convalescenza. Qui deve risolvere un caso scoppiato a bordo: una donna asserisce di aver visto un fantasma nella sua cabina. Ne consegue il panico tra tutti i passeggeri; ma, alla fine, Collura smaschera la bufala architettata per arrecare danno alla compagnia navale. A vestire i panni dei personaggi di quest´opera, che si configura come una «modernizzazione» dell´opera buffa settecentesca, ci sono il tenore Luca Canonici (il commissario di bordo Cecè Collura), i soprani Denia Mazzola Gavazzeni (la signora Candida Meneghetti) e Cinzia Rizzone (Stefania Biroli), il baritono Fabio Previati (il comandante), il tenore Danilo Formaggia (Scipio Premuda), il soprano Paola Ghigo (Giorgia), il tenore Leonardo De Lisi (Nunzio Esposito). Il coro è il reggino "Cilea", diretto da Bruno Tirotta. Le scene, i costumi e le luci sono affidati a Italo Grassi.
"Il fantasma della cabina" prelude a una tetralogia di opere tratte dai racconti di Camilleri: il prossimo appuntamento è a luglio, a Siena, con "Il mistero del finto cantante" e "Che fine ha fatto la piccola Irene", sempre con la coppia Betta-Mortelliti.
Carmen Di Per
 
 

Brescia Oggi, 6.2.2003
Presentato ieri il nuovo programma della rassegna del Sancarlino
Dal 10 febbraio gli appuntamenti curati da Roberto Chiarini e divisi in quattro sezioni: «Nuovi stili del noir», «Ventennio italiano», «L’Italia che cambia» e «Saggi & Profili» 
I Lunedì della finanza dei gialli e della storia

Romanzi gialli - fiore all'occhiello è il sorprendente noir di Giorgio Faletti che è in testa alle classifiche di vendita -, dispute storiche, interrogativi economici al cospetto di un nuovo secolo che ha cambiato marcia, libri freschi di stampa, in primis quello del bresciano Massimo Mucchetti, e autori di richiamo. Attualità e temi di sostanza con la leggerezza della conversazione salottiera. L'idea dei Lunedì del Sancarlino rimane sempre la stessa, a cambiare è solamente il cartellone. Il nuovo listino degli appuntamenti promossi dalla Provincia di Brescia e curati da Roberto Chiarini, è stato illustrato ieri pomeriggio in Broletto alla presenza del presidente Alberto Cavalli. Quattro le sezioni che si intersecheranno nel calendario. Si comincia con "Nuovi stili del noir", una sorta di anticipazione, di "civetta" del Festival "A qualcuno piace giallo", che è sempre in evidenza nell'agenda delle attività culturali della Provincia e che quest'anno si terrà in aprile. Lunedì prossimo, 10 febbraio, l'ospite inaugurale sarà Santo Piazzese, «biologo prestato alla scrittura», come ama definirsi lui, dato che il suo mestiere ordinario è quello di ricercatore alla facoltà di Scienze dell'Università di Palermo. Un nome che fino a ieri era stato di nicchia (il passaparola aveva fatto conoscere ed apprezzare "I delitti di via Medina-Sidonia" e "La doppia vita di M. Laurent") e che oggi viene additato, impropriamente, come un Camilleri bis. Entrambi in comune hanno il mistilinguismo raffinato, il "bon vivre", la stessa casa editrice e un debito di riconoscenza con Manuel Vasquez Montalban. Recentemente Piazzese ha pubblicato il suo terzo romanzo, "Il soffio della valanga", che ha come protagonista il commissario Vittorio Spotorno, chiamato a risolvere un duplice omicidio sullo sfondo di trame mafiose.
[...]
NUOVI STILI DEL NOIR
10 febbraio, ore 18, SANTO PIAZZESE «Il soffio della valanga»
intervistato da Beppe Benvenuto
 
 

Musica! (supplemento de La Repubblica), 6.2.2003
Piero Degli Antoni
La verità è un'altra
Fazi, 13 Euro

Dopo la Bologna di Lucarelli, la Sicilia di Camilleri e Di Cara, il Veneto di Carlotto, il giallo italiano si arricchisce di un nuovo paesaggio urbano: la Bergamo di Degli Antoni. Il suo thriller ci porta attraverso una scrittura educata e colta negli angoli più nascosti della provincia italiana, fra ricatti e delitti, sogni in frantumi e traffici loschi, amori e storie torbide di 50 anni fa. L'io narrante, inquieto direttore del quotidiano locale, indaga su un suicidio eccellente ma alla fine esplorerà una parte - inconfessabile - della propria vita.
f.l.p.
 
 

Il Quotidiano, 7.2.2003
Montalbano chiude in bellezza. Arrivederci commissario, buona licenza

Roma - Arrivederci commissario Montalbano. Dopo l'overdose di repliche, Montalbano si congeda dal pubblico. Tornerà in tv non prima di un anno. Sempre che la trattativa con la Rai vada a buon fine e che si trovino spunti dai racconti di Andrea Camilleri. Ieri, con la trasmissione del 'Gatto e il cardellino', ultimo episodio dell'ultima serie replicata a tempo di record, la fiction con Luca Zingaretti tratta dai gialli dello scrittore siciliano ha chiuso in bellezza. Nel periodo di sovrapposizione con la seconda puntata di 'Grande Fratello 3', 'Il commissario Montalbano' ha resistito perdendo di 500 mila spettatori nonostante fosse indubbiamente un pò usurato.
La strategia di repliche ha dato buoni risultati: l'intero ciclo di 10 episodi riproposto su Raiuno ha avuto una media superiore ai 7 milioni, con punte di otto, e il 29% di share. In precedenza, la prima tv su Raiuno dei quattro nuovi episodi aveva avuto il 32,8% con circa 9 milioni e mezzo di spettatori, risultando al terzo posto tra le fiction dell'anno 2002 dopo 'Papa Giovanni' e 'Perlasca'. I primi due episodi, ormai del '99, 'Il ladro di merendine' e 'La voce del violino' hanno avuto ben quattro repliche, tre su Raidue per le quali era originariamente nata e una su Raiuno.
Amato in tutta Italia, visto dalle famiglie e con un'insolita (per la fiction) partecipazione di pubblico maschile, unanimemente lodato dalla critica come prodotto di fattura artigianale, grande cura e qualità, 'Il commissario Montalbano' è ormai così popolare da esser diventato oggetto di turismo cinematografico sui luoghi delle riprese tra cui il duomo di S.Giorgio a Ragusa Ibla, Punta Secca (la terrazza della sua casa), il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli e Modica e le antiche case coloniche del ragusano. Il personaggio ha dato grande popolarità a Luca Zingaretti, corteggiato però anche da altri produttori (Pietro Valsecchi) per altri progetti (tra l'altro una fiction su Giovanni Paolo II). Il destino del 'Commissario Montalbano' è intanto in home video. Quanto ai nuovi episodi la partita è ad oggi aperta. La Rai ha sin dall'inizio legato a sè la fiction con il commissario Montalbano, opzionando i racconti di Camilleri. Dunque il personaggio non può finire alla concorrenza.
Nello stesso tempo, forti del successo ottenuto, anche il produttore della fiction Carlo Degli Esposti e il team artistico (il regista Alberto Sironi, il protagonista Luca Zingaretti, gli sceneggiatori) puntano ad ottenere maggiori ricavi. Un braccio di ferro in cui entrambi giocano le proprie carte consapevoli del valore artistico e commerciale del prodotto. Intanto però per i nuovi episodi ci sono solo ipotesi di sceneggiatura. E si attende a primavera l'uscita del nuovo romanzo di Camilleri sul Commissario Montalbano dopo 'L'odore della notte'. Lo stesso scrittore poi è coautore delle sceneggiature con Francesco Bruni e Salvatore De Mola. «Il futuro di Montalbano è nelle sue mani, speriamo scriva altri bei libri» aveva detto il produttore Degli Esposti che avrebbe in cantiere 'La concessione del telefono' e 'La scomparsa di Patò'.
 
 

Gazzetta del Sud, 7.2.2003
ARTE E CULTURA
Milazzo. Oggi incontro con il regista Mortelliti

MILAZZO – Oggi alle 17 nell'aula magna del liceo Classico di Milazzo l'attore e regista Rocco Mortelliti, librettista dell'opera lirica «Il Fantasma nella cabina» (in scena al teatro «Vittorio Emanuele» di Messina), terrà un incontro dibattito dal titolo «Il gesto e la parola: il lavoro dell'attore». L'iniziativa è a cura del Soroptimist club di Milazzo in collaborazione con la sezione locale Aicc (Associazione italiana di cultura classica) «Manara Valgimigli». Artista poliedrico, Mortelliti ha interpretato e diretto lavori di Pirandello, Molière, Goldoni, Shakespeare e Beckett. Studioso della maschera greca si è specializzato nella commedia dell'Arte recitando al fianco di Ferruccio Soleri (l'arlecchino mondiale) sotto la direzione di Giorgio Strehler. Dopo aver curato la regia di opere liriche come «Il combattimento di Tancredi» e «Il ballo delle ingrate» ha stretto una proficua collaborazione con lo scrittore Andrea Camilleri curando la stesura della sceneggiatura tratta dal romanzo «La scomparsa di Patò» e la «Strategia della maschera». «Il Fantasma nella cabina» con la quale Mortelliti ha debuttato lo scorso 13 dicembre al teatro «Donizzetti» di Bergamo, è la prima delle quattro opere liriche in due atti musicate dal compositore siciliano Marco Betta e tratte dalle avventure del «Commissario di bordo». Si tratta di otto brevi storie scritte da Camilleri e apparse sulla «Stampa» di Torino. Nel 1998 che hanno come protagonista il commissario Cecè Collura amico e collega di Montalbano alle prese su una nave da crociera con un fantasma che metterà scompiglio tra i passeggeri.
Alberto Nania
 
 

Gazzetta del Sud, 7.2.2003
Soprano versatile capace di passare con naturalezza dal belcanto al verismo, Denia Mazzola Gavazzeni...

[...]
Per una fortuita coincidenza Denia Mazzola Gavazzeni affronta in questi giorni a Messina un altro personaggio interpretato da poco da Katia Ricciarelli, la signorina Meneghetti, attrice in pensione dell'opera «Il fantasma nella cabina» di Marco Betta e Andrea Camilleri.
«Io e Katia siamo amiche da sempre - confida il soprano - anche se tra noi c'è una forma di pudore. Nei suoi confronti ho un'estrema ammirazione e lei ha grande stima per me, tant'è che mi ha chiamata per dirmi: sono felice che sia tu a fare la mia Meneghetti».
[..]
os.scor.
 
 

Giallo diVino, 7.2.2003
Ancora Cammellé

A poposito del prossimo Montalbano, qualche tempo fa, ho intervistato Andrea Cammellè, come lo chiamava Leonardo Sciascia, a proposito dello stato di salute del suo commissario dopo i fatti di Genova, ecco la risposta. “Montalbano sta male, si è fogato con di me, perche io continuo a chiedergli spunti per un romanzo e lui mi continua a darmi spunti per racconti. In un romanzo lui dovrebbe mettere in discussione, la sua posizione di poliziotto dopo il G8 e dopo i fatti di Napoli. E’ in una situazione nella quale non ha ancora sedimentato questo tipo di reazione”. Ma lei non aveva detto prima di Genova che avrebbe marcato visita piuttosto che essere comandato al G8? “Ma naturalmente al 98% marcava visita. Anche se il “marcare visita” presupponeva un’intelligenza di ciò che sarebbe accaduto”.
 
 

Massimo Bernardi - A total unnecessary blog, 7.2.2003
L'ho visto e mi ha detto: Montalbano sono

Ieri vedevo Montalbano alla TV. Ho avuto pena per lui, rammarico. Piu' dei criminali hanno potuto le repliche infinite e il dissennato utilizzo come tappabuchi. Infastidito, in un moto d'ira, ho infilato nell'ordine le seguenti azioni: spenta la TV, sfidate pericolosamente le scale, preso l'uscio, e finalmente fuori. Freddo e rabbia devono avermi giocato un brutto scherzo, perche' di li' a poco, mi e' parso d'incontrare proprio lui, il Commissario Montalbano.
M. Minchia, Salvo sei?
CM. Montalbano sono.
M. Salvuzzo che piacere vederti, parlarti. No toccarti no, che siamo tra uomini veri, anche se tu…
CM. Che fai, babbii?
M. Scusa, ma tu con Livia... proprio poco, casomai piu' nelle vecchie serie. Sara' forse perche' quella, Katharina, tedesca è. Poi ci sono tutte le altre, quelle che ci provano, perché non è che non ci provano Salvo. Ma tu più fesso che indefesso, niente, mai.
CM. Che mi viene a significare indefesso? Poi scusa, ma tu che volevi?
M. Niente, darti una pacca sulla spalla, insomma consolarti.
CM. Ti sembro uno macari da consolare, io?
M. Che fai, sempre con una domanda rispondi, proprio poliziotto sei. Comunque, non prendertela se la RAI ti mette ovunque, se c'e' il 'Commissario' ogni volta che bisogna contrastare un programma della concorrenza, se conosciamo tutti gli episodi a memoria, se potremmo suggerirti noi una battuta dimenticata.
CM. Sta storia comincia a rrompermi i coglioni, piglio sonno e m’arrisbiglio, svenno e arrivenno, arriso e chiangiio, nascio e muro.
M. Calmati Salvo, sei anche sfortunato. Il taglio di capelli, ehm, non puo' cambiare piu' di tanto, abiti e 'location' sono quelle, sicche' la RAI specula: ritrasmettiamo 'Il cane di terracotta' e chissenefrega!
CM. Non fare osservazioni intelligenti, che m’avvilisco, e il mio ciriveddro non gira più nel verso giusto.
M. E pensare, caso quantomai raro, che in TV, quasi ti preferisco ai libri. Che quello Zingaretti li, è bravissimo, che la Vigata televisiva e' bellissima. A proposito, ho riconosciuto Noto, Scicli, Santa Croce Amerina, Ragusa Ibla, Modica.
CM. Iee allora?
M. Salvò (come dice Mimi' Augello) dimmi dove cazzo sta casa tua, che un posto cosi' me lo sogno di notte.
CM. Come minchia parli?
M. Anche tu non scherzi.
CM. Talia qui (prendendo dalle tasche un foglio sgualcito). Questo contratto mi impegna a non rivelare i luoghi delle riprese. Spialo ai tuoi amici di blog, muto devo essere.
M. Hai detto blog? Catarella, l'informatico del commissariato, dovrebbe averne uno. Sai che bomba. Ah, digli che l'aiuterei volentieri a fare il tuo sito, neanche quello hanno fatto alla RAI, che se eri in America pure i pupazzini di Aiello facevano.
CM. Perdona la stronzaggine dell’espressione: io andrei.
M. OK, ma quando torni? In TV intendo.
CM. Chiedilo ai consiglieri d'amministrazione della RAI. Quelli oggi ci sono, domani chissa', e io con loro: pare che il prossimo inverno niente TV. Me ne torno nei libri, per fortuna Camilleri non lesina.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 8.2.2003
La prima. A Messina il debutto siciliano de "Il fantasma della cabina", l´opera tratta da Camilleri
Buffa, leggera e scorrevole. Così la lirica si mette in gioco
Il commissario Collura è un fratello minore di Montalbano allergico alle "camurrie"

MESSINA - Il comandante della nave è una camurria, una gran scocciatura, con quella sua mania della forma inappuntabile. Il fantasma che s´aggira per ponti e cabine è anch´esso una camurria perché ha sconvolto la beata ipnosi dei crocieristi. E tutta quanta la crociera è una bella camurria, così falsa e leziosa rispetto alle abitudini di un poliziotto.
Sbuffa infastidito il commissario Cecè Collura, proprio come il suo fratello maggiore Montalbano, costretto da una revolberata alla panza a indagare in una nave da crociera sulle tracce di un improbabile spettro. È "Il fantasma della cabina", il breve racconto di Andrea Camilleri che la musica di Marco Betta e il libretto di Rocco Mortelliti hanno trasformato in un´opera buffa in due atti, in scena stasera e domani al teatro Vittorio Emanuele di Messina, che l´ha coprodotta. Un´operina leggera leggera, dai versi facili e dai suoni carezzevoli che fa ampio ricorso ai dialoghi recitati e alle trovate della farsa, per poi scivolare via con un sorriso sbandierando il vessillo acchiappafolle di Camilleri.
La voce fuori campo, inconfondibile, dello stesso Camilleri, introduce la storia di Cecè Collura, mentre dietro un velo di tulle appaiono i protagonisti pronti a imbarcarsi. E quando la nave salpa le belle scenografie di Italo Grassi mostrano eliche, oblò e ponti passeggeri, sfondo di una storiella che racconta della signora Candida Meneghetti (il soprano Denia Mazzola), attrice in pensione pagata da una compagnia rivale per danneggiare l´immagine della società armatrice della "Marco Polo". Smascherare la bufala del fantasma è un gioco da ragazzi per uno sbirro come Collura (il tenore Luca Canonici) mentre tutt´attorno il coro di crocieristi si rimbecillisce in giochi e animazione come se niente fosse, quasi come un Titanic da operetta. Per una volta i cantanti, a cominciare dal protagonista, sono chiamati a una prova d´attore che sembra divertirli, impegnati come sono in questo misto di prosa e lirica: in scena anche Cinzia Rizzone, Fabio Previati, Danilo Formaggia, Leonardo De Lisi e la pianista jazz Paola Ghigo. Sul podio dell´orchestra del Vittorio Emanuele, il maestro Fabrizio Carminati, la regia è dello stesso Mortelliti. Il pubblico sta al gioco: sorride, applaude e non grida al sacrilegio.
E alla fine è ancora la voce di Camilleri a spiegare che per Collura, innamorato, rilassato e ahilui convocato nel suo ufficio, è in arrivo una nuova camurria.
Mario Di Caro
 
 

Gazzetta del Sud, 9.2.2003
Milazzo
"Prova d'attore" del regista Mortelliti

MILAZZO – Si è presto trasformata in una prova d'attore l'incontro-dibattito che il regista e autore teatrale Rocco Mortelliti (librettista dell'opera lirica «Il Fantasma nella Cabina» in scena fino a stasera al “Vittorio Emanuele” di Messina) ha tenuto venerdì sera nell'aula magna del liceo classico “Impallomeni” di Milazzo su invito del Soroptmist e della delegazione locale Aicc (Associazione italiana di cultura classica) «Manara Valgimigli» dal titolo «Il gesto e la parola: il lavoro dell'attore». Mortelliti, partendo dal concetto che un attore deve stare al servizio del personaggio che interpreta, ha preso a esempio alcune maschere tratte dalla commedia greca la «Samia» di Menandro. Il regista che per l'occasione ha calzato alcune maschere si è soffermato sui gesti e le movenze necessarie per farle vivere e soprattutto farle parlare. «Un attore per interpretare bene un personaggio in questo caso una maschera deve prima di tutto lavorare sul proprio corpo - ha spiegato Mortelliti -. La respirazione, la postura, l'inclinazione del capo, lo sguardo, sono tutti aspetti fondamentali». Altra cosa è il gesto tipico delle maschere che fanno parte della commedia dell'Arte (lo stesso si è specializzato in questa forma di teatro recitando al fianco di Ferruccio Soleri sotto la direzione di Giorgio Strehler). «Il pubblico nella commedia dell'Arte - spiega Mortelliti - va sempre reso partecipe delle azioni che la maschera compie sulla scena. Il rapporto è a tre: fissare l'oggetto, guardare il pubblico, ritornare sull'oggetto». Il regista si è poi infine soffermato sul rapporto tra testo e regia affermando che il testo è un'interpretazione del regista. «Come afferma sempre Camilleri - ha spiegato Mortelliti - il regista ha bisogno di tradire l'autore per essere vicino all'autore. Quando Strehler metteva in scena Beckett, quest'ultimo era molto arrabbiato perché diceva che Strehler non lo rispettava. Quanto ai rapporti tra il regista e l'attore - ha continuato Mortelliti - al contrario di quello che dice Ronconi quando afferma che gli attori sono delle macchine, io prendo invece sempre la parte umana. Voglio che l'attore mi stupisca che mi trasmetta il suo istinto animalesco, mi suggerisca cose nuove, diverse, in più. E' ciò che ho chiesto ai protagonisti dell'opera «Il Fantasma nella Cabina» durante la messa in scena del testo. Tra gli ospiti presenti all'incontro il soprano Denia Mazzola che nell'opera tratta da un racconto de «Il commissario di bordo» di Camilleri interpreta Candida Meneghetti e la giovane musicista Paola Chigo (Giorgia).
Alberto Nania
 
 

La Sicilia, 9.2.2003
Il programma della visita del Capo dello Stato
L'arrivo del presidente Ciampi, una giornata intensa

È tutto pronto per la visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad Agrigento martedì prossimo.
[...]
Nel pomeriggio
[...]
Il presidente, se il tempo a disposizione lo consentirà, andrà al teatro Regina Margherita di Racalmuto, la struttura che è diretta dallo scrittore Andrea Camilleri. Ed a proposito di Camilleri c'è l'iniziativa dell'Associazione degli scrittori agrigentini e del Cepasa di Paolo Cilona che proporrà al presidente della Repubblica di nominare il papà del commissario Montalbano senatore a vita. Lo stesso riconoscimento sarà chiesto anche per il fisico Antonino Zichichi, uomo di scienza e di pace. Ciampi pernotterà in Prefettura e mercoledì mattina in elicottero partirà alla volta di Trapani.
Fabio Russello
 
 

Il Nuovo, 10.2.2003
Camilleri e Zichichi, la Sicilia che conta
Due organizzazioni siciliane chiederanno a Ciampi di "promuovere" lo scrittore e lo scienziato a senatori a vita. Il loro lavoro è motivo d'orgoglio non solo per la Sicilia, ma per il l'Italia intera.

