RASSEGNA STAMPA
FEBBRAIO 2003
Teatro Vittorio Emanuele
II
Conferenza stampa "Il fantasma nella cabina"
Lunedì 3 febbraio alle ore 16.00 - Sala IV° Piano T.V.E.
- si svolgerà la conferenza stampa relativa allo spettacolo "Il
Fantasma nella cabina" (Il Commissario di bordo), opera in due atti con
musiche di Marco Betta, su libretto di Rocco Mortelliti da un racconto
di Andrea Camilleri, (Editore Proprietario Casa Musicale Sonzogno di Piero
Ostali, Milano), Saranno presenti il compositore M. Betta, il regista e
librettista R. Mortelliti (che è anche interprete del ruolo di "Rocco"),
il direttore d'orchestra Fabrizio Maria Carminati ed i cantanti dell'opera,
oltre naturalmente alle rappresentanze del Teatro di Messina che ha prodotto
questo primo appuntamento operistico stagionale.
l'Unità, 1.2.2003
Più incollato che mai al cavallo di viale Mazzini, il consigliere
leghista Ettore Albertoni non ha alcuna intenzione di essere disarcionato.
Anzi. Promette una vera e propria rivoluzione culturale in Rai. Troppa
Sicilia nella fiction.
E questo Montalbano, va bene, ha successo, ma "è ingiusto" che
l'unico contenitore sia quello della Sicilia". Ci vuole "un indirizzo diverso".
Che non offenda la sensibilità culturale della Lega. E allora, da
Vigata a Brembio? Un bel commissario lodigiano per realizzare la vera Tv
federalista. Ci vorrà un po' di tempo, "almeno un anno", ma le serie
televisive di produzione Rai si adegueranno. Basta partire dall'obiettivo
finale che qualche Andrea Camilleri di turno si trova: "l'indirizzo deve
essere introdotto dal CdA, il contenuto lo farà la struttura".
[...]
Giornale di Sicilia, 4.2.2003
Le pagelle del maestro Camilleri
Anteprima da "Capital". Pubblichiamo un'intervista al grande scrittore
agrigentino. Il mensile in edicola sabato col Giornale di Sicilia.
Carrellata sui siciliani famosi. E` difficile pensare a un comune denominatore.
Da Fiorello a Consoli una raffica di elogi
Mettiti seduto, tranquillo. La questione è di qualche importanza.
Non ti pare, caro lettore, che da un poco di tempo a questa parte siculi
e sicule presero possesso delle tue risate, delle tue letture, per non
dire della tua musica, della tua televisione e del tuo cinema?
Possesso, sì. E neanche possiamo dire che lo fecero zitti zitti, ammucciuni,
di nascosto.
Allora, sei seduto? Non ancora? Ma che stiamo scherzando?
Te lo devo ripetere?
Ricominciamo. Il discorso è questo. Te lo ricordi
il Regno delle due Sicilie? Ora ce ne sono perlomeno cinque o sei, di Sicilie
in questo Regno, e il Re si chiama Camilleri. Camilleri Andrea. Che è
uomo per l'appunto di ironia, essendo della terra di Pirandello Luigi,
Agrigento; e di letteratura, per conseguenza; e travagliò per la
televisione, alla Rai, scrivendo le scene e le battute di telefilm e sceneggiati,
vecchi, ancora in bianco e nero; e per il teatro, insegnando all'Accademia
d'Arte Drammatica, e al Cinema.
Ora, Camilleri scrive libri che ci vorrebbero
petroliere per trasportarli tutti in libreria. Insomma. Un imperatore,
altro che Re.
Andiamo al fatto. Troppi siculi si contendono i titoli del
Regno. E alla domanda '”hi è il più siciliano del Reame?”
viene difficile rispondere. E dunque, chi meglio del Re, dell'Imperatore,
Camilleri Andrea insomma, può fare ordine in questa Corte di stravacanti,
di attori, di registi, belle fimmine, musicisti e scrittori?
Se finalmente sei comodo, cominciamo, caro lettore!
Maestà, scusasse il disturbo, ma chi è il più
siciliano del Reame?
«Difficile dire chi è più siciliano. Anche perché
è difficile pensare a un comun denominatore dell'esser siciliani.
Secondo me, è una partenza sbagliata. La complessità del
siciliano è nota, credo. C'è un bella frase di Vitaliano
Brancati: il signor x e il signor y abitano sullo stesso pianerottolo.
Sono tutti e 2 siciliani. Ma quando si va dalla casa dell'uno a quella
dell'altro, è come passare da un continente all'altro. I siciliani,
tra loro, sono diversi fisicamente, culturalmente, psichicamente».
Ma non sarà proprio questo ad accomunarli, la complessità?
«Naturale. C'è una domanda di Leonardo Sciascia nel Consiglio
d'Egitto, formulata ad un certo punto dal Vicerè: come si fa ad
esser siciliani? Come si fa a sopportarlo? Come si fa a vivere essendo
siciliani?».
Le dispiace se assegniamo qualche titolo, così, per principiare
a mettere ordine? Comincerei da due attori. E il primo, Zingaretti Luca,
lo facciamo siciliano sul campo, ad honorem. L'altro è Fiorello
Rosario. Lo Zingaretti arriniscì a dare vita al suo Commissario
Montalbano, che personaggio di fantasia è: sbirro buono, con senso
di giustizia, simpatico e vincente. E il Fiorello, invece, uomo in carne
e ossa, pare personaggio di fantasia: imitatore, presentatore, cantante,
attore, uomo finito insomma, epperò riesce a dire cose intelligenti,
e a fare una cosa intelligentissima. la Radio...
«Sempre di due attori stiamo parlando. Fiorello imita, presenta
canta, ma è anche un grande attore. La capacità di trasformarsi
da attore disinvolto e cantante ad uomo capace di dire cose intelligenti
e serie, è tipica di un grande attore di intrattenimento. Essere
siciliano qui è molto, molto relativo. Andiamo a toccare quel meraviglioso
mestiere che è l'attore, che poi è la capacità di
essere altro da sé. A questi livelli di bravura, sarebbe persino
possibile una trasformazione di Zingaretti in Fiorello e viceversa. Quando
si è bravi, ci si riesce. Non mi meraviglia per niente».
Lo Zingaretti non aveva le carte in regola per essere Montalbano.
Stando ai suoi romanzi.
«No. Era tutto sbagliato, ragionando con il vecchio schema del
phisyque du role. A cominciare dalletà: Montalbano oggi ha 53 anni:
io ho scritto che è nato nel 1950. Montalbano, poi, ha capelli e
baffi. Luca Zingaretti invece, anche se più giovane e calvo, dà
l'idea di essere l'unico possibile Montalbano. Non ho mai detto è
lontano dal mio personaggio. Sapevo che era uno straordinario attore. Valeva
la mia esperienza».
Sì, perché lei fu suo professore, all'Accademia...
«Io lo considero mio nipote. E lui, mi tiene per zio. Ricordo
che quando cominciò a fare questo personaggio, ebbe una crisi di
impatto, come accade spesso agli attori, e mi fece la prima e ultima telefonata
dal set, dicendomi: Andrea, da dove lo devo prendere questo personaggio?
E io più o meno gli risposi: da te stesso, e non rompere i coglioni.
Non ci furono altre parole».
Solo in Sicilia ci possono essere nipoti adottivi, e difatti il
rispetto si esprime nella ziitudine, nel dare a qualcuno dello Zio. E poi,
il modo di parlare dice tutto: "da dove la devo prendere questo personaggio,
da quale verso..."
«Sì, Zingaretti è un siciliano ad honorem».
E dunque, passiamo alla cerimonia della spada? Che titoli gli diamo
a questi due, il Fiorello e lo Zingaretti?
«Principi, senz'altro».
E Baglio Aldo?
«Quello di Aldo, Giovanni e Giacomo? Io mi ci diverto da matti
con loro. Merita senz'altro un marchesato».
Il Baglio pare uno che lavora all'antica. Grande artigiano da avanspettacolo.
Un classico contemporaneo...
«Anche questo è un bel problemino. Non è che conti
molto l’innovazione. Conta, semmai, quanta intelligenza metti in quello
che fai. Ora, per quel che riguarda noi siciliani - e qui ho uno scatto
d'orgoglio - devo dire che siamo leggermente più reattivi di molti
altri. Perché siamo dei bastardi».
Nel senso letterale? Nel senso che siamo figli di molti padri?
«Proprio. È come la storia del cane di razza. Ha un bel
pedigree, ma è po' scemo. I cani di strada sono più reattivi.
Tornando ad Aldo Baglio, che mi fa ridere davvero assai, mi sembra che
incarni una delle nostre maschere. Giufà ha due facce, è
stupido e intelligente. È il nostro Bertoldo. Baglio ha veramente
grande tradizione».
E Ficarra e Picone?
«Li seguo da molto tempo. Sono due palermitanazzi, in senso buono.
Nel loro lavoro c'è una cosa, una sorta di intelligenza del gioco,
che arriva immediatamente e ti lascia presupporre un risvolto che non è
quello che vedi: un sottotesto, un'allusione continua».
Meritano almeno un Granducato...
«Perlomeno».
La spada pesa. Se la vuole riporre un attimo, le volevo fare una domanda.
Ma come se lo spiega questo fenomeno di colonialismo sicuro nel
territorio difficilissimo della comicità?
«Mica si può avere il ciclo continuo. Era inevitabile
che avvenisse una sorta di ritorno. Questo succede spesso. Abbiamo avuto
l'epoca catanese di Angelo Musco, al quale il grande D'Amico dedicava pagine
e pagine, ed era in grado di farsi capire in tutta Italia. Poi venne De
Filippo, che era napoletano. Sono fatti ciclici. Non so quanto durerà.
Ma bisogna anche dire che questo è il tempo dei comici siciliani
alla ribalta, non il tempo della caricatura della Sicilia. Ricordo quegli
spaventosi doppiaggi, con un siciliano improbabile, che diventavano una
parodia involontaria. Questi nuovi comici, al contrario, fanno parodia
con i loro linguaggi della loro realtà, e l'autenticità paga».
I siciliani fanno ridere. Ed è una buona notizia. Ma sanno
anche ridere di sé. Prenda la Russa lgnazio e Schifani Renato. Fatti
a pezzi da Fiorello e Marcoré. Eppure, uno va in diretta a farsi
fare il verso - "digiamoolo!" - e l'altro si mette con la famiglia davanti
alla televisione a ridere del suo riporto!
«Si vede che sono dei buoni siciliani. A quella domanda di Sciascia,
come si fa ad esser siciliani, una volta risposi: con l'ironia e l'autoironia.
E questo non corrisponde al canone del siciliano irascibile, che è
di per sé falsificante».
Sono diventati due maschere, il La Russa e lo Schifani. O no? Che
facciamo, glielo diamo un titolo?
«Niente titoli. E le dico la verità. A me viene molto
difficile chiamarle maschere, che poi sono simboli, figure esemplari. Loro
sono due uomini politici - dai quali peraltro sono lontano mille miglia
- che reagiscono bene alla satira, non reagendo, ridendo a denti stretti.
Reagire è la cosa più brutta che si possa fare contro la
satira. Ci fu un grosso personaggio politico che ricorse al giudice contro
un atto di satira. Io lo trovai delirante. Un uomo politico sa che è
esposto alla satira. Deve reagire solo alla diffamazione».
Torniamo agli attori. Che ne dice di Lo Cascio Luigi, che coi Cento
Passi fece un figurone?
«Anche lui è stato allievo mio. È cresciuto bene,
e continuerà a crescere. È un tipo alla Zingaretti. Mi dispiace
non poterli vedere vecchi. Sono vini di classe, e miglioreranno con il
tempo».
Diventerà Principe, insomma. E i registi? Ce ne sono tanti,
ormai. C'è Torre Roberta, milanese di nascita e palermitana di adozione.
C'è Scimeca Pasquale. E c'è Tornatore Peppuccio. Uno, il
Tornatore, che ha assimilato il grande cinema, o il cinema dei grandi,
e che muove la cinepresa come un grande pennello. Epperò, si disse
che i suoi colori sapevano di melassa...
«Io non vedo tutta questa melassa nell'Uomo delle Stelle. E proprio
quel finale va letto in un altro modo. Qualsiasi cosa sia una rinunzia,
non è mai una melassa».
Il Tornatore racconta spesso un sentimento alla volta: con Nuovo
Cinema Paradiso, la nostalgia; con Una pura formalità, la paura
della morte; e con Maléna, l'erotismo...
«Noi uomini siamo anche uno alla volta. La sua forma narrativa
è quella di una cosa alla volta: ma bene, però».
Principe, abbiamo capito. Parliamo di musica? Anche qui sono tanti
i siculi. C'è Battiato Franco, c'è Consoli Carmen, c'è
Sollima Giovanni, violoncellista e compositore. E ce ne sono altri ancora...
«Battiato lo ascolto ma non posso dire di nutrire molta simpatia
nel confronti della sua musica. Ma lo facciamo Conte. La Consoli mi piace
santissimo. Trasgressiva, moderna, mi piace anche per questo. Sollima,
poi, lo considero tra i più importanti compositori italiani, per
quel che ho sentito fino a questo momento. Gli diamo un Granducato».
E la Consoli, Maestà?
«Principessa. Anche se non voglio spodestare la bellissima Maria
Grazia Cucinotta».
Di belle donne ce ne sono assai, in Sicilia. C'è Riccobono
Eva, che comparve in tv e fece strage di telespettatori. E poi Valle Anna,
già Miss Italia, che da ragazzina, visse a Lentini, e potrebbe chiedere
il passaporto. E La Rosa Marina, che frequentò il Grande Fratello
e si spogliò davanti a un fotografo…
«Bé, la Riccobono giustamente aspira al titolo, e ha tutte
le carte in regola per acquisirlo. La Valle? Boh, faccia lei. Cavaliera,
magari. Marina La Rosa non la conosco: il Grande Fratello è escluso
dal mio orizzonte. Senta, ma una domanda, io, gliela posso fare?»
Sicuro.
«Di letteratura non ne parliamo?».
Mancanza! Può essere che non ne parliamo?
«E qua i talenti sono tanti. Tanti e importanti. Vincenzo Consolo
lo facciamo principe da subito. Un ducato va a Giuseppe Bonaviri: ce ne
scordiamo troppo spesso. Dietro, vengono una schiera di aspiranti nobili,
che fa piacere farli conti: Roberto Alajmo con il suo Repertorio dei pazzi
della città di Palermo. E poi Santo Piazzese, Giosuè Calaciura,
Piergiorgio Di Cara, Silvana Grasso e Silvana La Spina».
Grazie, Maestà. Anzi, torno a chiamarla Professore, ché
la Repubblica non ci dispiace. Se abbiamo scherzato sui titoli, lo si deve
al ritorno dei Savoia, pur se preferiamo il purissimo giglio dei Borboni.
Candido da Regalpetra
Stilos, 4.2.2003
La Sicilia di Montalbano è un punto di partenza (in viaggio
con Camilleri)
Estratto del saggio La salvezza è nel bianco di una vela.
Il tema del viaggio in Andrea Camilleri, in uscita il 6.2.2003 su "NAE",
edizioni Cuec, Cagliari.
Montalbano, nativo di Catania e vigatese solo di adozione, preferisce
vivere fuori del centro abitato, a Marinella, in un villino sulla spiaggia.
Sintomo, anche questo, di una volontaria emarginazione, di un sentimento
di estraneità all'ambiente circostante. Inoltre, significativamente,
il poliziotto privilegia gli spostamenti all'interno della Sicilia seguendo
trazzere che sembrano ribellarsi al loro destino di diventare strade asfaltate
e ciclicamente assumono il primigenio aspetto sconquassato e polveroso;
straduzze a serpentina che destano titubanza persino nelle capre, poco
propense a dimostrare le loro doti di equilibrismo: "Quella però
era la Sicilia che piaceva al commissario, aspra, di scarso verde, sulla
quale pareva (ed era) impossibile campare e dove ancora c'era qualcuno,
ma sempre più raro, con gambali, coppola e fucile in spalla, che
lo salutava da sopra la mula portandosi due dita alla pampèra";
Montalbano, ad esempio, per raggiungere la casa di campagna dell'amico
giornalista Nicolò Zito preferisce affrontare "mulattiere, polverosi
viottoli che gli imbiancavano la macchina", vuole cogliere l'occasione
di "ricrearsi una Sicilia sparita, dura e aspra, una riarsa distesa di
giallo paglia interrotta di tanto in tanto dai dadi bianchi delle casuzze
dei contadini": è una terra mallitta, ma è la sua terra.
Questi sentieri contorti paiono anche metaforici dei bizantinismi della
mente del commissario, ben simboleggiati dalle nodosità tortuose
dell'olivo saraceno minuziosamente descritto in alcune belle pagine de
La gita a Tindari. Probabilmente a causa dell'irresistibile senso di sfida
che ogni caso gli ispira, Montalbano non arretra di fronte a viaggi di
tipo temporale (per non parlare delle inchieste svolte all'inizio della
carriera che appaiono in alcuni racconti), cioè si incaponisce ad
indagare su circostanze ormai quasi del tutto seppellite dal tempo: come
ne Il cane di terracotta, in Un diario del '43, in Meglio lo scuro. Come
potrebbe col suo rigoroso senso di giustizia rifiutarsi di "calarsi in
quegli abissi? [...] Affrontarne i dedali oscuri? Gli inestricabili grovigli?
Le sotterranee caverne?", come afferma autoironicamente servendosi dei
tanto odiati luoghi comuni.
La morbosità insistita e senza scampo dell'ambientazione impone
che per Montalbano esistano dei varchi, dei punti di fuga: la Sicilia diventa
allora luogo di partenza. Non a caso l'annosa, eterna fidanzata del commissario
non solo non è siciliana, ma neanche vive nell'isola: la sopravvivenza
del loro rapporto è legato proprio alla lontananza fra i due, alla
scarsa frequenza degli incontri, alla possibilità di scegliere di
stare insieme, al desiderio mantenuto sempre vivo (anche se non mancano
le sciarratine, soprattutto telefoniche). Talvolta Livia appare quasi un
simbolo di purificazione dalle tragedie isolane, un luogo catartico - più
che una persona - in cui annidarsi e rinnovarsi, come è evidente,
per esempio, fin dall'epilogo del primo romanzo di Montalbano, La forma
dell'acqua: egli fugge dall'orrore che prova per rifugiarsi tra le braccia
di una donna che non comprende la Sicilia così come non ne comprende
il dialetto. Con questi presupposti, raggiungere Genova (anzi, Boccadasse,
ancora la periferia marina defilata dalla grande città) per il commissario
significa evadere, perdere (almeno temporaneamente) contatto con una realtà
fatta di collusioni, sottintesi e ammiccamenti, di componende.
Forse proprio per questo l'ormai celebre detective non si unisce a
nessuna delle picciotte siciliane di cui subisce il fascino e che incontra
nel corso delle sue indagini. Prima fra tutte l'amica dell'assassinata
Michela Licalzi ne La voce del violino, Anna Tropeano, una delle figure
femminili più riuscite della vasta galleria dei personaggi di Camilleri.
Difatti si avverte dai lunghi dialoghi che tra i due si stabilisce immediatamente
un certo feeling, basato sull'esistenza di tante cose in comune, tuttavia
si insinua fra loro soprattutto una cosa che li divide: non si tratta solo
dell'incrollabile fedeltà dell'integerrimo poliziotto, ma paradossalmente
proprio della Sicilia, del fatto di essere entrambi siciliani. La loro
relazione sarebbe senz'altro infelice, dal momento che Montalbano non potrebbe
in essa realizzare il ruolo salvifico della donna 'continentale', completamente
estranea da un mondo avviluppante che talvolta gli è necessario
abbandonare. Anche l'amore, i sentimenti sarebbero pesantemente condizionati
dalla presenza del clima ammorbante che spesso si respira nelle inchieste.
La condivisione, la complicità all'interno della coppia che è
evidente in alcune pagine del romanzo impedisce proprio la concretizzazione
del rapporto che in nessun caso potrebbe essere liberatorio e consolatorio
come quello con Livia, fatto di telefonate nel cuore della notte, di aerei
presi all'ultimo istante, di incontri decisi d'impeto che hanno sempre
il sapore della vacanza e anche un po' della trasgressione. Per questo,
l'unica donna che può in un certo senso competere con Livia è
Ingrid, che in verità è molto lontana dal contendere all'impiegata
genovese l'amore del commissario, per cui nutre una sincera e disinteressata
amicizia. L'amica svedese, disinibita e ingenuamente provocatoria, è
l'incarnazione dell'eterno femminino rincorso da generazioni di giovani
italiani (soprattutto nel secondo dopoguerra e nel periodo del boom economico),
quello della straniera alta, bionda e sessualmente disponibile. Salvo Montalbano
ha con Ingrid una liaison che volutamente Camilleri lascia nell'ambiguità,
nel probabile intento di umanizzare il personaggio troppo 'squadrato' nella
sua adamantina lealtà, di rendere più verosimile il suo comportamento
assecondandone le debolezze. A ogni modo la donna è palesemente
avulsa dal mondo siciliano e la relazione con lei, di qualunque tipo sia,
conserva quindi alcune delle caratteristiche che sono appunto individuabili
nel legame con Livia. In tal modo Ingrid riveste a volte quasi un ruolo
di figura sostituiva e un eventuale amplesso con lei, agli occhi dell'indulgente
e comprensivo lettore non assume quindi la valenza di un 'reale' tradimento.
Nonostante tutto, Montalbano non lascia volentieri la Sicilia. Si ricorderà
facilmente che sfugge ogni possibilità di promozione, atterrito
dal conseguente probabile trasferimento. Tuttavia il commissario compie
alcune trasferte (soprattutto nell'ambito dei racconti brevi) imposte dalle
sue mansioni. In tali situazioni si trova spesso in imbarazzo, come se
fuori dal suo habitat si sentisse "straneo, una sorta d'alieno impacciato
e frastornato", vittima di un certo disagio, rispecchiato da un comportamento
anomalo. In Un cappello pieno di pioggia - che Camilleri si è divertito
ad ambientare a Roma, beffardamente proprio nei dintorni della sua abitazione
- contribuisce all'arresto di un piccolo spacciatore dopo essersi accapigliato
con lui per futili motivi; mentre in Miracoli di Trieste viene vergognosamente
borseggiato, tuttavia si risparmia l'umiliazione della denuncia perché
il ladro, un vecchio compagno di scuola, lo riconosce e, pentito, gli restituisce
il maltolto. Nei momenti più tragici, invece, dimostra la solita
abilità e lucidità nel condurre le indagini o nel trarre
deduzioni da pochi indizi, come nel caso dello stimato professionista,
ma ladro per sfida, che finisce ucciso ne Lo scippatore; oppure riguardo
al delitto passionale scoperto durante una notte nel wagon-lit di un treno
tra Palermo e Roma, argomento del racconto Il compagno di viaggio. Persino
durante le gite e le vacanze con la solita Livia si ritrova coinvolto in
frangenti scabrosi, come lo stupro su una spiaggia ai danni di una giovane
capoverdina da parte di alcuni 'civilissimi' svizzeri (Un angolo di paradiso);
o subisce circostanze ambigue: protagonista de La paura di Montalbano è
un uomo tentato, anche solo per un momento, di non aiutare la moglie in
pericolo di vita perché caduta da una cengia della montagna valdostana.
Simona Demontis
La Sicilia, 4.2.2003
La polemica di Enzo Siciliano
«Camilleri? Il suo dialetto è offensivo»
Siciliano: «Camilleri sì, però...»
Gli assenti hanno sempre torto. E mai come questa volta hanno sbagliato
quegli studenti dello Scientifico Leonardo che hanno preferito la giornata
di sole piuttosto che l'incontro con lo scrittore Enzo Siciliano, organizzato
dalla Provincia nell'ambito della manifestazione «Percorrendo la
letteratura». Al Cine Astor comunque c'è stata una larga presenza
di studenti e professori, insieme a quella dell'assessore Lillo Firetto,
del preside Leonardo Manzone, del critico Salvatore Ferlito e della prof.
Agata Gueli. Enzo Siciliano non ha deluso certamente le attese: non è
un caso se è uno dei maggiori scrittori contemporanei. Con gli studenti
si è parlato del suo ultimo romanzo («Non entrare nel campo
degli orfani», edito da Mondadori) e del suo modo di intendere la
letteratura e la cultura. Siciliano è entrato in polemica con l'uomo
che è attualmente il mostro sacro della letteratura italiana, quell'Andrea
Camilleri campione di vendite che è nato proprio a due passi dal
luogo in cui si è svolta la sua conferenza.
«Con tutto il rispetto per Camilleri – ha detto Siciliano – credo
che lui faccia un uso del dialetto offensivo. Lo usa per fare distinzioni
di ceto come accadeva nei circoli per fare la distinzione tra il notabile
ed il cafone. Non ha realtà è il limite della irrealtà.
Fermo restando che questo nel gioco comico di Camilleri va bene. Ma io
non accuso Camilleri, ma un certo uso del dialetto che si fa».
Siciliano è legato alla Mondadori ma non sembra particolarmente
felice del legame. La circostanza è apparsa chiara quando il prof.
Zino Pecoraro gli ha chiesto degli scrittori impegnati alla maniera dei
Pasolini anni Settanta. Enzo Siciliano ha citato Leonardo Sciascia: «Sono
uno scrittore impegnato con me stesso».
[...]
Fabio Russello
La Repubblica
(ed. di Palermo), 5.2.2003
Riapre il Margherita la sala amata da Sciascia
Il teatro ritrovato
Racalmuto fa festa per il gioiello ottocentesco
Leonardo Sciascia, in "Occhio di capra", lo ricorda come «il più
bel teatro della mia vita, incantevole di stucchi, ori, velluti, allegorie
e luci». Poi, dopo il 1964 le luci si spensero per quarant´anni,
venti dei quali trascorsi in un tormentatissimo restauro. Adesso il teatro
Regina Margherita di Racalmuto, progettato da Dionisio Sciascia, allievo
di Gian Battista Basile, sta per tornare alla luce dopo un lungo letargo.
Il degrado è stato spazzato via da un atto d´amore dell´amministrazione
comunale di Racalmuto guidata dal sindaco Gigi Restivo, insieme a una squadra
di addetti ai lavori che ha preso a cuore il destino del teatro: Andrea
Camilleri, innanzitutto, che ha accettato la direzione artistica, e, coadiuvato
dal suo braccio destro, il regista Giuseppe Dipasquale, ha impaginato un
cartellone che andrà avanti fino a giugno. E poi Francesco Giambrone,
l´ex sovrintendente del Massimo, dall´anno scorso presidente
dell´associazione Teatri aperti, che è entrato a far parte
del consiglio di amministrazione del Margherita, insieme al progettista
dei restauri, Antonio Foscari, e ai giornalisti Gaetano Savatteri e Felice
Cavallaro.
«Finalmente ci siamo - dice Restivo - Il teatro riapre come Fondazione,
e con una programmazione completa. Ma il Margherita sarà anche scuola
di mestieri teatrali, per rimettere in moto le maestranze locali, e patrocinerà
un Premio di drammaturgia intitolato a Sciascia».
Il sipario si apre il 14 febbraio, con una due giorni di manifestazioni
che suonano come una vera e propria festa cittadina. Venerdì prossimo
si comincia al tramonto, con un grande prologo, curato da Sandro Tranchina
e Alfio Scuderi, che coinvolgerà il centro storico di Racalmuto
fino all´ingresso del teatro. Da piazza Castello muoverà una
parata con tamburi, figuranti, fuochi d´artificio sparati dal Margherita,
e un angelo che calerà dall´alto per porgere al sindaco le
forbici del tradizionale taglio del nastro. Alle 20.30 la serata di gala
(a inviti) con un concerto dell´Orchestra filarmonica Franco Ferrara
che eseguirà brani di Bellini, Rossini e Verdi. Andrea Camilleri
farà gli onori di casa e accoglierà diversi nomi del teatro:
Serena Dandini, Anna Marchesini, Gigi Burruano, Ida Carrara, Mariella Lo
Giudice, Tiziana Lodato. «Riaprire l´unico teatro di una cittadina
- commenta in una nota lo scrittore - è come rimettere a posto una
strada ferrata in dissesto da quarant´anni per consentire l´arrivo
di quella specie di fantastico treno spaziale che è il teatro».
