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RASSEGNA STAMPA

NOVEMBRE 2006

 
l'Unità, 1.11.2006
Una "farfalla russa" per Montalbano

Montalbano alle prese con un nuovo caso. Un giallo complesso e ben strutturato, che si gioca sull’ambiguità, una nuova avventura per il commissario creato da Andrea Camilleri: "Le ali della sfinge" (dal 7 novembre in libreria per Sellerio, pagine 304, euro 12). L’incipit del giallo è il ritrovamento del cadavere di una ragazza in una vecchia discarica. Il suo volto è devastato da un proiettile, il suo corpo è nudo, non vi sono borse né indumenti in giro. Ma vi è un segno particolare: un piccolo tatuaggio sulla spalla sinistra. Cos’è? Una sfinge! Una farfalla migratoria e notturna, come le nuove schiave. La donna è russa. Salvo Montalbano deve indagare, ma l’avanzare dell’età, fisica e psicologica, lo rendono svogliato. Alla sua età è stanco di ammazzatine, di indagini da svolgere. Almeno così sembra. Perché, come negli ultimi romanzi della serie, le vicende finiscono poi per coinvolgere lo spirito poliziesco del commissario. Ma in Montalbano non vi è solo lo «sbirro», vi è un atteggiamento filosofico che lo spinge a cercare la verità. O le verità.
Montalbano cerca la verità nella vita quotidiana, nei casi che il fluire dell’esistenza gli mette d’innanzi. Indaga Montalbano, e scopre che vi sono altre ragazze con una farfalla tatuata sulla scapola, e sono tutte ragazze dell’Europa dell’est. E, cosa non irrilevante, hanno trovato lavoro grazie all’associazione cattolica «La buona volontà», che le ha salvate da un destino di prostituzione. Il suo istinto gli suggerisce che qualcosa non quadra. Si pone domande sull’organizzazione benefica. Vi è qualcosa di poco chiaro in essa? Ma finisce per ritrovarsi incalzato da più parti. Il vescovo non concepisce né ammette che possa essere sollevata la benché minima ombra su «La buona volontà»: il questore non vuole creare dispiaceri al vescovo.
Montalbano si ritrova a dover fronteggiare anche la sua Livia. Vuol partire con lui per costruire un futuro in due che non arriva mai. Camilleri con maestria intreccia le storie, raccontandole con il suo stile ironico e critico, che attraverso la letteratura parla anche dell’attualità e della politica, rimanendo nella finzione del racconto. Con una leggerezza alla Calvino tocca tematiche profonde, senza mai stancare il lettore, avvinghiandolo alla storia con la sapiente maestria di un attento regista. I capitoli dei suoi romanzi hanno un ritmo cinematografico, ma la base narrativa attinge al giallo sciasciano, che vuol dire sempre qualcosa sulla realtà, destruttura le vicende e le ricompone.
Mirabilmente nel risvolto di copertina, che è in realtà un breve saggio interpretativo, Silvano Nigro commenta così gli «ingredienti» del nuovo romanzo: «i chiardiluna legislativi, i lorsignori della politica, i lasciti di un governo gaglioffo, la prolissa incompetenza dei su+periori, le calandrinate verbali di Catarella; gli stranguglioni, le làstime, i teatrini, le esche bugiarde, e la sensualità golosa del commissario». Ma ecco che Camilleri ricompone il tutto in maniera diversa: con i personaggi «attraversati da un’insidia segreta, che viene dal retrosguardo abissale di un Montalbano che avanza nella gravedine degli anni ed è giunto alle “sabbie mobili” del suo celibato adultero con Livia; ed è incistata nell’infarto subìto dal senso della realtà, allorché i “mostri” sembrano mulini a vento, la “provvidenza” è un prestanome criminale, i campi d’accoglienza per gli immigrati sono dei lager, i sequestri di persona possono essere anche messinscene da operetta, e la Buona volontà costituita da anime cosiddette pietose è un associazione a delinquere specializzata nella tratta e nello sfruttamento delle nuove schiave». Camilleri parla senza retorica del dramma degli immigrati e torna a denunciare una delle più complesse problematiche del mondo contemporaneo. Lo scrittore siculo-romano, inoltre, attingendo alla dimensione più compiuta della sua narrativa - i romanzi storici - introduce riflessioni psicologiche e filosofiche nella scrittura. E lo fa in maniera sottile, palesando la personalità di Montalbano alle prese con la sua incipiente vecchiaia. Non è solo un simpatico espediente letterario, gli permette di far riflettere il personaggio sulla sua esistenza. E pirandellianamente gioca con l’ambiguità della realtà. Come coglie, Silvano Nigro, che spiega: «La labilità irrequieta di Montalbano si esibisce in pantomime solitarie; nella dissociazione tra un io che tende a cedere agli alibi della vecchiaia, un secondo io che si oppone, resiste, e irride; tra la sensibilità ipotetica di un fauno e quella di un casto Giuseppe. Quando il commissario crede di essersi ricomposto nell’unità di una decisione, e si precipita all’incontro con la sua metà, la trama gli riserva una sgambata».
Livia e Montalbano finiscono per andare nella direzione opposta. «Come accadeva nei poemi cavallereschi di una volta; e nei romanzi ottocenteschi decisi dalla eterogenesi dei fini». E Montalbano, nonostante un filo di malinconia, una venatura di tristezza esistenziale, continua a vivere e divertire, e navigare nella letteratura guidato da un maestro-artigiano ottantenne, la cui vena inventiva è ancora fluida e piena di sorprese.
Vi è un altro libro con protagonista Salvo Montalbano, "Il campo del vasaio", che vedrà la luce sempre per Sellerio, oltre ovviamente a quello sulla conclusione della serie letteraria incentrata sul famoso commissario, custodito come un oggetto sacro da Elvira Sellerio. Insomma, come anticipammo su l’Unità, Camilleri ha pensato ad una conclusione sui generis per Montalbano, densa di valenza metaforica, raccontata in chiave ironica e probabilmente surreale. Ma intanto la saga montalbaniana continua.
Non ci saranno, però, solo nuove storie del commissario, ma anche un altro romanzo storico. E non è tutto. Perché Camilleri, da autentico regista teatrale, detta il ritmo alla storia di un successo letterario che non finisce di stupire. E da regista, ma anche attore protagonista si permette di giocare su più stili culturali, alti e bassi, mistione dalla quale è nata la grande letteratura italiana. Così può anche giocare auto-ironicamente con chi lo imita, perché il maestro ottantenne, scrittore sinceramente democratico, si sente un «artigiano» e non un intellettuale in una torre d’avorio. E senza orpelli retorici passa dal dialogo con un raffinato docente della Normale di Pisa a quello con un comico, dalla letteratura all’attualità, in un «vidiri e svidiri» da Pirandello a Fiorello, con la stessa simpatica naturalezza di Salvo Montalbano.
Salvo Fallica
 
 

Genteviaggi, 11.2006
La Vigàta dei romanzi di Camilleri è Porto Empedocle. Ecco i suggerimenti per trovarla
Casa Montalbano è

Se un urbanista meticoloso decidesse, partendo dalle indicazioni dei romanzi di Andrea Camilleri, di disegnare la piantina di Vigàta, ne risultereb­be una città bizzarra, impercorribile, invivibile. Vicoli che sbucano nel nulla, piazze che si allargano e si restringono per adattarsi alle esigenze narrative. È definita dall'autore come una città costruita con il Lego. Si adatta alle necessità del romanziere e non dell'urbani­sta, è una città a geometria variabile, dove è rappresentata l'intera isola. Sul cartello di entrata a Porto Empedocle c'è scritto anche Vigàta. Ma vi aspetta solo una classica citta­dina siciliana, anzi italiana, dei tempi no­stri, rovinata dagli abusi edilizi. Però la ricerca dei luoghi descritti nei romanzi di Montalbano può riservare apprezzabili sorprese. L’aria, la lu­ce, i personaggi della saga si riconoscono nella passeggiata su via Roma: meta fissa il caffè Albanese o il bar Vigàta. Quando è in città, Camilleri passa qui le sue mattinate a fir­mare autografi e a incontrare gli amici dei vecchi tempi. Dif­ficile, invece, trovare tracce dell'antica frenesia nel porto, un tempo il secondo in Italia per l'esportazione dello zolfo. Dai «matrimoni di zolfo» ha ori­gine la parentela tra Camilleri e Pirandello. Un'affinità che è anche un luogo letterario. Mitiche sono per Montalbano le «solite pas­siate digestivo-meditative lungo il molo fi­no a sutta il faro di Vigàta», passeggiate ispirate a quelle del pirandelliano Lars del­la novella “Lontano”. Spesso, grazie al fortunato mix tra la fresca aria di mare e i divini polipi alla «strascinasale» appena gustati alla trattoria di Enzo, il commissario riesce a districare i casi più disperati. La trattoria di Enzo esi­ste veramente e, proprio come nel romanzo, non esita ad aprire anche nei giorni di riposo, se Camilleri si presenta. Della trattoria di San Calogero, invece, resta solo l'insegna, ma è stata sostituita da un altro lo­cale di tutto rispetto, La Grotta di Vigàta. Difficile sottrarsi all'assedio dei panellari, che sono dovunque. Impossibile trovare tracce credibili della casa di Montalbano a Mari­nella, se si cercano le due villette sulla spiaggia sospese tra l'aria del mare e quella del deserto. Esistono solo nella fantasia di Camilleri. Oggi Marinella è un paese di cemento, una frazione di Porto Empedocle. Per i turisti c'è l'hotel Villa Romana, vicino alla spiaggia, da cui si gode la vista della lo­calità. Oppure, per dormire, si può scegliere Ai Due Pini, al­bergo all'ingresso della città. Porto Empedocle negli anni Settanta è «stracangiata», sul suo skyline sono sorti gratta­cieli nani, brutture incomprensibili e, come narra Camilleri, è uscita dal nulla «Vigàta 2», uno di quei quartieri satellitari che si espandono a macchia d'olio nell'Agrigentino. Ma lo scrittore non parla con nostalgia della sua città. «I cambia­menti sono necessari, inevitabili. Io ricordo il paesaggio agricolo della mia gioventù: piccoli appezzamenti verdi in un giallo infinito. Oggi il verde è assai di più ma, certo, è ap­parso anche il cemento. Cos'è meglio? lo non so dirlo». Vigà­ta è un posto caro a lui e ai lettori. E resta tale nell'anima, proprio perché Camilleri ha fatto sua la frase di Tolstoj: «De­scrivi bene il tuo villaggio e descriverai il mondo».
Valentina Alferj
 
 

La Stampa, 3.11.2006
Prossimamente
Passaparola: show, spot e testimonial per diffondere il libro

Il nuovo romanzo, l'ultimo saggio: da quando Riotta ne è il direttore, figurano tra e «come» vere e proprie notizie del Tg1. Con gli autori spesso in video. Segnale non da poco, per il tipo di collocazione, nel momento di massima audience. E' la rivoluzione dell'autunno 2006 nel rapporto libro-tv che tuttavia ha sempre avuto, con alterne vicende, cittadinanza sul piccolo schermo. Ma bisogna fare di più. Sarà questo uno dei terreni di indagine e proposte al terzo «Passaparola », forum del libro e della promozione della lettura, a Bari il 10 e 11 novembre, pronubo il suo inventore, Giuseppe Laterza, sponsor la Compagnia di San Paolo più enti locali.
[…]
E da noi?Quante copie si vendono in più di un libro dopo la sua presentazione in video? Antonio Sellerio, cui il Forum ha affidato la voce «Libri e televisione», non può che rispondere con ottimismo, visto che fu proprio Costanzo a sdoganare nel '98 un quasi sconosciuto Camilleri con il suo “Ladri di merendine” [Sic! NdCFC]... Da un'indagine dell'Associazione Editori sarebbero Marcorè e Dorfles con il loro “Per un pugno di libri” ad ottenere il maggior riscontro in libreria.
«Importantissima è la credibilità del testimonial», uno per tutti Fazio (mentre si sente forte la mancanza di Baricco).
Ma Sellerio vede anche la concreta possibilità di far accompagnare sceneggiati tv tratti da romanzi con spot legati alla promozione del libro; di convincere finalmente i registi a non tagliare scene nelle quali qualcuno legge.
[…]
(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 4 novembre)
Mirella Appiotti
 
 

La Stampa, 5.11.2006
Anteprima. Esce il nuovo giallo «Le ali della sfinge»: arrivato ai 56 anni il protagonista è in crisi con la fidanzata Livia e litiga anche con se stesso
Camilleri la morte e la farfalla
Uscirà mercoledì da Sellerio il nuovo giallo di Andrea Camilleri, “Le ali della sfinge” (265 pagine, 12 euro), il secondo pubblicato quest’anno, undicesimo della serie che ha per protagonista il commissario Salvo Montalbano (tutti presso lo stesso editore). Ne anticipiamo le pagine iniziali.

Ma indove erano andate a finire quelle prime matinate nelle quali, appena arrisbigliato, si sintiva attraversato da una speci di correnti di filicità pura, senza motivo?
Non si trattava del fatto che la jornata s’appresentava priva di nuvole e vento e tutta tirata a lucito dal sole, no, era un’altra sensazione che non dipinniva dalla sò natura di meteoropatico, a volersela spiegare era come un sintirisi in armonia con l’universo criato, perfettamente sincronizzato a un granni ralogio stillare ed esattamente allocato nello spazio, al punto priciso che gli era stato destinato fino dalla nascita.
Minchiate? Fantasie? Possibile. Ma il fatto indiscutibile era che quella sensazione una volta la provava bastevolmente di frequente, mentre invece, da qualichi anno a questa parte, ti saluto e sono. Scomparsa. Scancillata. Anzi, ora le prime matinate gli provocavano spisso e vulanteri ’na sorta di rigetto, di rifiuto istintivo di quello che l’aspittava una volta dovuto accettare il jorno novo, macari se non c’era nenti di camurrioso che l’aspittava nel corso della jornata.
E la conferma era data da come si comportava subito che nisciva dal sonno.
Ora, appena isava le palpebre, immediatamente le ricalava e sinni ristava allo scuro per qualichi secondo, mentre una volta, appena rapriva l’occhi, li mantiniva aperti, squasi tanticchia sbarracati, per agguantare avidamente la luci del jorno.
«E questo era, di sicuro, effetto dell’età» pinsò.
Ma a questa conclusione immediatamente s’arribbillò il Montalbano secunno.
Pirchì da qualichi anno dintra al commissario esistivano dù Montalbani sempre in disaccordo tra di loro. Appena uno dei dù diciva una cosa, l’altro sostiniva l’opposto. E infatti.
«Ma cos’è ’sta storia dell’età?» disse Montalbano secunno. «Com’è possibile che a cinquantasei anni tu ti senti vecchio? La vuoi sapiri la vera virità?».
«No» disse Montalbano primo.
«E io te la dico lo stisso. Tu ti vuoi sintiri vecchio pirchì ti torna commodo. Siccome che ti sei stancato di quello che sei e di quello che fai, ti stai costruenno l’alibi della vicchiaia. Ma se ti senti accussì, pirchì come prima cosa non presenti ’na bella littra di dimissioni e ti chiami fora?».
«E doppo che faccio?».
«Fai il vecchio. Ti pigli un cani per tiniriti compagnia, la matina nesci, t’accatti il giornale, t’assetti supra ’na panchina, lasci il cani libero e accomenzi a leggiri principianno dai necrologi».
«Pirchì dai necrologi?».
«Pirchì se leggi che qualichi coetaneo tò è morto mentre che tu sei ancora sufficentimenti vivo, ti viene ’na certa sodisfazione che t’aiuta a campare minimo altre ventiquattr’ore. Doppo un’orata…».
«Doppo un’orata te la vai a pigliari ’n culu tu e il cani» disse Montalbano primo, aggelato dalla prospettiva.
«E allura susiti, vai a travagliare e non scassare i cabasisi» concluse risoluto Montalbano secunno.
Mentre stava sutta alla doccia, il telefono sonò. Annò a rispunniri accussì com’era, lassannosi appresso una scia di vagnato. Tanto cchiù tardo sarebbe venuta Adelina a puliziare.
«Dottori, chi fici, l’arrisbigliai?».
«No, Catarè, vigliante ero».
«Sicuro sicuro, dottori? Non me lo dice per complimento?».
«No, stai tranquillo. Che c’è?».
«Dottori, che ci po’ essiri se lo chiamo di prima matina?».
«Catarè, ma tu ti rendi conto che quando mi telefoni non mi dai mai una bella notizia?». Fu un attimo e la voci di Catarella addivintò lacrimiosa.
«Ah dottori dottori! Pirchì mi dice accussì? Mi voli ammortificari? Se fusse per mia, io ogni matina l’arrisbigliarebbi con una notizia bella, che saccio, che vincì trenta miliardi al supirinnalotto, che l’hanno fatto capo della pulizia, che...».
Non aviva sintuto rapririsi la porta, tutto ’nzemmula si vitti davanti ad Adelina che lo taliava ancora con la chiave in mano. Come mai era vinuta accussì presto? Affruntato, si voltò istintivamente verso il telefono in maniera che le sò vrigogne non restassero a vista. A quanto pare, la parte posteriore mascolina è meno vrigugnosa di quella anteriore. La cammarera sinni annò subito in cucina.
«Catarè, vuoi vedere che so perché mi telefoni? Hanno trovato un morto. Ci ’nzertai?».
«Sì e no, dottori».
«Dov’è che mi sbagliai?».
«Trattasi di morta fimminina».
«Hai avvertito il pm, la Scientifica e il dottor Pasquano?».
«Sissi. Ma il dottori Guaspano s’incazzò assà assà».
«Perché?».
«Disse accussì che lui non avento il dono della bibiquà, non potiva essiri in loco prima di un due orate. Dottori, me la fa una spiega?».
«Dimmi».
«Che è ’sta bibiquà?».
«Che uno può trovarsi contemporaneamente in due posti diversi e distanti. Ad Augello digli che arrivo».
Annò in bagno, si vistì.
«Pronto è il cafè» l’avvertì Adelina.
Appena trasì in cucina, la cammarera lo taliò e disse:
«Ma lo sapi che vossia è ancora un bell’omo?».
Ancora? Che viniva a significari quell’ancora? S’infuscò. Ma Montalbano secunno si fici subito vivo:
«Ennò! Non puoi ’ncazzarti! Ti contraddici, se appena un’orata fa ti sintivi vecchio e decrepito!».
Meglio cangiare discorso.
Andrea Camilleri
 
 

La Stampa, 5.11.2006
L'idea nata leggendo La Stampa

Della serie: che cosa non si fa per procurarsi «la dose». Per noi montalbanomani il commissario Montalbano è come una droga che dà dipendenza. E dunque. La notizia era comparsa sulla Stampa dell'8 marzo di quest'anno: «Uccide il ladro e nasconde il cadavere». Era la storia di un piccolo imprenditore del Catanese, esasperato dai furti, che una notte si apposta con un fucile da caccia nei pressi del podere dove tiene i suoi macchinari, e quando sorprende i malviventi, arrivati a bordo di un furgone, non esita a fare fuoco. Uno dei due intrusi muore sul colpo, l'altro, ferito, riesce a fuggire e in ospedale, messo alle strette dal poliziotto di servizio, racconta tutto. Ma nel podere il corpo non si trova. Salterà fuori soltanto due giorni dopo, in fondo a un dirupo, a vari chilometri di distanza. Il furgone verrà rintracciato ancora più lontano, completamente bruciato. Una vicenda molto siciliana, uno spunto ideale per Montalbano. Così l'autore di queste righe, in apprensione dacché Camilleri gli aveva confessato di avere già consegnato a Elvira Sellerio il romanzo conclusivo della serie, quello in cui il commissario, senza defungere, si congeda per sempre dai suoi fan, ritagliò l'articolo e lo mandò allo scrittore. Che poco tempo dopo, al telefono, gli fece sapere di avere ricevuto e di essere già arrivato a pagina 80. Preannunciandogli che il suo nome sarebbe comparso nella nota finale tra i ringraziamenti. "Le ali della sfinge" è poi stato completato in poche settimane estive di vacanza in Toscana, con il portatile appoggiato alla pancia, durante un periodo di immobilità forzata per un infortunio alla gamba. Nel romanzo il ladro ucciso è diventato una donna, una ragazza ritrovata nuda in una discarica con il volto devastato da uno sparo. Unico segno di possibile riconoscimento, una piccola farfalla del genere Sfinge, tra le più comuni, tatuata sulla spalla sinistra. Con questo problematico bandolo in mano, Montalbano risale passo dopo passo a un giro ragazze dell'Est cadute nella rete di un losco individuo ammantato di falsa bontà, che le attira in Italia con ingannevoli promesse.
Ma questo è soltanto uno dei fili che si intrecciano nel libro. In parallelo procede la storia personale del protagonista, in crisi con la fidanzata Livia e con se stesso: a 56 anni e con l'ombra della terza età che si allunga molesta a lambirlo, il commissario è caduto in una specie di dissociazione, Montalbano primo e Montalbano secunno in ricorrente battibecco tra loro. E ci sono altre indagini che premono, c'è alla fine il giallo di un incendio in un magazzino, di cui il Nostro si affanna a affrettare la soluzione perché va di prescia, perché deve correre all'aeroporto a prendere Livia, e tuttavia non fa in tempo e quando arriva non la trova, e tutto si risolve in una nuova sciarriatina che però prelude alla rappacificazione. E prelude (tranquilli...) a un prossimo romanzo, che non sarà ancora l'ultimo. Camilleri ci sta lavorando, ma intanto ha già pronto il titolo: "La pista di sabbia".
Maurizio Assalto
 
