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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2006

 
NAE, n° 13, Inverno 2005
Camilleri fa i coperchi
ANDREA CAMILLERI / JACQUES CAZOTTE, Il diavolo tentatore / innamorato, Donzelli editore, Roma, 2005, pp. 142, Euro 14,50.

Andrea Camilleri non si sottrae alla scrittura d’occasione: non si contano le presentazioni, le prefazioni, le introduzioni, brevi testi offerti come cortesie per gli ospiti, per fornire visibilità ad altri piuttosto che a se stesso, ormai oggetto di una notorietà indiscussa. Hanno potuto contare sulla sua disponibilità politici come Walter Veltroni, ‘giallisti’ come Piergiorgio Di Cara e Giancarlo De Cataldo, giornalisti come Salvatore Ferlita, traduttori come Serge Quadruppani. L’autore si è pure prestato a scrivere un racconto, “Il medaglione”, per il calendario 2005 dell’Arma dei Carabinieri: chissà cosa ne ha pensato Montalbano…
Di primo acchito, quindi, il volumetto dell’editore Donzelli che accoppia “Il diavolo che tentò se stesso” di Camilleri a “Il diavolo innamorato” di Cazotte potrebbe sembrare una mera operazione commerciale, un modo scaltro per pubblicizzare un poco spendibile scrittore francese settecentesco, avverso all’Illuminismo e conservatore fino alla condanna alla ghigliottina. Forse l’operazione è effettivamente un po’ maliziosa, ma non si può negare che sia ben riuscita e meritoria: Jacques Cazotte, uno scrittore sui generis, il cui interesse per l’occultismo si è espresso in numerose altre opere anche meno conosciute, è da tempo trascurato dall’editoria italiana, pur essendo considerato da Todorov addirittura l’antesignano del genere fantastico, una sorta di anticipatore delle atmosfere soprannaturali e orrorifiche evocate poi da Hoffman, Poe e Maupassant.
Cazotte era in effetti piuttosto dotato di un certo humour nero che permea le sue narrazioni, sovente ispirate alla novellistica araba. “Il diavolo innamorato”, ritenuto concordemente il suo capolavoro, appare tuttavia, più che un racconto del terrore, un racconto galante, tipicamente settecentesco, con accenti voyeristici più vicini a Sade che a Poe. Infatti il diavolo è femmina: Biondetta viene spiata dal buco della serratura, oppressa, tradita, angariata, ferita ed inseguita in linea con il pattern della fanciulla perseguitata, in voga nel periodo, da Moll Flanders a Pamela, da Justine a Lucia Mondella. Le viene inoltre contrapposta una salvifica ed edipica figura materna che ha il compito improbo di preservare dalla dannazione eterna il nobile spagnolo Alvaro, una figura in bilico tra le tradizioni di Don Giovanni e Faust in anticipo su Da Ponte e Goethe.
Dalla condanna perenne non si salva, invece, l’antieroe di Camilleri. L’autore imbastisce un sapido racconto di satira politica, pregno di allusioni riguardo al fallimento del referendum sulla fecondazione assistita, il cui protagonista è Bacab, un diavolo lucifugo di bassa lega che si ribella alla spietata burocrazia infernale. Questa, infatti, per ogni impresa compiuta o fallita assegna agli adepti dei punti con un criterio da bonus/malus, metodo che impedisce di fatto ai diavoli di umile categoria di fare carriera. Così, Bacab prende un’iniziativa che manda all’aria un progetto accarezzato da lungo tempo dai “piani alti”. Il suo atteggiamento eversivo non sfugge al capo supremo Delamaz, un diavolo con i baffetti e la mania di fare lo skipper (una chiara parodia di D’Alema), il quale, visto che ormai, dice ironicamente Camilleri, vanno di moda le commissioni miste di angeli e diavoli, architetta la punizione per il reprobo in accordo con un Arcangelo Gabriele tinto e trapiantato, in posa da star, che si sottopone a ore di trattamenti in sala trucco nel disperato tentativo di camuffare l’età avanzata. Anche in questo caso è evidente l’oggetto del sarcasmo dello scrittore.
Il nome del personaggio camilleriano è un omaggio a Melville, palese fin dall’incipit, l’eloquente “Chiamatemi Bacab”. Nel breve racconto lo scrittore siciliano si è in realtà divertito ad inserire una sarabanda di citazioni, da “I promesso sposi” alla “Divina Commedia”, fino ai più colti e meno riconoscibili riferimenti a “Le opere dei demoni” di Michele Psello, erudito e filosofo bizantino dell’XI secolo. Tale scritto, un tempo edito da Sellerio, è ormai fuori catalogo: chissà che l’esempio di Donzelli non faccia da apripista alla ripubblicazione di opere misconosciute e tuttavia meritevoli di maggiore diffusione.
Simona Demontis
 
 

VareseNews, 1.3.2006
Tv - In onda i due nuovi episodi del commissario di Vigata. Il regista gallaratese Alberto Sironi svela un segreto
Montalbano non morirà

«Due episodi anomali rispetto ai soliti, molto intensi e più meditativi dei precedenti». Alberto Sironi si dice molto soddisfatto degli ultimi due film su Salvo Montalbano che andranno in onda martedì 7 e 14 marzo, in prima serata su Rai Uno. Il regista originario di Gallarate, che da sempre dirige la serie ispirata ai romanzi di Andrea Cammilleri con protagonista Luca Zingaretti, considera questi due ultimi episodi in maniera diversa rispetto a quelli realizzati finora: «C’è meno azione, ma sono due storie altamente italiane, entrambe parlano di amore ed entrambe riguardano il passato, raramente raccontato a flashback».
I due episodi in questione sono tratti uno dal romanzo "La pazienza del ragno", l’altro, dal titolo "Il gioco delle tre carte" è stato realizzando unendo tre racconti diversi. «Nel primo si parla dell’amore di due fratelli che si trasforma in odio, nel secondo invece si consuma una splendida storia di amore».
E Montalbano? «Lui cresce. È sempre un gran personaggio destinato ormai a rimanere nell’immaginario collettivo dei gialli italiani – spiega Sironi, rispondendo anche alla domanda se sia vero che non verranno realizzati più film sul commissario di Vigata -. Mai dire mai. Certo Luca (Zingaretti, ndr) ha dichiarato più volte che non interpreterà più Montalbano, ma non è detta l’ultima parola. Ogni volta che i nuovi episodi vanno in onda fanno milioni di telespettatori e partono subito le repliche. Zingaretti vuole fare anche altri personaggi ed è rischioso rimanere chiusi in un ruolo. Ma non si sa mai. Sul set si è girato come sempre, non ci sono stati addii di nessun genere. E poi di storie da raccontare ce ne sono ancora molte, Camilleri è sempre contento dei nostri lavori. Vedremo in futuro cosa si deciderà».
Questi due nuovi episodi di Montalbano vede anche diverse novità dal punto di vista del cast con due personaggi noti al pubblico come Stefano Dionisi e Simona Cavallari. «Anche questa una scelta anomala per Montalbano che ha sempre puntato su fecce meno note al grande pubblico - prosegue il regista -. Sono molto contento e soddisfatto del risultato ottenuto, si riesce a scavare ulteriormente nel personaggio del commissario, a renderlo ancora più umano di quanto già non fosse».
Alberto Sironi ha tanti progetti nel cassetto e magari, anche se non si sbilancia, inizia a pensare anche al grande schermo. «Forse una fiction sulla grande guerra, ho appena letto un bellissimo soggetto, ma ci vorrà un po’ di tempo perché la storia sia pronta. Negli ultimi anni ho lavorato molto, penso che qualche mese di riposo non mi farà male».
Manuel Sgarella
 
 

La Sicilia, 1.3.2006
Agenda

Porto Empedocle. Sembrava ieri, invece sono trascorsi decenni.
Ogni domenica si poteva visitare una mostra d'arte diversa, allestita nei locali della Torre da artisti del luogo ma non solo.
Poi c'erano i cineforum e le rappresentazioni teatrali molto seguite e aperte al pubblico e in definitiva fra quelle antiche mura ferveva per davvero il lavoro dell' «officina culturale» del paese.
Tutto questo, avveniva fino all'inizio degli anni Ottanta, quando improvvisamente l'interesse è andato spegnendosi e la Torre di Carlo V° , emblema di Porto Empedocle, ha smesso di rappresentare per la gente della cittadina marinara, il riferimento culturale della comunità.
Adesso, a molti anni di distanza, c'è qualcuno che si è messo in testa di far risorgere quell'intensa attività artistica e teatrale consapevole che lo sviluppo di un territorio possa passare, sempre e soprattutto, attraverso la crescita culturale della popolazione.
Da tempo il grido di allarme sul degrado del bastione posto a difesa del mare empedoclino, lanciato dallo scrittore Alfonso Gaglio (già presidente dell'Associazione Culturale intitolata alla Torre di Carlo V°) viene ignorato.
Ma questa volta un ex socio del sodalizio, memore della grande aggregazione culturale che l'associazione riusciva a dare in quegli anni favolosi, quando lui era ancora ragazzo, ha deciso di affiancarsi alla voce solitaria dell'avvocato Gaglio per riuscire a strappare quel sito dall'oblio in cui è caduto e trasformarlo finalmente in qualcosa di duraturo.
Si tratta dell'empedoclino doc Lillo Firetto, attuale assessore provinciale alla Pubblica Istruzione che proprio negli anni '80, quando la Torre di Carlo V° richiamava ancora attorno a se piccoli e grandi eventi culturali, aveva iniziato a frequentare con una certa regolarità quei luoghi e a collaborare con l'Associazione culturale.
«Ritengo che si debba riannodare l'antico legame che esisteva un tempo fra la città e il monumento - ha detto Firetto - per restituire la Torre alla sua funzione originaria che era appunto quella di centro culturale. Per fare ciò - spiega l'assessore provinciale - occorre un'opera giudiziosa di restauro e destinare quei locali, una volta per tutte, a "Museo del mare" come si era ipotizzato un tempo, facendo tornare nell'animo della gente quella sensibilità di un tempo.
A Porto Empedocle è necessario al più presto far ripartire l'economia - ha concluso Firetto - ma al tempo stesso è necessario anche far ripartire l'officina culturale che è sempre alla base di ogni futuro sviluppo del territorio».
Ricordiamo che anche lo scrittore empedoclino, Andrea Camilleri più volte si è augurato che la Torre venga riqualificata. Lui in questo sito ha ambientato uno dei suoi libri storici: «La strage dimenticata».
Lorenzo Rosso
 
 

Il Gazzettino, 2.3.2006
Difficile abbandonare un personaggio ...

Difficile abbandonare un personaggio molto amato come il commissario Montalbano, ma Luca Zingaretti non teme il futuro. «È stata un'avventura lunga ed esaltante, alle storie di Camilleri devo tantissimo. Ma è necessario chiudere al momento giusto». In fondo, è dal lontano '98 che Zingaretti risolve i casi più strani in quel di Vigata affiancato dai fidi Fazio, Catarella e Mimì Augello. Per questo le puntate in programma martedì 7 e 14 marzo, su Raiuno, sanciranno "l'ultima volta" di Montalbano. «Come dice il maestro Camilleri - puntualizza Zingaretti - è assai importante entrare in scena, ma maggiormente importante poi è uscirne. Salvo Montalbano mi ha consegnato un personaggio pieno di sfacettature, ma a questo punto è tempo di rinnovarsi». Godiamoci così "La pazienza del ragno", l'episodio di martedì diretto come sempre da Alberto e tratto da uno degli ultimi gialli firmati da Camilleri. Montalbano indaga sulla scomparsa di una ragazza, Susanna Mistretta, convinto si tratti di un rapimento. La famiglia della giovane, però, non è così ricca da giustificare un rapimento: il padre è un professore universitario in pensione, la madre soffre di un grandissimo esaurimento nervoso. Anche il fidanzato di Susanna, Francesco, sostiene non si tratti di una fuga d'amore. Ma quando i rapitori si fanno vivi per chiedere un riscatto, il questore sottrae il caso a Montalbano per affidarlo ad un commissario calabrese esperto di sequestri. «Un po' di pausa farà bene a Montalbano - concorda il suo "creatore" Andrea Camilleri - il personaggio non è nato per essere seriale, poveraccio. Quando scrissi il primo "La forma dell'acqua" pensavo di aver chiuso la parentesi poliziesca. Sono stati i lettori a spingermi di continuare». Ma nessun dramma, Montalbano tornerà, per lo meno sulla pagina: a maggio uscirà un nuovo giallo, per Sellerio, «ma non credo scriverò più racconti su di lui». Peccato.
Chiara Pavan
 
 

Il Venerdì di Repubblica, 3.3.2006
Due nuovi telefilm tratti dai gialli di Camilleri. Parla il regista Alberto Sironi
Montalbano torna in tv e indaga nel passato

Alberto Sironi e Andrea Camilleri si incontrarono a Palermo nel '96. Il regista stava girando "Una debole voce" con Licia Maglietta. Lo scrittore aveva appena pubblicato "La forma dell'acqua". "L'hai letto?" chiese. Sironi corse a comprarlo. Poi inserì nel film una scena con il figlio della Maglietta che leggeva "Il ladro di merendine": il primo telefilm delle prima serie del "Commissario Montalbano", girato tre anni dopo da Alberto Sironi. Patito di gialli, regista di inchieste e di polizieschi, Sironi vede in Camilleri il papà del "Maigret" di Gino Cervi, oltre che del Montalbano di Luca Zingaretti: fu infatti grazie a Camilleri, funzionario della Rai di Bernabei, che Simenon concesse alla Rai i diritti da cui nacquero le "Inchieste del commissario Maigret". Dei due telefilm di questa settima serie di Montalbano prodotta da Rai e Palomar, "La pazienza del ragno" e "Il gioco delle tre carte", in onda da martedì, il regista ha un debole per il secondo. Una storia d'amore con personaggi che vengono dal passato, visto che il commissario di Vigàta riapre un caso di vent'anni prima: quello di un uomo (Stefano Dionisi) accusato di aver ucciso il marito della sua amante (Simona Cavallari). E in futuro? Il regista spera di restare a Vigàta, ma una Vigàta dell'800, protagonista di "La stagione della caccia", sempre di Camilleri. Lo scenografo Luciano Ricceri ha già fatto dei sopralluoghi...
Marianna Buonassisi
 
 

La Sicilia, 3.3.2006

Torna in televisione il Commissario più amato dagli italiani, Salvo Montalbano, nato dalla penna dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri e interpretato in Tv da Luca Zingaretti, il quale ha tenuto a precisare che si è prestato per l'ultima volta. Il Commissario Montalbano ritorna in televisione con due nuovi episodi che andranno in onda su Rai Uno.
In particolare, martedì 7 marzo alle ore 21 con «La pazienza del ragno»; e martedì 14 marzo sempre alle ore 21 con «Il gioco delle tre carte» (tratto dal racconto omonimo de Gli arancini di Montalbano e da altri racconti).
I telefilm sono come sempre sceneggiati da Francesco Bruni e Salvatore De Mola con la supervisione di Andrea Camilleri, prodotti dalla Palomar, diretti da Alberto Sironi e interpretati da Luca Zingaretti.
«Dopo questi episodi la serie finirà, - ha detto Sironi - anche se non è escluso un ultimissimo episodio sull'ultimo romanzo di cui Andrea Camilleri ci ha dato delle anticipazioni. Un racconto straordinario che credo ispirerà l'ultimo film della fortunata serie televisiva».
La pazienza del ragno inizia esattamente dove terminava «Il giro di boa». Montalbano ferito durante un conflitto a fuoco che metteva la parola fine all'indagine. Il celebre commissario, in questa inchiesta senza sangue indaga con quella sua verve sbarazzina tanto amata dai lettori.
Due episodi sicuramente tutti da vedere anche perché come al solito c'è la simpatia e la schiettezza di Luca Zingaretti che ormai è entrato nel cuore di molti appassionati.
Ci sono voluti mesi e mesi di duro lavoro per realizzare questi due nuovi episodi e, con molta probabilità anche l'anno prossimo, la Palomar, girerà altri due episodi per la stagione 2007.
I film tratti dalle opere di Camilleri riscuotono sempre e comunque un grande successo e proprio per questo motivo la Rai, oltre ai due nuovi episodi, quest'anno manderà in onda anche tutti i vecchi, che hanno riscosso uno share inimmaginabile.
Ma tutti gli amanti di questo Commissario, non più un giovanotto e che al contempo non si decide a crescere, si attendono di leggere il nuovo libro, atteso per il prossimo mese di maggio. C'è sicuramente molta curiosità per sapere come andrà a finire la storia con la dolce Livia, c'è la curiosità se il palato del Commissario, con l'età che avanza inesorabile, cambia qualcosa. Rispetto al primo Montalbano, non riesce più a mangiare tantissimo Salvo, evidentemente l'appetito non è più quello di una volta.
Andrea Camilleri ha già fatto sapere che ha già pronto anche l'undicesimo libro sul commissario, ma non ha voluto anticipare cosa succederà. Una cosa è certa: Montalbano morirà assieme a Camilleri e d'altronde, non potrebbe essere diversamente.
E in attesa di poter leggere il nuovo libro, tutti gli appassionati potranno vedere in Tv due episodi molto interessanti. L'unico neo, è quello di non vedere in Tv i paesaggi dell'Agrigentino, bensì quelli del Ragusano (che grazie ai luoghi di Montalbano sono visitatissimi e il turismo è letteralmente esploso), ma questa è tutta un'altra storia.
Gaetano Ravanà
 
 

News Italia Press, 3.3.2006
Istituti Italiani di Cultura
A Tripoli Montalbano ed Eduardo

Tripoli - Da domenica 5 marzo fino al 18 giugno l'Istituto Italiano di Cultura di Tripoli allieterà il suo pubblico con le proiezioni, suddivise in due cicli, dei dvd de "Il Commissario Montalbano" tratto dai romanzi di Andrea Camilleri e "Le commedie di Eduardo" di Eduardo de Filippo.
La visione dei dvd sarà trasmessa in maniera alternata, e avverrà secondo il seguente calendario: si comincia il 5 marzo con una commedia di Eduardo dal titolo "Questi fantasmi"; si prosegue il 12 con "Gli arancini di Montalbano"; il 19 con "Napoli milionaria"; il 26 con "L'odore della notte"; il 2 aprile sarà la volta di "Filumena Marturano" ; il 23 aprile con "Gatto e cardellino"; il 30 di scena "La grande magia" .
Ancora il 7 maggio verrà proiettato "Il ladro di merendine"; il 14 "Le voci di dentro"; il 21 "La voce del violino"; il 28 "Natale in casa Cupiello"; il 4 giugno "La forma dell'acqua"; l'11 "Uomo e galantuomo"; il 18 giugno si chiude con un'avventura del Commissario Montalbano dal titolo "Il cane di terracotta".
 
 

Avvenire, 3.3.2006
Editoriale
Si scalda Baricco, ma per la sua Spa

[...]
Accompagnato da un battage pubblicitario senza precedenti per un romanzo italiano (quattro diverse copertine, campagna di affissioni e via dicendo), «Questa storia» se l'è cavata più che bene all'inizio, anche in virtù della contrapposizione, non importa quanto artefatta, con l'altro best seller nostrano di tardo autunno, «Le uova del drago» di Pietrangelo Buttafuoco. Destrorso (anzi: «fascistissimo») il Buttafuoco, progressista quel che serve il Baricco. Se n'è dibattuto per un po', dopo di che è entrato in scena Andrea Camilleri con il pur discutibile «La pensione Eva» e non se ne è fatto più niente.
[...]
Alessandro Zaccuri
 
 

Il Messaggero, 4.3.2006
Il noir, Rubini e Camilleri

Voglio bene a Sergio Rubini. Gliene voglio come persona, istintivamente, per il poco che lo conosco. E gliene voglio per la leggerezza e l’originalità dei suoi ultimi film, "Tutto l’amore che c’è", "L’anima gemella" e poi "L’amore ritorna". Film imperfetti forse, ma molto personali e capaci di slanci poetici coraggiosi oggi che la retorica dominante esprime tutt’altri sentimenti. Proprio perché apprezzo molto questo Rubini mi sembra però che i personaggi a tutto tondo de "La terra", tanto apprezzata su queste colonne da Camilleri, l’ambientazione così insistita, i “tipi” caratteriali e morali scolpiti dagli attori, pur partendo dal modello “alto” dei Karamazov finiscano per adeguarsi alla moda imperante del noir.
Come tutti i generi forti il noir è infatti una lente che per un po’ deforma e rivela, ma alla lunga impone la sua ottica fino a diventare maniera e dunque rivelare ben poco. Così, il meccanismo del giallo all’opera ne "La terra" finisce per appiattirsi su schemi già noti. Intendiamoci, molti al cinema chiedono solo questo: riproporre più o meno brillantemente meccanismi collaudati. Si è sempre fatto, anzi è questo che vuole con forza oggi gran parte della nostra produzione. Il rischio è che ci si dimentichi di tutto il resto. Ovvero del gusto per l’imprevisto e il fuori schema che sono stati per decenni la chiave della nostra grandezza. E restano essenziali per un cinema nuovo e vivo.
Fabio Ferzetti
 
 

Sorrisi e Canzoni TV, 11.3.2006 (in edicola 5.3.2006)
Addio Vigàta! Su Raiuno due avventure inedite
Montalbano lo voglio uccidere io
Arrivano in tv gli ultimi episodi con Luca Zingaretti protagonista. E poi? Ci saranno altre serie? Sorrisi l'ha chiesto al produttore, all'attore e ad Andrea Camilleri, il papà del commissario. Che rivela: "Ho già scritto la storia in cui il mio eroe morirà"

