RASSEGNA STAMPA
NOVEMBRE 2004
La Sicilia, 1.11.2004
Quanti ricordi nel meraviglioso mare di Porto Empedocle
Ha scritto qualcuno (forse William Saroyan) che «gli uomini passano
ma le immagini, le fotografie, restano, custodi della memoria e delle emozioni».
Alcune vecchie fotografie in bianco e nero, saltate fuori non si sa
come dal «baule dei ricordi» ci riportano improvvisamente indietro
nel tempo, di cinquant'anni, forse anche di più, quando i lidi di
Porto Empedocle erano ancora molto in auge e un giovane di nome Andrea
Camilleri, poi diventato «il principe degli scrittori italiani»
si dava un gran da fare con la sua combriccola, a sbirciare dai buchi,
praticati nottetempo nei capanni sulla spiaggia, i movimenti di qualche
giovane signora in sottoveste o in castigatissimo costume da bagno.
Era l'autunno del 1945, la guerra stava ormai per finire e, per tanti
giovani, era tornata la voglia di vivere una nuova stagione della propria
esistenza.
Il Lido Nettuno era la meta preferita da quella allegra gioventù
che, decisamente a corto di denaro, affittava i costumi da bagno per l'intera
giornata, trascorrendo al mare, tra tuffi a mare, scherzi goliardici e
serate musicali, momenti indimenticabili.
A rievocare quei tempi, si emoziona non poco lo scrittore Alfonso Gaglio
che, con i suoi 81 anni sulle spalle, precede di un anno esatto l'amico
Andrea Camilleri che invece compirà ottant'anni giusto tra qualche
mese, ma nel nuovo anno.
«La cosa curiosa - racconta lo scrittore Gaglio- era veder fare
il bagno alle monache del collegio. Il proprietario dei bagni Nettuno,
che era mio zio, Libertino Alajmo, per evitare che occhi indiscreti potessero
vedere le suore con le gambe scoperte, consentiva alle religiose di immergersi
e di fare il bagno nascoste sotto il chiosco, tra i pali che reggevano
la palafitta, sopra la quale noi stavamo in ozio».
Pratica del tempo imponeva che al mare gli uomini indossassero costumi
dalla vita altissima, «tipo Fantozzi» per intenderci, e le
donne si presentassero in spiaggia completamente vestite con gonne leggere
e svolazzanti, foulard e cappellini a falde larghissime per difendersi
dalla «ferocia» dei raggi solari nelle ore più calde
della giornata.
«Negli stabilimenti balneari - spiega ancora Alfonso Gaglio -
c'era la separazione obbligatoria degli spogliatoi: gli uomini rigorosamente
da un lato e le donne dall'altro. Guai a transitare da un reparto all'altro!
Subito si levava il coro di protesta delle madri, scandalizzate dalla presenza
dei «bellimbusti» che minavano l'integrità morale delle
loro figliole!».
Ai lidi, una delle prime donne ad indossare il costume a due pezzi,
all'inizio degli anni Sessanta, fu la coraggiosa Gabriella Curella, (una
diciottenne della buona borghesia reduce dal concorso di bellezza «Miss
Falconara») tra i rimbotti della madre e le preoccupazioni del padre
banchiere.
All'epoca una donna in spiaggia in costume a due pezzi faceva clamore
e poteva essere motivo di scandalo e non solo sulle spiagge agrigentine,
ma anche in altre spiagge italiane. Se aggiungiamo poi, che qualche anno
dopo sempre Gabriella Curella, grazie al sostegno dell'ammiraglio Sciangula,
riuscì perfino, prima donna nell'agrigentino, a superare gli esami
e a ottenere la patente nautica, è detto tutto sul carisma di questa
donna.
«I primi tempi mi vergognavo un po' - confessa oggi la Curella
- e tentavo di coprirmi con il prendisole. Poi altre ragazze seguirono
la moda e quindi non mi trovai più sola, in spiaggia, ma con altre
giovani donne in due pezzi e allora mi feci coraggio, tutto divenne decisamente
più facile!».
«In spiaggia - ricorda Gaglio - scrivevo i testi delle mie commedie
teatrali, quelle che mettevamo poi in scena con la Compagnia dei Filodrammatici
per la regia di Andrea Camilleri, ma per la verità in quei momenti
si pensava poco al teatro e molto a corteggiare le giovanette. In questa
nobile arte debbo dire che il più bravo di tutti noi era proprio
Camilleri che s'impegnava a fondo, dando il meglio di se stesso. Poi la
sera, al lido, c'era «l'ora del dilettante», quella in cui
spopolava un tale di nome Eugenio Sardini, in arte «Paolo Dini»,
che cantava la storia dell'innamorato timido «Mammucciu pi vediviri
passari…», accompagnato al pianoforte da qualche bravo maestro della
marina. Ma un po' tutti si esibivano chi col canto chi con strumenti vari
tra cui lo zufolo».
Forse è proprio da questi ricordi che è nato il racconto
letterario di Alfonso Gaglio «Il ragazzo che suonava al mare»,
uno dei dodici che compongono la raccolta dei «Racconti di mare»
che sarà pubblicato prossimamente e che è stato finalista
settimane or sono, alla rassegna nazionale di Riposto.
In un altro «scatto ritrovato», effettuato durante l'estate
del 1947 durante una gita al mare sulle marne bianche, ecco in posa tutto
il gruppo dei Filodrammatici con Andrea Camilleri in piedi attorniato dalle
graziose signorine Troja e da Alfonso Gaglio, quest'ultimo abbracciato
ad Angela Catalano, una delle attrici della Compagnia che diventerà
successivamente sua moglie.
A quel tempo le balere alla moda erano molte: oggi c'è ancora
chi ricorda, ad esempio, «La barcaccia» oppure «Il Tritone»
e naturalmente il «Lido Nettuno», sulla via omonima. Locali
però, che contrastarono inutilmente la notorietà della «Focetta»
di San Leone, un ritrovo all'aperto sorto nel punto in cui il fiume si
getta nel mare di Maddalusa e sempre frequentato dal «bel mondo»
non solo della nostra provincia.
Ricordi sfumati, se non cancellati del tutto, dall'incalzare del tempo
e degli eventi. Adesso di quasi tutti quegli stabilimenti balneari empedoclini
non c'è più traccia così come di quel gruppo di giovani
degli anni Venti sono rimasti in pochi, non più di tre o quattro:
quelli che Andrea Camilleri solitamente chiama «i sopravvissuti di
un'epoca».
Nonostante gli anni trascorsi, Alfonso Gaglio non ha però perso
il «vizio» di scrivere; solo che adesso non lo fa più
ai lidi, come avveniva da giovane, ma preferisce scrivere seduto ai tavoli
di qualche Caffè del corso. L'ultima sua produzione si intitola
«Il gioco è libero» ed è una parodia che prende
spunto da «Il gioco delle parti» di Pirandello.
«In fondo - conclude lo scrittore Gaglio con un pizzico di nostalgia
- passato e presente fanno sempre parte di un unico gioco: il gioco della
vita!».
L'album si chiude, ma moltissime foto rimangono conservate, forse in
un'altra occasione torneranno di attualità con altre storie, altri
ricordi, altre malinconiche giornate.
Lorenzo Rosso
La Sicilia, 2.11.2004
Atletico Agrigento
Niente Esseneto. La società cambia denominazione in Vigata
E dopo il bar, il negozio di ottica e un intero paese anche una squadra
di calcio femminile associa il proprio nome alla Vigata di Andrea Camilleri.
Non una squadra qualsiasi o alle prime armi. Da qualche mese quella che
fu la gloriosa, Atletico Agrigento è stata costretta per cause di
forza maggiore a cambiare denominazione. Non riuscendo a giocare per problemi
logistici sullo spelacchiato prato dell'Esseneto della città dei
templi, il sodalizio del presidente e allenatore, Nicolò Carubia
ha deciso di sbaraccare dal capoluogo dopo avere portato il calcio in rosa
alle vette della serie B nazionale, con successi anche nella Coppa Italia
di categoria. Niente di più e niente di meno rispetto a quanto accaduto
nell'ormai nota vicenda che vede nella veste di protagonista il presidente
dell'Agrigento Calcio, Peppe Di Rosa «esiliato» ad Aragona.
Ad accogliere a braccia aperte la società calcistica femminile è
stata la vicina Porto Empedocle - Vigata, il cui sindaco, Paolo Ferrara
non ci ha pensato su due volte autorizzandola a utilizzare lo stadio e
le strutture a esso annesse. Ed ecco che in segno di riconoscenza, il presidente
Carubia ha deciso di chiamare la sua squadra Vigata.
Più che una scelta puramente notarile o burocratica si tratta
di un evento mediatico i cui risvolti potrebbero essere straordinari, visto
che la notizia della nascita del Vigata Calcio è giunta alle orecchie
del padre del commissario Montalbano. Quest'anno l'undici biancazzurro
partecipa al campionato nazionale di serie C e ha esordito un paio di giorni
fa battendo di misura il Cammarata. Le giocatrici agli ordini del mister
Carubia sono originarie di Santa Elisabetta, Palma di Montechiaro, Caltanissetta
e, ovviamente Porto Empedocle. In tutto 19 calciatrici che sulla terra
rossa dello stadio empedoclino mirano a far conoscere una Vigata diversa
da quella creata e raccontata da Andrea Camilleri, il quale in un futuro
forse non lontano potrebbe assumere i gradi di presidente onorario del
club. Camilleri come Berlusconi? Forse, ma «u zu Andrea» probabilmente
non gradirà molto questo accostamento.
Francesco Di Mare
Stilos, 2.11.2004
Charitos redivivo, si occupa di suicidi
Il commissario fratello di Montalbano, Carvalho e Montale,amante della
cucina, sopravvive al ferimento e indaga su una strana serie di decessi
dietro i quali, ancora un volta, si agitano i mostri del potere
[...]
Visto che è un amante del genere e un esperto, pensa che
si possa parlare di un noir mediterraneo in opposizione al noir dei Paesi
del nord Europa o ai polizieschi inglesi?
Certamente sì, e la prima cosa che distingue i noir mediterranei
è la passione per la buona cucina: Pepe Carvalho ama cucinare, Montalbano
di Camilleri conosce tutte le migliori trattorie, il rapporto di Kosta
Charitos con la moglie è basato sulla cucina, il Montale di Izzo
sembra sia diverso, ma nei noir di Izzo c'è il profumo del pesce
di Marsiglia che aleggia ovunque. Tutti questi personaggi hanno la "sindrome
della madre": vengono da famiglie in cui la madre stava ancora a casa a
cucinare. La verità è che è tutta colpa dell'emancipazione
della donna, che ha distrutto la buona cucina. Prendiamo il commissario
Wallander di Mankell: mi spiace per lui che non sa neppure che cosa mangia,
al massimo un sandwich, ma in Svezia l'emancipazione della donna è
arrivata prima. E poi, seconda cosa, il crimine in Italia, Spagna, Grecia,
fa parte della realtà, ma non è brutale. In Mankell, o in
Nesser, il crimine fa parte della psicologia delle persone, è brutale
perché questa gente ha abolito la tortura, ma gli assassini torturano
le vittime. C'è un approccio diverso al delitto. In Inghilterra
è successa un po' la stessa cosa, siamo passati dalla grande tradizione
del giallo inglese con un enigma da risolvere a quello più violento
e brutale di Ian Rankin.
[...]
M. Piccone
Giornale di Sicilia, 3.11.2004
Intervista a Salvatore Nigro, "prefatore" dei romanzi dello scrittore
Quel falsario chiamato Camilleri
Dopo il primo Meridiano Mondadori dedicato alle “Storie di Montalbano”
di Andrea Camilleri (con introduzione dello studioso di Pirandello Nino
Borsellino) pubblicato nel 2002, ecco il secondo, appena arrivato in libreria,
che pubblica “Romanzi storici e civili del prolifico scrittore siciliano.
È la legittimazione definitiva, il riconoscimento che non si
può ignorare per l'autore che ha inventato le località di
Vigàta e di Montelusa?
Nel 1978 Camilleri aveva pubblicato con l'editore Lalli di Poggibonsi
“Il corso delle cose” e due anni dopo “Un filo di fumo” con Garzanti, ma
pochi si erano accorti dello scrittore. I lettori e la critica cominciarono
a conoscere Camilleri dopo che la casa editrice Sellerio diede alle stampe,
nel 1997, “Un filo di fumo” e l'anno seguente “Il corso delle cose” [sic!,
NdCFC]. Negli anni successivi la galoppata dello scrittore è
stata inarrestabile: Camilleri è stato in testa alle classifiche
dei libri più venduti per molto tempo, è stato largamente
tradotto, ha suscitato interventi critici quasi sempre benevoli partiti
dal presupposto che «i libri di Camilleri divertono il lettore».
Non sono mancate critiche negative autorevoli. Stefano Giovanardi su La
Repubblica del 14 novembre 2000 ha scritto che la sua è «l'umiltà
del buon artigiano» e non è riuscito a digerire «la
lingua da macchietta» usata dallo scrittore, la sua invenzione linguistica
che fa dire a una schiera di lettori: «Dopo poche pagine non riesco
a continuare nella lettura dei suoi romanzi perché mi infastidisce
il siciliano maccheronico e impertinente di Camilleri».
Ma è così? Come mai allora un grande editore italiano
investe grandi somme per pubblicare Meridiani con migliaia di pagine? Ne
parliamo con Salvatore Silvano Nigro, letterato raffinato e docente universitario
in Italia e negli Stati Uniti che per la casa editrice di Elvira Sellerio
ha redatto le prefazioni agli ultimi romanzi di Camilleri, ed ora ha curato
la pubblicazione di “Romanzi storici e civili” premettendo un acutissimo
e gustoso saggio introduttivo.
Nigro parte dal presupposto che Andrea Camilleri è un «falsario»
perché costruisce i suoi romanzi affidandosi soprattutto alla sua
fantasia e per questo, nel suo saggio, lo paragona al falsario abate Vella
che a fine Settecento confezionò, inventandolo, il suo «Consiglio
d'Egitto». Ma Salvatore Silvano Nigro fa di più: scopre gli
altarini di Camilleri e pubblica i documenti falsi della sua officina segreta,
quelli che lo scrittore confezionò per farne base del suo romanzo
“Il re di Girgenti”.
Che tipo di consacrazione dà quest'ultimo Meridiano a Camilleri?
«In qualche modo fa di Camilleri un classico dei Novecento, anche
se è un classico vivente. Quando uno scrittore approda ai Meridiani
è come se avesse chiuso la sua attività, mentre da quando
io ho lavorato al Meridiano - un intero anno - lui ha scritto altri tre
romanzi e pare che altri due siano in dirittura di arrivo. Questo significa
che Camilleri non si lascia incapsulare dentro il monumento e continua
a essere uno scrittore attivo, a tutti gli effetti, nonostante sia stato
annoverato tra i classici. Il suo nuovo romanzo, “La pazienza del ragno”,
appena uscito da Sellerio, è straordinario perché l'autore
continua a dipanare la storia di Montalbano, lo fa invecchiare, lo rende
malinconico. E dentro questa malinconia lo fa meditare sulla legittimità
dell'odio. Una idea geniale».
Vorrei insistere: Camilleri è un classico o un fenomeno?
«È un classico e un fenomeno: una contraddizione, se si
vuole, perché da una parte è un fenomeno, ma dall'altra parte
è un fenomeno che ha. grandi qualità letterarie. In genere
non si riconosce valore letterario ai fenomeni e lo sforzo che ho fatto
è stato quello di dimostrare la letterarietà della sua scrittura.
Insomma, Camilleri è un fenomeno, ma è anche un grande scrittore.
È uno scrittore che appartiene alla stirpe dei Dumas, tanto per
fare un paragone, agli scrittori che riuscivano a conciliare la qualità
con la quantità».
Una immaginazione creativa straordinaria, certo, ma anche una confusione
tra serio e faceto...
«Camilleri è uno scrittore che ha molta autoironia. In
genere molti hanno ironia, ma non autoironia: lui ha entrambe le qualità.
È uno scrittore che, alla fine, come accade ai grandi scrittori,
non si prende troppo sul serio. Gli apocrifi che ho pubblicato nel Meridiano,
voglio dire i documenti falsi che Camilleri ha costruito, sono gustosissimi.
Insomma Camilleri come l'abate Vella. E pensare che Camilleri si chiamava
il segretario dell'impostore Vella».
Che valore dare ai romanzi storici e civili rispetto alle storie
di Montabano?
«Direi che i romanzi storici e civili nascono da un impegno letterario
maggiore. Il suo modello, alla fine, è Manzoni. Camilleri è
forse l'ultimo grande emulo di Manzoni che, a sua volta, anche lui era
un falsario. Si inventa un anonimo del Seicento e produce un documento
che è un falso. La famosa pagina iniziale dei “Promessi sposi” è
un apocrifo. In fondo, è vero che Camilleri si rifà all'abate
Vella, ma l'abate Vella lo aggiorna sul Manzoni. Infatti i suoi romanzi
storici e civili sono pieni di riferimenti manzoniani».