 

ANSA, 5.11.2006
Montalbano indaga su un giro di splendide russe

Roma - Questa volta il commissario Salvo Montalbano, ormai più che cinquantino, finisce per impattare in uno strano giro di splendide ragazze russe. E', in estrema sintesi, il tema de "Le ali della sfinge", undicesimo libro della serie del commissario di Vigata scritto da Andrea Camilleri, che sarà in vendita nelle librerie giovedì 9 novembre.
La vicenda nasce quando in una orrenda discarica viene trovato il cadavere, completamente nudo, di una giovane russa, una ragazza che doveva essere stata molto bella. Il cadavere che ha un segno particolare: il tatuaggio di una farfalla (la sfinge, appunto) su una spalla.
Praticamente nessun altro indizio, eppure Montalbano con pervicacia e con la sua stringente lucidità riuscirà a strappare al mistero qualche elemento. Fino a scoprire che la ragazza faceva parte di un giro di persone dagli intenti non certo etici o filantropici gestito da una associazione di insospettabili e intoccabili. Nessun traffico di clandestini o aguzzini che le spingevano alla prostituzione, stavolta si tratta di qualcosa di meno redditizio ma anche di meno visibile.
E' interessante, soprattutto, il profilo degli ipocriti che gestiscono l'organizzazione e il consenso sociale di cui beneficiano. La sfinge si scoprirà essere il marchio di fabbrica delle ragazze, il simbolo per riconoscere la loro appartenenza al gruppo.
Ma i grattacapi per il commissario non vengono mai da soli: a questa complessa e lunga inchiesta se ne intreccia un'altra, apparentemente più semplice da svelare ma non certo meno insidiosa, la scomparsa di un ricco uomo d'affari della zona. Anche in questo caso Montalbano, Mimì Augello, Fazio e il resto degli uomini del commissariato hanno pochi elementi in mano.
E tutti vanno in sola direzione: l'uomo è sparito volontariamente, forse addirittura per sottrarsi alla insopportabile gelosia della moglie. Se tutto ciò è sufficiente dal punto di vista professionale, c'é per Montalbano un altro aspetto non certo secondario e forse più impegnativo delle inchieste di polizia: il suo rapporto con Livia. Dopo tanti anni di amore saltuario, fatto più di telefonate che di incontri, di brevi vacanze insieme e di ben più frequenti azzuffatine, la relazione sentimentale conosce una profonda crisi. Entrambi i protagonisti dal lungo rapporto hanno preso tutto ciò che c'era da prendere. Oggi (forse già ieri) il commissario è davanti a un bivio (e stenta a prendere una decisione): o si cambia o ci si lascia.
 
 

Sardegna Oggi, 6.11.2006
Il libro di Nicola Lecca nella biblioteca del Premio Nobel

Cagliari - Ogni mese la Svenska Akademiens Nobelbibliotek (la biblioteca svedese del Premio Nobel) acquisisce un ristrettissimo numero di nuovi libri tra quelli che si sono maggiormente distinti nel panorama letterario mondiale. Una delle piú recenti acquisizioni ha mostrato particolare attenzione alla letteratura italiana scegliendo ben 30 nuovi titoli. Accanto ai nomi di Truman Capote, di Albert Camus, di Mario Vargas Llosa e di Ryszard Kapuscinski sono apparsi i nostri Alessandro Baricco, Umberto Eco,Stefano Benni, Andrea Camilleri, Alda Merini, Mario Rigoni Stern, Claudio Magris e, a sorpresa, anche quello dello scrittore cagliaritano Nicola Lecca. Il suo ultimo romanzo "Hotel Borg" (Mondadori), infatti é stato selezionato nella ristrettissima rosa dei nuovi titoli scelti fra i piú significativi della letteratura Italiana contemporanea.
[...]
 
 

L'Arena / Bresciaoggi, 7.11.2006
Esce giovedì «Le ali della sfinge», undicesimo libro della serie del commissario di Vigata scritto da Andrea Camilleri. All’inizio della vicenda il ritrovamento del cadavere di una giovane, con un unico segno di riconoscimento: il tatuaggio di una farfalla su una spalla. Il protagonista, più che cinquantenne, è in crisi profonda con l’eterna fidanzata Livia
Montalbano tra belle ragazze russe

Nella Sicilia che Andrea Camilleri ha sempre voluto descrivere come un "villaggio di Tolstoj" il commissario Montalbano affronta un nuovo caso. In una vecchia discarica è stato trovato il cadavere di una ragazza; nuda, uccisa da un proiettile che le ha devastato il viso, unico segno identificativo: una farfalla tatuata su una spalla.
Uscirà giovedì “Le ali della sfinge” (Sellerio, pp. 265, euro 12), l'undicesimo libro della saga del commissario che appassiona l'Italia dal 1994 e promette di presentarci un Montalbano un po' fuori dalle righe.
Ormai più che cinquantenne, stanco della solita routine e fiaccato dai continui litigi, ingigantiti dalla distanza, che hanno portato la relazione con Livia ad un punto morto, inizia svogliatamente ad indagare e la sua innata sagacia nel dipanare anche gli intrighi più complicati questa volta sarà messa a dura prova dall’anzianità, che si avvicina a grandi passi.
La farfalla, unico elemento che potrebbe favorire l'identificazione, si rivela essere una "sfinge", una farfalla migratoria e notturna, e altre ragazze avranno lo stesso tatuaggio, tutte giovani e splendide donne russe che "La buona volontà", un'associazione cattolica, ha salvato dalla strada.
Qualcosa di poco chiaro avvolge quest'organizzazione benefica e Montalbano si ritrova ad affrontare un nemico bifronte, diviso tra il desiderio di far luce sul mistero e le insistenze della curia e del questore che non ammettono che venga gettato fango sul lavoro svolto da anime pietose.
Il romanzo gioca sulla matematica del doppio, dei continui bivi in cui questo eroe, da sempre macchiato più da vizi che da virtù, incappa incapace di decidere con lucidità. Mentre gli eventi incalzano tutto inizia a muoversi velocemente, il commissario ha fretta di chiudere il caso, di lasciarselo alle spalle, e Livia vuole appianare la crisi sentimentale partendo per la Sicilia, ma il destino li vedrà correre in direzioni opposte.
Una crisi profonda sconvolge quella relazione che per undici capitoli ha accompagnato ogni avventura. Il personaggio di Livia, l'eterna fidanzata genovese costituisce da sempre il filo rosso nella vita del commissario, fedele nel pensiero e non nei fatti ed è a metà tra la fidanzata dei fumetti e una complicata Penelope dei giorni nostri. È innamorata di Salvo Montalbano, il cui nome è un omaggio di Camilleri a Manuel Vázquez Montalbán, creatore di Pepe Carvalho, un detective dai modi sbrigativi, amante della buona cucina, che, con il commissario siciliano, ha in comune anche la tendenza ad avere storie amorose tormentate.
L’idea di quest’ultimo romanzo nacque a Camilleri dopo aver letto un articolo inviatogli da un giornalista della Stampa, su cui era comparso l’8 marzo scorso col titolo «Uccide il ladro e nasconde il cadavere», articolo che raccontava un fatto di cronaca molto siciliano, uno spunto ideale per Montalbano. E per il suo «papà» Camilleri, che completò "Le ali della sfinge" in poche settimane estive di vacanza in Toscana.
Dunya Carcasole
 
 

Corriere della sera, 7.11.2006
Anche Prodi e Bertinotti all'iniziativa promossa da Don Luigi Ciotti
Contromafie, stati generali anti Cosa Nostra
Dal 17 al 19 novembre a Roma una tre giorni di «proposte per un rinnovato impegno» di tutti contro il crimine organizzato

Roma - L'associazione «Libera» di Don Luigi Ciotti lancia Contromafie. Si tratta di una tre giorni di «idee, percorsi, proposte per un rinnovato impegno» di tutti - associazioni, istituzioni, cooperative, scuole, parlamentari, magistrati, forze dell'ordine, giornalisti, intellettuali e artisti - nella lotta contro il crimine organizzato. Contromafie, ribattezzata come «gli stati generali» della lotta alla mafia, si terrà dal 17 al 19 novembre a Roma sotto l'alto patronato del presidente della Repubblica che, il 15 novembre, riceverà al Quirinale cinquanta familiari di vittime della mafia e venti rappresentanti dell'associazionismo in lotta contro i clan.
[...]
E nella tre giorni di don Ciotti ci sarà anche una «notte bianca» - il 18 novembre dalle tre del pomeriggio alle tre del mattino, alla Casa del cinema di Villa Borghese - con la proiezione di documentari come «La mattanza» di Carlo Lucarelli.
[...]
Sei le tematiche che scandiranno i lavori degli stati generali, tutte introdotte da testimonial eccellenti: Sandro Donati («per una parola di libertà»), Maria Falcone («per un sapere di cittadinanza»), Carlo Lucarelli («per un dovere di informazione»), Virginio Rognoni («per una politica di legalità»), Giancarlo Caselli («per una domanda di giustizia»), Tano Grasso («per una economia di solidarietà»). Andrea Camilleri, Francesco Rosi, Angelo Branduardi sono tra gli ospiti che hanno accolto l'invito all'impegno rivolto da don Ciotti. Un saluto sarà portato anche da Oscar Luigi Scalfaro, il primo presidente della Repubblica che ha messo piede - in visita ufficiale - a Corleone.
[Andrea Camilleri non è poi potuto intervenire, NdCFC]
 
 

Articolo 21, 7.11.2006
Su Raisat Extra la diretta degli Stati Generali dell'Antimafia

RaiSat Extra, il canale satellitare del gruppo Raisat AND Extra presente sulla piattaforma Sky (al numero 120), illuminera' gli Stati Generali dell'Antimafia di Roma con una lunga diretta, il pomeriggio di venerdi' 17 prossimo, giornata di apertura della grande iniziativa dell'associazione Libera di don Luigi Ciotti.
Appuntamento in tv dalle 14,30, in collegamento con l'Auditorium Conciliazione di Roma. Nel corso della diretta, RaiSat Extra rilancera' gli interventi di apertura delle istituzioni, le testimonianze dei grandi protagonisti della lotta alla mafia, il discorso del promotore don Ciotti e quello del presidente del Consiglio Romano Prodi.
[...]
Nelle giornate successive, quelle di sabato 18 e domenica 19 l'attenzione di RaiSat Extra agli Stati Generali dell Antimafia di Roma proseguira' con finestre di due ore.
Fra gli ospiti di Lorenza Foschini, durante la diretta, Andrea Camilleri, Lucia Annunziata, Giovanni Bianconi.
[Andrea Camilleri non è poi potuto intervenire, NdCFC]
 
 

Giornale di Sicilia, 8.11.2006
Esce domani il nuovo romanzo di Camilleri, si intitola "Le ali della sfinge". Ne anticipiamo un brano
Arriva nelle librerie l'undicesimo Montalbano
Accanto pubblichiamo le pri­me pagine del romanzo per genti­le concessione dell'editore.

Domani arriva nelle librerie l'undicesimo romanzo di Andrea Camilleri con Sal­vo Montalbano protagonista. I lettori delle gesta del più celebre commissario di polizia della no­stra letteratura gialla, si saranno già accorti che da qualche tem­po lo sbirro siciliano, ormai iden­tificato con la faccia di Luza Zin­garetti, è a tratti squassato dalla malinconia.
Si sveglia nella sua casa di Marinella già spento, stanco, svogliato, esausto. Sarà l'età, 56 an­ni; o le crepe che s'allargano nel rapporto sentimentale con Livia (di cui sospetta l'infedeltà?). Certo, non si sente più lo stesso e non ha «gana» di fare nulla. In queste condizioni l'investigato­re inventato da Andrea Camille­ri porta avanti la sua nuova inda­gine che si muove fra bellissime ragazze dell'Est, ottusità burocratiche e obliqui personaggi con un piede nel malaffare e l'altro dentro enti di beneficenza.
Il nuovo romanzo dello scritto­re di Porto Empedocle (“Le ali del­la sfinge”, Sellerio, pp. 265, 12 euro), segue di pochi mesi la “Vam­pa d'agosto” che in poche settima­ne ha venduto 620mila copie.
Questa volta il rompicapo per l'occasione ha le fattezze del cadavere di una giovane donna che viene scoperto in una vec­chia discarica. Ha il volto completamente distrutto da un col­po di pistola. Niente indumenti, niente documenti. Complicato identificarla. Unico indizio è un tatuaggio, una piccola farfalla disegnata sulla spalla. La stessa fa capolino sui corpi di altre ragaz­ze, tutte provenienti dall'ex Cor­tina di ferro, che hanno trovato lavoro in Sicilia grazie a «La buo­na volontà», un'associazione cattolica molto benvoluta e protetta dal vescovo di Montelusa. Montalbano, sospettoso per professione (e vocazione), ancora una volta non «si fa persuaso» facilmente: E fra il desiderio di scappare per allontanare i morsi del male di vivere, l'assenza perdurante della sua fidanzata e le pressioni per una soluzione "equilibrata" del caso, è costret­to a stringere i denti e procedere a tappe forzate. In un vertigino­so concatenarsi di eventi Mon­talbano dovrà soddisfare la curiosità di sbirro e tentare di pla­care l'intimo terremoto esisten­ziale.
Giancarlo Macaluso
 
 

Vivimilano, 8.11.2006
Inediti. Allo Gnomo i film girati dal grande drammaturgo
Samuel Beckett regista

Si celebra il centenario della nascita del grande drammaturgo dublinese Samuel Beckett con una particolare rassegna, «Rockabeckett - Rapide e lente amnesie uno», allo Gnomo che da martedì 14 a giovedì 23 presenta una collezione di rarità e anteprime per ripercorrere l'opera del maestro del pessimismo dell'era moderna.
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Ripassi sul versante di casa nostra con storiche riprese dal piccolo schermo, fra cui «Finale di partita», nella versione del 1995 diretta dal regista Mario Martone (sabato 18, dalle ore 16), e in quella del 1977 di Andrea Camilleri con Renato Rascel e Adolfo Celi (martedì 21, ore 22).
INFORMAZIONI. «Rockabeckett» da martedì 14 a giovedì 23 allo Gnomo, via Lanzone 30/a, tel. 02.80.41..25, ingr. 4,10 euro più tessera 2,60 euro
Giancarlo Grossini
 
 

Libertà, 8.11.2006
Bilancio positivo per il Festival delle birre alla Cavallerizza, ma Tagliaferri e soci guardano già avanti, con molti progetti
Avvicineremo la cultura alla nostra montagna
La "Fedro": vogliamo portare musicisti, attori, scrittori come Camilleri

Piacenza - «Da quando siamo nati, nel febbraio 2005, la nostra missione è: "Contribuire allo sviluppo del territorio attraverso la cultura". E' quello che abbiamo cercato di fare con le due edizioni di "Dal Mississippi al Po", il festival blues piacentino che abbiamo creato dal nulla riscuotendo grande successo. E' quello che cerchiamo di fare con progetti ambiziosi che abbiamo "in corso d'opera": un piano per organizzare in Cina, con la Regione, una mostra dedicata alla cultura popolare emiliano-romagnola e una manifestazione intitolata "La linea del colore" per portare nei paesi della nostra montagna decine di musicisti, attori e scrittori famosi come Andrea Camilleri.
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Alfredo Tenni
 
 

La Stampa, 9.11.2006
Il degrado di Napoli
Cominciamo dai banchetti dei falsi
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.11.2006
Andrea Camilleri. "Montalbano invecchia ma la fine è lontana"
Esce il nuovo giallo "Le ali della sfinge".
Lo scrittore: "Il mio commissario combatte con il tema del doppio un elemento che segnerà la conclusione della sua carriera."
Ma è già pronto un altro titolo "La pista di sabbia"