Montalbano atto finale. Martedì 7 e martedì 14 su Raduno vanno in onda gli ultimi due episodi della saga del commissario siciliano inventato da Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti: “La pazienza del ragno” e “Il gioco delle tre carte”. Il commissario appare per la prima volta invecchiato, ferito, a disagio con il mondo che avanza al passo di Internet. Ma è stata veramente scritta la parola fine su una fiction che viene trasmessa con enorme successo in più di trenta Paesi? Se Luca Zingaretti ha più volte dichiarato di voler smettere di vestire i panni dell’ombroso commissario, per non rimanere intrappolato nel personaggio, Andrea Camilleri, invece, non ha nessuna intenzione di far sparire il suo fortunato personaggio.
Per far chiarezza e per saperne di più, abbiamo incontrato lo scrittore nella sua casa romana, in via Asiago, proprio di fronte agli studi radiofonici dai quali trasmette Fiorello suo grande estimatore e imitatore. Lo studio di Camilleri è una stanzetta piccola molto fumosa e zeppa di candele e aspiratori. “Fumo da sempre circa ottanta sigarette al giorno: più che fumarle, come vede, ne aspiro tre o quattro boccate e poi le butto” racconta lo scrittore. “Quando insegnavo all’Accademia d’arte drammatica avevo una pletora di allievi al mio seguito. Non perché mi considerassero Socrate, ma solo perché raccoglievano le mie cicche lunghe”.
Nello studio dove nascono tutti i suoi romanzi e tutte le avventure di Montalbano, alle pareti ci sono le incisioni di Francesco Messina, quello che ha realizzato il cavallo sistemato davanti alla Rai, e di Emilio Greco, e poi i libri di una vita: Sciascia, Pirandello, Gogol, Faulkner. Un divano molto vissuto, una scrivania e un tavolino per il computer compongono il resto dell’arredamento di questo spazio monastico, nel quale lo scrittore, tradotto in 26 lingue, si sposta seduto su una vecchia sedia da barbiere riadattata e munita di rotelle.
Come la mettiamo con Montalbano? Finisce, continua, si interrompe?
"Io continuo a trovare nuovi spunti per scrivere nuovi romanzi. Prima dell’estate uscirà “La vampa d’agosto”. Il personaggio va avanti per i fatti suoi, anche se la trasposizione televisiva, per ora, come tutti sanno, si interrompe".
Ne ha parlato con Luca Zingaretti?
"Io, Luca, in tutti questi anni, l’ho sentito una sola volta, all’inizio, quando mi esternò le sue perplessità per la complessità del personaggio. Ricordo che lo rincuorai. Gli dissi di non dire minchiate e di essere se stesso. I risultati ci hanno dato ragione. La sua decisione di lasciare Montalbano l’ho appresa dai giornali. Lo capisco, non vuole fare la fine di Ubaldo Lay, l’indimenticabile “Tenente Sheridan”. È anche vero che contrariamente a Lay, Zingaretti nel frattempo ha fatto altri film".
Ma lei ha già scritto la puntata finale?
"Non volendo fare la fine di altri giallisti come Manuel Vazquez Montalban o Jean-Claude Izzo, deceduti prima di far uscire di scena il loro personaggio, io mi sono portato in avanti e ho già messo nero su bianco la fine del mio commissario. Ho scelto di farlo morire nelle pagine del libro, non per strada".
Come?
"Ognuno è libero di pensare come. Io dico che Montalbano morirà dopo uno scontro con me. Il libro è conservato nella cassaforte del mio editore, Elvira Sellerio. Solo io, lei e mia moglie, che da sempre è la prima a leggere le mie opere, ne siamo a conoscenza. A parte questo, Montalbano continuerà a misurarsi con una Sicilia che cambia e con la sua persona che invecchia. Del resto oltre alla mole di libri che si vendono ogni volta, la pubblicazione delle vicende del mio commissario è una eccezione nel mondo editoriale: trascinano le vendite degli altri miei libri, procedono come un plotone compatto".
Chi altri, oltre a Zingaretti, potrebbe vestire i panni del suo commissario?
"Non è un problema mio, ma del produttore Carlo Degli Esposti e del regista Alberto Sironi, se continuerà lui a firmare la regia. Io poso solo pensare che potrebbe essere un attore italiano. Non mi sembrerebbe azzeccato un attore alto, biondo e con gli occhi azzurri".
Quante volte lei è stato sul set?
"Una volta sola, all’inizio. Volutamente, mi palesai a riprese finite. Essendo stato per anni regista e sceneggiatore, so che cosa vuol dire la presenza dell’autore su un set: porta solo rogne".
Montalbano può muoversi solo in Sicilia?
"Con le guide turistiche che ci sono oggi, così dettagliate ce ti dicono persino dove puoi trovare il tabaccaio, potrei ambientarlo anche a Bangkok. Il problema non è la location, come si dice oggi, ma il modo di pensare delle persone che si raccontano nei libri. Io quelle persone, i siciliani li conosco bene".
Da dove prende lo spunto per i suoi racconti?
"Dalla cronaca e non solo da quella nera. Il fatto è che la rileggo a modo mio".
Sceneggiatore e regista: perché poi scrittore?
"Ho sempre avuto il pallino della scrittura. Prima di approdare a Montalbano avevo già scritto tre o quattro romanzi. Solo che avevo un metodo di scrittura poco ortodosso: mettevo giù un capitolo, che poteva essere l’ottavo o il secondo, ma mai il primo. Poi da lì partivo a costruire la storia. A un certo punto mi chiesi: ma tu, Camilleri, sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z? Mi venne allora naturale riferirmi a Sciascia, al romanzo giallo che per sua natura ha una gabbia narrativa. Nel primo libro, “La forma dell’acqua”, ero molto attento allo sviluppo della vicenda e trascurai un po’ il protagonista. Poi affinai il tiro".
La scelta del nome Montalbano è un segno di gratitudine verso lo scrittore catalano Montalban?
"Stavo scrivendo “Il birraio di Preston” mentre leggevo “Il pianista” di Montalban. Da lì mi venne l’ispirazione, salvo poi scoprire che Montalbano è anche uno dei cognomi siciliani più diffusi".
Il suo è un modo di scrivere ricco di espressioni dialettali. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. Che cosa pensa delle traduzioni?
"Solo i tedeschi, i greci, gli svedesi e i francesi mi mandano fax chilometrici chiedendomi se quello che hanno tradotto è da intendersi così oppure no. Sono molto scrupolosi. Per il resto, brancolo nel buio. Recentemente, ho saputo che il capo di una tribù nomade tunisina ha chiesto alla nostra ambasciata di avere la versione del “Il corso delle cose”. Non ho idea di cosa possa essere venuto fuori da questa traduzione ad personam. Nella mia personale raccolta di figurine, come le chiamo io le traduzioni dei miei libri, mancano al momento la Cina e gran parte del mondo arabo. Sono molto soddisfatto. Montalbano mi ha dato più di quanto potessi aspettarmi".
Che cosa c’è di lei nel suo personaggio?
"Di me non c’è nulla. Dopo aver letto il quarto libro, mia moglie mi disse che stavo tracciando il ritratto di mio padre. Lei è molto critica nei miei confronti, capisce subito quando prendo la strada più semplice per narrare e mi sprona a riscrivere. Alle prime teatrali, non temevo i critici. Temevo l’arrivo di mia moglie. Venendo a mio padre, non era un poliziotto, ma un ispettore portuale. Era un lettore di libri appassionato e ingordo. Aveva una straordinaria biblioteca con tutto Melville, Simenon: ho avuto la fortuna di leggere bene. Arrivato a Roma, l’ho voluto con me".
Quante ore dedica alla scrittura?
"Tre ore al giorno: dalle 7 alle 10 di mattina, bastano e avanzano. Poi vado all’edicola. Compro il Corriere, La Stampa, la Repubblica e l’Unità. Per prima cosa leggo i necrologi: mi interessa sapere chi va e chi viene".
Torna spesso nella sua Sicilia?
"Appena posso. Ho una casa a Porto Empedocle, dove sono nato, e lì mi piace radunare la famiglia. Quando torno al paese, come dice Gadda, mi sento un superstite: sono gli altri che provvedono a rendersi defunti".
Nicoletta Brambilla

Ho incontrato Camilleri al bar (e l'ho imitato alla radio)
Ormai Camilleri e io siamo diventati amici. Ci unisce la sicilianità. E poi, insieme ci facciamo anche qualche fumatina… L’ho conosciuto l’anno scorso. Lui abita in via Asiago, a due passi da dove va in onda “Viva Radio2”. Una mattina presto l’ho visto seduto al bar Pontisso. “Buongiorno maestro” e poi abbiamo fatto colazione insieme. Non lo avevo mai sentito parlare di persona, ma il suo timbro di voce simile a quello di La Russa mi aveva già colpito durante un’intervista televisiva. Parla lento lento, con questo accento così marcato. Sono bastati pochi minuti per farmi balenare in testa ho l’idea di imitarlo. Sono tornato in radio e ai miei autori ho annunciato: “Ragazzi, state a sentire. Vi faccio Camilleri”. Risate generali. Così il suo personaggio è diventato uno degli appuntamenti fissi del programma radiofonico, ma anche del mio spettacolo teatrale, “Volevo fare il ballerino”: a lui è dedicato un intero segmento. Da qualche mese, abbiamo anche cominciato a fare delle piccole cose insieme. Prima lo spot televisivo per “Viva Radio2”. E ora quello radiofonico promosso da Amnesty international per sensibilizzare le persone sui così detti “bambini invisibili”, che arrivano sulle coste italiane a bordo delle carrette del mare e finiscono nei centri di detenzione per migranti. Tra poco, poi, uscirà con il settimanale “l’Espresso” anche un audiobook di un suo romanzo del 1998, “Un filo di fumo” nel quale io sono la voce narrante. Lui, ascoltandomi, mi ha confessato di essersi emozionato. Figuratevi io… Qualche mese fa, infine, è venuto ospite in radio. Disponibile, ironico e comico come sempre, si è prestato a leggere il testo che avrei dovuto leggere io imitandolo. In pratica, l’imitato ha imitato l’imitatore. E così abbiamo chiuso il cerchio.
Fiorello (testo raccolto da Cinzia Marongiu)

"Ho deciso, smetto" (ma il produttore spera che cambi idea)
Da quando ha annunciato che non sarà più il commissario Montalbano della fortunata serie di Raiuno, a Luca Zingaretti la gente per strada non chiede più l’autografo. “O meglio” spiega l’attore romano (che non ha ancora finito di godersi il successo di “I giorni dell’abbandono”, il film di Roberto Faenza che ha girato in coppia con Margherita Buy) “dopo avermi domandato l’autografo, tutti mi chiedono quando tornerò a indossare i panni del commissario siciliano, perché ho deciso di lasciare, perché non ci ripenso, eccetera eccetera”. Già, perché non ci ripensa?
“Perché” prosegue Zingaretti “trovo molto coraggioso lasciare un personaggio che mi ha dato tanto successo, fama e perché no anche benessere economico, all’apice della sua evoluzione. E poi non voglio rimanere ingabbiato, intrappolato in un ruolo. Sono cosciente del rischio che corro, ma al momento la mia decisione è questa. Sono Montalbano dal ’98, in tutto ho girato 14 episodi. Potrebbe bastare. Non so che cosa mi riserva il futuro, tutto potrebbe succedere”.
Intanto Zingaretti è di nuovo davanti la macchina da presa. In questi giorni sta infatti girando a Milano un nuovo film, “A casa nostra”, con la regia di Francesca Comencini, sorella di Cristina, quella che ci ha rappresentato agli Oscar, diventato un caso per aver diretto “Mobbing”. Il film potrebbe essere in gara alla prossima mostra di Venezia. Ma prima di tutto, questo martedì 7 marzo, vedremo Zingaretti in tv con “La pazienza del ragno”, tratto dall’omonimo romanzo edito da Sellerio, e martedì 14 “Il gioco delle tre carte” ispirato al racconto contenuto nella raccolta “Gli arancini di Montalbano” edito da Mondatori. Nel primo il commissario indaga sull’anomalo sequestro di una ventenne. All’inizio il questore assegna il compito al commissario Valente, considerato più esperto in maniera di sequestri, anche perché Montalbano è convalescente. Per la prima volta il personaggio mostra segni di invecchiamento e di inadeguatezza verso un mondo che corre troppo in fretta. In “Il gioco delle tre carte”, un costruttore edile che sembra essere stato ucciso da un pirata della strada, nella realtà è vittima di un ricatto. A capirlo, l’intuito di Montalbano.
Anche per questi due ultimi episodi la Rai si aspetta ascolti record e per non scontentare il pubblico è già prevista la messa in onda delle repliche, in attesa che la “faccenda” Zingaretti si chiarisca. Ma che cosa ne pensa Carlo degli Esposti, produttore della serie? “E’ presto per dire qualsiasi cosa. Molti mi chiedono se intendo sostituire Zingaretti. È un’ipotesi che al momento non prendo in considerazione. Conosco Luca da una vita. Una sua specialità è dire sempre no. Lo capisco, è un bravo attore. Mi faccio cullare da questa danza. Ma io ho pazienza, so aspettare. Mi conforta l’idea che Camilleri continui a scrivere e parte dei suoi libri e racconti la Palomar, la mia casa di produzione, li abbia in esclusiva. Voglio vedere poi come il pubblico risponde a questi due episodi e alle repliche e sono certo che tra questi tre fattori si troverà un equilibrio”. Insomma, il no di Zingaretti potrebbe diventare prima un “ni”. E poi, chissà…
N.B.
 
 

La Repubblica, 5.3.2006
Lo scrittore siciliano, padre del famoso commissario ha già deciso come "liberarsi" del suo personaggio. Prima, però, uscirà un altro libro
"Ho scritto la morte di Montalbano"
Camilleri: l'editore lo ha in cassaforte

Intervista a "Sorrisi e Canzoni": la fine della saga è già stata creata

Roma - Il commissario Montalbano 'morirà'.
Almeno nel capitolo finale di un libro che il suo "papà" Andrea Camilleri ha già scritto e che è conservato nella cassaforte dell'editore Elvira Sellerio. L'autore siciliano che ha inventato il fortunato personaggio protagonista assoluto dei best sellers e della serie tevisiva di cui andranno in onda le ultime due puntate su Raiuno martedi 7 e martedi 14 marzo, racconta questo particolare in un'intervista a 'Sorrisi e Canzoni Tv'. E aggiunge che Salvo Montalbano morirà dopo un insolito conflitto con un personaggio tanto ingombrante quanto il suo stesso creatore.
Prima, comunque, gli appassionati del celebre commissario potranno godersi almeno un'altra storia: "Io - racconta Camilleri - continuo a trovare spunti per scrivere nuovi romanzi. Prima dell'estate uscirà "La vampa d'agosto". Il personaggio va avanti per i fatti suoi, anche se la trasposizione televisiva, per ora, come tutti sanno, si interrompe".
Ma come muore Montalbano? "Ognuno - sottolinea Camilleri - è libero di pensare come. Io dico che Montalbano morirà dopo uno scontro con me. Il capitolo è conservato nella cassaforte del mio editore, Elvira Sellerio. Solo io, lei e mia moglie, che da sempre è la prima a leggere le mie opere, ne siamo a conoscenza. A parte questo, Montalbano continuerà a misurarsi con una Sicilia che cambia e con la sua persona che invecchia".
Quanto ad un eventuale sostituto di Zingaretti, qualora il regista decida di non vestire più panni del Commissario, Camilleri afferma: "Non è un problema mio, ma del produttore Carlo Degli Esposti e del regista Alberto Sironi, se continuerà lui a firmare la regia. Io posso solo pensare che potrebbe essere un attore italiano. Non mi sembrerebbe azzeccato un attore alto biondo e con gli occhi azzurri, magari irlandese".
Camilleri spiega che "la decisione di Luca Zingaretti di lasciare Montalbano l'ho appresa dai giornali. Lo capisco, non vuole fare la fine Ubaldo Lay, l'indimenticabile 'Tenente Sheridan. E' anche vero che contrariamente a Lay, Zingaretti nel frattempo ha fatto tanti altri film". Comunque, spiega Camilleri, "non volendo fare la fine di altri giallisti come Manuel Vazquez Montalbàn o Jean-Claude Izzo, che sono deceduti prima di far uscire di scena il loro personaggio, io mi sono portato avanti e ho già messo nero su bianco la fine del mio commissario. Ho scelto di farlo morire nelle pagine del libro, non per strada".
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 5.3.2006
Portare la Puglia dentro il mito

[…]
La letteratura siciliana fu tutta un dimenarsi nel problema venefico non tanto della mafia quanto della mafiosità. A partire dal Capuana, che reagì immediatamente con «L'isola del sole» e passando dalle problematizzazioni di Verga e De Roberto, di Sciascia e Consolo alla mitizzante e rassicurante melassa di scrittori come Mario Puzo e Camilleri.
[…]
 
 

Il Messaggero, 5.3.2006
Rubini: «Accademia, primo amore»

[…]
Come mai lasciò l’Accademia al secondo anno?
«Perché Camilleri, che era uno dei miei insegnanti, mi chiamò per uno spettacolo estivo e da lì partirono altri progetti».
[…]
Paola Polidoro
 
 

La Repubblica, 5.3.2006
L´"educazione dei fanciulli" da Gian Burrasca ai Simpson
Nella cornice di "Quantestorie", Festival del libro per bambini e ragazzi, una mostra celebra il centenario de "Il giornalino della Domenica", fondato e diretto da Vamba, alias Luigi Bertelli. Un´occasione per riflettere sulle strade alla formazione del gusto
Fu "Linus" l´ultimo "giornalino di formazione" per l´ultima generazione con voluttà dirigenti: il suo progetto era quello libertario e antiautoritario dei Sessanta e Settanta

Potrebbe esistere, oggi, un giornale per ragazzini scritto da Baricco, Benni, Eco, Tamaro, Amanniti, Busi, Arbasino, Lucarelli, Camilleri, e disegnato da Mattotti e Jori, Perini e Mannelli? È questa la sostanziale domanda, leggermente scandalosa, che sorge sfogliando le annate del Giornalino della domenica, che Vamba (il giornalista e scrittore fiorentino Luigi Bertelli, 1858-1929) fondò e diresse ai primi del Novecento, avvalendosi di uno stuolo di collaboratori allora all´apice della fama letteraria e artistica: Pirandello, Serao, Salgari, Fucini, Mascagni, Ojetti, Pascoli, Capuana, Aleramo e molti altri.
La risposta è no. Vamba poteva contare sull´idea, allora perfettamente intatta, di una pedagogia di eccellenza, che selezionasse per i figli della «buona e operosa borghesia nazionale» il meglio, o il presunto meglio, della produzione artistica dell´epoca.
[…]
Michele Serra
 
 

6.3.2006
I prossimi romanzi di Montalbano
Sarà in libreria il 27 aprile "La vampa d'agosto" (Sellerio), il decimo romanzo del commissario Montalbano; il romanzo successivo, "Il campo del vasaio" (Sellerio), sarà pubblicato a metà ottobre 2006.
 
 

La Repubblica, 6.3.2006
Un´intervista dello scrittore: "Ho già scritto il finale, il romanzo è nella cassaforte della Sellerio"
Camilleri, il testamento choc
"Ho fatto morire Montalbano"

Roma - Un testamento, un gioco scaramantico, o veramente il romanzo con la parola "fine"? La verità, per adesso, la conosce soltanto Andrea Camilleri, che in una intervista ha annunciato: «Il commissario Montalbano muore, e morirà dopo uno scontro con me...». Un annuncio "in codice" che fa tremare i milioni di fedelissimi dello scrittore siciliano che aspettano ogni nuovo romanzo come un evento, mentre le serie televisive assicurano gradimento altissimo. A dire il vero nei prossimi mesi uscirà un nuovo libro "La vampa d´agosto". Però, intervistato da "Sorrisi e canzoni tv" il "padre" letterario di Montalbano ha annunciato che il commissario morirà, e la sua fine è custodita in un romanzo, «conservato nella cassaforte del mio editore Elvira Sellerio». Salvo Montalbano, così sembra, dovrebbe morire «dopo un insolito conflitto con un personaggio ingombrante», ossia Camilleri stesso. Un bel gioco di specchi insomma. Perché lo scrittore invece continua a lavorare a ritmo pieno. «Io continuo a trovare nuovi spunti per scrivere romanzi, e prima dell´estate uscirà "La vampa d´agosto". Il personaggio va avanti per i fatti suoi, anche se la trasposizione televisiva, per ora, come tutti sanno, si interrompe». Comunque, spiega Camilleri, «non volendo fare la fine di altri giallisti come Manuel Vazquez Montalbàn o Jean-Claude Izzo, che sono deceduti prima di far uscire di scena il loro personaggio, io mi sono portato avanti e ho già messo nero su bianco la fine del mio commissario. Ho scelto di farlo morire nelle pagine del libro, non per strada, e Montalbano morirà dopo uno scontro con me. Il libro è conservato nella cassaforte del mio editore, Elvira Sellerio. Solo io, lei e mia moglie, che da sempre è la prima a leggere le mie opere, ne siamo a conoscenza. A parte questo, Montalbano continuerà a misurarsi con una Sicilia che cambia e con la sua persona che invecchia. Del resto, oltre alla mole di libri che si vendono ogni volta, la pubblicazione delle vicende del mio commissario è una eccezione nel mondo editoriale: trascinano le vendite degli altri miei libri, procedono come un plotone compatto». Un successo che coinvolge naturalmente l´alter ego televisivo di Montalbano, e cioè l´attore Luca Zingaretti. «La decisione Zingaretti di lasciare ‘Montalbano´ l´ho appresa dai giornali. Lo capisco, non vuole fare la fine Ubaldo Lay, l´indimenticabile ‘Tenente Sheridan´». Già, ma se Montalbano dovesse cambiare "faccia"? «Dovrebbe essere comunque un attore italiano. Non mi sembrerebbe azzeccato un attore biondo e con gli occhi azzurri».
Maria Novella De Luca

L´editore. Pubblica i suoi testi da sempre
Elvira Sellerio "Ho quel libro ma non l´ho letto"
Roma - Elvira Sellerio, lei da sempre pubblica i libri di Andrea Camilleri, con un successo che si rinnova ad ogni titolo. È vero che nella sua cassaforte è custodito un romanzo in cui Montalbano muore?
«Andrea Camilleri, il giorno in cui ha compiuto 80 anni, mi ha consegnato un romanzo, mi ha detto di custodirlo in un luogo sicuro, e di lasciarlo lì, in attesa di una sua decisione. Un gesto, devo dire, che mi ha messo un po´ di malinconia, e quindi quel libro ho scelto di non leggerlo. Io non so se nel romanzo che Andrea mi ha consegnato Montalbano muore. Per adesso il commissario gode di ottima salute».
Nel senso che sta per uscire un nuovo romanzo?
«Sì, nei prossimi mesi pubblicheremo "La vampa d´agosto", dove Camilleri fa compiere al commissario Montalbano 50 anni, e lo fa confrontare con il tempo che passa e la voglia d´amore».
Camilleri ha detto però più volte di non voler morire prima del suo personaggio.
«Questo è vero, ma ogni volta Andrea ci ripensa, e dopo "La vampa d´agosto" ha già scritto un´altra storia, e la fine del commissario si allontana... Se poi nel romanzo che mi ha dato nel giorno dei suoi 80 anni Montalbano muore, lo scoprirò quando mi chiederà di pubblicarlo».
(m. n. d. l.)

L´attore. Il protagonista del film tv
Luca Zingaretti "Se cambia idea pronto a tornare"
Roma - La fine, ormai è nota. Montalbano morirà. Per milioni di italiani il commissario ha lo sguardo di Luca Zingaretti, che ha interpretato l´eroe di Camilleri nei film di Alberto Sironi (gli ultimi due con l´attore andranno in onda oggi e martedì su Rai1).
Lei ha deciso di abbandonare Montalbano; Camilleri ha annunciato che ha già scritto la fine della saga del commissario. Che ne pensa?
«Mi dispiace e sono sicuro dispiacerà agli affezionatissimi lettori dei racconti di Camilleri. Credo che capiti raramente quel che è successo con i libri di Andrea: le persone si sono affezionate in maniera incredibile al protagonista. Montalbano ormai è uscito dalle pagine e dallo schermo, è diventato un personaggio "reale", quasi un simbolo».
Cos´ha di più di tanti altri eroi letterari?
«Porta con sé un mondo, è ricco umanamente, complesso. Affascina perché è un uomo di legge con forte senso della libertà».
Ma lei ha deciso di lasciare la serie, come Michele Placido lasciò il commissario Cattani.
«Sì perché un personaggio come questo ti lega in modo forte, viscerale. Le nostre strade si separano. Ma nella vita succedono tante cose. Chissà, se un giorno Camilleri tra 4-5 anni cambiasse idea e decidesse di pubblicare il racconto col finale di partita che chiude la saga, potrei tornare».
(s. f.)
 
 

Capital.it, 6.3.2006
Lunga vita a Montalbano. Andrea Camilleri a Radio Capital dice: ''non ho mai parlato della morte del commissario Montalbano''.
Ecco le sue parole al microfono di Valentina Vecellio...
 
 

AGI, 6.3.2006
Camilleri: "Mai detto che Montalbano morira'"

Roma - Andrea Camilleri, padre del commissario Montalbano, in una intervista a Radio Capital smentisce di avere gia' scritto in un romanzo la morte del popolare poliziotto.
"Non ho mai parlato della morte di Montalbano o della sua andata in pensione - spiega Camilleri -. Ho sempre detto che, siccome sono un uomo ordinato, ho scritto l'ultimo romanzo della serie del commissario Montalbano. Questo romanzo, dove si contempla la fine, non la morte, la fine del personaggio ce l'ha la mia editrice, Elvira Sellerio. L'ho scritto perche', siccome mi era venuta in mente l'idea di come far finire questo personaggio, non ho perso tempo e l'ho scritto".
Lo scrittore siciliano annuncia che a breve Sellerio pubblichera' un altro romanzo di Montalbano, "La vampa di agosto", dove non c'e' la fine del commissario.
"Sono un uomo ordinato - dice ancora Camilleri - e ho scritto la fine di Montalbano e li' giace. E' come una fisarmonica, dentro ci possono entrare ancora, fin quando campero', altri due, tre, quattro romanzi di Montalbano".
 
 

Ufficio Spettacoli.it, 6.3.2006
Il teatro di Messina per Pirandello

Anche il Teatro di Messina celebra i 70 dalla morte di Luigi Pirandello con una mostra, una giornata di studi e una retrospettiva di film, nei giorni che vanno dal 3 di marzo al 14 di aprile.
[...]
Il teatro di quest’anno pirandelliano a Messina vedrà [...] la trasformazione del "Consiglio D’Egitto" in "Il vitalizio", novella di Pirandello adattata da Andrea Camilleri, in via del tutto celebrativa.
lauragiacobbe@ufficiospettacoli.it
 
 

Primi cittadini, 7.3.2006
L'intervista ad Andrea Camilleri
Il creatore del Commissario Montalbano ci racconta la sua Roma in una singolare intervista
 
 

Il Messaggero, 7.3.2006
«Montalbano? Vivrebbe a viale Carso»
Camilleri parla di Roma dai microfoni della web radio “Primi Cittadini”

«La Capitale è cosa mia, il modello Roma esiste e Montalbano la pensa come me». Andrea Camilleri, scrittore siciliano d'origine ma romano d'adozione, che racconta Roma ai microfoni di “Primi cittadini”, la web radio che ieri ha iniziato le trasmissioni dal sito del Comitato Veltroni e che ogni giorno ospiterà i ricordi, le riflessioni, i sogni e le speranze di attori, imprenditori, scrittori, sportivi e politici in una lunga carrellata di voci dalla Capitale e sulla Capitale. Per Camilleri Roma è «una città meravigliosa e caotica, abitata da cittadini ospitali e un po’ indolenti, che non ha nulla da invidiare alla altre capitali Europee perché in grado di affrontare e organizzare eventi grandi e importanti». Ma il carattere della città non è soltanto in questo: «L’indolenza romana è un fatto letterario», afferma Camilleri che, a proposito della prova offerta dalla città in occasione dei grandi eventi, sottolinea la sua «capacità di assorbimento. È una città che ha tutte le caratteristiche di una città meridionale rispetto al nord dell'Europa ma che riesce, se vuole, a organizzarsi anche meglio nei momenti nei quali si deve organizzare».
Passando dalla Roma di oggi a quella di ieri, Camilleri non manca di ricordare la città che trovò al suo arrivo subito dopo la Liberazione. «Una città che dire meravigliosa è dire poco. Ricordo che mi fece un’impressione enorme. Una città però che, anche per l’euforia della Liberazione, appariva caotica e viveva sopra le righe. Era proprio la Roma che, dopo, la letteratura e il cinema ci avrebbero fatto vedere». «Mi ricordo -aggiunge - che non feci altro che girare dalla mattina alla sera per la città. Mi alzavo alle otto e mi mettevo in giro senza meta solo per gustarmi questa aria di Roma». Il commissario Montalbano, invece, dove andrebbe? «C'è una sola storia di Montalbano a Roma -spiega Camilleri - e questa storia si svolge in Prati dove io ho sempre vissuto. Una zona che adoro perché ha le strade larghe, gli alberi. Insomma, un tranquillo quartiere borghese. Dovendo ambientare una storia di Montalbano a Roma l'ho praticamente ambientata sotto il portone di viale Carso, dove io allora abitavo. Montalbano vivrebbe qui. Benissimo».
 