AGRIGENTO - Camilleri e Zichichi senatori a vita? Il papà del Commissario Montalbano e lo scienziato che tanto ricorda Einstein incensati di tanto riconoscimento. E' quello che chiederà al Presidente della Repubblica Ciampi, domani in visita in Sicilia, il Centro Programmazione Azione Sociale e l' Associazione Scrittori Agrigentini, attraverso i Presidenti Paolo Cilona e Nuccio Mula. Nell' istanza si sottolineano ''gli altissimi meriti culturali che, ormai da anni, hanno fatto attestare ai più alti livelli di rinomanza ed autorevolezza in campo internazionale lo scrittore Andrea Camilleri e lo scienziato Antonino Zichichi. Entrambi prestigiosi esponenti non solo dell' impegno intellettuale e civile finalizzato alla promozione socio-culturale del territorio isolano, ma anche della proposizione e della tutela, nel mondo intero, di un'immagine della Sicilia contemporanea adeguata al suo magnifico passato di terra genitrice, da secoli, di geniali protagonisti in ogni branca dello scibile umano''.
 
 

Siciliano.it, 10.2.2003
Agrigento, Camilleri presenta libro con poesie di detenuti

Lo aveva fatto nell'estate scorsa, ripeterà l'esperienza giovedì prossimo, 13 febbraio, per presentare insieme ai detenuti del carcere di contrada Petrusa un volumetto che contiene le poesie che i reclusi hanno dedicato al magistrato Rosario Livatino.
Si tratta di Andrea Camilleri che ha scritto la prefazione del libro. Nel carcere di Agrigento, Camilleri passò una nottata da recluso quando, negli anni della guerra, venne arrestato da militari americani che fecero irruzione nella redazione del giornale «Baciamo le mani.... alla libertà».
«In 'Pensieri senza barriere', la raccolta di poesie scritte da alcuni reclusi della Casa Circondariale 'Petrusa' di Agrigento - scrive Camilleri - ho trovato sempre un pensiero, un sentimento, una pepita che quella poesia rendeva di pregio. E questo non è poco e serve a dimostrare che ogni verso, ogni rigo nasceva da una reale necessità, da un vero bisogno di comunicazione».
«L'importanza di questo volumetto - scrive ancora Camilleri - mi pare risieda soprattutto nel proporsi come canale di conoscenza reciproca tra tutti coloro che, in vesti diverse, si trovano a risiedere e lavorare nella Casa Circondariale, tant'è che il giusto orgoglio di chi questa iniziativa ha voluto promuovere è pari a quello di chi vi ha concorso con uno o più scritti. Tutte le poesie sono a metà anonime dato che sono firmate col solo nome e con la lettera iniziale del cognome: quindi il valore di ogni poesia è doppio perchè non tende a soddisfare una personale ambizione, ma si propone come entusiasta partecipazione ad un coro complesso e variato». «Ed è proprio questo aspetto di sentimento collettivo e di emozione condivisa - conclude Camilleri - a fare di Pensieri senza barriere un documento palpitante di umanità».
 
 

Corriere della sera, 10.2.2003
IL LIBRO
Venti voci per un Sud
AA. VV. Nel Sud senza bussola a cura di G. Fofi e A. Leogrande, L’Ancora del Mediterraneo, pagine 245, 16

L’obiettivo è forse un po’ ambizioso: «ritrovare l’orientamento» rispetto a «un Sud senza bussola». Ma il tentativo è interessante: informare, interpretare e anche giudicare, incrociando temi e discipline lontane come i «fondi strutturali europei» e il cinema, la crisi delle banche e la letteratura. L’Ancora del Mediterraneo, piccola e prolifica casa editrice di Napoli, pubblica un volume «a venti voci». Venti brevi saggi, diversi e talvolta contraddittori, tenuti insieme dagli interrogativi posti nel capitolo introduttivo, firmato dallo scrittore Giovanni Russo.
[...]
Da segnalare, infine, i capitoli sulla letteratura (curato da Marcello Benfante) e sul cinema (Emiliano Morreale). Nel primo si esplorano «le due anime più autenticamente valide della narrativa meridionale», cioè «la realista» e «la fantastica». In questo quadro può far discutere la stroncatura delle opere di Camilleri («la marcia trionfale del camillerismo»). Scelte precise anche sul cinema: no al modello «semplicistico» delle Piovre, sì «al folgorante percorso» dei registi Ciprì e Maresco. Chiude Goffredo Fofi, con poche pagine dedicate all’«omologazione» di un Sud «che ha dimenticato il buono della sua differenza, nella furia di diventare uguale».
Giuseppe Sarcina
 
 

Giornale di Brescia, 10.2.2003
Il giallo colto di Santo Piazzese apre i Lunedì del San Carlino

«Nuovi stili del noir» è la sezione che dà l’avvio alla nuova serie dei Lunedì del San Carlino organizzati dalla Provincia e coordinati dal prof. Roberto Chiarini. Una sezione che segue le orme di «A qualcuno piace giallo» e intende offrire due esempi eccellenti di un genere che, salvo rare eccezioni, ha solo da poco acquisito vera e propria dignità letteraria. A torto considerato "minore", il giallo, il noir e il poliziesco in tutte le sue sfaccettature diviene sempre più spesso il pretesto per veicolare attraverso una trama avvincente e un’angolazione (ancora) insolita aspetti e contraddizioni di realtà sociali sempre più complesse e contraddittorie, restituendone atmosfere e umori, benessere e malesseri. Ed è il caso di Santo Piazzese, raffinato autore siciliano che oggi pomeriggio, alle 18, inaugura la serie; e di Giorgio Faletti, autentica rivelazione in testa alle classifiche di vendita con «Io uccido», atteso al San Carlino per il 10 marzo. Ad intervistare Santo Piazzese sarà Beppe Benvenuto, responsabile culturale del quotidiano «Il Foglio», docente all’Università di Palermo e allo Iulm di Milano, oltre che consulente della casa editrice Sellerio. Ed è proprio da Sellerio che Piazzese, biologo "prestato alla scrittura", come ama definirsi, ha pubblicato i suoi tre romanzi di successo: «I delitti di via Medina-Sidonia», «La doppia vita di M. Laurent» e, ora, «Il soffio della valanga». Nato a Palermo nel 1948, dove vive e lavora come ricercatore alla Facoltà di Scienze, Piazzese con i suoi romanzi e numerosi racconti, ha guadagnato un posto nell’antologia Portes d’Italie, dedicato agli autori italiani di noir, pubblicata da Fleuve Noir nel 2001, e prestigiosi premi in Italia e all’estero. L’esordio come scrittore avviene nel 1996, quando Piazzese presenta all’editore Sellerio, in pieno ciclone Camilleri, un romanzo che ha nel cassetto da più di dieci anni: I delitti di via Medina-Sidonia. Protagonista è il raffinato e ironico Lorenzo La Marca, professore di biologia single e dandy. Il romanzo gode subito di grande fortuna: conta ben undici ristampe, nel 1997 vince il Festival del Primo Romanzo a cura del Salone del Libro di Torino e del Festival du Premier Roman di Chambéry, e nel 1998 viene pubblicato in Francia da Fleuve Noir. Anche il secondo libro, La doppia vita di M. Laurent, uscito a due anni di distanza dal primo e come il primo caratterizzato dalla presenza del detective-biologo, ha grande successo: nove edizioni, traduzioni in Francia e Germania e un progetto di sceneggiatura per un film-tv già in corso d’opera. I romanzi di Piazzese sono noir metropolitani ambientati a Palermo, ricchi di inflessioni dialettali e di ricostruzioni delle atmosfere locali. Ed è in questo diverso ambiente che Piazzese marca la distanza da Andrea Camilleri. Anche se frequenti e inevitabili sono i rimandi: entrambi siciliani, scrittori di gialli con riferimenti al lessico locale e al "bon vivre", una casa editrice in comune... Le somiglianze però finiscono qui. «Il soffio della valanga» (Sellerio, 2002) è il suo terzo romanzo, un poliziesco raffinato ed elegante. Cambia personaggio e Piazzese cambia stile, mostrando un’abilità davvero notevole. Grazie ad un sottile gioco di coincidenze, evoca in una sorta di controcanto i primi romanzi e il loro protagonista. Stavolta Lorenzo La Marca fa capolino nelle pagine del libro solo come comparsa per lasciare la scena al commissario Vittorio Spotorno, che da personaggio secondario nei romanzi precedenti sale al proscenio. Appuntamento da non mancare, quello di oggi pomeriggio al San Carlino.
 
 

TG1, 11.2.2003
Ciampi nomina cavaliere Zingaretti e grande uff. Camilleri
Cliccare qui per vedere il video
 
 

La Repubblica, 11.2.2003
Ultimora. Roma, 11:07
Ciampi nomina cavaliere Zingaretti e grande uff. Camilleri

Carlo Azeglio Ciampi ha nominato Cavaliere al merito della Repubblica Luca Zingaretti, l'attore che interpreta il personaggio del commissario Salvo Montalbano della fortunata serie televisiva tratta dai romanzi dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, al quale il Capo dello Stato ha invece conferito una onorificenza di grado più alto, quella di grande ufficiale.
I prestigiosi riconoscimenti saranno consegnati oggi dal Presidente della Repubblica in visita ad Agrigento.
(red)
 
 

La Repubblica, 11.2.2003
Ciampi premia Montalbano

Montalbano sono. E pure cavaliere. Si arricchisce il biglietto da visita del commissario più famoso d'Italia: il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha infatti insignito l'attore Luca Zingaretti dell'onoreficenza di cavaliere al merito della Repubblica. Mentre il creatore del personaggio, lo scrittore Andrea Camilleri, diventa grande ufficiale. I riconoscimenti sono stati consegnati oggi dal capo dello Stato in visita ad Agrigento.
Un "premio" istituzionale, dunque, all'attore e al personaggio. A Luca Zingaretti, ormai "condannato" ad incarnare, in bilico tra finzione e realtà, il celebre commissario di Vigata, e a Montalbano medesimo, protagonista della fortunata serie televisiva che ha risollevato le sorti degli ascolti Rai nell'ultima stagione. L'orgia di repliche, riproposte in tv a brevissima distanza dalla prima messa in onda, ha riconfermato l'alto gradimento del pubblico: l'ultimo episodio, "Il gatto e il cardellino", trasmesso giovedì scorso in prima serata, ha registrato ben 6 milioni 470mila telespettatori, sostenendo egregiamente il confronto con la seconda puntata del "Grande fratello". L'intero ciclo di 10 episodi, riproposto su RaiUno, ha avuto una media superiore ai sette milioni di ascoltatori, con punte di otto, e il 29% di share.
Ma se il bavero di Montalbano si impreziosisce con la medaglia di cavaliere, quello del "papà" del commissario, Andrea Camilleri, pesa ancora di più. Il presidente Ciampi gli ha conferito infatti il titolo di grande ufficiale, ulteriore consacrazione che si aggiunge a quella del successo letterario: solo in Italia sono state vendute circa cinque milioni di copie dei romanzi con protagonista il commissario Montalbano.
Un premio "inaspettato": così Luca Zingaretti ha commentato l'onoreficienza ricevuta dalle mani del presidente della Repubblica; "mi ha fatto molto piacere - ha aggiunto - anche perché sono stato cresciuto da mia nonna, che adesso non c'è più, con un senso dello Stato e della patria molto forte, quindi ricevere un'onoreficienza non pensavo che mi commovesse a tal punto". Alla domanda su che cosa gli avesse detto il capo dello Stato al momento della consegna, l'attore ha risposto: "Solo complimenti. Del resto è già troppo".
Amata da Nord a Sud, lodata dalle critiche come prodotto di grande fattura artigianale, la serie televisiva è diventata così popolare da trasformare in oggetto di turismo cinematografico i luoghi delle riprese: il duomo di san Giorgio a Ragusa Ibla, Punta Secca (la splendida terrazza della casa di Montalbano), il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli e Modica e le antiche case coloniche del ragusano.
La cerimonia di consegna delle onoreficenze si è svolta oggi presso il teatro comunale "Luigi Pirandello" di Agrigento, dove però anche un "vero" vice questore ha ricevuto il prestigioso riconoscimento: si tratta di Michele Moretti, che nel settembre scorso salvò alcuni extracomunitari naufragati al largo delle coste della Sicilia.
 
 

l'Unità, 11.2.2003
“Teatri, riaprite le porte alla Sicilia”

La riapertura di un teatro come simbolo di una Sicilia che funziona, di una comunità che con volontà ferrea vuole dare di sé una rappresentazione positiva nel palcoscenico della storia. Andrea Camilleri, partendo dalla riapertura del teatro di Racalmuto, del “teatro di Sciascia” – lo scrittore ne è il direttore artistico – parla dell'arduo mestiere del teatro nella cultura dell'isola, ricorda Turi Ferro, dibatte di Pirandello e Sciascia. E di Eduardo De Filippo. Camilleri racconta: “C'è stato una sorta di censimento sui teatri siciliani chiusi. Tali strutture nell'isola mediamente vanno dai 150 ai 400 posti. I teatri chiusi sono ben 258. Naturalmente la domanda che uno si fa è: se questi teatri fossero tutti riaperti, non avremmo la possibilità di offrire alle compagnie una stagione che si esaurirebbe tutta in Sicilia? Ci sarebbero le condizioni per fare cultura teatrale e dare lavoro a molte compagnie. Ma purtroppo non è così. Il fatto è che questi teatri c'erano, ora no. Il che è sconfortante”.
Che fine hanno fatto?
"In passato molte strutture teatrali sono state trasformate in cinematografi. Ma quel che mi preoccupa è che gli attuali 258 teatri chiusi possono diventare qualsiasi cosa, anche dei garage. In questo panorama mi sembra estremamente importante che a Racalmuto dopo quarant'anni il teatro venga riaperto. Il teatro come luogo laico di interscambio culturale e sociale. Vede, a Racalmuto, cittadina in provincia di Agrigento, il teatro può diventare anche il luogo primario di raduno della cittadinanza. Sto parlando anche di formazione. Formazione di un pubblico che da quarant'anni non è più abituato ad avere una struttura simile. Formazione degli attori, ma soprattutto del personale tecnico del teatro. Non a caso, partirà con l'inaugurazione del teatro un'attività di scuole di formazione: dagli attori al personale tecnico, cioè a dire sarti, macchinisti ed altre figure che rischiano di scomparire. Vogliamo creare delle specializzazioni in un campo dove queste cominciano a mancare. La nostra aspirazione è che i giovani vadano a lavorare nei più importanti teatri italiani. Noi intendiamo creare le condizioni per la crescita di un qualificato personale tecnico teatrale".
Questa sua intenzione sa tanto di bottega artigiana...
"Esatto. Poiché i mestieri del teatro sono artigianali, si apprendono come nelle botteghe dei grandi maestri. La cosa che mi conforta è che abbiamo già una notevole quantità di iscrizioni. Il che vuol dire che la gente vuol intraprendere questa attività, ma trova difficoltà a farlo".
Una filosofia per la quale il teatro non è solo “scena”: è collegato alla vita quotidiana.
"Sempre in quest'ottica abbiamo bandito un concorso per autori drammatici sotto i 40 anni. Autori che scrivono il testo in lingua italiana, dunque anche autori non italiani. Questo perché abbiamo esempi di scrittori stranieri, extracomunitari, che si sono affermati nella letteratura, scrivendo in italiano".
Qual'è il tema del concorso?
"Il tema del concorso è la giustizia. Poiché era uno dei punti dolenti sui quali Sciascia si è interrogato ed ha scritto cose
importanti. Anche questo lo abbiamo fatto in sua memoria. La particolarità di questo concorso è che non ha un premio in denari. Perché un premio anche di dieci milioni non consente ad un regista di mettere in scena un nuovo lavoro. E allora abbiamo deciso che il vincitore verrà rappresentato, con una compagnia di prim'ordine, l'anno seguente. E' il miglior premio per un autore drammatico, veder la propria opera in scena. La giuria è formata dal critico Antonio Di Grado, dal musicologo Giambrone, dal professore Natale Tedesco, da me".
Come si svolgerà l'inaugurazione?
"I due giorni di inaugurazione, 14 e 15 febbraio, sono in realtà la festa del teatro. Si inaugura con una serata dove c'è l'orchestra di Franco Ferrara. Poi ci sono la Dandini, la Marchesini, Mariella Lo Giudice, la giovane attrice Tiziana Lodato, una miscellanea, nella quale ognuno recita una cosa. La mattina dopo si esibirà il coro polifonico di Racalmuto. La sera, il tenore Vincenzo La Scola racconterà una sorta di storia del melodramma italiano, cantando arie celebri e- questa è l'originalità – sarà accompagnato da un chitarrista. Debbo dire, che non avrei potuto organizzare tutte queste cose, senza l'aiuto di Gaetano Savatteri e del regista Giuseppe Di Pasquale".
E il cartellone?
"Ci saranno Ida Carrara, Fabrizio Bentivoglio, Mariano Rigillo, il ricordo di Turi Ferro, la messinscena della Controversia Liparitana di Sciascia ed un giorno di letture che riguardano Le parrocchie di Regalpetra con attori quali Brogi e Burruano. Ed altro ancora. In ogni testo ha larghissima importanza la musica. La musica come battuta teatrale è una scelta strategica. La musica è diretta e immediata ed aiuta la comunicazione. Ciò rientra nella nostra filosofia di un teatro non elitario, ma di divulgazione. Abbiamo pensato ad una apertura all'esterno, con delle possibilità che verranno date alle altre realtà teatrali della provincia agrigentina".
Come scopritori di talenti?
"Certo, vogliamo dare opportunità ai giovani".
Il rapporto fra teatro e letteratura in Sicilia?
"Il rapporto fra teatro e letteratura è sempre stato abbastanza altalenante. Vi sono stati comunque grandi periodi per il teatro siciliano. Si pensi a Verga, Musco, Martoglio, Grasso. Certo, bisogna dire che fra teatro e letteratura vi è sempre stata una sorta di diffidenza. Con Pirandello le cose sono iniziate a cambiare. Anche se è opportuno ricordare che il teatro siciliano, per fare un esempio alto, era già uscito dai confini regionali, con Verga. Si pensi alla rappresentazione di Cavalleria rusticana a Torino con la Duse".
Definiva prima il teatro come mestiere.
"Dare una definizione di teatro è difficile. Potrei dire: il teatro come “mestiere” prima che come arte".
Anche i grandi teatri, come il Massimo di Palermo, hanno avuto problemi. Polemiche che rimbalzano sui media...
"Tutti i teatri hanno problemi, i costi di gestione sono piuttosto elevati. Il cinema ha costi minori. Pensi al teatro di Racalmuto. E' stato chiuso per quarant'anni. I lavori di ripristino sono durati venti anni. Hanno subìto una accelerazione negli ultimi tempi, con due sindaci del centrosinistra. Vede, il teatro non è solo un edificio, occorrono speciali precauzioni, bisogna rispettare in maniera rigorosa le norma dell'Unione Europea. Anche del tipo di riscaldamento. E' un sistema complesso. Riaprire un teatro è una meta che può essere raggiunta solo con una volontà determinata. A Racalmuto, l'impegno del sindaco Restivo è stato fondamentale, ma è l'intera collettività che l'ha voluto. Non a caso, la mia nomina a direttore artistico è stata votata all'unanimità. Sono andato al consiglio comunale di Racalmuto ed anche l'opposizione di centrodestra ha voluto e votato la mia nomina. Una cosa che mi ha fatto enormemente piacere, non per vanagloria, ma perché è stata la volontà di tutta la cittadinanza. Che ha voluto porre le condizioni per riaprire e far decollare subito il teatro".
E' attesa la visita del Presidente della Repubblica?
"Diciamo che ce lo auguriamo. Guardi, non è che mi aspetto che venga al momento del taglio del nastro o che stia due ore per lo spettacolo. Ritengo che sarebbe un segno importante la sua presenza per questa iniziativa dal valore culturale e sociale".
I siciliani sono un popolo teatrale?
"Quando Sciascia riferisce del tragediatore, indica che ogni siciliano recita una parte. Lo stesso Pirandello seppur in forma più raffinata, diceva che ognuno si costruisce una maschera. Parlava di una costruzione teatrale che è tipica dei siciliani. Ma vede, è un carattere fondamentale del nostro popolo, che in fondo è barocco. Ma non è un puro artificio, è una cosa spontanea, genuina. L'ultima volta che ho vista fare commedia dell'arte, è stato allo Stabile di Catania trent'anni fa. Turi Ferro faceva una farsa siciliana di Giusti e le situazioni cambiavano di sera in sera. Un'improvvisazione fantastica, geniale. Addirittura una sera un attore passava di lì e venne immesso nella commedia, sostenne una piccola scenetta. In quelle sere ho capito cos'era la vera commedia dell'arte".
Qualcuno ha detto: Turi Ferro è stato il teatro.
"Concordo pienamente. Ferro è morto recitando. L'ultima cosa che recitò è stata la riduzione, fatta da me, di una novella di Pirandello. Poi dovette interrompere, e non recitò mai più. Sì, Turi Ferro è stato il teatro. Così come Eduardo".
Qual'è il suo ricordo di Eduardo?
"Ho lavorato con Eduardo, ed in sei mesi di convivenza intellettuale con lui ho imparato assai di più di quanto avessi assimilato durante i miei studi. Ed avevo già alle spalle l'Accademia, ero stato aiuto regista di Orazio Costa. Vede, il nostro è un mestiere di ladri, come tutti i lavori artigianali. Come nelle botteghe rinascimentali si apprendeva l'arte, in Sicilia, terra di grandi maestri artigiani, si diceva che i giovani “te rubbavuno” il mestiere".
Salvo Fallica
 
 

Corriere della sera, 11.2.2003
Primo giorno sull’isola: «La mafia si combatte con lo sviluppo»
Ciampi incontra operai e terremotati «Siciliani, non dovete mai abbattervi»
Da Stromboli a Termini Imerese. A Palermo i parlamentari del centrodestra contro il rettore

[...]
Un viaggio che punta a sottolineare la Sicilia più semplice e più nobile. La stessa che il presidente incontrerà oggi ad Agrigento dove lo aspetta Andrea Camilleri, pronto ad accompagnarlo a Racalmuto, nel paese di Leonardo Sciascia.
Felice Cavallaro
 
 

La Sicilia, 11.2.2003
Racalmuto
Da oggi in vendita i ticket per l'apertura del teatro

La Fondazione del Teatro «Regina Margherita» di Racalmuto informa che da oggi saranno in vendita i biglietti per lo spettacolo del tenore Vincenzo La Scola, in programma sabato 15 febbraio, ed anche gli abbonamenti della stagione. 
I biglietti potranno essere acquistati direttamente presso un'agenzia locale ubicata in piazza Umberto I a Racalmuto, dalle ore 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. Intanto, nei giorni scorsi è arrivato il parere favorevole per quanto riguarda il collaudo dei Vigili del Fuoco. Entro questa settimana arriverà al Teatro la Commissione di vigilanza sui pubblici spettacoli per il parere definitivo. Finalmente la struttura teatrale apre i battenti dopo che per ben due volte l'inaugurazione è stata posticipata per vari problemi legati proprio ai collaudi, soprattutto quelli statici. Per l'inaugurazione si spera sempre nella presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che è stato invitato direttamente dal direttore artistico del «Regina Margherita», Andrea Camilleri che già da qualche giorno è tornato a Porto Empedocle proprio per preparare al meglio l'inaugurazione.
Dovrebbero arrivare come ospiti d'onore Anna Marchesini e Luca Zingaretti, il Commissario Salvo Montalbano della serie tv.
G. R.
 