Qual è la forza di penetrazione tra i lettori della lingua
inventata di Camilleri?
«L'equivoco è questo: che Camilleri scriva in dialetto
siciliano. In effetti la sua è una lingua inventata. Nella mia prefazione
dico che questo dialetto confina con il dialetto come la lingua di Vella
confina con l'arabo. Cioè: è una lingua di invenzione. Come
tutti i grandi scrittori se ne è inventata una. La cosa curiosa
è che questa lingua di invenzione è entrata nell'uso comune.
A Milano si sente la gente dire talìa, talìa. Chiaramente
questa lingua inventata rinnova il dialetto e lo rende, non più
dialetto, ma una lingua di intrattenimento».
Giuseppe Quatriglio
La Repubblica
(ed. di Palermo), 3.11.2004
Scrittori a sessant'anni Seminerio rinnova la tradizione
Dopo i casi di Bufalino e Camilleri, Sellerio pubblica il libro di
un insegnante di Caltagirone che promette di diventare un fenomeno editoriale
Wolfgang Goethe non aveva dubbi: scrittori veri, disse una volta, si
diventa a sessant´anni. E questa ferma convinzione, per gran parte
dei narratori e poeti siciliani è diventata una sorta inevitabile
destino. Gli esempi sono davvero tanti: dal questore palermitano Antonio
Pizzuto, autore di Signorina Rosina, a Tomasi di Lampedusa, addirittura
esordiente postumo; da Lucio Piccolo, che pubblica i suoi primi versi a
cinquantacinque anni, ad Angelo Fiore, anch´egli esordiente a cinquant´anni
suonati. Ma ci sono pure Stefano D´Arrigo, che dà alle stampe
il suo capolavoro a cinquantotto anni, e Gesualdo Bufalino, sessantunenne
quando tira fuori dal cassetto “Diceria dell´untore”. Per non parlare
poi di Andrea Camilleri, che ha conosciuto il successo di pubblico a partire
dagli anni Ottanta, e ancora di Domenico Cacopardo, anch´egli esordiente
tardivo. Vige, per quanto riguarda le carte degli scrittori siciliani,
una sorta di antilolitismo letterario: il debutto o addirittura il successo
a un´età inconsueta comporta un´attesa prolungata e
quindi una meditazione che, a un tratto, danno la loro superba fioritura.
Un´ulteriore conferma di questa curiosa tendenza ci viene oggi
da Domenico Seminerio, insegnante di Lettere in un liceo di Caltagirone,
che esordisce a sessant´anni col romanzo intitolato “Senza re né
regno”, da domani in libreria per i tipi della Sellerio. Docente di provincia,
dunque, e per giunta sessantenne: due ingredienti, questi, che rimandano
a un altro caso editoriale siciliano, tenuto a battesimo dalla stessa casa
editrice. Stiamo parlando di Gesualdo Bufalino, stanato da Elvira Sellerio
e da Leonardo Sciascia nel suo rifugio comisano.
Ma cerchiamo di mettere a fuoco il romanzo di esordio di Seminerio,
un libro che ha tutte la carte in regola per diventare il caso editoriale
dell´anno, almeno in Sicilia. Cominciamo dal titolo: "Senza re né
regno" è un modo di dire tipicamente isolano, col quale si indica
una situazione di totale anarchia. Un´ingovernabilità esteriore,
legata al particolare momento storico che la Sicilia vive all´indomani
della lotta separatista e della concessione dello statuto di regione autonoma:
«Confusione. Compromessi. Accordi sottobanco», si legge all´inizio
del romanzo. Ma Seminerio racconta anche una situazione di caos interiore,
della coscienza del protagonista della storia, Stefano, detto il Posporo,
ossia il fiammifero, a causa della sua testa calda, della sua intemperanza.
Iscritto al Mis, il Movimento indipendentista siciliano, militante nell´Evis,
l´Esercito volontario indipendentista siciliano, Stefano, dopo la
battaglia di San Mauro, è costretto all´esilio in un paesino
dell´Emilia. «Tutti uomini erano, giusto? - scrive l´autore
in un passo che richiama la classificazione sciasciana degli "omini, ominicchi
e quaraquaqua" - E allora mi dovevo convincere che tutti gli uomini a tre
categorie appartenevano. Li chiamassi come volevo, ladri, corruttori, concessori,
ruffiani, profittatori, cornuti, depravati e via discorrendo, ma in ultimo
in ultimo si potevano ridurre tutti a tre sole categorie fondamentali».
E cioè: «i corruttibili, i ricattabili e male che andasse
tutti mortali erano». Stefano appartiene, suo malgrado, alla seconda
categoria, quella dei ricattabili. E a ricordarglielo è Nunzio il
diavolo, un confinato, che sa bene come lusingare, irretire, incastrare
il prossimo. Stefano ritorna in Sicilia, e lì ad attenderlo c´è
don Giacomo, che lo sceglie, facendone un mafioso e invischiandolo in un
imbroglio elettorale degno di Grisham.
Seminerio, dunque, nel suo ottimo romanzo non fa che raccontare un´educazione
sentimentale votata alla degradazione e all´abiezione. Egli sa bene
come dispiegare una materia narrativa torbida, in cui trova posto anche
una mafia omosessuale. C´è poi in “Senza re né regno”
uno stile, che fa di Seminerio uno scrittore vero, capace di abolire i
dialoghi, e di usare con disinvoltura l´indiretto libero di verghiana
memoria. La sua è una Sicilia di delitti efferati e di misfatti
impuniti, dove tuttavia l´amore, come quello che Stefano prova per
Giulia, può inaspettatamente indurre alla catarsi.
Salvatore Ferlita
Gazzetta di Parma,
5.11.2004
Quando Montalbano non era ancora nato
Quando uscí, nel 2002, il primo Meridiano Mondadori dedicato
alle Storie di Montalbano di Andrea Camilleri, non nascondemmo certamente
le nostre perplessità di carattere critico. Umanamente ed editorialmente,
l'operazione poteva essere giustificata. Meno giustificata appariva, invece,
dal punto di vista nostro, cioè come prodotto che voleva imporre
un certo grado di classicità a tali libri e al loro autore. Già
un grandissimo numero di lettori aveva decretato ai singoli romanzi narranti
le gesta del famoso commissario un'improvvisa e plaudente popolari. Pensavamo,
quindi, che ciò bastasse. Ma oggi, davanti al secondo Meridiano
appena pubblicato, con altrettanta sincerità dobbiamo ammettere
che Andrea Camilleri una sua spontanea e profonda natura classica la possiede
davvero, e che i Romanzi storici e civili costituiscono, come sostiene
Salvatore Silvano Nigro nella sua lunga introduzione, «romanzi che
la beffa della storia verificata anche nei guasti di mentalità prodotti
nel villaggio, spettacolarizza nella controbeffa in parodia del narratore».
Camilleri ama quanto gli viene spontaneo raccontare, gusta e pregusta il
proprio racconto, s'ingolosisce partorendolo e lo fissa poi sulla pagina
con la malizia propria dell'affabulatore che si meraviglia lui stesso di
quanto sta ammannendo allo stupito ascoltatore. Questo Meridiano ne è
una magnifica prova. Esso raccoglie i nove romanzi di ispirazione storica
e civile scritti da Camilleri e ambientati - tranne la Presa di Macallè
che si svolge in epoca fascista - in Sicilia, tra la fine del Seicento
e l'Ottocento: Un filo di fumo è dell'80, La strage dimenticata
è dell'84, La stagione della caccia è del '92, La bolla di
componenda del '93, Il birraio di Preston del '95, La concessione del telefono
del '98, La mossa del cavallo del '99, Il re di Girgenti del 2001 e La
presa di Macallè del 2003. In un breve arco di tempo, dunque, Camilleri
è venuto producendo uno sforzo narrativo d'incredibile operosità
che gli ha consentito d'imporsi come uno dei romanzieri nostri più
prolifici e più amorosamente tentati dal fascino della parola che
in lui diventa pullulante e dilagante finzione, evocazione, allusione,
parodia, grondante barocco sentimentale, limpida poesia di sentimenti e,
infine, faccia dalle mille facce disposte lungo il corso della storia come
tante stazioni di una grande avventura umana. Sotto queste prerogative
e questi slanci, però, fluisce un altro magma. E' il segno di quella
lunga frequentazione teatrale che Camilleri può offrire come maschera
della propria vita di regista, di sceneggiatore, di commediografo e insomma,
e prima di tutto, di uomo di teatro che proprio nel teatro trasferisce
il gusto della curiosa doppiezza del narrare, e nella narrazione l'insondabile
finzione delle azioni dei personaggi che sulla scena sono se stessi e sempre
qualcun altro. Per sistemare le une e le altre tante sue cose, Camilleri
ha inventato un luogo, Vigàta, dove il suo teatro è collocato
divenendovi «un grandissimo gioco, di vita o di morte, ma un gioco,
come la roulette russa». E i romanzi accompagnano e, in certa maniera
certificano, la realtà di questo luogo. Che è poi la Sicilia,
e l'Italia e il mondo intero visti e romanzati come una immensa carta geografica
che gira attorno alla Terra e che da qualunque punto tu la osservi è
sempre uguale a se stessa, nido di vizi, di collere, di vendette, di gioie
e di afflizioni da prendere con le pinze della celia tra l'ironia bonaria
ma eticamente nervosa di un Manzoni e l'eroicomicità popolaresca
di un Meo Patacca. Si veda, ad esempio, la Cronologia curata da Antonio
Franchini: è un vero e proprio romanzo autobiografico, il personaggio
Andrea vi tiene la scena con intatta forza di rappresentazione, segue il
destino senza subirlo ma, se lo subisce, subito se ne riscatta e una certa
misteriosa fortuna l'aiuta, lo sorregge, lo fa capitombolare e rialzare
più vispo che pria. Dall'autore ai personaggi il passo è
minimo. Facendo giustamente un uso ben mirato del dialetto siciliano, Camilleri
inventa tutta la propria realtà in un fluire di fatti, accorgimenti
e situazioni che scivolano dentro il fiume del tempo, come osserva Salvatore
S. Nigro più volte, sino dal primo capitolo de La bolla di componenda
- che è forse il suo romanzo simbolo, quello dove il rischio della
confessione s'intreccia indissolubilmente con l'abilità diversiva
della narrazione pura: «E' un mio difetto questo di considerare la
scrittura allo stesso modo del parlare...». Allora, ecco la necessità
della «componenda», cioè di quella forma di compromesso,
o transazione o accordo, che si assume fra amici per riavere almeno parte
di quanto era stato rubato. Questa spiegazione «mafiosa» entra
prepotentemente nei romanzi di Camilleri come una specie di gioco e ne
diventa il meccanismo principale là dove esso meccanismo si maschera
poi di ricerche d'archivio, di documenti svelati, di simulazioni, di fonti
apocrife e di smaliziate finzioni che sono il sapore dei fatti, la carnalità
dei personaggi e delle loro voci, e il vasto universo del romanzo, per
merito del quale anche il gesto più insignificante insegna qualcosa,
diventa carne e sangue di persone tirate fuori dalla polvere degli anni
e messe lì, in teatro, a dar conto di sé per un guizzo di
vita e di stile letterario nuovo nella tradizione della nostra migliore
narrativa storica ed civile.
Giuseppe Marchetti
TV7, 5.11.2004
Duello finale
Intervista ad Andrea Camilleri
Più o meno intorno alla mezzanotte, appisolato in orizzontale
sul divano preposto alle visioni del tubo (catodico), la sigla di Franco
Piersanti mi investe che neanche una doccia fredda.
"Possibile che in ML mi sia sfuggito?" si domanda il mio io cosciente,
asciugandosi.
"Sì, come al solito!" risponde il mio senso di colpa, bello
asciutto e saccente come al solito, quello scassamar... (omissis).
Per farla breve, assisto ai pochi minuti finali di una trasmissione
già iniziata chissà da quando, mannaggia!
Le risposte in primo piano del Sommo si alternano a sequenze in cui
Montalbano fa muovere Zingaretti: si aggira nel suo ufficio ricostruito
sul set, nuota, corre, spacca i vetri della casa costruita sul terreno
dell'olivo saraceno.
L'intervistatore (mai inquadrato, la voce mi pare quella di Vincenzo
Mollica) indaga sul destino di Montalbano.
"Ancora due, tre romanzi?".
Due, tre, quattro... Il Sommo sembra possibilista.
"Di sicuro la fine sarà una partita a due, giocata fra il Commissario
e il suo Autore".
Sigla finale della trasmissione.
Segnalazione di Franco
Il Quotidiano, 5.11.2004
Calendari 2005
Un maresciallo di Camilleri nei dodici mesi dei Carabinieri
Roma - Dopo i romanzi del commissario Montalbano, Andrea Camilleri approda all'Arma dei Carabinieri: sono infatti le vicende di un maresciallo della Benemerita il tema del racconto dello scrittore che comparirà sul calendario 2005 dei Carabinieri.
[...]
Arcoiris TV - Nessuno
TV, 5.11.2004
A schiena dritta
Videointervista a Simonetta Agnello Hornby
Com'è brava e misurata Simonetta Agnello Hornby.
L'ho vista prima che in questa intervista ad Alassio in occasione della
presentazione del suo libro e grande successo "La mennulara".
E' stato un incontro bellissimo e profondo com'è profonda lei
nelle sue esposizioni.
E' avvocato dei minori oltre che scrittrice sopraffina e sente molto
il compito si capisce dal modo come ne parla.
Parla ovviamente anche del suo ultimo libro "La zia marchesa", e della
Sicilia la sua terra di origine e degli stereotipi che si usano per descriverla
cita per esempio "Il gattopardo".
Ha fatto nel libro un risarcimento per la zia marchesa descritta male
e in modo negativo da Pirandello in una sua novella.
Staresti ore a sentirla parlare a ruota libera anche senza canovaccio
è una donna molto colta e forbita.
Si sente che pur stando all'estero è molto legata all'Italia
e ama il nostro paese; confessa di non andare al cinema e non seguire la
tv se ne dispiace ma non riesce a fare tutto.
Non ha un’opinione sul cappotto fatto dalla Casa della libertà
alle ultime elezioni politiche e di questo non gliene facciamo una colpa
anzi.
Fa un ritratto con amore assoluto di Camilleri che legge in toto e
lo elogia nella sua scrittura in modo spassionato.
Non possiamo che essere fieri di avere connazionali di questo livello.
Andrea Costigliolo
La Repubblica
(ed. di Palermo), 6.11.2004
Escono le traduzioni delle ultime opere dei romanzieri di casa nostra:
l´Isola diventa un piccolo business da esportazione
Bonjour Sicilia
Scrittori alla conquista d´Europa: i loro libri piacciono agli
stranieri
Chissà che effetto sortiranno, una volta tradotti in olandese,
i dialoghi fortemente allusivi e tipicamente siciliani tra Cosimo, protagonista
dell´ultimo romanzo di Roberto Alajmo, e la madre? Che fine faranno
i sottintesi, le sottili venature dialettali delle pagine di Cuore di madre?
Di questo e di altro ancora si parlerà questa mattina in un museo
di Amsterdam, in occasione della presentazione della traduzione in olandese
dell´ultimo romanzo di Roberto Alajmo. «Quando ho saputo di
questa iniziativa - spiega l´autore di Repertorio dei pazzi - ho
subito fatto appello alle uniche parole olandesi che conoscevo: "Van der
Meyde". Sì, l´ala destra di dubbia efficacia dell´Inter.
Scherzi a parte, la cosa mi ha fatto piacere: l´Olanda è un
piccolo Paese in cui però pare che tutti leggano, a differenza di
quanto accade dalle nostre parti». Sulla copertina dell´edizione
straniera del noir di Alajmo, c´è scritto "Romanzo siciliano".
Il fatto è che la Sicilia è diventata una sorta di marchio
di qualità, quasi un sigillo di garanzia, anche per gli editori
stranieri. «All´estero - conferma Alajmo - è sempre
più forte la voglia di conoscere la nostra terra, i suoi eccessi,
i suoi colori».
Una voglia che conquista una buona fetta d´Europa, dal momento
che tra breve usciranno le traduzioni in francese di Sgobbo, l´ultimo
romanzo di Giosuè Calaciura, e del Soffio della valanga di Santo
Piazzese. Di quest´ultimo poi dovrebbe già essere in uscita
in Brasile I delitti di via Medina-Sidonia. In Germania, invece, si avrà
quanto prima la possibilità di imbattersi nella traduzione di Yesterday
di Gian Mauro Costa e della Linea della palma, il libro-intervista di Saverio
Lodato ad Andrea Camilleri.