Il 15, invece, sarà la prima giornata aperta al pubblico. Di
mattina, il coro polifonico Terzo Millennio eseguirà nel foyer del
teatro un concerto di arie celebri, e alle 21, ci sarà il primo
«vero» spettacolo: un recital di celebri melodie del tenore
palermitano Vincenzo la Scola, accompagnato dal chitarrista agrigentino
Tom Sinatra. La Scola proporrà canzoni classiche popolari come Torna
a Surriento, Core ´ngrato, e canzoni tipiche spagnole come Amapola
e Granada. (I biglietti sono già in vendita, informazioni allo 0922
942564). «Alternerò le canzoni al racconto di aneddoti del
mondo dell´opera - dice emozionato La Scola - Sarà uno spettacolo
popolare, come si addice a una festa di riapertura».
Insomma, è tutto pronto: il Margherita, a sorpresa, potrebbe
ricevere anche la visita del presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi, che ha manifestato «interesse e compiacimento» per
l´evento. Di certo c´è che riapre un piccolo gioiello
di fine Ottocento di 350 posti, sala all´italiana, due ordini di
palchi, loggione a ferro di cavallo, un ampio palcoscenico e fossa mistica.
«È il primo impegno portato a termine con il concorso di Teatri
Aperti - dice soddisfatto Francesco Giambrone - adesso tocca al cine-teatro
Ideal di Lercara, a fine marzo, e al Garibaldi di Modica, entro fine aprile.
Sono stati interamente restaurati, ormai siamo in dirittura d´arrivo».
Laura Nobile
IL CARTELLONE. Un concerto di Bentivoglio
Recital a tappe su Regalpetra
«Intreccio di teatro e musica, per fare del Margherita un teatro
polivalente, e spettacoli con una linea precisa: un protagonista unico,
percorsi non del tutto commerciali e una presenza costante di interpreti
femminili». Giuseppe Dipasquale ha stilato un cartellone di dodici
appuntamenti, badando a legare musica e parole. Dopo la serata di Vincenzo
La Scola, si comincia il 2 marzo con "La chiave dell´ascensore" di
Agota Kristoff, con Ida Carrara. Il 10 marzo Mariella Lo Giudice interpreterà
"Kirie" di Chiti. Il 22 marzo arriva "La fattoria dei comici", una rassegna
di comici del teatro Ambra Jovinelli di Roma, mentre il 23 Fabrizio Bentivoglio
farà a Racalmuto la sua terza tappa siciliana, dopo Palermo e Catania,
del suo film-concerto "Talagarife Tipota", insieme agli Avion Travel. Dipasquale
firma la regia di "Tango e Borges", il 5 aprile, e de "La recitazione della
controversia liparitana" di Sciascia. Ma c´è anche l´omaggio
multimediale a Turi Ferro, "Experientia", di Massimiliano Pace, autore
delle musiche degli ultimi sei spettacoli del grande attore catanese. In
appendice un ciclo di serate su "Le parrocchie di Regalpetra", interpretate
da Giulio Brogi, Pino Micol e Gigi Burruano.
l.n.
La Repubblica,
5.2.2003
L´INAUGURAZIONE. Lo scrittore sarà direttore artistico
dell´antico teatro di Racalmuto, che riapre il 14
Camilleri: "Omaggio a Sciascia"
"Ho già pensato a un premio per nuovi testi dedicati al tema
della giustizia"
ROMA - «Cammellè, quelli della mafia non sparano, si mettono
seduti in prima fila e applaudono» disse Leonardo Sciascia al regista
Andrea Camilleri che anni fa gli confidava scrupoli dirigendo le prove
(poi interrotte) d´una riduzione de Il giorno della civetta. «Ora
tento di sdebitarmi - dice Camilleri - L´impegno col teatro di Racalmuto
m´ha fatto pensare a un Premio di Drammaturgia intitolato a lui sul
tema della Giustizia, non circoscritto alla Sicilia, senza polemiche, solo
sulla dolenzia di Sciascia». C´è un cartellone, il bando
di concorso e la prospettiva di una Scuola di Mestieri Teatrali, nel carnet
di Andrea Camilleri neo-direttore artistico del glorioso Teatro Regina
Margherita di Racalmuto, vicino ad Agrigento e Caltanissetta, un teatro
con 350 posti, ampio palcoscenico e golfo mistico sorto nel 1880 ai tempi
delle miniere di zolfo, edificio convertito poi in cinema e chiuso dal
1964. Ora, col vice-direttore artistico Giuseppe Dipasquale, ha messo in
piedi una stagione di rodaggio a base di "soli", prosa mista a musica,
annunciando un´apertura di due giorni, il 14-15 febbraio. «Chissà
se prima, nel viaggio in Sicilia dal 10 al 12, il presidente Ciampi potrà
fare una scappata. All´inaugurazione, dopo un gala con attori, personaggi
e orchestra, ci sarà un recital che racconterà l´Opera.
Tutto il paese entrerà e uscirà. Più avanti c´è
la Carrara con Agota Kristoff, Rigillo, Fabrizio Bentivoglio, un omaggio
a Turi Ferro, una Yourcenar, la Recitazione della controversia liparitana
di Sciascia, e un ciclo su Le parrocchie di Regalpetra con Brogi, Micol
e Burruano». Andrea Camilleri è un veterano pieno di ricordi.
«Ricordo quando fui direttore dello Stabile delle Puglie a tu per
tu con Randone, tra le mie regie il collaudo in Italia di Finale di partita
di Beckett e il dittico pirandelliano dei Giganti e La favola del figlio
cambiato, ricordo l´Accademia d´Arte Drammatica e il Dna del
rigore, ricordo un testo strepitoso come Diario di un giudice di Dante
Troisi che finì sotto processo negli anni ´60, ricordo un´intuizione
di Rita Rusic che da "La mossa del cavallo" avrebbe fatto un western fine
'800...». Esclude un Montalbano teatrale: «Si legge meglio
in tv, sentirlo respirare no. Invece farei tutto, per uno Zingaretti in
scena. E vedrei bene Leo Gullotta a teatro con "La concessione del telefono"».
E conclude ricordando la nonna che lo chiamava pizzipiturro, birichino.
Rodolfo Di Giammarco
La Stampa, 5.2.2003
Alza il sipario il teatro di Sciascia
A Racalmuto riapre il Margherita sotto la direzione di Andrea Camilleri
Racalmuto torna a vivere il 14 febbraio, dopo un oblio durato quarant´anni,
alla fine di un restauro ventennale fortemente voluto da Leonardo Sciascia
e avviato, nel 1984, dall´architetto veneziano Antonio Foscari. Si
chiama «Regina Margherita» ed è il teatro di Racalmuto,
la cittadina dell´autore siciliano che, tra il 1870 e il 1880, celebrò
una fase di prosperità anche attraverso quel piccolo, ma perfetto
tempio dello spettacolo: 350 posti, due ordini di palchi, loggione a ferro
di cavallo, ampio palcoscenico. Racconta Andrea Camilleri: «Una volta
parlavo con Sciascia di una messa in scena del Giorno della civetta, gli
chiesi come avrebbe reagito la mafia a uno spettacolo del genere. Magari
ci ammazzano, dissi, e lui mi rispose "No, quelli sono vanagloriosi, si
mettono in prima fila e sono contenti". Poi domandai dove avremmo potuto
mettere in piedi la rappresentazione e lui, subito, "Nel teatro di Racalmuto".
Non ne conoscevo l´esistenza, si scandalizzò moltissimo».
Per Camilleri, che del Regina Margherita ha assunto la direzione artistica
e infatti sarà anfitrione della serata inaugurale che prevede la
partecipazione di Serena Dandini, Anna Marchesini, Luigi Maria Burruano,
Mariella Lo Giudice, Tiziana Lodato, il nuovo impegno coincide con «il
tentativo di pagare uno dei molti debiti che ho nei riguardi di Sciascia».
Anche per questo si augura che all´atteso battesimo possa prendere
parte il Presidente Ciampi, in Sicilia proprio in quei giorni. Annesso
alla sede del Municipio, circondato dal giardino dell´ex-monastero
di Santa Chiara, il teatro avrà anche una «Scuola dei Mestieri
teatrali» e lancerà un concorso rivolto a giovani autori e
scrittori chiamati a proporre opere drammaturgiche originali centrate sull´argomento
giustizia perchè, spiega il neo-direttore artistico, «questo
era uno dei punti di più forte dolenzia di Sciascia». Teatro,
insomma, ma anche, come sostiene Gigi Restivo, il sindaco 35enne di Racalmuto,
«una scommessa, la sfida che vuole riportare questa cittadina e la
Sicilia nel flusso pulsante della vita nazionale, nel fiume della cultura
che unisce e collega grandi e piccole città d´Europa e d´Italia».
Basta pensare che, solo in Sicilia, sono 258 i teatri dai 150 ai 400 posti
chiusi, dismessi, in attesa di diventare supermercati oppure cinema. Nel
Margherita troveranno spazio, annuncia il regista e vice-direttore artistico
Giuseppe Dipasquale, la lirica, la prosa, la «dichiarata e partigiana
presenza femminile», le voci e i volti dei solisti. Potrebbe esserci
spazio anche per un Montalbano in versione teatrale? Camilleri scuote la
testa: «No, Montalbano va bene in tv, ma dal vivo, in palcoscenico,
non lo reggerei». È con il cinema che Camilleri confessa di
avere un conto aperto, un conto che non riguarda il fortunato commissario,
ma gli fa tornare un episodio alla mente: «Ero stato contattato da
Rita Rusic che voleva produrre La mossa del cavallo: all´inizio dell´incontro
fui colpito dalle sue gambe, ma, man mano che il tempo passava e lei parlava
di come avrebbe portato sullo schermo il racconto, trasformandolo in un
grande western ambientato in Sicilia, la mia attenzione si spostò,
affascinata, sempre più su, fino alla testa, al modo con cui ragionava».
Fulvia Caprara
Il Messaggero,
5.2.2003
L’intervista/Parla Andrea Camilleri, direttore artistico
del rinnovato teatro Regina Margherita di Racalmuto
«Rendo a Sciascia il palcoscenico dove incontrava il suo paese»
«COSA ci manca di più, oggi, di Leonardo Sciascia? L’uso
della ragione. Abbiamo perso l’abitudine a questo utile esercizio».
Andrea Camilleri accetta la direzione artistica del Teatro “Regina
Margherita" di Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia, diecimila abitanti
fra Agrigento e Caltanissetta. L’edificio riapre dopo quarant’anni di silenzio
(i secondi venti impiegati per un lungo restauro) e lo scrittore di Montalbano
dedica una frase-simbolo all’amico nel cui nome la rinnovata sala, il prossimo
14 febbraio, sarà inaugurata: «L’uso della ragione».
Due sostantivi, un articolo e una preposizione per mettere avanti l’elemento
discriminante di chi, nel corso di una vita di letteratura e impegno, non
ha mai tradito il raziocinio come chiave interpretativa della storia, pubblica
e privata.
«E’ un debito, questo del teatro del suo paese, che a Sciascia
andava pagato. Lui amava moltissimo il “Regina Margherita". Ci aveva visto
l’opera da bambino, con voci minori, ma anche qualche divo, e compagnie
di prosa di rilievo. Lo definiva “il più bel teatro della mia vita".
Si impegnò personalmente per avviare i restauri dopo i danni procurati
alle strutture dalla trasformazione della sala in cinematografo, avviata
negli anni Trenta e divenuta definitiva nel dopoguerra. Il degrado era
generale, il bel sipario, semidistrutto. Non ha visto, putroppo, l’ultimazione
dei lavori. Per questo, quando sono stato chiamato, non mi sono tirato
indietro. Leonardo me ne aveva parlato tante volte, del “suo" teatro, bisognava
saldare il debito».
Costruito fra il 1870 e il 1880, il teatro di Racalmuto - 350 posti,
due ordini di palchi, un loggione a ferro di cavallo, golfo mistico per
l’orchestra e un ampio palcoscenico - nacque come simbolo di stato delle
famiglie ricche del paese, che derivavano potere e benessere dalle locali
miniere di zolfo e dal lavoro di coloro che vi penavano. La realizzazione
dell’edificio fu deliberata il 19 dicembre 1870 e il progetto fu affidato
all’architetto Dionisio Sciascia, allievo della scuola di Filippo Basile,
al quale si deve il Massimo di Palermo, concepito nello stesso periodo.
La costruzione sarebbe dovuta durare un paio d’anni: occorse invece un
decennio. Ma il teatro, alla fine, risultò assai bello, nel giardino
dell’ex monastero di Santa Chiara, anticipatore delle armonie del Massimo
palermitano, impreziosito dagli stucchi di Giuseppe Carta (autore anche
del sipario, che raffigura i Vespri siciliani), nonché dotato di
dodici scenari dipinti dal pittore Giuseppe Cavallaro.
Camilleri conosce bene certe alchimie di provincia, l’orgoglio e l’accidia
di una terra che è la sua, la volontà di riscatto che, in
Sicilia, si scontra spesso con una complicata psicologia di razza. Sa che
tra il dire e il fare, nella Trinacria leggendaria, corrono fiumi di tempo,
ostacoli pesanti, burocrazie all’apparenza insormontabili. «Ma ci
siamo - dice -, finalmente ci siamo. Sciascia era fissato con questo teatro,
non tanto perché gli mancassero gli spettacoli, che poteva vedere
altrove, quanto perché lo riteneva, per il suo paese, un insostituibile
luogo di incontro, di discussione, di confronto fra le persone. In memoria
di questa attenzione, innanzitutto antropologica e sociale, assieme ai
cartelloni di musica e prosa che penserò, in collaborazione con
il vice-direttore, Giuseppe Dipasquale, seguirò da vicino la neonata
scuola dei Mestieri Teatrali, alla quale i giovani possono iscriversi fin
da quest’anno. Non pensiamo di formare attori (se qualcuno mostrerà
particolari attitudini, vedremo). Vogliamo creare maestranze professionalmente
qualificate: macchinisti, sarte, tecnici, organizzatori, amministratori...
Tre anni di studio con corsi semestrali. La sede della scuola è
il teatro stesso».
C’è inoltre un premio di drammaturgia destinato a scrittori
under 40. Tema: la giustizia. «Mi auguro che i partecipanti pensino
alla giustizia come a un valore assoluto e non si facciano condizionare
da orizzonti solo o troppo siciliani. Sciascia è la testimonianza
di come l’impegno civile possa diventare grande letteratura radicandosi
in luoghi precisi, ma per travalicarli, per fare il discorso universale».
Rubando a Sciascia qualche frase, riferita al periodo cinematografico del
teatro di Racalmuto (Fatti diversi di storia letteraria e civile, 1989,
Sellerio), ci rendiamo ben conto del soffio che rende oggettivo il localismo:
«... per il cinema, il prezzo diventò unico, ma l’ordine di
separazione tra gli spettatori persistette: gli artigiani continuarono
ad andare in platea, la piccola borghesia impiegatizia e le donne nei palchi,
i minatori e contadini in loggione. Ma - fatto del tutto nuovo - il loggione
cominciò ad essere affollato anche da ragazzini; ragazzini che,
ancora alle elementari, avevano cominciato il loro apprendistato artigiano
e ostentavano mozziconi di sigarette, bestemmie ed oscenità - oscenità
di cui non chiaro avevano significato -; età, la loro, in cui, ben
dice un pedagogista, si hanno più parole che cose. E dalla funzione
del cinema nel rivelar loro le cose bisogna, per allora, tenere un certo
conto».
E’ una visione di gente affascinata e “corrotta" dal divertimento,
inconsapevole testimone del potere intrinseco del nuovo mezzo di comunicazione.
Ma il teatro del paese si allarga comunque alla vocazione sociale, antica,
del luogo Teatro. Tutto questo, come dice Camilleri, meritava l’omaggio
di una rinascita. Dopo l’inaugurazione ufficiale del giorno di San Valentino
(«Sarà una festa con attori e pubblico, animazioni, cerimonie
e l’ufficialità del caso»), il 15 prenderà il via il
primo cartellone del nuovo corso: «Il tenore Vincenzo La Scola, siciliano,
racconterà l’opera lirica interpretando arie celebri da melodrammi
italiani. Ma accompagnato da un chitarrista. Anche la commistione fra genere
colto e genere popolare fa parte del gioco. Il teatro di Racalmuto è
giusto per il coro polifonico del paese e per qualche star che vorrà
suonarci o cantarci, per la lingua siciliana come per i classici della
drammaturgia mondiale».
Viene in mente, chissà perché, il sapore forte di una
famosa scena di Questa sera si recita a soggetto. Commistione fra generi,
appunto, con una casa della provincia siciliana che fa da teatro. Pirandello
mette in ballo femmine e soldati. E qualcuno, al pianoforte, suona la vampa
verdiana del Trovatore.
Rita Sala
Giallo diVino,
5.2.2003
E Montalbano "andò" a Genova
Brechin nius: a marzo da Sellerio esce il nuovo Montalbano. Si
dovrebbe chiamare Giro di Boa, o qualcosa del genere. Il commissario di
Vigàta si ritroverà immerso in riflessioni da sbirro post
G8 e post Napoli, ne porterà addosso i segni e gli scrupoli. Ma
soprattutto subirà un vero e proprio assedio fisico da parte di
Ingrid. Ve la ricordate? La svedese che ci provava da tempo con Montalbano
stesso.
In attesa del nuovo Sellerione e per chi non l'avesse letto, consiglio
l'ultima raccolta di racconti di A.C. uscita da Mondadori, "La paura di
Montalbano". Il racconto-romanzo breve che dà il nome al volume
è ispirato ai fatti di Cogne. In rima: secondo GiallodiVino, da
tenere sul comodino.
6.2.2003
La salvezza è nel bianco di una vela. Il tema del viaggio
in Andrea Camilleri
Esce oggi a Cagliari un nuovo trimestrale, "NAE" (in sardo vuol dire
nave) che sostituisce dopo oltre 25 anni "La grotta della vipera" (che
ha ospitato diversi saggi sul Andrea Camilleri, nonchè un suo racconto
- "Il patto", poi ripubblicato da Mondadori - e un'intervista di Simona
Demontis). Il direttore responsabile è il Prof. Giuseppe Marci,
la casa editrice sempre la CUEC.
Nel primo numero compare un breve saggio inedito di Simona Demontis,
del quale anticipiamo un brano.
www.vigata.org è presumibilmente il primo, sicuramente il più
completo sito web dedicato a Andrea Camilleri. Prende nome dal luogo, Vigàta,
in cui si svolgono, perlopiù, le vicende narrate dal noto scrittore;
una città che è facilmente identificabile in Porto Empedocle,
ma che grazie al nome inventato si trasforma in una 'gigantesca variabile',
lasciando ampi spazi e libertà di invenzione che non impediscono
comunque la verosimiglianza del racconto. Definita da giornalisti in vena
di legittimazioni letterarie la 'Macondo', oppure la 'contea di Yoknapatawpha'
dello scrittore siciliano, la città di Vigàta sembra un contrassegno
irrinunciabile, una connotazione prepotente e imprescindibile nell'opera
di Camilleri quanto il Quai des Orfèvres nella Parigi dei romanzi
di Simenon.
Potrebbe sembrare contradditorio trattare l'argomento del viaggio in
un autore che apparentemente si presenta come "un agricoltore sedentario",
secondo la definizione che Walter Benjamin dà dell' atteggiamento
del narratore: un uomo che non ha mai abbandonato la propria terra e ne
custodisce la memoria, ha accumulato numerose esperienze di vita e generosamente
le regala ad un attento uditorio. Infatti, come afferma Tolstoj, basta
descrivere il proprio paese per descrivere il mondo. Ma lo stesso Benjamin
delinea un'alternativa, quella del "mercante navigatore", il quale al rientro
dai suoi viaggi, così come la gente si aspetta, racconta le meraviglie
di mondi sconosciuti. Ebbene, Andrea Camilleri può essere identificato
anche in questo tipo di novellatore, anche perché, come lo stesso
scrittore rivela ne La linea della palma - una sorta di biografia autorizzata
sotto forma di dialogo -, solo un incidente gli impedì di perseguire
il progetto adolescenziale di iscriversi all'Accademia Navale di Livorno.
A ben vedere, è un navigatore mancato che ha voluto ugualmente raccontare
"questa voglia inappagata di mare" attraverso avventure e personaggi frutto
della sua fantasia.
Simona Demontis
La Repubblica
(ed. di Palermo), 6.2.2003
Lirica. A Messina l'opera di Betta tratta dal racconto di Camilleri
Appare "Il fantasma" e la lirica parla siciliano
Se il passaggio dal romanzo alla televisione sembrava del tutto normale,
soprattutto per un grande conoscitore del piccolo schermo come Andrea Camilleri,
il grande passo sul palco della lirica, francamente era poco prevedibile.
Ebbene, proprio da un racconto uscito dalla penna di Camilleri è
tratto "Il fantasma della cabina", opera da camera in due atti di Marco
Betta che, dopo aver girato alcuni teatri della penisola, arriva in Sicilia
con la sola tappa messinese del teatro Vittorio Emanuele, da stasera a
domenica, per inaugurarne la stagione musicale diretta da Lorenzo Genitori.
Il libretto è elaborato da Rocco Mortelliti, che è pure
regista ed interprete nella parte di Rocco; lo spartito è di Marco
Betta, compositore palermitano, ex direttore artistico del Teatro Massimo,
già apprezzato dal pubblico di Messina con l´avvincente "Averroè".
Dirige l´Orchestra del Vittorio il maestro Fabrizio Maria Carminati.
La storia parla di un commissario, manco a dirlo, dal sicilianissimo
cognome Collura, il quale, dopo essersi beccato una pallottola nella pancia,
va in crociera per la convalescenza. Qui deve risolvere un caso scoppiato
a bordo: una donna asserisce di aver visto un fantasma nella sua cabina.
Ne consegue il panico tra tutti i passeggeri; ma, alla fine, Collura smaschera
la bufala architettata per arrecare danno alla compagnia navale. A vestire
i panni dei personaggi di quest´opera, che si configura come una
«modernizzazione» dell´opera buffa settecentesca, ci
sono il tenore Luca Canonici (il commissario di bordo Cecè Collura),
i soprani Denia Mazzola Gavazzeni (la signora Candida Meneghetti) e Cinzia
Rizzone (Stefania Biroli), il baritono Fabio Previati (il comandante),
il tenore Danilo Formaggia (Scipio Premuda), il soprano Paola Ghigo (Giorgia),
il tenore Leonardo De Lisi (Nunzio Esposito). Il coro è il reggino
"Cilea", diretto da Bruno Tirotta. Le scene, i costumi e le luci sono affidati
a Italo Grassi.
"Il fantasma della cabina" prelude a una tetralogia di opere tratte
dai racconti di Camilleri: il prossimo appuntamento è a luglio,
a Siena, con "Il mistero del finto cantante" e "Che fine ha fatto la piccola
Irene", sempre con la coppia Betta-Mortelliti.
Carmen Di Per
Brescia Oggi,
6.2.2003
Presentato ieri il nuovo programma della rassegna del Sancarlino
Dal 10 febbraio gli appuntamenti curati da Roberto Chiarini e divisi
in quattro sezioni: «Nuovi stili del noir», «Ventennio
italiano», «L’Italia che cambia» e «Saggi &
Profili»
I Lunedì della finanza dei gialli e della storia
Romanzi gialli - fiore all'occhiello è il sorprendente noir di
Giorgio Faletti che è in testa alle classifiche di vendita -, dispute
storiche, interrogativi economici al cospetto di un nuovo secolo che ha
cambiato marcia, libri freschi di stampa, in primis quello del bresciano
Massimo Mucchetti, e autori di richiamo. Attualità e temi di sostanza
con la leggerezza della conversazione salottiera. L'idea dei Lunedì
del Sancarlino rimane sempre la stessa, a cambiare è solamente il
cartellone. Il nuovo listino degli appuntamenti promossi dalla Provincia
di Brescia e curati da Roberto Chiarini, è stato illustrato ieri
pomeriggio in Broletto alla presenza del presidente Alberto Cavalli. Quattro
le sezioni che si intersecheranno nel calendario. Si comincia con "Nuovi
stili del noir", una sorta di anticipazione, di "civetta" del Festival
"A qualcuno piace giallo", che è sempre in evidenza nell'agenda
delle attività culturali della Provincia e che quest'anno si terrà
in aprile. Lunedì prossimo, 10 febbraio, l'ospite inaugurale sarà
Santo Piazzese, «biologo prestato alla scrittura», come ama
definirsi lui, dato che il suo mestiere ordinario è quello di ricercatore
alla facoltà di Scienze dell'Università di Palermo. Un nome
che fino a ieri era stato di nicchia (il passaparola aveva fatto conoscere
ed apprezzare "I delitti di via Medina-Sidonia" e "La doppia vita di M.
Laurent") e che oggi viene additato, impropriamente, come un Camilleri
bis. Entrambi in comune hanno il mistilinguismo raffinato, il "bon vivre",
la stessa casa editrice e un debito di riconoscenza con Manuel Vasquez
Montalban. Recentemente Piazzese ha pubblicato il suo terzo romanzo, "Il
soffio della valanga", che ha come protagonista il commissario Vittorio
Spotorno, chiamato a risolvere un duplice omicidio sullo sfondo di trame
mafiose.
[...]
NUOVI STILI DEL NOIR
10 febbraio, ore 18, SANTO PIAZZESE «Il soffio della valanga»
intervistato da Beppe Benvenuto
Musica! (supplemento de La
Repubblica), 6.2.2003
Piero Degli Antoni
La verità è un'altra
Fazi, 13 Euro
Dopo la Bologna di Lucarelli, la Sicilia di Camilleri e Di Cara, il
Veneto di Carlotto, il giallo italiano si arricchisce di un nuovo paesaggio
urbano: la Bergamo di Degli Antoni. Il suo thriller ci porta attraverso
una scrittura educata e colta negli angoli più nascosti della provincia
italiana, fra ricatti e delitti, sogni in frantumi e traffici loschi, amori
e storie torbide di 50 anni fa. L'io narrante, inquieto direttore del quotidiano
locale, indaga su un suicidio eccellente ma alla fine esplorerà
una parte - inconfessabile - della propria vita.
f.l.p.
Il Quotidiano, 7.2.2003
Montalbano chiude in bellezza. Arrivederci commissario, buona licenza
Roma - Arrivederci commissario Montalbano. Dopo l'overdose di repliche, Montalbano si congeda dal pubblico. Tornerà in tv non prima di un anno. Sempre che la trattativa con la Rai vada a buon fine e che si trovino spunti dai racconti di Andrea Camilleri. Ieri, con la trasmissione del 'Gatto e il cardellino', ultimo episodio dell'ultima serie replicata a tempo di record, la fiction con Luca Zingaretti tratta dai gialli dello scrittore siciliano ha chiuso in bellezza. Nel periodo di sovrapposizione con la seconda puntata di 'Grande Fratello 3', 'Il commissario Montalbano' ha resistito perdendo di 500 mila spettatori nonostante fosse indubbiamente un pò usurato.
La strategia di repliche ha dato buoni risultati: l'intero ciclo di 10 episodi riproposto su Raiuno ha avuto una media superiore ai 7 milioni, con punte di otto, e il 29% di share. In precedenza, la prima tv su Raiuno dei quattro nuovi episodi aveva avuto il 32,8% con circa 9 milioni e mezzo di spettatori, risultando al terzo posto tra le fiction dell'anno 2002 dopo 'Papa Giovanni' e 'Perlasca'. I primi due episodi, ormai del '99, 'Il ladro di merendine' e 'La voce del violino' hanno avuto ben quattro repliche, tre su Raidue per le quali era originariamente nata e una su Raiuno.