 

Quotidiano Nazionale, 7.3.2006
Il caso
“No, non ucciderò Montalbano”
Ma Camilleri è pronto all’addio

Dalla Christie a King: quando l'autore diventa un killer

”No, non ucciderò Salvo Moltalbano. La sua sarà solo una morte letteraria”. Andrea Camilleri però non svela come uscirà di scena il commissario più amato dagli italiani. Magari andrà anzitempo in pensione e si ritirerà a fare l'apicoltore, come giusto un secolo fa fece il suo quasi collega Sherlock Holmes. Passarono dieci anni da quel 1906 e l'inquilino di Baker Street abbandonò il miele per tornare in campo, in mezzo alla guerra, sotto le mentite spoglie di un certo Altamont, questa volta agente dell'Intelligence Service di Sua Maestà. Era il secondo ritorno. Sir Arthur Conan Doyle, che non ne poteva più di quel pedante cocainomane che "gli impediva di pensare a cose migliori", lo aveva addirittura ammazzato nel 1891 ne "Il problema finale", facendolo precipitare, abbracciato al suo mortale nemico il professor Moriarty, dalle cascate di Reichenbach in Svizzera. A furor di popolo, dovette farlo risorgere e ricomparire, tra l'al­tro a Firenze, in "La casa vuota" nel 1893.
Conan Doyle morì nel 1930, Sherlock Holmes forse è ancora vivo.
Non sembra essere il caso di Camilleri e Montal­bano, ma spesso i rapporti tra autore e personaggio seriale, diventano pessimi e, se non terminano con una separazione consensuale, capita che sfocino nel delitto. Accadde alla stessa Agatha Christie che ammazzò il suo investigatore belga, paffuto e maniacale, Hercule Poirot molto presto. Anzi, il suo è un caso, probabilmente unico, di un assassino che muore pri­ma della sua vittima. Già, perché la Christie, definita da Winston Churchill “la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto col crimine”, aveva assassinato Poirot con largo anticipo, sembra a metà degli anni Trenta. Ma il romanzo "Il sipario" restò, per volontà dell’autrice, nei cassetti dell'editore per uscire postumo. E così, Poirot morì ufficialmente solo nel 1975, stando al necrologio che pubblicò il «Times».
L’odio che, a volte, nasce tra lo scrittore e la sua creatura è stato rappresentato magistralmente da Ste­phen King in "Misery", da cui fu tratto un celebre film. È la storia di uno scrittore, Paul Sheldon, che nel suo ultimo libro fa morire la sua eroina,tal Misery Chastain, suscitando le ire dell'appassionata quanto psicopatica fan Annie Wilkes, che sequestra lo scrittore e lo sottopone alle più terribili torture per convincerlo a farla rinascere.
Pessimi, almeno a un certo momento, anche i rapporti tra Loriano Macchiavelli e il "suo" ispettore Antonio Sarti, che nel 1987 si becca una pallottola in testa e sembra stecchito. Salvo ricomparire ne "I sotterranei di Bologna" nel 2002. Sembra che anche tra Simenon e Maigret non corresse buon sangue, ma lo scrittore franco-belga apprezzava troppo quanto gli faceva guadagnare il suo commissario della Sureté e lo fece vivere per settantacinque romani.
La storia è vecchia: in fondo il primo a far morire e poi resuscitare la propria creatura letteraria fu Collodi che, quando nel 1883 pubblicò a puntate sul Giornale dei Bambini, la storia di Pinocchio, la interruppe quando il burattino finisce impiccato dal Gatto e la Volpe travestiti da briganti. Morte orribile, tra l'altro, che doveva servire di monito ai ragazzini disubbidienti e anche un po' tonti. Ci fu una specie di rivol­ta dei piccoli lettori e Pinocchio dovette rinascere fi­no a diventare un bravo bambino.
Mario Spezi
 
 

Quotidiano Nazionale, 7.3.2006
Montalbano. Parla l'attore che interpreta il commissario
“Zingaretti sono. E dico basta”

Roma - Montalbano: la fine annunciata po­trebbe essere un altro giallo. Forse il più misterioso. Perché da una parte c'è l'ultima avventura del commissario, che potrebbe anche non essere l'ultima. Dall'altra, c'è un attore che ha deciso di non dire più «Montalbano sono». Luca Zingaretti, nonostante l'enorme successo popolare, ha deciso di abbandonare il per­sonaggio che lo ha reso famosissimo. E Ca­milleri ha scelto di farlo morire, in un ro­manzo da pubblicare postumo. Ma le cose non sono così semplici.
Zingaretti, ma com'è che abbandona il suo personaggio più noto? Teme di rimanere troppo legato al commissario?
«No, non ho mai odiato Montalbano, anzi gli sono affezionatissimo. È stata una meravigliosa cavalcata. Ma come tutte le cose umane, è giusto che finisca. Non ho litigato con nessuno e non mi sento stanco del personaggio. Ho deciso di non farlo più con grande dolore. Ma dovevo dire basta».
La gente non è d'accordo… le ha manifestato grande affetto, e la voglia di non fare finire questa unione tra lei e il commissario.
«È vero. E magari, chissà, mi faranno anche ripensare a questo mio passo. Mai dire mai. Del resto, Montalbano non mi ha mai costretto. Non sono Ubaldo Lai, che si era identificato con il tenente Sheridan. Ho avuto la fortuna di fare molte altre cose, in questi anni».
Camilleri intanto però ha scritto la morte di Montalbano…
«Attenzione. Non ha mai detto che Montalbano morirà: potrebbe essere un altro tipo di 'fine', che non possiamo rivelare. Potrebbe essere un colpo di genio, da un autore geniale come Camilleri. Ha detto al suo editore che vuole che quel libro esca postumo, perché non ama l'idea che Montalbano gli sopravviva. Una scaramanzia, una cosa scherzosa ma insieme molto seria».
Insomma, potrebbe essere una morte "pirandelliana", quella di Montalbano?
«Non posso dire nulla».
Lei è già su un nuovo set. Quale? «Quello del film di Francesca Comencini, 'A casa nostra'. È un film sull'Italia di oggi, girato a Milano, un film contemporaneo, vero. Insieme a me ci sono Valeria Golino e Battiston, che è un attore bravissimo»
Giovanni Bogani
 
 

La Repubblica, 7.3.2006
Stasera su RaiUno il primo degli ultimi due episodi con il commissario di Camilleri
Zingaretti: lascio Montalbano chiudo un ciclo e divento regista
"Porterò con me questo personaggio e sarò geloso di chi lo interpreterà"

Roma - Per capire il fenomeno del Montalbano televisivo basterebbero i numeri: dal ‘99 dodici film seguiti (con le varie repliche) da quasi 200 milioni di spettatori. Ora la saga del commissario creato da Andrea Camilleri si chiude: stasera e martedì prossimo andranno in onda su RaiUno gli ultimi due film di Alberto Sironi interpretati da Luca Zingaretti: "La pazienza del ragno" (Sellerio editore) e "Il gioco delle tre carte" (dalla raccolta "Gli arancini di Montalbano", Mondadori). L´attore che ha dato un volto all´eroe letterario più amato degli ultimi anni, lascia il personaggio che gli ha regalato la popolarità e l´affetto del pubblico. «Lo stesso che provo io nei confronti di Montalbano» racconta Zingaretti «ma ho quarant´anni, e una gran voglia di fare altre cose. Sto pensando alla regia, nella vita bisogna anche rischiare per cambiare».
Mentre l´attore prende la sua strada, il commissario cambia pelle. «Quando ho letto "La pazienza del ragno" e "Il gioco delle tre carte", due indagini su un sequestro e un delitto che sono in realtà indagini sull´amore», spiega il regista Sironi «ho capito che questo sarebbe stato un Montalbano diverso. Più riflessivo, meno irruento. Ha uno sguardo sul mondo più saggio, come se gli anni avessero smussato gli angoli del suo carattere».
Zingaretti, lei è cresciuto con Montalbano.
«In un certo senso sì. Ma era inevitabile che le nostre strade si separassero, anche se Montalbano lo porterò con me perché mi ha dato tanto. E´ andato oltre le pagine dei libri e la fiction, come se il pubblico si fosse riconosciuto nei valori in cui crede».
Com´è cambiato il commissario di Vigata?
«E´ stanco, fa sempre più fatica a mettere le mani nella sporcizia del mondo. Come dargli torto? Ma affronta la vita con un´ironia amara, tutta siciliana, che lo rende unico».
Lei lascia, la Rai ha cercato in tutti i modi di farle cambiare idea.
«Ringrazio Raifiction, sono stati molto gentili. Ma ripeto, ci sono cicli che si chiudono. Per me era arrivato il momento, com´era accaduto a Michele Placido col commissario Cattani. Non si può rimanere ancorati, anche se sarebbe stato comodo, sotto svariati punti di vista».
Non le dispiacerà vedere Montalbano interpretato da un altro?
«Sì, moltissimo. Credo sia normale».
Ha detto che pensa alla regia.
«Passare dietro la macchina presa è una decisione importante, è un´esigenza che sento da un po´. Il tema che mi appassiona di più è l´amicizia: ho in testa la storia di due amici che si perdono, perché la vita li porta lontano, a fare scelte opposte, e si ritrovano. Un legame che dura negli anni. Mi affascinano i percorsi personali. Tornatore mi ha raccontato che dopo il successo di "Nuovo Cinema Paradiso" un grande maestro lo chiamò. Parlarono di progetti, gli chiese se avesse nuove idee e lo consigliò di far sedimentare la storia. Solo quando diventa davvero chiara, l´hai messa a fuoco dentro di te, puoi cominciare a scriverle».
Seguirà anche lei il consiglio?
«Sì. Un po´ mi fa paura, ma ho anche voglia di misurarmi. Seneca dice: "Non è perché le cose sono difficili che non osiamo; è perché non osiamo che sono difficili"».
Sta diventando filosofo.
«Ma no. Però in questo periodo leggo molto. Cerco spunti. M´interessa anche la regia dei documentari, dovrebbe uscire quello dedicato a Suso Cecchi D´Amico».
Intanto ha girato il film di Tavarelli ed è a Milano sul set di Francesca Comencini.
«"Non prendere impegni stasera" è un film corale, sulla mia generazione, Tavarelli è un regista dalla sensibilità rara. Anche "A casa nostra" è un film in cui s´intrecciano le storie di personaggi diversi. Interpreto un banchiere privo di scrupoli, una fotografia dell´Italia di oggi».
Silvia Fumarola
 
 

La Provincia, 7.3.2006
Televisione. Stasera e martedì prossimo due nuovi (e forse ultimi) episodi
Il ritorno di Montalbano
Il commissario è pronto a fare incetta di ascolti

Roma — Dopo il Sanremo flop di Panariello la Rai schiera un prime time primaverile tutto all’insegna delle fiction. E riparte dalla miniserie più attesa, quella del Commissario Montalbano che ha il volto di Luca Zingaretti. Stasera e il 14 marzo andranno in onda su Raiuno gli ultimi due episodi della serie diretta da Alberto Sironi con cui Zingaretti dice addio al commissario che gli ha dato tanta notorietà e del quale Camilleri ha rivelato di aver scritto la fine. «Sicuramente adesso c’è bisogno di una pausa — dice l’attore —. Ma chissà, fra qualche anno, se Andrea Camilleri scriverà nuove storie, nuovi romanzi ricchi di spunti per il personaggio, potrei prendere in esame l’ipotesi di tornare a interpretarlo». Prodotta per Rai Fiction da Carlo Degli Esposti, la serie di 12 film ha avuto medie d’ascolto vicine al 30% di share anche in replica. Nel primo appuntamento, stasera, sarà proposta "La pazienza del ragno" (dal romanzo omonimo di Camilleri pubblicato da Sellerio) in cui Montalbano indaga sull’anomalo sequestro di una ventenne, scomparsa misteriosamente mentre tornava a casa in motorino per una strada di campagna. Martedì 14 marzo sarà trasmesso invece "Il gioco delle tre carte" (ispirato alla raccolta di racconti Gli arancini di Montalbano della Mondadori) che vede come motore della storia la morte di un noto costruttore edile di Vigata, legato alla famiglia mafiosa dei Riolo, trovato cadavere sul ciglio di una strada. E se "Il giro di boa", trasmesso a settembre, fece discutere per i riferimenti al G8 di Genova, questa volta, in piena par condicio, non ci saranno spunti politici: «Ormai il politically correct è arrivato ai limiti della libertà personale», ironizza l’attore. «Anche dire ‘sono astemio’ può offendere i produttori di vino. Comunque si può stare tranquilli: riferimenti politici non ce ne sono». Qualche problema sulla messa in onda delle prossime miniserie (in onda la domenica e il lunedì) di Raiuno lo creano invece, in periodo di elezioni, le date dei programmi politici con i faccia a faccia che dovrebbero essere trasmessi il lunedì. Così non è ancora confermata la data dell’atteso Bartali di Alberto Negrin, prodotto da Palomar per Raifiction, con Pierfrancesco Favino che per mesi si è allenato a pedalare per entrare nei panni del mitico ciclista e Nicole Grimaudo nel ruolo della moglie Adriana.
 
 

La Padania, 7.3.2006
Zingaretti abbandona la serie. Gli ultimi episodi stasera e martedì 14 su Raiuno
Atto finale per Montalbano

La saga televisiva di Montalbano, il commissario siciliano frutto della penna di Andrea Camilleri, si avvia alla fine. Stasera e martedì prossimo la Rai trasmette, in prima serata, due film inediti per la regia di Alberto Sironi, "La pazienza del ragno", tratto dall’omonimo romanzo edito da Sellerio, e "Il gioco delle tre carte", tratto dalla raccolta "Gli arancini di Montalbano", pubblicata da Mondadori.
Con i due nuovi film Luca Zingaretti torna in Sicilia, tra Ragusa e Trapani, a vestire i panni dell’ombroso commissario Salvo Montalbano, ma per l’ultima volta.
«Trovo coraggioso lasciare un personaggio che mi ha dato successo - ha detto l’attore, che sta girando a Milano "A casa nostra", per la regia di Francesca Comencini -. Non volevo rimanere prigioniero di un ruolo. Sono Montalbano dal 1998, ho girato quattordici episodi. Può bastare».
Nell’episodio in onda stasera, il commissario con il suo fiuto, la grande umanità e la simpatia mediterranea mitigata talvolta dal carattere solitario e un po’ spigoloso, dovrà risolvere il complicato caso del sequestro di una ventenne. Il questore assegna l’indagine al commissario Valente. Per la prima volta Montalbano mostra, infatti, segni di invecchiamento e inadeguatezza.
La produzione è, come sempre, di Rai Fiction e Palomar, la realizzazione di Carlo Degli Esposti, la sceneggiatura di Francesco Bruni, dello stesso Camilleri e di Salvatore De Mola.
Quanto al cast, è in gran parte confermato quello delle edizioni precedenti per quanto riguarda gli interpreti fissi, a fianco dei quali sono stati inseriti alcuni attori nuovi nei cast dei due episodi. Accanto a Zingaretti, perciò, vedremo ancora Cesare Bocci nel ruolo di Mimì Augello, Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella) e Davide Lo Verde (Galluzzo).
I due nuovi film vanno ad aggiungersi ai dodici episodi della serie Montalbano cominciata nel 1998 su Raidue e accompagnata ogni volta dal favore della critica e dall’entusiasmo dei telespettatori. Per tre anni, sempre a maggio, sono stati trasmessi "Il ladro di merendine" e "La voce del violino", poi "Il cane di terracotta" e "La forma dell’acqua', infine "La gita a Tindari" e "Tocco d’artista". Nell’autunno del 2002 la serie è passata su Raiuno, che ha mandato in onda quattro nuovi episodi: "Il senso del tatto", "Gli arancini di Montalbano", "L’odore della notte" e "Gatto e cardellino". Dopo tre anni, arrivano ancora su Raiuno altri due episodi: "Giro di boa" e "Par condicio" lo scorso settembre.
«Per quasi dieci anni ho raccontato Montalbano e oggi, dopo quattordici film, potrei avere la presunzione di conoscerne il segreto, ma non è così. Montalbano è ogni volta nuovo anche per me. Quando ho letto "La pazienza del ragno" e "Il gioco delle tre carte", due straordinarie storie d’amore, ho capito che questo sarebbe stato un Montalbano diverso», ha dichiarato il regista che ha poi aggiunto: «Ognuna per il suo verso, sono storie molto letterarie. Il commissario è un uomo più fermo, riflessivo: legge, studia, pensa».
Merito soprattutto dell’abilità del prolifico scrittore siciliano che, Sironi definisce, «un affabulatore straordinario». «Quando racconta - conclude - lo ascolto sempre con piacere, le sue parole sono già romanzo».
 
 

L'Arena, 7.3.2006
Torna Montalbano. Ma non resta
Ultimi episodi per Zingaretti: «La pazienza del ragno » e «Il gioco delle tre carte»
Stasera e martedì

Roma. Montalbano vivo o morto? Se la fine letteraria del commissario nato dalla penna di Camilleri, è ancora avvolta nel mistero, quella televisiva lo è ancora di più. Stasera e martedì prossimo RaiUno manda in onda due nuovi film tratti dai romanzi dello scrittore siciliano: «La pazienza del ragno» e «Il gioco delle tre carte».
Luca Zingaretti torna dunque nella mitica Vigata, a rivestire il ruolo di Salvo Montalbano. Ma forse per l’ultima volta. L’attore ha infatto deciso di appendere al chiodo la divisa del commissario, anche se il produttore Carlo Degli Esposti e la Rai sperano sempre in un ripensamento.
Il Commissario Salvo Montalbano, della Polizia, è il protagonista di una fortunata serie di romanzi e racconti caratterizzati dall'uso di un italiano fortemente contaminato da elementi del dialetto siciliano e da una ambientazione siciliana particolarmente curata.
Montalbano ha una fidanzata, Livia, che vive a Boccadasse in Liguria e che appare nei romanzi come filo rosso sempre presente nella sua vita.
Nel 2003 l'amministrazione comunale di Porto Empedocle (Agrigento) ha deciso di mutare la denominazione ufficiale del comune in Porto Empedocle Vigata. Con il benestare dello scrittore che, nell'occasione, si dichiarò particolarmente onorato della richiesta degli Amministratori, il toponimo inventato dallo scrittore per ambientare le sue storie fu aggiunto al nome storico del comune agrigentino.
Il personaggio de commissario Montalbano ha ricevuto ulteriore fama dalla serie televisiva, in cui il protagonista viene interpretato da Luca Zingaretti, che ne ha dato un’interpretazione asciutta, immediata, tipica di quegli uomini del Sud che sanno agire senza esternare né i propri sentimenti né il proprio stato emotivo. La sceneggiatura di questo grande successo televisivo - milioni di spettatori hanno simpatizzato con questo commissario piuttosto duro e schivo, distante anni luce dagli stereotipi comunemente usati per tratteggiare i rappresentanti delle istituzioni è stata "firmata" dagli sceneggiatori Francesco Bruni e Salvatore De Mola.
Radio2 ha trasformato i tv movie "Il ladro di merendine", "La forma dell'acqua", "L'odore della notte", "La voce del violino" e "La gita a Tindari" in serie radiofoniche di 10 puntate l'uno, integrando con brevi raccordi narrativi, tratti ovviamente dall'opera di Camilleri e letti dalla voce fascinosa di Michele Gammino, le scene in cui l'azione era affidata alle sole immagini.
La Palomar si è assicurata i diritti anche di altri libri di Camilleri, in attesa che si chiarisca il caso Zingaretti. Dopo il successo dei 12 precedenti film tv, RaiUno si aspetta un grande successo anche per i due nuovi titoli, sempre per la regia di Alberto Sironi, che si è avvalso della sceneggiatura di Francesco Bruni, dello stesso Camilleri e di Salvatore De Mola.
Quanto al cast, è in gran parte confermato quello delle edizioni precedenti per quanto riguarda gli interpreti fissi, mentre sono stati inseriti alcuni attori nuovi nei cast dei due episodi. Accanto a Zingaretti, perciò, si vedranno ancora Cesare Bocci nel ruolo di Mimì Augello, Peppino Mazzotta (Fazio), Angelo Russo (Catarella), Davide Lo Verde (Galluzzo), Marco Cavallaro (Tortorella), Roberto Nobile (Nicolò Zito) e Carmelinda Gentile (Beba).
 
 

Step 1, 7.3.2006
L’Antico Oggi. Radici, Identità
Presentato il nuovo programma culturale della facoltà di Lettere e Filosofia. Grandi personaggi che si divideranno tra Catania e Siracusa
Facoltà di Lettere e Filosofia - L'antico oggi - La lanterna magica

Terzo anno di “Fuori dall’aula, dentro la città”, il cui programma si dividerà tra Catania e Siracusa. Tema principale è "L’Antico Oggi": rivisitare le grandi narrazioni del patrimonio di ieri in quanto nostre radici e identità. Diversi gli spettacoli che verranno proposti: Socrate, Simposio, Ecuba, solo per citarne qualcuno. Verranno trattati anche temi come il Graal e, tra i personaggi più attesi, ci saranno Alberto Angela e Andrea Camilleri.
[...]
Olivia Calà
 
 

La Stampa, 8.3.2006
La sua sarà una fine letteraria
Non ucciderò il commissario Montalbano
Andrea Camilleri
 
 

AGE, 8.3.2006
TV: ascolti; oltre 8 milioni per Montalbano, vince Raiuno

Roma - Oltre 8 milioni di spettatori hanno seguito ieri su Raiuno il ritorno del commissario Montalbano con 'La pazienza del ragno'. Gli spettatori sono stati 8.241.000, share 30,43%. In una serata caratterizzata anche dal buono ascolto del satellite (7,72%) trainato dalla partita di Champions Juve-Werder Brema, Raiuno ha vinto nettamente nel prime time col 28,56% contro il 19,96% di Canale 5 e nonostante i 7.930.000 spettatori di Striscia la notizia (27.17% di share) che ha superato Affari tuoi (7.714.000 spettatori, 26.34% di share).
 
 

TG1, 8.3.2006
Fiorello imitando Andrea Camilleri: "Sì, ho già in mente come far morire Montalbano: di fumo passivo!"
 
 

La Stampa, 9.3.2006
Sylos Labini, l’Italia offesa e il Cavaliere

Oggi alle 18 in via di Villa Sacchetti a Roma gli Editori Laterza presentano «Ahi serva Italia. Un appello ai miei concittadini» di Paolo Sylos Labini, a cura di Roberto Petrini. Intervengono Andrea Camilleri e Giovanni Sartori. Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista postuma.
 