«La traduzione in francese del mio romanzo - racconta Calaciura
- dovrebbe uscire in primavera. Si intitolerà Passes noir, cioè
passaggi neri. Le mie aspettative sono ottime, visto che la traduttrice
è di grandissima competenza. Da lei ho saputo che sta puntando moltissimo
sul ritmo, sul vortice della parola: aspetti, questi, che sono i pilastri
della mia cifra stilistica». L´ultimo romanzo di Piazzese questa
volta uscirà in Francia per i tipi di Seuil, nella collana letteraria:
un ulteriore salto di qualità per un autore le cui prime due opere
sono state già tradotte in tedesco e in francese.
Per quanto riguarda poi la versione tedesca di Yesterday, ecco cosa
dice la consulente editoriale e traduttrice Costanza Krings, che ha segnalato
il romanzo d´esordio di Costa alla casa editrice di Monaco Schirmer-Graf:
«Di Yesterday mi ha subito colpito l´ambientazione, il filo
giallo che lega le vicende raccontate e i riferimenti al movimento italiano
del ´68, molto simile a quello tedesco. In Germania c´è
una grossa attenzione nei confronti della realtà siciliana e, di
conseguenza, della produzione letteraria isolana. Basti pensare a Santo
Piazzese, autore molto amato dal pubblico. La verità è che
i tedeschi hanno della Sicilia un´idea particolare, legata al colore,
al fascino, al folklore. Quest´isola, dove io ormai vivo, è
la parte dell´Italia più lontana, molto a Sud. Insomma, una
terra esotica che stimola molto la fantasia. E tutto questo, anche grazie
al successo che ha recentemente riscosso Simonetta Agnello Hornby, con
La mennulara. Certo, Alajmo, Calaciura, Piazzese con le loro opere rispecchiano
una realtà più vera, più vicina alla situazione attuale.
Ma si deve anche vendere, lo sappiamo. Riguardo poi al romanzo di Gian
Mauro Costa, c´è di mezzo pure il genere poliziesco, che rappresenta
un importante viatico al fine di traghettare con successo un libro all´estero».
C´è gloria all´estero anche per l´ex sindaco
Leoluca Orlando che la prossima settimana presenterà in provincia
di Bolzano due suoi libri usciti in tedesco e mai pubblicati in italiano,
"Dovevo essere il prossimo" e "Il carro siciliano". Il primo, di cui esiste
già una versione per il mercato statunitense e una in spagnolo per
il Messico e il Perù, sarà presentato il 2 dicembre alla
Fiera del libro di Beirut nell´edizione araba. Infine Michele Perriera,
il cui testo teatrale "Injury time" sarà messo in scena il 18 novembre
in Canada nella versione in inglese.
Salvatore Ferlita
L´intervista. Parla Serge Quadruppani
"Che fatica Camilleri in francese"
"Montalbano je suis": ecco come il commissario di Andrea Camilleri,
si presenta in Francia, in barba alle regole della sintassi. «Dopo
averci riflettuto tanto - spiega Serge Quadruppani, che per la casa editrice
Fleuve Noir ha tradotto tutta la serie di Montalbano - sono arrivato alla
conclusione che bisognava flettere la nostra lingua alle esigenze del "camillerese".
Mi sono servito del francese normale per tradurre l´italiano corrente,
mentre ho preso in prestito espressioni dialettali del Sud della Francia
per rendere l´impasto di siciliano e lingua».
Vuol fare qualche esempio?
«La parola "picciliddro", bambino, dalle parti di Marsiglia si
dice "minou". Peccato però che i dialetti francesi non abbiano un
vocabolario così vasto come il siciliano. Così ho dovuto
sacrificare alcuni verbi: non esiste infatti un corrispettivo del siciliano
"taliare" o di "spiare". Credo di aver creato un Camilleri francese non
troppo lontano da quello siciliano. Certo, qualcosa si perde, ma l´importante
è ricreare la giusta atmosfera».
Per la traduzione di Santo Piazzese e di Piergiorgio Di Cara avrà
dovuto affrontare un´altra serie di problemi?
«Dopo avere tradotto Camilleri, confesso, mi sono sentito molto
più tranquillo con gli altri. L´italiano di Piazzese, ad esempio,
è molto classico e di conseguenza non ho avuto grossi problemi.
Con Di Cara ho avuto qualche difficoltà in più, dal momento
che ho dovuto fare i conti con un sacco di espressioni dialettali, modi
di dire, allusioni».
Come spiega il successo di cui godono all´estero gli scrittori
siciliani?
«Attraverso i loro libri viene veicolata una visione del mondo
che è insieme particolare, specifica e universale. Attraverso le
storie che gli autori isolani raccontano, e la lingua che utilizzano, passa
tutta quanta una civiltà, coi suoi aspetti straordinari, affascinanti,
e coi suoi lati oscuri, inquietanti».
s.f.
Corriere di Gela,
6.11.2004
L’omaggio a Gela di D’Arrigo in un saggio di Marco Trainito
Con "Il mare immane del male - Saggio su Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo",
Gela, Cerro Edizioni, ottobre 2004, pp. 114, Marco Trainito, già
autore di due volumi di argomento filosofico su Karl Popper e Ludwig Wittgenstein
(entrambi editi da Gaetano Dainotto tra il 2000 e il 2002), fa un’incursione
nel campo della critica letteraria affrontando quello che Nino Borsellino,
in un saggio recente dal titolo "Teatri siciliani della storia - Da Sciascia
a Camilleri", ha definito “l’opus magnum, la massima realizzazione creativa
della sicilianità”.
Pubblicato per la prima volta da Mondadori all’inizio del 1975, dopo
una tormentata e leggendaria gestazione quasi ventennale, e riedito esattamente
un anno fa da Rizzoli, "Horcynus Orca" rappresenta infatti un caso pressoché
unico di capolavoro assoluto condannato, in virtù della sua stessa
misteriosa grandezza, a un isolamento finora inaccessibile al grande pubblico,
e non solo fuori dall’Italia (per via della intraducibilità della
peculiare lingua sperimentale in cui è scritto), ma anche presso
gli stessi siciliani, che pure avrebbero la possibilità linguistica
e culturale di affrontare proficuamente lo sterminato mare di pagine (oltre
mille) del ‘difficile’ e grandioso romanzo del messinese Stefano D’Arrigo.
Da questo punto di vista, la pubblicazione del breve volume di Trainito
rappresenta una audace sfida divulgativa che, pur senza cedere ad inutili
e banalizzanti semplificazioni, ma anzi proponendo piste interpretative
inedite, intende avvicinare il grande pubblico a un’opera siciliana ancora
troppo poco conosciuta, sebbene sia annoverata dagli studiosi più
attenti tra gli esiti più alti della narrativa del XX secolo (insieme
all’"Ulisse" di Joyce, all’"Uomo senza qualità" di Musil, alla "Montagna
incantata" di Thomas Mann e a poche altre opere).
Il saggio è costituito da cinque capitoli e da un’appendice,
ed è preceduto da un’appassionata introduzione di Silvana Grasso,
forse l’unica scrittrice siciliana ad essere stata avvicinata a D’Arrigo
per via della prosa esuberante, sanguigna e baroccheggiante dei suoi romanzi.
Mentre i primi due capitoli consentono al lettore di prendere familiarità
con il romanzo (il secondo, in particolare, contiene probabilmente la più
dettagliata sintesi della sua ‘storia’ che sia mai stata tentata), gli
altri entrano nel cuore di questioni interpretative più specifiche,
relative, nell’ordine, alla “iper-lingua” del romanzo, analizzata in un
confronto per contrasto con Camilleri (il terzo), al simbolismo dell’Orca
alla luce dell’Orco greco-latino e del Leviatano biblico (il quarto), e
al confronto filologico, con interessanti implicazioni filosofiche per
la prima volta evidenziate, tra "Horcynus Orca" e "I fatti della fera",
cioè la bozza del 1961 edita per la prima volta solo nel 2000 (il
quinto). L’Appendice è un vero e proprio omaggio a Gela, perché
in essa Trainito, quasi come guardasse l’universo del testo dal buco della
serratura di un semplice toponimo, propone una panoramica sullo sterminato
romanzo e sui suoi contenuti metafisici a partire da una analisi del contesto
in cui ricorrono, nel romanzo, le due menzioni esplicite della nostra città
(il romanzo, va ricordato, si svolge nell’arco di alcuni giorni del 1943
ed il teatro principale dell’azione è lo Stretto di Messina, ovvero
lo “scill’e cariddi”, col suo carico di simboli di morte e distruzione
risalenti a Omero e riesumati dagli orrori dalla seconda guerra mondiale).
Speciale TG1, 7.11.2004
Raccontando Mina
Mina nel racconto di 16 personaggi. Adriano Celentano, Giorgio Bocca,
Antonello Falqui, Natalia Aspesi, Roberto Benigni, Pedro Almodovar, Fiorello,
Renato Zero, Enzo Jannacci, Dario Fo, Ermanno Olmi, Andrea Camilleri, Alda
Merini, Massimiliano Pani, più le testimonianze di Fabrizio De Andrè
e Giorgio Gaber, spiegano cosa rappresenta Mina per loro, per chi la conosce,
per chi ha lavorato con lei, per chi, semplicemente, ama le sue canzoni.
E’ questa la chiave con cui Vincenzo Mollica ha scelto di parlare di
un mito inossidabile della musica leggera italiana, mostrando anche immagini
curiose e apparizioni cinematografiche ripescate dalla cineteca Rai e dall’Istituto
Luce, rare interviste concesse e le immagini del suo concerto via Internet.
Intervento di Andrea Camilleri
«Questa voce che era giovanilissima e nello stesso tempo così
arguta, ironica, così divertita nel dire “ora vi faccio vedere quanto
sono brava”, ma come una ragazzina che dice “avete visto quanto sono stata
brava?” quando accenna a un passo di danza, una ragazzina…
Era un vero, autentico piacere dell’orecchio, ma anche a guardarla,
perché era una ragazzona mal cresciuta, ma con questo suo fisico
in realtà –come posso dire?- sottoscriveva, firmava la sua voce,
era perfetta l’identità fra le due cose.
Poco fa lei [rivolto all’intervistatore, NdCFC] mi ha detto che lei
[Mina, NdCFC] aveva dichiarato di leggere solo Paperino… Quando un Pasolini
molto timido e molto sottomesso andò a intervistare Ezra Pound e
chiese a Ezra Pound “ma la letteratura americana… c’è qualcosa che
resta?”, Pound rispose “Mickey Mouse”. Quindi attenzione, andiamoci piano
a sottovalutare uno che dice “io leggo Topolino” o “leggo Paperino”! D’altra
parte è la stessa Mina che scrive anche sulla Stampa e scrive con
molto buon senso, molta grazia, molta intelligenza e molta ironia: la parabola
mi sembra perfetta.»
La Repubblica, 8.11.2004
Trani, sul set dove Alberto Sironi gira "Ad occhi chiusi", fiction
per Canale 5 dal romanzo del magistrato Gianrico Carofiglio. Con Emilio
Solfrizzi
L’anti Montalbano
L´avvocato Guerrieri un mediocre di talento
È un uomo senza qualità. Ma saprà diventare un
eroe in nome della giustizia
Trani - La violenza esplode all´improvviso. Schiaffi, urla. Vola
il telefonino che Martina tiene tra le mani. Scianatico, il suo persecutore,
la prende per un braccio, la butta come un cuscino sul divano. «Chi
era, eh? Con chi parlavi?». Lei balbetta qualcosa, alza le braccia,
si copre la testa con le mani, lui la prende a calci. Martina si rannicchia
sul divano, aspettando i colpi. Trema. Lui la lascia lì, come una
bambina che è stata punita. Sa di tenerla in pugno. In una casa
bianca con le grandi terrazze affacciate sul porto di Trani, Alberto Sironi
gira “Ad occhi chiusi”, il film per Canale 5 tratto dal romanzo del magistrato
Gianrico Carofiglio (Sellerio editore). Vedremo in tv anche l´altro
giallo di Carofiglio, “Testimone inconsapevole”: entrambi hanno come protagonista
l´avvocato Guido Guerrieri, antieroe di belle speranze.
Se la Rai ha scelto il commissario Montalbano, anarchico e buongustaio,
interpretato da Luca Zingaretti, Mediaset punta su quest´avvocato
barese, che ha il sorriso di Emilio Solfrizzi, abbandonato nelle prime
pagine di “Testimone inconsapevole” dalla moglie con una motivazione fulminante:
è stanca di vivere con un uomo mediocre. Ma è il mediocre
Guido, che - sfidando la Bari che conta - aiuterà Martina (Margot
Sikabonyi) nella difficile causa contro il persecutore Gianluca Scianatico
(Stefano Dionisi), l´ex amante, medico, ex picchiatore fascista,
figlio del presidente di una delle sezioni penali di Corte di appello.
È Guido, aiutato da Tancredi (Giovanni Moschella), investigatore
armato di buonsenso e umanità, e dalla misteriosa suor Claudia (Bianca
Maria D´Amato), ad accettare quel caso scabroso di cui nessuno si
vuole occupare e ad affrontare l´untuoso avvocato Dellisanti (Flavio
Bucci). Il racconto parallelo svela la violenza più orrenda, quella
sui bambini. Un caso di pedofilia.
Carofiglio regala al suo eroe una vita privata strampalata: lasciato
dalla moglie Sara, tramortito dalla separazione, Guido incontra Margherita
(Chiara Muti), ex alcolista. Vivono nello stesso palazzo ma non abitano
insieme: lui in un appartamento al piano di sotto, lei all´attico.
Ed è curioso come, sotto questo aspetto, Guerrieri assomigli a Montalbano
che vive con l´amata Livia un rapporto a distanza di sicurezza. Lui
in Sicilia, lei in Liguria.
Solfrizzi, interprete di commedie come “Matrimoni” di Cristina Comencini,
e “Agata e la tempesta” di Silvio Soldini, ama la mediocrità di
Guerrieri «che riesce» spiega l´attore, «a tirare
fuori il coraggio suo malgrado. Guido è un uomo come tanti. Amo
i personaggi normali che combattono contro se stessi, e tirano fuori l´eccezionalità.
Guido non sa perché accetta le cause, pensa di essere profondamente
vigliacco ma si riscatta. Ha questa doppia anima, anche se nella fiction
l´abbiamo trasformato, accentuando l´aspetto ironico, da commedia».
Mentre tirava un pugno, Solfrizzi si è infortunato a un ginocchio
«un classico problema al menisco, come i veri atleti. Guido non è
violento, ma nel caso di Martina, perseguitata e offesa, gli monta la rabbia.
Ha le reazioni, umanissime, che avrebbe una persona qualsiasi nelle stesse
situazioni. Anche il modo in cui si comporta con le donne è classico.
Tradisce la moglie con sciatteria e giustamente lei non lo perdona. La
botta della separazione gli fa aprire gli occhi. È come se in “Testimone
inconsapevole” tutti i personaggi vivessero un riscatto: Sara che si libera
di Guido; Guido che ricomincia a lavorare; Abdou che, accusato di un delitto
infame, vuole giustizia; Margherita che si affranca dalla schiavitù
dell´alcol».
Reduce dal successo di “La Monaca di Monza”, Sironi, che è anche
regista di Montalbano, spiega che c´è un filo rosso che lega
Guerrieri all´eroe di Camilleri: «Hanno tutti e due un profondo
senso della giustizia. La differenza è che uno fa l´avvocato
e l´altro è commissario. Poi, come esseri umani, affrontano
la vita in modo diverso. Montalbano ha una sua sicurezza; Guerrieri coltiva
la fragilità, ha qualcosa di infantile. A me fa tenerezza, soprattutto
nei rapporti con le donne: si lascia vivere. La moglie lo lascia, Margherita
lo accoglie, lui fantastica su Suor Claudia, è attratto dalla sua
forza, ma non osa».
Il produttore Carlo Degli Esposti, che ha già realizzato i film
di Montalbano, ha ritrovato in Guerrieri «l´umanità
di un personaggio perfetto per essere trasferito sullo schermo. Adesso
vorrei completare la trilogia dei gialli letterari con i romanzi di Santo
Piazzese: il suo protagonista, l´investigatore La Marca, mi ha fatto
sentire il piacere che provai leggendo la prima volta Montalbano. Sono
affascinato da questo filone e voglio percorrerlo. I gialli di Piazzese
sono destinati alla Rai, il progetto però è momentaneamente
rallentato da problemi contrattuali».
Silvia Fumarola
L’autore. Parla Gianrico Carofiglio
"I miei giudici gente piena di dubbi"
E il suo terzo romanzo finirà sul grande schermo
Bari - Gianrico Carofiglio, classe 1961, è sostituto procuratore
antimafia a Bari. Alto come un pivot, è cintura nera di karate quarto
dan. Sposato, due figli, spiega che la passione per la scrittura è
nata da ragazzino, ma solo quando è arrivato alla soglia dei quarant´anni
ha deciso che era il momento di mettersi alla prova. «Dopo un´estate
da dimenticare ho capito che dovevo sedermi e scrivere la storia che avevo
in testa. Così ho scritto “Testimone inconsapevole”. Nove mesi,
per chi ama le metafore. Ho inviato il manoscritto a vari editori, mi ha
risposto Elvira Sellerio. Il libro è andato benissimo, ma non pensavo
di farne un seguito. Me lo ha chiesto espressamente la signora Sellerio,
con un tono che non lasciava alternative: gentile ma fermo, molto siciliano...