È da qualche tempo, oramai, che per Salvo Montalbano il mattino non ha più l´oro in bocca, da quando i primi sintomi della vecchiaia si sono manifestati per sancire un punto di non ritorno. La corrente di felicità pura, che attraversava il commissario di Vigàta come una scossa, una volta aperti gli occhi, ha ora ceduto il posto a un senso di rifiuto istintivo, di rigetto. Nei confronti di un mondo che schiude sentieri infidi, irti di trabocchetti. Un passo falso, dunque, e si rischia di precipitare, inghiottiti da un gorgo di assurdità e balordaggine.
Nella nuova avventura del commissario cartaceo più famoso d´Italia, "Le ali della sfinge" (Sellerio, 262 pagine, 12 euro, da oggi in libreria), ogni cosa si presenta con la sua natura doppia: rapimenti che non sono tali, associazioni benefiche che puzzano parecchio, giovani badanti russe con le gambe da ballerine e le mani lunghe, mostri che si fingono mulini a vento e che invece sono mostri veri, cadaveri disseminati per mettere fuori strada le indagini. E poi Livia che, da un lato, non telefona al suo commissario, e che, dall´altro, vorrebbe incontrarlo per chiarire tutta una serie di cose. Per non parlare poi dello stesso Montalbano: scisso come il dottor Jekyll di Robert Louis Stevenson. Dissociato sino all´esasperazione. Ci sono infatti, in questo nuovo romanzo di Camilleri, un Montalbano primo e un Montalbano secunno, sempre in disaccordo tra di loro: «Appena uno dei dù diciva una cosa, l´altro sostiniva l´opposto». E se ora la scissione è finalmente dichiarata ed esplicita, nei romanzi precedenti la si poteva soltanto intuire. Come dire: la tempesta era già nell´aria.
«Si tratta di una strategia - spiega Andrea Camilleri - di preparazione alla guerra col doppio, che sarà poi la conclusione della carriera di Montalbano. Ora comincio a mettere dei segnali, un po´ alla Conrad. C´è da dire che anche l´età porta alla chiarezza, alle linee nette: e così particolari che prima sembravano di nessuna importanza, o di poco conto, adesso si rivelano per quello che in realtà sono».
Lei conferma che la conclusione della carriera di Montalbano è già stata scritta e consegnata ad Elvira Sellerio, assieme al romanzo dal titolo "Riccardino", che sarà l´ultimo della serie e che per ora è al sicuro, in cassaforte?
«L´ho dato alla casa editrice solo a questa condizione: che venisse tirato fuori quando l´alzheimer per me sarà irreversibile. Intanto, con le facoltà di intendere e di volere intatte, mi diverto a inventare nuove storie. C´è già pronto infatti un altro romanzo con Montalbano: si intitolerà "La pista di sabbia". E poi ho da poco finito un saggio, come non ne scrivevo da anni ormai: un saggio in cui cerco di raccontare la storia di Monsignor Peruzzo, vescovo di Agrigento e l´attentato che gli fecero. C´è un fitto mistero attorno all´intera vicenda: non ci sono documenti cui appoggiarsi ma soltanto un muro di cemento armato, più forte di quello del Pentagono. Come di solito accade, quando c´è di mezzo la santa madre chiesa. Allora io ho ricostruito il clima dell´epoca, nel tentativo di capire il perché dell´attentato. Il titolo del libro sarà "Le pecore e il pastore"».
Torniamo al nuovo libro: il fantasma del doppio si era già affacciato dalle pagine di "La vampa d´agosto", con la casa degli orrori che nasconde, nel sottosuolo, una mostruosa escrescenza, un inatteso sottofondo. Adesso, non c´è cosa che non si duplichi sotto il naso del commissario. Sotto la scorza ingannevole, il mondo in cui Montalbano è costretto a muoversi, ossia la nostra contemporaneità, cova metamorfosi sempre più immonde?
«La verità è che lui oramai sente la vecchiaia e da un certo momento capisce che non possiede più gli strumenti per adeguarsi ai cambiamenti, innumerevoli e repentini».
Del resto, tutto il romanzo è posto sotto l´emblema delle farfalle: con la loro natura metamorfica, sono il simbolo stesso per eccellenza del cambiamento, dell´alterazione, e di conseguenza della falsificazione. Non è un caso, vero?
«Sono farfalle particolari, quelle del mio romanzo: tatuate, e con quattro ali, e non due. Ancora una volta il doppio. Ancora una volta una realtà che si moltiplica, riflessa da uno specchio deformante».
Sono in molti a meravigliarsi di fronte alla sua fantasia, che sembra non conoscere indugi, sorprendendo in ogni nuovo romanzo per la capacità di dar forma a una storia sempre originale, ricca di sorprese. Ma come di solito accade quando ci si trova di fronte a un giallo, è la contemporaneità a fornirle nuovi spunti: è così?
«Devo parte delle cose che racconto alla sfida lanciatami da Maurizio Assalto, che tempo fa mi inviò un ritaglio di giornale, con una notizia che mise letteralmente in moto il processo creativo. Alla cara amica Larissa, russa e ballerina, devo tante ore piene dei suoi racconti».
Nella nota che chiude "Le ali della sfinge", si legge: "È indubbio che il romanzo nasce da una precisa realtà. E quindi può succedere che qualcuno creda di riconoscersi in un personaggio o in una situazione, ma posso assicurare che si tratta di una disgraziata e assolutamente involontaria coincidenza". Le solite frottole dei romanzieri, verrebbe da dire.
«In questo giallo, ci sono i soliti riferimenti alla vita politica di oggi, alla realtà isolana contemporanea, agli incubi burocratici sempre in agguato».
Come al solito, le radici dei suoi romanzi affondano nel nostro sottosuolo. In un continente lurido e canagliesco…
«È quello che i telegiornali ci mettono ogni giorno sotto il naso, di fronte alla accettazione supina da parte degli spettatori: cosa che manda in bestia il mio commissario. Il quale, a indagine oramai avviata, quando la soluzione del caso sembra a un tiro di schioppo, deve fare i conti ancora una volta con la mutabilità delle cose. Con le strade che a un certo momento si divaricano: quella sua e quella di Livia».
Romanzo del doppio, delle inattese biforcazioni, "Le ali della sfinge", è il gemello di una realtà sempre più nera, che nelle sue pagine prende corpo attraverso una lingua ancora più contaminata. Dopo la quaresima linguistica della "Pensione Eva", con "Le ali della sfinge" è finalmente passato al martedì grasso. Ai bagordi di uno stile ancor più pirotecnico: è d´accordo?
«È così. Quello della "Pensione Eva" era, se posso dirlo, un Camilleri prima di Camilleri. Una sorta di vacanza. Ora sono tornato al mio registro, quella che dopo il "Re di Girgenti" è diventata la mia vera pronuncia».
Salvatore Ferlita
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.11.2006
La curiosità
La nostalgia della Sicilia "Mi manca da morire"

Niente Sicilia, per il momento, per Andrea Camilleri. L´anziano scrittore di Porto Empedocle avverte una forte nostalgia e avrebbe il desiderio di tornare nell´isola al più presto ma gli acciacchi non glielo consentono. «La Sicilia mi manca da morire - dice - Ho una voglia terribile di scendere ma purtroppo non posso farlo».
Camilleri proprio lo scorso anno ha festeggiato i suoi ottant´anni nella sede della casa editrice Sellerio, con un brindisi assieme ad Elvira e Antonio Sellerio e a numerosi giornalisti. Da lì si trasferì nella sua casa di Porto Empedocle per un breve soggiorno.
 
 

La Sicilia, 9.11.2006
In breve

Due settimane di eventi coinvolgenti dedicati alla cultura femminile che però non vuol dire competere con altre, ma con cui si vuole sottolineare il ruolo della donna e il suo essere creativo in un mondo che non è solo al femminile.
[...]
La manifestazione tutta al femminile si intitola "H40", è organizzata con impegno eccezionale da Pietro Beneventano, e si svolgerà nei luoghi suggestivi di Catania dal 14 al 30 novembre prossimi.
[...]
Come finale, "H40 anno zero" concluderà a Catania le due settimane culturali con un concerto di "Accabbanna" di Olivia Sellerio e con il gruppo jazz di Pietro Leveratto, che tra l'altro eseguirà una tarantella jazz, una composizione di Olivia Sellerio impreziosita dalle liriche di Andrea Camilleri nelle quali si avverte la presenza della di accenti latini. Sono inoltre previste musiche di Pietro Leveratto sulle quali la siciliana Olivia Sellerio ha cucito parole ed espressioni dialettali.
Una serie di appuntamenti, come si può constatare, di notevole spessore culturale.
Ida Scandura
 
 

Tappetta, 12.11.2006
Le ali della sfinge

Il rischio maggiore dei romanzi in serie, dove il protagonista è sempre lo stesso che di volta in volta si occupa di casi più o meno simili, è la noia. Vuoi o non vuoi, dopo un po' di tempo – letterario, si intende – il personaggio stufa, non ha più niente da dire, in storie che gira e gira stanno sempre lì.
Con Montalbano questo, però, non accade. Ormai giunto alla sua undicesima avventura, il commissario più scassaminchia che l'Italia ricordi si trova a dover risolvere uno dei soliti casi di "ammazzatina" con risvolti sociali e morali. Ma non è la storia in sé che interessa. Interessa il cambiamento del personaggio. Un uomo che a cinquantasei anni è diviso, letteralmente, tra il suo io proiettato verso la senectute e uno che invece mentalmente prima e fisicamente poi non ha nessuna intenzione di ritirarsi in poltrona e pantofole. In parole povere, Salvo Montalbano è un cugino a cui si vuole molto bene, anche se non lo si vede spesso...
«A proposito, ma Salvo? Che fine ha fatto?»
«Sta benissimo, l'ho trovato veramente bene... ha avuto un po' da fare, come al solito... adesso è in ferie... un po' stressato, ma sai, dopo tanto tempo... sì sì le soddisfazioni sul lavoro, però... ormai, si è stufato pure lui anche se sinceramente penso che se andasse in pensione si taglierebbe le vene dopo una settimana...»
«Ah ah, sì, davvero... E Livia? Come va con Livia?»
«Eh, le solite cose... litigano, fanno pace, rilitigano... sempre uguale... ma tanto chi li ammazza a quei due? tra un po' fanno il fidanzamento d'argento...»
«Salutamelo, quando lo vedi»
«Come no, sicuro... Anzi, prima o poi organizziamo una cenetta. Quando si tratta di mangiare, lo sai, non fa problemi...»
Tappetta
 
 

L’Arena, 12.11.2006
Libri autografati all’asta benefica di «Inchiostro» e pomeriggio tinto di giallo
Lucarelli e il solista del mitra
Sarà lo scrittore a presentare «Una storia da dimenticare»

La regia è affidata a Roberto Puliero e la riuscita dipende anche dalla passione letteraria dei veronesi. Stiamo parlando dell’asta benefica che questa mattina alle 11.30 animerà la terza ed ultima giornata di «inchiostro - Fiera dei libri», prima rassegna di editoria di qualità che da venerdì la rivista Inchiostro insieme al Comune ha organizzato alla Gran Guardia.
Dopo la giornata di eventi di ieri, che ha visto in mattinata alcuni esperti salgariani riuniti in convegno per valutare quale senso la lettura di Salgari può assumere ai nostri giorni e nel pomeriggio lo spettacolo «La guerra di Giovanni» tratto dal romanzo di Edoardo Pittalis, vicedirettore del Gazzettino, oggi la manifestazione prevede altri appuntamenti di rilievo. Prima di tutto l’asta, il cui ricavato servirà ad assicurare il diritto allo studio di bambini etiopi della provincia di Soddo. Verranno banditi alcuni romanzi dei maggiori autori italiani, che hanno accettato di autografare i loro scritti e di inviarli, per contribuire alla causa: ci saranno le opere di Simona Vinci e Carlo Lucarelli (che hanno anche garantito che saranno presenti), di Stefano Benni, Francesco Guccini e Andrea Camilleri, di Margaret Mazzantini, Grazia Deledda, Dacia Maraini e molti altri per un centinaio circa di libri.
[...]
Alessandra Galetto
 
 

ANSA, 14.11.2006
Roma - Da Andrea Camilleri a Giorgio Faletti: arriva su Raidue 'Crimini', uno dei progetti televisivi piu' interessanti degli ultimi tempi. Otto scrittori di successo che a vario titolo hanno contribuito a rilanciare la tradizione italiana del giallo, hanno accettato di trasporre in 8 film per la tv la realta' locale italiana, piena di fascino e di mistero. Saranno in onda il mercoledi' su Raidue dal 29 novembre nell'ex collocazione dell''Isola dei famosi'.
 
 

ANSA, 14.11.2006
Altri 2 libri pronti, Montalbano ha fretta

Roma - "Montalbano ha fretta". E' il primo titolo che Andrea Camilleri aveva dato a "Le ali della sfinge", da pochi giorni in libreria, l'ultima fatica del commissario di Vigata, l'undicesima per l'esattezza. Un titolo che non rientra nello stile dello scrittore di Porto Empedocle, che infatti lo cambiò.
E rimasta invece la fretta, quella del commissario, dettata dalla necessità di chiudere quanto prima due complesse indagini intrecciate per correre finalmente da Livia, nel tentativo di salvare l'ormai incrinato rapporto sentimentale. Ma la sollecitudine non è solo narrativa, si interseca con l'autore, impegnato in un grande progetto narrativo, che espone in una intervista dal carattere intimista.
"In questo ultimo libro Montalbano si sdoppia - spiega Camilleri - ci sono Montalbano uno e Montalbano due in posizione dialettica tra loro, litigano e sono su posizioni contrapposte. La vecchiaia, quella psicologica non fisica, la stanchezza, diventa così forte da arrivare ad un vero sdoppiamento; in questo modo il commissario può essere più lucido nelle sue analisi poiché diventa arbitro fra due parti di sé". Ma questo sdoppiamento "è una palettatura mia, che mi serve per giungere all'ultimo Montalbano in cui il commissario sarà addirittura in lotta con il suo doppio", anticipa lo scrittore siciliano.
Ci avviciniamo all'ultimo romanzo?
"Mi avvicino al finale, "Le ali della sfinge" possiamo definirlo un prefinale. La Sellerio ha già un altro romanzo di Montalbano, che uscirà l'anno prossimo e che si chiama "La pista di sabbia". Sto conducendo il personaggio fino a quella che sarà la soglia dell'addio ai lettori. Inoltre prosegue Camilleri questo giochetto con Montalbano mi evita la ripetitività, che è il rischio maggiore per un personaggio seriale".
Vuol dire che il commissario ha solo altri due romanzi prima di scomparire?
"Diciamo che tra questo e l'ultimo ce ne sono altri. Intanto ho scritto il successivo. Avendo visto lucidamente come finisce il personaggio, siccome non è detto che il tempo aspetti me, l'ho scritto".
Una scelta coraggiosa quella di abbandonare Montalbano, visto anche il successo di pubblico.
"Devo ammettere che ancora non so spiegarmi il fenomeno Camilleri denuncia candidamente l'autore non soltanto Montalbano tiene in termini di mercato ma i lettori aumentano di romanzo in romanzo. "La vampa d'agosto" ha venduto 650 mila copie e aveva ricevuto 360 mila prenotazioni. "Le ali della sfinge" ne ha ricevute 420 mila di prenotazioni: il numero dei lettori cresce di 30/40 mila a ogni romanzo. Da dodici anni nessun mio libro è andato fuori catalogo, ogni nuovo Montalbano significa vendere copie della "Concessione del telefono" o del "Birraio di Preston": il commissario è insomma un apripista formidabile".
Lo dice per celia?
"No, non è l'elogio della vendita dei libri che fa uno scrittore, ma è lo scrittore che vuole che il suo lavoro arrivi a quanta più gente possibile; solo per questo enuncio le cifre".
Si è stancato del suo personaggio?
"Montalbano mi stanca nella misura in cui voglio evitare la ripetitività, questo mi comporta uno sforzo di scrittura maggiore. Simenon diceva che scriveva Maigret fischiettando, io ho cominciato così con Montalbano, ora invece devo essere estremamente concentrato".
Possiamo definire il commissario di Vigata come un personaggio popolare utilizzato per far passare messaggi più alti?
"Questa è una scuola che viene dagli Stati Uniti, Hammett e Chandler non hanno scritto soltanto gialli ma hanno fornito lo spaccato del contesto dei delitti, e questa è la loro più grande lezione. Non si tratta soltanto di risolvere un caso, il contesto è infatti almeno altrettanto importante. E stato questo elemento che ha permesso l avanzata del giallo nel mondo, quindi il successo di Vazquez Montalban, di Markaris in Grecia, di Izzo in Francia e anche di Durrenmatt. Nessuno oggi scriverebbe un giallo e basta, come se fosse un gioco di enigmistica. Anche io mi comporto in questo modo: negli ultimi romanzi la trama gialla si va rarefacendo, e lo sarà sempre di più".
 
 

Supereva Guide, 14.11.2006
Le ali della Sfinge
L’attesissimo romanzo di Andrea Camilleri
Letto dall’11 al 12 novembre 2006. Voto 7

È un libro dalla genesi stentata, più fiacco degli altri per la trama spiegazzata e priva di suspance. Camilleri vira sempre più verso la psicologia, con Montalbano sempre più incapace di gestire la sua vita.
La gestazione sofferta di questo libro, già annunciato per ottobre con altro titolo e rimaneggiato più volte, almeno a giudicare da qualche incongruenza testuale, è forse sintomo del malessere con cui Camilleri guarda al suo eroe. "Le ali della sfinge" non è un thriller e neppure un giallo: il viluppo di situazioni è facile allo snodo e non mantiene certo con il fiato sospeso. A colpire sono le malinconie, le ubbie, le incertezze del protagonista, che lasciammo piangente in "La vampa d’agosto" e che in questo romanzo non ha ancora asciugato le sue lacrime.
Benedetta Colella
 
 

Il Giornale, 15.11.2006
Scrittori e attori «arruolati» dall’Unicef

L'Eti, Ente teatrale italiano, diventa paladino dei diritti dell'infanzia attraverso il progetto «Il teatro per l'Unicef», il cui avvio coincide con la Giornata nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre. In quello stesso giorno al teatro Valle ci sarà la mise en espace di testi ispirati alle quattro parole che guidano il lavoro dell'Unicef: Salute, Scuola, Uguaglianza, Protezione, appositamente ideati da Alberto Bevilacqua, Andrea Camilleri, Roberto Cavosi, Cristina Comencini, Edoardo Erba, Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Alda Merini, Cinzia Tani. A dare voce a queste opere inedite saranno, tra gli altri, Piera Degli Esposti, Isabella Ferrari, Carlo Giuffrè, Roberto Herlitzka, Lorenzo Lavia, Giuliana Lojodice, Maria Amelia Monti, Maria Paiato, Galatea Ranzi, Mariano Rigillo, Pamela Villoresi e Maria Rosaria Omaggio.
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Francesca Scapinelli
 
 

Famiglia Cristiana, 15.11.2006
Narrativa italiana
Riecco Montalbano
Alle prese con finti sequestri e nuove schiavitù.

Il contesto del nuovo romanzo di Andrea Camilleri è intessuto di tradimenti, finti sequestri, immigrati sfruttati, clientelismo politico, doppiezze morali, segreti inconfessabili e nuove schiavitù. Tra finzione e realtà, l’autore induce il lettore alla riflessione, senza mai tralasciare gli aspetti ludici, i piaceri della vita, le scene comiche e una scrittura divertente. Tutti gli ingredienti del successo di Camilleri, dunque, sono presenti nell’ennesima avventura del commissario Salvo Montalbano.
Il protagonista è alle prese con il singolare sequestro di un commerciante siciliano e con il ritrovamento del cadavere di una giovane russa. Entrambe le vicende presentano aspetti misteriosi e inquietanti. Il sequestro appare inizialmente al commissario come la messinscena di un marito "libertino" (ma le apparenze non possono ingannare?).
Nel secondo caso, il brutale assassinio della ragazza russa spinge Montalbano a indagare sulla tratta delle immigrate, sulle condizioni di vita di quelle lavoratrici straniere che sono costrette a lavorare in condizioni di semischiavitù e che sono sfruttate da padroni senza scrupoli. Il commissario si trova di fronte a un’associazione che, tradendo lo spirito solidaristico e offendendo la benemerita attività di migliaia di volontari, lucra sulla disperazione delle persone.
Sullo sfondo dell’avvincente trama si consumano le vicende ormai familiari per i lettori di Camilleri: la difficile storia d’amore con Livia, i dubbi amletici di Montalbano, la comicità spontanea di Catarella, l’autoritarismo burocratico dei superiori, il giornalismo indipendente di Zito, la televisione servile e conformista di Ragonese.
Pietro Scaglione
 
 

Il Gazzettino, 15.11.2006

Gli "italiani notevoli" sono 5062, l'80% uomini. Fra di loro soprattutto politici (608), attori (588), cantanti (265), calciatori, allenatori e arbitri (261) e giornalisti (245). Il più... notevole di tutti è Romano Prodi, seguito a distanza di poche righe da Silvio Berlusconi. Questo almeno secondo il nuovo "Catalogo dei viventi", scritto dai giornalisti Giorgio Dell'Arti e Massimo Parrini ed edito da Marsilio: un vero e proprio caso editoriale, già arrivato alla seconda edizione e a 15mila copie vendute, nonostante il prezzo (34 euro) e la mole: oltre 1800 pagine, praticamente un dizionario, anche se è edito nella collana dei tascabili.
A fargli concorrenza ci sono in questo momento sul mercato due altri titoli, che coprono rispettivamente il versante "alto" e quello "basso" degli italiani famosi: "Venerati maestri" (Mondadori), in cui Edmondo Berselli prende in giro qualche decina di intoccabili, per intelligenza o pretenziosità (da Arbasino a Battiato, da Cacciari a Calasso, da Ferrara a Moretti...); e "Il Signorini. Chi c'è c'è, chi non c'è s'incazza" (ancora Mondadori), vera e propria bibbia del vippume nostrano, a cura del re del settore Alfonso Signorini, neo direttore di "Chi".
Il "Catalogo" è però tutta un'altra cosa (anche una rivincita di Dell'Arti contro Mondadori, che qualche anno fa gli rifiutò un libro nonostante il successo del precedente: e Cesare De Michelis ringrazia): nelle redazioni, sospettiamo, verrà usato negli anni a venire per regolarsi nei casi di più o meno illustri dipartite; nei salotti che contano per aggiornare l'elenco e le biografie degli ospiti; anche se non manca chi lo acquista per controllare quanto spazio in più o in meno hanno i propri nemici, oppure per sincerarsi... di essere ancora vivo (Camilleri, stando a quanto racconta Angela Padrone sul Messaggero). Perchè poi questo è il risvolto inevitabile di queste pubblicazioni: nell'era dell'immagine non esserci significa più o meno essere morti.
Inutile cercare, nel dizionario dei famosi che da Abatantuono arriva fino a Zuzzurro, tracce dell'editore e degli autori. Ma De Michelis dalle nostre parti lo conosciamo, Dell'Arti e Parrini un po' meno: anche se il primo ha in curriculum 40 anni di giornalismo, quattro o cinque libri (da "Vita di Cavour" a "Coro degli assassini e dei morti ammazzati"), e la promozione del riciclaggio giornalistico a vera e propria arte (in particolare sul Foglio del lunedì). Lavorando con Parrini (il primo a farsi venire l'idea) e con una vera e propria "bottega editoriale" Dell'Arti ha creato in tanti anni un data base di 130mila pezzi, da cui ha tratto, in sei mesi di copia-incolla, taglia e aggiorna, l'attuale catalogo. Novità vere e proprie non ce ne sono, anche perchè Dell'Arti assicura di non credere agli scoop, e poi, come diceva Missiroli, «non c'è niente di più inedito della carta stampata»: anche se probabilmente in pochi sapevano che Massimo Cacciari è cugino del musicologo di estrema destra Piero Buscaroli; o che Camilleri ha rimesso in circolazione una strepitosa citazione di Montaigne: «anche se sali sul più alto degli alberi, sempre il c... fai vedere».
[...]
Sergio Frigo
 
 

Alice News, 16.11.2006
Papa/ Mosella: Caro Fiorello, Benedetto XVI non e' Camilleri
Invito comico: 'Ripensaci'

Roma (Apcom) - "Caro Fiorello, il Papa non è Camilleri. E questa non è una polemica sterile che non sta ne' in cielo ne' in terra. Ma un invito alla riflessione". Lo afferma Donato Mosella della Margherita commentando le dichiarazioni di Fiorello sulla satira religiosa.
[...]
 