 

La Sicilia, 11.2.2003
Poesie da «Petrusa», ristampato il libro

La ristampa del libro di poesie dei detenuti del carcere di contrada Petrusa di Agrigento dal titolo «Pensieri senza barriere» è pronta. Andrea Camilleri, ha mantenuto la promessa: il libro ha una sua introduzione. Anche la Provincia regionale è stata di parola ed ha contribuito a ristampare il libro in una versione più elegante. Giovedì 13 febbraio prossimo nella biblioteca dell'Istituto di pena, il libro in nuova veste, sarà presentato alla presenza del direttore generale dell'Ufficio detenuti, Sebastiano Ardita, del nuovo provveditore regionale Orazio Faramo, dello scrittore empedoclino, Andrea Camilleri, e dell'assessore alla Legalità Paolo Ferrara. Nel pomeriggio, una delegazione con in testa la direttrice del «Petrusa», Laura Brancato, si recherà a consegnare una copia del libro al papà del giudice canicattinese Rosario Livatino.
G. R
 
 

Giornale di Brescia, 11.2.2003
Al Sancarlino lo scrittore del noir alla siciliana: al terzo romanzo compare la mafia
Santo Piazzese: non sono l’anti Camilleri

A fare da sfondo anche alla sua terza prova d’autore è la Palermo dei nostri giorni, che si consuma fra il traffico delle strade, le inflessioni dialettali e le ricostruzioni delle atmosfere locali. Questo accadeva anche nei due romanzi d’esordio («I delitti di via Medina-Sidonia» e «La doppia via di M. Laurent) e, nel recente «Il soffio della valanga» (edito da Sellerio), Santo Piazzese torna a cimentarsi, e con successo, con il «noir metropolitano»: molti ingredienti classici, un tocco di humour e, per la prima volta, una storia che rimanda direttamente alla piaga mafiosa. Fatto imprescindibile per un autore siciliano, tanto che lo scrittore può dichiarare: «In un certo senso i miei due primi libri sono stati un alibi per arrivare al terzo». Inevitabile l’accostamento a Camilleri, magari nella chiave non dell’analogia bensì di una contrapposizione (qualcuno l’ha descritto infatti come l’anti-Camilleri)? Niente di più inesatto. Piazzese, pur dichiarandosi «grandissimo estimatore» del creatore di Montalbano, tiene a precisare che i loro registri narrativi sono «profondamente diversi per stile, mentalità, personaggi». Lo ha affermato lo scrittore al teatro Sancarlino, dove è stato intervistato da Beppe Benvenuto, responsabile culturale del «Foglio» e consulente editoriale di Sellerio, per il nuovo ciclo dei Lunedì coordinato da Roberto Chiarini, e che ha preso il via con la sezione Nuovi stili del Noir (il prossimo appuntamento della serie sarà il 10 marzo con Giorgio Faletti, intervistato ancora da Beppe Benvenuto e da Maria Rosa Mancuso, mentre lunedì 17 febbraio Aldo Alessandro Mola e la sua «Storia della monarchia italiana» inaugureranno gli incontri di Ventennio italiano). In apertura Chiarini ha illustrato la stagione, che si articola in 4 filoni dedicati rispettivamente alla letteratura gialla, alle trasformazioni dello Stato liberale, al mondo economico-finanziario, ai personaggi della storia italiana. Spiega Piazzese, riferendosi alla scelte che hanno guidato l’ultimo lavoro: « Tutti gli scrittori del secondo dopoguerra hanno dovuto confrontarsi con la realtà della mafia. Provo rispetto per la figura quasi paterna di Sciascia, che è stato il primo a parlarne in termini così espliciti da essere attaccato dall’establishment del periodo. Arrivato a questo punto, anch’io dovevo misurarmi con il problema: non era ammissibile che uno scrittore palermitano per la terza volta girasse la testa dall’altro lato ». E, a proposito del genere adottato, aggiunge: «Prima dell’esplosione di Camilleri, in Italia la maggior parte della critica letteraria "togata" sosteneva che il giallo è un genere letterario di serie B. Non sono d’accordo: per me esistono soltanto una buona e una cattiva letteratura». Santo Piazzese, biologo prestato alla scrittura, come ama definirsi (è tuttora ricercatore alla facoltà di Scienze della sua città), parla degli inizi poco convinti con un romanzo lasciato nel cassetto per molti anni e continuamente rimaneggiato, del rapporto mai univoco fra lo scrittore e i suoi personaggi, destinato a rivelarsi tanto più pericoloso e nevrotizzante quanto diventa reiterato. «Proprio perché non sono uno scrittore di professione - sottolinea Piazzese -, posso permettermi il lusso di abbandonare il personaggio seriale senza preoccuparmi entro certi limiti delle reazioni del pubblico». Ne «Il soffio della valanga» il commissario Vittorio Spotorno (già apparso in precedenza, ma sempre con un ruolo secondario) si sostituisce nelle vesti di protagonista a Lorenzo La Marca, il detective che aveva accompagnato la soluzione degli altri misteri palermitani e nel quale sono ravvisabili evidenti tratti autobiografici: «Ci piacciono la stessa musica e gli stessi film, abbiamo lo stesso schema di interazione con le persone e con la società; a parte questo - ironizza lo scrittore - nessun altro punto di convergenza».
Anita Loriana Ronchi
 
 

Il Mattino, 12.2.2003
Dopodomani a Galassia Gutenberg il racconto registrato dello scrittore siciliano
Camilleri: il mio Montalbano deve molto a Maigret

Salvo Montalbano come il commissario Maigret. C’è un’affinità elettiva tra il popolare personaggio dello scrittore siciliano Andrea Camilleri e il protagonista dei romanzi di Simenon: lo confida Camilleri stesso, che dopodomani a Napoli, nell’ambito di Galassia Gutenberg, racconterà con un intervento registrato la sua esperienza per il Maigret televisivo. «Quando scrivo un romanzo poliziesco - ammette il «papà» di Montalbano -, il modello a cui mi ispiro è quello del commissario Maigret. Il mio poliziotto siciliano è un uomo libero che ama la vita proprio come Maigret». Andrea Camilleri ha confessato il suo debito nei confronti dei libri gialli del celebre scrittore francese di origine belga Georges Simenon in un’intervista a «Lire», rivista letteraria francese, concessa nell’ottobre del 2001.
Il commissario Salvo Montalbano - protagonista dei popolari romanzi di Camilleri che hanno venduto complessivamente solo in Italia oltre 4,5 milioni di copie - è «una persona normale, non un superuomo, come lo è proprio il Maigret di Simenon», afferma Camilleri. Lo scrittore siciliano racconta di aver cominciato a leggere Simenon «piuttosto giovane, senza sapere però che l’autore era lui, perchè i racconti erano firmati Georges Sim. All’epoca era pubblicato da un bimestrale molto popolare in Italia che acquistava mio padre». Solo successivamente Camilleri scoprì che si trattava di Simenon e quindi decise di leggere tutta la saga di Maigret pubblicata da Mondadori. Ma che cosa apprezza lo scrittore siciliano delle trame poliziesche ordite da Simenon? «In alcuni romanzi - afferma Camilleri - Maigret arriva a conclusioni differenti da quelle a cui l’inchiesta doveva portarlo. Questa libertà dell’indagatore mi ha sempre affascinato. Io credo che è questo aspetto della libertà che mi ha più influenzato e che io ho preso in particolare in prestito da Simenon quando ho cominciato a creare il mio personaggio di Salvo Montalbano».
 
 

Il Mattino, 12.2.2003
Da Ciampi l’onorificenza a Zingaretti. E Camilleri diventa Grand’Ufficiale

Il commissario vero e quello finto si mischiano tra la folla, il primo in divisa che veste incredulo i panni dell’eroe, il secondo in imbarazzo per quel titolo meritato a colpi di inquadrature. Ma comunque più che contento di riceverlo. E cerimoniale vuole che i due, quello vero Michele Moretti, e quello falso Luca Zingaretti-Montalbano, si siedano accanto aspettando che tocchi il loro turno. Poco distante, Andrea Camilleri si guarda intorno, in questo teatro Pirandello di Agrigento dove il presidente della Repubblica Ciampi ha deciso di conferire a lui il titolo di Grand’Ufficiale e a suo «figlio» Zingaretti-Montalbano quello di Cavaliere. Motivo di giubilo per tutti: per Agrigento dove è nato Camilleri, per i paesi della provincia di Ragusa dove si gira la fiction per la Rai che l’ha prodotta. E per la stessa Rai: «Ringraziamo il Presidente Ciampi per le onorificenze concesse al grande scrittore Andrea Camilleri e al bravissimo attore Luca Zingaretti, perchè costituiscono un’autorevole conferma dello straordinario successo ottenuto dalle fiction tv su Montalbano, che sono uno dei tanti prodotti di qualità offerti dalla Rai al pubblico italiano», ha scritto il presidente dell’azienda Antonio Baldassarre. E così il «Contento sono» scandito da Zingaretti diventa «contenti siamo».
Ma la vera ovazione, Agrigento la riserva all’inventore del commissario, Andrea Camilleri: pubblico in piedi ad applaudire. Lui si commuove: «Mi sento orgoglioso come siciliano, e sono emozionato perché non me l’aspettavo». Poi annuncia il prossimo libro della saga, «Il giro di boa», che uscirà a marzo.
Tra loro, confuso tra la folla a fine cerimonia, c’è l’«eroe», il poliziotto vero, diventato commendatore. È il vice questore aggiunto di Agrigento, Michele Moretti. Nello scorso settembre salvò alcuni immigrati che tentavano di sbarcare sulle coste della Sicilia su un «carretta» del mare che si era arenato sugli scogli vicino alla spiaggia di Realmonte. «È stato un impeto, dice. Mi sono gettato in mare per istinto, non posso dire se lo rifarei un’altra volta». Raccontano che non esitò un attimo a gettarsi in mare nell’oscurità, che fu testardo «contribuendo attivamente al salvataggio di 47 naufraghi». Per questo Ciampi ha voluto dargli quell’onoreficenza «motu proprio».
Ma c’è un’altra star nella giornata agrigentina, ed è la signora Franca Ciampi. «Venga, venga Camilleri. Faccia vedere questo bel giovanotto», ha detto rivolta allo scrittore la moglie del presidente, durante la visita nel teatro Comunale Regina Margherita di Racalmuto, da poco restaurato. Guardando il teatro, donna Franca ha esclamato: «Oh, che delizia, questo posto è veramente molto carino». Poi, chiacchierando con Camilleri e la moglie dello scrittore: «Come si sta bene qui», ed offre una caramella al papà di Montalbano. Quando da lontano le indicano di avvicinarsi al marito per guardare le bellezze del teatro, donna Franca dice: «Lo vedi Camilleri, non si può stare mai in pace».
Filippo D’Arpa
 
 

Il Mattino, 12.2.2003
Onorificenza del Presidente della Repubblica a Camilleri e Zingaretti
Montalbano diventa cavaliere

In un momento così difficile, pieno di tensione e minacce di guerra, ecco finalmente una notizia positiva, che farà felici equamente gli appassionati dei libri e della televisione: il presidente della Repubblica Ciampi ha premiato con il titolo di Grand’Ufficiale al merito della Repubblica lo scrittore Andrea Camilleri e con la dignità di Cavaliere anche l'attore Luca Zingaretti, interprete principale delle sue storie nelle serie televisive, che si sono succedute con grande successo negli ultimi anni. Sembra una notizia positiva, ripetiamolo, ma non così eccezionale.
In fondo i presidenti della Repubblica hanno ereditato dai vecchi re e questi dagli antichi costumi feudali l'abitudine di «creare» cavalieri, commendatori e grandi ufficiali. Senonché col passar del tempo le nomine non riguardano più tanto i valorosi guerrieri e premiano piuttosto artisti e uomini di spettacolo (oltre che naturalmente burocrati, politici, uomini d'affari). Anche in Italia dobbiamo ricordare Eduardo De Filippo nominato senatore a vita e moltissimi altri artisti variamente decorati.
E però c'è qualcosa di nuovo e di interessante in queste decorazioni, e cioè la concomitanza fra il premio assegnato all'autore e quello dell'interprete. Secondo le tradizioni della cultura letteraria per cui l'autore è il vero creatore, Camilleri riceve un grado più alto di Zingaretti; ma i due sono festeggiati assieme. E non si tratta di sottolineare l'importanza della traduzione televisiva per il successo dei romanzi dello scrittore siciliano (che in effetti, grazie al piccolo schermo, ha enormemente aumentato la sua popolarità, che però esisteva già prima): la prova ne è il fatto che accanto allo scrittore il premiato non è un regista o un produttore, ma l'attore. Anzi, il personaggio: perché i grandi mezzi di comunicazione, le agenzie di stampa, il televideo e anche i telegiornali hanno raccolto la voce popolare intitolando le loro cronache sulla decisione del presidente Ciampi scrivendo che era stato premiato proprio il commissario Montalbano.
Zingaretti, insomma, è bravo, bravissimo. Ma quel che è stato festeggiato da Ciampi è un commissario di polizia, di cui sappiamo molto: il suo gusto per il cibo e la lettura, la sua sicilianità, il suo considerarsi «uno sbirro», la sua eterna fidanzata, quel cuore grande ma sempre nervoso. E naturalmente i successi nella lotta alla criminalità. Montalbano naturalmente non esiste, lo sappiamo tutti, anche se nel sito dei suoi fan risponde a viva voce a un'intervista in parallelo con il suo autore. E però risponde ad alcuni caratteri che ne fanno un personaggio da amare per gli italiani, il nostro Maigret o Sherlock Holmes. È stato dunque premiato un personaggio, prima che l'autore o l'attore che hanno contribuito a dargli corpo e parole, portandolo nella casa di tutti gli italiani. È un segno del tempo, da accettare volentieri. In fondo, se esiste un museo di Sherlock Holmes, una croce di cavaliere Montalbano se la merita proprio.
Ugo Volli
 
 

Il Mattino, 12.2.2003
Non nasconde l'emozione l'interprete della popolare fiction
L’attore: la mia nonna patriota sarebbe contenta

«Contento sono»: Montalbano-Zingaretti commenta così, alla maniera del commissario di Vigata, l’onoreficenza ricevuta ieri dalle mani di Ciampi. Una battuta forse scontata, ma che fa sorridere tutti, alla fine della cerimonia del teatro Pirandello, quando l’attore viene «assaltato» dai giornalisti. «Sono contento - torna serio Zingaretti - di avere ricevuto l’onorificenza insieme a Camilleri. Sembra naif ma queste cose quando capitano ti commuovono. Io, poi, sono stato cresciuto con un forte senso dello Stato: avevo una nonna, che si chiamava Sisina, che allevava noi nipoti facendoci ascoltare l’inno d’Italia. Voleva che lo conoscessimo a menadito. Da lassù, sono certo che questa nomina le farà molto piacere».
Ma cosa gli ha detto il presidente Ciampi quando gli ha consegnato l’onoreficenza? «Niente, solo complimenti. Del resto è già troppo». «Mi piace pensare - aggiunge Zingaretti - che molta gente è contenta con me per questa onorificenza come riconoscimento per il mio lavoro di questi ultimi quattro anni. Da Perlasca a Montalbano».
Il papà di Montalbano, Andrea Camilleri, a sua volta si dice «emozionato» anche perchè «non me l’aspettavo: l’ho saputo ieri». Ma come spiega questa decisione del Capo dello Stato? «Avrà avuto le sue ragioni per assegnarmi questa onoreficenza, e un riconoscimento datomi da Ciampi non può che farmi piacere». Camilleri aggiunge di avere a cuore «un certo feeling con i lettori e con il pubblico» e di essere contento anche per Zingaretti «perchè ha reso possibile che il mio personaggio fosse conosciuto da milioni di telespettatori».
Camilleri afferma inoltre di avere apprezzato il richiamo ai temi della giustizia fatto da Ciampi. «Ho trovato molti punti per applaudirlo compreso quell’accenno alla guerra che mi sembra molto importante».
 
 

L'Eco di Bergamo, 12.2.2003
«La verità è un cane». L'ex pm diventa scrittore

«La verità è un cane», si intitola così il romanzo, edito da Pironti e tra pochi giorni in libreria, scritto dal giudice napoletano Nicola Quatrano, ex pubblico ministero che ha condotto le principali inchieste sulla tangentopoli partenopea.
Il romanzo è un «noir» ambientato a Napoli che ricostruisce i retroscena dell'omicidio di un assistente di un pubblico ministero, trovato morto nella sua abitazione a pochi passi dal tribunale. La prefazione è stata curata da Andrea Camilleri, che parla di «due propositi realizzati» come «descrivere una sorta di paludosa quotidianità» e «costruire un romanzo dove ogni elemento aggiunto apre una possibilità nuova di pervenire alla soluzione».
Il titolo si rifà a una frase del Re Lear di Shakespeare è serve attraverso una metafora ad affermare che la verità è sempre «altrove e fuori dai luoghi canonici». Non mancano nel romanzo riferimenti e frecciate che hanno come bersaglio lo stesso ruolo esercitato da Quatrano nella sua attività di magistrato.
«Giudici e poliziotti - scrive nel romanzo - sono pigri, affezionati alla prima frittata che vanga loro offerta e disposti a difenderla con assoluta determinazione». Tanto quegli stessi giudici e poliziotti «servono a difendere i ricchi dalla rabbia dei poveri, sono spaventapasseri messi a protezione delle ineguaglianze».
Agli inquirenti, almeno nella «finzione» letteraria» viene addebitata soprattutto di accontentarsi delle verità comode e tranquillizzanti, e di non indagare mai paghi delle «soffiate».
Il romanzo viene presentato come qualcosa di diverso da un legal thriller o da un giallo, dove l'indagine sul delitto è quasi in secondo piano e alla fine si rivela fuorviante.
Nicola Quatrano, 50 anni, è uno dei più noti magistrati del tribunale partenopeo. Alla fine degli anni Ottanta, come giudice istruttore avviò delicate indagini su camorra e su reati di pubblici amministratori. In qualità di pubblico ministero fu titolare delle principali inchieste sulla tangentopoli napoletana e successivamente, alla Direzione distrettuale antimafia, sulle collusioni tra camorra, imprenditori e politica. Attualmente è giudice per le indagini preliminari.
 