Noi arrestiamo per estorsione per molto meno».
Lei firma la sceneggiatura dei film con Francesco Piccolo e Domenico
Starnone.
«Ero curioso di capire come si scrive per la tv, e volevo imparare
una cosa nuova. La costruzione della storia, quando penso a un libro, è
visiva: immagino le scene e monto il "mio" film, come fanno i lettori».
Perché un avvocato come protagonista?
«Per cambiare. Quello dei tribunali è un ambiente che
conosco bene, avrei dovuto scrivere ancora di un magistrato? Che noia».
I giudici, nei suoi romanzi, non fanno una gran figura: salva solo
la pm, che ricorda Ilda Boccassini.
«La pm Mantovani è un´idealista, una donna determinata
nel lavoro ma con una sua fragilità, una persona complessa. Piace
molto anche a me. Ma non è vero che li tratto male. Vede, il magistrato
deve avere doti che normalmente uno non immagina: la fantasia, prima di
tutto. E poi deve nutrire dubbi».
Carofiglio, i suoi dubbi, li riversa nelle pagine dei libri; mentre
pensa alla terza avventura dell´avvocato Guerrieri, l´ultimo
romanzo “Il passato è una terra straniera” (Rizzoli), diventerà
un film per il cinema. Lo annuncia con un certo orgoglio: «Sarà
una grande coproduzione internazionale, non posso dire di più».
(s. f.)
Arma dei Carabinieri,
9.11.2004
Roma: Iniziative editoriali 2005
Calendario dell’Arma, Volume 'La storia documentale dell’Arma dei
Carabinieri - Le origini, dalla fondazione alla carica di Pastrengo'
E’ stato presentato oggi, nella suggestiva cornice dell’aula magna della
Scuola Ufficiali, il calendario 2005 dell’Arma dei Carabinieri. Si tratta
di un tradizionale appuntamento per poter ammirare, in anteprima, quello
che si è ormai affermato come un vero e proprio "must" nel variegato
panorama dei calendari e fra i collezionisti di "militaria".
L’incontro, condotto da Massimo Giletti, alla presenza del Comandante
Generale dell’Arma Luciano Gottardo, ha visto ospiti per il calendario
il pittore Sergio Ceccotti, e per il volume, il Generale Arnaldo Ferrara.
Si tratta di un calendario in linea con il messaggio ormai consolidato
nell’Istituzione: il rinnovamento nella tradizione, lo sguardo rivolto
al futuro senza mai dimenticare le proprie radici. Una connotazione innovativa
e tutta particolare viene data dal prezioso e originale contributo dello
scrittore Andrea Camilleri, universalmente riconosciuto come uno dei maestri
della narrativa italiana contemporanea.
L’inedito racconto, infatti, diviso in dodici capitoli, è ambientato
da Camilleri nella sua Sicilia e vede protagonista un comandante di stazione,
il maresciallo Brancato, nella sua quotidianità.
Un affresco, quello dipinto dal binomio Camilleri-Ceccotti, dal quale
emerge soprattutto il rapporto, del tutto particolare, del comandante di
stazione con la gente. La sua vicinanza, la sua "prossimità" ai
cittadini che vedono in lui un saldo punto di riferimento, soprattutto
nei momenti di difficoltà.
Un concetto, quello della "prossimità", che appartiene da sempre
all’Arma e che si manifesta nel senso di appartenenza del Comandante e
dei militari della Stazione al territorio ed alla sua popolazione, cui
corrisponde, specularmente, la consapevolezza del cittadino di vedere nella
stazione stessa un presidio dello stato e della legalità, nonché
un luogo ove poter trovare, all’occorrenza, una parola di conforto, un
consiglio discreto e disinteressato.
Lo scenario immaginario rappresentato dal Maresciallo Antonio Brancato
e dalla Stazione Carabinieri di Belcolle, piccolo paese dell’entroterra
siciliano alle pendici delle Madonie, rappresenta gli oltre 5.000 comandanti
di stazione disseminati sul territorio nazionale.
Il Maresciallo Brancato, così come tutti quei "colleghi" che
espletano quotidianamente il loro servizio, pone la propria esperienza
personale e professionale a favore della comunità, che ha il dovere
di sostenere e proteggere, coniugando doti investigative ed operative a
quelle più squisitamente umane.
Nel corso dell’evento lo storico di fama internazionale, Lucio Villari,
ha presentato il libro "La storia documentale dell’Arma dei Carabinieri
- le origini dalla fondazione alla carica di Pastrengo", edito dall’Ente
Editoriale dell’Arma dei Carabinieri e scritto dal Generale Arnaldo Ferrara,
autore di altre numerose pubblicazioni.
L’obiettivo dell’autore è quello di far conoscere le testimonianze
più ampie delle vicende che hanno segnato la nascita e la vita dei
carabinieri. Una ricerca minuziosa ed intensa effettuata presso il Museo
Storico dell’Arma e negli archivi di stato di Roma, Firenze e Torino.
Dagli studi effettuati è emersa una ricchezza di documenti storici
originali, razionalmente selezionati, analizzati e cronologicamente composti
in grado di esprimere organicamente le vicende significative della vita
dell’Arma.
La particolarità consiste nella riproduzione grafica dei documenti
storici, in grado di offrire un’immagine fedele, "dal vivo", che permetta
anche al lettore di "trasferirsi" idealmente nelle situazioni politiche
e militari di circa due secoli addietro, consentendo di acquisire in maniera
sintetica e cronologica, innumerevoli particolari, sfumature e frammenti
preziosi di cronaca, cogliendone gli aspetti salienti, allo scopo di poterli
valutare adeguatamente in un successivo lavoro di analisi storica.
Il calendario, che ha raggiunto la tiratura di un milione e mezzo di
copie, da domani 10 novembre, sarà visionabile sul sito WWW.CARABINIERI.IT.
ANSA, 9.11.2004
Camilleri tradisce Montalbano per il calendario dei Carabinieri
Roma - Camilleri, per una volta, tradisce il commissario Montalbano.
Con il maresciallo Antonio Brancato, comandante della stazione dei carabinieri
di Belcolle, piccolo paese dell'entroterra siciliano. Tutto inventato,
ma non troppo.
Il maresciallo Brancato e' il protagonista del Calendario 2005 dell'Arma
dei carabinieri. ''Un personaggio immaginario - dice il comandante generale,
Luciano Gottardo - ma con tutte le caratteristiche di un carabiniere vero:
Brancato e' il militare, e' l'investigatore, e' l'operativo, e' il consigliere,
e' il padre di famiglia''.
Tanto consigliere e padre di famiglia che (nel mese di marzo) a lui
si rivolge la signora Matranga ''fimmina risoluta e di parola imperativa'',
afflitta da un problema serio: suo figlio Marcuzzo di 12 anni ''ogni matina
inveci di andari alla scola, sinni va a spasso campagne campagne e non
sente ne' prighere ne' vastonate''. E il maresciallo che fa? ''Parlo' a
Marcuzzo, sempre piu' atterrito e sudatizzo, per una decina di minuti.
Alla fine il dodicino solennemente giuro' di non fare piu' assenze
e la signora Matranga s'addichiaro' soddisfatta''.
Insomma, e' questo il carabiniere visto da Camilleri. Che oggi, costretto
a casa da un'influenza, non ha potuto intervenire alla presentazione del
calendario, ormai un oggetto di culto distribuito in un milione e 500mila
copie. Ma il colonnello Musso, del Comando generale, ha spiegato come e'
riuscito a fargli tradire Montalbano. ''Quando l'abbiamo contattato ha
detto: 'E' un'idea bellissima, ma davvero non posso, non ho tempo'. Allora,
visto che sono suo conterraneo, ho cominciato a parlare in siciliano: 'Chista
e' cosa seria', gli ho fatto. Alla fine lui ha accettato. Ispirandosi,
ha detto, a un maresciallo che aveva conosciuto quando aveva solo 10 anni''.
Il risultato e' un racconto inedito in 12 capitoli, uno per ogni mese,
in cui emerge ''soprattutto il rapporto del comandante di Stazione con
la gente. La sua vicinanza, la sua 'prossimita' ai cittadini. Cittadini
che vedono in lui un saldo punto di riferimento, soprattutto nei momenti
di difficolta''', spiega il colonnello Carlo Felice Corsetti, capo dell'ufficio
stampa del Comando generale.
''Il calendario scandisce dagli anni '30 la storia dell'Arma e del
nostro Paese, sempre coniugando il rinnovamento alla tradizione'', dice
il generale Gottardo. ''Questa volta - prosegue - abbiamo voluto rendere
omaggio alla figura emblematica del Comandante di Stazione, ma anche, attraverso
di lui, a tutti i Carabinieri d'Italia. Quelli impegnati in Patria e quelli,
numerosi, in azione fuori dai confini nazionali''.
Ad illustrare il calendario le tavole del pittore Sergio Ceccotti che
oggi ha confessato - lui che siciliano non e' - le difficolta' di calarsi
nella realta' della Sicilia di 12 anni fa. ''Non sapevo come fare. Allora
ho chiesto aiuto ad un mio amico pittore che vive a Ceranni [forse Cerami?,
NdCFC], in provincia di Enna'', ha raccontato Ceccotti. ''Quel piccolo
centro e' diventato il mio Belcolle''.
Insieme al calendario 2005, lo storico Lucio Villari ha presentato
il libro ''La storia documentale dell'Arma dei carabinieri. Le origini,
dalla fondazione alla carica di Pastrengo'', scritto dal generale Arnaldo
Ferrara. ''Un lavoro - ha detto Lucio Villari - condotto con tutti i crismi
della ricerca storica, che si basa sui documenti e non sulla fantasia''.
Il Calendario dell'Arma con il maresciallo Brancato sara' anche su
Internet, al sito www.carabinieri.it.
Rai Radiodue,
10.11.2004
Viva Radio 2
Fiorello imita Camilleri
Era tutto incentrato sul fatto che fuma molto.
Camilleri: Vado a fumare.
Baldini: Fuma molto?
C: Cinque.
B: 5 pacchetti al giorno?
C: No, 5 stecche.
E cose così. Poi robe sul calendario dei Carabinieri che ha
13 mesi e viene fatto in doppia copia, una coi giorni e una coi disegni
ecc...
Segnalazione di Salvia
L'Informatore Vigevanese, 11.11.2004
Pagina
pubblicitaria a cura della CdL
La Provincia,
12.11.2004
La kermesse/2. Gli incontri organizzati dal Caffè Letterario
Attesa per le lezioni d’autore
E’ la novità della IX edizione del Salone dello Studente che
si terrà dal 18 al 20 novembre a Cà de’ Somenzi. S’intitola
Lezioni d’autore ed è il ciclo di incontri organizzato dal Caffè
letterario di Crema, presieduto da Paolo Gualandris. Gli incontri saranno
suddivisi in una serie di percorsi tematici. la sezione Bianco, rosso,
verde e... giallo sarà dedicato al mondo poliziesco e vedrà
coinvolto Natalino Balasso, Girolamo Lacquaniti che intervisterà
Andrea Camilleri in video.
[...]
Agli incontri prenderanno parte le scuole, ai ragazzi sarà richiesto
di intervistare gli autori, disponibili a firmare autografi.
Panorama, 18.11.2004
(in edicola 13.11.2004)
TV in giallo. Andrea Camilleri e Sergio Castellitto indagano su un
doppio mito
Commissario Maigret il caso Simenon è tuo
Lo scrittore siciliano curò la versione con Gino Cervi. L'attore
romano ridà vita oggi al personaggio. Insieme si interrogano sull'ispettore
più famoso e sul suo straordinario autore.
Nacque di venerdì 13 Georges Simenon. Sua madre, superstiziosa,
finse di aver partorito il giorno prima per poter scrivere 12 sul modulo
dell'anagrafe. Era il 1903, cinque lustri dopo veniva al mondo anche Jules
Maigret, concepito dal bambino a rischio di iella, cresciuto scrittore.
Aveva 45 anni il nuovo arrivato, come Simenon era di stazza robusta, uguali
le passioni per pipa, Pernod e buona tavola. Se fossero vivi, i due viaggerebbero
oltre il secolo: 101 anni lo scrittore, 120 il commissario. Ma invece di
incartapecorire, guadagnano in vitalità. Lucidi, taglienti, profondi,
si sono accomodati nel presente come se fosse uno dei tanti bistrot parigini.
Ci stanno a loro agio: Simenon da quando è passato dalla serie B
della letteratura alla Champions league per via delle solite riscoperte
postume della critica; Maigret per aver trovato in Sergio Castellitto un
nuovo replicante tv dopo Gino Cervi, magnifico e non dimenticato.
Andrea Camillri, il più vicino per età al belga e al
francese (ha 79 anni), curò ai tempi la trasposizione televisiva
di Le inchieste del commissario Maigret (il primo episodio nel'64,
l'ultimo nel '72). Il suo commissario Montalbano era di là da venire,
lo scrittore siciliano, regista e sceneggiatore, era un semplice funzionario
Rai. Incontrò Simenon a Parigi per fare il punto. Quarant'anni dopo,
nella casa romana di Camilleri, Simenon ricambia la visita: citato, scavato,
aleggia nello studio dove è presente anche materialmente, con i
suoi libri, alcune decine, sui 193 scritti (76 con Maigret). Ci sono anche
il nuovo commissario, Castellitto, e il predecessore Gino Cervi.
Niente pipe ma molte sigarette: scrittore e attore se le offrono dopo
essersi passati di mano un commissario di stazza grossa e cervello fino.
Ma non insegnano che i miti non si toccano? Come si fa a sfidare
il Maigret di Gino Cervi?
Camilleri. Insegnano anche che un attore deve avere il fisico
del ruolo. Una minchiata. Il buon Luca Zingaretti con Montalbano c'azzecca
poco. Eppure... Se un attore è bravo, diventa l'unico possibile.
Sei stato intelligente Sergio a non avere modelli.
Castellitto. Era l'unica scelta possibile: ignorare gli altri,
Jean Gabin, Gino Cervi, Bruno Cremer...
Camilleri. Il Maigret che noi pensiamo l'hai trasferito nel
modo di camminare: ti ho visto, hai visualizzato il ruminare del grasso
Maigret mentre pensa al caso.
Castellitto. Se il pensiero avesse un passo, quella sarebbe
la camminata di Maigret, dici?
A gambe un po' larghe, lenta, inconscia perché la testa è
altrove. Dei due episodi di che Canale 5 trasmette il 18 e 19 novembre,
è delle “Ombre cinesi” che stiamo parlando, storia di corna e avidità
ambientata in un condominio.
Camilleri. Simenon usa un palazzo come fosse un paese: è
un'operazione a restringere, ma la materia è sempre quella.
Quale?
Castellitto. La miseria umana.
Camilleri. Nei suoi libri ha raccontato un grumo, sempre quel
grumo. Uomini che tradiscono, uccidono, rubano, amano. Formiche che attraversano
un deserto.
Simenon scruta anche la pancia, le parti basse delle formiche mentre
camminano, camminano. Che effetto vi ha fatto l'entomologo belga al primo
incontro?
Castellitto. Ho letto tanto Simenon quando ero in Francia per
lavoro, mi serviva per migliorare la lingua. L’ho sempre trovato straordinario,
per finezza, profondità, trame, descrizioni. Ci vuole talento per
rovinare Simenon, i suoi romanzi sono già sceneggiature. Non sapevamo
cosa buttare al momento di girare.
Camilleri. Avevo sette anni. Salii in solaio, il cosiddetto
tetto morto, che ai miei occhi era meraviglioso: una vecchia pianola qua,
un'anfora là e dei sacchi di iuta. Dentro c'erano i fumetti che
leggeva mio padre da bambino, dei fascicoli non rilegati, libri dalla copertina
economica; uno era La follia di Allmayer, un altro un romanzo firmato
da un tale Georges Sim. Non ricordo il titolo, ma la preferii a Joseph
Conrad. Anni dopo scoprii che Sim era uno degli pseudonimi giovanili di
Simenon. Per me era un dio. E quando ci si trova davanti a un dio si prova
un certo imbarazzo.
Si riferisce al vostro incontro a Parigi prima del “Maigret” di
Cervi?
Camilleri. Era un dio antipatico, scostante. Eravamo dei poveracci
Diego Fabbri (l'artefice dell'operazione Maigret, ndr) e io se paragonati
a lui. Simenon ebbe a ridire sulla scelta di Andreina Pagnani come signora
Maigret: la trovava troppo bella, il suo commissario non poteva aver conquistato
una simile femmina. Poi accettò.