 

Thriller Magazine, 16.11.2006
Le ali della sfinge

Non sono necessarie troppe parole per presentare Andrea Camilleri e il suo commissario Salvo Montalbano.
"Le ali della sfinge" è, infatti, ormai il quattordicesimo volume che vede come protagonista il celebre commissario di Vigata, le cui vicende appassionano un numero sempre più cospicuo di lettori.
In "La vampa d'agosto", l'autore aveva lasciato il suo personaggio con una serie di interrogativi sospesi, in cerca di una risposta. Non è qui la sede per sindacare sul fatto che essi trovino soddisfazione in questa nuova avventura. Quello che interessa e che conta è che Camilleri dipinge un commissario sempre più dilaniato tra dubbi e doppie personalità, tra la ricerca di una giovinezza sempre più lontana e la consapevolezza del tempo passato.
La vicenda di indagine sembra quasi fare solo da sfondo a questo percorso interiore e alle vicende personali di Montalbano, passa, in un certo senso, in secondo piano e si snoda con naturalezza sotto gli occhi del lettore. Appassiona e incuriosisce, ma non coinvolge; nel romanzo, infatti, predomina una vena intimista, di ricerca interiore. Il caso giunge comunque a una soluzione, grazie all'intuito del commissario e alla collaborazione dei suoi uomini.
Quello che manca, forse, in "Le ali della sfinge" è quello spaccato vivo e irrompente di una Sicilia reale e concreta, dura e coinvolgente, che tanto ha caratterizzato le opere di Camilleri.
Chiara Bertazzoni
 
 

ASSUD, 16.11.2006
Trecastagni (CT) - Teatro Comunale: le opere della stagione 2006/2007
La stagione del Teatro Comunale di Trecastagni (CT) frutto della collaborazione tra il Comune e il Teatro Stabile di Catania.

[...]
Dai classici agli autori contemporanei, Trecastagni propone così un percorso affascinante che accredita una politica culturale mirata a valorizzare la vita artisticamente del comune e dell’hinterland. Per ciascun spettacolo sono previste due rappresentazioni, che cadono sempre di sabato (ore 21) e domenica (ore 17,30).
[...]
Seguirà "La concessione del telefono" (27 e 28 gennaio 2007), riduzione scenica di un romanzo di culto, operata dall’autore Andrea Camilleri insieme a Giuseppe Dipasquale, a sua volta artefice della regia. Antonio Fiorentino firma la scenografia, Angela Gallaro i costumi, Massimiliano Pace le musiche, Franco Buzzanca le musiche. Nei ruoli principali autentici beniamini del pubblico: Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, con Marcello Perracchio e Gian Paolo Poddighe, insieme a Alessandra Costanzo, Pietro Montandon, Angelo Tosto, e ancora Francesco Mirabella, Franz Cantalupo, Valeria Contadino, Angela Leontini, Giampaolo Romania, Sergio Seminara. (L’abbiamo visto allo Stabile, molto noioso… a dir poco, ndr).
[...]
R.A.
 
 

Gasolina, 16.11.2006
Più libri, più liberi. Riflessioni sulla piccola e media editoria.

Come per la piccola e media impresa per l'economia italiana, è sicuramente vero quanto suggerisce Blogosfere Cultura - da cui raccolgo lo spunto - sull'importanza dei piccoli e medi editori per il mercato editoriale. Due casi illustri per tutti: Andrea Camilleri e Gianrico Carofiglio.
Entrambi scoperti da Sellerio (più medio che piccolo editore), di cui rimangono autori di punta, sull'onda del successo hanno poi rispettivamente agganciato due giganti quali Mondadori e Rizzoli, per i quali hanno «diversificato la produzione»: i libri seriali (alcuni Montalbano e tutto Guerrieri) per l'elegante editrice palermitana; le storie estemporanee per i colossi milanesi.
L'effetto benefico è testimoniato non tanto dalle vendite, più o meno alte per entrambe le etichette, ma da questa sintetica ed efficace considerazione di Camilleri, che cito a memoria da un'intervista di qualche anno fa all'allora Sette del Corriere: «Per un nuovo romanzo Sellerio mi dà 20 milioni di anticipo; Mondadori, 200».
Quel che non mi quadra sono altri aspetti, di cui ho avuto modo di parlare con colleghi che hanno debuttato come autori per due, anche qui, medie case editrici, Kowalski e Mursia. Per questioni di privacy non ne faccio i nomi. Basti sapere però che dei loro libri hanno parlato quotidiani come Corriere e Repubblica e Giornale, dedicando ad essi la «prima» di Spettacoli e intere pagine in Cultura.
Beh, gli autori si sono stupiti di quanto l'eco mediatica non abbia sortito effetti. Certo, un'ampia e positiva segnalazione sui grandi quotidiani non contribuisce a determinare i gusti del pubblico, notoriamente orientati più sulla narrativa che sulla saggistica (e i loro libri erano saggi). Se quindi i lettori filo-saggisti non hanno ritenuto opportuno dotare le proprie biblioteche di quei volumi, tant'è. Alla mia ragazza, libraia, non sono arrivate richieste a riguardo da parte dei clienti; di quei libri disponeva di una sola copia, e quella alla fine ha venduto.
Ma gli autori, scafati quanto basta, questo lo sanno. Ciò che ha stupito entrambi è che i rispettivi editori non abbiano sfruttato quell'eco per organizzare presentazioni o altri eventi di richiamo. «Quando glielo proponevamo ci dicevano che ci avrebbero pensato, ma poi non se n'è fatto nulla».
Ok, dunque, sul fatto che piccoli e medi editori siano la colonna vertebrale del mercato. Ma come funzionano certi meccanismi? Perché un libro che raggiunge il proscenio dei grandi quotidiani poi non viene sostenuto con iniziative ad hoc?
 
 

Millecanali, 17.11.2006
Al via le Telegrolle di ‘Sorrisi e canzoni’
Domani saranno consegnati a Saint Vincent gli ambiti riconoscimenti per film tv, serie, sitcom e soap andate in onda nella stagione 2005/2006.

«È tutto pronto: saranno consegnati sabato 18 novembre a Saint Vincent gli ambiti riconoscimenti per film tv, serie, sitcom e soap andate in onda nella stagione 2005/2006. A condurre la serata di gala, organizzata dal Casino de la Vallée e da «Sorrisi», Natasha Stefanenko, accompagnata da grandi ospiti italiani e internazionali. Ecco l'elenco completo dei candidati finalisti.
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REGIA: Alberto Sironi per «Montalbano».
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SCENEGGIATURA: Il commissario Montalbano - Francesco Bruni, Andrea Camilleri, Salvatore De Mola per un eroe che ormai è un classico.
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Dal sito www.sorrisi.com
 
 

Carta, 17.11.2006
Il mondo visto da Palermo

Conoscete lo Zeta-lab? Se non siete assidui di Palermo è probabile di no. Peccato. E' un laboratorio socio-culturale e politico che apre il cuore e la testa. Qualche giorno fa Agostino, uno "zetista" appunto, manda ad alcuni amici, esperti di alfabetizzazione e immigrazione, questo messaggio: «Abbiamo appena terminato una riunione allo Zeta per impostare una scelta di testi per la scuola di italiano, di arabo e per la biblioteca interculturale, volevo chiedere: esistono testi gratuiti [grammatiche ed esercizi sia in italiano che in arabo]? se esistono dov'è possibile chiederli? sono libri o esistono anche su cd? c'è una disponibilità anche di nastri per esercizi di ascolto? E volendo impostare una biblioteca dei diritti, qual è il materiale - possibilmente gratuito - più utile, intendo come video oppure opuscoli per informare gli immigrati sui loro stessi diritti nel presente contesto-dissesto legislativo? Per una biblioteca interculturale, potendo scegliere solo 10 opere, cosa sarebbe meglio privilegiare?». Troppa grazia, santo Zeta. Dopo aver annotato lo splendido «contesto-dissesto» ovviamente chiediamo ai lettori di Carta più informati di rispondere alle questioni poste da Agostino [farfalla@autistici.org la mail]. Chi scrive invece si accinge a dare qualche suggerimento sull'ultima domanda soltanto, comunque ponderosa: potendo scegliere solo 10 libri per uno scaffale interculturale quali prendere? O meglio, dato per scontato che i testi "classici" siano consultabili in ogni buona biblioteca, immaginiamo che l'inafferrabile Lupin o un pool di librerie voglia [gli stereotipi suggeriscono di essere buoni a Natale] regalare 10 volumi allo Zeta. Entriamo in una libreria decente - già questo aggettivo costa fatica - e scegliamone 10 fra le novità.
[…]
Proviamoci. Con in tasca una lista. Poi lo «zetista» (o Lupin o il libraio munifico) su uno della decina magari storcerà il naso e andrà a pescarne uno migliore ma forse più polveroso. Ecco la lista. Con gli autori in ordine alfabetico.
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- Stefancich Giovanna e Cardelliccchio Paola, “Stranieri di carta”, Emi [128 pagine, 9 euro]
«Piove sempre / in questo Paese / forse perché sono / straniero»: il volume “Stranieri di carta” si apre con questi versi di Gezim Hajdari, albanese ma dal '92 in Italia. L'idea del libro non è nuovissima ma quest'antologia è più completa, aggiornata e curata di altre simili. Tre sezioni. Nella prima 7 testi di scrittori e scrittrici immigrati in Italia […]. La seconda sezione ospita 6 voci di immigrati in Europa, riprese da testi più o meno famosi. «Visti da noi» è il titolo della terza sezione: Albinati, Lodoli, Veronesi, Onofri, Camon, Ventavoli, Carofiglio e Camilleri alle prese con lavavetri, ambulanti, "badanti", razzisti e naufraghi.
[…]
Daniele Barbieri
 
 

17.11.2006
Comunicato
da f.lli Collura, direzione Ristorante Leon d’Oro di Agrigento tel 0922414400
Il Leon d’Oro a New York con “A cena con i piatti del commissario Montalbano”

Lo scorso 26 ottobre a New York in occasione della settimana della lingua Italiana nel mondo , organizzata dal direttore (è agrigentino) Dott. Alfio Russo dell’ufficio di educazione scolastica del consolato italiano a New York, i fratelli Totò e Vittorio Collura del Ristorante Leon d’Oro hanno presentato l’evento “A cena con i piatti del Commissario Montalbano” presso il TUSCAN SQUARE RESTAURANT 16 west 51st nel cuore di Manhattan all’interno del Rockefeller Center.
L’intera manifestazione è stata a favore dello IACE (Italian American Committee on Education) per finanziare un programma di borse di studio, rivolte ai docenti e agli studenti di lingua italiana degli stati di New York, New Jersey e Connecticut, per approfondire gli studi in italia.
Oltre 220 persone appassionate hanno avuto modo di entusiasmarsi con le prelibatezze preparate in collaborazione con l’intero staff americano alla presenza del console italiano a New York, di numerose autorità italiane, abbiamo potuto sentire un’intervista telefonica di Camilleri che ha manifestato entusiasmo per l’iniziativa e sopratutto per il personale successo delle sue opere negli states.
“A cena del commissario Montalbano” in poco tempo è divenuto un vero e proprio format.
Dopo le offerte ai turisti presso il proprio ristorante, Vittorio e Totò Collura hanno presentato l’iniziativa a Milano, Marsiglia e persino in Piazza Italia a Vigata, diventando un potente mezzo di comunicazione e promozione del nostro territorio.
La presentazione dei piatti avviene con l’interpretazione dell’attore Francesco Naccari dei brani in cui Cammilleri descrive “le mangiate” religiose del commissario Montalbano.
I f.lli Collura insieme a Naccari hanno colto dalle letture delle avventure di Montalbano, luoghi e odori della memoria di Cammilleri, grazie alla potenza narrativa dello stesso autore.
La Scala dei Turchi, Marinella, il porto vecchio, quasi s’incrociano con Alici con cipolle, Ninnato fritto a purpetta, Pirciati c’abbruscianu, Nasello con salsetta di acciughe e acitu, in efficacissime descrizioni, facendo da scenografia alle affascinanti avventure del commissario.
Tale importante occasione oltre che all’agrigentino Alfio Russo la si deve anche all’operatore turistico Gaetano Pendolino che grazie al suo coordinamento ne ha permesso la realizzazione.
Per il titolare di Paraiba Travel sarà anche l’occasione di promuovere negli Stati Uniti la nostra bella provincia con dei pacchetti turistici culturali.
E non è finita per il 2007 due appuntamenti europei con “I Piatti Del Commissario Montalbano” in Francia a Parigi e in Germania a Monaco.
Il menù proposto nel format:
Arancini “Gli Arancini di Montalbano”, Alici con Cipolle “Il cane di terracotta”, Sarde ‘a beccaficu “Il ladro di merendine”, Caciocavallo Passuluna e Aulivi “La paura di Montalbano”, Ninnato fritto a purpetta “L’Odore della Notte“, Gamberetti e Purpiteddri in salsetta “Un mese con Montalbano”, Pasta con le Sarde “Il Cane di Terracotta”, Pirciati ch’abbrusciano “L’Odore della Notte“, Filetti di pesce fresco “Giardino della Kolymbetra” “ La pazienza del ragno “ (il riferimento di questo piatto è al sito archeologico del Giardino della Kolymbetra), Nasello con salsetta di Acciughe e Aceto “La Voce del Violino”, Caponata “Gita a Tindari”, Cassata Siciliana “La Voce del Violino”.
F.lli Totò e Vittorio Collura
 
 

La Sicilia, 17.11.2006

Grande successo a New York della manifestazione «A cena con i piatti del commissario Montalbano», organizzata da Salvatore e Vittorio Collura, titolari del ristorante Leon d'Oro, al Tuscan Square Restaurant, nel cuore di Manhattan. L'evento, si è inserito in un contesto ben più ampio, all' interno della «Settimana della lingua italiana nel mondo», organizzato dal direttore dell'ufficio di educazione scolastica del consolato italiano a New York, Alfio Russo. Il Format di cui è stato promotore l'Istituto Italiano di Cultura, ha lo scopo di creare un profondo legame tra la nostra cultura letteraria, e il gusto per la buona tavola. Una colta cena a base di Alici con cipolle, Arancini, caponata, pasta con le sarde, ninnnato fritto a purpetta, caciocavallo, passuluna e aulivi... descritte da Camilleri con grande maestria nelle pagine dei suoi romanzi, tanto da immaginarne il profumo e far venire l'acquolina in bocca. La lettura dei brani da parte dall'attore siciliano Francesco Maria Naccari, introduceva l'uscita delle varie portate, realizzate dagli chef del Leon d'Oro, lasciando attoniti agli oltre duecento commensali, ospiti della serata.
«Mi auguro che sia solo un inizio - dice Alfio Russo per promuovere altri autori siciliani, come Pirandello, Sciascia, Bufalino, Verga. Camilleri ci ha dato lo spunto per recuperare valori che sono tipici della nostra italianità, appartiene al nostro retaggio culturale, il piacere di interagire e stare insieme mangiando, creando un approccio alla conoscenza degli usi, delle tradizioni, dei costumi e di quelle che sono le risorse letterarie del nostro territorio».
L' evento, di sostegno all'Italian American Committee on Education, finanzia delle borse di studio a docenti americani, per l'approfondimento della lingua italiana e, si auspica di portarli in Sicilia a visitare quei luoghi descritti nei romanzi. Lo scopo del format è anche quello di promozione turistica del nostro territorio all'estero, con pacchetti turistici e culturali , proposti dall'agenzia Paraiba Travel.
Anna Rita Di Leo
 
 

La Sicilia, 17.11.2006
E' morta a 87 anni la «Za Filomena»
Nel 2004 rievocò con Andrea Camilleri gli incontri con i baroni Piazza
 
 

La 7, 18.11.2006
Cognome & Nome

"In Sicilia l'italiano si impara cu lu culu, cioè a forza di botte sul sedere". Lo racconta Andrea Camilleri a LA7 sabato 18 novembre, a "COGNOME & NOME", il nuovo magazine curato da Paola Palombaro con il contributo dei giornalisti delle testate News e Sport LA7.
Questa puntata, oltre all'intervista allo scrittore palermitano [Sic!, NdCFC], proporrà […].
Ci sono vicende personali che meritano di diventare memoria condivisa. Fatti che coinvolgono gente comune e sconosciuta, ma anche personaggi noti che decidono di rivelare la loro storia...
 
 

Affari Italiani, 18.11.2006
Il Rigoletto/ “Le ali della sfinge”: Montalbano come casa Vinello

Una morta venuta dall’ex Urss. Una discarica non lontano da Agrigento – pardon, Montelusa – e un mistero da risolvere dentro sagrestie che non profumano precisamente di incenso. Sullo sfondo mangiate di pesce, maltempo, corse in stile Indianapolis (con la benzina da pagare) e liti in stile “Casa Vianello”. È “Le ali della sfinge” (Sellerio Editore Palermo, pp. 265 € 12,00), di Andrea Camilleri.
Il nuovo capitolo della saga del commissario Salvo Montalbano (ma non mancherebbe molto, ormai, alla sua morte – che aspetta solo di essere estratta dalla cassaforte in cui riposa alla Sellerio) si apre con un ritrovamento macabro. Una splendida ragazza, forse dell’Est europeo, viene ritrovata cadavere in una discarica non lontano da Montelusa. Un luogo d’amore clandestino diventa così scenario di morte senz’appello. Con un messaggio: una strana farfalla, precisamente una sfinge, tatuata su una spalla.
Un segno di riconoscimento che spingerà il commissario a indagare, facendo delle scoperte sorprendenti. In realtà, al di là del giallo in sé, sempre ben costruito e romanzato, è la vicenda umana del commissario, stavolta spettatore dello scontro tra “Montalbano uno”, inflessibile e rigoroso, e “Montalbano due”, umano e bonario. Che discettano della sua vita e del suo amore per Livia, l’eterna fidanzata, forse giunto ormai ad un punto morto. E quando le parole non basteranno più, quando l’ennesima lite telefonica si sarà consumata in un silenzio rotto solo da voci registrate di cellulari spenti, allora sarà tempo di prendere un volo. E capire che…
Come sempre, Camilleri mostra di essere un grande scrittore di gialli. Bella l’ambientazione, lo spettacolo di una Sicilia che come sempre stordisce nella sua bellezza e nei suoi enigmi. E con personaggi che mutano, come Mimì Augello, il vicecommissario ex playboy e oggi padre affettuoso, ma sempre pronto – nonostante l’anello al dito – a riaprire l’archivio e spiegare all’amico e collega Salvo qualche particolare. O Gallo, lo Schumacher vigatese che terrorizza il commissario quasi come Catarella. Ormai un eroe, il simbolo dell’imbecillità intelligente.
 