Amato in tutta Italia, visto dalle famiglie e con un'insolita (per la fiction) partecipazione di pubblico maschile, unanimemente lodato dalla critica come prodotto di fattura artigianale, grande cura e qualità, 'Il commissario Montalbano' è ormai così popolare da esser diventato oggetto di turismo cinematografico sui luoghi delle riprese tra cui il duomo di S.Giorgio a Ragusa Ibla, Punta Secca (la terrazza della sua casa), il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli e Modica e le antiche case coloniche del ragusano. Il personaggio ha dato grande popolarità a Luca Zingaretti, corteggiato però anche da altri produttori (Pietro Valsecchi) per altri progetti (tra l'altro una fiction su Giovanni Paolo II). Il destino del 'Commissario Montalbano' è intanto in home video. Quanto ai nuovi episodi la partita è ad oggi aperta. La Rai ha sin dall'inizio legato a sè la fiction con il commissario Montalbano, opzionando i racconti di Camilleri. Dunque il personaggio non può finire alla concorrenza.
Nello stesso tempo, forti del successo ottenuto, anche il produttore della fiction Carlo Degli Esposti e il team artistico (il regista Alberto Sironi, il protagonista Luca Zingaretti, gli sceneggiatori) puntano ad ottenere maggiori ricavi. Un braccio di ferro in cui entrambi giocano le proprie carte consapevoli del valore artistico e commerciale del prodotto. Intanto però per i nuovi episodi ci sono solo ipotesi di sceneggiatura. E si attende a primavera l'uscita del nuovo romanzo di Camilleri sul Commissario Montalbano dopo 'L'odore della notte'. Lo stesso scrittore poi è coautore delle sceneggiature con Francesco Bruni e Salvatore De Mola. «Il futuro di Montalbano è nelle sue mani, speriamo scriva altri bei libri» aveva detto il produttore Degli Esposti che avrebbe in cantiere 'La concessione del telefono' e 'La scomparsa di Patò'.
Gazzetta del Sud,
7.2.2003
ARTE E CULTURA
Milazzo. Oggi incontro con il regista Mortelliti
MILAZZO – Oggi alle 17 nell'aula magna del liceo Classico di Milazzo
l'attore e regista Rocco Mortelliti, librettista dell'opera lirica «Il
Fantasma nella cabina» (in scena al teatro «Vittorio Emanuele»
di Messina), terrà un incontro dibattito dal titolo «Il gesto
e la parola: il lavoro dell'attore». L'iniziativa è a cura
del Soroptimist club di Milazzo in collaborazione con la sezione locale
Aicc (Associazione italiana di cultura classica) «Manara Valgimigli».
Artista poliedrico, Mortelliti ha interpretato e diretto lavori di Pirandello,
Molière, Goldoni, Shakespeare e Beckett. Studioso della maschera
greca si è specializzato nella commedia dell'Arte recitando al fianco
di Ferruccio Soleri (l'arlecchino mondiale) sotto la direzione di Giorgio
Strehler. Dopo aver curato la regia di opere liriche come «Il combattimento
di Tancredi» e «Il ballo delle ingrate» ha stretto una
proficua collaborazione con lo scrittore Andrea Camilleri curando la stesura
della sceneggiatura tratta dal romanzo «La scomparsa di Patò»
e la «Strategia della maschera». «Il Fantasma nella cabina»
con la quale Mortelliti ha debuttato lo scorso 13 dicembre al teatro «Donizzetti»
di Bergamo, è la prima delle quattro opere liriche in due atti musicate
dal compositore siciliano Marco Betta e tratte dalle avventure del «Commissario
di bordo». Si tratta di otto brevi storie scritte da Camilleri e
apparse sulla «Stampa» di Torino. Nel 1998 che hanno come protagonista
il commissario Cecè Collura amico e collega di Montalbano alle prese
su una nave da crociera con un fantasma che metterà scompiglio tra
i passeggeri.
Alberto Nania
Gazzetta del Sud,
7.2.2003
Soprano versatile capace di passare con naturalezza dal belcanto
al verismo, Denia Mazzola Gavazzeni...
[...]
Per una fortuita coincidenza Denia Mazzola Gavazzeni affronta in questi
giorni a Messina un altro personaggio interpretato da poco da Katia Ricciarelli,
la signorina Meneghetti, attrice in pensione dell'opera «Il fantasma
nella cabina» di Marco Betta e Andrea Camilleri.
«Io e Katia siamo amiche da sempre - confida il soprano - anche
se tra noi c'è una forma di pudore. Nei suoi confronti ho un'estrema
ammirazione e lei ha grande stima per me, tant'è che mi ha chiamata
per dirmi: sono felice che sia tu a fare la mia Meneghetti».
[..]
os.scor.
Giallo diVino,
7.2.2003
Ancora Cammellé
A poposito del prossimo Montalbano, qualche tempo fa, ho intervistato
Andrea Cammellè, come lo chiamava Leonardo Sciascia, a proposito
dello stato di salute del suo commissario dopo i fatti di Genova, ecco
la risposta. “Montalbano sta male, si è fogato con di me, perche
io continuo a chiedergli spunti per un romanzo e lui mi continua a darmi
spunti per racconti. In un romanzo lui dovrebbe mettere in discussione,
la sua posizione di poliziotto dopo il G8 e dopo i fatti di Napoli. E’
in una situazione nella quale non ha ancora sedimentato questo tipo di
reazione”. Ma lei non aveva detto prima di Genova che avrebbe marcato visita
piuttosto che essere comandato al G8? “Ma naturalmente al 98% marcava visita.
Anche se il “marcare visita” presupponeva un’intelligenza di ciò
che sarebbe accaduto”.
Massimo Bernardi
- A total unnecessary blog, 7.2.2003
L'ho visto e mi ha detto: Montalbano sono
Ieri vedevo Montalbano alla TV. Ho avuto pena per lui, rammarico. Piu'
dei criminali hanno potuto le repliche infinite e il dissennato utilizzo
come tappabuchi. Infastidito, in un moto d'ira, ho infilato nell'ordine
le seguenti azioni: spenta la TV, sfidate pericolosamente le scale, preso
l'uscio, e finalmente fuori. Freddo e rabbia devono avermi giocato un brutto
scherzo, perche' di li' a poco, mi e' parso d'incontrare proprio lui, il
Commissario Montalbano.
M. Minchia, Salvo sei?
CM. Montalbano sono.
M. Salvuzzo che piacere vederti, parlarti. No toccarti no, che siamo
tra uomini veri, anche se tu…
CM. Che fai, babbii?
M. Scusa, ma tu con Livia... proprio poco, casomai piu' nelle vecchie
serie. Sara' forse perche' quella, Katharina, tedesca è. Poi ci
sono tutte le altre, quelle che ci provano, perché non è
che non ci provano Salvo. Ma tu più fesso che indefesso, niente,
mai.
CM. Che mi viene a significare indefesso? Poi scusa, ma tu che volevi?
M. Niente, darti una pacca sulla spalla, insomma consolarti.
CM. Ti sembro uno macari da consolare, io?
M. Che fai, sempre con una domanda rispondi, proprio poliziotto sei.
Comunque, non prendertela se la RAI ti mette ovunque, se c'e' il 'Commissario'
ogni volta che bisogna contrastare un programma della concorrenza, se conosciamo
tutti gli episodi a memoria, se potremmo suggerirti noi una battuta dimenticata.
CM. Sta storia comincia a rrompermi i coglioni, piglio sonno e m’arrisbiglio,
svenno e arrivenno, arriso e chiangiio, nascio e muro.
M. Calmati Salvo, sei anche sfortunato. Il taglio di capelli, ehm,
non puo' cambiare piu' di tanto, abiti e 'location' sono quelle, sicche'
la RAI specula: ritrasmettiamo 'Il cane di terracotta' e chissenefrega!
CM. Non fare osservazioni intelligenti, che m’avvilisco, e il mio ciriveddro
non gira più nel verso giusto.
M. E pensare, caso quantomai raro, che in TV, quasi ti preferisco ai
libri. Che quello Zingaretti li, è bravissimo, che la Vigata televisiva
e' bellissima. A proposito, ho riconosciuto Noto, Scicli, Santa Croce Amerina,
Ragusa Ibla, Modica.
CM. Iee allora?
M. Salvò (come dice Mimi' Augello) dimmi dove cazzo sta casa
tua, che un posto cosi' me lo sogno di notte.
CM. Come minchia parli?
M. Anche tu non scherzi.
CM. Talia qui (prendendo dalle tasche un foglio sgualcito). Questo
contratto mi impegna a non rivelare i luoghi delle riprese. Spialo ai tuoi
amici di blog, muto devo essere.
M. Hai detto blog? Catarella, l'informatico del commissariato, dovrebbe
averne uno. Sai che bomba. Ah, digli che l'aiuterei volentieri a fare il
tuo sito, neanche quello hanno fatto alla RAI, che se eri in America pure
i pupazzini di Aiello facevano.
CM. Perdona la stronzaggine dell’espressione: io andrei.
M. OK, ma quando torni? In TV intendo.
CM. Chiedilo ai consiglieri d'amministrazione della RAI. Quelli oggi
ci sono, domani chissa', e io con loro: pare che il prossimo inverno niente
TV. Me ne torno nei libri, per fortuna Camilleri non lesina.
La Repubblica
(ed. di Palermo), 8.2.2003
La prima. A Messina il debutto siciliano de "Il fantasma della cabina",
l´opera tratta da Camilleri
Buffa, leggera e scorrevole. Così la lirica si mette in gioco
Il commissario Collura è un fratello minore di Montalbano allergico
alle "camurrie"
MESSINA - Il comandante della nave è una camurria, una gran scocciatura,
con quella sua mania della forma inappuntabile. Il fantasma che s´aggira
per ponti e cabine è anch´esso una camurria perché
ha sconvolto la beata ipnosi dei crocieristi. E tutta quanta la crociera
è una bella camurria, così falsa e leziosa rispetto alle
abitudini di un poliziotto.
Sbuffa infastidito il commissario Cecè Collura, proprio come
il suo fratello maggiore Montalbano, costretto da una revolberata alla
panza a indagare in una nave da crociera sulle tracce di un improbabile
spettro. È "Il fantasma della cabina", il breve racconto di Andrea
Camilleri che la musica di Marco Betta e il libretto di Rocco Mortelliti
hanno trasformato in un´opera buffa in due atti, in scena stasera
e domani al teatro Vittorio Emanuele di Messina, che l´ha coprodotta.
Un´operina leggera leggera, dai versi facili e dai suoni carezzevoli
che fa ampio ricorso ai dialoghi recitati e alle trovate della farsa, per
poi scivolare via con un sorriso sbandierando il vessillo acchiappafolle
di Camilleri.
La voce fuori campo, inconfondibile, dello stesso Camilleri, introduce
la storia di Cecè Collura, mentre dietro un velo di tulle appaiono
i protagonisti pronti a imbarcarsi. E quando la nave salpa le belle scenografie
di Italo Grassi mostrano eliche, oblò e ponti passeggeri, sfondo
di una storiella che racconta della signora Candida Meneghetti (il soprano
Denia Mazzola), attrice in pensione pagata da una compagnia rivale per
danneggiare l´immagine della società armatrice della "Marco
Polo". Smascherare la bufala del fantasma è un gioco da ragazzi
per uno sbirro come Collura (il tenore Luca Canonici) mentre tutt´attorno
il coro di crocieristi si rimbecillisce in giochi e animazione come se
niente fosse, quasi come un Titanic da operetta. Per una volta i cantanti,
a cominciare dal protagonista, sono chiamati a una prova d´attore
che sembra divertirli, impegnati come sono in questo misto di prosa e lirica:
in scena anche Cinzia Rizzone, Fabio Previati, Danilo Formaggia, Leonardo
De Lisi e la pianista jazz Paola Ghigo. Sul podio dell´orchestra
del Vittorio Emanuele, il maestro Fabrizio Carminati, la regia è
dello stesso Mortelliti. Il pubblico sta al gioco: sorride, applaude e
non grida al sacrilegio.
E alla fine è ancora la voce di Camilleri a spiegare che per
Collura, innamorato, rilassato e ahilui convocato nel suo ufficio, è
in arrivo una nuova camurria.
Mario Di Caro
Gazzetta del Sud,
9.2.2003
Milazzo
"Prova d'attore" del regista Mortelliti
MILAZZO – Si è presto trasformata in una prova d'attore l'incontro-dibattito
che il regista e autore teatrale Rocco Mortelliti (librettista dell'opera
lirica «Il Fantasma nella Cabina» in scena fino a stasera al
“Vittorio Emanuele” di Messina) ha tenuto venerdì sera nell'aula
magna del liceo classico “Impallomeni” di Milazzo su invito del Soroptmist
e della delegazione locale Aicc (Associazione italiana di cultura classica)
«Manara Valgimigli» dal titolo «Il gesto e la parola:
il lavoro dell'attore». Mortelliti, partendo dal concetto che un
attore deve stare al servizio del personaggio che interpreta, ha preso
a esempio alcune maschere tratte dalla commedia greca la «Samia»
di Menandro. Il regista che per l'occasione ha calzato alcune maschere
si è soffermato sui gesti e le movenze necessarie per farle vivere
e soprattutto farle parlare. «Un attore per interpretare bene un
personaggio in questo caso una maschera deve prima di tutto lavorare sul
proprio corpo - ha spiegato Mortelliti -. La respirazione, la postura,
l'inclinazione del capo, lo sguardo, sono tutti aspetti fondamentali».
Altra cosa è il gesto tipico delle maschere che fanno parte della
commedia dell'Arte (lo stesso si è specializzato in questa forma
di teatro recitando al fianco di Ferruccio Soleri sotto la direzione di
Giorgio Strehler). «Il pubblico nella commedia dell'Arte - spiega
Mortelliti - va sempre reso partecipe delle azioni che la maschera compie
sulla scena. Il rapporto è a tre: fissare l'oggetto, guardare il
pubblico, ritornare sull'oggetto». Il regista si è poi infine
soffermato sul rapporto tra testo e regia affermando che il testo è
un'interpretazione del regista. «Come afferma sempre Camilleri -
ha spiegato Mortelliti - il regista ha bisogno di tradire l'autore per
essere vicino all'autore. Quando Strehler metteva in scena Beckett, quest'ultimo
era molto arrabbiato perché diceva che Strehler non lo rispettava.
Quanto ai rapporti tra il regista e l'attore - ha continuato Mortelliti
- al contrario di quello che dice Ronconi quando afferma che gli attori
sono delle macchine, io prendo invece sempre la parte umana. Voglio che
l'attore mi stupisca che mi trasmetta il suo istinto animalesco, mi suggerisca
cose nuove, diverse, in più. E' ciò che ho chiesto ai protagonisti
dell'opera «Il Fantasma nella Cabina» durante la messa in scena
del testo. Tra gli ospiti presenti all'incontro il soprano Denia Mazzola
che nell'opera tratta da un racconto de «Il commissario di bordo»
di Camilleri interpreta Candida Meneghetti e la giovane musicista Paola
Chigo (Giorgia).
Alberto Nania
La Sicilia, 9.2.2003
Il programma della visita del Capo dello Stato
L'arrivo del presidente Ciampi, una giornata intensa
È tutto pronto per la visita del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi ad Agrigento martedì prossimo.
[...]
Nel pomeriggio
[...]
Il presidente, se il tempo a disposizione lo consentirà, andrà
al teatro Regina Margherita di Racalmuto, la struttura che è diretta
dallo scrittore Andrea Camilleri. Ed a proposito di Camilleri c'è
l'iniziativa dell'Associazione degli scrittori agrigentini e del Cepasa
di Paolo Cilona che proporrà al presidente della Repubblica di nominare
il papà del commissario Montalbano senatore a vita. Lo stesso riconoscimento
sarà chiesto anche per il fisico Antonino Zichichi, uomo di scienza
e di pace. Ciampi pernotterà in Prefettura e mercoledì mattina
in elicottero partirà alla volta di Trapani.
Fabio Russello
Il Nuovo, 10.2.2003
Camilleri e Zichichi, la Sicilia che conta
Due organizzazioni siciliane chiederanno a Ciampi di "promuovere" lo
scrittore e lo scienziato a senatori a vita. Il loro lavoro è motivo
d'orgoglio non solo per la Sicilia, ma per il l'Italia intera.
AGRIGENTO - Camilleri e Zichichi senatori a vita? Il papà del
Commissario Montalbano e lo scienziato che tanto ricorda Einstein incensati
di tanto riconoscimento. E' quello che chiederà al Presidente della
Repubblica Ciampi, domani in visita in Sicilia, il Centro Programmazione
Azione Sociale e l' Associazione Scrittori Agrigentini, attraverso i Presidenti
Paolo Cilona e Nuccio Mula. Nell' istanza si sottolineano ''gli altissimi
meriti culturali che, ormai da anni, hanno fatto attestare ai più
alti livelli di rinomanza ed autorevolezza in campo internazionale lo scrittore
Andrea Camilleri e lo scienziato Antonino Zichichi. Entrambi prestigiosi
esponenti non solo dell' impegno intellettuale e civile finalizzato alla
promozione socio-culturale del territorio isolano, ma anche della proposizione
e della tutela, nel mondo intero, di un'immagine della Sicilia contemporanea
adeguata al suo magnifico passato di terra genitrice, da secoli, di geniali
protagonisti in ogni branca dello scibile umano''.
Siciliano.it, 10.2.2003
Agrigento, Camilleri presenta libro con poesie di detenuti
Lo aveva fatto nell'estate scorsa, ripeterà l'esperienza giovedì
prossimo, 13 febbraio, per presentare insieme ai detenuti del carcere di
contrada Petrusa un volumetto che contiene le poesie che i reclusi hanno
dedicato al magistrato Rosario Livatino.
Si tratta di Andrea Camilleri che ha scritto la prefazione del libro.
Nel carcere di Agrigento, Camilleri passò una nottata da recluso
quando, negli anni della guerra, venne arrestato da militari americani
che fecero irruzione nella redazione del giornale «Baciamo le mani....
alla libertà».
«In 'Pensieri senza barriere', la raccolta di poesie scritte
da alcuni reclusi della Casa Circondariale 'Petrusa' di Agrigento - scrive
Camilleri - ho trovato sempre un pensiero, un sentimento, una pepita che
quella poesia rendeva di pregio. E questo non è poco e serve a dimostrare
che ogni verso, ogni rigo nasceva da una reale necessità, da un
vero bisogno di comunicazione».
«L'importanza di questo volumetto - scrive ancora Camilleri -
mi pare risieda soprattutto nel proporsi come canale di conoscenza reciproca
tra tutti coloro che, in vesti diverse, si trovano a risiedere e lavorare
nella Casa Circondariale, tant'è che il giusto orgoglio di chi questa
iniziativa ha voluto promuovere è pari a quello di chi vi ha concorso
con uno o più scritti. Tutte le poesie sono a metà anonime
dato che sono firmate col solo nome e con la lettera iniziale del cognome:
quindi il valore di ogni poesia è doppio perchè non tende
a soddisfare una personale ambizione, ma si propone come entusiasta partecipazione
ad un coro complesso e variato». «Ed è proprio questo
aspetto di sentimento collettivo e di emozione condivisa - conclude Camilleri
- a fare di Pensieri senza barriere un documento palpitante di umanità».
Corriere della sera,
10.2.2003
IL LIBRO
Venti voci per un Sud
AA. VV. Nel Sud senza bussola a cura di G. Fofi e A. Leogrande,
L’Ancora del Mediterraneo, pagine 245, 16
L’obiettivo è forse un po’ ambizioso: «ritrovare l’orientamento»
rispetto a «un Sud senza bussola». Ma il tentativo è
interessante: informare, interpretare e anche giudicare, incrociando temi
e discipline lontane come i «fondi strutturali europei» e il
cinema, la crisi delle banche e la letteratura. L’Ancora del Mediterraneo,
piccola e prolifica casa editrice di Napoli, pubblica un volume «a
venti voci». Venti brevi saggi, diversi e talvolta contraddittori,
tenuti insieme dagli interrogativi posti nel capitolo introduttivo, firmato
dallo scrittore Giovanni Russo.
[...]
Da segnalare, infine, i capitoli sulla letteratura (curato da Marcello
Benfante) e sul cinema (Emiliano Morreale). Nel primo si esplorano «le
due anime più autenticamente valide della narrativa meridionale»,
cioè «la realista» e «la fantastica». In
questo quadro può far discutere la stroncatura delle opere di Camilleri
(«la marcia trionfale del camillerismo»). Scelte precise anche
sul cinema: no al modello «semplicistico» delle Piovre, sì
«al folgorante percorso» dei registi Ciprì e Maresco.
Chiude Goffredo Fofi, con poche pagine dedicate all’«omologazione»
di un Sud «che ha dimenticato il buono della sua differenza, nella
furia di diventare uguale».
Giuseppe Sarcina
Giornale di
Brescia, 10.2.2003
Il giallo colto di Santo Piazzese apre i Lunedì del San Carlino
«Nuovi stili del noir» è la sezione che dà
l’avvio alla nuova serie dei Lunedì del San Carlino organizzati
dalla Provincia e coordinati dal prof. Roberto Chiarini. Una sezione che
segue le orme di «A qualcuno piace giallo» e intende offrire
due esempi eccellenti di un genere che, salvo rare eccezioni, ha solo da
poco acquisito vera e propria dignità letteraria. A torto considerato
"minore", il giallo, il noir e il poliziesco in tutte le sue sfaccettature
diviene sempre più spesso il pretesto per veicolare attraverso una
trama avvincente e un’angolazione (ancora) insolita aspetti e contraddizioni
di realtà sociali sempre più complesse e contraddittorie,
restituendone atmosfere e umori, benessere e malesseri. Ed è il
caso di Santo Piazzese, raffinato autore siciliano che oggi pomeriggio,
alle 18, inaugura la serie; e di Giorgio Faletti, autentica rivelazione
in testa alle classifiche di vendita con «Io uccido», atteso
al San Carlino per il 10 marzo. Ad intervistare Santo Piazzese sarà
Beppe Benvenuto, responsabile culturale del quotidiano «Il Foglio»,
docente all’Università di Palermo e allo Iulm di Milano, oltre che
consulente della casa editrice Sellerio. Ed è proprio da Sellerio
che Piazzese, biologo "prestato alla scrittura", come ama definirsi, ha
pubblicato i suoi tre romanzi di successo: «I delitti di via Medina-Sidonia»,
«La doppia vita di M. Laurent» e, ora, «Il soffio della
valanga». Nato a Palermo nel 1948, dove vive e lavora come ricercatore
alla Facoltà di Scienze, Piazzese con i suoi romanzi e numerosi
racconti, ha guadagnato un posto nell’antologia Portes d’Italie, dedicato
agli autori italiani di noir, pubblicata da Fleuve Noir nel 2001, e prestigiosi
premi in Italia e all’estero. L’esordio come scrittore avviene nel 1996,
quando Piazzese presenta all’editore Sellerio, in pieno ciclone Camilleri,
un romanzo che ha nel cassetto da più di dieci anni: I delitti di
via Medina-Sidonia. Protagonista è il raffinato e ironico Lorenzo
La Marca, professore di biologia single e dandy. Il romanzo gode subito
di grande fortuna: conta ben undici ristampe, nel 1997 vince il Festival
del Primo Romanzo a cura del Salone del Libro di Torino e del Festival
du Premier Roman di Chambéry, e nel 1998 viene pubblicato in Francia
da Fleuve Noir. Anche il secondo libro, La doppia vita di M. Laurent, uscito
a due anni di distanza dal primo e come il primo caratterizzato dalla presenza
del detective-biologo, ha grande successo: nove edizioni, traduzioni in
Francia e Germania e un progetto di sceneggiatura per un film-tv già
in corso d’opera. I romanzi di Piazzese sono noir metropolitani ambientati
a Palermo, ricchi di inflessioni dialettali e di ricostruzioni delle atmosfere
locali. Ed è in questo diverso ambiente che Piazzese marca la distanza
da Andrea Camilleri. Anche se frequenti e inevitabili sono i rimandi: entrambi
siciliani, scrittori di gialli con riferimenti al lessico locale e al "bon
vivre", una casa editrice in comune... Le somiglianze però finiscono
qui. «Il soffio della valanga» (Sellerio, 2002) è il
suo terzo romanzo, un poliziesco raffinato ed elegante. Cambia personaggio
e Piazzese cambia stile, mostrando un’abilità davvero notevole.
Grazie ad un sottile gioco di coincidenze, evoca in una sorta di controcanto
i primi romanzi e il loro protagonista. Stavolta Lorenzo La Marca fa capolino
nelle pagine del libro solo come comparsa per lasciare la scena al commissario
Vittorio Spotorno, che da personaggio secondario nei romanzi precedenti
sale al proscenio. Appuntamento da non mancare, quello di oggi pomeriggio
al San Carlino.
TG1, 11.2.2003
Ciampi nomina cavaliere Zingaretti e grande uff. Camilleri
Cliccare
qui per vedere il video
La Repubblica,
11.2.2003
Ultimora. Roma, 11:07
Ciampi nomina cavaliere Zingaretti e grande uff. Camilleri
Carlo Azeglio Ciampi ha nominato Cavaliere al merito della Repubblica
Luca Zingaretti, l'attore che interpreta il personaggio del commissario
Salvo Montalbano della fortunata serie televisiva tratta dai romanzi dello
scrittore siciliano Andrea Camilleri, al quale il Capo dello Stato ha invece
conferito una onorificenza di grado più alto, quella di grande ufficiale.
I prestigiosi riconoscimenti saranno consegnati oggi dal Presidente
della Repubblica in visita ad Agrigento.
(red)
La Repubblica,
11.2.2003
Ciampi premia Montalbano
Montalbano sono. E pure cavaliere. Si arricchisce il biglietto da visita
del commissario più famoso d'Italia: il presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi ha infatti insignito l'attore Luca Zingaretti dell'onoreficenza
di cavaliere al merito della Repubblica. Mentre il creatore del personaggio,
lo scrittore Andrea Camilleri, diventa grande ufficiale. I riconoscimenti
sono stati consegnati oggi dal capo dello Stato in visita ad Agrigento.
Un "premio" istituzionale, dunque, all'attore e al personaggio. A Luca
Zingaretti, ormai "condannato" ad incarnare, in bilico tra finzione e realtà,
il celebre commissario di Vigata, e a Montalbano medesimo, protagonista
della fortunata serie televisiva che ha risollevato le sorti degli ascolti
Rai nell'ultima stagione. L'orgia di repliche, riproposte in tv a brevissima
distanza dalla prima messa in onda, ha riconfermato l'alto gradimento del
pubblico: l'ultimo episodio, "Il gatto e il cardellino", trasmesso giovedì
scorso in prima serata, ha registrato ben 6 milioni 470mila telespettatori,
sostenendo egregiamente il confronto con la seconda puntata del "Grande
fratello". L'intero ciclo di 10 episodi, riproposto su RaiUno, ha avuto
una media superiore ai sette milioni di ascoltatori, con punte di otto,
e il 29% di share.
Ma se il bavero di Montalbano si impreziosisce con la medaglia di cavaliere,
quello del "papà" del commissario, Andrea Camilleri, pesa ancora
di più. Il presidente Ciampi gli ha conferito infatti il titolo
di grande ufficiale, ulteriore consacrazione che si aggiunge a quella del
successo letterario: solo in Italia sono state vendute circa cinque milioni
di copie dei romanzi con protagonista il commissario Montalbano.
Un premio "inaspettato": così Luca Zingaretti ha commentato
l'onoreficienza ricevuta dalle mani del presidente della Repubblica; "mi
ha fatto molto piacere - ha aggiunto - anche perché sono stato cresciuto
da mia nonna, che adesso non c'è più, con un senso dello
Stato e della patria molto forte, quindi ricevere un'onoreficienza non
pensavo che mi commovesse a tal punto". Alla domanda su che cosa gli avesse
detto il capo dello Stato al momento della consegna, l'attore ha risposto:
"Solo complimenti. Del resto è già troppo".