 

La Stampa, 9.3.2006
TV&TV
Montalbano ritorna in gran forma

La Sicilia rappresentata dal regista Alberto Sironi e bellissima, dolente e allegra, fatiscente e splendida, tutti gli spettatori le sono affezionati.
Così come sono affezionati al commissario Montalbano di Luca Zingaretti. "La oazienza del ragno" in onda l'altra sera su Raiuno di fronte a 8 milioni 241 mila spettatori, e "Il gioco delle tre carte" di martedì prossimo potrebbero essere gli ultimi appuntamenti tv. Così dice Zingaretti, così dice Camilleri, che è anche sceneggiatore, insieme con Francesco Bruni e Salvatore De Mola.
Se gli ultimi episodi del commissario erano stati deludenti, con la serie e il personaggio che si stavano uniformando agli altri prodotti di genere, questo è ritornato agli alti livelli dei primi lavori. L'interpretazione, intanto. Sarà per la consapevolezza di lasciare presto il ruolo, sta di fatto che il protagonista era in gran forma, ha ridato vitalità e anima a un ruolo che rischiava di diventare maschera. Macchietta Catarella lo è sempre stato, lo è anche nei romanzi: però, come nei libri, così in questa "Pazienza del ragno" la macchietta si umanizza. Che era poi il trucco della vecchia commedia dell'arte: le caratteristiche tipiche di Arlecchino o di Pulcinella sono ridicole, però pure universali, nella loro versione grottesca. Bravi anche gli altri interpreti: e questo è un altro valore aggiunto. In molti sceneggiati, una volta scelto il protagonista, gli altri girano intorno aprendo bocca, non recitando. Diversamente qui. Pensiamo solo all'aria sinceramente sofferente del padre e dello zio della protagonista, quella Susanna Mistretta che simula il proprio rapimento. Lo fa a fin di bene, il commissario, che lo aveva sospettato sin dall'inizio, alla fine riesce anche a dimostrarlo. E tace. Pago, verso la sua coscienza e verso il mondo, di aver scoperto la verità: Montalbano anche nei romanzi è uno che a volte, lui per primo, la legge l'aggira un po', cercando di interpretarne lo spirito. Può essere un atteggiamento pericoloso, in effetti, ma nello sceneggiato ce ne godiamo tutte le conseguenze positive.
"Mi auguro solo che lei, Susanna, non tradisca la speranza" dice il commissario alla ragazza, nel salutarla. "Capì che stava dicenno parole di vecchio, ma stavolta senne futtì". Montalbano se ne stracafotte di molte cose, ma ci tiene a essere perbene. Che sospiro di sollievo. Per questo piace così tanto.
Alessandra Comazzi
 
 

Corriere della sera, 9.3.2006
A fil di rete
La Biodiversità di Montalbano

In attesa che si compiano i destini del commissario Montalbano (Andrea Camilleri ne ha già decretato la fine letteraria, Luca Zingaretti non vuole più interpretarlo) proviamo a dire qualcosa di sensato, se ci riesce, sulla fiction "La pazienza del ragno", regia di Alberto Sironi (Raiuno, martedì, ore 21.15). Il commissario Montalbano è forse la serie di maggior prestigio realizzata dalla nostra tv: storie avvincenti, location splendide e inusuali, grande interpretazione di Zingaretti (una spanna sopra i vari Castellitto, Placido, Rubini, Accorsi e compagnia recitante). Adesso è arrivata alla raffinatezza della metaindagine. Con un furbo espediente narrativo (al commissario non è affidata ufficialmente l’indagine, si muove per conto suo), Montalbano vive già come personaggio all’interno della storia, le sue inchieste vengono confrontate con quelle letterarie e televisive di Maigret e Poirot, riflette sui metodi di indagine, si abbandona a giudizi politici (il «cattivo» si candida con un certo partito), può permettersi persino di «fottersene» della legge e dare un senso morale alla verità (i soldi del riscatto finiscono in beneficenza), e siccome a metà racconto si capisce già chi è il «colpevole», Montalbano si dedica a particolari apparentemente insignificanti ma di grande raffinatezza scrittoria: mangia il pesce con il vino rosso da gourmand, non si fa incantare da un avvocato che esibisce alle sue spalle l’intera biblioteca Adelphi, pronuncia parole come «metafora», si lascia commuovere da una ragazza che fa un voto di castità quasi manzoniano.
Si sfila dalle indagini perché ha scoperto la verità (l’unica che televisivamente conti): Montalbano resta un ibrido tra film d’autore e serie televisiva. Anzi la sua vera sconfitta (un disagio che inciderà sul suo destino?) è di non essere riuscito a serializzare le sue imprese. Perché, com’è ben noto, "Montalbano" non è "C.S.I", non è "24", non è "Colombo". Curiosamente, è un prodotto pre-industriale, non seriale, di alto artigianato regionale. È la biodiversità televisiva. Val la pena di farla scomparire?
Aldo Grasso
 
 

il manifesto, 9.3.2006
Mattinale. Televisioni
Vespri
Montalbano, qualità e grandi ascolti

Antiche e decadenti dimore siciliane, squarci di mare d'inverno e foreste di palme bagnate da torrenziali acquazzoni. Il Commissario Montalbano, con il suo cappottone largo e lungo, cammina per le strade deserte di una Vigata onirica e fredda. Una ragazza è stata rapita, la madre sta morendo di depressione a causa di un fratello ingegnere, tipo davvero poco raccomandabile, che, coinvolto suo malgrado nella misteriosa scomparsa della nipote, vedrà fallire l'avventura elettorale. «Avrebbe dovuto essere in lista in un collegio blindato», dice l'amico avvocato. «Inutile chiedere per quale partito», chiosa l'ironico commissario. La trama, specialmente quando si tratta delle avventure di Montalbano, è un sottile filo di ragionamento, pretesto letterario per affondare la penna (di Andrea Camilleri) e la telecamera (del regista Alberto Sironi) negli ambienti sociali, nella psicologia umana, nel paesaggio di straordinaria intensità. Il commissario è un uomo di sinistra, rispettoso della legge ma soprattutto amante della libertà, un inguaribile idealista che si inchina solo all'onestà dei sentimenti. Se nel corso delle indagini incontra una povera venditrice di uova che, per curare il marito, fa la prostituta, lui è pronto a chiudere tutti e due gli occhi per aiutarla. Se una ragazza finge il proprio rapimento per punire lo zio cattivo, lui non scriverà nessun rapporto all'autorità (con cui, peraltro, intrattiene rapporti assai conflittuali). Perché capisce come «un'estrema capacità d'amore possa trasformarsi in una estrema capacità di odiare». E viceversa. Luca Zingaretti, ormai così identificato nel personaggio da meditare di uscirne definitivamente dopo sette anni di felice convivenza, si è fatto più meditabondo. «Il commissario è un uomo più fermo, riflessivo: legge, studia, pensa», dice il regista, e, nell'accomiatarsi dai numerosi fan, aggiunge: «uscendo da questa scena non sono solo, mi porto nel taschino, come quelle con cui giocavo da bambino le figurine di Montalbano». Il ritorno della popolare serie tratta dai best-seller di Camilleri accende le serate dei telespettatori, finalmente ripagati del canone con una fiction di alta scuola, prodotta da Raifiction e dalla Palomar di Carlo Degli Esposti. Accanto a Zingaretti si muovono i suoi fedeli collaboratori: Cesare Bocci nel ruolo di Mimì Augello, Peppino Mazzotta in quello di Fazio, Angelo Russo nei panni di Catarella, insieme a Davide Lo Verde, Marco Cavallaro, Roberto Nobile e Carmelinda Gentile. Le musiche sono di Franco Piersanti, la fotografia è firmata da Stefano Ricciotti, la scenografia è di Luciano Ricceri. L'episodio "La pazienza del ragno" (Raiuno) è stato il programma più visto della serata, con otto milioni di spettatori e il 30 per cento di share.
Norma Rangeri
 
 

Il Giornale, 9.3.2006
Camilleri: Montalbano non morirà

Cronaca di una morte erroneamente annunciata. No, il commissario Montalbano non morirà. Tuttavia sparirà a causa di «un dissidio così totale col suo autore, a causa di una complessa e controversa indagine, da non consentirgli più di poter esistere». Lo spiega Andrea Camilleri, smentendo le notizie in merito all'uccisione del poliziotto più amato dai lettori e dai teleutenti italiani.
Il creatore di Montalbano ammette, sulla prima pagina della Stampa di ieri, di utilizzare, in questa sparizione, «moduli dichiaratamente pirandelliani». Cosa che in uno scrittore siciliano suona molto bene. Ma «la consegna del libro a Elvira Sellerio non significa la sua immediata pubblicazione», puntualizza l'autore. Insomma, il paradiso può attendere, per Montalbano c'è ancora spazio nel purgatorio del crimine.
 
 

La Provincia, 9.3.2006
Montalbano è senza rivali
Oltre 8 milioni hanno visto il commissario più famoso d’Italia

Milano — Vola sul podio più alto il commissario Montalbano con oltre 8 milioni di telespettatori trascinando Rai Uno pure alla vittoria della ‘prima serata’; fa il record stagionale Pressing, abilmente condotto da Massimo De Luca (Retequattro) centrando il terzo miglior risultato dal 2000 con un picco di oltre 4 milioni che sfiora lo share del 30%. Nella notte del ritorno del poliziotto inventato da Andrea Camilleri e della Champions, le previsioni sono addirittuta andate oltre le più ottimistiche attese. A conferma, in ogni caso, che la buona fiction ed il buon calcio, pagano sempre.
MONTALBANO – Opportunamente promosso, corroborato da una intelligente polemica (Luca Zingaretti, nonostante l’enorme successo popolare, abbandonerà il personaggio che lo ha reso famosissimo?), il commissario Montalbano ha ripreso il suo cammino con cifre da capogiro: oltre 8 milioni di spettatori per l’episodio "La pazienza del ragno", indagine su una ragazza scomparsa (Federica De Cola), figlia di un docente universitario (Luigi Nicolosi). Lo share è stato del 30.43%. Risultato straordinario in una serata di grande calcio rafforzata, nel prime time, dalla platea storica della fiction sui Carabinieri (sempre sopra i 4 milioni in entrambi gli episodi). Ora resta da vedere se davvero Camilleri sopprimerà la sua creatura come hanno fatto, ad esempio, Stephen King in "Misery" (da cui è stato tratto un famoso film) e Sir Arthur Conan Doyle nel 1891 con Sherlock Holmes ne "Il problema finale". Anche per Pinocchio fu così ma Camilleri deve tener conto del pubblico, facile alla ribellione.
[...]
Paolo Pirondini
 
 
De Luca: vi racconto il mio segreto
Televisione. ‘Pressing’ in onda dopo la fiction Rai. Ed è boom

Milano — Aria di grande euforia negli studi Mediaset di Cologno Monzese per il record di Pressing. Sugli scudi il conduttore Massimo De Luca, il regista Andrea Sanna ed il produttore Roberto Calabrese. De Luca, un successo in fondo non inatteso… «Beh direi un successo voluto, costruito, di squadra». In che senso? «Lo racconto volentieri ai lettori de La Provincia». Avanti… «Sapevamo che la bella fiction di Montalbano sarebbe finita soltanto alle 23.05. Ed allora abbiamo preso tempo. Voglio dire: abbiamo aspettato prima di mandare in onda l’attesa sintesi di Juve-Werder Brema che il commissario di Camilleri calasse il sipario».
[...]
(p.p.)
 
 

Rockol, 9.3.2006
Comunicato Stampa: Premio Opera IMAIE 2006, I° Edizione
Sabato 11 e domenica 12 marzo - Casa del Cinema di Roma (Largo Marcello Mastroianni, 1 - Villa Borghese – Roma)

Sabato 11 e domenica 12 marzo, la Casa del Cinema di Villa Borghese ospiterà la I° Edizione del Premio Opera IMAIE*, una manifestazione aperta al pubblico (l’ingresso è gratuito).
Durante le due giornate dell’evento sarà possibile ascoltare e visionare gli estratti delle opere artistiche che hanno usufruito del sostegno dell’IMAIE (Istituto per la Tutela dei Diritti degli Artisti Interpreti Esecutori) nell’arco del 2005.
L’evento culminerà domenica 12 marzo, alle ore 21.30, con la premiazione delle migliori sei opere - tre in ambito audiovisivo e tre musicali - scelte tra i progetti presentati, da due commissioni di esperti, nel corso dell’anno passato: non meno di 80 CD per il settore musicale e non meno di 50 DVD per il settore audiovisivo. A consegnare i premi della sezione audiovisivo un ospite d’eccezione: Franco Nero.
Per l’occasione verrà presentato il catalogo “Cinema italiano 1945-1985: restauro e preservazioni” (a cura di Dario Minutolo), che raccoglie tutti i film restaurati in Italia, da cineteche, organizzazioni pubbliche ed enti privati, nel periodo in questione. Un promemoria per studiosi, un repertorio informativo per gli spettatori più esigenti e curiosi, uno strumento di lavoro per quanti si occupano dell’organizzazione di eventi cinematografici. Promosso e curato da IMAIE, il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’AIRSC (Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema) e l’ANCCI (Associazione Nazionale Circoli Cinematografici Italiani).
Sabato 11 marzo dalle 16.00 alle 24.00
Domenica 12 marzo dalle 16.00 alle 20.00
Ascolto e visione delle opere nelle Sale DELUXE e KODAK
Saranno presenti alcuni tra gli artisti che hanno contribuito alla realizzazione dei progetti: [...] Andrea Camilleri, [...].
[...]
Per info: EmmePi Comunicazione Srl. Via Archimede, 35 – 00197 Roma. Tel. 06-8073469. Cristina Borsatti cristina.borsatti@yahoo.it. Daria Salvini daria.salvini@emmepicom.it
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.3.2006
Nell'angolo sud orientale della Sicilia tutto il mese di marzo è dedicato a letteratura, musica, teatro e cinema
Scicli tra cultura e Montalbano
Nella cittadina barocca visite guidate ai luoghi della fiction

Non uno ma diversi spunti ci portano questa settimana in quel di Scicli, nell´angolo sud orientale della Sicilia, nel cuore del celebrato barocco isolano. Il primo è il "Mese della cultura", in pieno svolgimento (fino alla fine di marzo) con una quantità di appuntamenti, dalla musica al teatro passando per il cinema e la poesia.
[...]
Il "Mese della cultura", inoltre, prevede anche visite guidate sulle orme del commissario Montalbano e il momento non potrebbe essere più propizio, visto che proprio in questi giorni vanno in onda le ultime due puntate dell´amato telefilm. Si potranno così vedere di pirsona pirsonalmente le stanze che, all´interno del municipio, ospitano il «gabinetto del questore» e l´«ufficio del commissario», la via Mormino Penna, che con la sua scenografica sequenza di chiese ed eleganti palazzine ha fatto da sfondo a più di un esterno, il Palazzo Iacono. Sempre sulle tracce del commissario, si potrà poi proseguire verso la frazione di Sampieri, dove il gigantesco rudere della Fornace Penna, che al principio del Novecento era uno stabilimento per la lavorazione dei mattoni, si fa riconoscere come il luogo in cui nel recente episodio "La pazienza del ragno" viene ritrovato il motorino della ragazza scomparsa, fino al borgo marinaro di Donnalucata, anch´esso immediatamente riconoscibile dagli appassionati.
[...]
Maria Cristina Castellucci
 
 

Evene, 9.3.2006
La critique
Le Coup du cavalier, d'Andrea Camilleri

Même lieu, même époque que 'La Disparition de Judas', paru il y a quelques mois chez Métailié: la Sicile des années 1890, pays recroquevillé sur lui-même où règnent l'omerta, la corruption et les magouilles en tous genres. Arrive dans cette région hostile un nouvel inspecteur des impôts, génois et honnête de surcroît. Andrea Camilleri met alors en place un jeu de langage très drôle qui, tout en opposant un patois sicilien à la langue génoise, parvient à ne pas perdre le lecteur - tirons au passage notre chapeau au traducteur qui a réussi à transcrire tout cela en restant compréhensible. Plein d'humour, grinçant, notamment à l'encontre de l'Eglise, burlesque, mais aussi avec une pointe de critique politique grâce à ces notables pourris qui ne sont pas sans rappeler quelques corrompus contemporains, ce roman policier historique se lit d'une traite, porté par des personnages truculents et une écriture originale. Un nouvelle fois, Camilleri entrecoupe son récit de larges liasses de documents administratifs retranscrits, sa marque de fabrique, qui, brillamment utilisés, permettent une accélération de l'intrigue et une multiplication des points de vue sans alourdir le récit. Du très bon Camilleri.
Mikaël Demets
 
 

La Repubblica, 10.3.2006
Il ricordo
L´appello di Camilleri e Sartori "Impariamo da Sylos Labini"
Presentata la raccolta dei suoi scritti "Ahi serva Italia"

Roma - L´ultimo appello di Paolo Sylos Labini è una disperata invettiva dantesca: «Ahi serva Italia». Un pamphlet politico ideale da gettare sul dibattito politico di un´Italia dove, come ha scritto, c´è ormai una frattura profonda tra politica e morale. Un solco che Sylos Labini non si era mai stancato di cercare di colmare. Voleva che il suo appello arrivasse ai cuori della gente prima delle elezioni. E c´è riuscito. Un appello a che l´Italia si ribellasse a quello che non si è mai stancato di definire un governo della filibusta, il governo Berlusconi. Aveva iniziato a pensare il pamphlet il 7 novembre e oggi arriva in libreria. Prima delle elezioni, come voleva lui. E´ la casa editrice Laterza a pubblicare la raccolta dei suoi articoli pubblicati dall´Unità e dal Sole 24 Ore e curati dal giornalista Roberto Petrini. E´ un testamento morale e politico quello che è stato presentato ieri a Roma da Andrea Camilleri, Giovanni Sartori e dai figli di Sylos Labini Francesco e Stefano. Erano in tanti nella sala a raccogliere il suo messaggio. Luigi Spaventa, Giorgio Ruffolo, Antonio Maccanico, Furio Colombo e i suoi amici.
Quelli che sorridevano al ricordo del suo estro «quasi fanciullesco», come l´ha definito Andrea Camilleri, e del suo carattere bizzoso. Al suo dire le cose come stavano. Si commuove due volte Giovanni Sartori a ricordare l´amico. E sembra quasi accampare una scusa nell´abbreviare le sue parole. «Ho sottolineato i pezzi che volevo leggervi - dice Sartori - con un evidenziatore giallo, ma questa luce non mi fa più vedere il colore». Una cosa però vuole ricordare Sartori, la capacità di Sylos Labini di saper demonizzare il governo Berlusconi. «Perché non devo demonizzarlo se è un demonio?» diceva l´economista. «E io sono d´accordo con lui - ha detto Sartori - perché se una cosa è orribile bisogna dirlo non mascherarlo. Sylos Labini è stato il testimone di un´Italia che non si arrende». Lui non si è arreso fino alla fine e per questa tenacia ha voluto ringraziare quanti gli hanno dato speranza. «Un elenco di nomi, cinquantasette persone in tutto - ha ricordato Camilleri - che agli occhi di Paolo sono contrassegnate da una comune volontà di resistenza». Che è poi è tutta nell´appello accorato che conclude il volume e che si rivolge anche agli uomini del centrosinistra: «Recuperate gli ideali della vostra giovinezza».
(b. ard.)
 
 

La Repubblica, 10.3.2006
Zingaretti-Montalbano, l'ultimo eroe tv

Luca Zingaretti con l'episodio in onda la prossima settimana ("Il gioco delle tre carte") lascia il personaggio Montalbano. Andrea Camilleri annuncia la dipartita del suo commissario, poi precisa "è una fine letteraria". In ogni caso, sarà un'altra storia. Vedendo il primo ("La pazienza del ragno") della coppia di episodi che chiudono una grande saga popolar-televisiva, forse era davvero il caso: Zingaretti non ne può più, e si vede, lo fa per dovere, si toglie giusto qualche sfizio ("Penso che sia inutile precisare a che partito appartiene questo signore" dice, riferendosi al palazzinaro fedifrago che si vuole buttare in politica), sa che ogni espressione abbinata al commissario viene già anticipata dal pubblico, che lo conosce ormai alla perfezione e prevede i momenti di arrabbiatura, ne anticipa l'ironia in arrivo e sa che alla fine farà la cosa giusta e penserà nel modo migliore possibile.
Però è stata una bella storia, con seguito di pubblico sempre molto alto. Fin dagli esordi, quando Zingaretti sbucò in quella parte e nessuno, proprio nessuno tra quelli che avevano letto i primi Camilleri aveva immaginato per Montalbano una fisionomia simile. Da allora Montalbano è invece diventato così, e quindi Zingaretti ha stravinto e gliene va dato atto, eccome. Insieme a chi ha curato il progetto, a chi ha saputo assecondare il crescente successo di pubblico: se la storia della tv avesse ancora un senso corrente, e non fosse invece costretta a inseguirne i mille rivoli indistinti e quasi tutti inutili, lo Zingaretti-Montalbano meriterebbe il piedistallo che in passato è stato dei grandissimi del romanzo popolare in tv. Però, ammesso che qualcuno volesse raccoglierla, la sfida a ricreare tutto con personaggi nuovi e un passo diverso, potrebbe essere interessante: proprio per questo sarà di difficile realizzazione. Più probabile un improvviso ripensamento degli attori in gioco. Si vedrà.
Per la tv, comunque, ossigeno puro. Prima con l'avvento di "Lost" su Raidue (un po' penalizzata dal grande richiamo che aveva avuto sul satellite, lo scorso anno, dove tra pochi mesi andrà la seconda stagione). E poi un Montalbano, giusto per riprendersi da Sanremo e dai post-Sanremo, dalla fiera delle vacuità e delle ripiccucce che hanno ammorbato l'ambiente come mai in passato.
Antonio Dipollina
 
 

Panorama, 16.3.2006 (in edicola 10.3.2006)
Teleeroi. La fine del commissario di Vigàta immaginata da 10 giallisti
Montalbano io l'ammazzerei così
Ucciso dalla mafia, da una donna gelosa, da un altro poliziotto letterario. O per infarto mentre nuota...
L'epilogo secondo i colleghi di Camilleri

“Dottori, vivo siete?” spiò l’agente Catarella, vedendo Montalbano entrare, come tutte le mattine, al commissariato di Vigàta. “Perché, morto devo essere?” rispose il commissario strammato, poi vide il giornale e l’umore gli si fece nìvuro. C’rea scritto che un certo Andrea Camilleri l’aveva ammazzato. Un brutto avvertimento. “Non lo sa ma è già morto” dicono i mafiosi di quelli che vogliono eliminare.
Se Montalbano esistesse davvero, questa scena si sarebbe svolta qualche giorno fa, quando è uscita sui quotidiani la notizia che l’ultimo capitolo della sua saga è stato scritto e giace nella cassaforte dell’editrice Sellerio, a Palermo. E racconterebbe la morte dell’eroe di Vigàta in uno scontro con il suo autore, Camilleri. Che però ha precisato: “No, non ucciderò Salvo Montlabano. La sua sarà solo una morte letteraria”.
Di cui non si sa nulla. Se non morirà, comunque Montalbano cambierà faccia sullo schermo: l’attore Luca Zingaretti, infatti, ha dichiarato che non lo interpreterà più e si darà alla regia. Ci sarà un altro Montalbano? Anche su questo per ora c’è il mistero.
In ogni caso, le risposte interessano a tanti: “Il commissario Montalbano” su Raiuno il 7 marzo è stato seguito da 8 milioni 241 mila persone con il 30,43 per cento di share. In attesa di scoprire (il più tardi possibile) la vera fine della storia, Panorama ha chiesto a nove celebri autori di libri gialli di inventarne una. E al criminologo Massimo Picozzi di raccontare come indagherebbe sulla scomparsa del commissario, se fosse chiamato a Vigàta come consulente della scientifica.
Elena Porcelli

«Vittima di un'amante esasperata, forse Livia» (Massimo Carlotto)
Per Massimo Carlotto, autore di numerosi romanzi noir, tra cui “Arrivederci amore ciao”, ora sullo schermo per la regia di Michele Soavi, “Salvo Montalbano è il tipo d’uomo che può portare una donna all’esasperazione. E magari all’omicidio”.
Il pensiero corre all’eterna fidanzata Livia, insegnante [sic!, NdCFC] di Boccadasse (Ge) con cui il commissario ha una tormentata relazione a distanza. “Livia?” prosegue Carlotto. “Non me lo fate dire, ma non lo escluderei. Oppure c’è l’ipotesi del delitto di mafia. Ma deve proprio morire? L’Alligatore, protagonista di una mia serie di libri, non morirà mai, l’ho promesso ai lettori”.

«Assassinato dalla mafia o tradito da un amico» (Piero Colaprico)
“Salvo Montalbano dà di certo fastidio alla mafia” risponde Piero Col aprico, inviato della Repubblica e autore dei gialli del maresciallo Binda, insieme con Pietro Valpreda, “quindi lo immagino ammazzato da un killer professionista in un agguato. Oppure potrebbe indagare su un delitto passionale e venire ucciso dall’insospettabile assassino, che fa parte della buona società di Vigàta e si finge suo amico”.

«Lo colpirebbero con false accuse, come Ultimo» (Edoardo Montolli)
Edoardo Montolli, giornalista d’inchiesta e autore del romanzo “Il boia”, ha idee molto chiare su come finiscono gli eroi del nostro tempo: “La mafia potrebbe certamente voler assassinare Salvo Montalbano. Ma ormai Cosa nostra preferisce usare mezzi più sofisticati. Penso che per liberarsi del commissario monterebbero un castello di false accuse, facendolo passare per un complice della mafia. È quello che è stato fatto, purtroppo nella realtà, all’ex prefetto di Palermo Mario Mori [in effetti era il capo dei R.O.S. dei Carabinieri, NdCFC] e al capitano Ultimo, il carabiniere che ha arrestato Totò Riina. Dopo un processo assurdo e lunghissimo sono stati completamente scagionati, ma le loro carriere, le loro reputazioni e le loro vite, intanto, sono state danneggiate pesantemente”.
E in questo caso Montalbano che farebbe? “Non gli resterebbe che ritirarsi a vita privata, lasciando ai lettori la speranza che prima o poi torni a indagare”.

«Ucciso da Coliandro, il personaggio di Lucarelli» (Margherita Oggero)
Margherita Oggero è autrice di vari romanzi come “La colega tatuata”, da cui è stato tratto un film con Luciana Littizzetto e Neri Marcorè. Per la fine di Montalbano Oggero mescola libri e autori. “Potrebbe cadere sotto il fuoco amico dell’ispettore Coliandro, il poliziotto scemo inventato da Carlo Lucarelli”. Racconta Oggero: “Montalbano sta seguendo una pista a Bologna. Ma anche Coliandro sta indagando per caso sugli stessi banditi. I due si incontrano durante un inseguimento, Coliandro non capisce di avere a che fare con un commissario e gli grida: “Fermo o sparo!”. Montalbano si gira scocciato esclamando “cogl…”. Ma non finisce l’insulto perché il cogl… gli pianta due pallottole in fronte. Oppure a Coliandro potrebbe partire un colpo mente corre con l’arma senza sicura”.

«Ferito a morte, si fa l'ultima mangiata e spira» (Sandrone Dazieri)
“Se proprio devo farlo morire, e mi dispiace” risponde Sandrone Dazieri, autore del noir “La cura del gorilla”, di recente diventato un film con Claudio Bisio, “voglio farlo morire contento. Immagino che venga ferito e, consapevole che non c’è più nulla da fare, vada a sedersi al tavolo di uno dei suoi ristoranti preferiti dove gusta le ultime leccornie Poi arriva il cameriere e chiede: “Commissario, vuole il caffè?”. Ma lui non risponde, perché è spirato”.