 

Corriere della sera, 19.11.2006
Sulle ali della sfinge balza in testa Camilleri. Resistono Bocca, Pansa, Vespa
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 19.11.2006
La nuova, convincente avventura firmata Camilleri
Triste, Montalbano senza figli sulle ali della sfinge
Il commissario depresso per il tradimento di Livia è alle prese con il ritrovamento del cadavere di una bellissima ucraina. Partitura da camera nella sinfonia del delitto

È più preso da se stesso che dai delitti altrui il Montalbano che ricompare in “Le ali della sfinge” di Andrea Camilleri. Tanto da dialogare fra sé sdoppiandosi, letteralmente. Si leggono così i pensieri del Montalbano primo che rampogna il Montalbano secondo. Origine di una malinconia che rasenta la depressione è il rapporto con Livia, guastatosi nella precedente puntata delle cronache montalbanesche, “La vampa d'agosto”, dove l'attempato commissario (anagraficamente maggiore del suo omologo televisivo) cedeva alla tentazione di un tuffo nel cuore e nelle grazie di una ragazza «tanticchia» più giovane. La sua fidanzata genovese gliel'ha restituita, con gli interessi, concedendosi a uno sconosciuto durante una crociera sulla barca del cugino. Montalbano «s'arrisbiglia» con la luna storta. Tutti o quasi i romanzi che Camilleri intesse per il suo personaggio cominciano di primo mattino. Ma questo è più greve del solito. Il bilancio del passato che il commissario ha già accumulato con Livia contiene troppe voci in negativo. A partire dal figlio che non sono mai riusciti a fare. Adesso lui ha cinquantasei anni. Troppi per essere padre, anzi, addirittura si sente un nonno mancato. Ci pensa Catarella a praticargli la terapia del lavoro, sempre infallibile per scuoterlo dal torpore incupito. Il piantone del commissariato di Vigata annuncia il ritrovamento di un cadavere femminile. Sul posto, Montalbano constata che si tratta di una ragazza bellissima e nuda, benché priva di segni che suggeriscano uno stupro. Con il supporto morale e operativo di Fazio e Augello, il commissario transita dai propri malumori all'ennesima vicenda di degrado e sfruttamento umano. La vittima viene identificata dal tatuaggio di una farfalla particolare, detta sfinge, che le campeggia sulla spalla. È una ragazza venita dall'Ucraina, insieme ad altre, per sfuggire alle desolazioni e al sottosviluppo che, nei Paesi dell'Est, sono seguiti al crollo delle ideologie e del Muro di Berlino. Allettate con somme versate alle rispettive famiglie, le malcapitate vengono «importate» nella penisola per esibirsi da spogliarelliste. Alcune di esse, però, conoscono un impiego ben più equivoco. Cooptate da un'associazione benefica, sono trasformate in ladre professioniste. A loro rischio e pericolo, anche di vita, come ha scoperto quella ammazzata e riversa nella discarica. Naturalmente, il commissario pesta i piedi a un'accolita di maggiorenti ben protetti, che il questore Bonetti-Alderighi vorrebbe venissero importunati il meno possibile. Montalbano fa l'esatto contrario, e sono scintille. Scintille d'ironia e invenzione linguistica che confermano il talento narrativo di Camilleri, sostanzialmente privo di concorrenza nelle librerie italiane di questi decenni sempre più appiattiti sul giovanilismo minimale, minorenne e minorato. “Le ali della sfinge” costituisce una nuova partitura da camera di quella sinfonia del delitto che le inchieste di Montalbano propongono l'una dopo l'altra. La lucida e doviziosa introspezione che Camilleri accompagna alle azioni del suo protagonista fisso consegna ai lettori un breviario di fatalismo e buonsenso molto mediterranei, certo, ma validi a tutte le latitudini.
Sergio Fortis
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 19.11.2006
Un film ambientato in città con i dialoghi di Camilleri. "Giovanna d´Arco" a Messina
"Voglio essere la contessa Trigona" Delitto siciliano per la Guerritore

Ama interpretare donne appassionate. Con il corpo che vibra di sentimenti forti e la tenacia assoluta di chi lotta per cambiare il mondo. In scena Monica Guerritore rivisita in chiave personale la figura di Giovanna d´Arco. […] Poi Monica Guerritore tornerà al cinema per raccontare il lato oscuro della passione, ispirato a una storia di cronaca della Palermo di primo Novecento. Nell´estate 2007 interpreterà infatti la contessa Trigona in un thriller che la vedrà debuttare come regista, con dialoghi siciliani affidati ad Andrea Camilleri. Il suo partner potrebbe essere Raul Bova, già in coppia con l´attrice nell´atmosfera verghiana de "La lupa".
[…]
E la storia della contessa Trigona?
«Mi ha colpito la rievocazione di Cinzia Tani nel libro "Amori crudeli". Nella Palermo di inizio Novecento Giulia Trigona, moglie del conte di Sant´Elia e zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dama di corte della regina Elena, non si ribella al suo destino tragico. In un albergo si incontra con il suo amante, il tenente Paternò, pur sapendo che lui la ucciderà. I due fanno l´amore e solo alla fine lei ha l´istinto di difendersi. Mi attrae la discrepanza dei suoi comportamenti».
Che film sarà?
«Un thriller che scava tra gli atti del processo, per ricostruire la verità. Scritto e per la prima volta diretto da me, il film si avvarrà dei dialoghi in siciliano di Andrea Camilleri. La vita della contessa viene scossa la stessa notte del terremoto di Messina, il 28 dicembre 1908: scopre il tradimento del marito e nelle stesse ore sua sorella muore tra le macerie della città dello Stretto. Ci sarà un parallelo tra le immagini del terremoto, dall´archivio della Cineteca Nazionale di Bologna, e il crollo familiare che cambierà l´esistenza della protagonista. Non ho ancora firmato con Medusa, ma mi piacerebbe girare l´estate prossima a Palermo, che considero la mia seconda casa dopo l´esperienza de "La lupa". E, per il ruolo dell´amante omicida, sarebbe perfetto Raul Bova».
Marco Olivieri
 
 

La Gazzetta del Sud, 19.11.2006
L'anniversario. I cinque anni dalla morte del grande attore
Ricordando Turi Ferro e il suo magistero dell'arte

Da cinque anni il teatro italiano ha perduto Turi Ferro. Non si è fatto molto, in tutto questo tempo, per ricordarlo come meriterebbe un artista del suo calibro. Ma oggi è un giorno importante per fare memoria. Stasera infatti a Taormina verrà presentato uno splendido volume, riccamente illustrato, a lui interamente dedicato. S'intitola «Turi Ferro. Il magistero dell'arte». Scritto da Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla, suoi cari amici, ricostruisce il percorso esistenziale ed artistico del grande attore che fondò lo Stabile di Catania.
[…]
C'è anche un bel ricordo di Andrea Camilleri che ci piace qui ricordare. Un paio di aneddoti che il papà del commissario Montalbano ha regalato al pubblicio catanese un paio di anni fa, proprio durante una serata per ricordare l'amico Turi. Eccolo: «Turi Ferro? Un siciliano. Un uomo estremamente generoso. Non so se posso raccontare un episodio del tutto personale che non ho mai raccontato. Dovevo fare delle commedie alla radio, a Catania, e gli interpreti erano tutti attori dello Stabile della città. Da un anno e mezzo non stavo bene. Proprio un giorno prima di partire mi diagnosticarono un male irreversibile alla gola. Naturalmente lo dissi a mia moglie, che mi rispose: tu, a Catania, non vai. Replicai: "Io a Catania vado, altrimenti divento pazzo. Vado a lavorare".
Arrivai di domenica. In albergo trovai un bigliettino di Turi: "A qualsiasi ora arrivi, chiamami. Sei ospite a cena a casa mia". Lo chiamai e venne a prendermi - aggiunge Camilleri - Aveva una guida a dir poco perigliosa... Sapevo bene dove abitava, e vidi che non eravamo lungo la strada per casa sua. Domandai. Mi rispose "cangiai (ho cambiato) casa". Arrivammo in un'enorme villa e ci aprì un signore che non conoscevo. E Turi: "Professore, eccolo, l'ho portato". Era un medico specialista. Turi aveva saputo da mia moglie e con l'inganno aveva organizzato quella visita privata alle dieci di sera. Non avevo nulla di quello che si sospettava, per fortuna. Ma sarò grato a Turi per tutta la vita, per quello che ha fatto, soprattutto per il modo in cui lo ha fatto».
Per il resto, ricorda ancora Camilleri, «aveva addosso l'eleganza e l'ironia tipiche dei catanesi. Non in dosi da medicina omeopatica bensì in dosi da cavallo. Anche collerico, era. Quando si arrabbiava passava alla terza persona; una volta mi disse: «Guardi che il signor Ferro non può reggere una cosa simile».
(a.p.)
 
 

La Sicilia, 19.11.2006
La «scoperta» di Camilleri
Una tesi di laurea sul primo premio allo scrittore.
Riconoscimento nel 1981 con «Un filo di fumo»

Eleonora Cerro, Cinzia Sciagura ed Alessandra Cascino sono le prime tre gelesi laureate, al termine del triennio di studi, del secondo corso di Scienze delle Comunicazioni avviato a Gela dalla Provincia con l'Università di Catania. Durante la seduta di laurea, presieduta dalla prof Maria Dora Spadaro, Eleonora Cerro ha discusso una tesi su "Un filo di fumo di Andrea Camilleri", Alessandra Cascino su Gianni Brera, Cinzia Sciagura, invece, ha presentato un lavoro sui premi letterari a Gela negli ultimi cinquant'anni.
Ed è su questa tesi che ci soffermiamo in quanto è il primo lavoro di ricostruzione sistematica, ricca di fonti, titagli di giornali e qualche foto inedita sulla storia dei premi letterari a Gela. Il periodo preso in esame inizia dal 1955 con il "Premio Gela" per il giornalismo e la poesia. Tra le notizie poco note, una riguarda lo scrittore Andrea Camilleri. Gela lo ha scoperto quando era ancora a tutti sconosciuto. E' stata la città di Gela, infatti, a conferirgli nel 1981 il primo premio in assoluto della sua carriera per "Un filo di fumo". Il premio si intitolava "Città di Gela" ed era curato dall'Accademia Eschilea fondata da Federico Hoefer. Camilleri era allora sconosciuto ma nella motivazione del premio la giuria individuò quegli elementi che saranno alla base, a metà degli anni Novanta, del successo dello scrittore siciliano.
[…]
M.C.G.
 
 

Il teatro per l'UNICEF, 20.11.2006
Alle 21:00, al Teatro Valle (Roma)
Gli artisti raccontano
Fra le proposte della serata anche La magaria, dalla favola di Andrea Camilleri, con Alessandra e Rocco Mortelliti.
 
 

Stilos, 21.11.2006
Autori italiani
Il signor Montalbano uno e due
Andrea Camilleri. Il commissario di Vigata si fa più figurina che personaggio e assume posizioni da "tragediatore". Evoluzione di un ciclo giallo che trascende in commedia.

"Un delitto cretino" (come lo definisce lo stesso Camilleri) muove un romanzo di denuncia che spinge la serie di Montalbano lungo la china ideologica, assecondando un'inclinazione già manifestata in precedenza: Camilleri sembra avere sempre più cose da dire che da raccontare mentre la stanchezza che strugge il commissario appare un calco del senso di grevità che pesa sull'iniziativa dello stesso autore. E in realtà il delitto che in “Le ali della sfinge” viene commesso è proprio un adunaton, perché un imprenditore di successo qual è il responsabile di esso (uomo che certo non si lascia sorprendere da un imprevisto né può spaventarlo la circostanza che la vittima sia una donna) non dà insensatamente fuoco alla sua azienda solo per fare sparire i residui dei denti di una ladra alla quale ha sparato maciullandole l'arcata superiore. Nel momento stesso in cui teorizza che non esistono omicidi intelligenti fatti da persone con la testa sulle spalle (quando ne abbiamo visti eccome delitti opera di soggetti intelligenti pur'anche nei precedenti casi dello stesso Montalbano), Camilleri eleva a modello generale di condotta l'aneddoto di un marito che brucia la casa dove ha ricevuto l'amante perché, nell'imminenza del ritorno della moglie, non ne trova più le mutande.
Di fronte a un Mc Guffin che piega nel burlesque Camilleri non ha che una strada: attribuire all'omicida incendiario la patente di pazzo, egida sotto la quale diventa possibile qualunque fuoriscala. Fare «uscire pazzo» un personaggio significa infatti rendere plausibile anche il paradosso e volgere la trama in un device a comando, una plastilina da modellare a piacimento: non diversamente dall'uso che qualsiasi giallista in affanno fa dell'istituto della «coincidenza» (che sia il ritrovamento di un oggetto o l'apparizione dal nulla di un personaggio informato dei fatti), espediente riscontrato già in passato in Camilleri e che qui ritroviamo nella rivelazione che il figlio di Adelina la cameriera fa al commissario. Altro segno che tradisce la fatica per la quale Camilleri sta pagando il prezzo della sua attività ipercretiva è la violazione della regola del poliziesco secondo cui due casi giudiziari che procedano su linee parallele alla fine devono incrociarsi, mentre qui il falso sequestro e l'omicidio nulla hanno in comune: un vero e proprio anacoluto narrativo che delude chi si aspetta le decusse di una trovata evenemenziale, quella «mossa del cavallo» che pure è il principio narrativo della formula inventiva dell'autore siciliano.
Ma a ricasco di una carenza diegetica che sterilizza le prescrizioni del genere vediamo questo ultimo Camilleri impegnato a esperire mezzi espressivi di bell'ingegno che, seppure volgono il giallo sempre più in commedia e tengono il soggetto pronto a farsi sceneggiatura, funzionano come predicati performativi e pietre di volta del roman in sotie: sicché assistiamo a una moltiplicazione inusitata di sit-com, siparietti, equivoci, digressioni umoristiche, mottetti, malintesi, boutade e betise, con in più insistiti toni properziani e ripetuti stati versicolari, che mentre rispondono a una domanda fors'anche televisiva di désengagement confezionato in pochade fanno di Montalbano e della sua premiata squadra investigativa una compagnia di giro preda della sindrome di Tourette. Non è un caso che la presenza di Catarella (e soprattutto l'indulgenza che Montalbano, Augello e Fazio mostrano nei suoi confronti, quasi a volerlo assimilare) è qui maggiore, essendo proprio lo svagato centralinista il conteur de sornettes e il reggitore dello spirito d'ambiente. Talché non ci sorprende un Montalbano che per due volte si trasforma in "tragediatore" e dà vita a teatrali pantomime che - quantunque possano riuscire discutibili circa l'impiego dei più ortodossi mezzi investigativi - sortiscono un efficace effetto rabelaisiano sopra la soglia di un carattere la cui genitura è atrabiliare e introversa e che pure abbiamo amato per la sua sostanza raccolta e riservata. Qui piuttosto il commissario risulta addirittura sterniano, figurina e macchietta settecentesca, così improvvido da cercare Livia in Liguria mentre lei è invece nella sua casa di Marinella: felice trovaille che rende lui cretino ma il finale fatto per suscitare il riso del telespettatore.
Questo ésprit raté integra un senso di Doppelganger, dove la paura del doppio accampa un «Montalbano primo» e un «Montalbano secondo» che si tagliano la strada e che in fondo costituiscono la duplice coscienza di un'anima divaricata, alla quale una parte dice che a 56 anni non può sentirsi vecchio mentre un'altra, per bocca dell'amico giornalista, gli instilla il tarlo dell'età in cui «tutti i giochi sono fatti». Un doppio Montalbano che ama la sua Livia ma passa la notte con Ingrid; che ha paura di vedere cadaveri di giovani vittime quando una volta lo impressionavano solo i moribondi; e che rinfocola la sua avversione misoneista soprattutto in fatto di innovazioni politiche e legislative (del tipo della legge sulla legittima difesa) a riscontro della sua sensibilità verso fenomeni sociali pur essi nuovi quali l'immigrazione femminile dall 'Est. Un Montalbano idealista e velleitario quello che dichiara guerra agli apparati ecclesiastici coinvolti nel traffico di ragazze russe, che ritiene la legge un «gatto affamato» al pari della mafia e che è pronto a stigmatizzare l'operato di quei cavalieri avvezzi per i loro loschi affari a utilizzare i fratelli minori come prestanome, con chiaro riferimento a Berlusconi. Ma è anche un Montalbano che sa farsi prendere da groppi alla gola, che passa una serata a reincollare una statuetta rotta e che capisce (forse ricordandosi di Ercole Patti) quanto una casa con il carico dei suoi ricordi possa influenzare uno stato d'animo. Un Montalbano che comunque trova il suo maggiore interesse spicciolo e quotidiano nella cucina siciliana, come anche nelle passeggiate al faro. L'avevamo lasciato sotto la canicola di agosto e lo ritroviamo in inverno sotto una pioggia incessante, ad aspettare una telefonata da Livia (che l'ultima volta l 'ha chiamato proprio in estate dopo un'avventura amorosa preludio di una rottura definitiva), mentre ripensa alla piccola Adriana, la ragazza che non ha avuto remore a sedurre.
Camilleri vuole forse ricreare il feuilleton a puntate (avevamo già intravisto questa inerzia) se lascia sospesa la vicenda amorosa tra i due eterni promessi sposi, rimandandoci al dodicesimo tiolo della serie - l'ultimo del ciclo, secondo le intenzioni annunciate ma non confermate. Certamente vuole fare del suo Montalbano (nei modi e nella sostanza più di destra che di sinistra) l'alfiere della polemica antiberlusconiana: ma il commissario è abilissimo a sottrarsi al dominio del suo autore, ottenendo tuttavia di rendersi confuso e confusionale.
Gianni Bonina
 
 

Avvenire, 21.11.2006
Editoriale
Umberto Eco, intellettuale immaginario?