Se fosse vivo, inorridirebbe vedendo Margherita Buy, una signora
Maigret con fiammate quasi femministe, molto lontana dalla devozione affettuosa
dei suoi gialli…
Castellitto. È meno attempata, più sensuale, anche
con più personalità. Ma sempre attenta agli umori del suo
compagno. La cosa che per me rimane misteriosa è perché Simenon
non abbia dato figli a una coppia così unita. Forse è per
dare un tono di malinconia a quell'amore così profondo.
Camilleri. Da mascalzone qual era, Simenon si accorse di aver
trattato la signora Maigret come il poggiapiedi del marito. E cosi scrisse
due storie con lei protagonista.
Simenon bulimico di sesso, 10mila donne di cui molte mercenarie,
e Maigret fedele nei decenni...
Castellitto. Non c'è niente di più morboso della
fedeltà. Maigret è l'alter ego del suo inventore, ma usa
i sensi, guarda le ballerine, sente gli odori...
Camilleri. È mentalmente infedelissimo. Il commissario
è il cavallo di Troia col quale Simenon entra in bordelli, localacci,
tocca il fondo.
Castellitto. È un vero marpione, sente le pulsioni, gli
odori, direi gli afrori.
Un ispettore disinvolto, che spesso viola le regole, ma che fa sempre
centro. Cosa vi piace del metodo Maigret?
Camilleri. L’ho detto molte volte: Montalbano è il figlio
naturale di Maigret. Sono entrambi uomini di istituzioni, però si
apparecchiano le regole a modo loro.
Castellitto. Diffida delle prove. Non guarda i dati scientifici,
quelli arrivano dopo: è l'intuizione che conta. È come i
medici di una volta che non avevano bisogno dei referti clinici per sapere
da cosa eri affetto. Ti davano un'occhiata e capivano il male. Maigret
conosce la natura umana. È un fine psicologo, se non avesse fatto
il poliziotto sarebbe stato sacerdote o psichiatra.
Il nuovo ”Maigret” è ambientato negli anni Cinquanta, anziché
fra le due guerre. Così si è perso un personaggio simile
al coro nella tragedia greca, quell’umanità segnata, violenta. Perché?
Castellitto. I Cinquanta erano permeati da una voglia di riscatto
collettiva: sono la cornice sontuosa del grigiore dell'umanità.
Torniamo al punto iniziale: perché toccare un tele-mito?
Castellitto. Sono cresciuto a pane e Cervi. Il suo Maigret,
pieno di pause e di riflessioni, mi è rimasto impresso...
Camilleri. Certo che faceva le pause! Si prendeva tempo per
leggere il gobbo. Cervi non aveva memoria.
Castellitto. E guardava l'infinito e tutta la sua squadra guardava
lui che guardava l'infinito.
Camilleri. È così che nasce un personaggio indimenticabile,
per piccole questioni umane. L'unico che pensa è quello che guarda
l'infinito.
Stefania Berbenni
Corriere della sera,
14.11.2004
Vigevano, lettera al sindaco: «Mi avete usato per propaganda
politica»
Camilleri minaccia di restituire il premio
Vigevano (Pavia) - Lo scrittore Andrea Camilleri ha scritto al sindaco
di Vigevano, Ambrogio Cotta Ramusino (che guida una giunta di centro-destra)
un chiarimento, in assenza del quale, restituirà il "Premio nazionale
alla carriera Città di Vigevano" (una targa e in un assegno di 3mila
euro) che gli era stato conferito lo scorso 16 ottobre. Il chiarimento
è di natura politica: giovedì, sul bisettimanale di Vigevano,
era apparsa a tutta pagina una pubblicità
a pagamento "a cura dell'ufficio stampa della Casa delle Libertà".
Recita il testo: "Abbiamo ospitato a Vigevano personaggi molto importanti".
Segue foto dei personaggi in questione, tra cui Andrea Camilleri, e la
firma ("l'amministrazione Cotta con i partiti di coalizione"). Accanto
ai volti dei personaggi, il simbolo dei partiti di An, Forza Italia, Lega
Nord e Udc. La pagina è arrivata a Camilleri che ha scritto al sindaco
sentendosi usato per propaganda politica e minacciando di restituire il
premio. Cotta ha risposto via e mail allo scrittore: «Mi spiace che
questo episodio sia stato strumentalizzato politicamente. Non c'era alcuna
connotazione politica o partitica nel conferimento del premio. Con quella
pagina la coalizione ha solo voluto far conoscere le iniziative culturali
portate avanti dall'amministrazione in quattro anni».
Erika Camasso
La Provincia
Pavese, 14.11.2004
Camilleri vuole restituire il premio
Denis Artioli
Camilleri: "Mi avete usato"
Settimana letteraria: proposta culturale con grandi ospiti
"Così hanno scontentato due persone"
La Provincia
Pavese, 16.11.2004
Scambio di lettere col papà di Montalbano
Denis Artioli
Caso Camilleri ora scrive il sindaco
"Caro Camilleri, non rinunci al premio"
L’Unione Sarda,
16.11.2004
Come suona questa letteratura. Musica e parole da Mann a Dylan Dog
Anche i libri hanno la loro colonna sonora, intreccio misterioso di
verbi e suoni
Dal mito di Orfeo sino ai nostri giorni, la narrativa è un sentiero
ritmato
Forse in principio la parola era solo suono. La leggenda sulla primordiale
fusione dell'arte dei suoni e delle parole, che ha percorso tutta la storia
della cultura occidentale, affonda le proprie radici nell'antico mito greco
del potere ammaliante di Orfeo, il cantore che si accompagnava con la cetra.
Nel corso dei secoli numerosi teorici hanno affrontato da diverse prospettive
l'affascinante legame tra musica e parola, che ha suscitato un vasto interesse
anche in età contemporanea. Ma probabilmente nessuno aveva pensato
ad un contesto letterario molto vicino a noi come quello della narrativa
italiana novecentesca prima del musicologo Roberto Favaro, che ha dato
alle stampe “La musica nel romanzo italiano del '900” (Milano-Lucca, Edizioni
Ricordi-Lim, euro 20).
[…]
Una lunga colonna sonora, insomma, che si snoda da D'Annunzio a Tozzi,
da Svevo a Gadda, da Sanguineti a Pavese e Buzzati, Pasolini, Calvino,
Rodari, Camilleri, Lucarelli, senza tralasciare neppure Grazia Deledda,
per arrivare fino a Dylan Dog.
[…]
Nella prolungata linea di consuetudine narrativa novecentesca interessata
alla musicalità della lingua e alle poliedriche sonorizzazioni della
scrittura, Favaro non trascura Bontempelli, Campana, Del Giudice, Fenoglio,
Carlo Levi, Primo Levi, Santacroce, Sclavi, Tondelli, Volponi e il nostro
Gavino Ledda, ma dedica pagine davvero godibili al siciliano Andrea Camilleri,
al suo mistilinguismo così particolare, ed alle pagine musicali
della “Voce del violino” e del melodrammatico “Birraio di Preston”. La
scrittura e il contenuto dei libri di Camilleri sostengono infatti una
musicalità viva, che apre a sonorità dense di modulazioni
e intonazioni dialettali siciliane miste all'italiano, oltre che di materiale
fonico-timbrico arrivato da uno specifico vocabolario tipicamente mediterraneo.
Favaro rileva che quella di Camilleri è letteratura popolare nel
senso della vastità della diffusione, ma disponibile a letture trasversali,
a rivelazioni di strati musicali nascosti nelle parole e nel testo; una
narrativa che mescola i diversi registri dell'italiano al siciliano vero,
ma anche a una lingua "altra", intermedia e ideata dallo scrittore, con
il risultato di un sound assolutamente unico.
[…]
Myriam Quaquero
La Provincia
Pavese, 17.11.2004
Il commissario Montalbano chiude il caso
Denis Artioli
Camilleri scrive a Cotta: “Va bene, caso risolto”
Il Quotidiano, 17.11.2004
Pisa
Andrea Camilleri fa lezione all'Università
Pisa - Andrea Camilleri va all'Università di Pisa per presentare la sua opera racchiusa nei «Romanzi storici e civili», pubblicati nella collana «Meridiani» da Mondadori, e fare lezione sull'impegno civico dell'intellettuale.
L'incontro con lo scrittore siciliano, organizzato dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, è in programma venerdì 19 novembre, alle ore 16.30, nello storico Palazzo della Sapienza. Aprirà il convegno il rettore dell'ateneo Marco Pasquali, dopo il quale interverranno Alfonso Maurizio Iacono, Fabrizio Franceschini, Anne Marie Jaton, Aldo Gargani, Bruno Porcelli, Roberto Scarpa e il curatore dell'opera Salvatore Nigro.
Chiuderà i lavori Andrea Camilleri. Secondo dei due Meridiani dedicati all'opera di Camilleri, «Romanzi storici e civili» è un'opera collettanea che comprende: Un filo di fumo, La strage dimenticata, La stagione della caccia, La bolla di componenda, Il birraio di Preston, La concessione del telefono, La mossa del cavallo, Il re di Girgenti, La presa di Macallè.
L'introduzione e la curatela sono firmate dal critico siciliano Salvatore Silvano Nigro che per il Meridiano ha approntato una sezione di materiali inediti relativi al Re di Girgenti ritrovati nell'archivio di Sellerio.
In questi romanzi Camilleri, partendo da avvenimenti reali di cui trova traccia in documenti e archivi siciliani del Settecento e dell'Ottocento (con la sola eccezione della Presa di Macallè, ambientato negli anni del fascismo), racconta vicende di pura fantasia ricchissime di suggestione.
Capace di scolpire personaggi al limite tra comicità e tragedia, Camilleri in questi romanzi non solo parla delle condizioni sociali ed economiche del tempo, ma fa capire ancora meglio la realtà, la cultura e le tradizioni della Sicilia.
Con il suo stile inconfondibile, e utilizzando in molti casi i meccanismi del giallo d'inchiesta, lo scrittore presenta situazioni anche pesanti, soprusi e compromessi della Sicilia di ieri e di oggi, in un carosello di fatti, personaggi, accadimenti delittuosi e intrighi.
Una lettura godibilissima grazie anche al personalissimo pastiche di lingue e dialetti (italiano, spagnolo, siciliano, genovese).
Corriere della sera (cronaca
di Roma), 17.11.2004
La riscoperta
Quel malessere esistenziale nel teatro di Stefano Pirandello
Ci fosse stato scritto Stefano Landi, il cofanetto sarebbe passato inosservato,
o quasi. Ma trattandosi di Stefano Pirandello (il vero nome di Landi),
la faccenda cambia. Il cofanetto ha un titolo che disorienta i non addetti
ai lavori: «Stefano Pirandello. Tutto il teatro», tre volumi
editi da Bompiani e curati da Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla.
Una novità per quanti, della famiglia del premio Nobel siciliano,
hanno sempre conosciuto soltanto Fausto, pittore di non poche qualità.
Ora tocca a Stefano che fu scrittore raffinato, schivo, fortemente segnato
dall’orma paterna, eppure autonomo e originale. «Ingiustamente obliato»
si sottolinea nella presentazione del cofanetto, che è arricchito
da un prezioso album fotografico di famiglia. Stefano realizza uno dei
pochi esempi di teatro sociale, «teso alla conciliazione dei conflitti
che originano in primo luogo nella e dalla famiglia». La sua opera
indugia su aspetti arditi della sessualità, sul malessere esistenziale,
su temi attuali come la violenza, il razzismo, la protesta contro la guerra
(lo scrittore fu internato, nel 1915, a Mauthausen e, dopo alterne vicende,
liberato solo alla fine della Grande guerra). «Il rapporto di Stefano
col padre era del tutto fisiologico: Stefano aveva un cervello simile,
ma critico, e Pirandello se ne serviva come di un proprio organo»,
scrive Valentino Bompiani che gli fu amico oltre che editore. Il cofanetto
viene presentato oggi alle 17, nella Sala del Carroccio in Campidoglio,
alla presenza di Nino Borsellino, Andrea Camilleri e Paolo Mauri. Leo Gullotta
leggerà brani dell’opera.
g. d. s.
Da sinistra: Andrea Camilleri, Enzo Zappulla, Calogero Firetto, Sarah
Zappulla Muscarà, Nino Borsellino, Paolo Mauri (Foto l'Obiettivo)
Il Messaggero,
17.11.2004
Tv / Il commissario Castellitto fa rimpiangere Cervi
Non sparate su Maigret
Omicidio. In diretta televisiva. Di un mito, anzi due. Il commissario
della polizia giudiziaria parigina, Jules Maigret, e la di lui gentile
consorte, Louise. Non ce ne vogliano Sergio Castellitto e Margherita Buy
che ne hanno vestito i panni, ma il nuovo Maigret televisivo diretto da
Renato De Maria e andato in onda lunedì e ieri sera su Canale 5
propone tutto meno il personaggio simenoniano che da decenni avvince lettori
e spettatori di tutto il mondo: non a caso, rispettando l’antico adagio
“il crimine non paga”, ha vinto, sì, la serata con 5 milioni e 600
mila telespettatori, ma il film Chocolat al quarto passaggio su Raiuno
ha totalizzato solo 400 mila telespettatori in meno.
Non stiamo qui a difendere i fantasmi di Simenon, e della sua eccelsa
letteratura che prescinde dalle 75 avventure di Maigret, o della coppia
Cervi-Pagnani, che fece innamorare gli italiani con le quattro serie, sedici
episodi, andate in onda dal ’64 al ’72, non ci interessa inchinarci dinanzi
a Pierre Renoir, Harry Baur, Albert Prejean, Charles Laughton, Michel Simon,
Jean Gabin, Rupert Davies, Gino Cervi, Jean Richard, Bruno Cremer e Michael
Gambon che ne hanno vestito i panni, non è il caso di parlare di
“lesa maestà” ma, diamine, dove è la Parigi pre e post-guerra,
vera, splendida protagonista della saga poliziesca, dove prospera e vegeta
il demi-monde in cui giganteggia la giustizia maigrettiana , dove il carattere
riflessivo e sanguigno del commissario, le sue terribili sfuriate contro
gli ispettori che lavorano con lui, i momenti di tenerezza con moglie e
colleghi?
Prima della messa in onda maigrettologi , o presunti tali, si erano
interrogati sull’assenza, o presenza, dei baffi dal volto del commissario
ma siamo sicuri si dovesse discutere tanto di quattro peli quando era in
ballo un universo crimi-sociologico unico?
Praga hai voglia a mimetizzarla, non sarà mai Parigi, Mala Strana
è arduo diventi Boulevard Richard-Lenoir dove si svolgeva la tranquilla
vita dei coniugi Maigret, lei moglie affettuosa nonché provetta
donna di casa e cuoca e lui implacabile, umanissimo segugio. Chissà
quanti saranno stati i cinquantenni cresciuti con le puntate in bianco
e nero, firmate da Mario Landi e curate da Andrea Camilleri, che lunedì
e ieri sera si sono sintonizzati su Canale 5, certo è che saranno
rimasti non poco delusi dinanzi allo sgretolamento del ”piccolo mondo antico”
simenoniano. Tra le benemerenze del belga Simenon c’è stata quella
di aver precorso, superbamente, con le sue pagine, i suoi personaggi, le
sue storie, le sue descrizioni cittadine quello che poi sarebbero stati
i film-noir di Chabrol, Clouzot, Delannoy, Melville, Verneuil per intenderci,
e tutto questo oggi è totalmente assente in tv. E dove è
andata a finire la burbera umanità di Maigret, capace di perdonare
il debole che sbaglia e essere inflessibile col delinquente incallito,
il privilegiato macchiatosi di un crimine? E la dolce, rassegnata serenità-malinconia
di una casa senza figli, e tante pipe, dove vita e morte pulsano, sì,
ma soprattutto per quanto accade al Quai Des Orfèvres? Fermi tutti
e su, no, giù le mani. Da Maigret e Simenon.
Paolo Zaccagnini
Il Tirreno (ed. di Pisa),
18.11.2004
Camilleri presenta i suoi romanzi
Domani in Sapienza un appuntamento organizzato dalla facoltà
di lettere
Pisa. Nove romanzi di ispirazione storica e civile usciti dalla penna
di Andrea Camilleri, nove racconti ambientati tra la fine del Seicento
e l'ottocento - tranne “La presa di Macallé” che si svolge in epoca
fascista - che con la loro ironia tragicomica raccontano storie e personaggi
immaginari al limite della farsa. Grazie ad un'iniziativa promossa dalla
facoltà di lettere e filosofia, con l'ausilio dell'ufficio comunicazione
dell'università, sarà Andrea Camilleri in persona a presentare
a Pisa i suoi "Romanzi storici e civili" (Mondadori, 39,20 euro) domani
alle 16,30 nell'aula magna nuova della Sapienza.