 

L'Eco di Bergamo, 12.2.2003
Il «Grisham italiano» che narra la Sicilia Tra gite a Tindari, arancini e merendine

La città di Palermo gli ha dedicato la primavera scorsa un convegno dal titolo Letteratura e storia: il caso Camilleri , studiosi e letterati di tutto il mondo, dalla Svizzera alla Francia, dalla Spagna al Canada, si sono così ritrovati per parlare di quello che è considerato un fenomeno letterario vivente: lo scrittore di best seller Andrea Camilleri.
Nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925, Camilleri ha esordito come regista teatrale nel 1942 e da allora ha realizzato numerose regie di opere e di romanzi sceneggiati per la radio e la televisione; in queste vesti ha legato il suo nome alle più note produzioni poliziesche della tv italiana: il Tenente Sheridan e il Commissario Maigret . Nella sua ricca e variegata carriera non mancano esperienze come docente: è stato insegnante al Centro sperimentale di cinematografia di Roma ed è stato titolare della cattedra di Regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica «Silvio D'Amico» di Roma dal 1977 al 1997. Ha esordito come romanziere nel 1963 con il Corso delle cose, primo della serie di importanti romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi appassionati studi sulla storia dell'isola. Il grande successo è poi arrivato in tempi più recenti con l'invenzione del Commissario Montalbano, protagonista di una serie fortunata che va da La forma dell'acqua del 1994 a La gita a Tindari del 2000, tutti pubblicati da Sellerio.
Le avventure del commissario Montalbano, realizzate come film per la televisione e interpretate da Luca Zingaretti, allievo di Camilleri all'Accademia d'arte drammatica, non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere siciliane e non fanno alcuna concessione a motivazioni commerciali o a uno stile di più facile lettura. Quando si apre un libro di Camilleri due qualità si impongono con evidenza, da un lato si tratta di gialli, ma di quelli grandi e dall'altro la scrittura, che fa sì che i suoi romanzi siano annoverati tra quelli della grande letteratura.
La motivazione della scelta del genere l'ha data lo stesso Camilleri: «Me lo disse Sciascia, il giallo è la forma più onesta di letteratura, perché lettore e scrittore sono su un piano di parità: al lettore si richiede un esercizio intellettuale pari a quello di chi ha scritto la storia». E anche per la scelta del pastiche linguistico creato da Camilleri si può ricorrere alle sue parole: «Sono uno scrittore italiano nato in Sicilia, la Sicilia è nel mio Dna, è una questione genetica e spirituale, non soltanto geografica o storica, ma anche culturale e filosofica». A proposito della lingua Camilleri è stato paragonato a Carlo Emilio Gadda, perché, come in lui, c'è un mescolarsi di stili e di registri e c'è il dialetto che reclama la sua autonomia. C'è però una differenza sostanziale, il dialetto di Camilleri è attenuato, infatti pur utilizzando dei termini dialettali, per altro facilmente comprensibili, la sostanza della lingua rimane quella dell'italiano: un italiano nato in Sicilia, appunto.
Di Andrea Camilleri hanno anche detto che è «il nostro Grisham», di fatto i romanzi di questo settantatreenne siciliano, solo prestato alla città di Roma, hanno creato un vero e proprio culto, nel web è possibile trovare un ricchissimo sito del suo fan club, e il suo commissario Montalbano conta ormai decine di migliaia di appassionati. A conferma del suo successo è previsto per il 2004 il secondo dei Meridiani dedicato alla sua opera e intitolato Romanzi storici e civili.
Tiziana Sallese
 
 

La Stampa, 12.2.2003
Lo scrittore siciliano e l'attore Luca Zingaretti insigniti da Ciampi
Camilleri e Montalbano ufficiale e cavaliere

«CONTENTO sono». Luca Zingaretti fa il verso al Commissario Montalbano e tira fuori tutto il suo understatement per commentare l´ultimo, inaspettato, successo. Altro che Auditel. Questa volta a premiarlo è il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che ieri ha nominato lui Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e Grande Ufficiale il padre del personaggio, lo scrittore Andrea Camilleri. I due hanno ricevuto l'onorificenza nel Teatro Pirandello di Agrigento. Minimizza, Zingaretti, ma gli occhi brillano di gioia: «Sembra naif ma sono commosso. La nomina mi fa piacere da romano, da siciliano acquisito e da italiano. Avevo una nonna che si chiamava Sisina e allevava noi nipoti facendoci ascoltare l'inno d'Italia. Voleva che lo conoscessimo a menadito e oggi, sono certo, sarebbe molto orgogliosa». «Sono emozionato, non me l'aspettavo - sorride anche Camilleri - il capo dello Stato avrà avuto le sue ragioni, certo a me non può che far piacere. Quello che mi interessa di più è aver creato un feeling con i lettori e con il pubblico. E sono contento per Zingaretti, perchè ha reso il mio personaggio conosciuto da milioni di telespettatori». I telespettatori ritornano anche nelle parole di Zingaretti: «Mi piace pensare che molta gente è contenta con me per questa onorificenza, come riconoscimento per il mio lavoro». Sicilianissimo nell'animo e nel linguaggio, ma amato anche dai leghisti, Montalbano ha conquistato critici e platea, giovani e anziani, uomini e donne, diventando un vero fenomeno culturale. Oltre sette milioni e trecentomila copie di libri venduti, la promozione nei «Meridiani» e gli ascolti straordinari in tv: record per le prime messe in onda e una media superiore ai sette milioni per la massiccia serie di repliche, in onda fino alla settimana scorsa, mentre si attendono i nuovi episodi per il prossimo anno. Senza dimenticare il turismo cinematografico sui luoghi delle riprese, tra i quali il duomo di San Giorgio a Ragusa, Ibla, Punta Secca, il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli, Modica e le antiche case coloniche del ragusano. La forza di Montalbano sta probabilmente nell´essere diventato un simbolo ironico e seducente del Sud Italia, buono ma mai debole, furbo ma mai disonesto né disposto ai compromessi. Zingaretti, ancora, minimizza: «No, non credo di essere un simbolo. Comunque non sta a me dirlo».
Raffaella Silipo
 
 

La Stampa, 12.2.2003
Una spremuta di virtù

Con la nomina del commissario Montalbano da parte di Ciampi, per la prima volta viene fatto cavaliere della Repubblica un personaggio della letteratura e della tv. Per ragioni tecniche l'onorificenza è stata ritirata da Luca Zingaretti, talmente posseduto dallo spirito del commissario che persino il suo Perlasca salva-ebrei sembrava un Montalbano del nord. Ma nemmeno per un attimo qualcuno ha pensato che il premio non fosse per il personaggio ma per l'attore. Che è forse il premio più bello, per un attore. Scrutata con gli occhi ossessivi della politica, l'onorificenza alla creatura di Camilleri sembrerà una concessione alla cultura popolare della sinistra, tale da rendere plausibile o comunque non criticabile il contrappeso di una nomina del «marine» berlusconiano Mike Bongiorno a senatore a vita. La realtà è che il cavalierato di Montalbano non è un gesto «di parte», perché il poliziotto di Vigàta incarna l'Altro Italiano, quello che un po' tutti vorremmo essere e non siamo. Onesto, coraggioso, virile, leale, una spremuta di virtù annacquata da peccati soltanto veniali. Montalbano ama la buona tavola e la digerisce, beato lui. Ed è innamorato ma a distanza, un fidanzato eterno come Paperino, un amante che del matrimomio conosce solo la luna di miele. Fedele, ma con scarse ambizioni alla santità. Succube dei sensi, ma non abbastanza da perdersi. Sempre a un passo dal baratro, ma senza cascarci mai. La versione letteraria di quel che Di Pietro era sui giornali di dieci anni fa.
Massimo Gramellini
 
 

Corriere della sera, 12.2.2003
La cerimonia a Racalmuto. Lo scrittore Andrea Camilleri nominato Grande Ufficiale
Ciampi fa cavaliere il commissario Montalbano
L’attore Luca Zingaretti gioca con il suo personaggio: emozionato sono. L’autore dei romanzi: un richiamo all’impegno

RACALMUTO (Agrigento) - Per come s’è fatto amare attraverso libri e fiction televisive, il commissario Montalbano, schivo e timido, forse avrebbe inventato una scusa (o una nuova indagine) per non salire su un palco ed essere insignito Cavaliere della Repubblica proprio dal Capo dello Stato. Ma sia l’autore del coraggioso e simpatico investigatore, Andrea Camilleri, sia l’attore che lo ha reso ancor più popolare, Luca Zingaretti, sul palco del «Pirandello» di Agrigento ieri sono saliti volentieri insieme per lasciarsi premiare da Carlo Azeglio Ciampi. Già, il «commissario» col suo cranio abbronzato perché ha interrotto per l’occasione le riprese in Uganda è diventato «Cavaliere» e lo scrittore che gli ha dato anima da ieri è «Grande Ufficiale», gradino un po’ più alto del primo. Tutti e due fieri accanto al presidente che sul palcoscenico ha fatto salire anche un vero poliziotto in divisa, Michele Moretti, un vicequestore con lo stesso piglio di Montalbano e che sulla stessa costa in cui sono ambientati i libri di Camilleri, le rocce di Porto Empedocle, salvò la vita alcuni mesi fa a una decina di clandestini nel mare in tempesta.
E da ieri Moretti-Montalbano potrà essere chiamato «Commendatore», fiero pure lui delle foto ricordo con Ciampi da una parte e la coppia Camilleri-Zingaretti dall’altra, seppur cosciente di non potere ambire ai colorati richiami e alle grida delle ragazze schierate fuori dal teatro in attesa solo dell’attore, solo del finto ma brillante, generoso e buongustaio investigatore. Il coraggio e la perizia recitati secondo copione s’impongono infatti sulle gesta del neo-commendatore e gli autografi naturalmente si chiedono ad un unico «Montalbano».
Monopolizza così la piazza il protagonista di Vigata che gioca col suo personaggio: «Emozionato sono». Ma l’emozione c’è davvero quando Zingaretti richiama «nonna Sisina», la nonna che, rivela, «allevò una schiera di nipoti a forza di Inni di Mameli» e che sarebbe stata entusiasta del suo neo-Cavaliere: «Sono felice, come romano, come siciliano acquisito e come italiano». I cronisti incalzano e quando gli chiedono di sapere che cosa ha sussurrato sul palco il presidente Ciampi, il finto poliziotto col senso dello Stato sembra l’unico a conservare un vero senso della misura, semplice e disarmante: «Mi ha detto solo "complimenti". Del resto, è già troppo».
Emozioni grandi ieri anche per il più letto degli scrittori italiani. Non solo quando Camilleri s’è ritrovato in mano «con sorpresa» l’onorificenza di Grande Ufficiale, ma anche nel pomeriggio quando ha atteso il presidente davanti al Teatro Regina Margherita di Racalmuto nella veste di direttore artistico di questo gioiello pronto per l’inaugurazione di venerdì: «Sono emozionato, anche perché ho trovato molti punti per applaudire Ciampi, dalla pace alla giustizia. E questo riconoscimento è per me un richiamo all’impegno non solo nella letteratura, ma anche nella vita sociale, e non nella politica». Precisazione non casuale, visto che ad Agrigento c’era chi invocava per lui un seggio di senatore a vita.
Felice Cavallaro
 
 

Il Piccolo, 12.2.2003
In Sicilia il Presidente della Repubblica premia il duo che dà lustro alla fiction all’italiana ma anche un poliziotto vero
Montalbano da commissario a cavaliere
Ciampi consegna il titolo a Zingaretti. Lo scrittore Camilleri diventa grande ufficiale

AGRIGENTO - Il commissario Montalbano piace anche al Quirinale; ad Agrigento, la città di Andrea Camilleri, Carlo Azeglio Ciampi ha insignito lo scrittore, dai cui racconti è tratta la sceneggiatura per la Tv, del titolo di grande ufficiale, e Luca Zingaretti, protagonista della fiction Tv, è diventato cavaliere al merito della Repubblica. Ma il capo dello Stato, nell'occasione, ha voluto anche accomunare un poliziotto vero a uno virtuale, concedendo il titolo di commendatore al vice questore Michele Moretti: nel settembre scorso rischiò la vita, proprio nel mare di Agrigento, per salvare 47 extra comunitari in procinto d’annegare.
Ma che direbbe Montalbano di questa onorificenza? «Contento sono - risponde il neo cavaliere Zingaretti -; può sembrare naif ma queste cose quando capitano ti commuovono. Avevo una nonna, si chiamava Sisina, allevava noi nipoti facendoci ascoltare l'inno d'Italia, voleva che lo conoscessimo a menadito. E questa nomina farebbe molto piacere a nonna Sisina». Camilleri aggiunge: «Sono grato ed emozionato, non me l'aspettavo, l'ho saputo all'ultimo momento, sono poi contento anche per Zingaretti, grazie a lui il mio personaggio è ora familiare a milioni di telespettatori». Lo scrittore ha anche sottolineato l'appello di Ciampi in difesa dei valori della pace: «Il Tempio della Concordia nella Valle dei Templi mi sembra una gran bella ispirazione».
Per Camilleri e Zingaretti il riconoscimento del presidente della Repubblica giunge a conferma del favore di critica e pubblico. Le avventure del poliziotto siciliano, investigatore brillante, uomo generoso e buongustaio hanno costruito una fiction diversa e originale, segnalando che esiste uno spazio alternativo ai format di cultura americana. E il favore per Camilleri è stato decretato da 7,3 milioni di libri venduti, dall'approdo delle sue storie nei «Meridiani», la più prestigiosa tra le collane editoriali del Paese. Sul versante Tv, la fiction ha registrato ascolti straordinari, anche nella massiccia serie di repliche, in onda fino alla settimana scorsa, in attesa di nuovi episodi (forse) il prossimo anno.
Dopo aver sbancato l'Auditel nelle prime messe in onda, l'intero ciclo di 10 puntate riproposte su Raiuno ha avuto una media superiore ai 7 milioni, con punte di otto, e il 29% di share: cifre vicine ai record dei film televisivi su Papa Giovanni e Perlasca, interpretato anch'esso da Zingaretti.
Sicilianissimo nell'animo e nel linguaggio, il Montalbano Tv è piaciuto a tutti, ai critici e alle platee popolari, a giovani e anziani, uomini e donne, ed è già un fenomeno culturale. Lo testimonia anche il turismo cinematografico nato sui luoghi delle riprese, tra i quali il Duomo di San Giorgio a Ragusa, Ibla, Punta Secca (la terrazza della casa del commissario), il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli, Modica e le antiche case coloniche del Ragusano.
 
 

Il Resto del Carlino, 12.2.2003
E ora Montalbano diventa cavaliere
«Contento sono»

AGRIGENTO — Il commissario Salvo Montalbano, ovvero Luca Zingaretti, diventa cavaliere al merito della Repubblica. Il suo creatore, Andrea Camilleri, conquista il titolo di grand'ufficiale. E un'onorificenza (quella di commendatore) tocca anche a un poliziotto vero, il vicequestore Michele Moretti, che nel settembre scorso salvò alcuni extracomunitari naufragati ad Agrigento.
Carlo Azeglio Ciampi sceglie la seconda tappa del viaggio in Sicilia e i luoghi dei romanzi di Camilleri (Montelusa, Vigata...) per consacrare, con due ambìti riconoscimenti, il successo editoriale, da cinque milioni di libri venduti, e televisivo dello scrittore di Porto Empedocle diventato famoso ormai settantenne e del suo personaggio prediletto, portato sugli schermi proprio da Zingaretti.
Ciampi incontra Camilleri e Zingaretti ad Agrigento, poi, accompagnato dallo scrittore, nel pomeriggio è andato anche al teatro di Racalmuto, da poco restaurato. Attorniato dai fans, Zingaretti, dopo la stretta di mano con Ciampi, si lascia andare commosso: «Sembra naif, ma queste cose quando capitano ti commuovono. L'ho saputo che stavo in Uganda e non me l'aspettavo. Il presidente mi ha detto complimenti e per me è già troppo. Sono commosso. Mi ha fatto molto piacere, anche perché sono stato cresciuto da mia nonna Sisina, che ora non c'è più, con un senso dello Stato e della patria molto forte. Ci faceva ascoltare l'inno di Mameli e voleva che lo conoscessimo a memoria». Ma che direbbe Montalbano di questa onorificenza? «Contento sono!». «Mi piace pensare — aggiunge Zingaretti — che molta gente è felice con me per questa onorificenza come riconoscimento per il mio lavoro di questi ultimi quattro anni. Da Perlasca a Montalbano».
Forse meno commosso, ma non per questo meno emozionato, il «padre» del commissario Montalbano, che riceve l'onorificenza proprio alla vigilia del centesimo compleanno di Georges Simenon, il creatore di Maigret. «Questa onorificenza — spiega Camilleri, che annuncia l'uscita a marzo del nuovo libro «Il giro di boa» — è per me un richiamo all'impegno, non solo nella letteratura, ma anche nella vita sociale, e non nella politica. E' una cosa davvero gradita, anche perché mi sento molto vicino a questo presidente della Repubblica.
Nel suo discorso ha fatto cenni che devono essere condivisi, anche se non lo sono per tutti. Cose splendide, che in un Paese normale sarebbero ovvie».
Soddisfatti dei riconoscimenti anche il presidente e il direttore generale della Rai: «Ringraziamo il presidente Ciampi per le onorificenze concesse al grande scrittore Andrea Camilleri e al bravissimo attore Luca Zingaretti, perché costituiscono un'autorevole conferma dello straordinario successo ottenuto dalle fiction su Montalbano».
Alessandra Campo
 
 

Il Resto del Carlino, 12.2.2003
Il suo erede? Si chiama Spotorno, detective siciliano come lui

MILANO — Spotorno contro Montalbano? Partito quasi in sordina, senza la minima pubblicità, ma con grande effetto finale un nuovo commissario turba i sonni di Salvo peggio del matrimonio di Mimì Augello.
E', appunto, il palermitano Spotorno nato dalla penna di Santo Piazzese (nella foto) e, come Camilleri, edito da quella piccola casa scopritrice di grandi fenomeni che è la Sellerio. Il libro che lo vede protagonista, «Il soffio della valanga», è già alla terza ristampa e Carlo Degli Esposti, produttore della serie televisiva recitata da Luca Zingaretti, ne ha già acquistato i diritti per la Rai.
«Io non ho scritto assolutamente contro Montalbano — spiega Piazzese —, dato che non si può immaginare una trama contro quella di un altro autore. E, se si può, io non lo faccio. Spotorno è un personaggio autonomo, nato da mie esperienze e da miei stimoli. Inoltre la mia prosa è molto diversa da quella di Camilleri».
Senz'altro vero. Ma in Spotorno, diversamente dagli altri suoi due romanzi, c'è un uso abbondante del dialetto. 
«Il siciliano è reso necessario dal mestiere di Spotorno, un poliziotto che frequenta e vede tutti gli ambienti. Ma io lo adopero nel dialogo, mai nelle parti descrittive e uso più il dilaletto della borghesia palermitana, un italiano tradotto, che la lingua dell'interno. In più, Spotorno non parla siciliano se si sta spiegando con un professore universitario».
Tuttavia si parla già di questa nuova avventura televisiva...
«Si, vi entreranno anche i miei altri due libri, «I delitti di via Medina-Sidonia» e «La doppia vita di M. Laurent», il cui protagonista si chiama La Marca. Dobbiamo riuscire a fare interagire La Marca e Spotorno e stiamo studiando le sceneggiature».
Il protagonista ideale?
«Nel sogno, De Niro. Nella realtà mi piace Sergio Rubini. Ma so che ci sono delle trattative aperte e altro non posso dire».
Luisa Ciuni
 
 

La Sicilia, 13.2.2003
Ha accusato un malore
Camilleri a letto senza cena

Troppo stress, troppi impegni, troppe emozioni forti. E così, Andrea Camilleri ha dovuto fermarsi, dando ascolto prima alla pressione arteriosa troppo alta e poi al cardiologo, precipitatosi nella casa dello scrittore, in via Stretta, dietro il Municipio di Porto Empedocle, per visitare il prestigioso paziente. Martedì sera, subito dopo avere accompagnato nella veste di direttore artistico il presidente Carlo Azeglio Ciampi e la moglie in visita al teatro Regina Margherita di Racalmuto, lo scrittore empedoclino ha accusato un malore che lo ha costretto a tornare a casa, perdendosi il banchetto presidenziale che nel frattempo di stava svolgendo in Prefettura e al quale era stato invitato a partecipare. Dopo qualche minuto di preoccupazione, il cardiologo ha rassicurato tutti, prescrivendo al «papà» del commissario Montalbano, una buona «dose» di riposo, oltre a qualche pillola per fare abbassare la pressione, impennatasi eccessivamente al termine di una giornata campale, per un fisico non più giovane. Non potendo dire no al medico, Camilleri ha anche comunicato al direttore del carcere di contrada Petrusa di non potere partecipare alla presentazione della ristampa del libro che racchiude testi scritti dai detenuti. Cerimonia fissata per questa mattina. Un'opera la cui prefazione è proprio dello scrittore empedoclino.
Camilleri rimane dunque «ostaggio» della sua casa, appena dotata di ascensore? Neanche per sogno. Lo scrittore, da poco nominato dal capo dello Stato Grand'ufficiale, ieri mattina è sceso come al solito a salutare gli amici del bar Albanese di via Roma, rassicurando tutti sulle sue condizioni fisiche. Lo stop, comunque, durerà poco, visto che domani Camilleri non intende mancare all'inaugurazione ufficiale del teatro Regina Margherita, pressione permettendo.
f.d.m.
 