Chi in questi giorni si interrogasse seriamente sui disastri nella scuola, può trovare una risposta sulle pagine di cultura del "Corriere della sera" di ieri. Lì campeggia, tra squilli di trombe, la riedizione di una «intervista immaginaria» alla Beatrice dantesca che Umberto Eco realizzò per la Rai insieme a fior fiore di letterati impegnati (da Calvino a Camilleri ad Arbasino) nel 1974-75. Ne uscì un libro, curato dallo stesso Eco, per Bompiani e ora in edizione completa viene rimandato in libreria da Donzelli.
[...]
Davide Rondoni
 
 

Panorama, 22.11.2006
Boom letterari - I polizieschi nella città siciliana
A Palermo è tutto giallo, ma la mafia dov'è finita?
Sono almeno una decina gli scrittori isolani che ambientano le loro trame nel capoluogo. Che attrae anche autori del Nord. Con un ingombrante assente nei romanzi: Cosa nostra

Per il noto magistrato siciliano deve essere stato un duro colpo. Pensava di aver ben congegnato il suo romanzo d'esordio, un giallo ambientato tra i vicoli di Palermo. C'era un acuto investigatore, ma soprattutto piazza Politeama, le palme, lo scirocco: una descrizione accurata della città in cui aveva prestato servizio a lungo... Invece l'editore siciliano gli ha rispedito indietro il manoscritto con tante scuse: l'ambientazione, per così dire, non giustificava la pubblicazione. Il libro, a parere di chi lo aveva letto, sembrava più una guida turistica che un poliziesco.
Le voci del mercato della Vucciria, i rumori di piazza Politeama, il mare di Mondello, il pane con le panelle: «Ci arrivano testi da tutto il Nord Italia, alcuni inviati da scrittori anche abbastanza noti, che ambientano qui le loro storie. Ne riceviamo almeno quattro al mese» riferisce Raffaella Catalano, responsabile della collana Gialloteca dell'editrice palermitana Dario Flaccovio. «C'è ormai l'idea che parlare di questa città sia una scorciatoia per la pubblicazione. E se è comprensibile per gli scrittori del luogo, visto che è la realtà che conoscono meglio, è sorprendente che lo facciano anche quelli che Palermo l'hanno vista solo in cartolina. Per esempio, fanno fermare i loro protagonisti di fronte al Massimo per potere descrivere meglio il teatro». La città, del resto, è ormai considerata la perfetta cornice per intrighi e misteri. Una decina di scrittori muovono qui i personaggi dei loro romanzi, a partire dai celebrati Santo Piazzese e Roberto Alajmo. E ogni mese escono nuovi titoli. Il vero giallo allora è: perché Palermo è diventata la capitale del noir italiano?
A domanda risponde il giornalista siciliano Gaetano Savatteri: il suo terzo romanzo, appena uscito per la Sellerio, s'intitola "Gli uomini che non si voltano", una storia nera sulla politica di oggi che si svolge tra Roma e il capoluogo siciliano. «Perché tanti polizieschi ambientati a Palermo? Perché è una città alla quale si addice il lutto» sostiene Savatteri. «La morte ha attraversato la vita di tutti quelli che hanno vissuto qui fino all'arresto di Totò Riina, nel 1993. Dopo c'è stato il disgelo, la cappa della mafia si è diradata ed è in questo clima che è nato il noir: scrittori che hanno dimestichezza con la morte, ma che non scrivono di mafia».
Anche Alajmo, autore dei due romanzi neri, "Cuore di madre" (finalista allo Strega e al Campiello) ed "È stato il figlio", editi dalla Mondadori, ha una sua teoria: «È una città canaglia, carognesca, che rende il male fotogenico. È contemporaneamente una metropoli e un paese, quindi consente ambientazioni molto diverse». Perché tanti polizieschi? «È la speranza: il sollievo di poter finalmente attribuire i delitti alle corna, a una lite in famiglia, a tutto meno che alla mafia. Difatti in tutti questi libri non si parla mai di Cosa nostra. Se ne sente solo la puzza».
I giallisti palermitani hanno almeno due tratti in comune: un'età compresa tra i 35 e i 50 anni e la mafia che, al massimo, fa da sfondo alla narrazione. Di questa generazione il biologo Santo Piazzese è stato il primo a raccontare «ammazzatine» nella sua città: nel 1996 la Sellerio pubblicò "I delitti di via Medina-Sidonia", strada nei dintorni dei giardini botanici. Altri due romanzi seguirono, tutti di grande successo. L'ultimo (uscito nel 2002) si intitolava "Il soffio della valanga", ma il titolo non si riferiva al boom del poliziesco made in Palermo. «Il fenomeno esiste, gli scrittori sono tanti, ma non c'è alcuna scuola, nessuno che chiede consiglio all'altro: siamo isole senza traghetto» dice Piazzese. «Ci conosciamo, magari ci stiamo pure simpatici, ma restiamo molto individualisti, come tutti i siciliani del resto. E comunque questo ciclo mi pare destinato a esaurirsi. La moda finirà presto».
Intanto i misteri palermitani affollano gli scaffali. Sempre per la Sellerio, oltre al nuovo libro di Savatteri, è da poco uscito "Lorenza e il commissario": protagonista una squillo d'alto bordo, l'autore è Davide Camarrone, giornalista della Rai palermitana, dove lavora pure Alajmo. Anche l'altro editore della città, Dario Flaccovio, ha pubblicato quest'anno due gialli di giornalisti siciliani alla seconda prova: "Giù dalla rupe" di Gery Palazzotto (autore che sarà tradotto in Spagna) e "L'enigma Barabba" di Salvo Toscano. Mentre il nuovo libro di Giacomo Cacciatore, che aveva ben esordito sempre per la Flaccovio con un noir edipico e ironico intitolato "L'uomo di spalle", uscirà l'anno prossimo per l'Einaudi.
E nel 2007 è atteso il romanzo di Valentina Gebbia (Edizioni E/o). I protagonisti sono ancora i fratelli Letterio e Fana Mangiaracina (la racina, in siciliano, è l'uva), originale coppia di investigatori privati costretti a occuparsi di cadaveri e misteri per necessità, causa disoccupazione. Il titolo è "Palermo, Borgovecchio, omaggio a uno dei quartieri più vivaci". «Di Palermo si parla solo per la mafia: anche per questo c'è l'esigenza di mostrare una città diversa. Il mio nuovo libro la racconta sempre più intollerante e insofferente» dice l'autrice. «Come città è stimolante e chi, come me, ha la fortuna di viverci ne approfitta per osservarla e coglierne umori e pulsioni in cambiamento».
Una città che ognuno vede a modo suo. Piergiorgio Di Cara ne ha mostrato l'ansia di modernità in "Hollywood, Palermo", uscito quest'anno per la Colorado noir: un poliziesco in cui il capoluogo siciliano viene descritto come una Los Angeles messicana. Diverse angolazioni: Di Cara è commissario capo della Questura di Palermo, i suoi libri (pubblicati dalla E/o) sono tradotti in Germania e in Francia, dove il quotidiano Libération si è spinto a paragonare Di Cara ad Andrea Camilleri, antesignano dei giallisti dell'isola. Ma nei suoi romanzi l'inventore di Montalbano nomina il capoluogo solo di rado: quando costringe il commissario ad andare a prendere la fidanzata Livia all'aeroporto. E per Montalbano è sempre una colossale «camurria».
Antonio Rossitto
 
 

La Vanguardia, 23.11.2006
Entrevista a Andrea Camilleri, que publica ‘El primer caso de Montalbano’
“La mejor literatura sobre la mafia son las sentencias de los jueces”

El escritor siciliano Andrea Camilleri, celebrado creador del comisario Montalbano, acaba de publicar en España su libro de relatos "El primer caso de Montalbano" (Salamandra; y 62 en catalán). Uno de los relatos desvela los inicios del personaje, de quien Camilleri (Porto Empedocle, 1925) se declara deudor, aunque cansado del indirecto chantaje que le ha supuesto la gran popularidad del comisario. En su casa romana, Camilleri se ríe de las imitaciones radiofónicas de sus toses de fumador, lamenta su “vicio estúpido y deletéreo” –del que se considera víctima, pero sin el que ya no puede vivir–, y alaba la ley antihumo italiana. Al escritor le pasa como a Montalbano en su primer caso: “En la montaña, sufro como un perro, porque me faltan los olores del mar.”
Usted escribió este libro en el 2004. ¿Por qué decidió que era hora de contar los inicios de su personaje?
–Es una de las pocas veces en que he cedido a las peticiones de los lectores. Empezaron a llegar decenas de cartas preguntando a qué se dedicaba antes Montalbano, cómo llegó a Vigàta, … Decidí contentarles con este relato largo sobre el primer caso de Montalbano, eso es todo.
El pasado marzo usted reveló tener ya escrito y bajo llave el final literario de Montalbano, y todos interpretaron que se refería a su muerte. Sin embargo, usted aclaró que en realidad hablaba de un ajuste de cuentas entre autor y personaje.
–Esta serie empezó por casualidad. Escribí la primera novela de Montalbano no por escribir una novela policiaca, sino para dar un orden a mi escritura. Hasta entonces, mi modo de escribir era bastante anárquico. Partía de una idea tomada de un libro histórico o una crónica periodística, y la trasladaba a la escritura, pero luego eso no era nunca el primer capítulo. Un día me dije: ¿soy capaz de escribir una novela empezando por el principio? Eso significaba respetar las consecuencias lógico-temporales, y el único modo de seguir una rígida disciplina era el género policiaco. Escribí "La forma del agua", en la que inventé a Montalbano, cuyo nombre es homenaje a Vázquez Montalbán, e hice una segunda novela. Montalbano tuvo tal éxito quemeobligó a continuar. Fue un auténtico chantaje por su parte: “Si quieres que lean tus otros libros, debes seguir escribiendo sobre mí”. Montalbano es un maravilloso abridor de caminos; ha permitido que novelas mías de hace doce años sigan en los catálogos. No pude sustraerme a ese chantaje indirecto, hasta que decidí parar. Basta.
¿Cómo decidió acabar con él?
–Tengo 81 años, y escribí la novela final de Montalbano a los 80. Tenía la historia clara y diáfana en la cabeza, y temía que un ataque de Alzheimer o algo así hiciera que la olvidase. Se la envié a mi editora, la señora Sellerio, pidiéndole que la guardase en un cajón, porque es el último Montalbano, pero no en el sentido cronológico de producción de novelas sobre el personaje. Puede que escriba otras, pero al menos un punto final ya existe. Tuve una buena idea: no hacer que el personaje de Montalbano muriese en modo realista, sino que muriese literariamente tras un enfrentamiento más bien duro con su autor, que soy yo. Después de escribir esa novela final, he publicado otras tres, así que no hay alarma por el personaje.
En sus novelas se ve que no le gustan los golpes de efecto excesivos, o jugar con el lector haciéndole creer que el asesino es el mayordomo, para luego darle súbitamente la vuelta a todo.
–Esa es una técnica que me repugna. Provengo de la escuela europea de novela policiaca, que existe, y es la de Simenon, con Maigret, donde nunca se investiga al mayordomo. En esa escuela no cuenta tanto quién es el asesino en un sentido absoluto, sino el contexto social en que se ha producido el asesinato. Por tanto, no puede haber falsas pistas, o trampas engañosas; todo es muy lógico, muy verosímil.
¿Cómo explica esa pasión de los italianos por el relato policiaco? En televisión emiten todas esas series sobre policías, jueces y carabinieri. ¿Hay en el país un ansia de legalidad?
–Quizá en el fondo sí hay un ansia de legalidad, después de años de ilegalidad más o menos legal. Además, esas historias televisivas están bien hechas, no sólo la serie sobre Montalbano que protagoniza Luca Zingaretti, sino también las otras, que son de gran consumo popular, pero que tienen su propia dignidad de narración fílmica televisiva. A los italianos les gustan porque ven en ellas también un reflejo de Italia.
Sicilia, la mafia, el capo Bernardo Provenzano detenido en abril ... ¿Le molesta que por ser siciliano le saquen siempre la mafia a colación?
–No. Me molestaría si alguien dijera que los sicilianos son todos unos ladrones, porque no es cierto. Pero la mafia en Sicilia es una realidad. Callar al respecto, fingir que no pasa nada, equivale a una complicidad objetiva con la mafia. Por eso en mis novelas hablo siempre de la mafia, pero como si hablara de contaminación, de una ciudad contaminada por los gases de una fábrica, donde la gente no puede respirar. No dejo que los mafiosos sean protagonistas de mis novelas. Con conocimiento de causa: incluso el peor escritor del mundo que escriba de un mafioso hace de él un héroe. La mejor literatura sobre la mafia son los informes de la policía y las sentencias de los jueces, todo escrito en estilo burocrático; es lo que esos tipos merecen. De lo contrario, pueden convertirse en personajes elegidos de una novela, y no son dignos de ello.
Me decía un sacerdote antimafia que películas como El padrino han hecho mucho daño.
–Estoy convencido de que han hecho mucho daño, sí, porque ¿cómo se consigue no sentir simpatía por Marlon Brando? Al espectador le entran ganas de decir que la mafia, en fin, no es para tanto … Y sí es para tanto. Son asesinos, asesinos y punto. Por eso no he querido correr nunca ese riesgo en mis novelas.
María-Paz López (Roma. Corresponsal)
 
 

BresciaOggi, 24.11.2006
Esce da Sellerio «Le ali della sfinge»: una storia dalle sfumature insolite per il personaggio creato da Andrea Camilleri
Un autunno malinconico per il commissario Montalbano

Salvo Montalbano è depresso. Il commissario di Vigata, protagonista delle storie di Andrea Camilleri, si sveglia male, fa sogni tormentati, non si sente più, come prima, «al centro dell’universo criato».
Nell’ultimo romanzo, “Le ali della sfinge”, edito da Sellerio, Camilleri aggiunge un pezzo di biografia al suo eroe e lo fa invecchiare ancora di più (cinquantasei anni), aggravandone le paturnie, le «grevianze» che mandano in bestia il suo vice Mimì Augello.
In quest’ultima inchiesta Montalbano è alle prese con un traffico di ragazze provenienti dall’Est europeo, ma, diversamente dal solito, la trama gialla, pur sempre dipanata con grande mestiere, perde di rilevanza.
Il problema è un altro e riguarda proprio il commissario, la sua vita, il suo futuro, il rapporto con Livia, la fidanzata che vive a Boccadasse. Questo tema affiora di tanto in tanto nel corso del racconto, ma ne costituisce il motivo di fondo, il basso continuo che, come una trama parallela e carsica, inietta nella storia perfidi veleni esistenziali, avvolgendola in una nebbia autunnale. Anche le triglie della trattoria di Enzo sembrano tristi; a Vigata piove come raramente era capitato nei precedenti libri. A volte pare di essere in un romanzo di Simenon, autore peraltro amato da Camilleri.
Il problema con Livia, con la quale c’era stata una rottura pesante nel precedente romanzo, “La vampa d’agosto” (con reciproco tradimento), affiora insieme a tutto quello che non è stato e che poteva essere, col sapore amaro delle cose perdute per sempre, come la possibilità di avere un figlio che non avranno mai. Sintomatica in questo senso è la rottura della statuetta dello scugnizzo regalatagli da Livia.
Probabilmente per una sorta di iperidentificazione, Camilleri affida il suo commissario all’inevitabile logorio fisiologico del tempo che appartiene agli uomini in carne e ossa e non agli eroi seriali.
E per mettere le cose in chiaro lo scrittore cita, attribuendone la lettura allo stesso Montalbano, l’incipit de “La chimica della morte”, il noir di Simon Beckett («Il corpo umano inizia a decomporsi quattro minuti dopo la morte…»).
Certo, poi il commissario fa il suo mestiere, «attacca turilla» con i suoi collaboratori, brutalizza il fedele Catarella, risolve il caso a modo suo, non fermandosi davanti a nessun santuario, anche il più insospettabile. Inchiodando alla fine, col solito disincanto, i colpevoli alle loro colpe. E a Mimì che gli confessa che a volte gli piacerebbe essere don Chisciotte, risponde: «Don Chisciotte cridiva che i mulini a vento erano mostri, mentre questi sono veramente mostri e si fingono mulini a vento».
 
 

CastleRock, 26.11.2006
Recensione. Le ali della sfinge (2006)
Il mondo e il suo doppio
E’ cosa cognita che il commissario Montalbano mal digerisce questo munno dominato dalla logica della doppiezza, indovi un sequestro si arrivela ‘na messinscena da tiatro, e la liggi segue i percorsi tortuosi dell’ipocrisia.

Da qualichi tempo il commissario Montalbano, quasi sissantino, si arrisbiglia la matina di umore sempre cchiù nìvuro, nirbùso assà, ma non a causa del travaglio sò, bensì scantato dalla vecchiaia che gli acchiana le scale di casa, indesiderata ospite da qualichi anno a questa parte.
Voi per un senso di paternità delusa, voi per la storia con Livia oramà arrivata a un bivio, voi per il disincanto venuto doppo anni di spirenzia nella polizia, s'arritrova sulla stissa linea di foco di Montalbano primo e Montalbano secunno, che, ammucciati nel ciriveddro sò, attaccano turilla cedendo l'uno alle lusinghe della vecchiaia, opponendosi l'altro, e a turno santiano, s'arrispunnino, fanno catunio.
A distrarlo dai malo pinsèri ci si mette il nuovo caso di una picciotta poco più che vintina, una bella fìmmina, trovata morta ammazzata in una discarrica abusiva. Senza vestiti né documenti, gittata in un loco diverso da quello in cui è stata uccisa, la squadra del commisariato di Vigata ha come unico indizio per poterla identificare il tatuaggio di una farfalla sulla spalla mancina.
Un paro di domande di qua, qualichi indagine di là e dù botte di fortuna, si vene a sapi che la farfalla in questioni è una "sfinge", una farfalla migratoria e notturna, come le picciotteddre dell'est vindute, novelle schiave, sul mercato siciliano per fari il mestieri e tatuate in serie comu le vestie; che ci trase macari 'na associazione benefica, appattata con i parrini, che raccatta dalle strade di perdizioni le govani fìmmine costritte a fare la vita, ma anziché salvarle le ricicla come latre, finchè 'na jurnata non ci scappò la morta…
E' cosa cognita che il commissario Montalbano mal digerisce questo munno dominato dalla logica della doppiezza, indovi un sequestro si arrivela 'na messinscena da tiatro, indovi il lupo travestito da agnello abbada alle pecorelle smarrite, indovi la liggi segue i percorsi tortuosi dell'ipocrisia.
La struttura di questo romanzo gioca sulla natura pirandelliana del nummero, doppio ed opposto, che fa convergere e poi divergere i personaggi in situazioni speculari, di apparenzìa, come nel tiatro de' pupi. Lo spittatore già acconosce la sustanzia de' fatti e il piaciri consiste nel taliari e godirisi propprio tale spittacolo atteso: le comparsate di Catarella, il fiuto di sbirro di Fazio, le battutine con Mimì Augello, i pranzi sbafati alla trattoria di Enzo e le successive passiate a molo di mare, i piatti della cammarera Adelina assaporati assittato nella verandina della casa a Marinella, l'amicizia imbarazzata con la bella Ingrid, il rapporto col carattere fitùso del dottor Pasquano, quello impossibbile di Arquà, capo della Scientifica, quello untuoso del capo di gabinetto dottor Lattes, quello viscido del pm Tommaseo, quello burocratico del questore Bonetti-Alderighi e alla fine le vecchie, care, immancabili sciarratine con Livia…
Andrea Camilleri, sperto assà nell'arte del tiatro, si fici pirsuaso che le cose a 'sto munno vanno accussì, di solito a scatafascio e a schifìo, raramente come dovrebbero esseri, talvolta inveci prendono una strata inconsueta e scognita, ma poi tutto arritrova il posto assignato nell'ordine delle cose criate: uno spittacolo vario, da ridiri e da chiangiri, ma tutto da raccontare. E ci 'nzertò.
 
 

La Sicilia, 26.11.2006
Nuovo progetto per Camilleri
Curerà i dialoghi del film diretto da Monica Guerritore: «L'assassinio della contessa Trigona»

Altro impegno cinematografico per il regista empedoclino Andrea Camilleri. E' stato chiamato a curare i dialoghi siciliani del thriller «L'assassinio della contessa Trigona», interpretato e diretto dalla splendida Monica Guerritore.
Attraverso la «poetica» di una Giulia Trigona «testimone» che osserva gli accadimenti che la porteranno all'epilogo penso di dare alla donna uno spessore «doppio». L'agire e osservare l'azione la distanziano e allo stesso tempo, attraverso il suo commento si può ascoltare una verità più intima, inascoltata, privata. La Contessa Trigona che va incontro al suo massacro da parte del suo amante rivive le tappe che l'hanno portata in quella stanza di uno squallido albergo accanto alla stazione Termini.
Il tenente che la uccide rivive nelle fasi del processo quell'atto. «Voglio mettere i personaggi di fronte alla morte, - dice la Guerritore - senza potere più cambiare il corso degli eventi». La frattura psicologica del personaggio femminile che da il via alla tragedia, e al film,è esattamente la notte del terremoto di Messina, 27 dicembre 1908. Quella notte la Contessa Trigona viene a conoscenza del tradimento del marito e perde la sorella più amata nella devastazione del terremoto. Il crollo di una intera città racconta metaforicamente il crollo di tutte le sue sicurezze e l'inizio del suo percorso disordinato che la porterà alla tragedia. «Le immagini impressionanti del terremoto che ho raccolto alla Cineteca nazionale, all'Istituto Luce, alle Teche Rai - continua Guerritore - verranno elaborate con tecniche innovative». L'amore tra i due è violento e inevitabile «non sempre colui che incontri per la prima volta è uno sconosciuto» gli dice al primo incontro Giulia. Il loro è l'incontro del destino , e loro stessi sanno già qual è il finale.
Le riprese avranno inizio nella prossima stagione estiva in Sicilia.
A. R.
 