Il programma della conferenza prevede il saluto iniziale del rettore
Marco Pasquali e gli interventi di Alfonso M. Iacono, preside della facoltà
di lettere e filosofia, Fabrizio Franceschini, direttore del master universitario
in italiano scritto e professionale, Anne Marie Jaton, vice presidente
del dottorato in letterature moderne, Aldo G. Gargani, docente di storia
della filosofia contemporanea, Bruno Porcelli, docente di letteratura italiana,
Roberto Scarpa, responsabile delle attività educative del Teatro
Verdi. Concludono: Salvatore S. Nigro, curatore del volume e docente della
Normale, e Andrea Camilleri.
«Un'occasione per approfondire aspetti insoliti della narrazione
di Camilleri che tutti ormai associano al commissario Montalbano, ma che
in questi romanzi prendendo spunto da avvenimenti reali, approccia tematiche
sociali ed economiche della Sicilia del passato, compiendo una critica
civica tramite la narrazione - spiega il prof. Iacono - Quello con Camilleri
sarà il primo di una serie di interventi che nei prossimi mesi vedranno
protagonisti altri personaggi di spicco della cultura italiana chiamati
dalla facoltà di lettere a tenere lezioni agli studenti e a chi
vorrà assistere. Nei primi mesi del 2005 inviteremo Vincenzo Cerami,
scrittore e sceneggiatore che ha collaborato con Benigni nei suoi ultimi
film, per parlare del problema della scrittura. Dopo sarà la volta
di Luciana Castellina, giornalista e deputata, responsabile in Europa del
cinema, che terrà una lezione sul tenia della globalizzazione».
«Il file rouge che unisce questi incontri - conclude Alfonso
Iacono - è il desiderio di rilanciare tra i giovani la politica
come educazione alla critica e alla democrazia: a mio parere è compito
delle istituzioni pubbliche, in primis delle università, stimolare
attività di partecipazione democratiche al sapere, e l'incontro
con Camilleri è un primo passo in questa direzione».
Nei suoi nove romanzi Camilleri inscena vicende immaginarie ricche
di suggestione, costantemente in bilico tra comicità e tragedia:
i personaggi al centro delle storie servono a farci meglio comprendere
le condizioni sociali ed economiche del tempo ed ancor meglio la realtà,
la cultura e le tradizioni siciliane. Sfruttando sempre i meccanismi del
giallo d'inchiesta, lo scrittore di Porto Empedocle si muove in un paesaggio
dominato da squilibri e ingiustizie: tra accadimenti delittuosi e intrighi
delinea un quadro di sopraffazioni da parte delle classi alte, servendosi
del consueto - ed inimitabile - miscuglio di lingua e di dialetti.
Francesca Ferretti
Gazzetta di Parma,
18.11.2004
Cuore di sbirro
Consigliamo di passare dalla porta del mito per arrivare al disvelamento
dell'enigma dell'ultimo giallo di Andrea Camilleri che ha per titolo «
La pazienza del ragno » ( Sellerio editore). Sèguito programmatico
di un precedente romanzo, « Il giro di boa » , che si chiudeva
con il commissario Montalbano ricoverato all'ospedale a causa di una ferita
d'arma da fuoco, « La pazienza del ragno » , ottavo romanzo
della serie, è un giallo sui generis, in cui non si deve andare
alla ricerca di un assassino, perchè delitti non ce ne sono, ma
in cui si devono trovare i responsabili di un rapimento. è infatti
scomparsa una giovane studentessa universitaria, la cui famiglia è
però nota in paese per non aver danaro. Fuga? Rapimento? E quali
le reali motivazioni?
Dicevamo di partire dal mito. E il nostro approccio non appaia casuale
o peregrino, dal momento che è l'autore stesso ad indicare la strada,
inizialmente con il titolo e, verso la fine del romanzo, richiamando il
mito greco di Aracne, l'antica tessitrice lidia che osò sfidare
Atena in una gara di tessitura e che per questo fu dalla dea mutata in
ragno. Leggiamo insieme il passaggio, a nostro avviso uno dei pi ù
riusciti dell'intero romanzo, che in parte parafrasa alcuni esametri del
poeta latino Ovidio: « e allora in una lintezza da incubo, come in
una interminabile dissolvenza- assolvenza cinematografica, la tistuzza
del ragno principiò a cangiare colore e forma, dal grigio passando
al rosa, il pelo mutandosi in capelli, l'occhi da otto assommandosi a due,
fino a rappresentare una minuscola faccia umana che sorrideva soddisfatta
del bottino che teneva stritto tra le zampe. Montalbano atterrí.
E tutto ' nzemmula gli tornò alla mente un passo d'Ovidio studiato
a scola, quello della tessitrice Aracne cangiata in ragno da AtenaÖ
Possibile che il tempo si fosse messo a scorrere narrè, fino alla
scura notte dei miti? Ebbe un capogiro, una vertigine » . Ci si scuserà
la lunga citazione, ma abbiamo voluto dare al lettore, anche a quello che
mai abbia letto Camilleri, un esempio della sua prosa. Una prosa che riesce
ad affascinare per le esche narrative, per la tessitura delle situazioni
investigative e, al contempo, per la forza straniante di una lingua gustosamente
immersa nel dialetto siciliano. Ma stavamo parlando del mito. Il suo valore
in questo romanzo di Camilleri è molteplice e sfaccettato. In certa
misura il mito serve per farsi, come si diceva, metafora della vera identità
del colpevole, bella potente metafora, che permette di leggere in filigrana
la pazienza, l'astuzia, l'inganno e soprattutto l'odio (e qui è
davvero il mito greco ad illuminare la strada) che muovono il colpevole.
Ma la dimensione metaforica non esaurisce la complessità che il
richiamo alla « scura notte dei miti » riveste nel romanzo.
Il Montalbano de « La pazienza del ragno » viene infatti presentato
come un uomo non pi ù giovane che si è trovato a un passo
dalla morte, un uomo stanco e scorato, emotivamente fragile « che
basta un nenti a portarlo, a tradimento, sull'orlo della commozione »
, un indagatore, infine, che fatica a comprendere le ragioni del proprio
mestiere. E in tutto questo il ricordo del passato, anche di quello scolastico
(il mito ovidiano studiato sui banchi di scuola), è evidente segnale
di una melanconia struggente che come un basso continuo logora le dure
fibre del maschio e spesso rude investigatore siciliano, in passato per
nulla incline alla benchè minima concessione al sentimentalismo.
Ma questo scorrere indietro del tempo verso « la scura notte dei
miti » è pure caduta nell'abisso dell'irrazionale e dell'inconscio,
nell'ancestrale polla dell'Es, condizione apparentemente paradossale per
un investigatore, che dovrebbe trovare nella razionalità e nella
logica i suoi principali strumenti di lavoro. In realtà, si sa,
spesso per Montalbano, investigatore per vocazione pi ù che per
professione, l'attività investigativa è spesso atto prerazionale
prima ancora che razionale. In un passaggio si legge: «E qui a Montalbano
capitò una cosa che ogni tanto, mentre faciva un'indagine, gli succedeva.
E cioè che nel ciriveddro so alcuni dati apparentemente incollegabili
tra loro improvvisamente si saldavano e ogni pezzo s'assistimava al posto
giusto nel puzzle da comporre. E questo avveniva prima ancora che ne aviva
perfetta coscienza». E allora, se pure il «paradigma indiziario»
di sherlockiana memoria, che prevede l'attenta ricerca, osservazione e
interpretazione degli indizi, indubitabilmente guida pure l'investigatore
siciliano, non è neppure da dimenticare la forte dimensione istintuale
che permette a Montalbano di arrivare alla scoperta del colpevole.
È anche in forza di questa sua detection dal sapore tanto istintivo
e casereccio che Montalbano si rivela figura assolutamente solidale con
l'intero impianto narrativo, dove, anche a livello linguistico, domina
un « pastiche » definito da qualcuno « una lingua mescidata
e sprofondata talvolta nel ventre del dialetto » . La scelta linguistica
di Camilleri che, si ricordi, è una operazione dall'alto, un processo
colto che innesta sul tronco dell'italiano il ramoscello del dialetto siciliano,
mira cosí da un lato ad immergere il lettore nella cultura locale
e dall'altro lato a costruire situazioni comiche e umoristiche. E il valore
letterario e culturale di questa dissimulazione mimetica sia sul piano
narrativo sia sul piano linguistico si rivela la più genuina carta
vincente del lettissimo scrittore siciliano.
Elissa Piccinini
La Provincia
Pavese, 18.11.2004
“Niente di strumentale”. “La barriera” replica a Cotta
L’Unione Sarda,
18.11.2004
Flop per la fiction con Castellitto
Il pubblico cambia canale. Commissario Maigret, il caso (televisivo)
è chiuso
Maigret? «Una scelta editoriale sbagliata». Lo dice, nel
giorno delle riflessioni per il flop del commissario Maigret interpretato
da Sergio Castellitto su Canale 5, il regista Renato De Maria. Mediaset,
la Grundy e soprattutto Castellitto sono sotto choc, perchè non
si aspettavano, soprattutto martedì, un risultato così nero.
Lunedì, Maigret ha vinto di un soffio su un film in replica, ma
l'altra sera è stato battuto dal varietà di Raiuno I raccomandati:
una media delle due serate di 5 milioni 308 mila spettatori, 19 per cento
decisamente uno scarso risultato sia rispetto alle attese, sia per il costo-contatto
ossia il rapporto tra i costi (alti) e gli spettatori, sia per l'impegno
profuso nella produzione che ha ricostruito a Praga la Parigi degli anni
'50, si è avvalsa di talenti solitamente impegnati con il cinema,
come il musicista Nicola Piovani, lo scenografo Francesco Frigeri, la costumista
Elisabetta Montaldo. «Lo dico ora, con il senno di poi», aggiunge
De Maria, «forse Maigret è per il pubblico televisivo un "intoccabile",
forse è stato sbagliato pensare a quest'operazione per un pubblico
che non fosse quello di nicchia di Retequattro, forse i ritmi delle indagini
di Maigret non sono compatibili con quelli della tv di oggi. Maigret è
un racconto di atmosfera e non di eventi. Se a questo ci aggiungiamo gli
spot...». Il pubblico sulla carta era favorevolmente disposto ad
una nuova versione del mito del "polar" francese, ma alla prova del telecomando
ha fatto zapping. In entrambe le serate, Maigret è partito al 19
per cento, lunedì poi era finita bene, intorno al 26 per cento.
Dunque per la serata di martedì ci si aspettava una media buona
e un coinvolgimento di almeno due milioni di spettatori in più.
Ieri, la doccia fredda dei dati Auditel. La composizione del pubblico parla
di una platea soprattutto di donne di una certa età (il famoso zoccolo
duro della fiction tv) e del Nord Ovest, con una buona presenza di pubblico
laureato. Le "nostalgiche" sono state soprattutto loro, mentre il pubblico
del Sud, solitamente molto presente sulla fiction si è spostato
altrove. Pubblico e critica, cosa che capita non frequentemente, si sono
trovati d'accordo nell'attribuire una grande lentezza a questo nuovo Maigret,
una ricostruzione perfettina talmente illuminata da far evaporare ogni
atmosfera noir. Un'occasione mancata insomma, un tentativo non riuscito
di fare su Canale 5 un'operazione tipo Camilleri-Montalbano (non a caso
Castellitto aveva detto: se andrà bene, per la tv sarò solo
Maigret). Il problema, adesso, non è solo quello di un bilancio
flop dell'operazione Maigret, un ritorno sotto il segno di Sergio Castellitto
che il pubblico ha mostrato di non apprezzare. Il problema è il
dopo: Maigret è un progetto di una collezione di film, almeno sei,
in coproduzione internazionale; l'accordo con la spagnola Telecinco prevede
altri quattro tv movie; due sceneggiature sono già pronte. La Grundy
Italia poi aveva opzionato dagli eredi Simenon, detentori dei diritti delle
opere dello scrittore belga, i diritti tv di 20 titoli. Si butterà
via tutto?
Università
di Pisa, 19.11.2004
Venerdì 19 novembre 2004 alle ore 16:30, presso l'Aula Magna
Nuova della Facoltà di Lettere e Filosofia (Palazzo La Sapienza,
Via Curtatone e Montanara), presentazione dei Romanzi storici e civili
(Mondadori - I Meridiani) di Andrea Camilleri
Programma
Saluto del Magnifico Rettore Marco Pasquali
Introducono:
Alfonso M. Iacono, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia
Fabrizio Franceschini, Direttore del Master universitario in Italiano
scritto e professionale
Anne Marie Jaton, Vice presidente del Dottorato in Letterature moderne
Intervengono:
Aldo G. Gargani, Docente di Storia della Filosofia contemporanea
Bruno Porcelli, Docente di Letteratura italiana
Roberto Scarpa, Responsabile delle attività educative del Teatro
Verdi di Pisa
Concludono:
Salvatore S. Nigro, Curatore del volume e docente della Scuola Normale
Superiore
Andrea Camilleri
Il Sommo è giunto alle 16,50, e non 16,30, accolto dall'applauso
del pubblico. L'aula era piena. Non tutti sono riusciti a sedersi. Vista
così solo in un'altra occasione.
Interventi tutti interessantissimi, e a tratti anche divertenti. Estratti
notevoli? Farei certamente un torto a molti se pensassi di citarli tutti.
Cercherò di ottenere i testi degli interventi.
In ogni modo, Franceschini, che è un linguista, si è
soffermato molto sulla lingua utilizzata dal Sommo, mettendo in evidenza
che i termini sono presi dal siciliano (a volte, anche per successiva ammissione
del Sommo, inventati ispirandosi al siciliano), ma la struttura è
quella propria dell'italiano colto. Ne ha sottolineato anche la funzione
didattica, dicendo, tra l'altro, che certi testi letterari possono servire
per l'allargamento delle conoscenze linguistiche proprio per il loro essere
lontani dalla lingua standard. Facendo brevemente la storia dell'accettazione
graduale della lingua del Sommo da parte di editori e pubblico, dalla prima
uscita presso Lalli di Poggibonsi agli ultimi successi, ha sostenuto che
questa evoluzione rispecchia anche il cambiamento dei rapporti tra centro
e periferia proprio in una fase in cui si fa avanti la globalizzazione.
Per non dire del "circuito telematico vivacissimo" di persone sensibili
a questo tipo di lingua letteraria (ha citato un sito che non avevo mai
sentito prima: WWW.VIGATA.ORG. boh!?).
Anne Marie Jaton, docente di letteratura francese, come prima cosa
si è dichiarata una Camilleri fan (ho dimenticato di portarmi dietro
i moduli di adesione, sennò glie ne avrei fatto firmare uno sul
posto), e poi ha fatto qualche parallelismo tra la letteratura del sommo
e la letteratura francese. Simenon, per esempio. (Ma Simenon era belga!
Beh, in Francia Simenon è siciliano, perché parla con uno
strano accento e non conta come i Celti, come fanno i Francesi, ma come
i Romani: septante, octante...)
Roberto Scarpa, responsabile delle attività educative del teatro
Verdi di Pisa, ha riferito un racconto del Sommo a proposito di vipere
tacchini e ricci, come parabola sull'attività didattica del Sommo
all'accademia di arte drammatica.
Salvatore Nigro, infine, prima di lasciare la replica al Nostro, ha
un po' raccontato la sua esperienza come curatore del volume, facendo anche
diverse considerazioni sul valore della narrazione e della lingua (sarebbe
bene che si sfatasse una volta per tutte questo mito secondo cui il Sommo
scrive in siciliano).
Piacevole come sempre, e a volte esilarante, la conclusione del Sommo.
Molte considerazioni già familiari a tutti i fan. Una, familiare
forse, non so se detta altrove esplicitamente, ma evidente da tutto il
contesto: "NON HO NESSUNA IDEA SACRALE DELLA SCRITTURA".
SCIENTIIS OMNIBUS PROPAGANDIS TEMPLUM DICATUM:
il cartiglio di marmo sull'architrave della finestra centrale è
quasi crollato in capo a una signora. La prossima volta sarà bene
invitare nel tempio solo gente con idee sacrali. O magari no, continuiamo
così, tanto il cartiglio è crollato.
Emanuele
Il Barbiere
della Sera, 19.11.2004
"Terre di mezzo" premia i vincitori
Oggi pomeriggio alle ore 18 alla Feltrinelli di Genova, in via XX Settembre,
Maurizio Maggiani e Marco Cassini incontrano i finalisti della quarta edizione
del Concorso letterario promosso dal giornale di strada TERRE DI MEZZO.
In giuria Simona Vinci, Gabriella D'Ina di Feltrinelli e Marco Cassini
di Minimum fax.
I venti migliori racconti selezionati dal Concorso letterario di Terre
di mezzo saranno disponibili al pubblico in un'antologia. Si intitola "Sirene.
Le voci del mare", dal tema del Concorso di quest'anno, ed è arricchita
da un'intervista esclusiva ad Andrea Camilleri sulla sua esperienza di
scrittore e da un racconto inedito di Maurizio Maggiani.