Amata da Nord a Sud, lodata dalle critiche come prodotto di grande
fattura artigianale, la serie televisiva è diventata così
popolare da trasformare in oggetto di turismo cinematografico i luoghi
delle riprese: il duomo di san Giorgio a Ragusa Ibla, Punta Secca (la splendida
terrazza della casa di Montalbano), il lungomare di Donna Lucata, e poi
Scicli e Modica e le antiche case coloniche del ragusano.
La cerimonia di consegna delle onoreficenze si è svolta oggi
presso il teatro comunale "Luigi Pirandello" di Agrigento, dove però
anche un "vero" vice questore ha ricevuto il prestigioso riconoscimento:
si tratta di Michele Moretti, che nel settembre scorso salvò alcuni
extracomunitari naufragati al largo delle coste della Sicilia.
l'Unità, 11.2.2003
“Teatri, riaprite le porte alla Sicilia”
La riapertura di un teatro come simbolo di una Sicilia che funziona,
di una comunità che con volontà ferrea vuole dare di sé
una rappresentazione positiva nel palcoscenico della storia. Andrea Camilleri,
partendo dalla riapertura del teatro di Racalmuto, del “teatro di Sciascia”
– lo scrittore ne è il direttore artistico – parla dell'arduo mestiere
del teatro nella cultura dell'isola, ricorda Turi Ferro, dibatte di Pirandello
e Sciascia. E di Eduardo De Filippo. Camilleri racconta: “C'è stato
una sorta di censimento sui teatri siciliani chiusi. Tali strutture nell'isola
mediamente vanno dai 150 ai 400 posti. I teatri chiusi sono ben 258. Naturalmente
la domanda che uno si fa è: se questi teatri fossero tutti riaperti,
non avremmo la possibilità di offrire alle compagnie una stagione
che si esaurirebbe tutta in Sicilia? Ci sarebbero le condizioni per fare
cultura teatrale e dare lavoro a molte compagnie. Ma purtroppo non è
così. Il fatto è che questi teatri c'erano, ora no. Il che
è sconfortante”.
Che fine hanno fatto?
"In passato molte strutture teatrali sono state trasformate in cinematografi.
Ma quel che mi preoccupa è che gli attuali 258 teatri chiusi possono
diventare qualsiasi cosa, anche dei garage. In questo panorama mi sembra
estremamente importante che a Racalmuto dopo quarant'anni il teatro venga
riaperto. Il teatro come luogo laico di interscambio culturale e sociale.
Vede, a Racalmuto, cittadina in provincia di Agrigento, il teatro può
diventare anche il luogo primario di raduno della cittadinanza. Sto parlando
anche di formazione. Formazione di un pubblico che da quarant'anni non
è più abituato ad avere una struttura simile. Formazione
degli attori, ma soprattutto del personale tecnico del teatro. Non a caso,
partirà con l'inaugurazione del teatro un'attività di scuole
di formazione: dagli attori al personale tecnico, cioè a dire sarti,
macchinisti ed altre figure che rischiano di scomparire. Vogliamo creare
delle specializzazioni in un campo dove queste cominciano a mancare. La
nostra aspirazione è che i giovani vadano a lavorare nei più
importanti teatri italiani. Noi intendiamo creare le condizioni per la
crescita di un qualificato personale tecnico teatrale".
Questa sua intenzione sa tanto di bottega artigiana...
"Esatto. Poiché i mestieri del teatro sono artigianali, si apprendono
come nelle botteghe dei grandi maestri. La cosa che mi conforta è
che abbiamo già una notevole quantità di iscrizioni. Il che
vuol dire che la gente vuol intraprendere questa attività, ma trova
difficoltà a farlo".
Una filosofia per la quale il teatro non è solo “scena”:
è collegato alla vita quotidiana.
"Sempre in quest'ottica abbiamo bandito un concorso per autori drammatici
sotto i 40 anni. Autori che scrivono il testo in lingua italiana, dunque
anche autori non italiani. Questo perché abbiamo esempi di scrittori
stranieri, extracomunitari, che si sono affermati nella letteratura, scrivendo
in italiano".
Qual'è il tema del concorso?
"Il tema del concorso è la giustizia. Poiché era uno
dei punti dolenti sui quali Sciascia si è interrogato ed ha scritto
cose
importanti. Anche questo lo abbiamo fatto in sua memoria. La particolarità
di questo concorso è che non ha un premio in denari. Perché
un premio anche di dieci milioni non consente ad un regista di mettere
in scena un nuovo lavoro. E allora abbiamo deciso che il vincitore verrà
rappresentato, con una compagnia di prim'ordine, l'anno seguente. E' il
miglior premio per un autore drammatico, veder la propria opera in scena.
La giuria è formata dal critico Antonio Di Grado, dal musicologo
Giambrone, dal professore Natale Tedesco, da me".
Come si svolgerà l'inaugurazione?
"I due giorni di inaugurazione, 14 e 15 febbraio, sono in realtà
la festa del teatro. Si inaugura con una serata dove c'è l'orchestra
di Franco Ferrara. Poi ci sono la Dandini, la Marchesini, Mariella Lo Giudice,
la giovane attrice Tiziana Lodato, una miscellanea, nella quale ognuno
recita una cosa. La mattina dopo si esibirà il coro polifonico di
Racalmuto. La sera, il tenore Vincenzo La Scola racconterà una sorta
di storia del melodramma italiano, cantando arie celebri e- questa è
l'originalità – sarà accompagnato da un chitarrista. Debbo
dire, che non avrei potuto organizzare tutte queste cose, senza l'aiuto
di Gaetano Savatteri e del regista Giuseppe Di Pasquale".
E il cartellone?
"Ci saranno Ida Carrara, Fabrizio Bentivoglio, Mariano Rigillo, il
ricordo di Turi Ferro, la messinscena della Controversia Liparitana di
Sciascia ed un giorno di letture che riguardano Le parrocchie di Regalpetra
con attori quali Brogi e Burruano. Ed altro ancora. In ogni testo ha larghissima
importanza la musica. La musica come battuta teatrale è una scelta
strategica. La musica è diretta e immediata ed aiuta la comunicazione.
Ciò rientra nella nostra filosofia di un teatro non elitario, ma
di divulgazione. Abbiamo pensato ad una apertura all'esterno, con delle
possibilità che verranno date alle altre realtà teatrali
della provincia agrigentina".
Come scopritori di talenti?
"Certo, vogliamo dare opportunità ai giovani".
Il rapporto fra teatro e letteratura in Sicilia?
"Il rapporto fra teatro e letteratura è sempre stato abbastanza
altalenante. Vi sono stati comunque grandi periodi per il teatro siciliano.
Si pensi a Verga, Musco, Martoglio, Grasso. Certo, bisogna dire che fra
teatro e letteratura vi è sempre stata una sorta di diffidenza.
Con Pirandello le cose sono iniziate a cambiare. Anche se è opportuno
ricordare che il teatro siciliano, per fare un esempio alto, era già
uscito dai confini regionali, con Verga. Si pensi alla rappresentazione
di Cavalleria rusticana a Torino con la Duse".
Definiva prima il teatro come mestiere.
"Dare una definizione di teatro è difficile. Potrei dire: il
teatro come “mestiere” prima che come arte".
Anche i grandi teatri, come il Massimo di Palermo, hanno avuto problemi.
Polemiche che rimbalzano sui media...
"Tutti i teatri hanno problemi, i costi di gestione sono piuttosto
elevati. Il cinema ha costi minori. Pensi al teatro di Racalmuto. E' stato
chiuso per quarant'anni. I lavori di ripristino sono durati venti anni.
Hanno subìto una accelerazione negli ultimi tempi, con due sindaci
del centrosinistra. Vede, il teatro non è solo un edificio, occorrono
speciali precauzioni, bisogna rispettare in maniera rigorosa le norma dell'Unione
Europea. Anche del tipo di riscaldamento. E' un sistema complesso. Riaprire
un teatro è una meta che può essere raggiunta solo con una
volontà determinata. A Racalmuto, l'impegno del sindaco Restivo
è stato fondamentale, ma è l'intera collettività che
l'ha voluto. Non a caso, la mia nomina a direttore artistico è stata
votata all'unanimità. Sono andato al consiglio comunale di Racalmuto
ed anche l'opposizione di centrodestra ha voluto e votato la mia nomina.
Una cosa che mi ha fatto enormemente piacere, non per vanagloria, ma perché
è stata la volontà di tutta la cittadinanza. Che ha voluto
porre le condizioni per riaprire e far decollare subito il teatro".
E' attesa la visita del Presidente della Repubblica?
"Diciamo che ce lo auguriamo. Guardi, non è che mi aspetto che
venga al momento del taglio del nastro o che stia due ore per lo spettacolo.
Ritengo che sarebbe un segno importante la sua presenza per questa iniziativa
dal valore culturale e sociale".
I siciliani sono un popolo teatrale?
"Quando Sciascia riferisce del tragediatore, indica che ogni siciliano
recita una parte. Lo stesso Pirandello seppur in forma più raffinata,
diceva che ognuno si costruisce una maschera. Parlava di una costruzione
teatrale che è tipica dei siciliani. Ma vede, è un carattere
fondamentale del nostro popolo, che in fondo è barocco. Ma non è
un puro artificio, è una cosa spontanea, genuina. L'ultima volta
che ho vista fare commedia dell'arte, è stato allo Stabile di Catania
trent'anni fa. Turi Ferro faceva una farsa siciliana di Giusti e le situazioni
cambiavano di sera in sera. Un'improvvisazione fantastica, geniale. Addirittura
una sera un attore passava di lì e venne immesso nella commedia,
sostenne una piccola scenetta. In quelle sere ho capito cos'era la vera
commedia dell'arte".
Qualcuno ha detto: Turi Ferro è stato il teatro.
"Concordo pienamente. Ferro è morto recitando. L'ultima cosa
che recitò è stata la riduzione, fatta da me, di una novella
di Pirandello. Poi dovette interrompere, e non recitò mai più.
Sì, Turi Ferro è stato il teatro. Così come Eduardo".
Qual'è il suo ricordo di Eduardo?
"Ho lavorato con Eduardo, ed in sei mesi di convivenza intellettuale
con lui ho imparato assai di più di quanto avessi assimilato durante
i miei studi. Ed avevo già alle spalle l'Accademia, ero stato aiuto
regista di Orazio Costa. Vede, il nostro è un mestiere di ladri,
come tutti i lavori artigianali. Come nelle botteghe rinascimentali si
apprendeva l'arte, in Sicilia, terra di grandi maestri artigiani, si diceva
che i giovani “te rubbavuno” il mestiere".
Salvo Fallica
Corriere della sera,
11.2.2003
Primo giorno sull’isola: «La mafia si combatte con lo sviluppo»
Ciampi incontra operai e terremotati «Siciliani, non dovete
mai abbattervi»
Da Stromboli a Termini Imerese. A Palermo i parlamentari del centrodestra
contro il rettore
[...]
Un viaggio che punta a sottolineare la Sicilia più semplice
e più nobile. La stessa che il presidente incontrerà oggi
ad Agrigento dove lo aspetta Andrea Camilleri, pronto ad accompagnarlo
a Racalmuto, nel paese di Leonardo Sciascia.
Felice Cavallaro
La Sicilia, 11.2.2003
Racalmuto
Da oggi in vendita i ticket per l'apertura del teatro
La Fondazione del Teatro «Regina Margherita» di Racalmuto
informa che da oggi saranno in vendita i biglietti per lo spettacolo del
tenore Vincenzo La Scola, in programma sabato 15 febbraio, ed anche gli
abbonamenti della stagione.
I biglietti potranno essere acquistati direttamente presso un'agenzia
locale ubicata in piazza Umberto I a Racalmuto, dalle ore 10 alle 13 e
dalle 16 alle 20. Intanto, nei giorni scorsi è arrivato il parere
favorevole per quanto riguarda il collaudo dei Vigili del Fuoco. Entro
questa settimana arriverà al Teatro la Commissione di vigilanza
sui pubblici spettacoli per il parere definitivo. Finalmente la struttura
teatrale apre i battenti dopo che per ben due volte l'inaugurazione è
stata posticipata per vari problemi legati proprio ai collaudi, soprattutto
quelli statici. Per l'inaugurazione si spera sempre nella presenza del
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che è stato invitato
direttamente dal direttore artistico del «Regina Margherita»,
Andrea Camilleri che già da qualche giorno è tornato a Porto
Empedocle proprio per preparare al meglio l'inaugurazione.
Dovrebbero arrivare come ospiti d'onore Anna Marchesini e Luca Zingaretti,
il Commissario Salvo Montalbano della serie tv.
G. R.
La Sicilia, 11.2.2003
Poesie da «Petrusa», ristampato il libro
La ristampa del libro di poesie dei detenuti del carcere di contrada
Petrusa di Agrigento dal titolo «Pensieri senza barriere» è
pronta. Andrea Camilleri, ha mantenuto la promessa: il libro ha una sua
introduzione. Anche la Provincia regionale è stata di parola ed
ha contribuito a ristampare il libro in una versione più elegante.
Giovedì 13 febbraio prossimo nella biblioteca dell'Istituto di pena,
il libro in nuova veste, sarà presentato alla presenza del direttore
generale dell'Ufficio detenuti, Sebastiano Ardita, del nuovo provveditore
regionale Orazio Faramo, dello scrittore empedoclino, Andrea Camilleri,
e dell'assessore alla Legalità Paolo Ferrara. Nel pomeriggio, una
delegazione con in testa la direttrice del «Petrusa», Laura
Brancato, si recherà a consegnare una copia del libro al papà
del giudice canicattinese Rosario Livatino.
G. R
Giornale di
Brescia, 11.2.2003
Al Sancarlino lo scrittore del noir alla siciliana: al terzo romanzo
compare la mafia
Santo Piazzese: non sono l’anti Camilleri
A fare da sfondo anche alla sua terza prova d’autore è la Palermo
dei nostri giorni, che si consuma fra il traffico delle strade, le inflessioni
dialettali e le ricostruzioni delle atmosfere locali. Questo accadeva anche
nei due romanzi d’esordio («I delitti di via Medina-Sidonia»
e «La doppia via di M. Laurent) e, nel recente «Il soffio della
valanga» (edito da Sellerio), Santo Piazzese torna a cimentarsi,
e con successo, con il «noir metropolitano»: molti ingredienti
classici, un tocco di humour e, per la prima volta, una storia che rimanda
direttamente alla piaga mafiosa. Fatto imprescindibile per un autore siciliano,
tanto che lo scrittore può dichiarare: «In un certo senso
i miei due primi libri sono stati un alibi per arrivare al terzo».
Inevitabile l’accostamento a Camilleri, magari nella chiave non dell’analogia
bensì di una contrapposizione (qualcuno l’ha descritto infatti come
l’anti-Camilleri)? Niente di più inesatto. Piazzese, pur dichiarandosi
«grandissimo estimatore» del creatore di Montalbano, tiene
a precisare che i loro registri narrativi sono «profondamente diversi
per stile, mentalità, personaggi». Lo ha affermato lo scrittore
al teatro Sancarlino, dove è stato intervistato da Beppe Benvenuto,
responsabile culturale del «Foglio» e consulente editoriale
di Sellerio, per il nuovo ciclo dei Lunedì coordinato da Roberto
Chiarini, e che ha preso il via con la sezione Nuovi stili del Noir (il
prossimo appuntamento della serie sarà il 10 marzo con Giorgio Faletti,
intervistato ancora da Beppe Benvenuto e da Maria Rosa Mancuso, mentre
lunedì 17 febbraio Aldo Alessandro Mola e la sua «Storia della
monarchia italiana» inaugureranno gli incontri di Ventennio italiano).
In apertura Chiarini ha illustrato la stagione, che si articola in 4 filoni
dedicati rispettivamente alla letteratura gialla, alle trasformazioni dello
Stato liberale, al mondo economico-finanziario, ai personaggi della storia
italiana. Spiega Piazzese, riferendosi alla scelte che hanno guidato l’ultimo
lavoro: « Tutti gli scrittori del secondo dopoguerra hanno dovuto
confrontarsi con la realtà della mafia. Provo rispetto per la figura
quasi paterna di Sciascia, che è stato il primo a parlarne in termini
così espliciti da essere attaccato dall’establishment del periodo.
Arrivato a questo punto, anch’io dovevo misurarmi con il problema: non
era ammissibile che uno scrittore palermitano per la terza volta girasse
la testa dall’altro lato ». E, a proposito del genere adottato, aggiunge:
«Prima dell’esplosione di Camilleri, in Italia la maggior parte della
critica letteraria "togata" sosteneva che il giallo è un genere
letterario di serie B. Non sono d’accordo: per me esistono soltanto una
buona e una cattiva letteratura». Santo Piazzese, biologo prestato
alla scrittura, come ama definirsi (è tuttora ricercatore alla facoltà
di Scienze della sua città), parla degli inizi poco convinti con
un romanzo lasciato nel cassetto per molti anni e continuamente rimaneggiato,
del rapporto mai univoco fra lo scrittore e i suoi personaggi, destinato
a rivelarsi tanto più pericoloso e nevrotizzante quanto diventa
reiterato. «Proprio perché non sono uno scrittore di professione
- sottolinea Piazzese -, posso permettermi il lusso di abbandonare il personaggio
seriale senza preoccuparmi entro certi limiti delle reazioni del pubblico».
Ne «Il soffio della valanga» il commissario Vittorio Spotorno
(già apparso in precedenza, ma sempre con un ruolo secondario) si
sostituisce nelle vesti di protagonista a Lorenzo La Marca, il detective
che aveva accompagnato la soluzione degli altri misteri palermitani e nel
quale sono ravvisabili evidenti tratti autobiografici: «Ci piacciono
la stessa musica e gli stessi film, abbiamo lo stesso schema di interazione
con le persone e con la società; a parte questo - ironizza lo scrittore
- nessun altro punto di convergenza».
Anita Loriana Ronchi
Il Mattino,
12.2.2003
Dopodomani a Galassia Gutenberg il racconto registrato dello scrittore
siciliano
Camilleri: il mio Montalbano deve molto a Maigret
Salvo Montalbano come il commissario Maigret. C’è un’affinità
elettiva tra il popolare personaggio dello scrittore siciliano Andrea Camilleri
e il protagonista dei romanzi di Simenon: lo confida Camilleri stesso,
che dopodomani a Napoli, nell’ambito di Galassia Gutenberg, racconterà
con un intervento registrato la sua esperienza per il Maigret televisivo.
«Quando scrivo un romanzo poliziesco - ammette il «papà»
di Montalbano -, il modello a cui mi ispiro è quello del commissario
Maigret. Il mio poliziotto siciliano è un uomo libero che ama la
vita proprio come Maigret». Andrea Camilleri ha confessato il suo
debito nei confronti dei libri gialli del celebre scrittore francese di
origine belga Georges Simenon in un’intervista a «Lire», rivista
letteraria francese, concessa nell’ottobre del 2001.
Il commissario Salvo Montalbano - protagonista dei popolari romanzi
di Camilleri che hanno venduto complessivamente solo in Italia oltre 4,5
milioni di copie - è «una persona normale, non un superuomo,
come lo è proprio il Maigret di Simenon», afferma Camilleri.
Lo scrittore siciliano racconta di aver cominciato a leggere Simenon «piuttosto
giovane, senza sapere però che l’autore era lui, perchè i
racconti erano firmati Georges Sim. All’epoca era pubblicato da un bimestrale
molto popolare in Italia che acquistava mio padre». Solo successivamente
Camilleri scoprì che si trattava di Simenon e quindi decise di leggere
tutta la saga di Maigret pubblicata da Mondadori. Ma che cosa apprezza
lo scrittore siciliano delle trame poliziesche ordite da Simenon? «In
alcuni romanzi - afferma Camilleri - Maigret arriva a conclusioni differenti
da quelle a cui l’inchiesta doveva portarlo. Questa libertà dell’indagatore
mi ha sempre affascinato. Io credo che è questo aspetto della libertà
che mi ha più influenzato e che io ho preso in particolare in prestito
da Simenon quando ho cominciato a creare il mio personaggio di Salvo Montalbano».
Il Mattino,
12.2.2003
Da Ciampi l’onorificenza a Zingaretti. E Camilleri diventa Grand’Ufficiale
Il commissario vero e quello finto si mischiano tra la folla, il primo
in divisa che veste incredulo i panni dell’eroe, il secondo in imbarazzo
per quel titolo meritato a colpi di inquadrature. Ma comunque più
che contento di riceverlo. E cerimoniale vuole che i due, quello vero Michele
Moretti, e quello falso Luca Zingaretti-Montalbano, si siedano accanto
aspettando che tocchi il loro turno. Poco distante, Andrea Camilleri si
guarda intorno, in questo teatro Pirandello di Agrigento dove il presidente
della Repubblica Ciampi ha deciso di conferire a lui il titolo di Grand’Ufficiale
e a suo «figlio» Zingaretti-Montalbano quello di Cavaliere.
Motivo di giubilo per tutti: per Agrigento dove è nato Camilleri,
per i paesi della provincia di Ragusa dove si gira la fiction per la Rai
che l’ha prodotta. E per la stessa Rai: «Ringraziamo il Presidente
Ciampi per le onorificenze concesse al grande scrittore Andrea Camilleri
e al bravissimo attore Luca Zingaretti, perchè costituiscono un’autorevole
conferma dello straordinario successo ottenuto dalle fiction tv su Montalbano,
che sono uno dei tanti prodotti di qualità offerti dalla Rai al
pubblico italiano», ha scritto il presidente dell’azienda Antonio
Baldassarre. E così il «Contento sono» scandito da Zingaretti
diventa «contenti siamo».
Ma la vera ovazione, Agrigento la riserva all’inventore del commissario,
Andrea Camilleri: pubblico in piedi ad applaudire. Lui si commuove: «Mi
sento orgoglioso come siciliano, e sono emozionato perché non me
l’aspettavo». Poi annuncia il prossimo libro della saga, «Il
giro di boa», che uscirà a marzo.
Tra loro, confuso tra la folla a fine cerimonia, c’è l’«eroe»,
il poliziotto vero, diventato commendatore. È il vice questore aggiunto
di Agrigento, Michele Moretti. Nello scorso settembre salvò alcuni
immigrati che tentavano di sbarcare sulle coste della Sicilia su un «carretta»
del mare che si era arenato sugli scogli vicino alla spiaggia di Realmonte.
«È stato un impeto, dice. Mi sono gettato in mare per istinto,
non posso dire se lo rifarei un’altra volta». Raccontano che non
esitò un attimo a gettarsi in mare nell’oscurità, che fu
testardo «contribuendo attivamente al salvataggio di 47 naufraghi».
Per questo Ciampi ha voluto dargli quell’onoreficenza «motu proprio».
Ma c’è un’altra star nella giornata agrigentina, ed è
la signora Franca Ciampi. «Venga, venga Camilleri. Faccia vedere
questo bel giovanotto», ha detto rivolta allo scrittore la moglie
del presidente, durante la visita nel teatro Comunale Regina Margherita
di Racalmuto, da poco restaurato. Guardando il teatro, donna Franca ha
esclamato: «Oh, che delizia, questo posto è veramente molto
carino». Poi, chiacchierando con Camilleri e la moglie dello scrittore:
«Come si sta bene qui», ed offre una caramella al papà
di Montalbano. Quando da lontano le indicano di avvicinarsi al marito per
guardare le bellezze del teatro, donna Franca dice: «Lo vedi Camilleri,
non si può stare mai in pace».
Filippo D’Arpa
Il Mattino,
12.2.2003
Onorificenza del Presidente della Repubblica a Camilleri e Zingaretti
Montalbano diventa cavaliere
In un momento così difficile, pieno di tensione e minacce di
guerra, ecco finalmente una notizia positiva, che farà felici equamente
gli appassionati dei libri e della televisione: il presidente della Repubblica
Ciampi ha premiato con il titolo di Grand’Ufficiale al merito della Repubblica
lo scrittore Andrea Camilleri e con la dignità di Cavaliere anche
l'attore Luca Zingaretti, interprete principale delle sue storie nelle
serie televisive, che si sono succedute con grande successo negli ultimi
anni. Sembra una notizia positiva, ripetiamolo, ma non così eccezionale.
In fondo i presidenti della Repubblica hanno ereditato dai vecchi re
e questi dagli antichi costumi feudali l'abitudine di «creare»
cavalieri, commendatori e grandi ufficiali. Senonché col passar
del tempo le nomine non riguardano più tanto i valorosi guerrieri
e premiano piuttosto artisti e uomini di spettacolo (oltre che naturalmente
burocrati, politici, uomini d'affari). Anche in Italia dobbiamo ricordare
Eduardo De Filippo nominato senatore a vita e moltissimi altri artisti
variamente decorati.
E però c'è qualcosa di nuovo e di interessante in queste
decorazioni, e cioè la concomitanza fra il premio assegnato all'autore
e quello dell'interprete. Secondo le tradizioni della cultura letteraria
per cui l'autore è il vero creatore, Camilleri riceve un grado più
alto di Zingaretti; ma i due sono festeggiati assieme. E non si tratta
di sottolineare l'importanza della traduzione televisiva per il successo
dei romanzi dello scrittore siciliano (che in effetti, grazie al piccolo
schermo, ha enormemente aumentato la sua popolarità, che però
esisteva già prima): la prova ne è il fatto che accanto allo
scrittore il premiato non è un regista o un produttore, ma l'attore.
Anzi, il personaggio: perché i grandi mezzi di comunicazione, le
agenzie di stampa, il televideo e anche i telegiornali hanno raccolto la
voce popolare intitolando le loro cronache sulla decisione del presidente
Ciampi scrivendo che era stato premiato proprio il commissario Montalbano.
Zingaretti, insomma, è bravo, bravissimo. Ma quel che è
stato festeggiato da Ciampi è un commissario di polizia, di cui
sappiamo molto: il suo gusto per il cibo e la lettura, la sua sicilianità,
il suo considerarsi «uno sbirro», la sua eterna fidanzata,
quel cuore grande ma sempre nervoso. E naturalmente i successi nella lotta
alla criminalità. Montalbano naturalmente non esiste, lo sappiamo
tutti, anche se nel sito dei suoi fan risponde a viva voce a un'intervista
in parallelo con il suo autore. E però risponde ad alcuni caratteri
che ne fanno un personaggio da amare per gli italiani, il nostro Maigret
o Sherlock Holmes. È stato dunque premiato un personaggio, prima
che l'autore o l'attore che hanno contribuito a dargli corpo e parole,
portandolo nella casa di tutti gli italiani. È un segno del tempo,
da accettare volentieri. In fondo, se esiste un museo di Sherlock Holmes,
una croce di cavaliere Montalbano se la merita proprio.
Ugo Volli
Il Mattino,
12.2.2003
Non nasconde l'emozione l'interprete della popolare fiction
L’attore: la mia nonna patriota sarebbe contenta
«Contento sono»: Montalbano-Zingaretti commenta così,
alla maniera del commissario di Vigata, l’onoreficenza ricevuta ieri dalle
mani di Ciampi. Una battuta forse scontata, ma che fa sorridere tutti,
alla fine della cerimonia del teatro Pirandello, quando l’attore viene
«assaltato» dai giornalisti. «Sono contento - torna serio
Zingaretti - di avere ricevuto l’onorificenza insieme a Camilleri. Sembra
naif ma queste cose quando capitano ti commuovono. Io, poi, sono stato
cresciuto con un forte senso dello Stato: avevo una nonna, che si chiamava
Sisina, che allevava noi nipoti facendoci ascoltare l’inno d’Italia. Voleva
che lo conoscessimo a menadito. Da lassù, sono certo che questa
nomina le farà molto piacere».
Ma cosa gli ha detto il presidente Ciampi quando gli ha consegnato
l’onoreficenza? «Niente, solo complimenti. Del resto è già
troppo». «Mi piace pensare - aggiunge Zingaretti - che molta
gente è contenta con me per questa onorificenza come riconoscimento
per il mio lavoro di questi ultimi quattro anni. Da Perlasca a Montalbano».