 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 26.11.2006
Spettacoli di e con De Carlo e Carlotto
Di scena la letteratura è un successo a Pescara

Deve ancora presentare alcuni pezzi forti ma già si profila come un successo di pubblico la IV edizione del Festival delle letterature in corso a Pescara. […] Ieri sera, dopo la proiezione del documentario «A quattro mani» su Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, è andato di scena Andrea De Carlo con lo spettacolo «Mare delle verità», basato sul libro presentato dal festival come «un romanzo avventuroso». Oggi sarà la volta di «La terra della mia anima», uno spettacolo tratto dall'omonimo libro di Massimo Carlotto, (Edizioni e/o), con l'autore quale voce narrante e Ricky Gianco alla voce e chitarra. Il comitato scientifico e organizzatore del Festival è composto da Filippo La Porta, Giovanni Di Iacovo, Valentina Alferj e Enzo Verrengia.
 
 

ANSA, 27.11.2006
Da Camilleri a Fois, in scena l'Italia dei 'Crimini'

Roma - Si comincia con Andrea Camilleri e Catania e si prosegue con altri sette scrittori per raccontare altrettante storie di delitti a comporre un'Italia declinata secondo il codice del noir. E' il progetto 'Crimini', una collezione di film per la tv che coinvolge otto popolari giallisti e un gran numero di registi e attori spesso più visti al cinema che in tv.
La serie andrà in onda su Raidue il mercoledì dal 6 dicembre e potrebbe avere un successivo sviluppo con un "Crimini 2" qualora l'esito del pubblico sia confortante. Prodotta da Rodeo Drive di Marco Poccioni, Marco Valzania e Giovanni Facchini con Rai Fiction, la serie vuole raccontare - hanno detto alcuni degli autori presenti oggi alla Rai - l'Italia nella sua diversità recuperando anche una tradizione di letteratura poliziesca. Dopo la Catania di Camilleri, ci sono la Napoli di Diego De Silva, la Bologna di Carlo Lucarelli, l'Isola d'Elba di Giorgio Faletti, la Roma di Giancarlo De Cataldo, che è anche coordinatore dell'intero progetto, e a seguire a gennaio la Cagliari di Marcello Fois, la Padova di Massimo Carlotto e la Milano di Sandrone Dazieri. Si tratta di "un'operazione complessa - ha detto il direttore di Rai Fiction Agostino Saccà - perché sono otto racconti appositamente scritti per la tv. In questo modo la Rai torna alle proprie radici, penso ai “Racconti del maresciallo” di Mario Soldati".
Giancarlo De Cataldo ha spiegato il progetto 'Crimini': "La tv per me non è mai stata una parola insulto, anzi misurarci con la scrittura televisiva è stato per noi autori una bella sfida. Rispetto alla fiction in divisa da poliziotto o da carabiniere cui è abituato il pubblico televisivo abbiamo virato su un altro registro: se quella alla fine corre il rischio di essere consolatoria o rassicurante, la nostra invece pur non avendo crimini estremi, racconta un lato oscuro dell'Italia. E ne abbiamo parecchi tra corruzione, devastazione del paesaggio, accoglienza dello straniero". Beppe Fiorello è il protagonista del primo film tv in onda il 6 dicembre: 'Troppi equivoci', da un soggetto di Andrea Camilleri trasposto in immagini da Andrea Manni. E' la storia di uno scambio di persona e di due omicidi all'apparenza inspiegabili con Beppe Fiorello, ancora una volta 'L'uomo sbagliato' che diventa una sorta di giustiziere privato.
"Il pubblico televisivo, specie quello di Raiuno, è abituato a vedermi in personaggi storici, del passato. Questa volta si trattava di una storia contemporanea, di un personaggio che mi somiglia malinconico e solitario e di una storia ambientata nella città in cui sono nato, Catania. Per me era un'occasione da non perdere e anche - ha proseguito Beppe Fiorello - l'operazione furba di chi vuole avvicinare un pubblico che di solito non ha, quello dei giovani che seguono Raidue".
[…]
Quanto alla programmazione dal 6 dicembre, fuori della garanzia pubblicitaria, Agostino Saccà ha precisato: "Dal 3 settembre al 10 giugno la Rai è sempre in garanzia, non c'é più questa distinzione, è sempre battaglia tutti contro tutti e a questo progetto ci crediamo". Prima ancora di vedere 'Crimini' in tv i racconti degli otto giallisti italiani sono stati raccolti in un'antologia che pubblicata da Einaudi in stile libero è stato uno dei successi editoriali di questa estate. Conclude Marcello Fois: "L'Italia è una nazione che si compone di diversità, la letteratura, il florido filone poliziesco, c'é già arrivata, la tv ci prova ora con 'Crimini' e questa è la forza di questo progetto".
 
 

WUZ, 27.11.2006
Andrea Camilleri
Le ali della sfinge

“Nella voci di Livia c’era una nota di tristezza tanto profunna che lo stava facendo sintiri male. Un’altra volta sula aviva sintuto nelle paroli di Livia la stissa nota: quanno avivano parlato del figlio che oramà non avrebbero cchiù potuto aviri.”

Pur rientrando nella piena tradizione “montalbanesca”, quest'ultimo romanzo ha degli elementi che lo caratterizzano e che segnano delle differenze significative rispetto ai precedenti.
Prima di tutto il nostro commissario è piuttosto stanco, per non dire esasperato dal lavoro.
Non ha perso certo lucidità, anzi nello scioglimento di questo caso dimostra un acume straordinario, ma ha addosso una spossatezza psicologica (“E questo era, di sicuro, effetto dell’età”) che gli fa sembrare tutto più faticoso. Inoltre, l’abitudine di vedere morti ammazzati invece di renderlo più duro e professionale, fa sì che non riesca più ad avere davanti a sé i corpi di persone giovani uccise con brutalità senza provare orrore per la natura umana.
Il suo disincanto (e questo non è un nuovo elemento del suo carattere, Montalbano si è sempre dimostrato piuttosto scettico sui “buoni sentimenti”) gli fa anche dire, dato che il caso coinvolge ex prostitute, che il confine tra l’attività ufficialmente indicata dalla gente come prostituzione e la scelta di tante donne di fare carriera o emergere nel mondo dello spettacolo grazie alle loro relazioni sessuali, non c’è tanta differenza. Per cui, si chiede e lo chiede ai lettori: “che cosa significa oggi fare la puttana?”  
Questo senso di fatica che gli vediamo addosso in tutto il romanzo ha delle evidenti ripercussioni anche sulla sua lunga storia sentimentale con Livia.
Fin dal primo romanzo Camilleri non nasconde realistiche tensioni tra i due, normali tra persone che stanno insieme ma a centinaia di chilometri di distanza, che hanno personalità forti e una impegnativa attività professionale, in particolare quella di Montalbano non dà praticamente un momento di tregua e annulla la vita privata.
Ma è la considerazione che viene messa in bocca al commissario che indica un diverso atteggiamento mentale: “Non sappiamo se vale la pena di cercare di rimettere a posto i pezzi o no”, sottolinea parlando del suo rapporto con Livia.
Conoscendo il nostro protagonista non ci stupisce la funzione che ha per lui il cibo come stimolo alla riflessione, né la rapidità con cui, grazie a spunti casuali, riesce a intuire la relazione tra eventi apparentemente lontani: entrambe queste caratteristiche sono particolarmente sviluppate nel romanzo.
La vicenda narrata mette in campo tanta della  problematica più scottante dei nostri tempi: immigrazione, sfruttamento, coperture umanitarie, utilizzo legittimo degli stranieri venuti a lavorare da noi, e “eccessi” di autodifesa… non mancano certo le persone per bene ma i più sembrano voler usare per propri scopi e propri interessi questa nuova manovalanza.
Il linguaggio di Camilleri ormai ci è familiare ed è diventato anche una sua imprescindibile cifra stilistica, ma in questo romanzo forse è alcune volte accentuato e in certi passaggi si tratta di vero e proprio dialetto. Altro elemento caratterizzante è l’uso molto frequente del dialogo con la  evidente diminuzione delle descrizioni, praticamente inesistenti.
Ormai come si fa a perdere un’avventura di Montalbano? A tutti piace il suo gioco intellettuale, l’atteggiamento antieroico ed eticamente corretto, le idee progressiste, il rispetto e la tutela dei deboli, ma senza nessun sentimentalismo, del commissario più noto d'Italia: insomma è sempre prevedibile e giustificata la rapida scalata delle classifiche di ogni nuovo libro di Andrea Camilleri.
Grazia Casagrande
 
 

Il Messaggero, 28.11.2006
Il cruccio dell'imperatore
Andrea Camilleri
[Brano dell'Intervista impossibile a Federico II di Svevia, NdCFC]
 
 

La Sicilia, 28.11.2006

Un altro regalo di Natale originale che ha per protagonista lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri e principalmente il suo personaggio di spicco, il Commissario Salvo Montalbano. La Mondadori ha pubblicato infatti, una edizione speciale de «Gli arancini di Montalbano», illustrata con le immagini del fotografo siciliano Ferdinando Scianna. Il volume consta di 288 pagine. In questa nuova edizione illustrati, le immagini emozionanti dialogano magnificamente con le atmosfere magiche, ma così vere, della provincia raccontata da Camilleri in quel suo inconfondibile impasto, sapido e corposo, di italiano e dialetto che tutti abbiamo imparato ad amare.
Antonino Ravanà
 
 

Miojob - La Repubblica.it, 28.11.2006
I diari della precarietà
Memorie del lavoro in concorso

Corrispondenze via email, memorie diaristiche o lettere. Lo storico archivio di diari di Pieve Santo Stefano lancia una selezione per le testimonianze di scrittura sullo scontento dei giovani precari. Ma anche di immigrati, manager d’impresa e impiegati del settore pubblico. Tutto da un’idea di Ascanio Celestini. In premio mille euro e la pubblicazione presso un editore

Dare voce a chi lavora perché finalmente scriva la sua storia. Così sembra dire lo storico Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano (www.archiviodiari.it), fondato da Saverio Tutino, che quest’anno ha scelto di lanciare un appello per raccogliere diari, scambi di email, lettere e memorie che abbiano come tema centrale le inquietudini di chi il lavoro lo vive sotto il segno della rabbia e della sofferenza.
“Ci è venuta l’idea di affrontare questo argomento - ci ha detto Loretta Veri, direttrice del centro - quando Ascanio Celestini, che abbiamo premiato l’anno scorso come personalità del mondo della cultura per il suo impegno sulla memoria, ha devoluto il premio ai precari del call center di Atesia. E’ stato allora che abbiamo capito che dovevamo fare di più per ascoltare queste voci.”
[...]
I testi dovranno pervenire presso la Fondazione entro il 15 dicembre 2006 e verranno valutati, in prima istanza, da una commissione di lettori composta da persone della valle di Pieve Santo Stefano (provincia di Arezzo). Il gruppo di valutazione, i cui componenti si passano i testi di mano in mano, legge tutto il materiale che arriva e si riunisce una volta alla settimana per discutere. E’ questa commissione a definire la rosa di dieci finalisti. I migliori dieci verranno poi giudicati da una giuria nazionale presieduta da Saverio Tutino, il giornalista che ha ideato l’archivio nel 1984. Alla premiazione, che si svolgerà a settembre 2007, verranno invitati tutti i partecipanti. L'opera ritenuta più meritevole sarà premiata con mille euro e la pubblicazione presso l’editore Terre di Mezzo di Milano.
[...]
Tra le testimonianze arrivate negli ultimi anni, dice Loretta Veri, c’è quella straordinaria di Vincenzo Rabito, un siciliano nato nel 1899 che ha scritto la sua autobiografia imparando malamente a usare la macchina da scrivere e scrivendo però con un linguaggio straordinario, una mescola tra italiano e siciliano originale e viva. Il diario, che ha vinto il premio nel 2000, è considerata già ora un’opera straordinaria (si sono espressi su questo testo Vincenzo Consolo, Andrea Camilleri e Umberto Eco) che uscirà per i supercoralli di Einaudi all’inizio dell’anno in una riduzione di oltre 400 pagine.
[...]
Federico Pace
 
 

Reuters Italia, 28.11.2006
"Sfregio", il blues del camorrista

Roma - In tempi in cui Napoli torna alla ribalta per l'emergenza-criminalità e omicidi e reati segnano livelli da record, in libreria arriva un romanzo, "Sfregio", che racconta la carriera di un camorrista suo malgrado, con un tono che dal comico scivola via via verso il tragico e che propone il moderno dialetto napoletano come nuova lingua letteraria, dopo le fortune del siciliano "camilleresco".
Francesco De Filippo, che pubblica con Mondadori, è al suo secondo noir, dopo "L'affondatore di gommoni", uscito nel 2003 e di cui presto uscirà la traduzione francese. Se quel libro parlava dei sogni (anche quelli infranti) di chi attraversava l'Adriatico in cerca di un Mondo Nuovo e finiva invischiato nella criminalità, "Sfregio" narra in prima persona l'ascesa malavitosa, poi la pena interiore e infine il riscatto di un giovane napoletano, Gennarino Sorrento, uno che "si arrangia" finché non viene "promosso" dal capo clan. A 23 anni, orfano, scarsamente istruito, Gennarino deve mantenere la moglie e i due figli. Il suo orizzonte è quello del "Quartiere", dove vive e lavora, anzi "campa".
"Io non lavoro. Campo. Nel senso che non ho un lavoro di ufficio che entro, metti conto, alle ottoevventi e finisco all'unaeunquarto e poi riprendo alle dueemmezza e esco alle cinqueevventicinque. No, io faccio n'ata cosa, anche se forse lavoro di più di uno che fa un orario, diciamo così, normale".
A un certo punto però il giovane passa "l'esame" a cui lo sottopone don Rafele, il boss, e diventa un soldato del clan, anche se vorrebbe continuare la sua vita umile ma tranquilla ai confini della legalità. Quello che segue, è paura - la paura di Gennarino, quella delle vittime della camorra - e violenza. E il romanzo, che comincia su una nota leggera, umoristica, vira verso il nero. Con la cronaca della guerra di clan, con la descrizione delle crudeltà, della follia di Paolino, l'uomo di fiducia del boss che insieme è l'aguzzino e il protettore del protagonista.
Abbandonato dalla moglie, Gennarino diventa spettatore delle sue stesse gesta, perché ha troppo paura per smettere. Finché a un certo punto un viaggio nel luogo più improbabile - Tampere, in Finlandia, che qui diventa l'Anti-Napoli per eccellenza - finisce per creare l'occasione della svolta.
Se "Gomorra" di Roberto Saviano - il giovane scrittore finito nel mirino della camorra per la sua denuncia, che ora vive protetto dalla polizia - è un reportage sotto forma di romanzo, "Sfregio" è un diario intimo. Formalmente finzione, dunque, anche se contiene qualche episodio preso dalla cronaca. La sua forza sta nella progressione sempre più drammatica e brutale, nell'uso del linguaggio.
Quasi 200 pagine che mescolano napoletano e italiano, in un dialetto moderno sufficientemente comprensibile, come avviene appunto per i romanzi di Andrea Camilleri, a cui De Filippo - che è il genero - dedica non a caso il libro chiamandolo"mentore". E' presto per dire se questo è l'inizio di una serie fortunata, sia pure senza commissari testardi e piatti prelibati.
Massimiliano Di Giorgio
 
 

du, 11.2006
Andrea Camilleri, Krimiautor.
Eine Spurensicherung in Sizilien

- Porto Empedocle im Sommer. Ein Fotoessay. Von Reto Camenisch
- Der Bummelzug. Exklusiv geschrieben für «du». Von Andrea Camilleri
- Er wollte nicht, dass Italien vor die Hunde geht. Warum Andrea Camilleri sein längstes Interview gab. Von Saverio Lodato
- Der sizilianische Bänkelsänger – eine Chronik. Dem Sizilianer fällt immer eine Geschichte ein. Und noch eine. Und noch eine. Von Jacqueline Schärli
- Der Schriftsteller als politische Autorität. Camilleri tritt selten auf. Aber wenn, hat er Italien Ernstes zu sagen. Von Dietmar Polaczek
- Das lästige Heimweh nach Sizilien ist angeboren. Eine Reportage aus Andrea Camilleris Heimat. Von Gerhard Mumelter
- Die Mafia lebt, und wie. Das Mittelalter im Kopf von Professoren und Wirtschaftskapitänen. Von Francesco La Licata
- Commissario Brunetti von Nebenbuhler erdrosselt. Nirgendwo sonst gibt es so viele Krimiautoren wie in Italien. Von Maike Albath
- Montalbano, Gourmet mit messerscharfem Verstand. Italiens berühmtester Polizist. Ein Porträt. Von Jacqueline Schärli
- Demokratie gegen Diktatur, die ewige Geschichte. Platons Versuch, Siziliens Herrscher Gerechtigkeit zu lehren. Von Wolfgang Heyder
- Andrea Camilleri schreibt und schreibt. Eine Werkliste

Das Editorial
Der Fototermin ist vorbei, Andrea Camilleri entspannt sich und nötigt uns zu einem Bier. Er selbst trinkt keins. «Ich trinke nur morgens, um in Schreiblaune zu kommen», sagt er und grinst. «Deshalb denken alle, ich lebe abstinent.» Wir sitzen in seiner hellen römischen Zweitwohnung in der Zona Balduina. Er nennt sie Hollywood, weil er alle Fotografen dorthin bestellt. Das Haus gehört ihm; in der Wohnung über ihm wohnt eine Tochter, in der Wohnung unter ihm wohnt eine Tochter, in der Mitte wohnt er. Manchmal. eist ist er in seiner anderen Wohnung gegenüber von RAI, dem staatlichen Fernsehsender, unten im Zentrum, in Prati. Dort lebt er mit seiner Frau Rosetta, dort schreibt er seine Bücher und dort treffen sich fast jeden Tag alle drei Töchter. Eine dritte Tochter wohnt gleich nebenan. Noch nie, sagt Camilleris Assistentin Valentina, habe sie eine Familie mit so viel Zusammenhalt gesehen.
Es muss das Sizilianische sein. Andrea Camilleri hat seine Insel vor fast fünfzig Jahren verlassen, aber im Geist und im Herzen ist er Sizilianer geblieben, gebürtig aus Porto Empedocle, einem Städtchen im Süden der Insel, nahe bei Agrigent. Eine fruchtbare Gegend. Ihr entstammen auch Luigi Pirandello und Leonardo Sciascia.
Auch Andrea Camilleri gilt als Instanz in Italien. Obwohl er selten auftritt. Seit er RAI, wo er jahrelang Produzent und Regisseur war, verlassen hat, schreibt er. Sein Commissario Montalbano hat den Unermüdlichen wohlhabend gemacht und Camilleris historischen Büchern den Weg geebnet. Die Kritik an den Regierungen verpackt Camilleri gern in Fabeln, er liebt das sizilianische Spielen mit Worten und die Ironie sowieso.
Trinken darf er nicht mehr, essen auch fast nichts mehr; nur das Rauchen hat er sich noch nicht nehmen lassen. Er drückt die Zigaretten zwar nach drei, vier Zügen aus – nur um sich gleich danach eine neue anzuzünden. Der 81jährige lässt sich die Laune nicht verderben. Kürzlich, erzählt er mit Schalk in den Augen und seinem tiefen Lachen, das alle Besucher so verzaubert, kürzlich sei er also von Rom nach Lugano geflogen, um einen alten Freund zu besuchen. In einem kleinen Flugzeug. Er war der einzige Passagier. Nach einer Weile winkte er die Stewardess heran. «Ich muss rauchen», sagte er. Sie zuckte bedauernd die Achseln: Rauchverbot. «Ich weiss», sagte er, «aber ich muss jetzt rauchen.»
Sie brachte ihm einen Aschenbecher.
Ein «du» über einen weisen alten Mann, über Sizilien und die Mafia auch, über den Kriminalroman und andere Wahrheiten und über die uralte Antithese von Geist und Macht.
Jacqueline Schärli und Camille Schlosser