Venerdì 19 novembre, alla Feltrinelli di Genova, la presenteranno
Maurizio Maggiani e Marco Cassini, direttore editoriale di Minimum fax,
in compagnia della redazione di Terre di mezzo e di tutti i finalisti.
Un'occasione anche per discutere di scrittura d'esordio, dei segreti
per farsi leggere da un editore, degli errori da evitare quando si affronta
la pagina bianca.
I VINCITORI:
1° classificato: "Lo scafista" di Anna Lo Piano, Roma
2° classificato: "+ 39" di Claudio Mennuni, Alessandria
3i classificati (a pari merito):
"La polpa del fico" di Caterina Ferrara, Milano
"Me lo faceva fare il mare" di Simona Angioni, Milano
5i classificati (a pari merito):
"Camay" di Monica Galanti, Palanzo (Co)
Voglio vedere cosa porta il mare", di Thomas Ruberto, Livigno (So)
Ansa, 19.11.2004
Teatro: i quattromila burattini vanno in hotel
Palermo - Sono quattromila burattini, dai paladini dell'Opera dei pupi
siciliani agli hun krabok della Thailandia, dai kebe-kebe del Congo alle
mua roi nuoc, marionette vietnamite che affiorano dall'acqua. Sono i 'pezzi'
del Mima, il Museo Internazionale delle Marionette, dichiarati dall'Unesco
''patrimonio orale e immateriale dell' umanita'''. Il Museo ha aperto nei
giorni scorsi a Palermo la nuova sede, in piazzetta Niscemi. Una struttura
di tre piani, accolta in un'ala dello storico Hotel de France, grande circa
900 metri quadrati con laboratori di restauro, tre depositi per gli addetti
ai lavori, ma soprattutto con un jardin d'hiver e una grande sala da ballo
in stile liberty che sara' adibita a teatro. In questo palazzo, nel cuore
del centro storico della citta', da oggi viene custodito il ''tesoro''
raccolto in anni di viaggi e ricerche in tutto il mondo dal mecenate Antonio
Pasqualino, un medico chirurgo e antropologo palermitano con la passione
per i burattini, morto nel 1995, e sua moglie, la studiosa danese Janne
Vibaek. La nuova sede verra' inaugurata ufficialmente oggi con il ''XXIX
Festival di Morgana'', incentrato su quattro tipi di spettacolo: oltre
ai pupi siciliani, il teatro sanscrito dell' India, il Bunraku giapponese
e il Wayang Kulit dell'Indonesia. La Rassegna vedra' alternarsi spettacoli,
proiezioni di video e conferenze di cui parte integrante e' la mostra ''L'epos
appeso ad un filo''. Dopo 18 anni trascorsi nell'antico palazzo di via
Butera, e prima ancora a palazzo Fatta, i fondali di scena, le orchestre,
le scenografie, le ombre orientali, gli strumenti musicali e tutti ''i
tradizionali strumenti di lavoro dei veri pupari - dice Janne Vibaek -
si sono trasferiti in questo museo vivente dove e' possibile sognare''
e che come sottolinea lo scrittore Andrea Camilleri, in una nota, ''vuole
proporsi anche e soprattutto come centro di propulsione e d'attivita' culturale,
come dimostra il Festival di Morgana''.
[…]
La Nazione (ed. di Pisa),
20.11.2004
A 'lezione' da Camilleri fra cultura e ironia Lo scrittore siciliano
ospite dell'università
Festa della simpatia per Andrea Camilleri, il 'padre' del commissario
Montalbano, invitato [...]
Il Tirreno, 20.11.2004
Omaggio a Andrea Camilleri
La Repubblica, 20.11.2004
Da lunedì su RaiTre il programma "Che sarà sarà",
di Gualtiero Peirce e Filippo Arriva
Teche Rai, 50 anni di vita italiana storie di bambini diventati
adulti
Personaggi noti e non. Dalle vecchie interviste ai ragazzini di allora
si arriva alle vite di oggi
S´intitola “Che sarà sarà”, il programma di RaiTre
firmato da Gualtiero Peirce e Filippo Arriva (realizzato con Rai Innovazione
Prodotto, dal lunedì al venerdì alle 13.10, da lunedì
prossimo) che racconta i bambini di cinquanta anni fa, intervistati dalla
Rai nel corso degli anni, e gli adulti che sono diventati.
[…]
Venti le puntate previste, ciascuna composta da tre storie di gente
comune, una di un personaggio noto e un "wanted", con la vecchia intervista
di un (allora) bambino che ora si cerca di rintracciare. Il materiale di
repertorio utilizzato è stato recuperato nelle Teche Rai.
[…]
Tra i personaggi noti ci sono Margherita Hack, Leo Gullotta, Paolo
Rossi, Felice Gimondi, Andrea Camilleri, Lea Pericoli e Pietro Mennea.
Il Tirreno, 21.11.2004
Sono un acrobata della scrittura
Una cavalcata fra il Seicento e l'Ottocento
Giovanni Parlato
La Repubblica
(ed. di Bologna), 21.11.2004
Il personaggio. Il blob di Supersenior assessore scomodo
In 414 pagine della rivista Panta il ritratto a più voci dell´assessore
E il forcone del Nettuno entrò nel palinsesto della cultura
I giudizi di Gad Lerner, Enzo Siciliano, Andrea Camilleri, Alberto
Arbasino
«La forca di Nettuno» è un titolo che ronza nella
testa di Angelo Guglielmi da qualche mese, più o meno da quando
è seduto sulla poltrona di assessore alla cultura ed ha avuto l´opportunità
di tornare a passeggio, come faceva da ragazzo, all´ombra del bronzone
del Giambologna. Non sa ancora bene a cosa applicarlo, quel titolo così
eufonico; era disposto a regalarlo all´amica editrice e cineasta
Elisabetta Sgarbi per una delle sue (di lei) iniziative culturali. Ma forse
lo terrà per sé: come motto e sigla del suo inatteso e imprevedibile
mandato.
Smetteranno di sorridere adesso quelli che sorridevano a luglio quando
il sindaco Cofferati tirò fuori dal cappello questo settantacinquenne
dal passato intellettuale fragoroso e dalla presente candida nuvola di
capelli, che sembrava prelevato di peso dal set di Supersenior, il reality
gerontologico che è stato la sua ultima creatura televisiva. Dissero
i buoni: è il fiore all´occhiello di una giunta modesta. Dissero
i cattivi: è l´uomo di paglia, la cultura a Bologna la farà
il Cinese. Sbagliavano entrambi, e chissà se non s´è
sbagliato anche Cofferati pensando di mettersi in casa un tipo più
malleabile, invece eccolo che punta i piedi e disfa progetti come uno che
ha l´intenzione, guarda un po´, di prendere delle decisioni.
Chi se l´aspettava?
Bastava chiederlo a chi lo conosce bene. Cioè quaranta persone
dai cognomi eccellenti (da Arbasino a Zaccaria passando per Costanzo Maselli
Lizzani Ghezzi Deaglio Cavani ecc. ecc.) che gli hanno collettivamente
edificato un monumento di carta, un regalo collettivo di compleanno, un
omaggio pre-postumo al suo triplice passato di critico letterario, dirigente
televisivo e organizzatore cinematografico, una cosina da 414 pagine appena
uscito come numero speciale della rivista Panta, reperibile in libreria
al prezzo di euro 19. Il Panta-Blob Guglielmi è anche un´utilissima
guida all´uso del neo-assessore per chi, a Bologna, dovrà
rassegnarsi ad avere a che fare con quest´uomo che è un eufemismo
definire «intellettuale scomodo»; e stiamo parlando non tanto
di politica e cultura quanto specificamente di carattere. Perché
tutti gli amici che hanno dato il loro contributo a questa «fenomenologia
della guglielmità», per dirla con Renato Barilli, tra ampi
attestati di stima, ammirazione, affetto e riconoscenza, non possono non
lasciarsi sfuggire qualche brivido di sconcerto al ricordo delle rispettive
frequentazioni con un Angelo talvolta assai poco angelico, che ti guarda
«senza interesse per le cose che dici» (Gad Lerner), che sa
maneggiare «il manganello critico» (Franco Cordelli) e la «problematica
insolenza intellettuale» (Alfredo Giuliani), che «ti ipnotizzava
con quei quattrocchi e ti metteva a disagio» (Pier Luigi Celli),
dotato di «una candida villaneria» (Sandro Parenzo), di cui
puoi vantarti, se ti va bene, di essere «avversario amico»
(Enzo Siciliano), uno che sa rinchiudere «una sentenza in una parentesi»
(Andrea Camilleri) [Il titolo dell'intervento di Camilleri è
"La parentesi Guglielmi", NdCFC], uno che, del resto, ha intitolato
la sua semi-autobiografia intellettuale «Trent´anni di intolleranza
(mia)» e ammette di amare «la recensione tendenziosa, un po´
inattendibile, coi toni forzati», insomma un «critico militante»
che ha iniziato, col Gruppo ´63, pugnando in mischia con «lo
scandalo dell´arte contemporanea» e sembra voler continuare
a pugnare con la stessa scandalosa allegria che lo ha reso padre felice
della RaiTre dei comici, di Blob, di Avanzi eccetera.
Quale sia il palinsesto shock che ha in mente per Bologna, questo ancora
non è proprio chiaro, comunque ne ha uno in testa, sicuramente;
si rassegni chi lo sperava assessore assenteista. Sofferente confesso,
almeno saltuariamente, di «eccesso di autostima», Supersenior
Guglielmi non si asterrà dall´esserci, così come non
s´è astenuto neppure, con candida improntitudine, dall´intrufolarsi
insistente tra le pagine di questo libro dedicato a lui, chiosando gli
interventi, raccontando aneddoti, pubblicando in fotocopia lettere con
firme illustri ripescate dal suo privato epistolario e appiccicate qua
e là a mo´ di pastiche, o meglio di Blob versione tipografica,
tanto che a momenti, nel libro, son più le pagine che lui dedica
a se stesso di quelle che gli dedicano gli altri. Sarà un buon assessore?
Ai posteri. Magari la sua «forca di Nettuno», se imbracciata
con gaddiana veemenza, farà qualche vittima innocente. Ma un irregolare
di genio come questo, nell´assonnata cultura bolognese, è
più difficile trovarlo che perderlo.
Michele Smagiassi
La Sicilia, 21.11.2004
Doppia stagione, 44 serate a teatro
Presentate ieri la rassegna nazionale e quella domenicale. Si comincia
il 7 dicembre
Ben 44 serate a teatro: saranno tanti gli appuntamenti al «Margherita»
tra stagione nazionale e stagione «popolare», entrambe presentate
ieri mattina dagli organizzatori, vale a dire Comune, Gruppo Averna e,
per la prima volta, Pro Loco. Sono 10 gli spettacoli del cartellone maggiore
e 12 quelli della domenica pomeriggio, tutti con replica.
La stagione nazionale prenderà l'avvio il 7 e 8 dicembre con
«Vissi d'arte, vissi d'amore» con Rossella Falk; seguiranno
«Reperto Rai Ot» con Sabina Guzzanti (14-15 dicembre), «La
signora Leuca» di Camilleri tratto da Pirandello, con Ida Ferrara
(21-22 gennaio), «George Dandin» con Lello Arena (1-2 febbraio),
«Le nozze difficili» di Brancati (21-22 febbraio), «La
lunga vita di Marianna Ucria» di Dacia Maraini con Mariella Lo Giudice
e Andrea Giordana (14-15 marzo), «L'armata a cavallo» con Moni
Ovadia (8-9 aprile), «Tango di Luna» teatro danza con Luciana
Savignano (12-13 aprile), «Sabato, domenica e lunedì»
di Eduardo De Filippo con Anna Bonaiuto e Toni Servillo (20-21 aprile),
«L'urlo» con Umberto Orsini e Giovanna Marini (7-8 maggio).
Il sindaco Messana s'è detto soddisfatto per il ruolo di veicolazione
della cultura assolto dal «Margherita», sempre più «laboratorio»
di iniziative, mentre l'assessore alla cultura Fiorella Falci ha illustrato
i vari spettacoli, per i quali - ha rimarcato - è stata riservata
attenzione particolare alle donne, sia come tematiche, che come protagoniste
in scena. Maria Luisa Averna ha ribadito la collaborazione del Gruppo,
che rimane - ha detto - fortemente legato al territorio, così come
ha sottolineato la positiva risposta del pubblico ad ogni stagione (nella
foto, da sinistra, Averna, Messana e Falci). Per la Pro Loco - presente
anche il presidente Salvatore Rovello - è intervenuto Rino Formica.
A Giuseppe Speciale, presidente dello Stabile Nisseno (che assicura, come
sempre, i servizi assieme ad Orpheus Eventi e ArteSpettacoli), il compito
di presentare i 12 spettacoli (anch'essi con replica) della rassegna domenicale,
che inizierà il 9 dicembre e che vedrà, tra i protagonisti
più noti, Enrico Guarneri, Tuccio Musumeci, Romano Bernardi, Pippo
Franco. Il costo complessivo per le due stagioni è di 290 mila euro.
Tornando alla rassegna maggiore, lusinghieri i giudizi di due «addetti
ai lavori», intervenuti anch'essi alla presentazione, vale a dire
Orazio Torrisi e Giuseppe Di Pasquale, rispettivamente direttori artistici
dello Stabile di Catania e del «Margherita» di Racalmuto. L'abbonamento
per la platea costerà 200 euro (per i palchi si va da 110 a 160),
mentre il singolo biglietto costerà 24 euro (platea) e da 15 a 18
per i palchi.
Da stamane, intanto, e fino a mercoledì, sarà possibile
operare la prelazione per gli ex abbonati, rivolgendosi al botteghino del
teatro dalle ore 10 alle 13 e dalle 17 alle 19,30.
Walter Guttadauria
Il Mucchio Selvaggio,
dal 23 al 29.11. 2004
Andrea Camilleri
La pazienza del ragno
Sellerio, pp. 255, euro l0,00
Andrea Camilleri col suo ultimo Montalbano ha colpito ancora una volta
nel segno. Il romanzo è un eccentrico giallo non certo d'azione
ma tutto basato sulla psicologia dei personaggi e sull'intelligenza emozionale
dell'arcinoto commissario di Vigata, ormai verso la mezza età e
sempre più incline a farsi coinvolgere emotivamente dalle disavventure
degli inquisiti e sempre meno politically correct, anzi senz'altro disobbediente,
come appare alla fine del romanzo quando finisce per coprire chi ha infranto
la legge, essendo egli - per dirla con l'ibrido linguaggio a metà
tra il siculo e l'italiano di Camilleri - "un omo chi aviva un personale
criterio di giudizio supra a ciò che è giusto e ciò
che è sbagliato. E certe volte quelIo che lui pinsava giusto arrisultava
sbagliato per la giustizia”.
Ma tant'è: Salvo Montalbano risulta simpatico proprio per questo.
Però forse il segreto del successo commerciale de “La pazienza
del ragno” sta nella collaudata formula stiIistica da cui lo scrittore
siciliano s'è ben guardato dal prendere le distanze anche in questo
suo ultimo lavoro. Insomma ci troviamo di fronte alla stessa ricetta di
scrittura con gli stessi ingredienti narrativi e gli stessi sapori all'insegna
di una Trinacria un poco stereotipata e abusata per luoghi comuni e personaggi
talora macchiettistici ma facilmente riconoscibile. Innanzitutto per lo
scialo del (gradevolissimo) dialetto che la fa da padrone nel testo e poi
per i personaggi come Montalbano e la fidanzata Livia, il vicecommissario
Augello e i fidi Fazio e Catarella: tutti resi ancora più notori
dalla fortunata serie televisiva. Così - al di là della pur
ben congegnata inchiesta - Camilleri strizza l'occhio al lettore facendogli
ripercorrere i topoi narrativi ormai classici della sua navigata
serie poliziesca: dai prevedibili litigi (seguiti da puntuali, subitanee
riappacificazioni) tra Salvo e Livia, agli equivoci e inciampi linguistico/concettuali
dello sprovveduto Catarella, alle puntuali scorpacciate del commissario,
alle sempre pittoresche comparse minori (siano essi vecchi contadini o
sensuali picciotte).
Ci sono però elementi di novità in quest'ennesima (dis)avventura
di Montalbano. Il personaggio, si diceva, è un po' invecchiato e
intristito. Senza la presenza di Livia, sulla villetta di Marinella incombe
la solitudine e la mancanza di un discendente turba alquanto l'uomo, che
si consola facendo il padrino a figlioli altrui. Infine il disincanto rispetto
al proprio lavoro: cioè alla possibilità di castigare i cattivi
e di proteggere i buoni. Giacché questa volta non sarà per
nulla semplice stabilire qual è l'autentico perseguitato e quale
il reale persecutore; infatti chi ha compiuto il delitto è persona
dabbene, mentre la vera vittima si dimostrerà, in un certo senso,
colpevole.