Il papà di Montalbano, Andrea Camilleri, a sua volta si dice
«emozionato» anche perchè «non me l’aspettavo:
l’ho saputo ieri». Ma come spiega questa decisione del Capo dello
Stato? «Avrà avuto le sue ragioni per assegnarmi questa onoreficenza,
e un riconoscimento datomi da Ciampi non può che farmi piacere».
Camilleri aggiunge di avere a cuore «un certo feeling con i lettori
e con il pubblico» e di essere contento anche per Zingaretti «perchè
ha reso possibile che il mio personaggio fosse conosciuto da milioni di
telespettatori».
Camilleri afferma inoltre di avere apprezzato il richiamo ai temi della
giustizia fatto da Ciampi. «Ho trovato molti punti per applaudirlo
compreso quell’accenno alla guerra che mi sembra molto importante».
L'Eco di Bergamo,
12.2.2003
«La verità è un cane». L'ex pm diventa
scrittore
«La verità è un cane», si intitola così
il romanzo, edito da Pironti e tra pochi giorni in libreria, scritto dal
giudice napoletano Nicola Quatrano, ex pubblico ministero che ha condotto
le principali inchieste sulla tangentopoli partenopea.
Il romanzo è un «noir» ambientato a Napoli che ricostruisce
i retroscena dell'omicidio di un assistente di un pubblico ministero, trovato
morto nella sua abitazione a pochi passi dal tribunale. La prefazione è
stata curata da Andrea Camilleri, che parla di «due propositi realizzati»
come «descrivere una sorta di paludosa quotidianità»
e «costruire un romanzo dove ogni elemento aggiunto apre una possibilità
nuova di pervenire alla soluzione».
Il titolo si rifà a una frase del Re Lear di Shakespeare è
serve attraverso una metafora ad affermare che la verità è
sempre «altrove e fuori dai luoghi canonici». Non mancano nel
romanzo riferimenti e frecciate che hanno come bersaglio lo stesso ruolo
esercitato da Quatrano nella sua attività di magistrato.
«Giudici e poliziotti - scrive nel romanzo - sono pigri, affezionati
alla prima frittata che vanga loro offerta e disposti a difenderla con
assoluta determinazione». Tanto quegli stessi giudici e poliziotti
«servono a difendere i ricchi dalla rabbia dei poveri, sono spaventapasseri
messi a protezione delle ineguaglianze».
Agli inquirenti, almeno nella «finzione» letteraria»
viene addebitata soprattutto di accontentarsi delle verità comode
e tranquillizzanti, e di non indagare mai paghi delle «soffiate».
Il romanzo viene presentato come qualcosa di diverso da un legal thriller
o da un giallo, dove l'indagine sul delitto è quasi in secondo piano
e alla fine si rivela fuorviante.
Nicola Quatrano, 50 anni, è uno dei più noti magistrati
del tribunale partenopeo. Alla fine degli anni Ottanta, come giudice istruttore
avviò delicate indagini su camorra e su reati di pubblici amministratori.
In qualità di pubblico ministero fu titolare delle principali inchieste
sulla tangentopoli napoletana e successivamente, alla Direzione distrettuale
antimafia, sulle collusioni tra camorra, imprenditori e politica. Attualmente
è giudice per le indagini preliminari.
L'Eco di Bergamo,
12.2.2003
Il «Grisham italiano» che narra la Sicilia Tra gite
a Tindari, arancini e merendine
La città di Palermo gli ha dedicato la primavera scorsa un convegno
dal titolo Letteratura e storia: il caso Camilleri , studiosi e letterati
di tutto il mondo, dalla Svizzera alla Francia, dalla Spagna al Canada,
si sono così ritrovati per parlare di quello che è considerato
un fenomeno letterario vivente: lo scrittore di best seller Andrea Camilleri.
Nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925, Camilleri ha esordito
come regista teatrale nel 1942 e da allora ha realizzato numerose regie
di opere e di romanzi sceneggiati per la radio e la televisione; in queste
vesti ha legato il suo nome alle più note produzioni poliziesche
della tv italiana: il Tenente Sheridan e il Commissario Maigret . Nella
sua ricca e variegata carriera non mancano esperienze come docente: è
stato insegnante al Centro sperimentale di cinematografia di Roma ed è
stato titolare della cattedra di Regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica
«Silvio D'Amico» di Roma dal 1977 al 1997. Ha esordito come
romanziere nel 1963 con il Corso delle cose, primo della serie di importanti
romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi appassionati studi sulla
storia dell'isola. Il grande successo è poi arrivato in tempi più
recenti con l'invenzione del Commissario Montalbano, protagonista di una
serie fortunata che va da La forma dell'acqua del 1994 a La gita a Tindari
del 2000, tutti pubblicati da Sellerio.
Le avventure del commissario Montalbano, realizzate come film per la
televisione e interpretate da Luca Zingaretti, allievo di Camilleri all'Accademia
d'arte drammatica, non abbandonano mai le ambientazioni e le atmosfere
siciliane e non fanno alcuna concessione a motivazioni commerciali o a
uno stile di più facile lettura. Quando si apre un libro di Camilleri
due qualità si impongono con evidenza, da un lato si tratta di gialli,
ma di quelli grandi e dall'altro la scrittura, che fa sì che i suoi
romanzi siano annoverati tra quelli della grande letteratura.
La motivazione della scelta del genere l'ha data lo stesso Camilleri:
«Me lo disse Sciascia, il giallo è la forma più onesta
di letteratura, perché lettore e scrittore sono su un piano di parità:
al lettore si richiede un esercizio intellettuale pari a quello di chi
ha scritto la storia». E anche per la scelta del pastiche linguistico
creato da Camilleri si può ricorrere alle sue parole: «Sono
uno scrittore italiano nato in Sicilia, la Sicilia è nel mio Dna,
è una questione genetica e spirituale, non soltanto geografica o
storica, ma anche culturale e filosofica». A proposito della lingua
Camilleri è stato paragonato a Carlo Emilio Gadda, perché,
come in lui, c'è un mescolarsi di stili e di registri e c'è
il dialetto che reclama la sua autonomia. C'è però una differenza
sostanziale, il dialetto di Camilleri è attenuato, infatti pur utilizzando
dei termini dialettali, per altro facilmente comprensibili, la sostanza
della lingua rimane quella dell'italiano: un italiano nato in Sicilia,
appunto.
Di Andrea Camilleri hanno anche detto che è «il nostro
Grisham», di fatto i romanzi di questo settantatreenne siciliano,
solo prestato alla città di Roma, hanno creato un vero e proprio
culto, nel web è possibile trovare un ricchissimo sito del suo
fan club, e il suo commissario Montalbano conta ormai decine di migliaia
di appassionati. A conferma del suo successo è previsto per il 2004
il secondo dei Meridiani dedicato alla sua opera e intitolato Romanzi storici
e civili.
Tiziana Sallese
La Stampa, 12.2.2003
Lo scrittore siciliano e l'attore Luca Zingaretti insigniti da Ciampi
Camilleri e Montalbano ufficiale e cavaliere
«CONTENTO sono». Luca Zingaretti fa il verso al Commissario
Montalbano e tira fuori tutto il suo understatement per commentare l´ultimo,
inaspettato, successo. Altro che Auditel. Questa volta a premiarlo è
il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che ieri ha nominato
lui Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e Grande
Ufficiale il padre del personaggio, lo scrittore Andrea Camilleri. I due
hanno ricevuto l'onorificenza nel Teatro Pirandello di Agrigento. Minimizza,
Zingaretti, ma gli occhi brillano di gioia: «Sembra naif ma sono
commosso. La nomina mi fa piacere da romano, da siciliano acquisito e da
italiano. Avevo una nonna che si chiamava Sisina e allevava noi nipoti
facendoci ascoltare l'inno d'Italia. Voleva che lo conoscessimo a menadito
e oggi, sono certo, sarebbe molto orgogliosa». «Sono emozionato,
non me l'aspettavo - sorride anche Camilleri - il capo dello Stato avrà
avuto le sue ragioni, certo a me non può che far piacere. Quello
che mi interessa di più è aver creato un feeling con i lettori
e con il pubblico. E sono contento per Zingaretti, perchè ha reso
il mio personaggio conosciuto da milioni di telespettatori». I telespettatori
ritornano anche nelle parole di Zingaretti: «Mi piace pensare che
molta gente è contenta con me per questa onorificenza, come riconoscimento
per il mio lavoro». Sicilianissimo nell'animo e nel linguaggio, ma
amato anche dai leghisti, Montalbano ha conquistato critici e platea, giovani
e anziani, uomini e donne, diventando un vero fenomeno culturale. Oltre
sette milioni e trecentomila copie di libri venduti, la promozione nei
«Meridiani» e gli ascolti straordinari in tv: record per le
prime messe in onda e una media superiore ai sette milioni per la massiccia
serie di repliche, in onda fino alla settimana scorsa, mentre si attendono
i nuovi episodi per il prossimo anno. Senza dimenticare il turismo cinematografico
sui luoghi delle riprese, tra i quali il duomo di San Giorgio a Ragusa,
Ibla, Punta Secca, il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli, Modica e
le antiche case coloniche del ragusano. La forza di Montalbano sta probabilmente
nell´essere diventato un simbolo ironico e seducente del Sud Italia,
buono ma mai debole, furbo ma mai disonesto né disposto ai compromessi.
Zingaretti, ancora, minimizza: «No, non credo di essere un simbolo.
Comunque non sta a me dirlo».
Raffaella Silipo
La Stampa, 12.2.2003
Una spremuta di virtù
Con la nomina del commissario Montalbano da parte di Ciampi, per la
prima volta viene fatto cavaliere della Repubblica un personaggio della
letteratura e della tv. Per ragioni tecniche l'onorificenza è stata
ritirata da Luca Zingaretti, talmente posseduto dallo spirito del commissario
che persino il suo Perlasca salva-ebrei sembrava un Montalbano del nord.
Ma nemmeno per un attimo qualcuno ha pensato che il premio non fosse per
il personaggio ma per l'attore. Che è forse il premio più
bello, per un attore. Scrutata con gli occhi ossessivi della politica,
l'onorificenza alla creatura di Camilleri sembrerà una concessione
alla cultura popolare della sinistra, tale da rendere plausibile o comunque
non criticabile il contrappeso di una nomina del «marine» berlusconiano
Mike Bongiorno a senatore a vita. La realtà è che il cavalierato
di Montalbano non è un gesto «di parte», perché
il poliziotto di Vigàta incarna l'Altro Italiano, quello che un
po' tutti vorremmo essere e non siamo. Onesto, coraggioso, virile, leale,
una spremuta di virtù annacquata da peccati soltanto veniali. Montalbano
ama la buona tavola e la digerisce, beato lui. Ed è innamorato ma
a distanza, un fidanzato eterno come Paperino, un amante che del matrimomio
conosce solo la luna di miele. Fedele, ma con scarse ambizioni alla santità.
Succube dei sensi, ma non abbastanza da perdersi. Sempre a un passo dal
baratro, ma senza cascarci mai. La versione letteraria di quel che Di Pietro
era sui giornali di dieci anni fa.
Massimo Gramellini
Corriere della sera,
12.2.2003
La cerimonia a Racalmuto. Lo scrittore Andrea Camilleri nominato Grande
Ufficiale
Ciampi fa cavaliere il commissario Montalbano
L’attore Luca Zingaretti gioca con il suo personaggio: emozionato sono.
L’autore dei romanzi: un richiamo all’impegno
RACALMUTO (Agrigento) - Per come s’è fatto amare attraverso libri
e fiction televisive, il commissario Montalbano, schivo e timido, forse
avrebbe inventato una scusa (o una nuova indagine) per non salire su un
palco ed essere insignito Cavaliere della Repubblica proprio dal Capo dello
Stato. Ma sia l’autore del coraggioso e simpatico investigatore, Andrea
Camilleri, sia l’attore che lo ha reso ancor più popolare, Luca
Zingaretti, sul palco del «Pirandello» di Agrigento ieri sono
saliti volentieri insieme per lasciarsi premiare da Carlo Azeglio Ciampi.
Già, il «commissario» col suo cranio abbronzato perché
ha interrotto per l’occasione le riprese in Uganda è diventato «Cavaliere»
e lo scrittore che gli ha dato anima da ieri è «Grande Ufficiale»,
gradino un po’ più alto del primo. Tutti e due fieri accanto al
presidente che sul palcoscenico ha fatto salire anche un vero poliziotto
in divisa, Michele Moretti, un vicequestore con lo stesso piglio di Montalbano
e che sulla stessa costa in cui sono ambientati i libri di Camilleri, le
rocce di Porto Empedocle, salvò la vita alcuni mesi fa a una decina
di clandestini nel mare in tempesta.
E da ieri Moretti-Montalbano potrà essere chiamato «Commendatore»,
fiero pure lui delle foto ricordo con Ciampi da una parte e la coppia Camilleri-Zingaretti
dall’altra, seppur cosciente di non potere ambire ai colorati richiami
e alle grida delle ragazze schierate fuori dal teatro in attesa solo dell’attore,
solo del finto ma brillante, generoso e buongustaio investigatore. Il coraggio
e la perizia recitati secondo copione s’impongono infatti sulle gesta del
neo-commendatore e gli autografi naturalmente si chiedono ad un unico «Montalbano».
Monopolizza così la piazza il protagonista di Vigata che gioca
col suo personaggio: «Emozionato sono». Ma l’emozione c’è
davvero quando Zingaretti richiama «nonna Sisina», la nonna
che, rivela, «allevò una schiera di nipoti a forza di Inni
di Mameli» e che sarebbe stata entusiasta del suo neo-Cavaliere:
«Sono felice, come romano, come siciliano acquisito e come italiano».
I cronisti incalzano e quando gli chiedono di sapere che cosa ha sussurrato
sul palco il presidente Ciampi, il finto poliziotto col senso dello Stato
sembra l’unico a conservare un vero senso della misura, semplice e disarmante:
«Mi ha detto solo "complimenti". Del resto, è già troppo».
Emozioni grandi ieri anche per il più letto degli scrittori
italiani. Non solo quando Camilleri s’è ritrovato in mano «con
sorpresa» l’onorificenza di Grande Ufficiale, ma anche nel pomeriggio
quando ha atteso il presidente davanti al Teatro Regina Margherita di Racalmuto
nella veste di direttore artistico di questo gioiello pronto per l’inaugurazione
di venerdì: «Sono emozionato, anche perché ho trovato
molti punti per applaudire Ciampi, dalla pace alla giustizia. E questo
riconoscimento è per me un richiamo all’impegno non solo nella letteratura,
ma anche nella vita sociale, e non nella politica». Precisazione
non casuale, visto che ad Agrigento c’era chi invocava per lui un seggio
di senatore a vita.
Felice Cavallaro
Il
Piccolo, 12.2.2003
In Sicilia il Presidente della Repubblica premia il duo che dà
lustro alla fiction all’italiana ma anche un poliziotto vero
Montalbano da commissario a cavaliere
Ciampi consegna il titolo a Zingaretti. Lo scrittore Camilleri diventa
grande ufficiale
AGRIGENTO - Il commissario Montalbano piace anche al Quirinale; ad Agrigento,
la città di Andrea Camilleri, Carlo Azeglio Ciampi ha insignito
lo scrittore, dai cui racconti è tratta la sceneggiatura per la
Tv, del titolo di grande ufficiale, e Luca Zingaretti, protagonista della
fiction Tv, è diventato cavaliere al merito della Repubblica. Ma
il capo dello Stato, nell'occasione, ha voluto anche accomunare un poliziotto
vero a uno virtuale, concedendo il titolo di commendatore al vice questore
Michele Moretti: nel settembre scorso rischiò la vita, proprio nel
mare di Agrigento, per salvare 47 extra comunitari in procinto d’annegare.
Ma che direbbe Montalbano di questa onorificenza? «Contento sono
- risponde il neo cavaliere Zingaretti -; può sembrare naif ma queste
cose quando capitano ti commuovono. Avevo una nonna, si chiamava Sisina,
allevava noi nipoti facendoci ascoltare l'inno d'Italia, voleva che lo
conoscessimo a menadito. E questa nomina farebbe molto piacere a nonna
Sisina». Camilleri aggiunge: «Sono grato ed emozionato, non
me l'aspettavo, l'ho saputo all'ultimo momento, sono poi contento anche
per Zingaretti, grazie a lui il mio personaggio è ora familiare
a milioni di telespettatori». Lo scrittore ha anche sottolineato
l'appello di Ciampi in difesa dei valori della pace: «Il Tempio della
Concordia nella Valle dei Templi mi sembra una gran bella ispirazione».
Per Camilleri e Zingaretti il riconoscimento del presidente della Repubblica
giunge a conferma del favore di critica e pubblico. Le avventure del poliziotto
siciliano, investigatore brillante, uomo generoso e buongustaio hanno costruito
una fiction diversa e originale, segnalando che esiste uno spazio alternativo
ai format di cultura americana. E il favore per Camilleri è stato
decretato da 7,3 milioni di libri venduti, dall'approdo delle sue storie
nei «Meridiani», la più prestigiosa tra le collane editoriali
del Paese. Sul versante Tv, la fiction ha registrato ascolti straordinari,
anche nella massiccia serie di repliche, in onda fino alla settimana scorsa,
in attesa di nuovi episodi (forse) il prossimo anno.
Dopo aver sbancato l'Auditel nelle prime messe in onda, l'intero ciclo
di 10 puntate riproposte su Raiuno ha avuto una media superiore ai 7 milioni,
con punte di otto, e il 29% di share: cifre vicine ai record dei film televisivi
su Papa Giovanni e Perlasca, interpretato anch'esso da Zingaretti.
Sicilianissimo nell'animo e nel linguaggio, il Montalbano Tv è
piaciuto a tutti, ai critici e alle platee popolari, a giovani e anziani,
uomini e donne, ed è già un fenomeno culturale. Lo testimonia
anche il turismo cinematografico nato sui luoghi delle riprese, tra i quali
il Duomo di San Giorgio a Ragusa, Ibla, Punta Secca (la terrazza della
casa del commissario), il lungomare di Donna Lucata, e poi Scicli, Modica
e le antiche case coloniche del Ragusano.
Il Resto
del Carlino, 12.2.2003
E ora Montalbano diventa cavaliere
«Contento sono»
AGRIGENTO — Il commissario Salvo Montalbano, ovvero Luca Zingaretti,
diventa cavaliere al merito della Repubblica. Il suo creatore, Andrea Camilleri,
conquista il titolo di grand'ufficiale. E un'onorificenza (quella di commendatore)
tocca anche a un poliziotto vero, il vicequestore Michele Moretti, che
nel settembre scorso salvò alcuni extracomunitari naufragati ad
Agrigento.
Carlo Azeglio Ciampi sceglie la seconda tappa del viaggio in Sicilia
e i luoghi dei romanzi di Camilleri (Montelusa, Vigata...) per consacrare,
con due ambìti riconoscimenti, il successo editoriale, da cinque
milioni di libri venduti, e televisivo dello scrittore di Porto Empedocle
diventato famoso ormai settantenne e del suo personaggio prediletto, portato
sugli schermi proprio da Zingaretti.
Ciampi incontra Camilleri e Zingaretti ad Agrigento, poi, accompagnato
dallo scrittore, nel pomeriggio è andato anche al teatro di Racalmuto,
da poco restaurato. Attorniato dai fans, Zingaretti, dopo la stretta di
mano con Ciampi, si lascia andare commosso: «Sembra naif, ma queste
cose quando capitano ti commuovono. L'ho saputo che stavo in Uganda e non
me l'aspettavo. Il presidente mi ha detto complimenti e per me è
già troppo. Sono commosso. Mi ha fatto molto piacere, anche perché
sono stato cresciuto da mia nonna Sisina, che ora non c'è più,
con un senso dello Stato e della patria molto forte. Ci faceva ascoltare
l'inno di Mameli e voleva che lo conoscessimo a memoria». Ma che
direbbe Montalbano di questa onorificenza? «Contento sono!».
«Mi piace pensare — aggiunge Zingaretti — che molta gente è
felice con me per questa onorificenza come riconoscimento per il mio lavoro
di questi ultimi quattro anni. Da Perlasca a Montalbano».
Forse meno commosso, ma non per questo meno emozionato, il «padre»
del commissario Montalbano, che riceve l'onorificenza proprio alla vigilia
del centesimo compleanno di Georges Simenon, il creatore di Maigret. «Questa
onorificenza — spiega Camilleri, che annuncia l'uscita a marzo del nuovo
libro «Il giro di boa» — è per me un richiamo all'impegno,
non solo nella letteratura, ma anche nella vita sociale, e non nella politica.
E' una cosa davvero gradita, anche perché mi sento molto vicino
a questo presidente della Repubblica.
Nel suo discorso ha fatto cenni che devono essere condivisi, anche
se non lo sono per tutti. Cose splendide, che in un Paese normale sarebbero
ovvie».
Soddisfatti dei riconoscimenti anche il presidente e il direttore generale
della Rai: «Ringraziamo il presidente Ciampi per le onorificenze
concesse al grande scrittore Andrea Camilleri e al bravissimo attore Luca
Zingaretti, perché costituiscono un'autorevole conferma dello straordinario
successo ottenuto dalle fiction su Montalbano».
Alessandra Campo
Il Resto
del Carlino, 12.2.2003
Il suo erede? Si chiama Spotorno, detective siciliano come lui
MILANO — Spotorno contro Montalbano? Partito quasi in sordina, senza
la minima pubblicità, ma con grande effetto finale un nuovo commissario
turba i sonni di Salvo peggio del matrimonio di Mimì Augello.
E', appunto, il palermitano Spotorno nato dalla penna di Santo Piazzese
(nella foto) e, come Camilleri, edito da quella piccola casa scopritrice
di grandi fenomeni che è la Sellerio. Il libro che lo vede protagonista,
«Il soffio della valanga», è già alla terza ristampa
e Carlo Degli Esposti, produttore della serie televisiva recitata da Luca
Zingaretti, ne ha già acquistato i diritti per la Rai.
«Io non ho scritto assolutamente contro Montalbano — spiega Piazzese
—, dato che non si può immaginare una trama contro quella di un
altro autore. E, se si può, io non lo faccio. Spotorno è
un personaggio autonomo, nato da mie esperienze e da miei stimoli. Inoltre
la mia prosa è molto diversa da quella di Camilleri».
Senz'altro vero. Ma in Spotorno, diversamente dagli altri suoi due
romanzi, c'è un uso abbondante del dialetto.
«Il siciliano è reso necessario dal mestiere di Spotorno,
un poliziotto che frequenta e vede tutti gli ambienti. Ma io lo adopero
nel dialogo, mai nelle parti descrittive e uso più il dilaletto
della borghesia palermitana, un italiano tradotto, che la lingua dell'interno.
In più, Spotorno non parla siciliano se si sta spiegando con un
professore universitario».
Tuttavia si parla già di questa nuova avventura televisiva...
«Si, vi entreranno anche i miei altri due libri, «I delitti
di via Medina-Sidonia» e «La doppia vita di M. Laurent»,
il cui protagonista si chiama La Marca. Dobbiamo riuscire a fare interagire
La Marca e Spotorno e stiamo studiando le sceneggiature».
Il protagonista ideale?
«Nel sogno, De Niro. Nella realtà mi piace Sergio Rubini.
Ma so che ci sono delle trattative aperte e altro non posso dire».
Luisa Ciuni
La Sicilia, 13.2.2003
Ha accusato un malore
Camilleri a letto senza cena
Troppo stress, troppi impegni, troppe emozioni forti. E così,
Andrea Camilleri ha dovuto fermarsi, dando ascolto prima alla pressione
arteriosa troppo alta e poi al cardiologo, precipitatosi nella casa dello
scrittore, in via Stretta, dietro il Municipio di Porto Empedocle, per
visitare il prestigioso paziente. Martedì sera, subito dopo avere
accompagnato nella veste di direttore artistico il presidente Carlo Azeglio
Ciampi e la moglie in visita al teatro Regina Margherita di Racalmuto,
lo scrittore empedoclino ha accusato un malore che lo ha costretto a tornare
a casa, perdendosi il banchetto presidenziale che nel frattempo di stava
svolgendo in Prefettura e al quale era stato invitato a partecipare. Dopo
qualche minuto di preoccupazione, il cardiologo ha rassicurato tutti, prescrivendo
al «papà» del commissario Montalbano, una buona «dose»
di riposo, oltre a qualche pillola per fare abbassare la pressione, impennatasi
eccessivamente al termine di una giornata campale, per un fisico non più
giovane. Non potendo dire no al medico, Camilleri ha anche comunicato al
direttore del carcere di contrada Petrusa di non potere partecipare alla
presentazione della ristampa del libro che racchiude testi scritti dai
detenuti. Cerimonia fissata per questa mattina. Un'opera la cui prefazione
è proprio dello scrittore empedoclino.
Camilleri rimane dunque «ostaggio» della sua casa, appena
dotata di ascensore? Neanche per sogno. Lo scrittore, da poco nominato
dal capo dello Stato Grand'ufficiale, ieri mattina è sceso come
al solito a salutare gli amici del bar Albanese di via Roma, rassicurando
tutti sulle sue condizioni fisiche. Lo stop, comunque, durerà poco,
visto che domani Camilleri non intende mancare all'inaugurazione ufficiale
del teatro Regina Margherita, pressione permettendo.
f.d.m.
Gazzetta del Sud,
13.2.2003
Il nuovo Camilleri
Trentamila copie in 2 mesi per il commissario Collura
Il Grande Ufficiale Andrea Camilleri continua a mietere successi letterari.
Ha venduto 30 mila copie in soli due mesi, piazzandosi nella classifica
dei più letti in Italia, il nuovo libro dello scrittore siciliano,
un volumetto incentrato su «Le inchieste del commissario Collura»,
otto racconti brevi che hanno per protagonista Cecè Collura, siciliano
anch'egli e «amico» del ben più noto Salvo Montalbano.
Il volume è edito da una piccola casa editrice pistoiese, la «Libreria
dell'Orso», presso la quale Camilleri aveva già pubblicato,
nel 2001, i «Racconti siciliani», che costituirono un piccolo
«caso» editoriale.
Gazzetta
di Reggio, 13.2.2003
Un fatto un film
Montalbano contro la guerra
Per una volta invece che un film su pellicola nominerò un serial
televisivo, «Commissario Montalbano». In questi giorni il presidente
della Repubblica Ciampi, durante una visita ad Agrigento ha conferito l'onorificenza
di Cavaliere ad Andrea Camilleri e a Luca Zingaretti, cioé al creatore
del personaggio e al suo interprete sullo schermo. Camilleri s'è
schermito: «Non me l'aspettavo...», confermando la signorilità
tutta siciliana che lo distingue. Giusto riconoscimento, perché
mi sembra che l'opera di Camilleri sia fra le poche che onorano sé
stesse assieme al largo pubblico; e giusto per Zingaretti, che ha saputo
dare linfa a un serial già buono in sé, dopo essersi imposto
alla generale attenzione nelle vesti di Perlasca e con altri indovinati
personaggi. Anche come calciatore, perché no: un motorino infaticabile,
un normolineo grintoso, capace di chiudere in difesa e a centrocampo per
poi farsi trovare nei paraggi della rete avversaria. Diventando Cavaliere,
l'attore non ha mancato di pronunciare qualche parola contro la possibile
guerra all'Iraq: bravo commissario.
t.m
Gazzetta del Mezzogiorno,
13.2.2003
Cinema, ma non solo: che fare?
Il Sud non divenga sfumatura del Nord
[...]
Lo scrittore napoletano Erri De Luca vede le nostre città popolarsi
di «un sud mobile» di disperati giunti da chissà dove,
mentre noi diventiamo «una sfumatura del nord». Dobbiamo dimetterci
da quel nome onorato, sud – scrive. È così? Ci consola la
casa «pugliese» del Grande Fratello? Sul versante letterario,
ci conforta che l'Italia sia sicilianizzata dal Montalbano di Camilleri?
I «miracoli» dei nostri film produrranno il miracolo d'un sud
ritrovato? Abbiamo almeno la leadership della fantasia? Diremmo di no.