«Andrà in pensione e scriverà le sue memorie» (Carlo Lucarelli)
Informato dell’idea di Margherita Oggero, Carlo Lucarelli, scrittore noto al pubblico televisivo per la trasmissione “Blu notte”, difende il sovrintendente Coliandro, anche se nell’introduzione del romanzo “Falange armata” lo definisce “machista, cambista, razzista. E proprio molto tonto”.
Commenta l’autore: “No, non farei uccidere Montalbano dal povero Coliandro, che ci resterebbe malissimo, e anche la polizia sarebbe in grave imbarazzo. E povero Montalbano, perché mai deve morire?”. Ma se non muore, come può concludersi la sua storia? “Io Salvo Montalbano lo immagino in pensione come l’ispettore [commissario, NdCFC] Maigret, mentre scrive le sue memorie. Una fine violenta, magari in un agguato mafioso, sarebbe troppo banale e triste”.

«Non rispondo, per rispetto verso Camilleri» (Giancarlo De Cataldo)
Il magistrato e romanziere Giancarlo De Cataldo, autore di quel “Romanzo criminale” da cui è stato tratto il film di Michele Placido, si rifiuta di rispondere alla domanda di Panorama: “Ho troppo rispetto per Andrea Camilleri”.
De Cataldo è stato l'unico a prendere una posizione così decisa, ma tutti i suoi colleghi hanno mostrato una certa riluttanza nel prestarsi al gioco, tutti per la stima che nutrono per Camilleri, alcuni anche per affetto verso Montalbano.

«Farlo uccidere da Camilleri è un'idea insuperabile» (Santo Piazzese)
Per Santo Piazzese, biologo e autore di diversi gialli per l’editrice Sellerio di Palermo, la stessa che ha scoperto e lanciato Andrea Camilleri, “far morire Montalbano in uno scontro con il suo autore è un’idea insuperabile. Io non ne ho altre”. Intanto Camilleri ha smentito che la fine di Montalbano sia questa. Ma Piazzese ha ragione, l’idea, comunque, è ottima.

«Vecchio, s'addormenta al sole, dopo una nuotata» (Gianni Biondillo)
Gianni Biondillo, architetto e autore di due romanzi ambientati nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro, “Per cosa si uccide” e “Con la morte nel cuore”, non ne vuol sapere di ammazzare il commissario: “Per Salvo Montalbano immagino una morte serena, perché credo che se lo meriti. Potrebbe appisolarsi da vecchio su un’assolata spiaggia della sua Sicilia, dopo una bella nuotata, e non svegliarsi più. Il suo fascino è che è un uomo vero, non un supereroe, non lo vedo cadere in una sparatoria”.

«Indagherei sulle infiltrazioni mafiose nello Stato» (Massimo Picozzi)
Il criminologo Massimo Picozzi ha letto tutti i romanzi del commissario di Vigàta. “Se fossi chiamato a indagare sul caso Montalbano” sostiene “non si tratterebbe di un omicidio ma di una sparizione. Come criminologo immagino un caso di lupara bianca, oppure un banale infarto durante una nuotata nel mare, con il cadavere che non viene più ritrovato. E come lettore sarei contento, perché potrei immaginarlo vivo”.
E in che direzione orienterebbe le ricerche? “Se la mafia riesce a far sparire un genio come Salvo Montalbano è perché qualcuno negli organi dello Stato lo ha tradito. È troppo intelligente per farsi imbrogliare da un falso amico, al massimo da una bellissima donna. E potrebbe anche organizzare la propria fuga: se cercassero di incastrarlo con false accuse, come è accaduto nella realtà al capitano Ultimo, Montalbano sparirebbe con la sua Livia”.
 
 

Panorama, 16.3.2006 (in edicola 10.3.2006)
Alle urne, alle urne
Notarelle stravaganti di una campagna elettorale in cui l'unica cosa che vola sono gli stracci
Ora e sempre Santo Silvio
Mike Bongiorno ambasciatore negli Usa, una nuova autostrada in Libia, i marines a Napoli: cronaca fantasiosa (ma non troppo) di quello che succederebbe se il centrodestra ri-vincesse le elezioni.

[...]
MONTALBANO. Se ri-vince Berlusconi, di sicuro Luca Zingaretti ci ripensa. Tornerà a interpretare il commissario Montalbano perché, insomma, è una gran rottura di cabasisi questa sua decisione di non fare più il poliziotto di Vigàta. Se ri-vince il Cavaliere (santo subito!), certamente Zingaretti si convincerà a continuare i suoi duetti con l'agente Catarella, perché troverà il sale giusto per condire il suo spettacolo: se appunto ri-vince il Cavaliere, quel pizzico di illegalità in più sarà garantito in tema di realismo e di una messinscena così lui, che è un grande attore, non potrà privarsene. Se proprio non vuole fare la figura di Ubaldo Lay, come teme Andrea Camilleri, l'inventore della saga, cerchi però di non fare la fine di Gano di Maganza (giusto, don Andrea?).
[...]
Pietrangelo Buttafuoco
 
 

Puntocom, 10.3.2006
La proposta
Montalbano non deve morire

Speriamo che non avvenga. Ma se fosse vero quanto dichiarato da Andrea Camilleri e da Luca Zingaretti, tutti coloro che amano Montalbano potrebbero non avere più la possibilità di assistere a nuove imprese del commissario di Vigata, l'immaginaria e pur così reale città della Sicilia.
Sarebbe un vero peccato televisivo. Montalbano, infatti, insieme con la Piovra e La Meglio Gioventù, rappresenta, a mio parere, quanto di meglio la Rai abbia prodotto nelle serie Tv nell'ultimo decennio. Sono tutti racconti assai diversi e di fantasia, quelli citati. Ma dove la realtà italiana è rappresentata meglio che nelle storie vere. La fiction, in questi casi, è potuta diventare una grande fiction, proprio perché una sorta di specchio che rende la realtà più visibile. Più visibile e affascinante, perché "restituita" attraverso il linguaggio tipico della narrazione. In aggiunta, la Rai, con questi racconti ha centrato un intreccio di importanti obbiettivi solitamente separati: un grande successo di pubblico; una adesione inconsueta della critica; una proiezione internazionale in molti paesi del mondo e una diffusione che di solito manca ai racconti italiani; e infine una rara sinergia tra produzione letteraria e produzione televisiva.
Camilleri (a differenza di quanto avviene nella Piovra e in altri polizieschi televisivi ambientati in Sicilia) ha avuto il pregio di raccontare la sua terra a tutto tondo, usando sì toni drammatici, ma anche l'ironia propria della grande commedia umana. Gli stessi ambienti del crimine non sono mai di maniera e soprattutto non riempiono la totalità del racconto. Sono sempre intrecciati con la vita vera e con lo spaccato di una umanità minuta ed insieme rappresentativa di un "tutto". Gli stessi caratteri delle comparse hanno spesso una maggiore importanza rispetto ai protagonisti principali.
Quando Montalbano si imbatte nella prostituta che "esercita" la professione nella sua stessa povera casa, per aiutare il marito rimasto immobilizzato per un incidente che gli ha troncato le gambe, e che giace lì nella stanza accanto, Montalbano la tratta con maggiore rispetto e delicatezza di quanto non riserbi al Questore che lo comanda. Il senso della giustizia in Montalbano è un moto dell'anima e nasce dal basso. Non lo esercita per supponenza della sua funzione o per appartenenza ad una casta professionale. Una rarità di questi tempi. La espressività gestuale e sobria di Zingaretti e il talento del regista Alberto Sironi rendono tutto questo al meglio.
Le indagini del nostro commissario civile sono sempre condotte con la "pazienza del ragno". Quasi sempre terminano con un "lavacro" conclusivo come la pioggia temporalesca che si abbatte su Vigata e lava la città. Scompaiono così i cieli limpidi e le architetture barocche, che sono invece gli sfondi consueti dove per contrasto si svolgono le trame più torbide. Nella tradizione di Sciascia, la Sicilia è vista sempre con affetto dolente e rappresenta sempre una metafora.
Perché, dunque, privare lo spettatore di racconti così densi e affascinanti? La Rai e la Palomar dovrebbero adoprarsi in ogni modo per appianare i contrasti tra i vari autori e trovare un compromesso accettabile per tutti, come sempre è avvenuto sinora. Camilleri, che è un vitale ottantenne, probabilmente non sopporta che altri decidano per lui sulla sorte del suo più amato personaggio. E da siciliano vero (ma anche da padre letterario e autoritario, quanto affettuoso) ha trovato la soluzione... più siciliana. Ha consegnato alla sua brava editrice, Elvira Sellerio, l'ultimo racconto con Montalbano dove lo scrittore stesso prevede la fine della sua creatura. Da pubblicare (probabilmente) in concomitanza della scomparsa dello stesso Camilleri. Un abbraccio finale e pirandelliano (anche qui) tra realtà e finzione.
A questo punto, non ci resta che sperare che Camilleri viva almeno altri ventanni. E che la Sellerio pubblichi quel racconto sulla morte di Montalbano a seguito di molti altri episodi, che la creatività dello scrittore vorrà ancora assicurare ai suoi lettori (e spettatori) sparsi per il mondo.
 
 

Il Messaggero, 10.3.2006
Teatro: "L’arrubbafumu" in scena a Formia

Week end con il teatro a Formia con la rassegna “Senza sipario” organizzata dal Collettivo “Bertolt Brecht”. Domani alle 20,30 e domenica alle 18, nella sala di via delle Terme Romane, l’attore Peppino Mazzotta porterà in scena il suo ultimo lavoro, “L’arrubbafumu”, per la regia di Francesco Suriano. Musiche originali di Mirko D’Onofrio. Uno spettacolo che costituisce un giusto riconoscimento alla bravura di Peppino Mazzotta, noto al al pubblico teatrale ed anche a quello televisivo come interprete della serie televisiva dedicata ai racconti di Andrea Camilleri ed alle inchieste del commissario Montalbano. Lo spettacolo, in cui Mazzotta interpreta il ruolo di Fazio, il vice di Montalbano, racconta di un fatto storico avvenuto a Palmi, in Calabria, nell’agosto del 1925. Il protagonista della vicenda, l’arrubbafumu, che vive ai margini della società, in una povertà così estrema da poter rubare unicamente il fumo, si trova coinvolto, suo malgrado, in un grave fatto di cronaca.
S.Gion.
 
 

La Repubblica, 12.3.2006
Conduce Mimun, in studio i giornalisti Sorgi e Napoletano. A Vespa il secondo round il 3 aprile
Accordo Prodi-Berlusconi, martedì duello "all'americana"
Soddisfatto il Professore. Il premier: faremo le statuine

Roma - "Il gioco delle tre carte", ultimo epiodio del commissario Montalbano, è anticipato a domani. Perché martedì sera RaiUno farà spazio ad un gioco ben più importante, al primo dei due duelli tv tra Prodi e Berlusconi.
[...]
Aldo Fontanarosa
 
 

Corriere della sera, 12.3.2006
Camilleri ha un buon talento per la commedia e per il ...

Camilleri ha un buon talento per la commedia e per il bozzetto. Strepitoso è l’inizio del suo nuovo libro per vivacità di scrittura e ottima la prima parte, nonostante la banalità del tema. Protagonista è Nené Cangialosi, sicilianino colto nella propria rozza iniziazione sessuale e attratto da ciò che accade nella «Pensione Eva», il lupanare della città in cui vive. C’è l’incontro con la cugina Angela, il gioco del dottore con il solito rituale, ci sono le fantasie che si scatenano al parlare con i compagni di scuola sulle donnine e finalmente l’ingresso nella pensione. Le pagine saltellano su un ritmo di allegretto gustoso. La vicenda, nella seconda parte, si ambienta negli anni della guerra. Camilleri allora alza il tono, rallenta vistosamente il ritmo, passa dall’intrattenimento a una cupa riflessione, tenta di farsi narratore serio con ambizione all’epica. Il salto non giova al libro, che perde del tutto la propria vitalità e si intristisce in una scrittura scialba.
 
 

l'Unità, 12.3.2006
La scelta

Alcuni giorni fa Andrea Camilleri e Giovanni Sartori hanno presentato il libro-testamento di Paolo Sylos Labini «Ahi serva Italia, appello ai miei concittadini».
C’era una grande folla nelle stanze della Casa Editrice Laterza di Roma. Tutta quella gente non era venuta soltanto per l’immensa stima e l’immenso affetto che Sylos Labini si era meritato nella sua vita di maestro.
Camilleri, Sartori e tutti gli altri sono venuti per dire che ci impegniamo anche in condizioni di totale controllo mediatico e di esclusive notizie di regime a fare in modo che tutti sappiano di quell’appello.
È l’impegno di tanti che non hanno mai rotto il patto.
Il patto era di dire e di ripetere e di far sapere in Italia ciò che di noi dice il mondo: l’Italia è umiliata e soffocata da un gigantesco conflitto di interessi che non si ferma o non si modera con l’espediente di parlarne con gentilezza. Oggi quel conflitto è molto più grande del primo giorno del triste governo Berlusconi. Diventa ogni giorno più incompatibile con la democrazia. Può essere rimosso, salvando il Paese, solo col voto. Sylos Labini è stato voce alta, limpida, autorevole di questo giornale, una voce che non si è mai placata perché non c’era ragione di placarsi. Nella presentazione del suo libro-appello, Camilleri e Sartori (certo difficilmente definibili “radicali” e “girotondini”) hanno voluto unire le proprie voci a quella di Sylos Labini per dire ai disorientati e agli incerti secondo l’ammonizione di Umberto Eco: «Non siete matti, voi che parlate di dittatura mediatica. Siete i cittadini che non si rassegnano a consegnare i propri diritti democratici al governo della famiglia Berlusconi e dei suoi scrupolosi dipendenti. Ora diremo basta col voto».
[...]
Furio Colombo
 
 

La Sicilia, 12.3.2006
Le regìe

Risale al 1977 la collaborazione tra Andrea Camilleri e il «Piccolo teatro pirandelliano città di Agrigento». Quell'anno infatti lo scrittore, docente di Drammaturgia all'Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D'Amico di Roma, curò la regia dell'opera teatrale «L'uomo, la bestia e la virtù» presentata alla Settimana pirandelliana. Da allora Andrea Camilleri, ogni estate, per un lungo periodo, curò le regie delle varie rappresentazioni teatrali proposte nel Cartellone della «Settimana»: da «U Ciclopu» di Euripide, testo tradotto in siciliano da Pirandello (con repliche pure al Teatro Tenda di Roma) fino «A birritta cu i ciancianeddi»(1978) passando per «Il gioco delle parti» (1980), «Così è se vi pare» (1981) e «La nuova colonia»(1982). Infine nel 1993 Camilleri, per la prima volta, oltre a curare la regia («Il vitalizio») ne scrisse direttamente l'adattamento.
 
 

Fatti chiari. Come si racconta la notizia
Il Centro di Documentazione Giornalistica è lieto di invitarla alla presentazione di "Fatti chiari. Come si racconta la notizia"
Ne parlano insieme agli autori:
Andrea Camilleri, Antonio Di Bella, Mario Morcellini, Paolo Ruffini
Lunedì 13 Marzo
Università La Sapienza di Roma, Aula Magna della Facoltà di Scienze della Comunicazione - Via Salaria, 112/113.

E' un caso se un articolo di giornale si legge tutto d'un fiato o se una trasmissione televisiva vi tiene incollati allo schermo? Gli autori di Fatti Chiari pensano proprio di no.
Giovanni Floris, Filippo Nanni, entrambi giornalisti Rai e Pergentina Pedaccini, docente e studiosa di linguaggio, si sono posti l'obiettivo di far luce sui piccoli segreti del saper comunicare al meglio quando l'obiettivo è quello di informare.
Che si tratti di un articolo di giornale, di un pezzo radiofonico o della conduzione di un talk show la chiarezza del messaggio è sempre il fine da perseguire.
Fatti Chiari è una guida analitica e puntuale per imparare a raggiungere questo fine.
Nell'occasione verrà presentata una ricerca sulla "leggibilità dei giornali".
Cinque quotidiani nazionali sono stati messi a confronto per una settimana per valutare se lo sforzo di scrivere bene si traduce in risultati apprezzabili.
CDG - Centro di Documentazione Giornalistica
Ufficio Stampa - Cristina Sepe, Igiea Lanza, Luana Andreoni

 
 

Corriere della sera, 13.3.2006
L'incontro
«Caro Eco, se vince il Polo non avrei l’età per l’esilio»
«Mio padre un fascista leale, c'è lui in Montalbano»
Camilleri: io ero nel Guf, fedele al regime. Finché il vescovo mi lesse: tu sei un comunista
Se vince il centrodestra ed Eco va via lo capisco. Ma io non ho l’età né la voglia per espatriare

Racconta Andrea Camilleri che «prima di sposarlo, mia madre detestava mio padre. Lo vedeva passare con manganello, fez e camicia nera, negli anni degli scontri di strada con i comunisti, e lo considerava un delinquente di prim’ordine. A Porto Empedocle gli scontri furono piuttosto seri. Mio padre Giuseppe era il capo. Partecipò alla marcia su Roma. Dopo divenne segretario del fascio nella sua città. Mia madre fu costretta a sposarlo: matrimonio combinato. Ma cambiò subito idea sul suo conto». «Mia madre scoprì un uomo leale, ironico, coraggioso, generoso. Insomma: Montalbano. È stata mia moglie, che l’ha conosciuto bene, a farmelo notare: "Montalbano è per tre quarti tuo papà, e tu hai scritto una sua lunga biografia". Ha ragione». Camilleri racconta un episodio accaduto a suo padre che, spiega, sarebbe potuto accadere a Montalbano. «Il capo dei comunisti di Porto Empedocle era un sarto, di nome Salvatore Hamel. Ala dura del partito, tipo Pietro Secchia. Cinque anni di carcere, sei di confino. Tornato a casa, faceva la fame. Mio padre volle aiutarlo, ma alla sua maniera: "Fate una bella divisa nera per me e per quattro miei amici, e non prendetela come un’offesa". Generosità, ironia, rispetto dell’avversario; tutte cose montalbaniane. Quando mio padre morì, al passaggio del tabuto, del feretro, Turiddo Hamel si vestì di nero e s’inchinò fino a terra».
«Papà aveva fatto la Grande Guerra. Promosso capitano sul Carso. Era uno dei pochi ufficiali siciliani della Brigata Sassari. Il suo comandante era Emilio Lussu, di cui disse sempre un gran bene, anche se antifascista. Conobbe e vide morire Filippo Corridoni. Con altri sventurati, partì dalla Sicilia per partecipare alla marcia su Roma. Il suo punto di riferimento era Arpinati, che però cadde in disgrazia. Mio padre si indignò per le leggi razziali e più tardi non volle avere a che fare con l’Msi: per lui il fascismo era morto con Mussolini. Un giorno il Duce viene in visita a Porto Empedocle, accompagnato da Michelino Bianchi, e papà come segretario del partito locale li accoglie in municipio, dove offre i famosi gelati del caffè Castiglione, i "pezzi duri". Dieci giorni dopo la capitaneria di porto riceve l’ordine di predisporre un "pozzetto", un grande catino di zinco, legno e ghiaccio pieno di gelati per il Duce. Ammarò un idrovolante che ripartì prontamente per Ostia. Zio Cesare, l’unico antifascista della famiglia, diceva che la prima autostrada d’Italia, la Roma-Ostia, era stata voluta da Mussolini per non far squagliare i gelati».
«Io ero nei Guf. Simpatizzavo per Berto Ricci e il fascismo di sinistra, ma non sopportavo le adunate. Con i miei amici - Luigi Giglia che sarebbe diventato sottosegretario Dc al Tesoro, Gaspare Giudice biografo di Pirandello - ottenemmo dal medico la dispensa. Il federale ci mandò a chiamare: "Allora il sabato andate a lavorare". Ci impiegammo come tipografi dall’avvocato Francesco Macaluso, arcade maggiore dell’Accademia del Parnaso, che aveva come arcadi minori D’Annunzio e Pirandello (ora forse toccherà a Vincenzo Consolo, spero facciano arcade minore anche lui). Stampavamo un giornaletto. Fino a quando non vengo convocato dal vescovo, piemontese di Alessandria. Uomo coraggioso: dopo la guerra difese le occupazioni del latifondo, fu sparato, sopravvisse. Quel sant’uomo mi chiede chi mi ispira gli articoli. "Nessuno", rispondo. "Allora tu sei comunista". Io rimasi stupefatto, perché mi credevo fedele al regime. Non avevo ancora letto il libro che mi ha cambiato la vita, "La condizione umana" di Malraux. Scoprii allora che i comunisti non mangiavano i bambini. Quando arrivarono gli americani, e mio padre anziché essere epurato fu subito messo a fare il suo lavoro di ispettore portuale, i miei amici rifondarono ognuno un partito. Giglia, la Dc. Il Psi lo prese Eugenio Iacobs. Io decisi di prendermi il Pci. Ma gli ufficiali americani dissero di no; più in là dei socialisti, niente. Così andai dal vescovo. Lui ci pensò su e acconsentì: "Se qualcuno deve fare il partito comunista a Porto Empedocle, meglio tu di un altro". Poi venne Portella della Ginestra. Era il primo maggio. Al mattino mi sbronzai. Poi mi dissero della strage di compagni, la prima strage politica, ordita per impedire al Pci di governare. Vomitai fiele per il resto del pomeriggio. Da allora non ho più toccato un goccio di vino».
Dice Camilleri di aver letto "Le uova del drago" di Pietrangelo Buttafuoco. «Mi interessava la storia dello sbarco degli americani raccontata dalla parte degli sconfitti. Io gli americani non ho fatto in tempo a combatterli: fui richiamato il primo luglio; sbarcarono il 9. Avevo 18 anni. Mi precipitai a casa in bici, avanzando a fatica e talora finendo fuori strada per via del traffico dei mezzi americani, ’sti cornuti. Mi piace la lingua di Buttafuoco, ho apprezzato il primo capitolo. Il resto, no. Costruire i romanzi è un’operazione difficile». Buttafuoco e Francesco Merlo, catanesi, sono spesso stati critici con Camilleri, in particolare con il libro-conversazione "La testa ci fa dire", scritto con il palermitano Marcello Sorgi. «Ma io non ho mai risposto - racconta Camilleri -. Sono grato a Buttafuoco per aver scritto bene del "Re di Girgenti", anche se mi ha rimproverato di occuparmi di politica. Caro Pietrangelo, potrei dirlo anche di te. Una volta, dopo una critica di Merlo, arrivò al Corriere una lettera aggressiva e antipatica con la mia firma. So che, quando la sottoposero a Merlo per la risposta, lui disse che non poteva averla scritta Camilleri. Era vero, e questo gli fa onore».
Fu Sciascia a fargli incontrare Elvira Sellerio. «Sciascia era un anticomunista di quelli che lèvati, e questo ci costò qualche litigata. Si è servito della politica per i - nobili - fini suoi. Gli pesava molto essere deputato ma gli interessava far parte della commissione Moro, per avere accesso a certi documenti, da cui poi è nato il suo libro. La litigata più dura fu quando, nei giorni del rapimento, Leonardo andò a fare visita a Berlinguer insieme con Guttuso. Berlinguer disse che c’erano poche speranze di ritrovarlo vivo, poiché nella vicenda erano collusi la Cia e il Kgb. Sciascia lo scrisse sul Corriere, Berlinguer smentì. Chiamato a testimone, Guttuso inevitabilmente disse che Leonardo non aveva capito bene. Lui se ne lamentò con me, ma io presi le difese di Guttuso: "Tu hai sicuramente ragione, ma Renato siede nel comitato centrale del partito, che cos’altro poteva dire?". Sciascia si arrabbiò moltissimo: "Tutti cusì siete voiautri communisti, meglio il partito della verità e dell’amicizia!"».
Quando artisti e intellettuali si unirono nei girotondi contro Berlusconi ma soprattutto contro le segreterie dei partiti di sinistra, Camilleri c’era. E non è difficile capire chi ci fosse dietro la sua satira del diavolo Delamaz, «un bruco coi baffetti che pilotava ‘na varca sia pure fatta di foglie… Dicivano macari che era ‘ntelligenti, ma grevio e scostante…». E ora? «Tregua. Non è tempo di duelli ma di unità, contro Berlusconi. Mi contento di aver strappato a D’Alema, in un confronto pubblico, due ammissioni: che dopo la sconfitta del 2001 i capi della sinistra erano suonati, e l’urlo di Moretti ancorché sgradevole fu salutare; e che la Bicamerale con Berlusconi fu un errore. Ora battiamo il Cavaliere, poi torneremo a vigilare e a dire tutte le cose che ci sono da dire, pure su Prodi». Ne dica qualcuna già ora. «Dovrebbe fare un corso di dizione. Tra una sua parola e l’altra passano due treni accelerati di una volta. È il meno politico di tutti; non è detto sia un guaio, ma è possibile che dopo il voto lo diventi». Quanto a Berlusconi, «il suo è un regime strisciante. Non a caso un vero estimatore di Mussolini oggi non vota Fini, vota lui. Non sono d’accordo con l’editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere, l’allarme di Umberto Eco è giustificato: se decidesse di lasciare l’Italia in caso di una nuova vittoria del Cavaliere non lo biasimerei. Io invece resterò: non ho né l’età né la voglia per espatriare. Preferirei rompermi le corna, continuare a dare interviste finché sarà possibile». Rubrichista di Micromega, Camilleri è grande amico dell’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli. «Lo considero il primo risarcimento del Piemonte alla Sicilia dai tempi della conquista. Ci siamo conosciuti per caso: ero a Torino, Sorgi che allora dirigeva La Stampa mi aveva organizzato una cena con Fruttero e Lucentini. All’ultimo momento cambiò programma: "Andrea, ti porto da Caselli"». Fu innamoramento, non incrinato neppure dall’esito del processo Andreotti. «E perché mai? Non sono stati forse dimostrati i suoi rapporti con la mafia precedenti il 1980? E ci ricordiamo cosa accadde in quegli anni a Palermo? Chinnici saltato per aria, Piersanti Mattarella assassinato?». Di Andreotti però conserva un biglietto amichevole. «Fu quando, di passaggio a Catania, rilasciai un’intervista a una minuscola tv locale, del tutto ignota fuori dalla Sicilia e tanto meno a Roma, in cui distinsi l’atteggiamento di Berlusconi che sfuggiva ai giudici da quello di Andreotti che li affrontava. Due giorni dopo mi arrivò un suo scritto: "Grazie per avere capito il mio calvario. Suo G.A."».
Aldo Cazzullo
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 13.3.2006
Il trentennale della morte di Gatto poeta trascurato dalla Mondadori