 

Gazzetta del Sud, 13.2.2003
Il nuovo Camilleri
Trentamila copie in 2 mesi per il commissario Collura

Il Grande Ufficiale Andrea Camilleri continua a mietere successi letterari. Ha venduto 30 mila copie in soli due mesi, piazzandosi nella classifica dei più letti in Italia, il nuovo libro dello scrittore siciliano, un volumetto incentrato su «Le inchieste del commissario Collura», otto racconti brevi che hanno per protagonista Cecè Collura, siciliano anch'egli e «amico» del ben più noto Salvo Montalbano. Il volume è edito da una piccola casa editrice pistoiese, la «Libreria dell'Orso», presso la quale Camilleri aveva già pubblicato, nel 2001, i «Racconti siciliani», che costituirono un piccolo «caso» editoriale.
 
 

Gazzetta di Reggio, 13.2.2003
Un fatto un film
Montalbano contro la guerra

Per una volta invece che un film su pellicola nominerò un serial televisivo, «Commissario Montalbano». In questi giorni il presidente della Repubblica Ciampi, durante una visita ad Agrigento ha conferito l'onorificenza di Cavaliere ad Andrea Camilleri e a Luca Zingaretti, cioé al creatore del personaggio e al suo interprete sullo schermo. Camilleri s'è schermito: «Non me l'aspettavo...», confermando la signorilità tutta siciliana che lo distingue. Giusto riconoscimento, perché mi sembra che l'opera di Camilleri sia fra le poche che onorano sé stesse assieme al largo pubblico; e giusto per Zingaretti, che ha saputo dare linfa a un serial già buono in sé, dopo essersi imposto alla generale attenzione nelle vesti di Perlasca e con altri indovinati personaggi. Anche come calciatore, perché no: un motorino infaticabile, un normolineo grintoso, capace di chiudere in difesa e a centrocampo per poi farsi trovare nei paraggi della rete avversaria. Diventando Cavaliere, l'attore non ha mancato di pronunciare qualche parola contro la possibile guerra all'Iraq: bravo commissario.
t.m
 
 

Gazzetta del Mezzogiorno, 13.2.2003
Cinema, ma non solo: che fare?
Il Sud non divenga sfumatura del Nord

[...]
Lo scrittore napoletano Erri De Luca vede le nostre città popolarsi di «un sud mobile» di disperati giunti da chissà dove, mentre noi diventiamo «una sfumatura del nord». Dobbiamo dimetterci da quel nome onorato, sud – scrive. È così? Ci consola la casa «pugliese» del Grande Fratello? Sul versante letterario, ci conforta che l'Italia sia sicilianizzata dal Montalbano di Camilleri? I «miracoli» dei nostri film produrranno il miracolo d'un sud ritrovato? Abbiamo almeno la leadership della fantasia? Diremmo di no.
Grazie ai migranti il sud ha riscoperto di non essere soltanto mare & mafia, paradiso turistico e inferno criminale, ma di trovarsi all'incrocio di mondi: Oriente e Occidente, Africa e Europa, Islam e Cristianesimo. Mondi oggi in guerra, mentre il nord dell'Italia insegue chimere celtiche o coltiva egoismi vanagloriosi (patetiche sfumature di altri nord). E noi, qui, che vogliamo fare?
Oscar Iarussi
 
 

Bol.com, 14.2.2003
In libreria dal 14/03
Il giro di boa
Andrea Camilleri

Dopo una gran brutta nottata, dovuta a una crisi personale, il commissario Montalbano, all'alba, decide di dedicarsi a una nuotata ristoratrice. E fa un incontro inatteso col cadavere di un annegato. Riesce fortunosamente a trascinarlo a riva, convinto che si tratti di uno dei tanti, troppi, cadaveri d'immigrati che tentano di raggiungere clandestinamente le nostre coste. Ma le cose non stanno così come sembrano: quell'uomo, che non è un immigrato clandestino, è stato crudelmente assassinato. Fin dalle prime battute l'indagine si profila assai difficile, sembra quasi impossibile riuscire a identificare il morto. Mentre l'inchiesta si muove tra difficoltà, incertezze e false piste, Montalbano si trova ad assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini intercettati in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario, atterrito, sfugge alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal nascondiglio, lo riconsegna alla madre. Non sa che quel gesto, che gli costerà uno straziante rimorso, sarà all'origine di una nuova complessa inchiesta che lentamente, passo dopo passo, confluirà nella prima indagine.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.2.2003
L´inaugurazione
Il teatro di Racalmuto quarant´anni dopo

Dopo 40 anni riapre questa sera alle 20.30 il teatro Regina Margherita di Racalmuto. Due giorni di festa e una serata di gala con il direttore artistico Andrea Camilleri. Il teatro è già stato visitato nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. «Riaprire l´unico teatro di una cittadina è come rimettere a posto una strada ferrata in dissesto da quarant´anni - scrive Andrea Camilleri nella brochure del Regina Margherita - per riconsentire l´arrivo di quella specie di fantastico treno spaziale che è il teatro».
 
 

Il Venerdi di Repubblica, 14.2.2003
Staffetta. Riapre dopo quarant'anni la sala di Racalmuto
Camilleri indaga sul teatro di Sciascia

Ci sono voluti quarant'anni per alzare di nuovo il sipario sul palcoscenico caro a Leonardo Sciascia: dopo un lungo restauro riapre il teatro Regina Margherita di Racalmuto, Agrigento. Negli anni '80 Sciascia si impegnò  perché  il gioiello della sua città fosse salvato. Ma si sa come vanno queste cose. Gli onori di casa per l'inaugurazione (oggi e domani, doppia cerimonia) li fa un altro scrittore siciliano, Andrea Camilleri, neodirettore artistico: Montalbano indagherà anche sui ritardi?
 
 

La Sicilia, 14.2.2003
Quasi la sede di un fan club. I lettori lasciano i libri, poi lo scrittore passa e mette la sua firma
Camilleri, autografi al bar

L'inarrestabile fenomeno letterario del momento, Andrea Camilleri, coinvolge anche un insospettabile «aiutante», trasformatosi pian piano, nel gestore di un vero e proprio «fan club» del papà del commissario, pardon cavaliere, Montalbano. Si tratta di Stefano Albanese, titolare con moglie e figli del bar omonimo in via Roma, da sempre tappa fissa e quasi quotidiana dell'anziano scrittore, quando torna nella sua Vigata.
Un punto di riferimento per il neo Grand'Ufficiale della Repubblica, nominato dal capo dello Stato per i meriti acquisiti nel mondo della cultura contemporanea. Un successo internazionale, dovuto alle innumerevoli pubblicazioni realizzate in tanti anni di attività, dalle quali emerge il suo essere siciliano e, soprattutto, empedoclino. Quando arriva a Porto Empedocle, Camilleri va da Stefano per scambiare quattro chiacchiere con gli amici di un tempo. Un appuntamento al quale non intende mai mancare. Lo scrittore per esempio - narrano gli storici di fatti di mafia - c'era anche quando nel settembre del 1986, all'esterno del suo amato bar si scatenò l'inferno, con proiettili che volavano all'impazzata, spargendo morte e paura. Oggi, dentro e fuori quello stesso bar, a molti anni di distanza da quei tragici fatti, la musica è assai diversa. E che musica. Accade infatti che i tanti cultori del cantore di Vigata, si rechino da Albanese per consegnargli un libro e farlo autografare dallo scrittore, quando questi si presenterà al bancone per sorseggiare il caffè. 
Una sorta di processione di coloro i quali sanno che Camilleri, quando può, percorre interamente la via Roma per andare a prendere anche un goccio di liquore, in una rara oasi di serenità. Di questo rapporto instaurato con il neo Grand'ufficiale, Albanese ne va orgoglioso, tanto da farsi ritrarre con lui in una maxi fotografia, che da alcuni mesi campeggia sopra la macchina dell'espresso quasi come un «totem». Un orgoglio giustificato dai fatti. Praticamente ogni giorno, il «fan club» apre i battenti, con una marea di fedelissimi dello scrittore che consegnano il proprio libro al titolare del bar, ai figli Rino e Francesco, o alla moglie, da ritirare quando l'autografo sarà stato apposto, col valore aggiunto della firma dell'autore. Ormai è un rito, al quale Albanese non intende sottrarsi. Ma c'è di più. Nelle prossime settimane, il «bar - segreteria - fan club», diventerà una sorta di galleria delle opere camilleriane, raccolte in una cristalleria come se fossero pregiati dolci alla ricotta o al cioccolato. La sorella dello scrittore infatti, invierà per posta entro l'estate almeno un centinaio di libri del famoso fratello, tradotti in varie lingue.
In francese, inglese, tedesco, spagnolo, persino in giapponese. Tutti, passando da Vigata, potranno leggere nella loro lingua madre qualche passo della avventure di Salvo Montalbano e degli altri personaggi nati dalla fervida fantasia dello scrittore empedoclino. Anche ieri mattina - nonostante gli acciacchi degli ultimi giorni per lo stress che lo ha costretto anche a declinare l'invito alla cena in Prefettura col presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi - Camilleri si è presentato puntuale all'appuntamento col «suo» bar.
A mancare, non poteva essere ovviamente un libro, recapitato da un concittadino, da autografare su ordinazione, affidandosi al «fido» Stefano. Il termine «caffè letterario», qualche volta abusato, in questo caso assume dunque una connotazione più concreta.
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 14.2.2003
Regina Margherita, si alza il sipario
Oggi l'evento culturale dell'anno.
Quarantott'ore di festa dopo quarant'anni d'attesa per riaprire il teatro caro a Sciascia

RACALMUTO - «Il privilegio di stare in palco mi metteva anche al riparo dagli sputi che provenivano dal loggione: che non erano di pura e semplice vastaseria, ma reazione di indignazione, di disprezzo verso i personaggi vili, traditori e crudeli che in nessun film mancavano».
Leonardo Sciascia, Nanà Ciàcia tra paesani, ricordava così sull'Espresso a metà degli anni Ottanta il «suo» teatro, poi cinema, malinconicamente chiuso e dimenticato. Lo ricordava, ma già lavorava per farlo riaprire.
Tra burocrazie e ritardi, non ha fatto in tempo a vedere riaccendere quelle luci. Ma stasera manderà di sicuro qualche amico.
Perché oggi a Racalmuto riapre il Regina Margherita, dopo vent'anni lunghi di abbandono e vent'anni lenti di restauri, grazie anche all'impegno di alcuni quarantenni (le coincidenze…) che ci hanno voluto credere.
Ci ha creduto e ci crede Gigi Restivo, sindaco da nove mesi del centrosinistra, che in questa nuova sfida (dopo la grande mostra su Robert Capa,aperta fino al 23) scommette mezzo futuro della sua comunità. Ci crede Fabio Granata, assessore regionale alla cultura del centrodestra,che ha messo da parte ogni logica di schieramento in nome di questo progetto.
Ci crede pure Andrea Camilleri, marinìsi di successo, quarantenne un paio di volte, che su questa «linea ferrata» (come ama definirla) ha messo la sua firma di direttore dei lavori, quindi la sua faccia. Per il piacere di farlo e per fare un piacere a un vecchio amico.
Come ci credono tanti «mezzi» quarantenni, cioè ragazzi e ragazze di Racalmuto - perlopiù studenti universitari - che da mesi lavorano di testa e di braccia, in regime di assoluto volontariato,per provare a darsi un futuro diverso dalla rassegnata emigrazione intellettuale di tanti coetanei.
E succede allora che per qualche settimana Peppe Dipasquale, «picciotto» catanese di fiducia di Andrea, acchiana e scinni in treno da Roma a Palermo, da Palermo a Racalmuto (dell'aereo non si fida) e a colpi di telefonino mette insieme malgrado tutto un cartellone a stagione inoltrata, recuperando trai buchi delle tournée e gli spettacoli trascurati i pezzi della prima, ritrovata stagione del Teatro Regina Margherita, millennio terzo.
Cartellone vario come si conviene ad un teatro di provincia, breve ma intrigante. E intrigante assai appare questo teatro, piccolissimo e bellissimo, sobrio e sontuoso negli affreschi e negli stucchi. Quasi geniale nelle colonnine "ergonomiche" dei due ordini di palchi, forse uniche al mondo, ondulate con sensuale razionalità sul finire dell'Ottocento dall'architetto Dionisio Sciascia (omonimo, non parente), allievo del Basile padre: perfette per restare comodi e godersi lo spettacolo. 
Per due giorni a Racalmuto faranno la fila per godersi in tanti questo piccolo teatro di trecento posti o poco più che, con tutta la buona volontà, non ce la può fare a contenere tutti.
Ma ci sarà un stagione intera per priàrsene, si spera molte altre ancora con l'impegno di tutti.
Non solo del Comune, della Regione e della Provincia, che stanno facendo la loro parte, ma anche e soprattutto dei cittadini, degli operatori culturali, dei giovani e delle forze imprenditoriali sane del territorio. Perché accanto agli sponsor nazionali che hanno assecondato a vario titolo la riapertura del teatro, c'è oggi una folta schiera di piccole imprese locali che, anche dai comuni vicini, segue con interesse e disponibilità questa nuova esperienza.
Perché il teatro non è solo un luogo di svago e cultura, ma anche un segnale di rinascita civile e un'opportunità di lavoro per artisti, impiegati, maestranze, collaboratori, fornitori, commercianti, ristoranti, alberghi…
Un teatro che funziona crea fiducia, porta benessere e restituisce dignità. Anche a chi di solito non va a teatro.
E per oggi per la cerimonia inaugurale della riapertura di questo splendido teatro, ci saranno ospiti di primo piano a cominciare da Anna Marchesini conosciuta dal grande pubblico per le sue numerosissime performance in Rai e nelle reti Mediaset ed ancora Serena Dantini una giornalista che nel corso della sua lunga carriera ha sempre dimostrato la sua bravura nel condurre trasmissioni non facili. Tra gli ospiti anche Ida Carrara, Mariella Lo Giudice, Tiziana Lodato, la giornalista del Tg 5 Annalisa Spiezie, l'attore Luigi Maria Burruano che ha preso parte al serial Tv «Commissario Salvo Montalbano» con Luca Zingaretti. Poi è prevista l'esibizione della soprano Raina Kapainvasca e l'Orchestra sinfonica Ferrara diretta dal maestro Carmelo Caruso. Si andrà avanti almeno fino alla mezzanotte e gli artisti si esibiranno per venti minuti ciascuno.
Ma già l'indomani, il 15 è prevista una Matinèè musicale con il Coro del Terzo Millennio di Racalmuto alle ore 9,30 proprio nel Foyer del Teatro «Regina Margherita».
Un programma niente male per un appuntamento così tanto importante ed atteso da tutta la cittadinanza.
«Abbiamo cercato di coinvolgere diversi artisti per questa cerimonia di apertura - dice il sindaco Gigi Restivo - perché penso che la giornata di oggi sia davvero storica. Difficilmente sarà scordata dai racalmutesi. Come direbbe Camilleri una città che possiede un teatro è una città viva».
Già nelle prevendite dei tagliandi per il primo appuntamento di domani, inserito in cartellone, ci si accorge che c'è molto interesse, c'è la voglia della gente di vedere finalmente dal vivo e nel teatro tanto caro allo scrittore Leonardo Sciascia, spettacoli su spettacoli e il calendario stilato da Camilleri non è niente male.
Oggi si parte. Ce ne ricorderemo, direbbe Nanà, di questa Ouverture.
G. R.
 
 

La Sicilia, 14.2.2003
Fornace «Penna», destinazione in alto mare

Fornace Penna di contrada Pisciotto a Sampieri. A dieci giorni dalla presentazione del progetto di costruzione di un albergo a cinque stelle all'interno dell'ex fabbrica di laterizi, il sindaco della città, Bartolomeo Falla, rompe il silenzio dietro cui si era trincerato.
«Né il sindaco, né la commissione edilizia e neppure il Consiglio comunale possono prendere una decisione così importante - sostiene il primo cittadino di Scicli -. La questione della rifunzionalizzazione della Fornace Penna riguarda tutta la provincia, e forse anche i territori che sono oltre. Basti pensare che è diventato persino un luogo cinematografico, grazie al Commissario Montalbano, dove la Fornace diventa la "mannara" dei libri di Camilleri». Insomma, Falla ritiene troppo spinosa la questione per esprimere un giudizio netto e definitivo sul progetto presentato dalla famiglia Penna, che prevede la realizzazione di cento camere per un totale di duecento posti letto all'interno del rudere.
«La questione della Fornace mi ricorda quella della scuola media in piazza Italia - continua il primo cittadino -. C'è chi dice che il palazzo di vetro andrebbe abbattuto, chi dice che il suo essere stonato con il barocco che lo circonda è un monito per le prossime generazioni. Noi abbiamo chiesto un finanziamento per un intervento di ricucitura con gli edifici circostanti. Per la Fornace dobbiamo considerare l'affezione che intere generazioni hanno per il "fantasma" della fabbrica, per il camino del forno e per le struggenti pareti di pietra che stanno crollando. La fabbrica di laterizi incendiata nel 1924 era un'altra cosa, che nessuno di noi ha conosciuto e rispetto a cui nessuno di noi nutre affetto. Ricostruire filologicamente la fabbrica di laterizi per metterci dentro un albergo è un'altra cosa».
Come evitare allora che del rudere da qui a qualche anno non resti più traccia? «Credo che l'unica soluzione sia introdurre un'attività economicamente redditizia ai margini del rudere, recuperando quest'ultimo e facendo sì che la Fornace resti il fantasma carico di segreti e di mistero che così tanto piace alla gente. Ma, ripeto, sulla questione a decidere non è il sindaco, né un gruppo di addetti ai lavori. Auspico un dibattito che esca fuori dai confini della città e coinvolga le migliori intelligenze, anche su scala nazionale».
In definitiva, per la fornace Penna non c'è alcuna decisione.
Giuseppe Savà
 
 

TGR Sicilia, 14.2.2003
Musica e prosa: è rinato così a Racalmuto il teatro Regina Margherita.
La sala vuota, tutto fuori il pubblico a seguire lo spettacolo su due grandi schermi.
Problemi di agibilità, ma non si è voluto rinviare l'inaugurazione. Una scelta sostenuta dal direttore artistico Andrea Camilleri. E la risposta della gente è stata corale, partecipata: una grande festa per Racalmuto, vissuta con entusiasmo e con gioia.
Bianca Cordaro
 
 

La Sicilia, 15.2.2003
Racalmuto
Aperto il teatro dell'assurdo

La rivoluzione del teatro operata dall'agrigentino Luigi Pirandello era arrivata a concepire sei personaggi in cerca d'autore, ora a inventare attori e orchestra che si esibiscono davanti ad una platea vuota, non per mancanza ma per eccesso di pubblico, ci hanno pensato in provincia di Agrigento, all'inaugurazione del Teatro Margherita diretto da Andrea Camilleri nella Racalmuto di Leonardo Sciascia.
La versione ufficiale propone una strana concezione della democrazia: o tutti o nessuno. E poiché il teatro appena restaurato non poteva contenere un'intera cittadinanza, con l'aggiunta degli ospiti, si è scelto di fare esibire attori, suonatori e cantanti davanti alle poltrone vuote. Il pubblico stava altrove, all'esterno davanti ad uno schermo, a godersi le immagini riprese da un solerte epigono del pirandelliano Serafino Gubbio operatore.
Avanguardia dell'avanguardia? Recita al vuoto? La solitudine delle maschere? Una trovata comica? Oppure una pietosa bugia? Certo è che la soluzione ha tutta l'apparenza di una involontaria parodia autopunitiva per i proclami, per l'enfasi data all'avvenimento, per aver scomodato tante personalità, compreso il presidente Ciampi, tante glorie e tanti ricordi. Uno spiritello maligno si è vendicato rendendo inagibile il teatro.
Ed è finita in una sorta di commedia dell'assurdo. Del resto quando ci si affida ad un geniaccio come Camilleri tutto è possibile. Non è stato lui a scrivere «Il birraio di Preston»? Un romanzo in cui per una recita succede di tutto. La differenza è che ieri l'azione non si svolgeva nella Vigàta immaginaria dello scrittore, ma nella Racalmuto reale.
Salvatore Scalia
 

Comincia il primo atto. Con «giallo»