Grazie ai migranti il sud ha riscoperto di non essere soltanto mare
& mafia, paradiso turistico e inferno criminale, ma di trovarsi all'incrocio
di mondi: Oriente e Occidente, Africa e Europa, Islam e Cristianesimo.
Mondi oggi in guerra, mentre il nord dell'Italia insegue chimere celtiche
o coltiva egoismi vanagloriosi (patetiche sfumature di altri nord). E noi,
qui, che vogliamo fare?
Oscar Iarussi
Bol.com, 14.2.2003
In libreria dal 14/03
Il giro di boa
Andrea Camilleri
Dopo una gran brutta nottata, dovuta a una crisi personale, il commissario
Montalbano, all'alba, decide di dedicarsi a una nuotata ristoratrice. E
fa un incontro inatteso col cadavere di un annegato. Riesce fortunosamente
a trascinarlo a riva, convinto che si tratti di uno dei tanti, troppi,
cadaveri d'immigrati che tentano di raggiungere clandestinamente le nostre
coste. Ma le cose non stanno così come sembrano: quell'uomo, che
non è un immigrato clandestino, è stato crudelmente assassinato.
Fin dalle prime battute l'indagine si profila assai difficile, sembra quasi
impossibile riuscire a identificare il morto. Mentre l'inchiesta si muove
tra difficoltà, incertezze e false piste, Montalbano si trova ad
assistere casualmente all'arrivo di un folto gruppo di clandestini intercettati
in mare. Nella confusione un bambino extracomunitario, atterrito, sfugge
alla madre e corre a nascondersi sulla banchina del porto. Il commissario
lo rincorre, lo convince a uscire fuori dal nascondiglio, lo riconsegna
alla madre. Non sa che quel gesto, che gli costerà uno straziante
rimorso, sarà all'origine di una nuova complessa inchiesta che lentamente,
passo dopo passo, confluirà nella prima indagine.
La Repubblica
(ed. di Palermo), 14.2.2003
L´inaugurazione
Il teatro di Racalmuto quarant´anni dopo
Dopo 40 anni riapre questa sera alle 20.30 il teatro Regina Margherita
di Racalmuto. Due giorni di festa e una serata di gala con il direttore
artistico Andrea Camilleri. Il teatro è già stato visitato
nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
«Riaprire l´unico teatro di una cittadina è come rimettere
a posto una strada ferrata in dissesto da quarant´anni - scrive Andrea
Camilleri nella brochure del Regina Margherita - per riconsentire l´arrivo
di quella specie di fantastico treno spaziale che è il teatro».
Il Venerdi di Repubblica,
14.2.2003
Staffetta. Riapre dopo quarant'anni la sala di Racalmuto
Camilleri indaga sul teatro di Sciascia
Ci sono voluti quarant'anni per alzare di nuovo il sipario sul palcoscenico
caro a Leonardo Sciascia: dopo un lungo restauro riapre il teatro Regina
Margherita di Racalmuto, Agrigento. Negli anni '80 Sciascia si impegnò
perché il gioiello della sua città fosse salvato. Ma
si sa come vanno queste cose. Gli onori di casa per l'inaugurazione (oggi
e domani, doppia cerimonia) li fa un altro scrittore siciliano, Andrea
Camilleri, neodirettore artistico: Montalbano indagherà anche sui
ritardi?
La Sicilia, 14.2.2003
Quasi la sede di un fan club. I lettori lasciano i libri, poi lo scrittore
passa e mette la sua firma
Camilleri, autografi al bar
L'inarrestabile fenomeno letterario del momento, Andrea Camilleri, coinvolge
anche un insospettabile «aiutante», trasformatosi pian piano,
nel gestore di un vero e proprio «fan club» del papà
del commissario, pardon cavaliere, Montalbano. Si tratta di Stefano Albanese,
titolare con moglie e figli del bar omonimo in via Roma, da sempre tappa
fissa e quasi quotidiana dell'anziano scrittore, quando torna nella sua
Vigata.
Un punto di riferimento per il neo Grand'Ufficiale della Repubblica,
nominato dal capo dello Stato per i meriti acquisiti nel mondo della cultura
contemporanea. Un successo internazionale, dovuto alle innumerevoli pubblicazioni
realizzate in tanti anni di attività, dalle quali emerge il suo
essere siciliano e, soprattutto, empedoclino. Quando arriva a Porto Empedocle,
Camilleri va da Stefano per scambiare quattro chiacchiere con gli amici
di un tempo. Un appuntamento al quale non intende mai mancare. Lo scrittore
per esempio - narrano gli storici di fatti di mafia - c'era anche quando
nel settembre del 1986, all'esterno del suo amato bar si scatenò
l'inferno, con proiettili che volavano all'impazzata, spargendo morte e
paura. Oggi, dentro e fuori quello stesso bar, a molti anni di distanza
da quei tragici fatti, la musica è assai diversa. E che musica.
Accade infatti che i tanti cultori del cantore di Vigata, si rechino da
Albanese per consegnargli un libro e farlo autografare dallo scrittore,
quando questi si presenterà al bancone per sorseggiare il caffè.
Una sorta di processione di coloro i quali sanno che Camilleri, quando
può, percorre interamente la via Roma per andare a prendere anche
un goccio di liquore, in una rara oasi di serenità. Di questo rapporto
instaurato con il neo Grand'ufficiale, Albanese ne va orgoglioso, tanto
da farsi ritrarre con lui in una maxi fotografia, che da alcuni mesi campeggia
sopra la macchina dell'espresso quasi come un «totem». Un orgoglio
giustificato dai fatti. Praticamente ogni giorno, il «fan club»
apre i battenti, con una marea di fedelissimi dello scrittore che consegnano
il proprio libro al titolare del bar, ai figli Rino e Francesco, o alla
moglie, da ritirare quando l'autografo sarà stato apposto, col valore
aggiunto della firma dell'autore. Ormai è un rito, al quale Albanese
non intende sottrarsi. Ma c'è di più. Nelle prossime settimane,
il «bar - segreteria - fan club», diventerà una sorta
di galleria delle opere camilleriane, raccolte in una cristalleria come
se fossero pregiati dolci alla ricotta o al cioccolato. La sorella dello
scrittore infatti, invierà per posta entro l'estate almeno un centinaio
di libri del famoso fratello, tradotti in varie lingue.
In francese, inglese, tedesco, spagnolo, persino in giapponese. Tutti,
passando da Vigata, potranno leggere nella loro lingua madre qualche passo
della avventure di Salvo Montalbano e degli altri personaggi nati dalla
fervida fantasia dello scrittore empedoclino. Anche ieri mattina - nonostante
gli acciacchi degli ultimi giorni per lo stress che lo ha costretto anche
a declinare l'invito alla cena in Prefettura col presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi - Camilleri si è presentato puntuale all'appuntamento
col «suo» bar.
A mancare, non poteva essere ovviamente un libro, recapitato da un
concittadino, da autografare su ordinazione, affidandosi al «fido»
Stefano. Il termine «caffè letterario», qualche volta
abusato, in questo caso assume dunque una connotazione più concreta.
Francesco Di Mare
La Sicilia, 14.2.2003
Regina Margherita, si alza il sipario
Oggi l'evento culturale dell'anno.
Quarantott'ore di festa dopo quarant'anni d'attesa per riaprire il
teatro caro a Sciascia
RACALMUTO - «Il privilegio di stare in palco mi metteva anche
al riparo dagli sputi che provenivano dal loggione: che non erano di pura
e semplice vastaseria, ma reazione di indignazione, di disprezzo verso
i personaggi vili, traditori e crudeli che in nessun film mancavano».
Leonardo Sciascia, Nanà Ciàcia tra paesani, ricordava
così sull'Espresso a metà degli anni Ottanta il «suo»
teatro, poi cinema, malinconicamente chiuso e dimenticato. Lo ricordava,
ma già lavorava per farlo riaprire.
Tra burocrazie e ritardi, non ha fatto in tempo a vedere riaccendere
quelle luci. Ma stasera manderà di sicuro qualche amico.
Perché oggi a Racalmuto riapre il Regina Margherita, dopo vent'anni
lunghi di abbandono e vent'anni lenti di restauri, grazie anche all'impegno
di alcuni quarantenni (le coincidenze…) che ci hanno voluto credere.
Ci ha creduto e ci crede Gigi Restivo, sindaco da nove mesi del centrosinistra,
che in questa nuova sfida (dopo la grande mostra su Robert Capa,aperta
fino al 23) scommette mezzo futuro della sua comunità. Ci crede
Fabio Granata, assessore regionale alla cultura del centrodestra,che ha
messo da parte ogni logica di schieramento in nome di questo progetto.
Ci crede pure Andrea Camilleri, marinìsi di successo, quarantenne
un paio di volte, che su questa «linea ferrata» (come ama definirla)
ha messo la sua firma di direttore dei lavori, quindi la sua faccia. Per
il piacere di farlo e per fare un piacere a un vecchio amico.
Come ci credono tanti «mezzi» quarantenni, cioè
ragazzi e ragazze di Racalmuto - perlopiù studenti universitari
- che da mesi lavorano di testa e di braccia, in regime di assoluto volontariato,per
provare a darsi un futuro diverso dalla rassegnata emigrazione intellettuale
di tanti coetanei.
E succede allora che per qualche settimana Peppe Dipasquale, «picciotto»
catanese di fiducia di Andrea, acchiana e scinni in treno da Roma a Palermo,
da Palermo a Racalmuto (dell'aereo non si fida) e a colpi di telefonino
mette insieme malgrado tutto un cartellone a stagione inoltrata, recuperando
trai buchi delle tournée e gli spettacoli trascurati i pezzi della
prima, ritrovata stagione del Teatro Regina Margherita, millennio terzo.
Cartellone vario come si conviene ad un teatro di provincia, breve
ma intrigante. E intrigante assai appare questo teatro, piccolissimo e
bellissimo, sobrio e sontuoso negli affreschi e negli stucchi. Quasi geniale
nelle colonnine "ergonomiche" dei due ordini di palchi, forse uniche al
mondo, ondulate con sensuale razionalità sul finire dell'Ottocento
dall'architetto Dionisio Sciascia (omonimo, non parente), allievo del Basile
padre: perfette per restare comodi e godersi lo spettacolo.
Per due giorni a Racalmuto faranno la fila per godersi in tanti questo
piccolo teatro di trecento posti o poco più che, con tutta la buona
volontà, non ce la può fare a contenere tutti.
Ma ci sarà un stagione intera per priàrsene, si spera
molte altre ancora con l'impegno di tutti.
Non solo del Comune, della Regione e della Provincia, che stanno facendo
la loro parte, ma anche e soprattutto dei cittadini, degli operatori culturali,
dei giovani e delle forze imprenditoriali sane del territorio. Perché
accanto agli sponsor nazionali che hanno assecondato a vario titolo la
riapertura del teatro, c'è oggi una folta schiera di piccole imprese
locali che, anche dai comuni vicini, segue con interesse e disponibilità
questa nuova esperienza.
Perché il teatro non è solo un luogo di svago e cultura,
ma anche un segnale di rinascita civile e un'opportunità di lavoro
per artisti, impiegati, maestranze, collaboratori, fornitori, commercianti,
ristoranti, alberghi…
Un teatro che funziona crea fiducia, porta benessere e restituisce
dignità. Anche a chi di solito non va a teatro.
E per oggi per la cerimonia inaugurale della riapertura di questo splendido
teatro, ci saranno ospiti di primo piano a cominciare da Anna Marchesini
conosciuta dal grande pubblico per le sue numerosissime performance in
Rai e nelle reti Mediaset ed ancora Serena Dantini una giornalista che
nel corso della sua lunga carriera ha sempre dimostrato la sua bravura
nel condurre trasmissioni non facili. Tra gli ospiti anche Ida Carrara,
Mariella Lo Giudice, Tiziana Lodato, la giornalista del Tg 5 Annalisa Spiezie,
l'attore Luigi Maria Burruano che ha preso parte al serial Tv «Commissario
Salvo Montalbano» con Luca Zingaretti. Poi è prevista l'esibizione
della soprano Raina Kapainvasca e l'Orchestra sinfonica Ferrara diretta
dal maestro Carmelo Caruso. Si andrà avanti almeno fino alla mezzanotte
e gli artisti si esibiranno per venti minuti ciascuno.
Ma già l'indomani, il 15 è prevista una Matinèè
musicale con il Coro del Terzo Millennio di Racalmuto alle ore 9,30 proprio
nel Foyer del Teatro «Regina Margherita».
Un programma niente male per un appuntamento così tanto importante
ed atteso da tutta la cittadinanza.
«Abbiamo cercato di coinvolgere diversi artisti per questa cerimonia
di apertura - dice il sindaco Gigi Restivo - perché penso che la
giornata di oggi sia davvero storica. Difficilmente sarà scordata
dai racalmutesi. Come direbbe Camilleri una città che possiede un
teatro è una città viva».
Già nelle prevendite dei tagliandi per il primo appuntamento
di domani, inserito in cartellone, ci si accorge che c'è molto interesse,
c'è la voglia della gente di vedere finalmente dal vivo e nel teatro
tanto caro allo scrittore Leonardo Sciascia, spettacoli su spettacoli e
il calendario stilato da Camilleri non è niente male.
Oggi si parte. Ce ne ricorderemo, direbbe Nanà, di questa Ouverture.
G. R.
La Sicilia, 14.2.2003
Fornace «Penna», destinazione in alto mare
Fornace Penna di contrada Pisciotto a Sampieri. A dieci giorni dalla
presentazione del progetto di costruzione di un albergo a cinque stelle
all'interno dell'ex fabbrica di laterizi, il sindaco della città,
Bartolomeo Falla, rompe il silenzio dietro cui si era trincerato.
«Né il sindaco, né la commissione edilizia e neppure
il Consiglio comunale possono prendere una decisione così importante
- sostiene il primo cittadino di Scicli -. La questione della rifunzionalizzazione
della Fornace Penna riguarda tutta la provincia, e forse anche i territori
che sono oltre. Basti pensare che è diventato persino un luogo cinematografico,
grazie al Commissario Montalbano, dove la Fornace diventa la "mannara"
dei libri di Camilleri». Insomma, Falla ritiene troppo spinosa la
questione per esprimere un giudizio netto e definitivo sul progetto presentato
dalla famiglia Penna, che prevede la realizzazione di cento camere per
un totale di duecento posti letto all'interno del rudere.
«La questione della Fornace mi ricorda quella della scuola media
in piazza Italia - continua il primo cittadino -. C'è chi dice che
il palazzo di vetro andrebbe abbattuto, chi dice che il suo essere stonato
con il barocco che lo circonda è un monito per le prossime generazioni.
Noi abbiamo chiesto un finanziamento per un intervento di ricucitura con
gli edifici circostanti. Per la Fornace dobbiamo considerare l'affezione
che intere generazioni hanno per il "fantasma" della fabbrica, per il camino
del forno e per le struggenti pareti di pietra che stanno crollando. La
fabbrica di laterizi incendiata nel 1924 era un'altra cosa, che nessuno
di noi ha conosciuto e rispetto a cui nessuno di noi nutre affetto. Ricostruire
filologicamente la fabbrica di laterizi per metterci dentro un albergo
è un'altra cosa».
Come evitare allora che del rudere da qui a qualche anno non resti
più traccia? «Credo che l'unica soluzione sia introdurre un'attività
economicamente redditizia ai margini del rudere, recuperando quest'ultimo
e facendo sì che la Fornace resti il fantasma carico di segreti
e di mistero che così tanto piace alla gente. Ma, ripeto, sulla
questione a decidere non è il sindaco, né un gruppo di addetti
ai lavori. Auspico un dibattito che esca fuori dai confini della città
e coinvolga le migliori intelligenze, anche su scala nazionale».
In definitiva, per la fornace Penna non c'è alcuna decisione.
Giuseppe Savà
TGR Sicilia,
14.2.2003
Musica e prosa: è rinato così a Racalmuto il teatro Regina
Margherita.
La sala vuota, tutto fuori il pubblico a seguire lo spettacolo su due
grandi schermi.
Problemi di agibilità, ma non si è voluto rinviare l'inaugurazione.
Una scelta sostenuta dal direttore artistico Andrea Camilleri. E la risposta
della gente è stata corale, partecipata: una grande festa per Racalmuto,
vissuta con entusiasmo e con gioia.
Bianca Cordaro
La Sicilia, 15.2.2003
Racalmuto
Aperto il teatro dell'assurdo
La rivoluzione del teatro operata dall'agrigentino Luigi Pirandello
era arrivata a concepire sei personaggi in cerca d'autore, ora a inventare
attori e orchestra che si esibiscono davanti ad una platea vuota, non per
mancanza ma per eccesso di pubblico, ci hanno pensato in provincia di Agrigento,
all'inaugurazione del Teatro Margherita diretto da Andrea Camilleri nella
Racalmuto di Leonardo Sciascia.
La versione ufficiale propone una strana concezione della democrazia:
o tutti o nessuno. E poiché il teatro appena restaurato non poteva
contenere un'intera cittadinanza, con l'aggiunta degli ospiti, si è
scelto di fare esibire attori, suonatori e cantanti davanti alle poltrone
vuote. Il pubblico stava altrove, all'esterno davanti ad uno schermo, a
godersi le immagini riprese da un solerte epigono del pirandelliano Serafino
Gubbio operatore.
Avanguardia dell'avanguardia? Recita al vuoto? La solitudine delle
maschere? Una trovata comica? Oppure una pietosa bugia? Certo è
che la soluzione ha tutta l'apparenza di una involontaria parodia autopunitiva
per i proclami, per l'enfasi data all'avvenimento, per aver scomodato tante
personalità, compreso il presidente Ciampi, tante glorie e tanti
ricordi. Uno spiritello maligno si è vendicato rendendo inagibile
il teatro.
Ed è finita in una sorta di commedia dell'assurdo. Del resto
quando ci si affida ad un geniaccio come Camilleri tutto è possibile.
Non è stato lui a scrivere «Il birraio di Preston»?
Un romanzo in cui per una recita succede di tutto. La differenza è
che ieri l'azione non si svolgeva nella Vigàta immaginaria dello
scrittore, ma nella Racalmuto reale.
Salvatore Scalia
Comincia il primo atto. Con «giallo»
Racalmuto. Giallo a Racalmuto. Ma, per fortuna, sono tutti allegri e
in salute. Anche Andrea Camilleri che, nonostante l'indisposizione dei
giorni scorsi, è raggiante direttore artistico. Ci tiene al suo
ruolo, per il significato morale di riaprire il teatro definito da Leonardo
Sciascia «il più bel teatro della mia vita». E' giallo
a Regalpetra, naturalmente. Il “maestro” docet. All'ultimo momento si è
deciso infatti di non far entrare pubblico in sala e di collocare due maxischermi
nella piazza antistante il teatro. Per tutto il pomeriggio si è
parlato di inagibilità, di improvviso alt della Prefettura. Niente
di tutto questo, assicurano la Fondazione Teatro Regina Margherita, il
sindaco, il direttore artistico Andrea Camilleri. Né sono pervenute
comunicazioni ufficiali di quel tipo. E' pur vero che giovedì durante
le prove è scoppiato un tubo dell'impianto di riscaldamento e, per
precauzione, si è deciso di non far accedere pubblico in platea.
Manca l'agibilità definitiva e ufficiale, è vero, ma questo
accade tante volte. E' accaduto per esempio per il Massimo di Palermo.
Il sindaco Luigi Restivo aveva facoltà di ricorrere ad un'agibilità
provvisoria ma ha preferito rinunciare. Per prudenza, dopo il piccolo inconveniente,
ed anche perché tutti i cittadini fossero alla pari. Cittadini,
diverse centinaia - nonostante la serata di San Valentino - e autorità
sono fuori al freddo, dopo essersi scaldati in piazza Castello con i fuochi
dei giocolieri, le ballerine sui trampoli, le percussioni: sono fuori davanti
allo schermo mentre restano vuote le 350 poltrone.
«E' stata una grande soddisfazione arrivare a questo. Abbiamo
sentito - dice il sindaco Luigi Restivo - da parte di tutta la cittadinanza
la voglia di partecipare: per questo ci è sembrato doveroso orientarci
sulla soluzione dei maxischermi». Conferma Giuseppe Dipasquale, vice
di Camilleri: «Con tutti gli organi competenti stiamo andando a perfezionare
gli ultimi problemi formali». Comunque stasera non ci sarà
il recital di Vincenzo La Scola ma è confermato il concerto mattutino
nel foyer del Coro polifonico Terzo Millennio.
La sala è uno splendido gioiellino. Nell'edificio progettato
da Dionisio Sciascia, allievo del Basile, i palchi splendono di stucchi
dorati, fra lucidi velluti, sotto la volta affrescata. Chi scrive ricorda
come venti anni fa qui fosse un teatro di fantasmi in preda a ragnatele
e muffa.
La folla preme alle spalle del giovane sindaco Restivo e del giovane
assessore regionale ai Beni culturali Fabio Granata, al fatidico taglio
del nastro. Un momento di silenzio, qualche piccolo intoppo tecnico con
il microfono dello speaker Egidio Terrana. Poi via con la musica e il Teatro
Regina Margherita di Racalmuto, classe 1880, è ufficialmente riaperto,
più giovane e splendente di prima.
Che emozione sentire al microfono le parole del maestro di Regalpetra:
«Ho visto la rovina di quel luogo che ricordavo splendido…».
E splendido ora è di nuovo. Sciascia (statua di bronzo) passeggia
su corso Garibaldi fra i racalmutesi che corrono a vedere. A passi felpati
s'avvia anche lui verso il piccolo gioiello rinato.
Lo spettacolo comincia con Annalisa Spiezie che cede il microfono a
un Camilleri molto emozionato. Poi, seduto in un palco, il papà
di Montalbano contempla la sala e alla nostra osservazione che molti giovani
racalmutesi ci hanno confessato di non essere mai entrati in un teatro,
risponde: «Sa, la passione per il teatro poi viene e, quando viene,
rimane. Il teatro comunque è un gran luogo d'incontro laico e civile,
non è detto che possa ospitare solo spettacoli teatrali. Leonardo
era attaccatissimo a questo suo teatro. Io non lo conoscevo. Ora che lo
conosco, ne capisco le ragioni. Ho accettato di fare il direttore artistico
per pagare in parte i debiti, che tutti abbiamo, nei riguardi di Leonardo
Sciascia». Ma la cosa alla quale Camilleri tiene molto è non
tanto il cartellone che dev'essere comunque «non elitario e non troppo
popolare, bensì la scuola di mestieri teatrali che può dare
un futuro a tanti giovani, non solo qui, a Racalmuto, ma anche presso altri
teatri».
La folla resiste al freddo e vede sfilare sullo schermo una scollatissima
Tiziana Lodato di bianco vestita, che recita “E venne il cinematografo”
di Sciascia, Anna Marchesini pimpante come sempre che si cimenta con “Le
marionette parlanti” di Verga: fra un numero e l'altro l'orchestra Franco
Ferrara diretta dal maestro Carmelo Caruso esegue arie di opere popolari
come “La Traviata”. Tocca poi a Serena Dandini leggere una pagina di Strehler
sul mestiere del teatro «il più disperato del mondo».
In una spiritosa conversazione a due con Camilleri, la direttrice dell'Ambra
Jovinelli si complimenta per la sua nomina a cavaliere lamentando che però
non sia lui presidente del Consiglio. Assenti Ida Carrara e Guglielmo Ferro
che saranno qui il 2 marzo con “La chiave dell'ascensore” di Agota Christoff.
Dà forfait Raina Kabaivanska («non mi esibisco in un teatro
vuoto»). Quindi una Mariella Lo Giudice di grande vigore in “Kirie”
e un Gigi Burruano applauditissimo con passi dalla pirandelliana “Sagra
del Signore della nave”. Poi tutti in piazza Castello per la festa di chiusura.
Maria Lombardo
«Musica e prosa Il nostro teatro è polivalente»
Il vicedirettore artistico del Regina Margherita traccia le linee della
stagione
Racalmuto. Ad illustrarci le linee progettuali del cartellone che saluta
la riapertura del teatro è stato il regista e vicedirettore artistico
del Teatro Regina Margherita, Giuseppe Dipasquale.
«Trovare - ha detto - a metà della tradizionale stagione
teatrale, delle Compagnie e degli artisti disponibili, è stato un
vero miracolo. Anche perché volevamo allestire un cartellone che
in qualche modo corrispondesse alle linee artistiche e progettuali già
tracciate. Avevamo una linea precisa: la scelta di spettacoli non casuali,
che comprendessero, nell'insieme dell'evento, la musica e la prosa; una
forte presenza femminile come protagonista; la caratteristica di interpreti
che «soli» contribuissero con la loro presenza a creare un
teatro per tutti. Siamo riusciti ad allestire un cartellone con diversi
prestigiosi appuntamenti e con nomi che ci lusinghiamo di ospitare».
Perchè la scelta precisa di un cartellone basato su prosa e
musica?
«E' già un segno di quello che nel futuro Andrea Camilleri,
io, e lo stesso Consiglio di Amministrazione della Fondazione, vogliamo
lanciare per il Teatro Regina Margherita: un Teatro polivalente».
Scendiamo nel dettaglio dei maggiori appuntamenti...
«Il primo, quello di ieri sera che doveva segnare l'inaugurazione
della stagione è saltato per motivi personali del tenore Vincenzo
La Scola. L'artista avrebbe dovuto cantare celebri melodie accompagnato
dal chitarrista agrigentino Tom Sinatra, raccontando anche l'Opera al pubblico».
Ha parlato della scelta di forti presenze femminili...
«Sono tre gli spettacoli che vanno segnalati e che vedranno impegnate
sole sul palcoscenico tre attrici che ci stanno particolarmente a cuore:
Ida Carrara, che il 2 marzo presenterà «La chiave dell'ascensore»
di Agota Kristoff, con la regia di Guglielmo Ferro. Questa vuole essere
anche una testimonianza di affetto al grande e indimenticato Turi Ferro,
che successivamente, l'11 e 12 aprile, rinnoveremo con «Experientia»,
uno spettacolo musicale fatto di nuovi arrangiamenti delle musiche che
Massimiliano Pace scrisse per gli ultimi spettacoli di Turi Ferro. Durante
le esecuzioni verranno proiettati spezzoni di alcune tra le più
celebri interpretazioni del grande attore catanese scomparso. Altro spettacolo
che vedrà impegnata «sola» un'attrice sul palco è
«Kirie» di Ugo Chiti, che il 10 marzo, con la regia di Federico
Magnano di San Lio, vedrà protagonista Mariella Lo Giudice. Il 27
aprile, Anita Bartolucci in «Clitennestra» di Marguerite Yourcenar,
con la regia di Maria Luisa Bigai».
Ci sarà anche Fabrizio Bentivoglio in uno spettacolo un po'
particolare...
«Si tratta di uno spettacolo e di un'altra presenza artistica
alla quale teniamo molto. Fabrizio Bentivoglio sarà protagonista,
il 23 marzo, assieme al Quintetto «Musicanormale», una formazione
che comprende alcuni musicisti degli «Avion Travel», in un
concerto-recital durante il quale presenterà, commentandole musicalmente,
delle immagini del suo film-documentario «Talagarite Tipota»».
Due spettacoli avranno la sua regia.
«Uno è la ripresa, il 3 e 4 maggio, in forma completa
e in un teatro al chiuso, di una mia regia di una decina di anni addietro,
«Recitazione della controversia liparitana» di Leonardo Sciascia,
che sarà una coproduzione della Fondazione Teatro Regina Margherita
e Fondazione «Leonardo Sciascia»; l'altro è «Un
canto da lontano. Tango e Borges», con Pietro Montandon e Barbara
Tabita, che verrà presentato il 5 aprile.
Poi ci sarà un ciclo di serate dedicate a Leonardo Sciascia
su «Le parrocchie di Regalpetra», che vedranno impegnati Giulio
Brogi, Pino Micol, Luigi Maria Burruano ed altri».
Altri spettacoli...