Francesco Roat
l'Unità, 23.11.2004
Camilleri, un trapezista della lingua tra ironia e levità
Il Secolo XIX,
23.11.2004
Mostra fotografica alla FNAC
Scrittori ritratti da Gattoni
Susan Sontag sul tetto d'un grattacielo di New York e Luis Sepulveda
a Parigi sulla tomba di Luis Cortàzar. Valerio Evangelisti che si
descrive "attorniato dai miei sogni cupi" e Annie Ernaux che si vede "esposta
col suo avvizzimento". Daniel Pennac nel ventre del sottosuolo di Parigi
e Josè Manuel Fajardo appoggiato a un muro scrostato. Andrea Camilleri
in un interno romano, col suo sguardo ironico puntato su di noi, e Reina
Maria Rodriguez accanto a un gatto nell'aria ventosa dell'Avana.
Sono 37 ritratti in bianco e nero di "Scrittori nel mondo, mondo di
scrittori" che il fotografo romano Francesco Gattinoni, 48 anni e una laurea
in psicologia, espone al forum fnac fino al 10 gennaio "per condividere
con un pubblico di amatori le emozioni che mi hanno riservato tanti incontri
con protagonisti di spicco della cultura".
Realizzati negli ultimi dieci anni per il quotidiano Le Monde, questi
scatti intensi - inquadrature di linee essenziali scelte rispetto al gioco
di luce - sono spesso esposti accanto a un commento dei protagonisti. "Attimi
infilzati", come scrive il napoletano Erri De Luca, autore di "Aceto arcobaleno",
"Tre cavalli" e "Montedidio", che mettono a nudo quella porzione d'intimità
più nascosta che le parole avevano imparato a proteggere e ispirano
a chi è immortalato di volta in volta parole di gratitudine, di
rifiuto, di fuga.
Lu.Co.
Corriere della sera,
24.11.2004
L’incontro. In occasione del «Premio Mondello», scrittori
e studiosi si confrontano sullo stile della lingua italiana
Isola locale o globale, i volti della letteratura postmoderna
Un canone è qualcosa che, per definizione, sta fermo, dà
la regola, indica la strada. In letteratura, gli autori canonici sono quelli
alle cui opere si guarda come a modelli da seguire. Ma chi fissa le regole?
Chi stabilisce che un romanzo debba diventare un «classico»?
Come si «irrompe» in un canone e come lo si rompe? Di questo
si parla, da oggi a venerdì, in un convegno curato da Alba Donati,
dal titolo «Il canone oscillante». Il simposio fa parte delle
iniziative per i trent’anni del «Premio Mondello - Città di
Palermo». E proprio gli ultimi tre decenni di storia letteraria italiana
sono il terreno di dialogo e di confronto tra scrittori, critici, studiosi,
poeti e storici della comunicazione.
[...]
La ridefinizione del canone è un’operazione che va dal «locale»
al «globale»: Salvatore Silvano Nigro, ordinario di Letteratura
italiana moderna e contemporanea alla Normale di Pisa, parla de «Il
caso Camilleri» e illustra come il papà di Montalbano riprenda
quel «"canone" di ritaglio siciliano» che ha il suo fondamento
ne Il Consiglio d’Egitto di Sciascia.
[...]
Il convegno «Il canone oscillante» si tiene alla Fondazione
Banco di Sicilia Villa Zito di Palermo (viale della Libertà 52,
con inizio oggi alle ore 16) e fa parte delle iniziative legate al «Premio
Mondello», cui è dedicata anche la mostra «Atlante del
premio Mondello» (alla Galleria d’arte moderna E. Restivo). La cerimonia
di premiazione si svolgerà sabato nella cornice della baia di Mondello.
Info: 091.6814222
Severino Colombo
Avanti!, 24.11.2004
“Pupi”, patrimonio Unesco
Il teatro di figura, particolarmente radicato in Sicilia, mette in scena
la storia delle culture dei vari Paesi in cui è presente. Il Museo
internazionale delle marionette di Palermo è l’unico al mondo a
raccogliere questo patrimonio della tradizione popolare. Il museo è
nato dalla passione di Antonio Pasqualino, insigne chirurgo palermitano
e famoso antropologo, scomparso nel ’95, e della moglie, Janne Vibaek,
danese trapiantata in Sicilia.
[...]
Oltre agli uomini di cultura già da tempo vicini al Museo -
tra gli altri, Vincenzo Consolo, Roberto De Simone, Umberto e Renate Eco,
Dacia Maraini, Francesco Orlando, Francesco Rosi e Michele Perriera -,
il Mima sta legando a sé artisti e letterati come Andrea Camilleri,
Luigi Lo Cascio, Roberto Alajmo, Maurizio Buscarino, intellettuali, professionisti,
imprenditori, non solo siciliani e non solo italiani. In questo clima oggi
prenderà il via il XXIX Festival di Morgana, incentrato su quattro
tipi di spettacoli nominati “capolavori” dall’Unesco: oltre ai Pupi siciliani,
il teatro sanscrito dell’India, il Bunraku giapponese e il Wayang Kulit
dell’Indonesia. Queste espressioni teatrali saranno presenti con spettacoli,
video e conferenze, fino al 12 dicembre.
News Italia Press,
24.11.2004
L'italiano cresce in Finlandia
Il Comitato opera in stretta sinergia con le altre dodici sedi finlandesi,
in particolare con quelle impegnate a Kotka e Turku
Helsinki - Cresce la collaborazione tra il Comitato della Società
Dante Alighieri di Helsinki e gli altri enti culturali locali per la diffusione
della lingua e della cultura italiana in Finlandia. Per la realizzazione
delle proprie attività, la 'Dante' presieduta dalla docente Elina
Suomela può contare sul prezioso appoggio dell'Istituto Italiano
di Cultura, della Cineteca finlandese, dell'Università di Helsinki,
del Centro Scientifico Heureka e dell'Associazione per la diffusione della
lingua e cultura italiane.
Il Comitato opera in stretta sinergia con le altre dodici sedi finlandesi,
in particolare con quelle impegnate a Kotka e Turku, con le quali è
stato realizzato uno scambio di illustri conferenzieri. Tra le attività
svolte dalla 'Dante' locale spiccano le conferenze dedicate ai vari aspetti
della cultura del Bel Paese: "La linea siciliana della narrativa italiana
fino ad Andrea Camilleri" a cura di Raffaele Morabito, dell'Università
dell'Aquila.
[...]
Si svolgerà dal 25 al 27 novembre 2004 il I Convegno Internazionale
"Terre Scandinave in Terre d'Asti" (Villa Badoglio, Fraz. San Marzanotto,
Asti).
Da segnalare, venerdì 26 alle ore 16:00, la relazione Palma
= Abete e/o/og/eller Palme = Gran? di Jon Rognlien, il traduttore norvegese
di Andrea Camilleri.
La Provincia
di Como, 28.11.2004
Interviste. Nel frattempo l'attore debutta martedì a Milano
a teatro con un testo sulla pena di morte
«Montalbano tornerà, parola di Fazio»
Peppino Mazzotta nella fiction tv interpreta l'ispettore che spalleggia
il commissario
Peppino Mazzotta, ovvero l'ispettore Fazio, braccio destro e collega
fidato del commissario Montalbano, tornerà presto a seguire le indagini
dei casi ispirati ai racconti di Andrea Camilleri. Infatti, l'attore napoletano
e Luca Zingaretti saranno all'inizio del prossimo anno sul set per girare
quattro nuovi episodi della serie. La regia è sempre la stessa,
quella di Alberto Sironi che ha firmato l'ultima versione della Monaca
di Monza interpretata da Giovanna Mezzogiorno e andata in onda il mese
scorso su Raiuno. Peppino Mazzotta, in attesa di indossare di nuovo la
divisa di Fazio, si dedica alla scrittura teatrale e nei momenti di tempo
libero, presta la sua opera volontaria per Amnesty International. Legato
al tema della pena di morte, l'artista ha scritto un monologo, Illuminato
a morte, in collaborazione con la Compagnia Rossotiziano, che sarà
in scena al Teatro Verdi di Milano da martedì a domenica 5 dicembre
dalle ore 21. James Berry, Una personalità molto bizzarra e discutibile…
"Sì. Mi sono sforzato di immaginarlo, James Berry, l'ultimo boia
di sua Maestà la regina Vittoria, morto nel 1912, che ha ereditato
questa professione da Marwood, suo maestro e sperimentatore dell'impiccagione
a caduta libera. Nella prima parte dello spettacolo Berry tiene una singolare
lezione, nella quale spiega in maniera matematico-scientifica, l'impiccagione
a caduta libera. Nella seconda parte, il personaggio mostra tutta la sua
follia e si scatena contro gli abolizionisti. Rivendica a modo suo quella
"professione", che una volta veniva tramandata, come un impiego statale,
come «un'arte vera e propria». Al termine svelo il perché
di quella singolare conferenza, ma non voglio aggiungere altro". Presto
indosserà nuovamente la divisa del commissario Fazio. Ci saranno
nuovi episodi? "Certo. All'inizio del prossimo anno gireremo i primi due
episodi tratti dagli ultimi romanzi di Andrea Camilleri: «Il giro
di boa» e «La pazienza del ragno». Questi andranno in
tv entro il 2005. Per gli altri due, Francesco Bruni sta ultimando la sceneggiatura
e saranno programmati per il 2006. Quest'ultima serie vede ancora una volta
Luca Zingaretti indossare gli abiti del commissario Montalbano. Dovrebbe
essere l'ultima esperienza per Luca. Sono già diversi anni che il
cast lavora insieme e ha consolidato un'amicizia che va oltre il set. So
che Luca è impegnato in altro ma non rinuncia a dare il suo volto
a Montalbano". Mazzotta, oltre il « Commissario Montalbano»
, la vedremo ancora in tv? "Tra breve entrerò a far parte di «Distretto
di polizia»".
Peppino Mazzotta in «Illuminato a morte» al Teatro Verdi
di via Pastrengo 16 - Milano - da martedì a domenica 5 dicembre.
Spettacoli da martedì a sabato ore 21, domenica 16.30. Biglietti
14 euro, riduzioni 9-7 euro. Infoline 02-68.80.038
Marilena Giaimis
CremonaOnLine,
29.11.2004
Emanuela De Crescenzo, Francesco De Filippo
Pubblicate esordienti?
Per gli autori alla prima opera è complesso trovare un editore.
'Pubblicate esordienti?’ è una guida con indirizzi, numeri di telefono,
siti internet e nomi dei referenti a cui inviare un manoscritto. Un aiuto
a tutti coloro che hanno uno o più libri nel cassetto e tentano
di trovare personalmente un editore che glielo pubblichi senza rivolgersi
ad un'agenzia letteraria. Un intervento di Andrea Camilleri, suggerisce
a coloro che intendono pubblicare il proprio primo libro, saggio o raccolta
di poesie, di aver pazienza e autocritica. Lo scrittore siciliano, afferma
che «occorre che l'autore si migliori e migliori ciò che ha
scritto; soltanto quando lui stesso e non altri capirà che il libro
non può andare oltre allora è il momento di tentare la strada
della pubblicazione». Gli autori della guida suggeriscono comunque
di inviare a tutti gli editori ciò che si è scritto, riservandosi
solo per ultima la possibilità di pagare per vedere il proprio lavoro
pubblicato.
La Sicilia, 29.11.2004
In un'opera omnia l'altro Pirandello
Aleggiava su tutto e su tutti, lo spirito di Luigi Pirandello nella
Sala del Carroccio, in Campidoglio a Roma, l'altra sera, quando è
stata presentata ufficialmente alla stampa l'«opera omnia»
di Stefano Landi, alias Stefano Pirandello, nato ad Agrigento nel 1895
e morto a Roma nel 1972, figlio maggiore del Premio Nobel e scrittore e
drammaturgo anch'egli, purtroppo rimasto sempre nell'ombra perché
irrimediabilmente «schiacciato» dalla notorietà del
padre.
A rievocare la figura del raffinato scrittore, figlio della terra agrigentina,
e a ricordarne le sue opere teatrali, tra gli altri è stato anche
Andrea Camilleri, un po' sotto tono a causa di una fastidiosa influenza,
ma affabulatore affascinante come gli compete, che si è soffermato
a raccontare dell'intenso e a volte travagliato rapporto tra padre e figlio
e del grande amore di Stefano verso il teatro.
[…]
Lorenzo Rosso
La Sicilia, 29.11.2004
Prossimamente a Roma
Melo Minnella incontra Andrea Camilleri
Le sue foto piacciono al papà di Montalbano
Mussomeli. Sarà un incontro storico per Mussomeli, quello in
programma tra Melo Minnella, grandissimo fotografo qui nato nel 1937 che
da tempo vive a Palermo con la sua famiglia, e Andrea Camilleri, lo scrittore
che ha inventato il commissario Montalbano, nato a Porto Empedocle nel
1925, ma da tempo residente a Roma dove continua a vivere salvo quando
torna nella nostra assolata isola.
L'occasione dell'incontro è nata dalla videointervista realizzata
nei mesi scorsi dai diessini per la Festa dell'Unità del Vallone
2004. Nei giorni scorsi, a seguito di contatti telefonici, Camilleri ha
autorizzato la pubblicazione della videointervista rilasciata in esclusiva
e curata dal responsabile organizzativo della Festa dell'Unità,
Tonino Calà e da Michele Morreale, entrambi docenti.
Camilleri aveva anche espresso grande apprezzamento per gli scatti
di Melo Minnella, che incontrerà a Roma. In quell'occasione, Minnella
consegnerà al papà di Montalbano, copie dei libri di fotografie
su Mussomeli e sulle feste religiose in Sicilia.
Camilleri, studioso della storia siciliana e considerate le sue pubblicazioni
a carattere storico, ha manifestato curiosità verso la storia di
Mussomeli e quindi troverà di sicuro interesse la "Storia di Mussomeli"
di Giuseppe Sorge e altre pubblicazioni sulla capitale del Vallone che
gli saranno donate dai diessini nell'intento di valorizzare, le ricche
e secolari vicende di Mons Mellis.
Roberto Mistretta
Libreria
del Giallo, 30.11.2004
Traduzione e trasposizione
Alle ore 18:00 incontro con Jon Rognlien, il traduttore norvegese di
Andrea Camilleri, che parlerà di qualche dilemma che ha incontrato
quando le palme siciliane di Camilleri dovevano essere trapiantate nei
boschi scuri e freddi tra abeti e betulle norvegesi. Commenterà
Luca Conti, traduttore italiano di numerosi gialli. Interverrà Carlo
Oliva. Dibattito aperto, segue aperitivo.
Il Quotidiano
della Calabria, 30.11.2004
Presentato dal presidente di "Nuova Ipotesi" l'innovativo cartellone
per la stagione teatrale
Masciari live di scena per il 2005
Cinque produzioni e l'adesione di 5 scuole al progetto "Colori d'autore"
Grandi novità in vista nel ricco cartellone del teatro Masciari
messo a punto dalla cooperativa Nuova ipotesi per una stagione teatrale
alternativa targata 2005 grazie alla collaborazione ed al sostegno degli
enti pubblici, Comune, Provincia in prima linea e poi Camera di commercio,
Assindustria, Biblioteca De Nobili, le scuole, e infine la Regione.
[...]
E ieri mattina nella saletta dello storico teatro Masciari a presentare
l'evento c'era anche la consulente artistica del progetto "Colore d'autore",
Maria Luisa Bigai.
[...]
Tra le novità in cartellone il progetto "Colore d'autore" che
prevede incontri spettacolo con tre grandi scrittori italiani: Melania
Mazzucco il 31 gennaio, Carlo Lucarelli il 4 aprile e Andrea Camilleri
il 18 aprile.
Un progetto illustrato dalla stessa Bigai ed al quale parteciperanno
fattivamente sia le scuole che la Biblioteca De Nobili.
[...]
Amalia Feroleto
Modica.info, 30.11.2004
Promozione del territorio
Quattroruote sceglie la Fornace Penna di Sampieri come set di una
prova su strada
Per la seconda volta in due anni il mensile più letto dagli italiani
sceglie Scicli e il set di Montalbano per un servizio giornalistico.
La Fornace Penna di contrada Pisciotto a Sampieri set di una prova
su strada del mensile più letto dagli italiani, Quattroruote. Nel
numero di dicembre, in edicola da pochi giorni, Quattroruote dedica una
foto alla cosiddetta “mannara” del commissario Montalbano, che diventa
set della prova di affidabilità di un’autovettura. Fatto straordinario,
l’altro sito scelto dal mensile edito dalla Domus per le pose della prova
su strada sono i templi di Agrigento, segno della grande riconoscibilità
e della forza comunicativa che ha nell’immaginario collettivo il manufatto
di archeologia industriale di punta Pisciotto.
Nel marzo del 2003 Quattroruote aveva dedicato un altro servizio giornalistico
ai luoghi di Montalbano, ritraendo l’auto della prova su strada davanti
il Municipio di Scicli, sede di quello che nella fiction televisiva è
il commissariato.
Giuseppe Savà
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