Racalmuto. Giallo a Racalmuto. Ma, per fortuna, sono tutti allegri e in salute. Anche Andrea Camilleri che, nonostante l'indisposizione dei giorni scorsi, è raggiante direttore artistico. Ci tiene al suo ruolo, per il significato morale di riaprire il teatro definito da Leonardo Sciascia «il più bel teatro della mia vita». E' giallo a Regalpetra, naturalmente. Il “maestro” docet. All'ultimo momento si è deciso infatti di non far entrare pubblico in sala e di collocare due maxischermi nella piazza antistante il teatro. Per tutto il pomeriggio si è parlato di inagibilità, di improvviso alt della Prefettura. Niente di tutto questo, assicurano la Fondazione Teatro Regina Margherita, il sindaco, il direttore artistico Andrea Camilleri. Né sono pervenute comunicazioni ufficiali di quel tipo. E' pur vero che giovedì durante le prove è scoppiato un tubo dell'impianto di riscaldamento e, per precauzione, si è deciso di non far accedere pubblico in platea. Manca l'agibilità definitiva e ufficiale, è vero, ma questo accade tante volte. E' accaduto per esempio per il Massimo di Palermo. Il sindaco Luigi Restivo aveva facoltà di ricorrere ad un'agibilità provvisoria ma ha preferito rinunciare. Per prudenza, dopo il piccolo inconveniente, ed anche perché tutti i cittadini fossero alla pari. Cittadini, diverse centinaia - nonostante la serata di San Valentino - e autorità sono fuori al freddo, dopo essersi scaldati in piazza Castello con i fuochi dei giocolieri, le ballerine sui trampoli, le percussioni: sono fuori davanti allo schermo mentre restano vuote le 350 poltrone.
«E' stata una grande soddisfazione arrivare a questo. Abbiamo sentito - dice il sindaco Luigi Restivo - da parte di tutta la cittadinanza la voglia di partecipare: per questo ci è sembrato doveroso orientarci sulla soluzione dei maxischermi». Conferma Giuseppe Dipasquale, vice di Camilleri: «Con tutti gli organi competenti stiamo andando a perfezionare gli ultimi problemi formali». Comunque stasera non ci sarà il recital di Vincenzo La Scola ma è confermato il concerto mattutino nel foyer del Coro polifonico Terzo Millennio.
La sala è uno splendido gioiellino. Nell'edificio progettato da Dionisio Sciascia, allievo del Basile, i palchi splendono di stucchi dorati, fra lucidi velluti, sotto la volta affrescata. Chi scrive ricorda come venti anni fa qui fosse un teatro di fantasmi in preda a ragnatele e muffa.
La folla preme alle spalle del giovane sindaco Restivo e del giovane assessore regionale ai Beni culturali Fabio Granata, al fatidico taglio del nastro. Un momento di silenzio, qualche piccolo intoppo tecnico con il microfono dello speaker Egidio Terrana. Poi via con la musica e il Teatro Regina Margherita di Racalmuto, classe 1880, è ufficialmente riaperto, più giovane e splendente di prima.
Che emozione sentire al microfono le parole del maestro di Regalpetra: «Ho visto la rovina di quel luogo che ricordavo splendido…». E splendido ora è di nuovo. Sciascia (statua di bronzo) passeggia su corso Garibaldi fra i racalmutesi che corrono a vedere. A passi felpati s'avvia anche lui verso il piccolo gioiello rinato.
Lo spettacolo comincia con Annalisa Spiezie che cede il microfono a un Camilleri molto emozionato. Poi, seduto in un palco, il papà di Montalbano contempla la sala e alla nostra osservazione che molti giovani racalmutesi ci hanno confessato di non essere mai entrati in un teatro, risponde: «Sa, la passione per il teatro poi viene e, quando viene, rimane. Il teatro comunque è un gran luogo d'incontro laico e civile, non è detto che possa ospitare solo spettacoli teatrali. Leonardo era attaccatissimo a questo suo teatro. Io non lo conoscevo. Ora che lo conosco, ne capisco le ragioni. Ho accettato di fare il direttore artistico per pagare in parte i debiti, che tutti abbiamo, nei riguardi di Leonardo Sciascia». Ma la cosa alla quale Camilleri tiene molto è non tanto il cartellone che dev'essere comunque «non elitario e non troppo popolare, bensì la scuola di mestieri teatrali che può dare un futuro a tanti giovani, non solo qui, a Racalmuto, ma anche presso altri teatri».
La folla resiste al freddo e vede sfilare sullo schermo una scollatissima Tiziana Lodato di bianco vestita, che recita “E venne il cinematografo” di Sciascia, Anna Marchesini pimpante come sempre che si cimenta con “Le marionette parlanti” di Verga: fra un numero e l'altro l'orchestra Franco Ferrara diretta dal maestro Carmelo Caruso esegue arie di opere popolari come “La Traviata”. Tocca poi a Serena Dandini leggere una pagina di Strehler sul mestiere del teatro «il più disperato del mondo». In una spiritosa conversazione a due con Camilleri, la direttrice dell'Ambra Jovinelli si complimenta per la sua nomina a cavaliere lamentando che però non sia lui presidente del Consiglio. Assenti Ida Carrara e Guglielmo Ferro che saranno qui il 2 marzo con “La chiave dell'ascensore” di Agota Christoff. Dà forfait Raina Kabaivanska («non mi esibisco in un teatro vuoto»). Quindi una Mariella Lo Giudice di grande vigore in “Kirie” e un Gigi Burruano applauditissimo con passi dalla pirandelliana “Sagra del Signore della nave”. Poi tutti in piazza Castello per la festa di chiusura.
Maria Lombardo
 

«Musica e prosa Il nostro teatro è polivalente»
Il vicedirettore artistico del Regina Margherita traccia le linee della stagione

Racalmuto. Ad illustrarci le linee progettuali del cartellone che saluta la riapertura del teatro è stato il regista e vicedirettore artistico del Teatro Regina Margherita, Giuseppe Dipasquale.
«Trovare - ha detto - a metà della tradizionale stagione teatrale, delle Compagnie e degli artisti disponibili, è stato un vero miracolo. Anche perché volevamo allestire un cartellone che in qualche modo corrispondesse alle linee artistiche e progettuali già tracciate. Avevamo una linea precisa: la scelta di spettacoli non casuali, che comprendessero, nell'insieme dell'evento, la musica e la prosa; una forte presenza femminile come protagonista; la caratteristica di interpreti che «soli» contribuissero con la loro presenza a creare un teatro per tutti. Siamo riusciti ad allestire un cartellone con diversi prestigiosi appuntamenti e con nomi che ci lusinghiamo di ospitare».
Perchè la scelta precisa di un cartellone basato su prosa e musica?
«E' già un segno di quello che nel futuro Andrea Camilleri, io, e lo stesso Consiglio di Amministrazione della Fondazione, vogliamo lanciare per il Teatro Regina Margherita: un Teatro polivalente».
Scendiamo nel dettaglio dei maggiori appuntamenti...
«Il primo, quello di ieri sera che doveva segnare l'inaugurazione della stagione è saltato per motivi personali del tenore Vincenzo La Scola. L'artista avrebbe dovuto cantare celebri melodie accompagnato dal chitarrista agrigentino Tom Sinatra, raccontando anche l'Opera al pubblico».
Ha parlato della scelta di forti presenze femminili...
«Sono tre gli spettacoli che vanno segnalati e che vedranno impegnate sole sul palcoscenico tre attrici che ci stanno particolarmente a cuore: Ida Carrara, che il 2 marzo presenterà «La chiave dell'ascensore» di Agota Kristoff, con la regia di Guglielmo Ferro. Questa vuole essere anche una testimonianza di affetto al grande e indimenticato Turi Ferro, che successivamente, l'11 e 12 aprile, rinnoveremo con «Experientia», uno spettacolo musicale fatto di nuovi arrangiamenti delle musiche che Massimiliano Pace scrisse per gli ultimi spettacoli di Turi Ferro. Durante le esecuzioni verranno proiettati spezzoni di alcune tra le più celebri interpretazioni del grande attore catanese scomparso. Altro spettacolo che vedrà impegnata «sola» un'attrice sul palco è «Kirie» di Ugo Chiti, che il 10 marzo, con la regia di Federico Magnano di San Lio, vedrà protagonista Mariella Lo Giudice. Il 27 aprile, Anita Bartolucci in «Clitennestra» di Marguerite Yourcenar, con la regia di Maria Luisa Bigai».
Ci sarà anche Fabrizio Bentivoglio in uno spettacolo un po' particolare...
«Si tratta di uno spettacolo e di un'altra presenza artistica alla quale teniamo molto. Fabrizio Bentivoglio sarà protagonista, il 23 marzo, assieme al Quintetto «Musicanormale», una formazione che comprende alcuni musicisti degli «Avion Travel», in un concerto-recital durante il quale presenterà, commentandole musicalmente, delle immagini del suo film-documentario «Talagarite Tipota»».
Due spettacoli avranno la sua regia.
«Uno è la ripresa, il 3 e 4 maggio, in forma completa e in un teatro al chiuso, di una mia regia di una decina di anni addietro, «Recitazione della controversia liparitana» di Leonardo Sciascia, che sarà una coproduzione della Fondazione Teatro Regina Margherita e Fondazione «Leonardo Sciascia»; l'altro è «Un canto da lontano. Tango e Borges», con Pietro Montandon e Barbara Tabita, che verrà presentato il 5 aprile.
Poi ci sarà un ciclo di serate dedicate a Leonardo Sciascia su «Le parrocchie di Regalpetra», che vedranno impegnati Giulio Brogi, Pino Micol, Luigi Maria Burruano ed altri».
Altri spettacoli...
«Ci sarà «Derive», con Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini, il 15 marzo; due spettacoli dedicati ai giovani comici: «La fattoria dei comici», il 22 marzo, una produzione del Teatro Ambra Jovinelli diretto da Serena Dandini, e, il 15 e 16 aprile, «Cari E..stinti» dei tre giovani comici catanesi Mimmo Mignemi, Angelo Tosto e Riccardo Tarci, spettacolo che parla, satiricamente, della morte dell'attore».
Pippo Ardini
 

L'ipoteca di Sciascia
ll programma c'è già: un teatro di idee

Quando Sciascia parlava di teatro, parlava del suo teatro. Parlava, cioè, del teatro di Racalmuto di cui festeggiamo il restauro e che fu, per lui adolescente, il tempio in cui officiare la sua conversione all'arte e, insieme, una finestra sul mondo che si apriva - traboccante d'idee e sgargiante di rutilanti scenari - oltre il cuore assolato e desolato dell'isola. E parlava del teatro che su quella ribalta aveva visto, delle traviate e delle arie del continente e dei berretti a sonagli, dei Sardou o dei Feydeau o dei Williams, che rappresentano non solo la tradizione (che Sciascia amava di per sé, diffidando delle avanguardie) ma la grammatica stessa del teatro, le sue strutture portanti, di là dalle quali non v'è che il vuoto. Quando Sciascia parlava di teatro, quella parola si arricchiva perciò di implicazioni, e quella scena si animava di personaggi, che provenivano dalle più remote ed eterogenee latitudini, così come le idealità morali e le elaborazioni intellettuali - più o meno, tutte quelle che hanno fondato e alimentato la civiltà moderna - che egli incarnava, dotandole di carne e sangue e nervi, nei suoi romanzi, nei suoi "gialli" in cui sono appunto le idee e le opinioni ad animarsi e ad entrare in conflitto, ad assumersi il ruolo di personaggi, e nel suo teatro che è per l'appunto teatro d'idee, scena cruenta dell'inquisizione e sacrificale altare della verità. Di tutto questo, di quest'ipoteca gravosa ma esaltante, terrà sicuramente conto chi metterà mano al futuro, ai programmi, alle scelte, di questo teatro ritrovato; e in tal modo questo teatro, così come Sciascia negli anni '60 e '70 diede un decisivo contributo - di testi e d'idee - al Teatro Stabile di Catania, caratterizzandolo nel duplice segno dell'impegno civile e del rapporto forte con la letteratura, ora nel segno di Sciascia potrà modestamente cooperare alla ripresa del teatro italiano, che proprio d'una crisi d'idee patisce e langue. Camilleri, e non solo per il prestigio internazionale che ormai lo circonda ma per più tenaci e segrete ragioni, di affinità antropologiche e letterarie, è l'uomo giusto per questa piccola grande impresa; per parte mia al saluto e agli auspici vorrei affiancare, concludendo, un ricordo: novembre 1989, la straziante agonia dello scrittore, la contemporanea messinscena allo Stabile di Catania d'un suo atto unico, Quando non arrivarono i nostri, un divertissement esilarante e tuttavia dal retrogusto amaro che irrideva all'eterno trasformismo isolano, impersonato nei soci gretti e vaniloquenti del circolo d'un paese dell'interno; a quell'apologo fui io ad aver l'onore di collaborare, e fui io a portargli la notizia del successo, forse ad allietare con un sorriso quei giorni terribili.
Antonio Di Grado
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 15.2.2003
Troppi spettatori per la prima. E Camilleri escogita una soluzione pirandelliana
Il teatro di Racalmuto riapre. All´aperto

Troppi mugugni, troppi sguardi torvi, troppa tensione. Andrea Camilleri in questi giorni ha fiutato una brutta aria per le strade di Racalmuto. «Non mi piace per niente: vedo guai in arrivo», ha pensato tra sé e sé. Quel teatro così piccolo, che tornava a vivere dopo quarant´anni di abbandono, e quella folla così enorme di invitati e di "paesani" che non voleva perdersi l´inaugurazione, erano una miccia accesa. E ha fatto sicuramente gli scongiuri ricordando il suo "Birraio di Preston", in cui una concatenazione di guai inizia proprio da una controversa prima teatrale. Si è consultato con i suoi collaboratori e ha deciso: l´orchestra suonerà sul palco e gli spettatori seguiranno il concerto da fuori, su due maxischermi installati davanti al teatro e di fronte alla scalinata di Maria Santissima del Monte. Una soluzione pirandelliana che ha disinnescato malcontenti e polemiche. Così il sipario del teatro Regina Margherita, tanto caro a Leonardo Sciascia, ieri alle 20 si è alzato davanti al vuoto; e i primi spettatori hanno assistito a una inaugurazione davvero virtuale. Un rientro alquanto bizzarro nel circuito culturale regionale del gioiello progettato e costruito dall´architetto Dionisio Sciascia, allievo di Basile, tra il 1870 e il 1880. Ma quando di mezzo c´è Camilleri, e le ombre di Sciascia e Pirandello, il minimo che possa capitare è che la routine si trasformi in evento e la cronaca in un´opera letteraria che si scrive da sola.
L´autore di Montalbano ride di gusto per questi contrattempi: «No, per carità, lasciamo perdere "Il Birrario di Preston": è troppo iettatorio. Se proprio debbo fare un´analogia con una mia opera diciamo che la vicenda mi ricorda "La Concessione del telefono". Lì non c´è alcun teatro, ma equivoci e disguidi a catena, che raffigurano lo strapotere della burocrazia».
«Nel mio libro un innocente viene spinto in galera da una montagna di carte - continua Camilleri, che del teatro di Racalmuto è direttore artistico - documenti che si perdono e si ritrovano, il diavolo che ci mette la coda. Qui gli intralci ci costringono a una prima inusuale. Meglio così: abbiamo nel contempo un´inaugurazione reale dentro il teatro e virtuale fuori. Possiamo dire che il Margherita è davvero un teatro post moderno». Ride ancora lo scrittore. Scarica l´adrenalina accumulata da quando è sceso in Sicilia per seguire tutta la macchina organizzativa: l´agibilità negata per il loggione, la ressa per gli inviti, gli ospiti da ricevere, qualche acciacco fisico che lo fa soffrire, il soprano Raina Kabaivanska che si rifiuta di cantare nel teatro vuoto, il secondo spettacolo con il tenore Vincenzo La Scola, previsto per stasera, che viene rinviato a tempi migliori.
Il nervosismo ha scandito le giornate monotone di Racalmuto. Nemmeno la visita di Ciampi e di donna Franca hanno arginato i malumori. Sussurri, grida e tanto disappunto dei cittadini per una serata a inviti che li espropriava del loro teatro. «Ci siamo trovati a mal partito - dice il regista Giuseppe Di Pasquale, braccio destro di Camilleri - Duemila richieste per assistere al concerto della filarmonica del maestro Franco Ferrara, di fronte a soli 300 posti. Tutto il paese, in coda, ha cominciato a mugugnare. Poi è passato al boato. E, prima che arrivasse la catastrofe, il direttore ha preso la saggia decisione che ha evitato ogni discriminazione».
La festa è cominciata alle 18,30 con lo show di angeli e diavoli danzanti sui trampoli. Alle 20, un angelo acrobata è sceso dal cielo e ha offerto al sindaco Gigi Restivo le forbici per tagliare il nastro, mentre dal tetto del Margherita si innalzavano i giochi pirotecnici. La folla festante ha applaudito. «La gente - dice il sindaco - ha apprezzato gli sforzi fatti per garantire la riapertura. Racalmuto si stringe intorno al suo teatro ritrovato. E noi ce la metteremo tutta per non deluderla». Esprime gioia anche l´assessore ai Beni Culturali Fabio Granata. Aldo Scimè, vice presidente della Fondazione, che aveva lasciato il fronte dei preparativi per accompagnare il presidente Ciampi a Mozia, è arrivato in tempo per godersi le arie di Rossini, Bellini e Verdi eseguite dall´orchestra e gli attori che recitavano Verga, Sciascia e Pirandello. La gente con i cappotti in strada, con un occhio allo schermo e un altro al portone spalancato da dove si intravedeva il direttore di spalle. Il teatro che non c´è si è visto. Eccome.
Tano Gullo (ha collaborato Laura Nobile)
 
 

Il Barbiere della Sera, 15.2.2003
L'orrore e Berlusconi
Il vero miracolo italiano

Uno dei più grandi successi del fenomeno Berlusconi, è stato quello di aver risvegliato la categoria del romanzo gotico e noir.
Su Cordero si sa tutto: chi ha letto la sua trilogia, vedrà che agita il petto del giurista la voglia di purificare la Gomorra borghese e corrotta, tanto che lui non è altro che il Savonarola di Berlusconi.
Ma sul sito di Micromega ci sono i racconti di Camilleri sul cavaliere. Si riadatta la celebre frase di Borrelli sugli scheletri nell'armadio, si imbastisce un dialogo tra uno scarafaggio in cerca di cacca e il cavaliere generoso che la fa per lui, nell'aldilà Berlusconi ricusa il giudice supremo e gli evangelisti Marcello e Cesare diffondono il Verbo e annunciano i miracoli, tra cui la moltiplicazione dei miliardi.
Lowercraft [sic!, NdCFC], Poe e la Radcliffe impallidiscono di fronte a questi maestri dell'orrore. Questo è il vero miracolo italiano: aver trasformato Camilleri in un genio della narrativa. E questo è un fatto caro Bds, non un'offesa censurabile.
Iavne
 
 

TGS, 15.2.2003
Dopo 40 anni riapre il teatro di Racalmuto, tanto amato dallo scrittore Leonardo Sciascia. L'inaugurazione è avvenuta ieri sera, ma senza la presenza del pubblico, costretto a restare fuori
Racalmuto riapre il suo teatro

Il sipario si è aperto nuovamente dopo 40 anni. Per tutto questo tempo il teatro Regina Margherita di Racalmuto era rimasto chiuso, senza poter accogliere al suo interno musiche ed amplificare armoniosamente storie da raccontare.
Ieri sera la musica, l'arte, la cultura si è riappropriata [sic!, NdCFC] del suo spazio naturale. Gli stucchi e gli affreschi non sono più cascati come raccontava Sciascia, che di quel suo piccolo teatro era innamorato.
Ad annunciare l'inaugurazione, fin dal primo pomeriggio, una grande festa organizzata tra le vie del centro di Racalmuto.
All'interno del teatro è rimasto Andrea Camilleri che del Regina Margherita è direttore artistico. Gli occhi puntati sul palco, ad aspettare il movimento di quel velluto rosso che divide gli artisti dagli spettatori.
Un Camilleri emozionato: "Io è da stasera che me ne sto qui a vedere cominciare a respirare questo teatro. Perché un teatro respira con le parole, con le musiche, con i suoni che sono propri del teatro. I teatri sono delle spugne che assorbono voce, rumori, suoni e memoria, che è cosa fondamentale".
All'interno del teatro c'erano solo giornalisti, addetti ai lavori e artisti. I racalmutesi non sono potuti entrare per un guasto all'impianto antincendio. Fuori, sfidando il freddo, hanno assistito grazie a due maxischermi alla rinascita del loro piccolo gioiello.
Da oggi nella terra di Sciascia c'è una nuova storia da raccontare.
Gero Tedesco
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.2.2003
IL PROGETTO
Dopo i gialli di Montalbano tocca ai romanzi storici
Camilleri raddoppia in tv