«Ci sarà «Derive», con Mariano Rigillo e Anna
Teresa Rossini, il 15 marzo; due spettacoli dedicati ai giovani comici:
«La fattoria dei comici», il 22 marzo, una produzione del Teatro
Ambra Jovinelli diretto da Serena Dandini, e, il 15 e 16 aprile, «Cari
E..stinti» dei tre giovani comici catanesi Mimmo Mignemi, Angelo
Tosto e Riccardo Tarci, spettacolo che parla, satiricamente, della morte
dell'attore».
Pippo Ardini
L'ipoteca di Sciascia
ll programma c'è già: un teatro di idee
Quando Sciascia parlava di teatro, parlava del suo teatro. Parlava,
cioè, del teatro di Racalmuto di cui festeggiamo il restauro e che
fu, per lui adolescente, il tempio in cui officiare la sua conversione
all'arte e, insieme, una finestra sul mondo che si apriva - traboccante
d'idee e sgargiante di rutilanti scenari - oltre il cuore assolato e desolato
dell'isola. E parlava del teatro che su quella ribalta aveva visto, delle
traviate e delle arie del continente e dei berretti a sonagli, dei Sardou
o dei Feydeau o dei Williams, che rappresentano non solo la tradizione
(che Sciascia amava di per sé, diffidando delle avanguardie) ma
la grammatica stessa del teatro, le sue strutture portanti, di là
dalle quali non v'è che il vuoto. Quando Sciascia parlava di teatro,
quella parola si arricchiva perciò di implicazioni, e quella scena
si animava di personaggi, che provenivano dalle più remote ed eterogenee
latitudini, così come le idealità morali e le elaborazioni
intellettuali - più o meno, tutte quelle che hanno fondato e alimentato
la civiltà moderna - che egli incarnava, dotandole di carne e sangue
e nervi, nei suoi romanzi, nei suoi "gialli" in cui sono appunto le idee
e le opinioni ad animarsi e ad entrare in conflitto, ad assumersi il ruolo
di personaggi, e nel suo teatro che è per l'appunto teatro d'idee,
scena cruenta dell'inquisizione e sacrificale altare della verità.
Di tutto questo, di quest'ipoteca gravosa ma esaltante, terrà sicuramente
conto chi metterà mano al futuro, ai programmi, alle scelte, di
questo teatro ritrovato; e in tal modo questo teatro, così come
Sciascia negli anni '60 e '70 diede un decisivo contributo - di testi e
d'idee - al Teatro Stabile di Catania, caratterizzandolo nel duplice segno
dell'impegno civile e del rapporto forte con la letteratura, ora nel segno
di Sciascia potrà modestamente cooperare alla ripresa del teatro
italiano, che proprio d'una crisi d'idee patisce e langue. Camilleri, e
non solo per il prestigio internazionale che ormai lo circonda ma per più
tenaci e segrete ragioni, di affinità antropologiche e letterarie,
è l'uomo giusto per questa piccola grande impresa; per parte mia
al saluto e agli auspici vorrei affiancare, concludendo, un ricordo: novembre
1989, la straziante agonia dello scrittore, la contemporanea messinscena
allo Stabile di Catania d'un suo atto unico, Quando non arrivarono i nostri,
un divertissement esilarante e tuttavia dal retrogusto amaro che irrideva
all'eterno trasformismo isolano, impersonato nei soci gretti e vaniloquenti
del circolo d'un paese dell'interno; a quell'apologo fui io ad aver l'onore
di collaborare, e fui io a portargli la notizia del successo, forse ad
allietare con un sorriso quei giorni terribili.
Antonio Di Grado
La Repubblica
(ed. di Palermo), 15.2.2003
Troppi spettatori per la prima. E Camilleri escogita una soluzione
pirandelliana
Il teatro di Racalmuto riapre. All´aperto
Troppi mugugni, troppi sguardi torvi, troppa tensione. Andrea Camilleri
in questi giorni ha fiutato una brutta aria per le strade di Racalmuto.
«Non mi piace per niente: vedo guai in arrivo», ha pensato
tra sé e sé. Quel teatro così piccolo, che tornava
a vivere dopo quarant´anni di abbandono, e quella folla così
enorme di invitati e di "paesani" che non voleva perdersi l´inaugurazione,
erano una miccia accesa. E ha fatto sicuramente gli scongiuri ricordando
il suo "Birraio di Preston", in cui una concatenazione di guai inizia proprio
da una controversa prima teatrale. Si è consultato con i suoi collaboratori
e ha deciso: l´orchestra suonerà sul palco e gli spettatori
seguiranno il concerto da fuori, su due maxischermi installati davanti
al teatro e di fronte alla scalinata di Maria Santissima del Monte. Una
soluzione pirandelliana che ha disinnescato malcontenti e polemiche. Così
il sipario del teatro Regina Margherita, tanto caro a Leonardo Sciascia,
ieri alle 20 si è alzato davanti al vuoto; e i primi spettatori
hanno assistito a una inaugurazione davvero virtuale. Un rientro alquanto
bizzarro nel circuito culturale regionale del gioiello progettato e costruito
dall´architetto Dionisio Sciascia, allievo di Basile, tra il 1870
e il 1880. Ma quando di mezzo c´è Camilleri, e le ombre di
Sciascia e Pirandello, il minimo che possa capitare è che la routine
si trasformi in evento e la cronaca in un´opera letteraria che si
scrive da sola.
L´autore di Montalbano ride di gusto per questi contrattempi:
«No, per carità, lasciamo perdere "Il Birrario di Preston":
è troppo iettatorio. Se proprio debbo fare un´analogia con
una mia opera diciamo che la vicenda mi ricorda "La Concessione del telefono".
Lì non c´è alcun teatro, ma equivoci e disguidi a catena,
che raffigurano lo strapotere della burocrazia».
«Nel mio libro un innocente viene spinto in galera da una montagna
di carte - continua Camilleri, che del teatro di Racalmuto è direttore
artistico - documenti che si perdono e si ritrovano, il diavolo che ci
mette la coda. Qui gli intralci ci costringono a una prima inusuale. Meglio
così: abbiamo nel contempo un´inaugurazione reale dentro il
teatro e virtuale fuori. Possiamo dire che il Margherita è davvero
un teatro post moderno». Ride ancora lo scrittore. Scarica l´adrenalina
accumulata da quando è sceso in Sicilia per seguire tutta la macchina
organizzativa: l´agibilità negata per il loggione, la ressa
per gli inviti, gli ospiti da ricevere, qualche acciacco fisico che lo
fa soffrire, il soprano Raina Kabaivanska che si rifiuta di cantare nel
teatro vuoto, il secondo spettacolo con il tenore Vincenzo La Scola, previsto
per stasera, che viene rinviato a tempi migliori.
Il nervosismo ha scandito le giornate monotone di Racalmuto. Nemmeno
la visita di Ciampi e di donna Franca hanno arginato i malumori. Sussurri,
grida e tanto disappunto dei cittadini per una serata a inviti che li espropriava
del loro teatro. «Ci siamo trovati a mal partito - dice il regista
Giuseppe Di Pasquale, braccio destro di Camilleri - Duemila richieste per
assistere al concerto della filarmonica del maestro Franco Ferrara, di
fronte a soli 300 posti. Tutto il paese, in coda, ha cominciato a mugugnare.
Poi è passato al boato. E, prima che arrivasse la catastrofe, il
direttore ha preso la saggia decisione che ha evitato ogni discriminazione».
La festa è cominciata alle 18,30 con lo show di angeli e diavoli
danzanti sui trampoli. Alle 20, un angelo acrobata è sceso dal cielo
e ha offerto al sindaco Gigi Restivo le forbici per tagliare il nastro,
mentre dal tetto del Margherita si innalzavano i giochi pirotecnici. La
folla festante ha applaudito. «La gente - dice il sindaco - ha apprezzato
gli sforzi fatti per garantire la riapertura. Racalmuto si stringe intorno
al suo teatro ritrovato. E noi ce la metteremo tutta per non deluderla».
Esprime gioia anche l´assessore ai Beni Culturali Fabio Granata.
Aldo Scimè, vice presidente della Fondazione, che aveva lasciato
il fronte dei preparativi per accompagnare il presidente Ciampi a Mozia,
è arrivato in tempo per godersi le arie di Rossini, Bellini e Verdi
eseguite dall´orchestra e gli attori che recitavano Verga, Sciascia
e Pirandello. La gente con i cappotti in strada, con un occhio allo schermo
e un altro al portone spalancato da dove si intravedeva il direttore di
spalle. Il teatro che non c´è si è visto. Eccome.
Tano Gullo (ha collaborato Laura Nobile)
Il Barbiere
della Sera, 15.2.2003
L'orrore e Berlusconi
Il vero miracolo italiano
Uno dei più grandi successi del fenomeno Berlusconi, è
stato quello di aver risvegliato la categoria del romanzo gotico e noir.
Su Cordero si sa tutto: chi ha letto la sua trilogia, vedrà
che agita il petto del giurista la voglia di purificare la Gomorra borghese
e corrotta, tanto che lui non è altro che il Savonarola di Berlusconi.
Ma sul sito di Micromega ci sono i racconti di Camilleri sul cavaliere.
Si riadatta la celebre frase di Borrelli sugli scheletri nell'armadio,
si imbastisce un dialogo tra uno scarafaggio in cerca di cacca e il cavaliere
generoso che la fa per lui, nell'aldilà Berlusconi ricusa il giudice
supremo e gli evangelisti Marcello e Cesare diffondono il Verbo e annunciano
i miracoli, tra cui la moltiplicazione dei miliardi.
Lowercraft [sic!, NdCFC], Poe e la Radcliffe impallidiscono
di fronte a questi maestri dell'orrore. Questo è il vero miracolo
italiano: aver trasformato Camilleri in un genio della narrativa. E questo
è un fatto caro Bds, non un'offesa censurabile.
Iavne
TGS, 15.2.2003
Dopo 40 anni riapre il teatro di Racalmuto, tanto amato dallo scrittore
Leonardo Sciascia. L'inaugurazione è avvenuta ieri sera, ma senza
la presenza del pubblico, costretto a restare fuori
Racalmuto riapre il suo teatro
Il sipario si è aperto nuovamente dopo 40 anni. Per tutto questo
tempo il teatro Regina Margherita di Racalmuto era rimasto chiuso, senza
poter accogliere al suo interno musiche ed amplificare armoniosamente storie
da raccontare.
Ieri sera la musica, l'arte, la cultura si è riappropriata [sic!,
NdCFC] del suo spazio naturale. Gli stucchi e gli affreschi non sono
più cascati come raccontava Sciascia, che di quel suo piccolo teatro
era innamorato.
Ad annunciare l'inaugurazione, fin dal primo pomeriggio, una grande
festa organizzata tra le vie del centro di Racalmuto.
All'interno del teatro è rimasto Andrea Camilleri che del Regina
Margherita è direttore artistico. Gli occhi puntati sul palco, ad
aspettare il movimento di quel velluto rosso che divide gli artisti dagli
spettatori.
Un Camilleri emozionato: "Io è da stasera che me ne sto qui
a vedere cominciare a respirare questo teatro. Perché un teatro
respira con le parole, con le musiche, con i suoni che sono propri del
teatro. I teatri sono delle spugne che assorbono voce, rumori, suoni e
memoria, che è cosa fondamentale".
All'interno del teatro c'erano solo giornalisti, addetti ai lavori
e artisti. I racalmutesi non sono potuti entrare per un guasto all'impianto
antincendio. Fuori, sfidando il freddo, hanno assistito grazie a due maxischermi
alla rinascita del loro piccolo gioiello.
Da oggi nella terra di Sciascia c'è una nuova storia da raccontare.
Gero Tedesco
La Repubblica
(ed. di Palermo), 16.2.2003
IL PROGETTO
Dopo i gialli di Montalbano tocca ai romanzi storici
Camilleri raddoppia in tv
La Vigata di oggi l´avete imparata a conoscere leggendo i gialli
di Camilleri o guardando alla tv la fortunata serie del commissario Montalbano,
alias il fresco cavaliere Luca Zingaretti. Ma c´è anche una
Vigata di ieri, quella dei secoli passati, raccontata dallo scrittore agrigentino
nei suoi romanzi. Storie che prendono spunto magari da un particolare insignificante,
un fatto realmente accaduto, sul quale la fervida fantasia di Camilleri
ha costruito vicende irresistibili tutte da leggere. E, tra un po´,
anche tutte da vedere.
E già, perché dopo i gialli di Montalbano, anche quattro
romanzi diventeranno presto film per la tv. L´idea è del produttore
Carlo Degli Esposti, che vuole coinvolgere alcuni registi. Quattro i nuovi
titoli che sarà possibile vedere al più presto nella trasposizione
televisiva: "Il re di Girgenti", "Il birraio di Preston", "La concessione
del telefono" e "La scomparsa di Patò", quest´ultimo affidato
a Rocco Mortelliti, regista romano che di Andrea Camilleri ha anche sposato
una figlia. ha già lavorato. «Lo scenografo Franco Ricceri
- rivela Mortelliti - sta visitando alcuni paesi nei pressi di Agrigento
e ad uno di questi, con appositi aggiustamenti scenografici, toccherà
trasformarsi in Vigata». La produzione delle quattro fiction, tutte
destinate alla Rai, dovrebbe iniziare tra breve. Ogni romanzo sarà
diviso in due puntate.
Paola Nicita
Giornale di Sicilia, 16.2.2003
Racalmuto. L'inaugurazione del teatro riaperto dopo 40 anni ma rimasto
senza pubblico
Gran festa quasi pirandelliana per il Margherita
Dandini, Marchesini, Lodato, Burruano, Lo Giudice sotto lo sguardo
di patron Camilleri
Racalmuto. La situazione l’ha praticamente fotografata Luigi Maria Burruano:
«Il pubblico è fuori, morto dal freddo, e sul palco c'è
questo idiota qui che ha l'arroganza di parlare alle poltrone vuote».
E giù battute, una tira l'altra, AcquadiCielo chiama in ballo i
«Pagliacci» e dirige un'orchestra, la «Franco Ferrara»
di Palermo, con cui ha provato soltanto pochi attimi prima. Ad apertura
Tiziana Lodato si è dedicata a Sciascia, Anna Marchesini a Verga
e Mariella Lo Giudice a Ugo Chiti. Serena Dandini va a braccio, legge Strehler
e chiama in campo il direttore artistico Andrea Camilleri, salutato come
«il presidente del Consiglio... dei teatri». Si ride, si ascolta
dentro la sala dei Teatro Regina Margherita di Racalmuto; fuori sono rimasti
in pochi, decimati dal freddo, ad indicarsi gli attori proiettati direttamente
su un muro della facciata.
Il teatro è bellissimo, i palchetti disegnati da Dionisio Sciascia,
si ritorcono attorno ai divisori arabescati, dorature e velluti conducono
al palco dove il sipario cremisi nasconde «I vespri siciliani»
di Giuseppe Carta. Le poltrone in sala, eleganti, imbellettate, vuote sembrano
aspettare spettatori fantasma: non c'è bisogno di scomodare Pirandello
per notare la situazione paradossale. Il pubblico batte i denti fuori,
gli attori sono un po' spaesati dentro, la stampa occupa i palchetti, c'è
qualcuno anche nel loggione, Camilleri segue sornione dal palco di proscenio,
e interviene qua e là, solleticato da Annalisa Spiezie.
La festa è iniziata a piazza Castello (e lì finirà
sotto i fuochi d'artificio) in un tripudio di giocolieri, mangiatori di
fuoco, angeli volanti e dame (le Muse) sui trampoli che conduce il pubblico
- numeroso, diminuirà col passare delle ore - verso il teatro che,
vedi caso o strategia, dà proprio su via Leonardo Sciascia. Convitato
di pietra, dello scrittore si sente la mancanza anche se Camilleri ricorda
che «ha accettato la direzione artistica per saldare il debito che
mi legava a Leonardo». E aggiunge, «lui avrebbe preferito di
certo i racalmutesi in sala, al posto delle autorità. Beh, l'importante
è che questa sala ridiventi una spugna di suoni e di parole».
Non sembra molto d'accordo all’idea di spostare la festa su un livello
“virtuale”, ma accetta una soluzione dettata dal bisogno, lui stesso parla
di «problemi tecnici e burocratici che hanno impedito l'uso della
sala». Davanti al portone del teatro, siciliani tra i siciliani,
ecco il sindaco Gigi Restivo e l'assessore regionale Fabio Granata: resteranno
fuori per tutto il tempo, rinforzando la decisione di non dividere la città
«in buoni e cattivi, eletti e non eletti». In tanti hanno potuto
assistere e, a spettacolo finito, qualcuno si è persino riversato
all'interno, magari solo per un'occhiatina. Nei prossimi giorni, completati
i percorsi burocratici, il teatro sarà definitivamente consegnato
a Racalmuto che potrà coccolarselo a dovere.
Simonetta Trovato
Il Sole 24 Ore
(suppl. "Domenica"), 16.2.2003
Vespe
Consolo: giallo è il colore dei padroni
Da un po' di tempo, ogni volta che ci piaceva un libro di Simenon, avvertivamo
un vago senso di colpa. Ad aprirci gli occhi provvede ora Vincenzo Consolo
con un suo fulminante intervento sull'Unità. Dopo avere generosamente
riconosciuto che Simenon "era ANCHE uno scrittore" (anche!), l'autore di
Retablo gli rinfaccia però di avere fomentato una delle più
disgustose piaghe del nostro tempo: il romanzo giallo. "Il giallo - accusa
Consolo - è conservatore ed è tipico di una società
capitalistica: con il delitto c'è uno squarcio nella società
che viene colmato solo dopo la scoperta del colpevole, così si rimargina
lo squarcio e l'immagine è quella di una società capitalistica
perfetta".
Che batosta, povero Georges: imputato di concorso esterno in capitalismo.
Potrebbe invocare la legge Cirami, perché il suo giudice è
prevenuto. Fateci caso: giorni fa il presidente Ciampi ha nominato grand'ufficiale
il perfido Camilleri, uno di quegli eredi di Simenon che secondo Consolo
"imperversano" con i loro giallacci, e cavaliere il commissario Montalbano
televisivo, l'attore Zingaretti. Un vero affronto, in terra di Sicilia,
all'unico autentico scrittore siciliano, "scrittore senz'ANCHE": Consolo
appunto, che ultimamente si è assunto ANCHE il ruolo di Superprocuratore
per la Letteratura Alta. Come? Quello diventa gr. uff., porc. e lup. mann.,
e a Consolo nemmeno una medaglietta? Inconsolabile. Abbasso il giallo dei
padroni, penna rossa la trionferà.
Giornale di Sicilia, 17.2.2003
Clic, Montalbano sono...
"Pronto, Montalbano sono...", quante volte leggendo un libro o guardando
un film, che vede protagonista il celebre commissario, lo si sente pronunciare
questa frase, con il suo tipico accento.
Una passione, un amore fortissimo, quello che unisce un grandissimo
numero di appassionati del commissario nato dalla fantasia di Andrea Camilleri.
E` proprio da questo sentimento che nasce il sito del commissario Montalbano.
Basta cliccare www.vigata.org, per ritrovarsi virtualmente al centro
di Vigata, con Montalbano e Camilleri che fanno i "padroni di casa".
Un sito completo, che accontenta tutti, anche gli appassionati più
esigenti.
Tra le tante particolarità che si possono trovare nel sito,
va ricordata la sezione dedicata alla cucina tipica di Montalbano. Dalla
caponatina al brusciuluni, dallo sfincione al sorbetto di gelsomino, dai
purpi affucati alla pasta al nero di seppia, dal macco all'agnello alla
cacciatora, queste e tante altre ricette, con il relativo riferimento al
libro di appartenenza, possono essere scaricate, per farsi una "mangiata
alla Montalbano". Ma le pagine dedicate alla gastronomia sicilianana, sono
solamente una piccola parte delle innumerevoli curiosità che si
possono trovare sul sito. Tra queste va segnalato l'album fotografico di
Camilleri, la possibilità di chattare con lo scrittore, il test
di conoscenza delle opere, un viaggio introspettivo su Camilleri e Montalbano,
alcune foto di Vigata e, ovviamente, la possibilità di associarsi
al Camilleri fans club.
Michela Forastieri
La Repubblica
(ed. di Palermo), 18.2.2003
Venerdì al Politeama la prima di una composizione dedicata alle
vittime di mafia, fame e terrorismo
Betta: "Il mio canto libero contro guerra e violenza"
Ha scritto una ninna nanna per Depardieu
Musica e parole contro la guerra, cucite come un viaggio immaginario
tra le vittime di tutte le violenze, da New York a Palermo, dalla Cisgiordania
agli indiani d´America. L´ultima fatica del compositore palermitano
Marco Betta è una sinfonia che si chiama "Lettere di guerra e di
morte" ed è una sorta di «diario sinfonico con variazioni»,
come lui stesso la definisce, che sarà eseguito venerdì in
prima assoluta al teatro Politeama dall´Orchestra sinfonica siciliana
diretta da Alberto Veronesi. Il testo è del giornalista Pippo Ardini,
e vedrà impegnate l´attrice Lucia Chirico come voce recitante,
il soprano Patrizia Macrelli e una bambina di nove anni, Marica Campo,
che apre e chiude il lavoro, simbolo di un futuro di speranza. «Il
progetto di Pippo Ardini è nato un anno fa - racconta Betta, reduce
dal debutto siciliano de "Il fantasma della cabina" di Camilleri - e ora
che andiamo in scena è di sconvolgente attualità. L´ho
accolto con grande entusiasmo, e mi piace considerarlo un piccolo contributo
che si aggiunge a tutte le voci che in questi giorni si levano contro la
guerra». Ardini ha messo insieme una raccolta di lettere, frammenti
di voci delle vittime di ogni violenza, che compongono un diario immaginario.
«È un viaggio tra i luoghi del dolore - continua il compositore
palermitano - e diventa lo stato emozionale di tante voci diverse: dalla
miseria dell´Africa, alla tragedia delle Twins Towers a New York,
dalla popolazione di Tulkarem nella Cisgiordania martoriata dalla guerra,
al genocidio dei nativi americani di Fort Laramie, fino a Palermo, dieci
anni dopo le stragi del ´92. Nel finale, la dedica letta da Marica
Campo alle vittime dell´Olocausto è un simbolo che racchiude
tutti gli innocenti uccisi dal terrorismo, dalla mafia, del potere e delle
dittature».
Betta ha lavorato a una composizione che a tratti si sovrappone al
testo, scavando nel senso profondo delle parole, e a volte gli si contrappone,
per esprimere gli stessi concetti con un linguaggio diverso. «Una
struttura polifonica che poi si ricongiunge nell´aria del soprano,
dedicata alle stragi di mafia di Palermo, e nel suono del violino solista
che diventa un sussurro simile a una voce che si spezza».
[...]
Dalla dedica contro la guerra, affidata a un flusso di parole e di
suoni che si alternano e si contrappongono, a un´altra serie di impegni
che porteranno Betta a cimentarsi nuovamente con i romanzi di Andrea Camilleri:
a Siena, quest´estate in collaborazione con l´Accademia chigiana,
le sue musiche saranno protagoniste di una nuova opera in due atti, cucita
con "Che fine ha fatto la piccola Irene?", e "Il mistero del finto cantante",
da "Le inchieste del commissario Collura": sul podio ci sarà Antonino
Fogliani. «Continuo l´esperimento iniziato col "Fantasma della
cabina" - dice Betta - ma stavolta i due atti avranno atmosfere completamente
differenti, seppure proiettati verso un moderno singspiel, che recupera
la musica da camera del Novecento».
[...]
Laura Nobile
Gazzetta del Mezzogiorno,
18.2.2003
Vico, albergo diffuso con vista sul Parnaso
Vico, albergo diffuso con vista sul Parnaso. Dalla pietra alla carta
il passo potrebbe essere breve, dal borgo antico alla letteratura praticamente
già compiuto. L'idea? È venuta a Gaetano Lisciandra, l'architetto
che insieme al genio di Gae Aulenti dovrebbe firmare il maestoso progetto
(unico in Italia) di rivitalizzazione del borgo antico di Vico del Gargano.
«Perché non fate in modo che sia un grande scrittore a fotografare
questo evento? Magari lo invitate, per alcuni giorni, facendogli ambientare
un racconto, una novella, un romanzo chessò... insomma, immortalate
la trasformazione di questa cittadina con un libro, magari un film. Pensateci,
così senza impegno... ». Manco a dirlo, pronti via. L'imbeccata
ha sedotto l'assessore della Comunità montana del Gargano Giuseppe
Maratea, che ha già chiesto al responsabile della comunicazione
del progetto Enrico Ciccarelli di sondare la disponibilità di alcuni
autori dal nome più ingombrante della penna: l'elegante Daniel Pennac,
il cinico Ian Mc Ewan, il giallista Andrea Camilleri, il vissuto Andrea
De Carlo, e perché no (non è stato forse il sogno che fin
qui ha animato la realizzazione dell'albergo diffuso?) il premio Nobel
Gabriel Garcia Marquez. La caccia è aperta, certo non sara facile.
Ma il Gargano è fatto di pietra, come la scorza di chi s'è
innamorato di questo progetto quando tutti intorno esortavano «a
lasciar perdere!» L'idea avrebbe già sedotto Gae Aulenti,
che nella due giorni trascorsa a Vico in occasione della presentazione
alla cittadinanza del progetto, ha avuto modo di apprendere che il drammaturgo
americamo Arthur Miller scendendo nella grotta dell'Arcangelo San Michele,
a Monte Sant'Angelo, ci scrisse un racconto di circa trenta cartelle. «Ma
dai, pensa te che io Miller l'ho conosciuto in California... cos'era, forse
il 1972... Mi parlava tanto dell'Italia, soprattutto dei paesi di pietra
che aveva conosciuto nel Sud» ha ricordato la Aulenti. Ecco perché
sarebbe opportuno che quella pietra venisse redenta nella carta, sulla
carta di un grande scrittore. Vico lo meriterebbe, ma più di Vico
l'oblò di questa provincia con vista sul dolore.
Davide Grittani
RaiNews24, 19.2.2003
Una bella intervista a Camilleri relativa soprattutto al Maigret televisivo
e al giallo europeo; personalmente l'ho trovata molto incisiva, divertente
ed istruttiva, davvero una buona mezzora circa di botta e risposta, condotta
anche molto bene dalla giornalista Rai di cui purtroppo non ricordo il
nome e sviluppata con grande chiarezza da Camilleri... un pezzettino di
nottata ben speso...
Adalberto
La Repubblica
(ed. di Palermo), 19.2.2003
IL PERSONAGGIO
Consolo una laurea e settant´anni di delusione
Vincenzo Consolo festeggia i suoi settanta anni con la laurea honoris
causa. Ieri l´Università romana di Tor Vergata ha tributato
gli onori accademici allo scrittore di Sant´Agata di Militello. La
cerimonia di consegna del prestigioso riconoscimento si è tenuta
presso l´auditorium della Facoltà di Lettere e Filosofia.
La «laudatio» è stata affidata a Enrico Guaraldo e Andrea
Guareffi. Nel pomeriggio, Vincenzo Consolo ha tenuto la sua prolusione
sulla metrica della memoria. «Fortunatamente - commenta visibilmente
commosso Consolo - esiste ancora un baluardo culturale, quello dell´Università.
È questo un riconoscimento che non è solo gratificante ma,
soprattutto, consolatorio, rassicurante. Non ha definitivamente trionfato
la letteratura di consumo, quella industriale. È questo il secondo
riconoscimento accademico che mi viene riconosciuto quest´anno dopo
il convegno sul mio lavoro organizzato dall´Università di
Parigi. Ma ci terrei, almeno questa volta, a non essere frainteso».
«Questa affermazione - spiega l´autore del "Sorriso dell´ignoto
marinaio" - non è da intendersi come semplicistica avversione verso
una letteratura di successo. Non inseguo consensi. Non l´ho mai fatto».