Di Alfonso Gatto si parla da un po´ e nel 2006, trentennale dalla scomparsa, si continuerà a discutere, animatamente. Perché il poeta salernitano è l´oggetto di una querelle che travalica il giudizio estetico, puntando dritto al cuore di un altro problema, a mio avviso altrettanto importante: il rapporto con i classici, con quel corpus di testi che hanno costruito la nostra identità.
Per dire: sono francamente ridicole le giustificazioni che la Mondadori, titolare dei diritti su Gatto, ha sin qui opposto a chi chiedeva un Meridiano, per raccoglierne degnamente i numerosi volumi sparsi e difficilmente reperibili. Ognuno è libero, ovviamente, di ritenere che Gatto valga solo un Oscar giacché, prima di lui, ci sono Bertolucci, Caproni, Giudici e Raboni, citando gli ultimi suoi colleghi accolti recentemente nella collana più prestigiosa. Se prima di Gatto, però, c´è spazio anche per tutto Camilleri, addirittura in due volumi, allora qualcosa non quadra.
[...]
Marco Lombardi
 
 

14.3.2006
Altro giro. Persone speciali 2
Andrea Camilleri presenta il libro di Masolino d'Amico al Circolo Canottieri Roma
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.3.2006
Pollici
Montalbano e i siciliani

Il Montalbano di Camilleri che passa in tivù è indiscutibile. Cioè, se ne può solo dire tutto il bene possibile. Grazie soprattutto all´interpretazione di Luca Zingaretti, che si è incollato addosso magistralmente tutti i lampi e i disincanti del protagonista. Bontà di una fiction cui sicuramente hanno contribuito anche, e non poco, le location. La magnificenza di Scicli o di Donnalucata è un altro elemento inconfutabile. I mari e le architetture, gli scorci e gli arredi urbani sono talmente eloquenti da arrivare a stordire pure noi gente di Sicilia.
Però. Però si percepisce il curioso controcanto di una sorta di acquario, di una specie di riserva indiana, costruiti dagli autori del serial. Il fondale su cui il celebre commissario sgomita è sì assolutamente abbacinante, ma è altrettanto, sorprendentemente, desertificato. Cioè, noi gente di Sicilia non ci siamo. Cioè, nello schermo si muovono esclusivamente i buoni e i cattivi che danno vita al singolo episodio. Gli uomini e le donne di Vigata (Scicli), di Sicilia, sono da un´altra parte. Tanto valeva girare a Cinecittà.
Giancarlo Mirone
 
 

AGE, 14.3.2006
TV: ascolti; vola Raiuno con Montalbano, quasi 9 mln

Roma - Successo e grandi ascolti per 'Il commissario Montalbano' su Raiuno. La fiction interpretata da Luca Zingaretti è stata infatti seguita da 8.850.000 telespettatori con 31.78% di share, risultando il programma più seguito del prime time e battendo il film di Canale 5 'Ma che colpa abbiamo noi' che ha ottenuto il 16.89% con 4.338.000. In particolare, su Raiuno per Montalbano la platea televisiva è stata quasi sempre superiore ai 9.500.000, con punte di share oltre il 36 per cento.
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Controcampus
SdC presenta libro “Fatti Chiari”, intervento di Andrea Camilleri

Si è tenuta il 13 marzo nella sala delle conferenze della Facoltà di Scienze della Comunicazione, la presentazione del libro “Fatti chiari. Giornali, Radio, Web, Talk show”, scritto da Giovanni Floris (giornalista Rai), Filippo Nanni (vice caporedattore della redazione cronaca del Tg3) e di Pergentina Pedaccini (docente e studiosa di letteratura e problemi del linguaggio), con una prefazione dello scrittore Andrea Camilleri. Ad aprire la conferenza il Preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione Mario Morcellini: “Il libro del Centro di Documentazione Giornalistica (casa editrice) è un punto di incontro e pone delle riflessioni sul giornalismo e la stessa comunicazione. Critica, dunque, e verifica tutti gli ambiti vecchi e nuovi del giornalismo”. La parola è stata quasi subito lasciata a chi ne ha scritto la prefazione: Andrea Camilleri, che ne ha letto alcune parti: “Fatti Chiari è un gran bel titolo per un libro che fin dal sottotitolo dichiara come si racconta la notizia. E mi pare che mantenga pienamente fede all’intenzione di un’amicizia leale e durevole. Perché questo libro di Floris, Nanni e Pedaccini intende soprattutto mostrare il volto pulito, la faccia onesta dell’informazione”. Camilleri si è fermato a discutere sul problema che affligge l’informazione italiana, quello del potere che mantiene la sua presenza a volte asfissiante sul giornalismo e la comunicazione, toccando soprattutto temi attuali: la guerra in Iraq, basata su di una menzogna, l’editoriale di Paolo Mieli che ha diplomaticamente affermato per chi voterà alle prossime elezioni, e la necessità di una politica che sia guidata da un’etica, che arricchisca di valori il comportamento di chi la politica la dovrebbe svolgere. Al contrario, nei giorni nostri la politica sembra che intervenga sempre più contro anche alcuni programmi - e "Ballarò" il talkshow televisivo di Floris è sicuramente equilibrato nel presentare le varie parti e discuterne” -, che si pongono come servizio d’informazione per i cittadini, e che li inducono a riflettere, per non parlare dell’attacco a tutta quella stampa che non segue la politica del governo di turno. A preso di seguito la parola il giornalista Filippo Nanni, che della parte da lui scritta nel libro, ha raccontato l’antefatto: “Una studentessa di Firenze lamentava sempre che il linguaggio di molti media fosse troppo semplice”, ciò ha innescato l’indagine su come si dovrebbe informare e sul linguaggio da usare. Nanni ha definito il libro uno “stage di carta”, atto a “far respirare la notizia”, e a far riflettere su come si dovrebbe comunicare e scrivere sui media. L’indagine riguarda i giornali, la loro leggibilità, e in un capitolo si pone l’accento su ciò che si dovrebbe evitare in primis “le frasi banali da evitare”. Il giornalismo invece dovrebbe essere sempre di più un “lavoro di squadra”, e la “comunicazione dovrebbe portare necessariamente alla riflessione” alla parte illuministica che ancora resiste in un mondo di scontri di religione. Sulla stessa scia l’intervento di Antonio Di Bella, Rai3, che ha parlato di “comunicazione emozionale”, dell’importanza della memoria, del dibattito sul ragionamento e l’illuminismo. La Pedaccini ha posto di più l’accento sul linguaggio, partendo da come la figura del giornalista sia cambiata, l’importanza della deontologia giornalistica, reclamando un giornalista che non parli di sé, ma che invece tenga presente sempre chi ha davanti e chi lo ascolta. Inoltre, ha rivolto lo sguardo verso la semantica e l’importanza della parola, è necessario “sapere che cosa si cela dietro la parola” è compito di chi fa comunicazione a tutti i livelli. L’intervento di Floris si è spostato a tutto ciò che concerne il talkshow e “l’equilibrio tra il dibattito, l’informazione e il momento che si vive in diretta T.V., che è mutevole, cambia o potrebbe mutare in ogni situazione”. Floris ha subito riportato alla memoria il momento in cui è stato progettato il format Ballarò, non sicuramente facile “Sciuscià era stato cancellato, e Biagi licenziato”. Il giornalismo per Floris dovrebbe essere una interposizione fra “società e potere e vi è dunque la necessità di una risposta morale a questa situazione che preme sul giornalismo, che non dovrebbe essere in balia di eventi e cambiamenti, o subire il sempre mutevole clima d’opinione”. Ha terminato l’incontro il preside Mario Morcellini: “Questo libro parte da alcuni problemi di prospettiva e ha ambizioni da manuale, mentre l’economia delle parti è promettente”, di seguito ha previsto che “il testo avrà una pozione interessante nel mercato e sarà soprattutto di strutturazione didattica”. Il preside ha inoltre discusso sugli ultimi sette anni che hanno visto complicarsi il mondo della comunicazione giornalistica, innescando quel movimento verso il declino, che “bisogna necessariamente superare”. Come “bisognerà superare il precariato nel mondo della comunicazione, che ha spostato tutto verso un clima di incertezza, la quale ha il potere di “inibire la capacità critica dei giornalisti e complicare ulteriormente la funzione di mediazione del giornalismo”. Il testo è di Floris, Nanni e Pedaccini, il titolo: “Fatti Chiari. Giornali, radio, web, talk show. Come si racconta la notizia”. La casa editrice è il Centro di Documentazione Giornalistica. Pagine: 309. Costo: 24 euro.
Emilia Basile
 
 

Puntocom, 15.3.2006
Il libro di Floris
"Fatti chiari": accuse agli "embedded" e Camilleri plaude a Mieli

Per il conduttore di Ballarò, Giovanni Floris, il detto "chi sa fa e chi non sa insegna" non esiste. Con sprezzo del ridicolo, senza timore di critiche da parte della categoria, ha dato alle stampe con il collega del Tg3 Filippo Nanni e con la professoressa Pergentina Pedaccini (la mamma, di Floris) il volume "Fatti chiari", edito da Centro di Documentazione Giornalistica; in cui vengono riassunte, sistematizzate, riproposte le regole di come si racconta la notizia, tra giornali, radio, web e talk show. Inevitabile che la presentazione del manuale, lunedì scorso all'aula magna della facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza, si trasformasse in un momento di riflessione sullo stato di salute del giornalismo italiano. Imbrigliato dalle leggi sulla par condicio, vista l'anomalia del conflitto d'interessi con cui dobbiamo convivere, e infettato da giornalisti conniventi. «L'informazione di questi anni, da fabbrica del consenso, si è trasformata in fabbrica del credere. Come dimostra l'atto di convincimento del presidente Bush, che è riuscito a farsi rieleggere convincendo l'opinione pubblica che la guerra in Iraq fosse necessaria e giusta», afferma Andrea Camilleri, autore della prefazione di "Fatti chiari", ritagliandosi subito per età, autorevolezza e coraggio la parte del protagonista. «Assistiamo al tentativo di tramutare la competizione politica in scontro frontale, tra chi odia e chi ama. Del resto ricordiamo che un conduttore-giornalista principe affermò che il suo editore non era la Rai ma la Democrazia Cristiana, poi abbiamo visto che ha cambiato editore  fino a concelebrare la messinscena del contratto con gli italiani. Perché oggi il giornalista deve avere fede, deve essere Emilio Fede», prosegue lo scrittore siciliano, che non si dice scandalizzato dalla presa di posizione di Paolo Mieli a favore dell'Unione. «Il suo editoriale non trasforma il Corriere della sera in un foglio di partito, è un giocare a carte scoperte, senza lasciare nulla di non detto. Ma l'attuale governo al giornalista probo preferisce il giornalista prono».
Anche per ribadire, sia pure velatamente, la sua posizione sulla vicenda Berlusconi-Annunziata, Paolo Ruffini chiarisce che il ruolo del giornalismo non è di creare consenso ma «rappresentare il contropotere, perché in una democrazia con senso critico il giornalista serve a bilanciare i vari poteri con domande, più che con risposte».  Il direttore di Rai Tre ci tiene a sottolineare che Ballarò e le altre trasmissioni della rete sono nate «per raccontare il mondo al fuori della tv, senza che il confronto diventasse tribalizzazione identitaria». Semplicità nel linguaggio, capacità di memoria, conduttori non star ma persone comuni rimangono gli atout della televisione amata da Ruffini.
Ballarò nacque quattro anni fa, nel momento più alto e più basso dello scontro tra bene e male: quando cioè Sciuscià era stato appena cancellato ed Enzo Biagi allontanato. «Questa lotta tra bene e male trovò terreno di confronto nel nostro talk show - dice Floris. - Con il bene e il male che cambiavano posizione continuamente, legittimavano e delegittimavano quello che facevamo. Ed è questo il problema del giornalismo, cercare legittimazione dalle fonti, tanto che ora sono i politici a decidere da chi farsi intervistare».  Fatti chiari, come le opinioni.
Mariano Sabatini
 
 

Il Giornale, 15.3.2006
Montalbano, Auditel e critica concordi

È un vero peccato che Luca Zingaretti abbia deciso, pur con la precauzione scaramantica di «mai dire mai», di abbandonare le vesti del commissario Montalbano dopo gli ultimi nuovi episodi appena andati in onda. È vero che, per un attore come per qualsiasi professionista, è bene lasciare la scena o magari anche solo un personaggio di successo finché si è ancora in forma, al top del gradimento e delle proprie potenzialità espressive. Ma questo vale soprattutto per chi ha già dato il massimo di sé e si appresta a una china discendente già accennata o comunque facilmente pronosticabile.
Il caso di Zingaretti è diverso, perché non c'è stagione televisiva in cui la sua caratterizzazione del commissario Montalbano non sia apparsa di volta in volta migliore della precedente, con sfumature interpretative sempre nuove e arricchenti, tanto che ormai «Montalbano» è una sigla riconducibile più all'interprete che al suo creatore Andrea Camilleri. Senti nominare Montalbano e subito il tuo pensiero va alla ruvida schiettezza del commissario Zingaretti prima ancora che alla penna di chi gli ha dato vita, e se è vero che la ribalta televisiva privilegia spesso gli attori fino a «nascondere» il testo, Zingaretti ha avuto il merito di dare una tale forza espressiva al «suo» Montalbano, una così robusta identità, da far sembrare i racconti portati sul video migliori di quello che sono in realtà, il che non capita molto facilmente. Funziona naturalmente anche il bel lavoro d'équipe di tutta la struttura che ha partecipato a questa serie: la trasposizione sullo schermo dei romanzi e dei racconti dello scrittore siciliano si avvale di una grazia particolare, di un benefico equilibrio tra il timbro singolare del linguaggio espresso sulle pagine e l'atmosfera da «esterno Sicilia» resa con fascinosa sobrietà dal contributo congiunto della regia e della fotografia. Il commissario Montalbano è uno degli esempi più riusciti di compromesso tra testo e adattamento sullo schermo, tanto è vero che è stato capace di accontentare un po' tutti: chi conosceva le gesta del protagonista attraverso la pagina scritta, chi lo ha incrociato per la prima volta solo in televisione, fino alle parole di elogio che lo stesso Camilleri ha rivolto all'attore. Una tale unanimità di vedute è cosa davvero rara nel campo degli adattamenti televisivi. Per tutti questi motivi il distacco di Zingaretti da Montalbano è un peccato, da qualunque punto di vista lo si guardi. L'interprete viveva in perfetta simbiosi con il personaggio, nel pieno di una maturità professionale che ci avrebbe regalato altre serate qualitativamente pregevoli; il pubblico non aveva ancora fatto in tempo a stancarsi; Auditel e critica andavano (una volta tanto) d'accordo.
 
 

La Provincia, 15.3.2006
La sfida degli ascolti. ‘Striscia’ è ancora una volta il programma più visto. Spettatori fedelissimi per ‘Chi l’ha visto?’
Montalbano alla grande, vola Vespa
La fiction tratta da Camilleri seguita da quasi 9 milioni. ‘Porta a Porta’ senza rivali con il rapimento Onofri

Milano — [...]
Il prime time è stato vinto dal commissario Montalbano con una media di quasi nove milioni di spettatori (31.78%); il doppio di quanto ottenuto dal film di Carlo Verdone e Margherita Buy (Ma che colpa abbiamo noi, commedia del 2002). Ora Andrea Camilleri, lo scrittore che ha inventato Montalbano affidandolo all’ottima intrepretazione di Luca Zingaretti, dovrà spiegare ai suoi fans con quale coraggio farà calare il sipario sul Maigret di casa nostra. Dice infatti Camilleri: «Ho già scritto la storia in cui il mio eroe morirà». Ma sarà vero?
[...]
Paolo Pirondini
 
 

Il Cittadino, 16.3.2006
Camilleri, la Sicilia che fu con il "filtro" dell'amore
A. Camilleri, "La pensione Eva", Mondadori, Milano 2006, pp. 188, 14 euro

Microstoria e macrostoria, la vita e l’amore, il fascismo e la guerra, la Sicilia e l’Italia: il tutto visto dagli occhi di Nenè, Ciccio e Jacolino, tre giovani frequentatori delle stanze della pensione Eva, il casino di Vigàta (siamo negli anni ‘30) appena rinnovato e promosso dalla terza alla seconda categoria. Ha scelto una strada particolare e solo all’apparenza “pruriginosa”- quasi a voler emulare il Marquez di Memoria de mis putas tristes - Andrea Camilleri per celebrare in libreria i suoi 80 anni. Lasciando in un angolo il personaggio di Montalbano (che frattanto è tornato a “bucare” gli schermi della tv), lo scrittore siciliano ha deciso di puntare sull’amore, raccontando attraverso di esso la “formazione” dei giovani protagonisti, intenti a scoprire, in quella “casa” «qualichi cosa di lu munnu, di la vita».
 
 

Corriere della sera Magazine, 16.3.2006
Attualità- Esclusiva mondiale
Orhan Pamuk
E ora parlo io: del processo, della Turchia, di Woody Allen...

... di Istanbul, degli altri tabù del mio paese e di quello del "buon musulmano" che sta nascendo in Occidente.
Dopo tre mesi di silenzio, lo scrittore accusato di tradimento per le parole sul genocidio armeno (e poi prosciolto) si racconta al Corriere Magazine: dando la sua versione della Storia.

[...]
Istanbul ha qui il fascino della "Praga magica" di Angelo Maria Ripellino ("Non l'ho letto, degli italiani amo Calvino ed Eco e mi piace Camilleri").
[...]
Edoardo Vigna
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 16.3.2006
Lirica a Lecce. Oggi e domani
Mozart avvelenato da Salieri? L'ipotesi di Korsakov
E il compositore siciliano Marco Betta mette in musica la crisi creativa di Vincenzo Bellini

[...]
A firmarne la regia per entrambe le opere è Rocco Mortelliti, un nome «navigato» nel campo della prosa e del cinema, esordiente ma con successo nell'opera lirica. Mortelliti è la seconda volta che lavora a quattro mani con Betta, del quale ha curato la regia dell'opera da camera "Il fantasma della cabina", tratta dal romanzo di Andrea Camilleri (che peraltro è anche suo zio [Sic!, NdCFC]).
[...]
 
 

Il Venerdì di Repubblica, 17.3.2006
La guida
Viaggio nella Sicilia di Salvo Montalbano
"I luoghi di Montalbano. Una guida", AA.VV., Sellerio, pp.286, euro 14

Cinque giovani architetti siciliani visitano i luoghi letterari e televisivi di Montalbano ridando forma reale a paesaggi immaginari. Ci sono le contrade visitate, le case dei delitti, i percorsi delle spedizioni. Il risultato è una singolare guida in otto itinerari che ci conduce tra le meraviglie della Sicilia sudoccidentale. Imperdibile per i fan di Camilleri.
(gi.mal.)
 
 

Il Giornale, 17.3.2006
Lirica a Lecce. Oggi e domani
«Crimini» di Lucarelli e Faletti per Raidue

Rai fiction sta preparando per l'autunno la serie televisiva Crimini, otto storie indipendenti ambientate in diverse regioni d'Italia e tratte da soggetti e sceneggiature di celebri scrittori noir: da Andrea Camilleri a Giancarlo De Cataldo, da Massimo Carlotto a Giorgio Faletti, da Sandrone Dazieri a Carlo Lucarelli, da Diego De Silva a Marcello Fois. Otto noir che andranno in onda su Raidue.
Proprio Marcello Fois è l'autore del soggetto della prima pellicola, poi trasformata in sceneggiatura dal giudice-scrittore Giancarlo De Cataldo.
Si tratta di "Disegno di sangue", il film tv che il regista Gianfranco Cabiddu sta girando in Sardegna e che battezzerà la serie. Tra i protagonisti Andrea Renzi nel ruolo del commissario Curreli, il personaggio principale, Barbara Livi, Gioele Dix nella parte del potentissimo ingegner Crescioni. Il telefilm, prodotto all'ottanta per cento da Rai Fiction e per il resto dalla Rodeo Drive Media, racconta la storia di un commissario di lontane origini sarde, ma ormai «straniero» nella sua terra, che sbarca a Cagliari per risolvere un caso di omicidio sul quale i colleghi isolani sembra non vogliano indagare. E soltanto grazie ai suoi metodi non convenzionali riuscirà a scoprire il colpevole.
«L'idea è quella di raccontare con la chiave del giallo l'Italia di oggi - ha spiegato il giornalista Pino Corrias, direttore artistico della serie - e per raggiungere questo obiettivo ci siamo rivolti ai più importanti giallisti, evitando però di far sceneggiare il film all'autore del soggetto».
Il regista Gianfranco Cabiddu ha spiegato la scelta di Cagliari, la sua città: «Trovo che questo luogo, con il suo porto e il suo miscuglio di etnie, si presti benissimo all'ambientazione di un noir, sicuramente più di una città d'arte - ha chiarito il regista -; infatti nel mio film Cagliari non appare sullo sfondo, ma si può dire che sia tra i protagonisti della vicenda». Ma che tipo è il commissario Curreli? «È un investigatore scomodo che ha girato il mondo e come unico tic ha quello dell'ossessione per la giustizia - ha annotato Cabiddu -; tornato nell'isola, però, trova una Sardegna contraddittoria. La sceneggiatura di De Cataldo rende perfettamente l'idea di una nobiltà decaduta, in particolare quella dell'antico quartiere chiamato Castello, che ancora muove i fili della città, per esempio rispetto agli investimenti sulle coste». C'è anche una denuncia ambientale? «Direi di sì - svela il regista - visto che si racconta di una montagna di granito saccheggiata per la costruzione di strade e palazzi, eppoi abbandonata sino al tentativo di trasformarla in un villaggio turistico».
 
 

l'Unità, 17.3.2006
Noir
Riccobono sono… e non sono un santo
E’ il nome dell’ispettore protagonista dei libri di Piergiorgio Di Cara. Un poliziotto che a contatto con il crimine ne viene toccato in maniera profonda, fino all’autodistruzione. I suoi non sono “gialli” consolatori ma storie che inquietano.