La Vigata di oggi l´avete imparata a conoscere leggendo i gialli di Camilleri o guardando alla tv la fortunata serie del commissario Montalbano, alias il fresco cavaliere Luca Zingaretti. Ma c´è anche una Vigata di ieri, quella dei secoli passati, raccontata dallo scrittore agrigentino nei suoi romanzi. Storie che prendono spunto magari da un particolare insignificante, un fatto realmente accaduto, sul quale la fervida fantasia di Camilleri ha costruito vicende irresistibili tutte da leggere. E, tra un po´, anche tutte da vedere.
E già, perché dopo i gialli di Montalbano, anche quattro romanzi diventeranno presto film per la tv. L´idea è del produttore Carlo Degli Esposti, che vuole coinvolgere alcuni registi. Quattro i nuovi titoli che sarà possibile vedere al più presto nella trasposizione televisiva: "Il re di Girgenti", "Il birraio di Preston", "La concessione del telefono" e "La scomparsa di Patò", quest´ultimo affidato a Rocco Mortelliti, regista romano che di Andrea Camilleri ha anche sposato una figlia. ha già lavorato. «Lo scenografo Franco Ricceri - rivela Mortelliti - sta visitando alcuni paesi nei pressi di Agrigento e ad uno di questi, con appositi aggiustamenti scenografici, toccherà trasformarsi in Vigata». La produzione delle quattro fiction, tutte destinate alla Rai, dovrebbe iniziare tra breve. Ogni romanzo sarà diviso in due puntate.
Paola Nicita
 
 

Giornale di Sicilia, 16.2.2003
Racalmuto. L'inaugurazione del teatro riaperto dopo 40 anni ma rimasto senza pubblico
Gran festa quasi pirandelliana per il Margherita
Dandini, Marchesini, Lodato, Burruano, Lo Giudice sotto lo sguardo di patron Camilleri

Racalmuto. La situazione l’ha praticamente fotografata Luigi Maria Burruano: «Il pubblico è fuori, morto dal freddo, e sul palco c'è questo idiota qui che ha l'arroganza di parlare alle poltrone vuote». E giù battute, una tira l'altra, AcquadiCielo chiama in ballo i «Pagliacci» e dirige un'orchestra, la «Franco Ferrara» di Palermo, con cui ha provato soltanto pochi attimi prima. Ad apertura Tiziana Lodato si è dedicata a Sciascia, Anna Marchesini a Verga e Mariella Lo Giudice a Ugo Chiti. Serena Dandini va a braccio, legge Strehler e chiama in campo il direttore artistico Andrea Camilleri, salutato come «il presidente del Consiglio... dei teatri». Si ride, si ascolta dentro la sala dei Teatro Regina Margherita di Racalmuto; fuori sono rimasti in pochi, decimati dal freddo, ad indicarsi gli attori proiettati direttamente su un muro della facciata.
Il teatro è bellissimo, i palchetti disegnati da Dionisio Sciascia, si ritorcono attorno ai divisori arabescati, dorature e velluti conducono al palco dove il sipario cremisi nasconde «I vespri siciliani» di Giuseppe Carta. Le poltrone in sala, eleganti, imbellettate, vuote sembrano aspettare spettatori fantasma: non c'è bisogno di scomodare Pirandello per notare la situazione paradossale. Il pubblico batte i denti fuori, gli attori sono un po' spaesati dentro, la stampa occupa i palchetti, c'è qualcuno anche nel loggione, Camilleri segue sornione dal palco di proscenio, e interviene qua e là, solleticato da Annalisa Spiezie.
La festa è iniziata a piazza Castello (e lì finirà sotto i fuochi d'artificio) in un tripudio di giocolieri, mangiatori di fuoco, angeli volanti e dame (le Muse) sui trampoli che conduce il pubblico - numeroso, diminuirà col passare delle ore - verso il teatro che, vedi caso o strategia, dà proprio su via Leonardo Sciascia. Convitato di pietra, dello scrittore si sente la mancanza anche se Camilleri ricorda che «ha accettato la direzione artistica per saldare il debito che mi legava a Leonardo». E aggiunge, «lui avrebbe preferito di certo i racalmutesi in sala, al posto delle autorità. Beh, l'importante è che questa sala ridiventi una spugna di suoni e di parole». Non sembra molto d'accordo all’idea di spostare la festa su un livello “virtuale”, ma accetta una soluzione dettata dal bisogno, lui stesso parla di «problemi tecnici e burocratici che hanno impedito l'uso della sala». Davanti al portone del teatro, siciliani tra i siciliani, ecco il sindaco Gigi Restivo e l'assessore regionale Fabio Granata: resteranno fuori per tutto il tempo, rinforzando la decisione di non dividere la città «in buoni e cattivi, eletti e non eletti». In tanti hanno potuto assistere e, a spettacolo finito, qualcuno si è persino riversato all'interno, magari solo per un'occhiatina. Nei prossimi giorni, completati i percorsi burocratici, il teatro sarà definitivamente consegnato a Racalmuto che potrà coccolarselo a dovere.
Simonetta Trovato
 
 

Il Sole 24 Ore (suppl. "Domenica"), 16.2.2003
Vespe
Consolo: giallo è il colore dei padroni

Da un po' di tempo, ogni volta che ci piaceva un libro di Simenon, avvertivamo un vago senso di colpa. Ad aprirci gli occhi provvede ora Vincenzo Consolo con un suo fulminante intervento sull'Unità. Dopo avere generosamente riconosciuto che Simenon "era ANCHE uno scrittore" (anche!), l'autore di Retablo gli rinfaccia però di avere fomentato una delle più disgustose piaghe del nostro tempo: il romanzo giallo. "Il giallo - accusa Consolo - è conservatore ed è tipico di una società capitalistica: con il delitto c'è uno squarcio nella società che viene colmato solo dopo la scoperta del colpevole, così si rimargina lo squarcio e l'immagine è quella di una società capitalistica perfetta".
Che batosta, povero Georges: imputato di concorso esterno in capitalismo. Potrebbe invocare la legge Cirami, perché il suo giudice è prevenuto. Fateci caso: giorni fa il presidente Ciampi ha nominato grand'ufficiale il perfido Camilleri, uno di quegli eredi di Simenon che secondo Consolo "imperversano" con i loro giallacci, e cavaliere il commissario Montalbano televisivo, l'attore Zingaretti. Un vero affronto, in terra di Sicilia, all'unico autentico scrittore siciliano, "scrittore senz'ANCHE": Consolo appunto, che ultimamente si è assunto ANCHE il ruolo di Superprocuratore per la Letteratura Alta. Come? Quello diventa gr. uff., porc. e lup. mann., e a Consolo nemmeno una medaglietta? Inconsolabile. Abbasso il giallo dei padroni, penna rossa la trionferà.
 
 

Giornale di Sicilia, 17.2.2003
Clic, Montalbano sono...

"Pronto, Montalbano sono...", quante volte leggendo un libro o guardando un film, che vede protagonista il celebre commissario, lo si sente pronunciare questa frase, con il suo tipico accento.
Una passione, un amore fortissimo, quello che unisce un grandissimo numero di appassionati del commissario nato dalla fantasia di Andrea Camilleri.
E` proprio da questo sentimento che nasce il sito del commissario Montalbano.
Basta cliccare www.vigata.org, per ritrovarsi virtualmente al centro di Vigata, con Montalbano e Camilleri che fanno i "padroni di casa".
Un sito completo, che accontenta tutti, anche gli appassionati più esigenti.
Tra le tante particolarità che si possono trovare nel sito, va ricordata la sezione dedicata alla cucina tipica di Montalbano. Dalla caponatina al brusciuluni, dallo sfincione al sorbetto di gelsomino, dai purpi affucati alla pasta al nero di seppia, dal macco all'agnello alla cacciatora, queste e tante altre ricette, con il relativo riferimento al libro di appartenenza, possono essere scaricate, per farsi una "mangiata alla Montalbano". Ma le pagine dedicate alla gastronomia sicilianana, sono solamente una piccola parte delle innumerevoli curiosità che si possono trovare sul sito. Tra queste va segnalato l'album fotografico di Camilleri, la possibilità di chattare con lo scrittore, il test di conoscenza delle opere, un viaggio introspettivo su Camilleri e Montalbano, alcune foto di Vigata e, ovviamente, la possibilità di associarsi al Camilleri fans club.
Michela Forastieri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 18.2.2003
Venerdì al Politeama la prima di una composizione dedicata alle vittime di mafia, fame e terrorismo 
Betta: "Il mio canto libero contro guerra e violenza"
Ha scritto una ninna nanna per Depardieu

Musica e parole contro la guerra, cucite come un viaggio immaginario tra le vittime di tutte le violenze, da New York a Palermo, dalla Cisgiordania agli indiani d´America. L´ultima fatica del compositore palermitano Marco Betta è una sinfonia che si chiama "Lettere di guerra e di morte" ed è una sorta di «diario sinfonico con variazioni», come lui stesso la definisce, che sarà eseguito venerdì in prima assoluta al teatro Politeama dall´Orchestra sinfonica siciliana diretta da Alberto Veronesi. Il testo è del giornalista Pippo Ardini, e vedrà impegnate l´attrice Lucia Chirico come voce recitante, il soprano Patrizia Macrelli e una bambina di nove anni, Marica Campo, che apre e chiude il lavoro, simbolo di un futuro di speranza. «Il progetto di Pippo Ardini è nato un anno fa - racconta Betta, reduce dal debutto siciliano de "Il fantasma della cabina" di Camilleri - e ora che andiamo in scena è di sconvolgente attualità. L´ho accolto con grande entusiasmo, e mi piace considerarlo un piccolo contributo che si aggiunge a tutte le voci che in questi giorni si levano contro la guerra». Ardini ha messo insieme una raccolta di lettere, frammenti di voci delle vittime di ogni violenza, che compongono un diario immaginario. «È un viaggio tra i luoghi del dolore - continua il compositore palermitano - e diventa lo stato emozionale di tante voci diverse: dalla miseria dell´Africa, alla tragedia delle Twins Towers a New York, dalla popolazione di Tulkarem nella Cisgiordania martoriata dalla guerra, al genocidio dei nativi americani di Fort Laramie, fino a Palermo, dieci anni dopo le stragi del ´92. Nel finale, la dedica letta da Marica Campo alle vittime dell´Olocausto è un simbolo che racchiude tutti gli innocenti uccisi dal terrorismo, dalla mafia, del potere e delle dittature».
Betta ha lavorato a una composizione che a tratti si sovrappone al testo, scavando nel senso profondo delle parole, e a volte gli si contrappone, per esprimere gli stessi concetti con un linguaggio diverso. «Una struttura polifonica che poi si ricongiunge nell´aria del soprano, dedicata alle stragi di mafia di Palermo, e nel suono del violino solista che diventa un sussurro simile a una voce che si spezza».
[...]
Dalla dedica contro la guerra, affidata a un flusso di parole e di suoni che si alternano e si contrappongono, a un´altra serie di impegni che porteranno Betta a cimentarsi nuovamente con i romanzi di Andrea Camilleri: a Siena, quest´estate in collaborazione con l´Accademia chigiana, le sue musiche saranno protagoniste di una nuova opera in due atti, cucita con "Che fine ha fatto la piccola Irene?", e "Il mistero del finto cantante", da "Le inchieste del commissario Collura": sul podio ci sarà Antonino Fogliani. «Continuo l´esperimento iniziato col "Fantasma della cabina" - dice Betta - ma stavolta i due atti avranno atmosfere completamente differenti, seppure proiettati verso un moderno singspiel, che recupera la musica da camera del Novecento».
[...]
Laura Nobile
 
 

Gazzetta del Mezzogiorno, 18.2.2003
Vico, albergo diffuso con vista sul Parnaso

Vico, albergo diffuso con vista sul Parnaso. Dalla pietra alla carta il passo potrebbe essere breve, dal borgo antico alla letteratura praticamente già compiuto. L'idea? È venuta a Gaetano Lisciandra, l'architetto che insieme al genio di Gae Aulenti dovrebbe firmare il maestoso progetto (unico in Italia) di rivitalizzazione del borgo antico di Vico del Gargano. «Perché non fate in modo che sia un grande scrittore a fotografare questo evento? Magari lo invitate, per alcuni giorni, facendogli ambientare un racconto, una novella, un romanzo chessò... insomma, immortalate la trasformazione di questa cittadina con un libro, magari un film. Pensateci, così senza impegno... ». Manco a dirlo, pronti via. L'imbeccata ha sedotto l'assessore della Comunità montana del Gargano Giuseppe Maratea, che ha già chiesto al responsabile della comunicazione del progetto Enrico Ciccarelli di sondare la disponibilità di alcuni autori dal nome più ingombrante della penna: l'elegante Daniel Pennac, il cinico Ian Mc Ewan, il giallista Andrea Camilleri, il vissuto Andrea De Carlo, e perché no (non è stato forse il sogno che fin qui ha animato la realizzazione dell'albergo diffuso?) il premio Nobel Gabriel Garcia Marquez. La caccia è aperta, certo non sara facile. Ma il Gargano è fatto di pietra, come la scorza di chi s'è innamorato di questo progetto quando tutti intorno esortavano «a lasciar perdere!» L'idea avrebbe già sedotto Gae Aulenti, che nella due giorni trascorsa a Vico in occasione della presentazione alla cittadinanza del progetto, ha avuto modo di apprendere che il drammaturgo americamo Arthur Miller scendendo nella grotta dell'Arcangelo San Michele, a Monte Sant'Angelo, ci scrisse un racconto di circa trenta cartelle. «Ma dai, pensa te che io Miller l'ho conosciuto in California... cos'era, forse il 1972... Mi parlava tanto dell'Italia, soprattutto dei paesi di pietra che aveva conosciuto nel Sud» ha ricordato la Aulenti. Ecco perché sarebbe opportuno che quella pietra venisse redenta nella carta, sulla carta di un grande scrittore. Vico lo meriterebbe, ma più di Vico l'oblò di questa provincia con vista sul dolore.
Davide Grittani
 
 

RaiNews24, 19.2.2003

Una bella intervista a Camilleri relativa soprattutto al Maigret televisivo e al giallo europeo; personalmente l'ho trovata molto incisiva, divertente ed istruttiva, davvero una buona mezzora circa di botta e risposta, condotta anche molto bene dalla giornalista Rai di cui purtroppo non ricordo il nome e sviluppata con grande chiarezza da Camilleri... un pezzettino di nottata ben speso...
Adalberto
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.2.2003
IL PERSONAGGIO
Consolo una laurea e settant´anni di delusione 

Vincenzo Consolo festeggia i suoi settanta anni con la laurea honoris causa. Ieri l´Università romana di Tor Vergata ha tributato gli onori accademici allo scrittore di Sant´Agata di Militello. La cerimonia di consegna del prestigioso riconoscimento si è tenuta presso l´auditorium della Facoltà di Lettere e Filosofia. La «laudatio» è stata affidata a Enrico Guaraldo e Andrea Guareffi. Nel pomeriggio, Vincenzo Consolo ha tenuto la sua prolusione sulla metrica della memoria. «Fortunatamente - commenta visibilmente commosso Consolo - esiste ancora un baluardo culturale, quello dell´Università. È questo un riconoscimento che non è solo gratificante ma, soprattutto, consolatorio, rassicurante. Non ha definitivamente trionfato la letteratura di consumo, quella industriale. È questo il secondo riconoscimento accademico che mi viene riconosciuto quest´anno dopo il convegno sul mio lavoro organizzato dall´Università di Parigi. Ma ci terrei, almeno questa volta, a non essere frainteso».
«Questa affermazione - spiega l´autore del "Sorriso dell´ignoto marinaio" - non è da intendersi come semplicistica avversione verso una letteratura di successo. Non inseguo consensi. Non l´ho mai fatto».
Consolo si riferisce alle recenti polemiche che hanno avuto come terreno di scontro le cronache culturali dei giornali. Una contesa intellettuale che ha visto fronteggiarsi come duellanti che hanno smarrito l´oggetto del contendere Vincenzo Consolo e Andrea Camilleri.
«Siamo alle solite. Già nel passato hanno montato una presunta rivalità tra me e Bufalino. Personalmente voglio chiamarmi fuori da ogni disputa - precisa lo scrittore di Sant´Agata di Militello - certe mie dichiarazioni, estrapolate, decontestualizzate, finivano con l´apparire astiose e rancorose. Per quanto mi riguarda, verso Andrea Camilleri non ho particolari motivi di contrasto. Ci siamo incontrati una sola volta. Ho letto i suoi apprezzamenti per la mia scrittura e per questo gli sono sinceramente grato. Il mio intervenire nel dibattito letterario recente voleva essere un argomentare altro. Uno sguardo ampio e critico verso certa letteratura di facile consumo. Quella imposta, voluta da una ben identificata industria politica e culturale italiana. Un´operazione di omologazione culturale ormai imperante».
Paradossalmente Consolo continua a riceve dure critiche da certa intellettualità progressista, piuttosto che dagli avamposti conservatori oggetto quotidiano dei suoi interventi.
«È questo un aspetto che mi lascia sinceramente smarrito. Riguardo poi la mia antipatia è ormai diventata una leggenda. Un aspetto che, confesso, non mi lusinga particolarmente ma non mi intristisce. Credo che uno scrittore debba essere comunque contro, scomodo. Se un intellettuale non è critico, diventa cortigiano. È stato così per Vittorini, per Pasolini e per Sciascia, intellettuali contro che il sistema non è riuscito a fagocitare, assoldare, arruolare, ostentare».
Lo scrittore non maschera una certa delusione per il fatto che il prestigioso riconoscimento accademico gli venga da Roma e non dalle sue città rispettivamente di formazione e di elezione: Palermo e Milano.
«Quando sono arrivato nel 1963, Milano incarnava ai miei occhi la città dell´utopia. La patria immaginaria. Il luogo opposto. In tutti questi anni, l´ho vista ingrigirsi, spegnersi. È diventata la città di personaggi come Bossi e Berlusconi. Ma la delusione più insopportabile per me rimane quella della Sicilia. Questa sua attuale condizione politica è inclassificabile. Alla vigilia delle scorse elezioni sono intervenuto, ho cercato di portare il mio modesto contributo. Non avrei mai immaginato la vastità e l´insopportabile consenso che i siciliani hanno voluto tributare all´attuale sistema di potere. Credo che con gli attuali governi siciliani abbiamo toccato veramente il fondo. Ma voglio essere fiducioso. Spero sempre che sia vicino un riscatto, un moto di risentimento. Milano e Palermo dunque incarnano per me le due facce di una medesima delusione. A voler sintetizzare in una delle mie solite metafore che tanto appaiono antipatiche, mi sento ormai un ulisside condannato a non ritrovare la patria. Un errante in un viaggio senza ritorno: quello delle passioni incenerite, della bellezza e della poesia oltraggiate».
Concetto Prestifilippo
 
 

Corriere della sera, 20.2.2003
Navigate con me
Su Internet inseguendo Montalbano, tra ricette e vocabolari di siciliano

La Rete è ricca di siti dedicati ad Andrea Camilleri. C'è quello ufficiale (www.andreacamilleri.net ) in cui si naviga per parole-chiave: «Montalbano», «Indagine», «Stato», «Sicilia», «Linguaggio», «Teatro» e «Vigata». E' costruito da spezzoni di testi e da dichiarazioni dello scrittore, che spiega se stesso, le sue intenzioni e invenzioni, la nascita «casuale» del famoso commissario. Si aggiunge un Forum frequentatissimo da lettori: qualcuno suggerisce persino trame da sviluppare. Sulla «Sicilia» di Camilleri si può cercare in www.geocities.com/ commontalbano . Sul commissario più noto d'Italia c'è un www.montalbano.wilde.it che dà informazioni soprattutto sugli episodi televisivi, mentre www.illadrodimerendine.it informa su un'avventura multimediale. Ma soprattutto divertente sarà entrare nel «Camilleri fans Club» (www.vigata.org ) con tanto di «Statuto» e organigramma che va dal Presidente al Direttore esecutivo, ai Soci fondatori e a quelli «di rispettu». Un sito molto articolato con foto dell'«Album di famiglia», studi e scelte di pagine esemplari, notizie dettagliate sull'inventata Vigata e un completo «Dizionario» del colorito linguaggio di Camilleri dall'«A» alla «Z». E poi tante curiosità: su Montalbano e la cucina, sui mali detrattori snob dello scrittore e così via. Per diventare soci di questo «Club» bisogna risolvere un quiz: non si vogliono intrusi, ma solo estimatori del «Sommo».
Giorgio De Rienzo
 
 

Il Tirreno, 20.2.2003
Rai alla deriva. E` stato distrutto un patrimonio
 
 

Messaggero Veneto, 20.2.2003
Carlo Lucarelli, punto di contatto tra la letteratura e il cinema noir