Consolo si riferisce alle recenti polemiche che hanno avuto come terreno
di scontro le cronache culturali dei giornali. Una contesa intellettuale
che ha visto fronteggiarsi come duellanti che hanno smarrito l´oggetto
del contendere Vincenzo Consolo e Andrea Camilleri.
«Siamo alle solite. Già nel passato hanno montato una
presunta rivalità tra me e Bufalino. Personalmente voglio chiamarmi
fuori da ogni disputa - precisa lo scrittore di Sant´Agata di Militello
- certe mie dichiarazioni, estrapolate, decontestualizzate, finivano con
l´apparire astiose e rancorose. Per quanto mi riguarda, verso Andrea
Camilleri non ho particolari motivi di contrasto. Ci siamo incontrati una
sola volta. Ho letto i suoi apprezzamenti per la mia scrittura e per questo
gli sono sinceramente grato. Il mio intervenire nel dibattito letterario
recente voleva essere un argomentare altro. Uno sguardo ampio e critico
verso certa letteratura di facile consumo. Quella imposta, voluta da una
ben identificata industria politica e culturale italiana. Un´operazione
di omologazione culturale ormai imperante».
Paradossalmente Consolo continua a riceve dure critiche da certa intellettualità
progressista, piuttosto che dagli avamposti conservatori oggetto quotidiano
dei suoi interventi.
«È questo un aspetto che mi lascia sinceramente smarrito.
Riguardo poi la mia antipatia è ormai diventata una leggenda. Un
aspetto che, confesso, non mi lusinga particolarmente ma non mi intristisce.
Credo che uno scrittore debba essere comunque contro, scomodo. Se un intellettuale
non è critico, diventa cortigiano. È stato così per
Vittorini, per Pasolini e per Sciascia, intellettuali contro che il sistema
non è riuscito a fagocitare, assoldare, arruolare, ostentare».
Lo scrittore non maschera una certa delusione per il fatto che il prestigioso
riconoscimento accademico gli venga da Roma e non dalle sue città
rispettivamente di formazione e di elezione: Palermo e Milano.
«Quando sono arrivato nel 1963, Milano incarnava ai miei occhi
la città dell´utopia. La patria immaginaria. Il luogo opposto.
In tutti questi anni, l´ho vista ingrigirsi, spegnersi. È
diventata la città di personaggi come Bossi e Berlusconi. Ma la
delusione più insopportabile per me rimane quella della Sicilia.
Questa sua attuale condizione politica è inclassificabile. Alla
vigilia delle scorse elezioni sono intervenuto, ho cercato di portare il
mio modesto contributo. Non avrei mai immaginato la vastità e l´insopportabile
consenso che i siciliani hanno voluto tributare all´attuale sistema
di potere. Credo che con gli attuali governi siciliani abbiamo toccato
veramente il fondo. Ma voglio essere fiducioso. Spero sempre che sia vicino
un riscatto, un moto di risentimento. Milano e Palermo dunque incarnano
per me le due facce di una medesima delusione. A voler sintetizzare in
una delle mie solite metafore che tanto appaiono antipatiche, mi sento
ormai un ulisside condannato a non ritrovare la patria. Un errante in un
viaggio senza ritorno: quello delle passioni incenerite, della bellezza
e della poesia oltraggiate».
Concetto Prestifilippo
Corriere della sera,
20.2.2003
Navigate con me
Su Internet inseguendo Montalbano, tra ricette e vocabolari di siciliano
La Rete è ricca di siti dedicati ad Andrea Camilleri. C'è
quello ufficiale (www.andreacamilleri.net ) in cui si naviga per parole-chiave:
«Montalbano», «Indagine», «Stato»,
«Sicilia», «Linguaggio», «Teatro» e
«Vigata». E' costruito da spezzoni di testi e da dichiarazioni
dello scrittore, che spiega se stesso, le sue intenzioni e invenzioni,
la nascita «casuale» del famoso commissario. Si aggiunge un
Forum frequentatissimo da lettori: qualcuno suggerisce persino trame da
sviluppare. Sulla «Sicilia» di Camilleri si può cercare
in www.geocities.com/ commontalbano . Sul commissario più noto d'Italia
c'è un www.montalbano.wilde.it che dà informazioni soprattutto
sugli episodi televisivi, mentre www.illadrodimerendine.it informa su un'avventura
multimediale. Ma soprattutto divertente sarà entrare nel «Camilleri
fans Club» (www.vigata.org ) con tanto di «Statuto» e
organigramma che va dal Presidente al Direttore esecutivo, ai Soci fondatori
e a quelli «di rispettu». Un sito molto articolato con foto
dell'«Album di famiglia», studi e scelte di pagine esemplari,
notizie dettagliate sull'inventata Vigata e un completo «Dizionario»
del colorito linguaggio di Camilleri dall'«A» alla «Z».
E poi tante curiosità: su Montalbano e la cucina, sui mali detrattori
snob dello scrittore e così via. Per diventare soci di questo «Club»
bisogna risolvere un quiz: non si vogliono intrusi, ma solo estimatori
del «Sommo».
Giorgio De Rienzo
Il
Tirreno, 20.2.2003
Rai alla deriva. E` stato distrutto un patrimonio
Messaggero
Veneto, 20.2.2003
Carlo Lucarelli, punto di contatto tra la letteratura e il cinema
noir
Cosa ci fa un docente di scrittura creativa al Cinecity di Pradamano,
come protagonista della Serata in giallo? Davanti a un folto pubblico di
studenti e appassionati del genere, Carlo Lucarelli, che è anche
un affermato scrittore di letteratura gialla e noir, sceneggiatore e conduttore
televisivo (Blu notte), esplora con competenza il connubio, talvolta arduo,
tra letteratura noir e cinema. Nel suo raccontare, lieve e divertente,
i concetti enunciati sono intrecciati a molti aneddoti tratti dalla sua
esperienza professionale.
«Letteratura noir e cinema: sicuramente – dice – si tratta di
un rapporto stretto, non solo relativamente ai film che vengono realizzati,
ma anche a quelli che, per qualche motivo, non si fanno. A tutti i “nuovi”
scrittori (non dico giovani, perché potrebbero avere l’età
di Camilleri), appena pubblicano un libro viene proposto di trarne un film,
anche se poi raramente si arriva in fondo».
Cosa accomuna la letteratura noir al cinema di genere? «Sicuramente
la suspense, il colpo di scena e la struttura narrativa della storia. Oltre
ad avere un buon bagaglio culturale letterario, tutti gli scrittori hanno
assorbito determinate suggestioni cinematografiche come spettatori, arricchendo
il proprio immaginario di immagini filmiche e televisive (un nome per tutti,
Belfagor). Il cinema ha fame di storie nuove e, quindi, ricorre spesso
alla letteratura, comprando i racconti che funzionano come nel caso dei
miei romanzi Almost Blue e Lupo Mannaro. Ma è un rapporto impari
quello che si instaura tra linguaggio letterario e cinematografico: il
libro è sempre più esauriente, in quanto il codice scritto
permette di dilungarsi in descrizioni accurate, anche per interi capitoli.
Al contrario, nel film bisogna condensare tutto in tempi ben definiti».
«Il cinema – continua – possiede altri punti di forza: per esempio
la musica e la potenza evocativa delle immagini; anche solo un’inquadratura
può definire un personaggio. Quando andiamo a vedere un film che
è stato tratto da un libro che abbiamo già letto, succede
che rimaniamo delusi, perché, durante la lettura, ognuno si è
creato le proprie immagini mentali. Probabilmente molti telespettatori
avranno pensato che Zingaretti non abbia la faccia di Montalbano, ma, se
li avessimo intervistati, ognuno ce ne avrebbe dato una descrizione diversa,
personale. Nella trasposizione cinematografica di un libro insorgono poi
altri problemi, di ambito extra-artistico e produttivo. Per esempio, venne
comprato il mio romanzo Indagine non autorizzata, che poi non si fece.
Si pensava di realizzare un film per la tv, ma essendo in costume, ambientato
negli anni ’30, richiedeva cospicui finanziamenti; così si pensò
di ricorrere a una coproduzione, in un primo tempo francese. La coprotagonista
è una profuga di Fiume, e nel libro viene tratteggiato il suo ritratto
in tre capitoli. Ma dovendo necessariamente restringere i tempi, la produzione
decide di farne una profuga francese. Quindi fu necessario riadattare la
sceneggiatura. Nel frattempo la coproduzione cambia e diventa svedese:
cosa ne facciamo, mi chiedo, di una profuga svedese? Mi si disse che anche
Ingrid Bergman, dopotutto, era venuta a lavorare in Italia».
Qual è la situazione della letteratura e del cinema noir nel
nostro Paese? «Gli scrittori e i registi non mancano, siamo piuttosto
carenti per quanto riguarda la produzione. Purtroppo si cerca sempre di
realizzare film che siano fruibili da un vasto pubblico: non troppo violenti,
non devono essere contro le istituzioni. Ma c’è stata un’evoluzione
dal giallo classico al cinema noir, che parla di giochi sporchi, di investigatori
corrotti; difficile normalizzare tutto».
Dopo la visione in sala di Mullholland drive, di David Lynch, Carlo
Lucarelli commenta così il film, traendone spunto per parlare ancora
della struttura narrativa del cinema e della letteratura noir: «Il
film di Lynch è un capolavoro, una storia misteriosa, accattivante,
anche se non si può raccontare. Come Il grande sonno e I soliti
sospetti sono film in cui sembra di poter seguire normalmente il racconto,
ma a metà ci sono delle aporie che dicono allo spettatore: guarda
che non è vero niente. Nel genere noir ci sono degli stilemi ormai
talmente interiorizzati dagli spettatori che sono in grado di prevedere
cosa accadrà. La sfida in un genere così codificato, è
di creare lo spiazzamento; il non riconoscere le cose genera tensione e
paura, come nel film di Lynch».
Germana Snaidero
Il Nuovo, 21.2.2003
AAA affittasi villa di Montalbano
Visto l'enorme successo della fiction di Raiuno, la villetta del commissario
di Camilleri può essere presa in affitto. 10 posti letto, 3 mila
euro a settimana.
RAGUSA - In vacanza nella casa del commissario Montalbano. Questa volta
non è finzione cinematografica, ma realtà. La splendida villa
a due passi dal mare, infatti, si affitta. E non solo come set della fortunata
serie televisiva che ha come protagonista il personaggio ideato da Andrea
Camilleri. Ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata, costa tremila
euro per sette giorni. Una settimana in cui si possono scoprire ''le sette
meraviglie'' del Ragusano tra arte, natura ed enogastronomia.
L'idea è venuta all'Azienda Provinciale di Turismo che ha deciso
di coniugare le bellezze paesaggistiche della zona con la fiction di Raiuno.
La villetta si trova a Puntasecca, tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina.
Vigata, infatti, è frutto della fantasia di Camilleri. ''Le numerose
richieste hanno convinto il proprietario dell'abitazione, un noto professionista
di Ragusa - racconta Mario Papa, consigliere dell' azienda per l'Incremento
Turistico - a far inserire la sua casa nel circuito promosso dall'Apt di
Ragusa''.
Sull'onda del successo di Montalbano, alla Borsa internazionale del
Turismo di Milano, Ragusa ha presentato un video per illustrare ''i luoghi
del Commissario''. Tra tutti spicca la piazza di Ragusa Ibla, dove il commissario
posteggia la sua auto, davanti alla scalinata della Chiesa di San Giorgio,
un gioiello del barocco siciliano. A Ragusa, che da un mese fa parte del
Patrimonio dell'Umanità, grazie al riconoscimento Unesco, il flusso
dei turisti è triplicato, con un aumento del 33%. ''Il Castello
di Donnafugata, recentemente restaurato - afferma il sindaco di Ragusa,
Domenico Arezzo - ha avuto 50 mila presenze paganti nel periodo compreso
tra il 15 giugno e il 30 novembre del 2002''.
La Repubblica
(ed. di Palermo), 22.2.2003
Pioggia di richieste per conoscere i luoghi della fortunata fiction
tv e la Provincia di Ragusa lancia un itinerario turistico
Tutti in vacanza con Montalbano
La casa del commissario si affitta a tremila euro la settimana
Dieci posti letto, interamente restaurata, la villa si affaccia sulla
spiaggia di Puntasecca tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina
Una spiaggia sconfinata, l´odore del mare che entra in casa, un
paesaggio dai sapori selvaggi tutt´attorno e, non ultimo, una fantastica
terrazza sulla quale "perdersi" nell´orizzonte all´alba e al
tramonto. Vigata, "l´isola che non c´è", piace e colpisce
l´immaginario collettivo. Ma la casa in cui la Rai ha girato le riprese
della fiction tv dedicata al commissario Montalbano, l´amatissimo
poliziotto creato dallo scrittore Andrea Camilleri, esiste. Una bella villa,
interamente ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata e tutti
i comfort, che si candida a diventare un "must" dell´estate 2003.
Come già avvenne a Salina, per la casa del "postino", lo splendido
film di Massimo Troisi, la villa del commissario Montalbano si affitta
per le vacanze e a prezzi d´oro: ben tremila euro per una settimana.
La "casa di Montalbano" domina uno degli angoli più incontaminati
e meno conosciuti della Sicilia: la spiaggia di Puntasecca qualche chilometro
oltre Marina di Ragusa. Una zona bellissima che non intende perdere il
treno della fortunata serie televisiva che ha come protagonista il commissario
dei libri di Camilleri per lanciare il proprio sviluppo turistico. Non
ci saranno le famigerate "sarde" di Adelina in frigorifero, ma la villa
in cui sono state girate buona parte delle riprese - hanno pensato gli
amministratori della provincia di Ragusa - può essere un ottimo
punto di partenza per un itinerario tra le "sette meraviglie" del Ragusano
tra arte, natura ed enogastronomia.
E così l´Azienda provinciale di Turismo di Ragusa è
riuscita ad ottenere la gestione della villetta dal proprietario, un noto
professionista di Ragusa. Sembra infatti che, dopo ogni puntata dello sceneggiato
su Montalbano, i centralini della Rai siano stati tempestati di telefonate
di spettatori che chiedevano di localizzare con esattezza i luoghi ripresi.
Che, come si sa, non corrispondono affatto con quelli dei romanzi di Camilleri
ambientati nella zona di Porto Empedocle di cui lo scrittore è originario.
«Le tantissime richieste - racconta Mario Papa, consigliere dell´azienda
per l´incremento turistico di Ragusa - hanno convinto il proprietario
dell´abitazione, un noto professionista di Ragusa - a far inserire
la sua casa nel circuito promosso dell´Apt di Ragusa». Luca
Zingaretti e il suo Montalbano, insomma, hanno dato una spinta imprevedibile
al turismo ibleo. «La scorsa estate - afferma l´assessore comunale
al Turismo, Francesco Barone - abbiamo dovuto dire no alle richieste di
migliaia di visitatori che non hanno trovato posto negli alberghi. Giapponesi
e tedeschi sono interessati, ora, a sfruttare il business e a creare nuovi
alberghi, mentre si sono moltiplicati vertiginosamente i bed and breakfast».
Sull´onda del successo di Montalbano, alla Borsa internazionale
del turismo di Milano, Ragusa ha presentato un video per illustrare «i
luoghi del Commissario», dando un´identità precisa a
quegli scorci mozzafiato che fanno da sfondo alle imprese di Luca Zingaretti,
ma che non vengono identificati chiaramente nel racconto. Tra tutte c´è
la straordinaria piazza di Ragusa Ibla, dove il commissario posteggia la
sua Fiat Punto, davanti alla scalinata della Chiesa di San Giorgio, un
gioiello del barocco siciliano. A Ragusa, che da un mese fa parte del Patrimonio
dell´Umanità, grazie al riconoscimento Unesco, il flusso dei
turisti è triplicato, con un aumento del 33 per cento.
«Il Castello di Donnafugata, recentemente restaurato - afferma
il sindaco di Ragusa, Domenico Arezzo - ha avuto 50 mila presenze paganti
nel periodo compreso tra il 15 giugno e il 30 novembre del 2002. Ragusa,
che ha il Pil più alto tra le province del Mezzogiorno, non si distingue
solo per l´enorme patrimonio monumentale - prosegue Arezzo - ma anche
per le risorse naturalistiche e ambientali di rara bellezza. Ora dobbiamo
cercare di attirare investitori creando una rete sinergica tra i comuni
che, come noi, hanno avuto il riconoscimento dell´Unesco».
Alessandra Ziniti
LA POLEMICA
Porto Empedocle protesta: "Ma Vigata è qui da noi"
A far esplodere il caso era stata alcuni mesi fa la prima serie tv trasmessa
da Rai Uno sul commissario Montalbano. La terrazza teatro delle tante riflessioni
di Luca Zingaretti non si affaccia sul mare di Agrigento, ma su quello
di Ragusa. «E questo - si erano lamentati - non rispetta la realtà
dei luoghi». Sì, perché è vero che Vigata esiste
solo sull´atlante geografico di Andrea Camilleri, ma è anche
altrettanto chiaro che si tratta di una licenza poetica liberamente tratta
dai luoghi in cui lo scrittore è nato e cresciuto, e cioè
Porto Empedocle e i suoi dintorni. Che, però, oggi non sono più
come erano alcuni decenni addietro. Colate di cemento e ciminiere hanno
distrutto l´autenticità dei luoghi descritti nei romanzi e
così, per cercare l´ambientazione più adatta, il regista
Alberto Sironi, confortato dal parere dello stesso Camilleri, si è
spinto fino alle coste del ragusano. Ma la scelta non è andata giù
agli amministratori di Porto Empedocle che hanno vigorosamente protestato:
«Ragusa non c´entra nulla, Vigata è qui da noi».
Un´occasione perduta per il turismo agrigentino vittima del degrado
e dello scempio ambientale.
Giornale di Brescia,
22.2.2003
Vacanze in casa del commissario Montalbano
NEL RAGUSANO
PALERMO - La casa del Commissario Montalbano - quella splendida villa
a due passi dal mare - si affitta. E non solo come set della fortunata
serie t v che ha come protagonista il personaggio ideato dallo scrittore
Andrea Camilleri. Ristrutturata, dieci posti letto, aria condizionata,
costa tremila euro per sette giorni: una settimana in cui si possono scoprire
«le sette meraviglie» del Ragusano tra arte, natura ed enogastronomia.
L’iniziativa è dell’Apt che ha deciso di coniugare le bellezze paesaggistiche
della zona con la fiction di Raiuno che ha suscitato interesse e curiosità
anche per i luoghi incantevoli che le fanno da sfondo. Sono state numerosissime,
infatti, le telefonate giunte alla Rai - subito dopo ogni puntata - per
conoscere l’esatta localizzazione della casa del commissario. La villetta
si trova a Puntasecca, tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina. Perchè,
Vigata, come è noto, non esiste in nessuna cartina geografica. Anche
altre due ville storiche, dove sono state girate sequenze della fiction,
(una è a Sortino), sono state inserite nel circuito Apt.
La Stampa, 22.2.2003
CHE COSA NE PENSA IL DIRETTORE DEL TG5: UN GIORNALISTA MILANESE CHE
DIRIGE IL SUO TELEGIORNALE A ROMA
Mentana: no a Telelumbard ma ci vuole più Nord in tv
«Perché Storace, Veltroni, Moffa si battono per l´occupazione?
I talenti che vivono a Milano o Torino sono disoccupati di serie B?»
[...]
Ma nella Rai del Nord non è che poi evitano di trasmettere le
avventure del commissario Montalbano, siciliano frutto della fantasia del
siciliano Camilleri?
«Appunto, non mi risulta che Montalbano abiti a Roma. Ma non
vedo il nesso con il nostro discorso».
[...]
La Sicilia, 22.2.2003
D'Angelo, attore conteso dai registi di fiction
Più che un volo, un'ascesa D'Angelo. E' infatti un periodo decisamente
propizio per il bravo attore catanese Fulvio D'Angelo (formatosi e cresciuto
al Teatro Stabile), il quale deve dividersi, non senza difficoltà,
tra il palcoscenico e i registi di seguitissime fiction televisive che
se lo contendono.
Dopo aver preso parte alla fortunata serie del «Commissario Montalbano»,
ricoprendo un importante ruolo negli episodi dal titolo «La forma
dell'acqua» e «Il cane di terracotta», D'Angelo ha avuto
una parte anche in «Distretto di polizia».
[...]
Parlando di fiction, finora l'esperienza più emozionante, sottolinea
D'Angelo, è stata la partecipazione al «Commissario Montalbano»,
dove ha interpretato l'amico d'infanzia-confidente dell'amatissimo poliziotto
creato da Camilleri e impersonato da Luca Zingaretti. «Nella seconda
puntata ho un lungo colloquio con Zingaretti. Quella scena il regista Alberto
Sironi l'ha voluta girare 6 volte, nonostante la prima andasse bene. Perché
6 volte? Ma perché gli piaceva vederci recitare, diceva che era
"un'interpretazione teatrale da manuale". Poi nella sequenza in cui mi
hanno "ammazzato", ho avuto paura: mi hanno messo addosso delle piccole
cariche esplosive per simulare i colpi di pistola che mi centravano al
petto, e le detonazioni mi hanno causato fastidiosi dolori a un orecchio.
Però, lo confesso, rifarei tutto: in fondo mi sono divertito. Come
sempre, nel mio lavoro. Infatti non aspetto altro che tornare sul set.
Palcoscenico permettendo...».
Mario Bruno
Corriere della sera,
23.2.2003
Dopo l’annunciata cessione della Ricciardi alla Treccani, inchiesta
sulla drastica riduzione delle collane dedicate ai nostri grandi autori
Aiuto, l’Italia ha perso i classici
[...]
Così ai classici italiani si affiancano gli stranieri, che tra
l'altro spesso vendono più dei nostri (se non si chiamano Camilleri,
il primo caso di autore diventato un classico nel giro di pochi anni solo
in virtù delle copie vendute!).
[...]
Paolo Di Stefano
Libertà,
23.2.2003
L'INTERVISTA
L'ex consigliere della Rai ha scritto un libro sull'azienda di viale
Mazzini
Emiliani: è una tv ormai alla deriva
«In pochi mesi questo vertice ha distrutto un patrimonio»
[...]
Non c'è alcuna strategia culturale: se la Rai non affonda è
perchè puù ancora contare sui prodotti realizzati precedentemente
come Sospetti o Montalbano. Ma lo sa non è stato ancora firmato
alcun contratto per la nuova serie del commissario inventato da Camilleri?».
[...]
Il Messaggero,
23.2.2003
I sogni di gloria lombardi fanno a pugni col risicato budget di viale
Mazzini che dovrebbe far fronte a nuove spese per teatri, viaggi e collegamenti
Ma il “trasloco padano” costa troppo
Per la fiction a Roma mille imprese audiovisive. A Milano pochi studi
e inadatti
[...]
La parola d’ordine è fantasticare una tv del Nord con l’investigatore
Duca Lamberti di Scerbanenco al posto del Montalbano di Camilleri (magari
gentilmente ceduto a Mediaset), Bertolazzi celebrato almeno quanto Eduardo
De Filippo e, magari, una bella biografia di Don Gnocchi fra un programma
di Gene Gnocchi e l’altro.
[...]
Marco Molendini
La Repubblica
(ed. di Palermo), 28.2.2003
LA CURIOSITÀ. L´ex capo della squadra Falcone e Borsellino:
" Sono lusingato"
Un Montalbano in carne e ossa
Mario Bò, da Palermo a Trieste, "eroe" dei fan di Camilleri
L´ultima cosa che avrebbe mai pensato, dopo avere passato 14 anni
in Sicilia a dare la caccia ai latitanti e agli assassini di Falcone e
Borsellino, era di arrivare a Trieste ed essere identificato come il «commissario
Montalbano». Lui e tutti gli uomini della squadra mobile che dirige
da nove mesi definiti «eroi veri, in carne ossa» dai fan del
commissario di polizia protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri. Fan
che hanno preso carta e penna scrivendo al questore di Trieste Natale Argirò
dicendogli di avere «trovato» nella realtà il commissario
Montalbano. Ma cosa ha mai fatto Mario Bò, 43 anni, pisano ma ormai
palermitano d´adozione, già capo della speciale squadra Falcone
e Borsellino voluta da Arnaldo La Barbera per indagare sulle stragi di
Capaci e via D´Amelio, per meritarsi tanto riconoscimento popolare?
Nulla di speciale, probabilmente, da un punto di vista professionale
(se si considera che a monte di questa lettera c´è un banale
furto in appartamento), molto dal punto di vista del cittadino vittima
di un reato che si è visto risolvere il suo problema e trattare
con rispetto.
«Bè, non può che farmi piacere - commenta imbarazzato
Mario Bò - . Evidentemente il personaggio assolutamente siciliano
del commissario Montalbano, rassicurante e vicino al cittadino, ha fatto
breccia anche al nord dove si dice che la gente ha sentimenti di apparente
freddezza. In realtà, invece, è molto solidale con le istituzioni.
Non siamo certo eroi, cerchiamo solo di realizzare con il cuore quel concetto
di polizia di prossimità, di svolgere un servizio al fianco del
cittadino nei momenti di difficoltà».
A scrivere al questore di Trieste è stata la signora Graziella
Bloccari. «Sono una fan di Andrea Camilleri nonché della versione
televisiva del commissario Montalbano, il personaggio che ha creato. Mi
piace quella spontaneità, quella semplicità che cela una
tenacia e uno spirito di abnegazione non credibile ai giorni nostri. Gesti
quotidiani vissuti né come dovere e neanche con l´enfasi di
una missione, ma così semplicemente, perché è giusto.
Montalbano era il mio eroe fino all´altro ieri, finto, costruito
e creato per spettacolo. Introvabile credevo. Signor questore, Montalbano
è finto perché gli eroi veri sono i suoi uomini. Sono qui
in carne e ossa ma con le stesse caratteristiche e qualità di quelli
finti. Lavorano più ore di quante ne abbia l´orologio, senza
guardarlo, senza pensare al pranzo, ai figli, alla moglie. Non ho conosciuto
tutti i loro nomi, ma non serve perché sono una squadra. Raramente
ho avvertito un coordinamento così, un "uno per tutti e tutti per
uno"».
Alessandra Ziniti
fnac.com
Le roi Zosimo
Andrea Camilleri, Editions Fayard
S'inspirant d'un épisode bien réel de l'histoire de la
cité sicilienne d'Agrigente, Andrea Camilleri offre un roman saisissant
d'ingéniosité linguistique et littéraire.
En résumé
Tout commence au mois de juin 1994, à Rome. Andrea Camilleri
découvre dans un petit livre déniché au hasard de
ses pérégrinations un épisode relatif à l'histoire
de la ville d'Agrigente. En 1718, époque à laquelle la cité
sicilienne s'appelle encore Girgenti, le peuple parvient à neutraliser
la garnison des Savoie. Les insurgés prennent le contrôle
de la ville, désarment les nobles, exécutent un certain nombre
de dirigeants, réorganisent le pouvoir politique et portent sur
le trône leur chef Zosimo, paysan de son état. L'absence de
tout programme politique permet au capitaine Pietro Montaperto de reprendre
rapidement le contrôle de la cité…
À partir de cet événement bien réel, Andrea
Camilleri, natif d'une petite ville située à quelques kilomètres
d'Agrigente, mène son enquête sur le personnage énigmatique
de Zosimo et décide d'écrire sa biographie « en inventant
». Il en résulte un récit truculent, troussé
avec verve et mené avec la subtilité coutumière de
l'auteur. Riche d'une multiplicité de registres linguistiques, le
langage camillerien atteint ici sa plus grande perfection. Pour mettre
en avant le décalage du texte original entre l'italien et le dialecte
sicilien, la traductrice Dominique Vittoz, dont il convient de souligner
l’imposant travail, a eu recours au français ancien et au parler
franco-provençal de la région rhodanienne. Chef-d’œuvre d’écriture,
Le Roi Zosimo est à ce jour l’un des romans les plus aboutis de
son auteur.
À noter qu’au diapason de l'édition italienne, qui propose
un lexique sicilien en fin d’ouvrage, on trouve ici un glossaire de français
ancien et de français régional de Lyon.
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