Il genere noir, in Italia, gode di buona salute solo apparente. È vero che riscuote i favori di una larga fetta di pubblico (anche se minori di quanto credano i detrattori per partito preso della narrativa di genere), è vero che ha espresso una non tanto piccola scuderia di fuoriclasse di cui ormai nessuno contesta il valore. Permane però l’equivoco, molto italiano, della confusione tra noir e giallo – dove il primo, di taglio pessimistico, apre squarci di crisi individuale o sociale che si prolungano oltre la conclusione della storia, mentre il secondo, più consolatorio, si riduce alla soluzione dell’enigma, magari orrido, affascinante, problematico, senza però riverberi duraturi che si proiettino oltre il finale.
D’altra parte si moltiplicano le figure di commissari bonaccioni alla Maigret, di donne poliziotto straordinariamente intuitive alla Kay Scarpetta (si deve ancora vedere, per quanto mi consta, una poliziotta autenticamente bastarda: guai a mettere in scena una donna cattiva!), di magistrati dubbiosi ma non tanto da porre in discussione il mestiere che esercitano, di investigatori che brontolano contro il “sistema” ma si guardano dal sospettare che sia la stessa legalità che il “sistema” impone a essere criminogena.
Tutto ciò è legittimo, ovviamente, ma il suo prodotto naturale non è noir, quale definibile attraverso le opere di James Ellory, Jean-Patrick Manchette, Derek Raymond ecc., per non risalire a Dashiell Hammett o, in Italia, a Loriano Macchiavelli, “giallista” solo in superficie. È invece una variante ammodernata al romanzo poliziesco, la cui ovvia estensione sono serie televisive su squadre, squadrette, carabinieri, nuclei di polizia scientifica ecc., tese a glorificare l’ordine contro il disordine, in sintonia con i gusti del pubblico medio e moderato. Con un’appendice ulteriore rappresentata dalle uscite balzane del ministro Giovanardi che, visionato “ripetutamente” il filmato del pestaggio di un immigrato a Sassuolo, trova normale che un agente si aggrappi a una macchina per saltargli a piedi uniti sul ventre (o sul torace, non so). Tanto, l’operato delle forze dell’ordine gode di assoluzione preventiva, e per di più il disgraziato non ha sporto denuncia. Non si è visto, nelle serie televisive, che è addirittura costume della polizia offrire il caffè agli arrestati?
Personalmente spero che, di qui a poco, l’elettorato salti sulla pancia di Giovanardi e della turpe coalizione che ne condivide la cultura, in modo che sentano idealmente cosa si prova. Temo però che questo non eliminerà ipso facto la fiction law and order dal piccolo schermo (né il suo complemento sostituito dagli sceneggiati edificanti su Padre Pio, santa Rita da Cascia, Teresa di Calcutta e papi assortiti, fino al fascistissimo "Il cuore nel pozzo"), nè sbarazzerà del poliziesco consolante la scena letteraria. In cui può restare, è ovvio, purché non si definisca”nero”.
L’unica speranza mi viene dal fatto che uno dei pochi veri autori italiani di noir sia un commissario di polizia: si chiama Piergiorgio Di Cara, è palermitano. Nel 1990 fu, all’università, uno dei leader del movimento studentesco detto “della pantera”. Subito dopo divenne agente per passione antimafia, partecipò all’arresto di Brusca. Era tra i poliziotti esultanti e mascherati che tutti quanti vedemmo sui teleschermi. Sua moglie fa lo stesso mestiere, ed è tanto dolce quanto agguerrita. Divenuto scrittore, Di Cara si è collocato, forse involontariamente, più probabilmente per vita vissuta, al polo opposto della consolazione.
Per capire in che modo Di Cara appartenga al campo del noir e non a quello del poliziesco spacciato per noir bisogna passare oltre le apparenze. Sì, in tre dei cinque romanzi finora scritti c’è un unico protagonista, l’ispettore Salvo Riccobono (mentre il romanzo d’esordio, "Cammina, stronzo" (2000, Derive/Approdi), era di fatto una storia corale). Sì, al centro della trama ci sono uno o più delitti, nel caso di "Hollywood, Palermo" (2005, Colorado Noir) addirittura di taglio apparentemente classico. Sì, si sa bene da che parte stia la giustizia. Però l’esito di tutto questo non reca con sé alcuna consolazione, anzi, la chiusura dell’inchiesta è persino più inquietante della vicenda delittuosa.
Prendiamo "Isola nera" (2002, e/o). L’isola immaginaria di Lipanusa (che più che Lampedusa fa pensare a Pantelleria) è descritta, nei primi capitoli del libro, a tinte vivaci e con quadri compositivi da cartolina. Poco a poco, però, i colori dell’isola si scuriscono, come se una marcescenza nascosta stesse emergendo, fino a tramutarsi, nel finale, in un autentico verminaio senz’altra tonalità che quella della notte più fonda. Non sono marcite le piante, non è marcita la terra. È l’anima degli isolani a essere marcia nel profondo.
Ma Lipanusa non è che un condensato della piaga più vasta che deturpa società meno ristrette. Di romanzo in romanzo Salvo Riccobono si rende conto di questa verità. Lui non è affatto un santo, tutt’altro: a volte la linea di demarcazione che lo separa dalla criminalità, pur non svanendo mai del tutto, si affievolisce. Lo salva una sensibilità superstite che poco ha a che fare con ruoli istituzionali e molto, invece, con la sopravvivenza in lui, pur così duro, a volte feroce, di pietà e giustizia. Ciò è la sua condanna, perché l’ispettore, messo a confronto con l’intollerabile, gradualmente si autodistrugge. Era molto chiaro in "L’anima in spalla" (e/o, 2004), in cui gli eccessi tabagistici del protagonista rappresentavano esplicitamente una voluttà di degrado, a fronte della fatica del vivere. Lo è ancor di più nel recentissimo "Vetro freddo" (2006, e/o), dove Riccobono, inviato in Calabria e costretto a immergersi in un universo criminale di violenza barbara e inaudita, ne esce tanto scosso da doversi affidare a una psicanalista, per cercare di mantenere una parvenza di equilibrio.
Non siamo in presenza di un detective alla Philip Marlowe, in cui il ricorso all’alcool ha molto di romantico e ha più a che vedere con una condizione individuale che con una situazione collettiva. Anche riferimenti ad altri classici del noir (il giallo, è chiaro, l’ho già scartato) sarebbero impropri, salvo uno: Derek Raymond. Condito però col rigore sociologico di due scrittori di noir nostrani come Biondillo e Macchiavelli. A cui Di Cara unisce un tocco quasi desunto dalla filosofia, esplicitato nello splendido "Vetro freddo".
La crisi si Riccobono, che genera in lui l’impulso all’autodistruzione e lo spinge al gabinetto di psicoanalisi, è di tipo esistenziale. Si è accorto col mestiere che fa, che gli uomini non sono affatto di buona natura. Sopravvive in loro un animo ferino domato a stento, che se scatenato può farsi società criminale, o società tout court. Da cui il senso di impotenza di chi sa che, eliminate le malepiante di fusto più alto, continueranno a proliferare praterie di erbacce invasive e pericolose, costantemente tese a prendere il sopravvento tramite una lotta sempre più feroce.
Ecco il tocco che fa di Di Cara uno degli uomini di punta del noir italiano. Ecco ciò che fa si che i suoi romanzi lascino in bocca un senso di amaro difficile da cancellare, a differenza di tanti noir di plastica deglutibili con la stessa facilità di una Coca Cola light.
E lo stile? Grideranno a questo punto i soliti rompicoglioni. Va bene i contenuti, ma la forma?
Dico subito che, siciliano in maniera profonda e viscerale, Di Cara non somiglia per niente a Camilleri, cui pure lo legano (credo) stima e amicizia. Condisce i suoi scritti di termini dialettali ma, realista (anzi, verista) com’è, non cerca affatto di costruire un dialetto mezzo inventato e tuttavia comprensibile. Al contrario, non fa minimamente caso alla comprensibilità, fuori dell’isola di origine, dei termini che impiega. Né si preoccupa se il largo uso del turpiloquio può preoccupare le anime candide.
Duro, sincero, in apparenza cinico, Di Cara procede per frasi e paragrafi brevi, dotati di grande efficacia visiva. Il suo forte sono i dialoghi, praticamente perfetti. I monologhi interiori sono interrotti nel punto in cui si presterebbero alla condiscendenza. Meglio descrivere la ricerca compulsava dell’ennesima sigaretta piuttosto che dilungarsi sulle motivazioni del gesto.
Il risultato è tutt’altro che anaffettivo. Se c’è qualcosa che è dipinto bene in Di Cara sono i sentimenti. Ma con un tocco qui e là, pieno di pudore. Come usano fare, oggi, gli scrittori davvero grandi.
Un’ultima notazione personale. Per tutelare la mia sicurezza preferirei, oggi, mille volte un Riccobono, tormentato e pieno di dubbi, ad altri poliziotti, letterari e non, sicuri della coerenza etica del loro agire. E mi conforta che un Piergiorgio Di Cara sia commissario. Non me lo vedo saltare a piedi pari sulla pancia di un povero diavolo.
Valerio Evangelisti
 
 

Corriere di Gela, 19.3.2006
Quando Gela tenne a battesimo Camilleri

Se al Teatro Strehler di Milano il prossimo mese di aprile é fissato un appuntamento virtuale con la Sicilia del Gattopardo ed i luoghi del Commissario Montalbano (Vigata, Montelusa, Fiacca, ovvero Porto Empedocle, Ragusa e Sciacca) l’11 aprile 1981 di venticinque anni addietro, a Gela, si verificava un fatto culturale di forte spessore letterario ma non virtuale: veniva assegnato il primo premio letterario ad Andrea Camilleri (nella foto, intervistato a Roma da Rocco Cerro).
Il 9 aprile di quell’anno si riuniva a Gela, in un appartamento del villaggio di Macchitella, la commissione giudicatrice della 2ª edizione del Premio Nazionale di Narrativa “Città di Gela” indetto dall’Accademia Eschilea.
Due giorni dopo la giuria formata da Sarah Zappulla Muscarà (presidente), Federico Hoefer, Walter Pedullà, Gaetano Salveti, Giacinto Spagnoletti e Vittorio Vettori, per la prima volta in Italia, premiava lo scrittore empedoclino nell’aula consiliare del comune gelese.
Il verbale della giuria di allora ci ricorda che dopo lunga ed animata discussione, durante la quale sono emersi i pregi stilistici e le varie componenti linguistiche e strutturali delle singole opere, la commissione ha ristretto la rosa dei finalisti ai libri di Andrea Camilleri, Irene Marusso e Luciano Ricci che sono parsi, in quanto a forza narrativa e a penetrazione psicologica, i più aderenti alle finalità del premio e i più ricchi di invenzione.
La discussione protrattasi a lungo per successive comparazioni e valutazioni, si é alla fine conclusa con il voto unanime di assegnare la seconda edizione del Premio “Città di Gela” di un milione di lire, al romanzo “Un filo di fumo” di Andrea Camilleri, edizione Garzanti.
Questo libro é stato ristampato da Sellerio nel 1997.
Bisogna ricordare che nella rosa dei selezionati facevano parte: Michele Anzalone con “Favole a Castroforte” ed. Città Armoniosa; Maria Luisa Fargion con “Lungo le acque tranquille” ed. Pan; Melo Freni con “La famiglia Ceravolo” ed. Rusconi; Rina Pandolfo con “La seconda coscienza” ed. Bastogi.
Il coordinamento delle tesi critiche sostenute dalla commissione, i cui componenti, singolarmente, avevano esaminato i moltissimi libri pervenuti a Gela da ogni parte d’Italia, sia da parte degli autori o direttamente inviati dalle case editrici, fu svolto, da par suo, da Sarah Zappulla Muscarà.
La cattedratica catanese prestava al premio di Gela la sua già collaudata esperienza nel campo letterario, con versatilità per i romanzi e gli autori dell’area siciliana, con particolare riferimento al teatro verista e filosofico.
Con la sua regìa fu dichiarato, all’unanimità, che il romanzo di Camilleri “Un filo di fumo” é un saporoso affresco di una particolare società siciliana rappresentata con fresco realismo entro un alone di favola intrisa di ironia e di grottesco.
I personaggi, simili a pupi siciliani, si muovono, interagiscono e parlano come su grande palcoscenico esprimendo i vari sentimenti di rancore, speranza, invidia, odio, in scorci taglienti e spaccati sociali.
Nel verbale della giuria dell’11 aprile 1981 si legge che Camilleri adopera “Il linguaggio con invenzione di vocaboli nuovi o mediante l’apposizione di nuovi significati ai termini usuali della parlata siciliana…”.
Tutto questo é un elemento portante del romanzo che, dunque, nel suo complesso, é un’opera narrativa di notevole valore.
Oggi i libri di Andrea Camilleri, “battezzato” a Gela, sono sempre in testa alla classifiche dei romanzi più letti in Italia; ed a questi si aggiunge il recentissimo “La pensione Eva” pubblicato da Mondadori in gennaio.
Qualche anno addietro un assessore comunale di Gela aveva promesso che allo scrittore e storico siciliano Santi Correnti sarebbe stata data la cittadinanza onoraria per meriti letterari: non se ne fece nulla! Dalle colonne di questo Corriere auspichiamo che ad Andrea Camilleri (Nené per gli amici) venga al più presto assegnata la cittadinanza onoraria: un ulteriore premio dei gelesi, dopo quello di venticinque anni addietro. Con un valore affettivo maggiore. Glielo dobbiamo, visto che lo scrittore siciliano non dimentica la nostra città, che con piacere – come lo stesso Camilleri ebbe a ricordare in una sua intervista di qualche anno fa concessa a Rocco Cerro, direttore di questo giornale – le riconosce la felice intuizione con il premio assegnatogli 25 anni fa.
 
 

Il Sole 24 Ore, 22.3.2006
Il dopo Vicenza porta Ballarò ai massimi ascolti

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"Il ladro di merendine" viene seguito da 5 milioni di appassionati alle vicende narrate dalla fiction ispirata ai racconti di Andrea Camilleri.
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La Sicilia, 22.3.2006
«Il vitalizio» secondo Camilleri

Messina. In scena questa sera alle 21, al Vittorio Emanuele, in prima nazionale, coprodotto dal teatro di Messina e dallo Stabile di Catania che lo inserito nel calendario della prossima stagione teatrale, “Il Vitalizio”, di Luigi Pirandello. L'adattamento porta la firma illustre di Andrea Camilleri. La regia è del messinese Walter Manfrè, uno dei registi più geniali della nuova scena italiana. In scena ci sarà un cast di tutto rilievo costituito da Riccardo Garrone: Giuseppe Scarcella, Franz Cantalupo, Giampaolo Romania, Massimo Leggio Daniele Gonciaruk, Barbara Gallo, Valentina Ferrante, Donatella Venuti, Daniela Ragonese Adele Tirante, Romana Cardile e Nella Tirante. Lo spettacolo rientra nelle coproduzioni Stabile-Vittorio Emanuele concordate durante la direzione artistica di Walter Manfrè nell'ente della città dello Stretto. Di particolare interesse il nome di Camilleri per una rilettura di Pirandello. Due grandi agrigentini e un testo al quale il pubblico è molto legato.
Stello Vadalà
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.3.2006
Il libro
Sessanta immagini d´autore e le parole di Camilleri e Granata per raccontare il Sud-est dell´Isola

Immagini e parole per cantare l´isola più bella del Mediterraneo. "L´identità ritrovata, viaggio nel Sud-est". Sessanta splendide foto a colori di Gaetano Gambino ci portano nei luoghi consacrati dall´Unesco. La testimonianza scritta è affidata a Fabio Granata, ex assessore ai Beni culturali oggi al Turismo. La prefazione è stata scritta da Andrea Camilleri. Il volume sarà presentato domenica alle 11 nell´ex Convento del Ritiro [a Siracusa, NdCFC] dove si inaugurerà la mostra delle stesse fotografie raccolte nel libro. «Ho cercato di raccontare questo straordinario territorio come un viaggiatore che per la prima volta si trova di fronte a tali bellezze - scrive Gambino - spogliandomi da ogni pregiudizio visivo derivante dal fatto di aver sempre vissuto questa terra. Ho provato a realizzare immagini che oltre a raccontare il territorio fossero anche espressione di un paesaggio più intimo».
Nella pubblicazione (Domenico San Filippo editore), le immagini di Gambino accendono i riflettori sull´attenzione internazionale: «Il riconoscimento Unesco - dice Granata - offre a un´area geografica significativa l´opportunità di ripensare il proprio futuro, partendo dall´identità e dalla consapevolezza culturale».
 
 

La Padania, 23.3.2006
La Kultura scende in campo
Nanni Moretti arriva nelle sale con il suo “Il Caimano” e guida le “truppe” degli intellettuali in campagna elettorale

[...]
Decidesse per un buen retiro, l’ex autarchico sarebbe in buona compagnia: Umberto Eco, il sommo sacerdote dell’intellighentia italica, ha già fatto sapere a mezzo stampa che se rivince Berlusconi lui è pronto a lasciare il Paese. Un grido accorato al punto di smuovere le coscienze in tutti i salotti radical-chic. Per dire, anche Anna Proclemer - martedì sera al Teatro Valle di Roma a inneggiare a Fassino salvatore della “terza età” con il giornalista Andrea Purgatori a far da maestro di cerimonie - ci ha avvertiti: lei un altro quinquennio così non lo passa. E non si riferiva all’anagrafe. Meno inquieto Andrea Camilleri - non a caso cresciuto tra i profumi del Gattopardo - che ha detto: a sinistra sì, ma alla mia età anche se vince la destra chi me lo fa fare di andarmene?
[...]
Simone Stimolo
 
 

Libération, 24.3.2006
Italie. Andrea Camilleri, écrivain à succès et figure de l'opposition à Silvio Berlusconi:
«Un régime masqué et rampant»

Rome, envoyé spécial
Ses polars avec le commissaire Montalbano, flic sicilien courageux mais sans illusion, comme ses romans ironiques sur la Sicile du début du siècle dernier continuent de battre tous les records de vente en Italie. Ecrivain à succès dont deux nouveaux livres viennent de sortir en France (1), Andrea Camilleri, 80 ans, est aussi un intellectuel qui, depuis des années, dénonce haut et fort les dérives de l'Italie berlusconienne.
Comment jugez-vous le bilan de Silvio Berlusconi?
"Il a créé une espèce de régime et j'emploie à dessein ce mot que l'on utilisait pour le fascisme même s'il s'agit dans ce cas d'un régime masqué et rampant. Une énorme quantité de lois ont été approuvées au Parlement en abusant de la question de confiance afin d'éliminer tout débat et en profitant de la majorité dont il dispose dans les chambres. Le régime rampant, ce sont aussi les purges contre des journalistes qui dérangent à la télévision publique ou la censure de certains programmes. C'est aussi l'instauration de lois sur mesure afin d'éliminer de postes clés des personnes qui déplaisent. Comme la loi créée ad personam afin d'empêcher l'ancien procureur de Palerme Giancarlo Caselli de devenir le chef du parquet national antimafia en retouchant la limite d'âge. Aujourd'hui, un vrai nostalgique de Mussolini vote pour Silvio Berlusconi et non pour Gianfranco Fini, le leader d'Alleanza nazionale, le parti issu du défunt mouvement néofasciste."
Comment expliquez-vous le silence pendant des années de tant d'intellectuels?
"Je me considère avant tout comme un narrateur, un conteur d'histoires et moi, comme d'autres intellectuels tels Umberto Eco, Antonio Tabucchi, Gianni Vattimo, Vincenzo Consolo, Claudio Magris et tant d'autres, nous ne sommes pas restés muets. Quant à ceux qui ont préféré rester silencieux, il faut leur en demander directement les raisons."
Qu'est-ce qui vous choque le plus dans le «berlusconisme»?
"Le climat de laxisme et de je-m'en-foutisme généralisé. Je pense par exemple aux lois qu'il a faites pour permettre le retour en Italie, comme si de rien n'était, des capitaux exportés illégalement pendant des années. Il y a aussi un système institutionnalisé qui permet par exemple de construire une villa sur une plage domaniale puis, avec un peu d'argent, de tout régulariser. Le déplacement continu des limites entre légal et illégal entraîne un énorme malaise qui n'est pas seulement moral. C'est ce que j'appelle la morale du motorino (le vélomoteur). Avec le motorino, on double et on se faufile, on peut aller à contresens et griller les feux rouges. On peut faire ce que l'on veut en se moquant des règles. C'est le règne du plus malin, du plus riche et du plus fort."
En tant que Sicilien, vous êtes aussi choqué par la baisse de la garde vis-à-vis de la mafia. Pourquoi?
"Il ne peut en être autrement quand un gouvernement fait tout pour affaiblir ceux qui combattent en première ligne le crime organisé. Quand Berlusconi dit que les juges sont anthropologiquement des fous et des gens différents, il énonce aussi une vérité. Il faut en effet être un peu dingue pour sacrifier sa vie à la légalité comme l'ont fait Giovanni Falcone, Paolo Borsellino et tant d'autres. Mais, au-delà du paradoxe, quand un Premier ministre énonce de tels propos, il délégitime ces serviteurs de l'Etat et rend service à la mafia. Il s'agit de phrases totalement irresponsables."
Pourquoi Berlusconi continue-t-il à être crédité des suffrages de près d'un Italien sur deux?
"Nous ne sommes pas les seuls dans ce cas. Malgré tous ses échecs, George W. Bush a remporté un deuxième mandat et il continue à être soutenu par une majorité d'Américains. En outre, Silvio Berlusconi sait user à merveille d'une rhétorique populiste promettant des réductions d'impôts ou des logements pour tous. A cela s'ajoute évidemment le poids des télévisions qu'il possède et le contrôle qu'il a en tant que chef du gouvernement sur les chaînes publiques. Mais, désormais, ce grand bonimenteur fait de moins en moins illusion."
En cas de nouvelle victoire de la droite, seriez-vous préoccupé pour la démocratie italienne?
"Je serais mécontent d'une victoire de la droite mais pas inquiet. Il ne faut pas confondre la droite et Berlusconi, qui est tout autre chose et bien pire. Même si j'ai des positions diamétralement opposées, je peux parler avec quelqu'un de droite comme Gianfranco Fini, qui reste dans le champ du politique."
Certains intellectuels, comme Umberto Eco ou le philosophe Gianni Vattimo, assurent qu'ils quitteront le pays en cas de victoire de Berlusconi. Que ferez-vous?
"Que ceux qui veulent prendre la route de l'exil le fassent. Personnellement, je préfère rester en Italie et exprimer mes opinions tant que cela sera possible."
(1) "La Prise de Makalé" (Fayard) et, en poche, "Le Coup du cavalier" (Metailié).
Marc Semo
 
 

Apcom, 24.3.2006
Caimano/ Francia, Liberation: Il risveglio degli intellettuali
Intervista a Andrea Camilleri: "Un regime mascherato e rampante"

Roma - "Il Caimano ha fatto irruzione ieri nella campagna elettorale italiana" scrive il quotidiano francese Liberation in un articolo intitolato "Contro Berlusconi, il risveglio degli intellettuali"; il film di Nanni Moretti, scrive Erric Jozsef, arriva "a qualche giorno dalla mobilitazione di diversi intellettuali che fanno appello a opporsi al Cavaliere". Un risveglio, secondo il quotidiano della sinistra chic francese, tardivo.
Liberation ricorda il recente appello di Umberto Eco e Claudio Magris ("Siamo di fronte a un appuntamento drammatico"), ma anche come Paolo Flores d'Arcais accusi "Eco e altri intellettuali di essere rimasti silenziosi troppo a lungo" (riporta poi anche le parole di Eco e Magris che contestano). E ricordando gli ultimi anni, Liberation aggiunge che a parte gli interventi di qualche scrittore "come Antonio Tabucchi, tuttavia, le prese di posizione contro Berlusconi sono rimaste relativamente sporadiche; quanto ai 'girotondi' che a richiamo di Moretti avevano mobilitato nel 2002 la 'classe media intellettuale', sono durati solo qualche mese".
Lo stesso Liberation pubblica una intervista ad Andrea Camilleri, molto popolare in Francia, per presentare la pubblicazione de "La presa di Macallé" e "La mossa del cavallo" in edizione francese. L'intervista però è tutta incentrata su "Un regime mascherato e rampante" come dice il titolo.
Domande e risposte: come giudica Camilleri il bilancio di Silvio Berlusconi? "Ha creato una sorta di regime ed uso appositamente questa parola che si impiegava per il fascismo anche se in questo caso si tratta di un regime mascherato e rampante". Come spiega il silenzio di tanti intellettuali in questi anni? "Mi considero prima di tutto un narratore e io come altri intellettuali come Umberto Eco, Antonio Tabucchi, Gianni Vattimo, Vincenzo Consolo, Claudio Magris e tanti altri non siamo rimasti muti. Quanto a quelli che sono rimasti in silenzio, bisogna chiederne a loro il motivo". Cosa la sciocca di più nel 'berlusconismo? "Il clima di lassismo e di menefreghismo generalizzato".
 