Cosa ci fa un docente di scrittura creativa al Cinecity di Pradamano, come protagonista della Serata in giallo? Davanti a un folto pubblico di studenti e appassionati del genere, Carlo Lucarelli, che è anche un affermato scrittore di letteratura gialla e noir, sceneggiatore e conduttore televisivo (Blu notte), esplora con competenza il connubio, talvolta arduo, tra letteratura noir e cinema. Nel suo raccontare, lieve e divertente, i concetti enunciati sono intrecciati a molti aneddoti tratti dalla sua esperienza professionale.
«Letteratura noir e cinema: sicuramente – dice – si tratta di un rapporto stretto, non solo relativamente ai film che vengono realizzati, ma anche a quelli che, per qualche motivo, non si fanno. A tutti i “nuovi” scrittori (non dico giovani, perché potrebbero avere l’età di Camilleri), appena pubblicano un libro viene proposto di trarne un film, anche se poi raramente si arriva in fondo».
Cosa accomuna la letteratura noir al cinema di genere? «Sicuramente la suspense, il colpo di scena e la struttura narrativa della storia. Oltre ad avere un buon bagaglio culturale letterario, tutti gli scrittori hanno assorbito determinate suggestioni cinematografiche come spettatori, arricchendo il proprio immaginario di immagini filmiche e televisive (un nome per tutti, Belfagor). Il cinema ha fame di storie nuove e, quindi, ricorre spesso alla letteratura, comprando i racconti che funzionano come nel caso dei miei romanzi Almost Blue e Lupo Mannaro. Ma è un rapporto impari quello che si instaura tra linguaggio letterario e cinematografico: il libro è sempre più esauriente, in quanto il codice scritto permette di dilungarsi in descrizioni accurate, anche per interi capitoli. Al contrario, nel film bisogna condensare tutto in tempi ben definiti».
«Il cinema – continua – possiede altri punti di forza: per esempio la musica e la potenza evocativa delle immagini; anche solo un’inquadratura può definire un personaggio. Quando andiamo a vedere un film che è stato tratto da un libro che abbiamo già letto, succede che rimaniamo delusi, perché, durante la lettura, ognuno si è creato le proprie immagini mentali. Probabilmente molti telespettatori avranno pensato che Zingaretti non abbia la faccia di Montalbano, ma, se li avessimo intervistati, ognuno ce ne avrebbe dato una descrizione diversa, personale. Nella trasposizione cinematografica di un libro insorgono poi altri problemi, di ambito extra-artistico e produttivo. Per esempio, venne comprato il mio romanzo Indagine non autorizzata, che poi non si fece. Si pensava di realizzare un film per la tv, ma essendo in costume, ambientato negli anni ’30, richiedeva cospicui finanziamenti; così si pensò di ricorrere a una coproduzione, in un primo tempo francese. La coprotagonista è una profuga di Fiume, e nel libro viene tratteggiato il suo ritratto in tre capitoli. Ma dovendo necessariamente restringere i tempi, la produzione decide di farne una profuga francese. Quindi fu necessario riadattare la sceneggiatura. Nel frattempo la coproduzione cambia e diventa svedese: cosa ne facciamo, mi chiedo, di una profuga svedese? Mi si disse che anche Ingrid Bergman, dopotutto, era venuta a lavorare in Italia».
Qual è la situazione della letteratura e del cinema noir nel nostro Paese? «Gli scrittori e i registi non mancano, siamo piuttosto carenti per quanto riguarda la produzione. Purtroppo si cerca sempre di realizzare film che siano fruibili da un vasto pubblico: non troppo violenti, non devono essere contro le istituzioni. Ma c’è stata un’evoluzione dal giallo classico al cinema noir, che parla di giochi sporchi, di investigatori corrotti; difficile normalizzare tutto».
Dopo la visione in sala di Mullholland drive, di David Lynch, Carlo Lucarelli commenta così il film, traendone spunto per parlare ancora della struttura narrativa del cinema e della letteratura noir: «Il film di Lynch è un capolavoro, una storia misteriosa, accattivante, anche se non si può raccontare. Come Il grande sonno e I soliti sospetti sono film in cui sembra di poter seguire normalmente il racconto, ma a metà ci sono delle aporie che dicono allo spettatore: guarda che non è vero niente. Nel genere noir ci sono degli stilemi ormai talmente interiorizzati dagli spettatori che sono in grado di prevedere cosa accadrà. La sfida in un genere così codificato, è di creare lo spiazzamento; il non riconoscere le cose genera tensione e paura, come nel film di Lynch».
Germana Snaidero
 
 

Il Nuovo, 21.2.2003
AAA affittasi villa di Montalbano
Visto l'enorme successo della fiction di Raiuno, la villetta del commissario di Camilleri può essere presa in affitto. 10 posti letto, 3 mila euro a settimana.

RAGUSA - In vacanza nella casa del commissario Montalbano. Questa volta non è finzione cinematografica, ma realtà. La splendida villa a due passi dal mare, infatti, si affitta. E non solo come set della fortunata serie televisiva che ha come protagonista il personaggio ideato da Andrea Camilleri. Ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata, costa tremila euro per sette giorni. Una settimana in cui si possono scoprire ''le sette meraviglie'' del Ragusano tra arte, natura ed enogastronomia.
L'idea è venuta all'Azienda Provinciale di Turismo che ha deciso di coniugare le bellezze paesaggistiche della zona con la fiction di Raiuno. La villetta si trova a Puntasecca, tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina. Vigata, infatti, è frutto della fantasia di Camilleri. ''Le numerose richieste hanno convinto il proprietario dell'abitazione, un noto professionista di Ragusa - racconta Mario Papa, consigliere dell' azienda per l'Incremento Turistico - a far inserire la sua casa nel circuito promosso dall'Apt di Ragusa''.
Sull'onda del successo di Montalbano, alla Borsa internazionale del Turismo di Milano, Ragusa ha presentato un video per illustrare ''i luoghi del Commissario''. Tra tutti spicca la piazza di Ragusa Ibla, dove il commissario posteggia la sua auto, davanti alla scalinata della Chiesa di San Giorgio, un gioiello del barocco siciliano. A Ragusa, che da un mese fa parte del Patrimonio dell'Umanità, grazie al riconoscimento Unesco, il flusso dei turisti è triplicato, con un aumento del 33%. ''Il Castello di Donnafugata, recentemente restaurato - afferma il sindaco di Ragusa, Domenico Arezzo - ha avuto 50 mila presenze paganti nel periodo compreso tra il 15 giugno e il 30 novembre del 2002''.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.2.2003
Pioggia di richieste per conoscere i luoghi della fortunata fiction tv e la Provincia di Ragusa lancia un itinerario turistico
Tutti in vacanza con Montalbano
La casa del commissario si affitta a tremila euro la settimana
Dieci posti letto, interamente restaurata, la villa si affaccia sulla spiaggia di Puntasecca tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina

Una spiaggia sconfinata, l´odore del mare che entra in casa, un paesaggio dai sapori selvaggi tutt´attorno e, non ultimo, una fantastica terrazza sulla quale "perdersi" nell´orizzonte all´alba e al tramonto. Vigata, "l´isola che non c´è", piace e colpisce l´immaginario collettivo. Ma la casa in cui la Rai ha girato le riprese della fiction tv dedicata al commissario Montalbano, l´amatissimo poliziotto creato dallo scrittore Andrea Camilleri, esiste. Una bella villa, interamente ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata e tutti i comfort, che si candida a diventare un "must" dell´estate 2003. Come già avvenne a Salina, per la casa del "postino", lo splendido film di Massimo Troisi, la villa del commissario Montalbano si affitta per le vacanze e a prezzi d´oro: ben tremila euro per una settimana.
La "casa di Montalbano" domina uno degli angoli più incontaminati e meno conosciuti della Sicilia: la spiaggia di Puntasecca qualche chilometro oltre Marina di Ragusa. Una zona bellissima che non intende perdere il treno della fortunata serie televisiva che ha come protagonista il commissario dei libri di Camilleri per lanciare il proprio sviluppo turistico. Non ci saranno le famigerate "sarde" di Adelina in frigorifero, ma la villa in cui sono state girate buona parte delle riprese - hanno pensato gli amministratori della provincia di Ragusa - può essere un ottimo punto di partenza per un itinerario tra le "sette meraviglie" del Ragusano tra arte, natura ed enogastronomia.
E così l´Azienda provinciale di Turismo di Ragusa è riuscita ad ottenere la gestione della villetta dal proprietario, un noto professionista di Ragusa. Sembra infatti che, dopo ogni puntata dello sceneggiato su Montalbano, i centralini della Rai siano stati tempestati di telefonate di spettatori che chiedevano di localizzare con esattezza i luoghi ripresi. Che, come si sa, non corrispondono affatto con quelli dei romanzi di Camilleri ambientati nella zona di Porto Empedocle di cui lo scrittore è originario.
«Le tantissime richieste - racconta Mario Papa, consigliere dell´azienda per l´incremento turistico di Ragusa - hanno convinto il proprietario dell´abitazione, un noto professionista di Ragusa - a far inserire la sua casa nel circuito promosso dell´Apt di Ragusa». Luca Zingaretti e il suo Montalbano, insomma, hanno dato una spinta imprevedibile al turismo ibleo. «La scorsa estate - afferma l´assessore comunale al Turismo, Francesco Barone - abbiamo dovuto dire no alle richieste di migliaia di visitatori che non hanno trovato posto negli alberghi. Giapponesi e tedeschi sono interessati, ora, a sfruttare il business e a creare nuovi alberghi, mentre si sono moltiplicati vertiginosamente i bed and breakfast».
Sull´onda del successo di Montalbano, alla Borsa internazionale del turismo di Milano, Ragusa ha presentato un video per illustrare «i luoghi del Commissario», dando un´identità precisa a quegli scorci mozzafiato che fanno da sfondo alle imprese di Luca Zingaretti, ma che non vengono identificati chiaramente nel racconto. Tra tutte c´è la straordinaria piazza di Ragusa Ibla, dove il commissario posteggia la sua Fiat Punto, davanti alla scalinata della Chiesa di San Giorgio, un gioiello del barocco siciliano. A Ragusa, che da un mese fa parte del Patrimonio dell´Umanità, grazie al riconoscimento Unesco, il flusso dei turisti è triplicato, con un aumento del 33 per cento.
«Il Castello di Donnafugata, recentemente restaurato - afferma il sindaco di Ragusa, Domenico Arezzo - ha avuto 50 mila presenze paganti nel periodo compreso tra il 15 giugno e il 30 novembre del 2002. Ragusa, che ha il Pil più alto tra le province del Mezzogiorno, non si distingue solo per l´enorme patrimonio monumentale - prosegue Arezzo - ma anche per le risorse naturalistiche e ambientali di rara bellezza. Ora dobbiamo cercare di attirare investitori creando una rete sinergica tra i comuni che, come noi, hanno avuto il riconoscimento dell´Unesco».
Alessandra Ziniti
 

LA POLEMICA
Porto Empedocle protesta: "Ma Vigata è qui da noi"

A far esplodere il caso era stata alcuni mesi fa la prima serie tv trasmessa da Rai Uno sul commissario Montalbano. La terrazza teatro delle tante riflessioni di Luca Zingaretti non si affaccia sul mare di Agrigento, ma su quello di Ragusa. «E questo - si erano lamentati - non rispetta la realtà dei luoghi». Sì, perché è vero che Vigata esiste solo sull´atlante geografico di Andrea Camilleri, ma è anche altrettanto chiaro che si tratta di una licenza poetica liberamente tratta dai luoghi in cui lo scrittore è nato e cresciuto, e cioè Porto Empedocle e i suoi dintorni. Che, però, oggi non sono più come erano alcuni decenni addietro. Colate di cemento e ciminiere hanno distrutto l´autenticità dei luoghi descritti nei romanzi e così, per cercare l´ambientazione più adatta, il regista Alberto Sironi, confortato dal parere dello stesso Camilleri, si è spinto fino alle coste del ragusano. Ma la scelta non è andata giù agli amministratori di Porto Empedocle che hanno vigorosamente protestato: «Ragusa non c´entra nulla, Vigata è qui da noi». Un´occasione perduta per il turismo agrigentino vittima del degrado e dello scempio ambientale.
 
 

Giornale di Brescia, 22.2.2003
Vacanze in casa del commissario Montalbano
NEL RAGUSANO

PALERMO - La casa del Commissario Montalbano - quella splendida villa a due passi dal mare - si affitta. E non solo come set della fortunata serie t v che ha come protagonista il personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri. Ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata, costa tremila euro per sette giorni: una settimana in cui si possono scoprire «le sette meraviglie» del Ragusano tra arte, natura ed enogastronomia. L’iniziativa è dell’Apt che ha deciso di coniugare le bellezze paesaggistiche della zona con la fiction di Raiuno che ha suscitato interesse e curiosità anche per i luoghi incantevoli che le fanno da sfondo. Sono state numerosissime, infatti, le telefonate giunte alla Rai - subito dopo ogni puntata - per conoscere l’esatta localizzazione della casa del commissario. La villetta si trova a Puntasecca, tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina. Perchè, Vigata, come è noto, non esiste in nessuna cartina geografica. Anche altre due ville storiche, dove sono state girate sequenze della fiction, (una è a Sortino), sono state inserite nel circuito Apt.
 
 

La Stampa, 22.2.2003
CHE COSA NE PENSA IL DIRETTORE DEL TG5: UN GIORNALISTA MILANESE CHE DIRIGE IL SUO TELEGIORNALE A ROMA
Mentana: no a Telelumbard ma ci vuole più Nord in tv
«Perché Storace, Veltroni, Moffa si battono per l´occupazione? I talenti che vivono a Milano o Torino sono disoccupati di serie B?»

[...]
Ma nella Rai del Nord non è che poi evitano di trasmettere le avventure del commissario Montalbano, siciliano frutto della fantasia del siciliano Camilleri?
«Appunto, non mi risulta che Montalbano abiti a Roma. Ma non vedo il nesso con il nostro discorso».
[...]
 
 

La Sicilia, 22.2.2003
D'Angelo, attore conteso dai registi di fiction

Più che un volo, un'ascesa D'Angelo. E' infatti un periodo decisamente propizio per il bravo attore catanese Fulvio D'Angelo (formatosi e cresciuto al Teatro Stabile), il quale deve dividersi, non senza difficoltà, tra il palcoscenico e i registi di seguitissime fiction televisive che se lo contendono.
Dopo aver preso parte alla fortunata serie del «Commissario Montalbano», ricoprendo un importante ruolo negli episodi dal titolo «La forma dell'acqua» e «Il cane di terracotta», D'Angelo ha avuto una parte anche in «Distretto di polizia».
[...]
Parlando di fiction, finora l'esperienza più emozionante, sottolinea D'Angelo, è stata la partecipazione al «Commissario Montalbano», dove ha interpretato l'amico d'infanzia-confidente dell'amatissimo poliziotto creato da Camilleri e impersonato da Luca Zingaretti. «Nella seconda puntata ho un lungo colloquio con Zingaretti. Quella scena il regista Alberto Sironi l'ha voluta girare 6 volte, nonostante la prima andasse bene. Perché 6 volte? Ma perché gli piaceva vederci recitare, diceva che era "un'interpretazione teatrale da manuale". Poi nella sequenza in cui mi hanno "ammazzato", ho avuto paura: mi hanno messo addosso delle piccole cariche esplosive per simulare i colpi di pistola che mi centravano al petto, e le detonazioni mi hanno causato fastidiosi dolori a un orecchio. Però, lo confesso, rifarei tutto: in fondo mi sono divertito. Come sempre, nel mio lavoro. Infatti non aspetto altro che tornare sul set. Palcoscenico permettendo...».
Mario Bruno
 
 

Corriere della sera, 23.2.2003
Dopo l’annunciata cessione della Ricciardi alla Treccani, inchiesta sulla drastica riduzione delle collane dedicate ai nostri grandi autori 
Aiuto, l’Italia ha perso i classici

[...]
Così ai classici italiani si affiancano gli stranieri, che tra l'altro spesso vendono più dei nostri (se non si chiamano Camilleri, il primo caso di autore diventato un classico nel giro di pochi anni solo in virtù delle copie vendute!).
[...]
Paolo Di Stefano
 
 

Libertà, 23.2.2003
L'INTERVISTA
L'ex consigliere della Rai ha scritto un libro sull'azienda di viale Mazzini
Emiliani: è una tv ormai alla deriva
«In pochi mesi questo vertice ha distrutto un patrimonio»

[...]
Non c'è alcuna strategia culturale: se la Rai non affonda è perchè puù ancora contare sui prodotti realizzati precedentemente come Sospetti o Montalbano. Ma lo sa non è stato ancora firmato alcun contratto per la nuova serie del commissario inventato da Camilleri?».
[...]
 
 

Il Messaggero, 23.2.2003
I sogni di gloria lombardi fanno a pugni col risicato budget di viale Mazzini che dovrebbe far fronte a nuove spese per teatri, viaggi e collegamenti
Ma il “trasloco padano” costa troppo
Per la fiction a Roma mille imprese audiovisive. A Milano pochi studi e inadatti

[...]
La parola d’ordine è fantasticare una tv del Nord con l’investigatore Duca Lamberti di Scerbanenco al posto del Montalbano di Camilleri (magari gentilmente ceduto a Mediaset), Bertolazzi celebrato almeno quanto Eduardo De Filippo e, magari, una bella biografia di Don Gnocchi fra un programma di Gene Gnocchi e l’altro.
[...]
Marco Molendini
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.2.2003
LA CURIOSITÀ. L´ex capo della squadra Falcone e Borsellino: " Sono lusingato"
Un Montalbano in carne e ossa
Mario Bò, da Palermo a Trieste, "eroe" dei fan di Camilleri

L´ultima cosa che avrebbe mai pensato, dopo avere passato 14 anni in Sicilia a dare la caccia ai latitanti e agli assassini di Falcone e Borsellino, era di arrivare a Trieste ed essere identificato come il «commissario Montalbano». Lui e tutti gli uomini della squadra mobile che dirige da nove mesi definiti «eroi veri, in carne ossa» dai fan del commissario di polizia protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri. Fan che hanno preso carta e penna scrivendo al questore di Trieste Natale Argirò dicendogli di avere «trovato» nella realtà il commissario Montalbano. Ma cosa ha mai fatto Mario Bò, 43 anni, pisano ma ormai palermitano d´adozione, già capo della speciale squadra Falcone e Borsellino voluta da Arnaldo La Barbera per indagare sulle stragi di Capaci e via D´Amelio, per meritarsi tanto riconoscimento popolare?
Nulla di speciale, probabilmente, da un punto di vista professionale (se si considera che a monte di questa lettera c´è un banale furto in appartamento), molto dal punto di vista del cittadino vittima di un reato che si è visto risolvere il suo problema e trattare con rispetto.
«Bè, non può che farmi piacere - commenta imbarazzato Mario Bò - . Evidentemente il personaggio assolutamente siciliano del commissario Montalbano, rassicurante e vicino al cittadino, ha fatto breccia anche al nord dove si dice che la gente ha sentimenti di apparente freddezza. In realtà, invece, è molto solidale con le istituzioni. Non siamo certo eroi, cerchiamo solo di realizzare con il cuore quel concetto di polizia di prossimità, di svolgere un servizio al fianco del cittadino nei momenti di difficoltà».
A scrivere al questore di Trieste è stata la signora Graziella Bloccari. «Sono una fan di Andrea Camilleri nonché della versione televisiva del commissario Montalbano, il personaggio che ha creato. Mi piace quella spontaneità, quella semplicità che cela una tenacia e uno spirito di abnegazione non credibile ai giorni nostri. Gesti quotidiani vissuti né come dovere e neanche con l´enfasi di una missione, ma così semplicemente, perché è giusto. Montalbano era il mio eroe fino all´altro ieri, finto, costruito e creato per spettacolo. Introvabile credevo. Signor questore, Montalbano è finto perché gli eroi veri sono i suoi uomini. Sono qui in carne e ossa ma con le stesse caratteristiche e qualità di quelli finti. Lavorano più ore di quante ne abbia l´orologio, senza guardarlo, senza pensare al pranzo, ai figli, alla moglie. Non ho conosciuto tutti i loro nomi, ma non serve perché sono una squadra. Raramente ho avvertito un coordinamento così, un "uno per tutti e tutti per uno"».
Alessandra Ziniti
 
 

fnac.com
Le roi Zosimo
Andrea Camilleri, Editions Fayard
S'inspirant d'un épisode bien réel de l'histoire de la cité sicilienne d'Agrigente, Andrea Camilleri offre un roman saisissant d'ingéniosité linguistique et littéraire.

En résumé
Tout commence au mois de juin 1994, à Rome. Andrea Camilleri découvre dans un petit livre déniché au hasard de ses pérégrinations un épisode relatif à l'histoire de la ville d'Agrigente. En 1718, époque à laquelle la cité sicilienne s'appelle encore Girgenti, le peuple parvient à neutraliser la garnison des Savoie. Les insurgés prennent le contrôle de la ville, désarment les nobles, exécutent un certain nombre de dirigeants, réorganisent le pouvoir politique et portent sur le trône leur chef Zosimo, paysan de son état. L'absence de tout programme politique permet au capitaine Pietro Montaperto de reprendre rapidement le contrôle de la cité…
À partir de cet événement bien réel, Andrea Camilleri, natif d'une petite ville située à quelques kilomètres d'Agrigente, mène son enquête sur le personnage énigmatique de Zosimo et décide d'écrire sa biographie « en inventant ». Il en résulte un récit truculent, troussé avec verve et mené avec la subtilité coutumière de l'auteur. Riche d'une multiplicité de registres linguistiques, le langage camillerien atteint ici sa plus grande perfection. Pour mettre en avant le décalage du texte original entre l'italien et le dialecte sicilien, la traductrice Dominique Vittoz, dont il convient de souligner l’imposant travail, a eu recours au français ancien et au parler franco-provençal de la région rhodanienne. Chef-d’œuvre d’écriture, Le Roi Zosimo est à ce jour l’un des romans les plus aboutis de son auteur.
À noter qu’au diapason de l'édition italienne, qui propose un lexique sicilien en fin d’ouvrage, on trouve ici un glossaire de français ancien et de français régional de Lyon.
 
 
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011