 

La Gazzetta di Sondrio, 24.3.2006
La Consulta Islamica ha chiesto al Governo di introdurre l’insegnamento della religione islamica nelle scuole. Sono soddisatto

[...]
Ma ora basta. In TV è appena iniziato un nuovo episodio di Montalbano. E così, in un attimo, mi trovo a viaggiare da Vigàta a Montelusa. E, come lui, assaporo, tra un’inchiesta e l’altra, tutto ciò che la vita di bello può offrire, sfuggendo i problemi e le responsabilità personali che lo possono impedire. A questo punto fatemelo dire: “Pulimanti, sono!”.
Mario Pulimanti
 
 

Castlerock, 25.3.2006
Il peccato non abita qui

Camilleri se ne va "in vacanza narrativa" alla soglia degli ottanta anni, abbandonando per un po', dice, i faticosi intrecci polizieschi di Montalbano e gli impegnativi contesti storici dell'altro filone di romanzi, per sprofondare piacevolmente in un'atmosfera più estiva e leggera, anche se pervasa dai profumi intensi e passionali della terra di Sicilia, a volte fusi in magica contraddizione, mentuccia, agrumi, cannella, chiodi di garofano...
La porta sonnacchiosa e sempre in penombra della nota e taciuta pensione Eva, così evocativa nel nome, accompagna con i suoi impenetrabili misteri l'infanzia del protagonista, Nenè, come parte integrante del paesaggio sociale della Sicilia degli anni '20, regolamentata entro confini rigorosi, ma pur sempre accettata e perfettamente a suo agio nella sua collocazione.
La sua esistenza di bordello non turba la coscienza di Nenè, per il quale i frutti esoticamente sconosciuti che promette rientrano in un orizzonte di aspettative che lo accoglierà naturalmente sulla soglia dell'età adulta. La sua iniziazione ai segreti dell'eros avviene, invece, in modo del tutto indipendente da questo locus amoenus e assolutamente inconsapevole, nato furtivo e senza malizia tra giochi in soffitta con la cugina. L'ombra del dubbio che si tratti di peccato addirittura mortale lo coglie tardivamente e del tutto impreparato, come se il peccato, che notoriamente è brutto e sporco, non potesse assumere le forme di un istinto così naturale e di un piacere così inebriante. L'esitazione è momentanea e la curiosità e il desiderio si fanno più pungenti, fino al momento fatidico in cui il peccato si manifesta inaspettato nelle sembianze apparentemente innocue della madre di un compagno di scuola.
Nella pensione Eva, rimasta per anni ai margini del desiderio inconscio, Nenè entra per la prima volta a 17 anni, insieme ai due amici Ciccio e Jacolino, grazie al fatto che il nuovo proprietario è ora il padre di Jacolino, ma dalla porta secondaria, e solo il lunedi quando le ragazze non lavorano. All'interno del luogo proibito per eccellenza i tre scoprono al posto delle fiamme dell'inferno un universo femminile ordinato e disciplinato, peccatore si, ma ugualmente umano e compassionevole, vario e vivido, attraversato dalla leggerezza di spirito della giovinezza.
Non vi è peccato, dunque, tra le mura della pensione Eva, ma non si legga in questa ovvietà un intento moralistico, che non è nelle premesse narrative: il romanzo scorre leggero e fresco come un vinello frizzante e si compiace unicamente di ritrarre in un quadretto esilarante un contesto storico-sociale ambiguo quanto veritiero, contraddittorio quanto reale, profano quanto sacro.
L'unico peccato ravvisabile... si dimostra la guerra. La guerra arriva con la sua mania di distruzione e di cambiamento violento che coincide con il passaggio all'età adulta di Nenè. I sogni carichi di promesse e di aspettative dell'infanzia e dell'adolescenza lasciano il posto a una nuova realtà dura e brutale, che sovverte per sempre il mondo così come lo si conosceva. Della pensione Eva rimangono solo macerie, e i personaggi che la animavano dispersi per sempre.
Camilleri ci presenta una storia che non promette né intrecci complessi, né colpi di scena, né intende stupire o approfondire; rimane una narrazione lieve, ma fascinosa, che lascia intatto il puro piacere di leggerla.
Laura Narcisi
 
 

il manifesto, 25.3.2006
Visioni
Un Caimano in dissonanza
Franco Piersanti racconta 30 anni di musica composta per il cinema. Dal suo primo, casuale, incontro con Nanni Moretti, all’ultima esperienza insieme per il nuovo film del regista: “il più importante, il più necessario”

[…]
In questi giorni, in televisione, c’è la nuova serire del “Commissario Montalbano”, di cui ha composto le musiche. Che differenze ci sono tra la musica scritta per una serie televisiva rispetto a quelle scritte per il cinema?
“La televisione si adagia di più sui cliché. Ti viene chiesto espressamente di essere semplice, comunicativo, “popolare”. Proprio per questo riguardo a Montalbano, dall’inizio, ho cercato di uscire fuori genere televisivo, dal genere poliziesco, da tutti i generi…! C’erano tutti gli elementi per lasciarsi andare al cliché: la Sicilia, un commissario, le indagini, la suspence. Se ascolti la musica ci troverai invece degli elementi piuttosto lontani. Ho ercato di distanziarmi da tutti quello che poteva essere prevedibile e rendere così al meglio quel fantastico mondo di Camilleri, trasposto con intelligenza da Alberto Sironi, il regista”.
Gabrielle Lucantonio
 
 

La Repubblica, 25.3.2006
Il clichè del male

[...]
A guardar bene infatti questa tragica storia somiglia all´”Invenzione del telefono” [Sic!, NdCFC], il romanzo di Camilleri dove si vuole dimostrare che anche il telefono, alla fine, in Sicilia serve solo per comunicare all´amante gli spostamenti del marito cornuto. E´ l´idea che il Sud arcaico sappia ricorrere alla modernità solo contro la modernità, allo stesso modo in cui i terroristi che distrussero le Torri Gemelle di New York seppero usare l´alta tecnologia e la sapienza aerea in nome di un mondo senza aerei. Attenzione: ovviamente non sto dicendo che è colpa dei pregiudizi divertenti ma accecanti di Camilleri sulla Sicilia se un ragazzo di 24 anni ha bloccato il proprio sviluppo alla baronessa di Carini come altri malati, secondo le tesi di Freud, lo bloccano alla fase orale. Dico solo che il cliché, fabbricato e divulgato con perizia, offre agli stupidi un bel surrogato dell´intelligenza, che è necessaria anche nella cronaca nera. Il killer dello Stretto sembra sì un ferocissimo matto, ma di quelli che si prendono gioco del mondo.
Francesco Merlo
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 26.3.2006
Domani la manifestazione a Forcella a due anni dall´omicidio Durante. I promotori: pronti ad affiggerli di nuovo
Strappati i manifesti per Annalisa
Raid al corso Garibaldi alla vigilia della marcia anticlan
Don Merola e l´assessore Gabriele scrivono al presidente Ciampi

Hanno minacciato gli attacchini e strappato i manifesti. Segno che il cammino è ancora lungo, due anni dopo l´omicidio di Annalisa Durante. L´episodio si è verificato nella zona di corso Garibaldi. Nel mirino sono finite le affissioni che annunciano la manifestazione in ricordo della ragazzina di quattordici anni uccisa per errore, a Forcella, durante una sparatoria di camorra. I ragazzi che stavano sistemando le locandine, poche righe listate a lutto, sono stati allontanati bruscamente. Intimidazione o semplice atto di teppismo? Se ne occuperà la Digos. Quale che sia la matrice, la notizia ha fatto il giro del quartiere proprio alla vigilia della marcia che si svolgerà domani alle 10.30, con partenza da piazza San Francesco. Alle 18.30, nella chiesa di San Giorgio Maggiore, sarà celebrata la messa in ricorso di Annalisa. I promotori comunque non hanno alcuna intenzione di lasciarsi condizionare da queste azioni. «Sì, ho saputo che hanno strappato i manifesti - commenta l´assessore regionale Corrado Gabriele - allora vuol dire che domani mattina (oggi per chi legge n.d.r.) andremo personalmente ad affiggerli di nuovo».
Il corteo anticamorra è stato organizzato dall´associazione "Annalisa Durante", dal parroco don Luigi Merola e dalla Regione Campania. La giornata sarà dedicata a tutte le vittime della violenza e delle mafie. Hanno aderito sindacati, studenti, università, scuole, partiti politici, scrittori come Andrea Camilleri. L´assessore Gabriele e don Luigi Merola hanno scritto al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, per chiedere l´adesione del Quirinale all´iniziativa.
[...]
Dario Del Porto
 
 

Il Tempo, 27.3.2006
Adesso «Montalbano» diventa un programma di culto alla radio

"Il Commissario Montalbano" si trasferisce alla Radio. Mentre stanno ancora andando in onda su Raidue le repliche delle serie precedenti della fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri ed interpretata da Luca Zingaretti, il famoso commissario siciliano trasloca su Radiodue all’interno della fascia oraria del mezzogiorno dedicata ai grandi sceneggiati. L’esperimento, già tentato con successo due anni fa, ha convinto il direttore dell’emittente Sergio Valzania a riproporre due ulteriori riduzioni radiofoniche delle serie televisive, realizzate ovviamente con la voce dello stesso Zingaretti che doppia il suo personaggio in una maniera però differente ed adattata al mezzo radiofonico. I titoli in cantiere sono "La voce del violino" e "La forma dell’acqua". I due singolari sceneggiati andranno in onda a maggio, prima della conclusione dell’attuale stagione, alle 12,10 del mattino ed ognuno sarà suddiviso in una decina di puntate.
[...]
Mar.Cat.
 
 

La Sicilia, 27.3.2006
«Vitalizio» il senso della roba

Messina. Irta di speculazioni introspettive che, non di rado, sanno guardare, ben oltre lo stesso testo, appassiona e coinvolge l' originale costruzione drammaturgica ideata da Walter Manfrè per "il vitalizio", due atti di Luigi Pirandello in prima nazionale al Vittorio Emanuele. Prodotto dall'Ear teatro di Messina e dallo Stabile di Catania, il lavoro, adattato dall'abile mano di Andrea Camilleri, si sviluppa in significativi, quanto incisivi quadri che riportano ai semplici valori che guidano l'esistenza di Moràbito, il vecchio contadino che, in cambio di un vitalizio, cede il podere al ricco profittatore del paese Michelangelo Scinè (Franz Cantalupo). La trama, nel pieno rispetto dei tempi teatrali, scorre veloce e i dialoghi, proposti in un vernacolo sempre comprensibile e del tutto fruibile, rafforzano la filosofia della "roba" ed il concetto di rispetto della terra e della natura, così caro al drammaturgo agrigentino. D'impatto e,decisamente, di ottimo effetto la studiata coralità delle comari (le brave Donatella Venuti, Daniela Ragonese, Adele Tirante, Romana Cardile e Nella Tirante) che invitano alla riflessione e fanno da bizzarro corollario alla vicenda anche con scorci cantati di buona fattura. Riccardo Garrone, nei panni del protagonista è perfettamente a suo agio e si destreggia con meticolosa perizia nei meandri del dialetto siciliano. Più che un uomo e le sue convinzioni, egli sa ben rappresentare la mentalità isolana nelle sue molteplici forme che l'essenzialità delle scene di Giuseppe Andolfo (solo due sgabelli sul palco a cui si aggiungono, alla bisogna, significative, architetture scorrevoli) rafforza ed avvalora. Lunghi e meritati gli applausi.
Stello Vadalà
Mar.Cat.
 
 

Era una notte buia e tempestosa, 28.3.2006
Andrea Camilleri ospite della trasmissione di Roberto Cotroneo
Come si costruisce un personaggio letterario? E come si scrive un giallo? E quanta fatica fa Camilleri a scrivere i suoi romanzi. E soprattutto... perché dopo che finisce un libro distrugge tutto e non lascia tracce?
Clicca qui per scaricare la registrazione
 
 

BresciaOggi, 28.3.2006
L’incontro. L’autore di origine siciliana sotto i riflettori accanto a Giuseppe Pederiali
Cacopardo, l’«anti-Montalbano»
Stilettata a Camilleri: «Nei suoi libri una Sicilia senza mafia»

Ieri è toccata ai grandi nomi del giallo italiano. In un paio d’ore e mezza sul palco del Sancarlino sono saliti in sei, da soli e in gruppo. E insieme hanno dato il polso di un genere capace di rendere il bene e il male dei nostri tempi.
Come dice Domenico Cacopardo, «il giallo è un romanzo bipolare», racconta indagini e parla del privato dei protagonisti, si muove su sfondi reali con sentimenti e reazioni realistiche. Lui ha aperto la serie, seguito da Giuseppe Pederiali. Gli altri quattro, tutti insieme con Andrea Bosco (Servizi culturali Rai) in «Prova d’autore al bar».
Magistrato al Consiglio di Stato, Cacopardo ha sangue siculo nelle vene, scrive gialli ma pure romanzi storici come "Jacarandà". Ora presenta "L’Accademia di vicolo Baciadonne" (Baldini Castoldi Dalai). Alessandro Bertrante (La Repubblica), che lo ha intervistato, ne sottolinea la scrittura raffinata, e pure coraggiosa nell’aderenza alla realtà, siciliana in questo caso. E la realtà per Cacopardo conta, tanto che non esita a polemizzare con Andrea Camilleri e il suo Montalbano che «non conosce la realtà mafiosa e questo me l’ha reso antipatico». E già che c’è, trova «scandaloso che Mondadori abbia ospitato lui nei Meridiani e non Vincenzo Consolo». Cacopardo è l’inventore del magistrato Italo Agrò ("L’endiadi del dottor Agrò", "Cadenze d’inganno", "La mano del Pomarancio") che è fatto di altra pasta, anche se non è così famoso.
[...]
mi.va.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.3.2006
Televisione
Da Montalbano a Bartali le fiction a Taormina

Da "Pompei", miniserie che sarà pronta a fine estate, di cui vengono proposte alcune scene in anteprima, a "Bartali", appena passata con successo di pubblico su Raiuno. Sono solo due delle molte fiction, documentari, film, del catalogo Raitrade che saranno offerti ai buyers internazionali riuniti da domani a Taormina per gli screenings. Sulle 100 postazioni tv in alta definizione a disposizione dei buyers nella tre giorni di screenings saranno, tra l'altro, disponibili tutte le 14 puntate di Montalbano, diventato un cult anche all'estero.
 
 

Agr, 29.3.2006
Cultura e spettacolo
Ascolti tv: Ballaro' vince la serata, supera anche "Montalbano"

Roma - Dopo la rincorsa della settimana scorsa, il programma di Raitre "Ballaro'" ha vinto la sfida in prima serata battendo anche le fiction delle ammiraglie Raiuno e Canale 5. Il programma di Giovanni Floris, che ieri sera ospitava Berlusconi, Bertinotti, Rotondi ed Emma Bonino, ha sfiorato i 5 milioni e 600mila spettatori, con uno share del 21.02%. Dietro, con circa centomila spettatori in meno ma uno share leggermente piu' alto al 21.20% "Il commissario Montalbano" su Raiuno.
[...]
 
 

Avui, 29.3.2006
Narrativa
La mare de la ciència
"La paciència de l'aranya", Andrea Camilleri, Traducció de Pau Vidal, Edicions 62. Barcelona, 2006

Podem anunciar feliçment que el comissari Montalbano torna a ser el que era. En l'última entrega de les seves aventures, "Un gir decisiu", no solament va quedar ell malferit, sinó també els seus lectors més incondicionals. Camilleri, amb totes les reserves, ens explicava un cas més digne d'un James Bond sicilià que no pas d'en Montalbano. Ara Camilleri torna a les característiques que han marcat les diferències entre el seu heroi i molts d'altres que darrerament han aparegut en l'àmbit de la novel·la policíaca. En primer lloc, són novel·les de misteri amb policia gens usuals. Ja sigui perquè no hi ha morts, perquè els mòbils són estranys o perquè interessa seguir més de prop si en Montalbano té gana o no (i amb qui i on se la fa passar), si fa l'amor o no (amb qui i on el fa) o si acabarà, com és el cas d'aquesta novel·la, sent padrí del fill d'un exdelinqüent engarjolat per ell mateix.
"La paciència de l'aranya", tot i la informació editorial de la contraportada, una mica més xerraire del que caldria, explica una història que sembla una cosa i que acaba sent-ne una altra. I també, tal com passa sovint amb Montalbano, és una història en què no necessàriament la il·legalitat és sinònim d'injustícia. Hi ha el segrest d'una noieta bufona i abnegada, una mare moribunda per manca de ganes de viure, l'aparent contradicció amb el fet que la família de la segrestada és més pobra que les rates, algú que s'ha fet milionari molt ràpidament i ara es presenta a les eleccions dins els rengles del partit del govern? És un cas que demana molta paciència. I intuïció. I en Montalbano en té a dojo, tant d'una cosa com l'altra.
Tres coses fan molta gràcia de les novel·les de Camilleri protagonitzades per Montalbano. En primer lloc, la importància que s'atribueix a les emissores locals de televisió. Ja voldria BTV tenir la importància que Retelibera té a Vigata! En segon -i enganyosament incompatible amb l'anterior-, la presència contínua i preponderant de la veu del poble en relació amb els fets. Contínuament hi ha rumors populars que arriben a complementar (o a desequilibrar) investigacions i a provocar terratrèmols de tota mena, personals, polítics, policials. Encara hi ha un tercer element característic de la societat siciliana per on es mou en Montalbano: la Màfia no hi apareix mai i, alhora, tota l'estona hi és. També a "La paciència de l'aranya", cosa que respon segurament a la imatge de la realitat de la Sicília d'avui en dia.
Felicitem-nos, doncs: en Montalbano, acompanyat de la seva troupe bizarre de col·laboradors i de superiors jeràrquics, torna als seus casos de sempre, els que volen arran de terra, els que s'originen en les passions més bàsiques. "La paciència de l'aranya" fa un còctel explosiu amb els sentiments més ancestrals -i tot sovint més desinteressats pel benefici econòmic, cosa que pot arribar a destarotar el comissari més professional-. En aquest cas, l'amor filial, l'odi, la venjança?
Un cop més, cal destacar la versió catalana de Pau Vidal, no ja per la reconstrucció, en un català peculiar, del parlar original d'algun dels personatges, sinó pel sentit profund de la llengua que demostra.
Lluís-Anton Baulenas
 
 

BresciaOggi, 29.3.2006
L’incontro
Il «clan» dei siciliani: «La mafia è solo nostra»
Piazzese, Scalia, Seminerio e Turano sono d’accordo: «Tutti innovatori del linguaggio»

Ieri è stato il giorno dei siciliani. E delle grandi domande: esiste il giallo in Sicilia? e se esiste, si può parlare di scuola siciliana? e c’entra per caso la sicilitudine di Sciascia? e se non si parlasse affatto di Sicilia? Sul palco del Sancarlino sono saliti il palermitano Santo Piazzese e i catanesi Domenico Seminerio e Salvatore Scalia, più «l’infiltrato» Gianfrancesco Turano, che è calabrese. A intervistarli, Beppe Benvenuto, docente all’università di Palermo e alla Iulm di Milano, nonchè consulente editoriale di Sellerio. Ed è stato un bel discutere, anche fuori dagli schemi.
L’intervistatore esce dal ruolo, smette di far domande e la discussione diventa a cinque, per un’ora intensa. Alla fine la risposta che mette d’accordo tutti arriva da Scalia, giornalista alla Sicilia di Catania. La «scuola siciliana» esiste - dice lui - perchè gli scrittori siciliani «sono stati i più capaci di rinnovare la letteratura italiana. Con Verga hanno introdotto il dialetto e la cosa si ripete anche oggi non solo con Camilleri... nel magma linguistico dell’isola troviamo la forza di rinvigorire la nostra letteratura nazionale». Tutti d’accordo, ma non è stato facile nè automatico. Anche perchè il giallo siciliano - stando a quelli presentati dai quattro scrittori ieri, ma non solo, qualche sua originalità ce l’ha. La mafia è ingombrante anche sulla pagina scritta, inutile nasconderlo. Per dirla con Seminerio, «gli scrittori siciliani, che vogliono ambientare in Sicilia le loro storie, sono in presenza di un maxifatto (la mafia, appunto) che annulla le sfumature del giallo, sicchè parlare di poliziesco induce a parlare di un solo argomento». Tuttavia, non tutto è riconducibile alla mafia, e «Camilleri con il suo Montalbano è riuscito a mantenerla sullo sfondo», a raccontare di altro, di delitti d’onore, di follie quotidiane e di quanto agita la provincia italiana, anche ad altre latitudini. E però, neanche dimenticare la mafia sembra essere il denominatore comune della sicilianità in giallo.
Piazzese preferisce parlare di giallo italiano, e contesta padri nobili come Savinio e Calvino, che avevano teorizzato l’impossibilità della nascita del noir in Italia. «Invece è nato - dice lo scrittore palermitano - ed è stato come togliere il tappo a una bottiglia di champagne, ha permesso a tanti scrittori di tornare a scrivere». Non ha portato nessun libro nuovo, Piazzese, rispetto all’anno scorso, ma da "I delitti di via medina Sidonia" (’96) a "Il soffio della valanga" (2002) i suoi indiscutibili noir hanno avuto enorme successo.
Scalia, con "La punizione" (Marsilio) trae da un fatto di cronaca una storia terribile e molto originale, che suona come vibrante denuncia contro l’intolleranza e gli integralismi. Nel ’76 un capomafia fa uccidere 4 «carusi» rei di aver scippato sua madre. Il processo si conclude senza condanne perchè non si trova il «corpo del reato», nella fattispecie i cadaveri dei quattro tredicenni. Da quell’espressione disumana per indicare quattro piccole vite stroncate, Scalia parte per capire «da quale razionalità folle nasca un atto così empio».
Seminerio, con "Il cammello e la corda" (Sellerio) presenta la storia «doppia» di un signore dell’antica Roma costretto a nascondere il suo enorme tesoro dopo che Teodosio emanò gli editti di Tessalonica e Costantinopoli. Allora «i cristiani distrussero le vestigia della religione antica e in Sicilia lasciarono in piedi solo tre templi - sottolinea Seminerio - i Talebani non hanno inventato niente». Un prete, poi, trova quel tesoro e si trova a gestirlo.
Il calabrese Turano con "Ragù di capra" (Flaccovio) racconta una storia di emigrazione al rovescio, con un truffatore milanese costretto a rifugiarsi in un paesino della Locride, dove tenta di organizzare una cosca mafiosa. Non sa a cosa andrà incontro. Anche lui racconta di un posto dimenticato, che «nonostante sia alla ribalta delle cronache per l’omicidio Fortugno, resta l’impressione di un allarme che dura poco».
Si parla di Sicilia? di Italia? Forse quelle storie fanno persino discorsi universali. Con buona pace della «sicilitudine».
Mimmo Varone
 
 

La Repubblica, 31.3.2006
Anticipazione/ Su Micromega Camilleri ricorda Sylos Labini
Quel can-can ballato per il Tg
Sul numero di MicroMega in edicola da oggi tra gli altri interventi figura questo ricordo di Sylos Labini di cui pubblichiamo una parte

Una piccola premessa. Quando l´editore Laterza mi ha mandato quest´ultimo libro di Paolo Sylos Labini (“Ahi serva Italia, appello ai miei concittadini”, pagg. XXIV-165, euro 10, a cura di Roberto Petrini, ndr), ho provato una commozione grandissima nel leggere, nel capitoletto intitolato ringraziamenti, anche il mio nome (...). Paolo ringrazia le persone che con il loro esempio, scrive, gli hanno dato speranza. Detto en passant, quei nomi mi parvero subito una gran bella lista di proscrizione. Dunque, gli altri compresi in quell´elenco e io gli abbiamo dato speranza. Ma speranza in che cosa? L´elenco dei nomi, 57 in tutto, comprende economisti, magistrati, giuristi, giornalisti, comici, filosofi, politici, scrittori. Certamente, come comune denominatore, queste persone non hanno la stessa idea politica: balza subito agli occhi che ci sono liberali e comunisti, socialisti e senza partito. Allora? La chiave è data da una frase di Paolo che precede la lista: si tratta, dice, di persone "che vivono e non si lasciano vivere". E allora è chiaro che tutte queste persone sono contrassegnate, agli occhi di Paolo, da una comune volontà di resistenza: non vogliono perdere l´autostima e non vogliono perdere la loro dignità. Ma se le cose stanno veramente così, allora sono le 57 persone in elenco a dover ringraziare Paolo per essere stato lui, in ogni momento della sua vita, l´esempio che ci ha dato speranza (...).
Lo conobbi di persona nel 2000. Mi aveva invitato a cena a casa sua Sergio Garavini e poco dopo arrivò Paolo. Per me, fu una specie d´amore a prima vista. Aveva anagraficamente cinque anni più di me, in effetti m´apparve più giovane di me di una diecina d´anni. (...) Che Gaetano Salvemini fosse stato il suo maestro e che Ernesto Rossi fosse stato suo fraterno amico io quella sera non lo sapevo, ma credetemi che intuii che apparteneva non per elezione ma per diritto a quella razza. Inaspettatamente, l´anno dopo mi telefonò sbrigativamente, dandomi del tu (non ci eravamo più parlati né visti da quella sera) per dirmi di firmare l´appello di Bobbio e Galante Garrone che mi avrebbe inviato per fax. Lo firmai, grato per l´onore. (...)
Lui, da un certo momento in poi, prese a chiamarmi "killer di m"… Era capitato che un attuale ministro siciliano, in un suo comizio, aveva affermato letteralmente che io ero un assassino della casa delle libertà. Ma visto e considerato che nessuno della casa delle libertà era morto assassinato da me, Paolo era arrivato alla conclusione che come killer non valessi niente. Un´altra volta, alla presentazione del libro di John Dickie su Cosa nostra, un giornalista del Tg1 ci mise davanti una telecamera perché dicessimo qualcosa. Paolo si mise a ridere. «Ma perché volete sprecare il vostro tempo? Qualunque cosa diciamo, sarete costretti a censurarla!». Il giornalista insistette. Allora Paolo mi prese sottobraccio, disse «ecco l´unica cosa che possiamo fare per voi» e accennò al motivo e a due passi del can-can. E così due ottantenni si misero a ballare il can-can davanti a una telecamera (...).
Elio Vittorini avrebbe detto che Paolo soffriva per i dolori del mondo offeso, ma non avrebbe mai potuto dire che cadeva in astratti furori. I furori di Paolo erano ben concreti, avevano persino nome e cognome. Ma in cosa consisteva la sofferenza di Paolo soprattutto negli ultimi tempi? Da cosa vedeva offesa l´Italia? Le risposte sono tutte in questo libro. L´offesa primaria, quella dalla quale ne discendono altre, è la separazione della politica dalla morale. In principio fu Machiavelli, scrive Paolo, e appresso gli andò Marx. Anche se mai la scrisse esplicitamente, la famosa frase "il fine giustifica i mezzi" riassume assai bene il pensiero di Machiavelli (...). Acutamente Paolo nota che Machiavelli non aveva nessuna fiducia nell´uomo. Lui invece ce l´aveva. E profonda.
Andrea Camilleri
 
 

Corriere Adriatico, 31.3.2006
Tra gli artisti che calcheranno le scene Albertazzi, Orsini, Binasco, Iacchetti, Guidi Micheli e la Ferilli
Presentata da Paolucci la programmazione dello Stabile delle Marche tra Muse e Sperimentale per il 2006/2007
Una stagione di intramontabili autori

Ancona - Il Teatro Stabile delle Marche come è solito fare, annuncia ad Ancona la prossima Stagione di Prosa 2006/7 al penultimo spettacolo del cartellone in corso.
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Marzo vedrà dal 6 all'11 al Teatro Sperimentale Francesco Paolantoni - Tuccio Musumeci - Pippo Patavina nel testo di Andrea Camilleri "La concessione del telefono", regia di Giuseppe Dipasquale.
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Last modified Saturday, July, 16, 2011