Der Schriftsteller als politische Autorität
Welches Gewicht in der Politik hat die Stimme eines Schriftstellers? Es scheint, dass der Tod des Rechtsphilosophen Norberto Bobbio im Januar 2004, der ungeheures Gewicht als das politische Gewissen der Nation hatte, ein Vakuum hinterliess, das einige Intellektuelle der nächsten Generation auszufüllen trachten. Andrea Camilleri hat seit dieser Zeit zunehmend die Rolle des ursprünglich eindeutig links profilierten Mentors gespielt. Camilleri, neben Umberto Eco ohne Zweifel im In- und Ausland der bekannteste Schriftsteller Italiens, aber wegen seiner Kriminalromane zweifellos populärer als Eco, ist da in vieler Hinsicht ein atypischer Fall. Zunächst sei an zwei Voraussetzungen erinnert, die von Schriftstellern nicht gerne thematisiert werden, weil sie Schriftsteller (und Künstler ganz allgemein) in Frage stellen.
Erstens: Wem die Vorsehung die Kunst des Schreibens schenkte, hat damit keinesfalls auch gleich moralische Integrität erworben, und auch nicht unbedingt politischen Durchblick. Man denke nur an berühmte Fälle wie Ezra Pound oder Jorge Luis Borges, oder gar an den nazifreundlichen Herzmanovsky-Orlando. Zweitens: Ein Schriftsteller kann seine Publikumswirkung weder vorhersehen noch gar steuern –die Öffentlichkeit misst ihn nach ihren Massstäben, und die «breite» Öffentlichkeit hat dafür das Massband der Banalisierung. Auch Andrea Camilleri – man kann nicht sagen: erleidet, sondern – geniesst ein ähnliches Schicksal. Die grösste Breitenwirkung (vier Millionen Auflage allein im deutschen Sprachraum) hat die Reihe seiner Kriminalromane mit dem Helden Salvo Montalbano erreicht. Die Reihe, in der sich Camilleri, als der Erfolg des ersten Montalbano-Bandes eintrat, am willigsten der tüchtigen Verlegerin Elvira Sellerio, den Marktgesetzen und den Mechanismen der Wiederholung und Stereotypisierung gebeugt hat. Als er im März dieses Jahres zugab, der letzte Montalbano-Roman liege schon in der Schublade des Verlegers und er werde den Kommissar verschwinden lassen, ohne zu verraten wie, brach über ihn eine gewaltige Medienwelle der Neugier herein.
Er fragte zurück: Gibt es denn in Italien zur Zeit nichts Ernsteres, an das man zu denken hätte?
Tatsächlich: Er hat Ernsteres zu sagen. Als politischer Kommentator ist Camilleri – wie Umberto Eco oder Luigi Malerba – Nutzniesser seiner literarischen Berühmtheit. Eine Art Umwegrentabilität. Die Urteile von Literaten, seien sie fundiert oder nicht, haben in der Fernsehwelt die von Fachautoritäten zu verdrängen begonnen.
Erste Hypothese: Camilleri wird als politischer Beobachter und Beurteiler beachtet, weil er vom Fernsehen kommt, als Regisseur, Autor und Drehbuchschreiber.
In Italien ist längst, und nicht erst seit Berlusconi, die Videokratie ausgebrochen. Politiker, die ihre Standpunkte nicht mit häufiger Präsenz im Fernsehen verteidigen, müssen Polaritätsverlust befürchten, politische Moderatoren wie Bruno Vespa scheinen mehr Macht zu haben als Regierungspressesprecher oder Staatssekretäre und verdienen ein Vielfaches. Einschaltquoten und damit plakative Vereinfachungen bestimmen zunehmend die Politik. Man weiss spätestens seit den sowjetischen Fotofälschungen der dreissiger Jahre, dass der Satz «Ein Bild sagt mehr als tausend Worte» gelogen ist. Er muss lauten: «Ein Bild lügt mehr als tausend Worte.»
Die Hypothese enthält einen Widerspruch: Denn Camilleri opfert gerade nicht tagtäglich dem Bildschirm. Er, der Fernsehprofi, tritt im Fernsehen eher selten auf – er schreibt, in «La Stampa», in «L’Unità», in «La Repubblica», in der «New York Times». Und er schreibt wie wild. Seine Produktivität, gemessen am Ausstoss von Büchern, an Einführungen zu Büchern anderer, hie und da verstreut erscheinenden Geschichten und Zeitungsartikeln ist ungeheuer. Camilleri selbst nährt den Mythos, er habe spät, nach dem Ende seiner Regielaufbahn, zu schreiben begonnen. Die Bibliografie zeigt ein völlig anderes Bild.
Zweite Hypothese: Camilleri wird beachtet, weil er, zunächst in seinen Büchern, den Krimis zuvörderst, die typischen Kriterien des Hofnarren erfüllt. Er macht Spass. Er sagt die Wahrheit, ohne allzu sehr weh zu tun. Der Souverän, also das Volk, schätzt es, wenn man ihm eine Medizin gibt, die nicht bitter schmeckt. usserdem verschafft er in seinen Büchern, die in der Präzision der Abbildung einer Gesellschaft haushoch über dem «genau recherchierten» Lokalkolorit anderer Krimiautoren stehen, die Illusion, es handle sich ja «bloss» um Literatur. Er selbst hat – und das erklärt auch seine Kompetenz in der politischen Analyse – von sich gesagt, er könne die Zeichen-Codes seiner, der sizilianischen, Gesellschaft lesen. Das verschafft ihm die unbestreitbare Authentizität. Sogar noch dort, wo er Elemente zur Kunstfigur stilisiert, etwa in seinem erfundenen Sizilianisch, einer Parallele zu Carlo Emilio Gaddas künstlichem pseudorömischem Dialekt.
Camilleri beantwortet in «Micromega», der Zeitschrift für Philosophie und Politik, die Fragen wirklicher Kriminalpolizisten. War-um, fragen sie, bleibt Montalbano ewig in Vigàta? Wer bei seinen Ermittlungen auf intoccabili, auf unangreifbare Spitzen der Wirtschaft und Politik, stösst und «Ärger macht», wird in den «Elefantenfriedhof» befördert: mit vielen Komplimenten für seine Tüchtigkeit und dem Versprechen einer glänzenden Laufbahn ins Innenministerium geholt, ohne präzise Aufgabe, und damit kaltgestellt. Oder er wird durch einen arrangierten Unfall, in den spektakulären Fällen durch ein Bombenattentat, auf den wirklichen Friedhof befördert. Camilleri gibt zu: «Eines Salvo Montalbano hätte man sich beinahe sofort entledigt. Aber wir sind im Bereich der Märchen, nicht wahr?»
Die Wirklichkeit ist anders. Er weiss es.
Im April kommentiert er in der «New York Times» und in der «Stampa» die Gefangennahme des Mafia-Bosses Bernardo Provenzano, der 43 Jahre latitante, also verborgen und «unauffindbar», gelebt hat, aber es geschafft hat, mit einem falschen Pass zu einer Operation nach Frankreich zu reisen, verheiratet ist, Kinder gezeugt und sie ordnungsgemäss in die Schule geschickt hat. Camilleri weist auf das stillschweigende Einverständnis der Lokalpolitiker mit der Mafia hin und wiederholt, was hier jeder weiss: «Morto il papa, se ne fa un altro.» Wenn der Papst gestorben ist, wählt man den nächsten. Die Mafia wird erst wirklich effektiv bekämpft werden, wenn sich der politische Wille dazu gebildet hat – aber indirekt gibt er (so in La linea della palma) den Skeptikern recht: Das Phänomen einer paralegal organisierten Gesellschaft und der organisierten Kriminalität als Staat im Staat breite sich langsam, aber sicher aus. Die scheinbar untergegangene alte Democristiana habe in Sizilien zwar den Namen, nicht aber die Politik und die Strategien geändert.
Dritte Hypothese: Die Literatur lebt vom Exemplarischen ihrer Figuren. Von Camilleri über den früheren Star-Staatsanwalt («Mani pulite») und jetzigen Bautenminister Antonio Di Pietro, über den Journalisten Marco Travaglio (Der Geruch des Geldes, 2001, eine nicht autorisierte Bestsellerbiografie Silvio Berlusconis) bis zum Philosophen Paolo Flores D’Arcais, dem Herausgeber von «Micromega»: alle fanden sie in Berlusconi den exemplarischen «Feind», das Gegenbild zu den Werten, die eine demokratische und humane Gesellschaft zu verwirklichen trachtet.
Vierte Hypothese: Tagespolitik und die Kommentare dazu ändern sich schnell, die Wirkung verpufft. Die Transformation von Gesellschaftskritik in Literatur schwächt vielleicht deren kritische Wirkung ab, doch gewinnt sie dafür einen Langzeiteffekt. Zum Besten, was den Wahlkampf überdauern wird, gehören Camilleris satirisch moralisierende Fabeln: «Dieci favole ‹politicamente scorrette›», zuerst veröffentlicht in «Micromega». Ob die italienische Gesellschaft auf ihrem Weg des ethischen Verfalls umkehren wird, hängt nicht von einzelnen ab, weder vom Tartuffe, der den Niedergang begünstigt, noch von der warnenden Kassandra. Die Zeichen stehen schlecht.
Dietmar Polaczek

Er wollte nicht, dass Italien vor die Hunde geht
Commissario Montalbano bestückte die Bestsellerlisten, aber Andrea Camilleri als sein Autor stand auf dem Index. Da war es Zeit für diesen, seine Meinung zu sagen, ohne sich diplomatisch zu verrenken.
Bei der Fülle an Büchern, die Andrea Camilleri geschrieben hat, bei dem grossen Erfolg der Filme mit seinem legendären Commissario Montalbano und dem regen Interesse, das er seit einem Jahrzehnt in Italien geniesst, braucht man sich nicht anzumassen, noch etwas Neues, Unbekanntes, Unveröffentlichtes über den sizilianischen Schriftsteller schreiben oder berichten zu können. Warum noch über Andrea Camilleri schreiben? Über diesen Schriftsteller, den die Italiener so lieben und der im Ausland einer der bekanntesten lebenden italienischen Autoren ist, vielleicht der bekannteste überhaupt? Ich habe zwar keine besonderen Anekdoten über das Leben des Schriftstellers aus Porto Empedocle oder aufregende Enthüllungen zu bieten, aber ich weiss, dass der Schlüssel zu der scheinbar widersinnigen Entscheidung, doch über ihn zu schreiben, allein im Titel des Interviews in Buchform liegt: La linea della palma. Wenn wir anhand dieser «Palmengrenze» als Masseinheit beurteilen wollen, wozu sich Italien in den letzten Jahren entwickelt hat, müssen wir eindeutig feststellen, dass Camilleri ein kleines Wunder gelungen ist. Nämlich der vorrückenden Palmenlinie Einhalt zu gebieten, einen Damm zu bauen, den diese Linie der Kompromisse nicht überspringen konnte, diese Grenze der mafiaähnlichen Mentalität, die – wie der junge Leonardo Sciascia in einem wenig bekannten Gedicht einst treffend schrieb – durchschnittlich fünfhundert Meter im Jahr vom Süden aus nordwärts wanderte.
Doch aufgepasst: Es handelt sich nur um eine Verlangsamung, nicht etwa um einen abrupten Halt und schon gar nicht um einen Rückzug. Freilich ist das immerhin etwas. Die Palme hinkt. Die Palme hat ihre Wanderung verlangsamt. Ein unverbesserlicher Optimist könnte sogar glauben, die Palme bliebe stehen.
Dafür gibt es Gründe.
Als Camilleri und ich im Jahr 2001 unsere Gespräche führten, steckte Italien mitten im Berlusconi-Rausch mit all seinen negativen Begleiterscheinungen wie Werteverfall, Verherrlichung des schlimmsten Egoismus, Schlechtmachen jeglicher Form sozialen und gesellschaftlichen Engagements. Ein geschmackloses, arrogantes Italien, das seine Geschichte, seine Wurzeln, das Erbe seiner Gründer aus den Augen verlor. Von «Mopedmoral» sprach Camilleri in einem Interview, das er mir, kurz vor Beginn der Arbeit zu unserem Buch, für die Tageszeitung «L’Unità» gegeben hatte. Er meinte damit die Angewohnheit, sich überall durchzumogeln und sich um Ampeln, Fahrtrichtungen, Vorfahrtsregeln oder gar Fussgänger nicht zu scheren. Alles war denkbar. Es drohte ein Italien aus lauter kleinen Schlaumeiern, geschützt durch massgeschneiderte Gesetze, von unten und von oben. Ein hässliches, ein elendes Italien. Es wäre ganz normal geworden, sich Gesetze zurechtzubasteln, die unangreifbar und unantastbar machen und für Straffreiheit sorgen. Man dachte über ein Arrangement mit der Mafia nach. Man gestattete Steuerhinterziehern, ihre Schuld mit ein paar lumpigen Euro zu tilgen. Man fand es ebenfalls normal, illegal ausgeführtes Kapital für ein paar lumpige Euro wieder ins Land zu bringen. Man liess sämtliche Bausünden zu. Der Ministerpräsident persönlich (Berlusconi) bezeichnete Richter und Staatsanwälte als «genetisch abartig». Leute, die über Leichen gingen, waren mit einem Mal Opfer. Unbequeme Journalisten wurden fristlos entlassen, auch die besten, die wir in Italien hatten, wie zum Beispiel Enzo Biagi. Die Regierungsmehrheit demontierte Stück für Stück die republikanische Verfassung, die Opposition wurde daran gehindert, sich zu äussern, und einfach ignoriert. Die neuen Barbaren aus Padanien konnten als Parlamentsabgeordnete der Lega Nord ihren Rassismus austoben. Die Liste liesse sich beliebig fortsetzen. Dieses Italien also bildete den Hintergrund für unsere Gespräche.
Camilleri war zu der Zeit bereits sehr bekannt, das «Phänomen Camilleri» war in vollem Gange und bescherte der Verlagsbranche ausserordentliche Erfolge. Doch welche Ironie des Schicksals: Den Lesern der Polizeiabenteuer von Commissario Montalbano blieb verborgen, was sein Schöpfer dachte. Montalbano bestückte die Bestsellerlisten, aber Camilleri stand auf dem Index. So wollte es die grosse Medienmaschinerie, so wollte es der grosse B., der wie der grosse M. (Mussolini) einen kokettierenden Umgang mit Intellektuellen pflegte. Doch als Mussolini von Curzio Malaparte um die Veröffentlichung seiner Bücher gebeten wurde, antwortete er genervt, er stehe nun mal auf dem Index und da bleibe er auch.
Wenn überhaupt, dann besteht mein einziges persönliches Verdienst darin, dass ich Camilleri eines Tages im Juli 2001 besucht und ihm gesagt habe, es sei an der Zeit, so manchem Theaterheiligen des italienischen Verlagswesens, manchem Zeitungsherausgeber, der sein Fähnchen nach dem Wind hängt, manchem politischen Fernsehkommentator die Meinung zu sagen, ohne ein Blatt vor den Mund zu nehmen oder sich sonstwie diplomatisch zu verrenken. Ich wollte ihn anspitzen. Ich wusste, dass er als junger Mann Kommunist gewesen war, aber nicht, ob er es immer noch war. Doch ich vermutete, dass ihm dieses hässliche, elende Italien missfiel.
Natürlich hatte ich nicht die leiseste Ahnung, wie er reagieren würde. Es wäre völlig legitim gewesen, nicht auf meinen Vorschlag einzugehen. Schliesslich war er nicht verpflichtet, sich mit mächtigen Institutionen anzulegen, die ihn hofierten und hätschelten und alles taten, um ihn für sich zu gewinnen. Doch zu meinem grossen Glück schien Camilleri nur auf die passende Gelegenheit gewartet zu haben.
Als ich ihm meine Idee darlegte, ähnelte er einem Kater, der sich angesichts einer üppigen Portion gebratener Fischchen die Schnurrhaare leckt. Er schloss die Augen halb und grinste. Er hörte zu, ohne ein Wort zu sagen. Während des ganzen «Gesprächs» sagte er kein Wort. Als mir dann nichts mehr einfiel, um meinen Vorschlag zu untermauern, erhob er sich langsam aus seinem Sessel und begleitete mich an die Tür.
Er blieb auf der Schwelle stehen. Ich rief den Aufzug, und als ich wieder zu Camilleri trat, sagte ich schüchtern: «Ich habe das Gefühl, das interessiert dich gar nicht.» Und er: «Lass uns Anfang September darüber reden.» Aber ich wollte nicht im Ungewissen bleiben und es auch nicht bei diesem förmlichen Abschied belassen. Ich drängte ihn: «Bitte sag’s gleich, wenn du nichts davon hältst.» Und er: «Wenn ich sage, du sollst dich Anfang September melden, dann meine ich das auch so.» So nahm die Geschichte ihren Anfang. Wir sprachen tagelang miteinander in seiner Wohnung in Rom und seinem Haus in Porto Empedocle. Das Buch entstand. Die grossen Zeitungen schwiegen sich darüber aus. Das Buch fand dennoch viele Leser.
Heute ist Italien im Begriff sich zu verändern, zaghaft zwar, und man sollte auch nichts beschreien. Aber es ist gewiss nicht mehr das Italien des Cavaliere B.
Diese kleine Veränderung ist auch Andrea Camilleri und seinem Mut zu verdanken, den er mit La linea della palma bewiesen hat. Er wollte nicht, dass Italien und die Italiener untergehen. Italien und die Italiener sollten die Kraft finden, sich zu wehren.
Saverio Lodato (Aus dem Italienischen übersetzt von Christiane von Bechtolsheim)
 
 

Noir Magazine, n. 9/10, 11-12.2006
Montalbano e il tempo che passa

E’ invecchiato Montalbano, o forse si sente soltanto vecchio, perché oggi a 56 anni si è ancora vigorosi. Forse è perché ancora non ha avuto un figlio, e allora da qualche tempo quando sente di atti di violenza sui minori cambia bruscamente strada. Probabilmente è soltanto stanco di confrontarsi con le storture che lacerano il suo mondo altrimenti splendido. Quella Sicilia che da sfondo è diventata la vera protagonista dei romanzi di Camilleri che come nessun altro è in grado di rievocarne odori e sapori. Anche quelli sgradevoli, come di una morte nella discarica, che ha colpito una bella ragazza. E’ soltanto l’inizio di un’indagine difficile che va a toccare i poteri forti, la politica, le associazioni benefiche. Insomma, ancora una volta Montalbano pesta i piedi a chi non deve e infatti pur se alla fine risolve il caso, senza neppure troppo penare, viene messo da parte. Neppure se la prende più tanto è abituato ai difficili rapporti con l’autorità. Insomma un libro crepuscolare che ci fa temere che Camilleri sia intenzionato d’ora in poi di romanzo in romanzo ad avvicinarci alla fine del viaggio per Montalbano, ad aprire quella ormai famosa cassaforte in cui custodisce, già scritta, la sua morte.
 
 

Corriere della sera Magazine, 30.11.2006
Libri. La recensione
Dio, come si è ridotto Mimì Augello! Montalbano presto, faccia qualcosa

Carissimo commissario Montalbano, con grande piacere ho ricevuto la sua ultima inchiesta, “Le ali della sfinge”, e ho capito che lei non sta passando un buon momento. Lei racconta che la mattina quando si sveglia non le succede più di essere attraversato da una specie di corrente di felicità pura, senza motivo come le accadeva una volta, e che si sente vecchio e decrepito. Secondo me, lei esagera. Sto ai fatti. Proprio la mattina in cui questionava tra sé e sé sulla sua decadenza fisica è squillato il telefono e lei è andato a rispondere nudo come si trovava. Era Catarella che nel suo impervio modo di parlare le ha comunicato che era stato ritrovato il cadavere di una ragazza. Mentre stava cercando di interpretare il caotico, surreale linguaggio del suo agente, lei ha sentito aprirsi (come nelle migliori sceneggiature) la porta di casa. Era la fedele Adelina che così lo ha sorpreso nudo come mamma l'ha fatto. Più tardi, recuperato un certo aplomb, lei è entrato in cucina a bere il caffè e Adelina ha colto l'occasione per dirle: «Ma lo sapi che vossia è ancora un bell'omo?». Ecco a questo punto il dilemma che la dilaniava sin dal risveglio era risolto. Lei è un bell'uomo. Ma lei invece si è incaponito a rimuginare amaramente sulla parola «ancora» pronunciata da Adelina. Questa scena mi ha fatto molto riflettere e il tenore delle mie riflessioni ha poi trovato conferma leggendo la sua ultima inchiesta. Caro commissario, lei sta vivendo un periodo delicato. Come ho già avuto occasione di dirle, ero stato tra quanti avevano gioito alla notizia (vedi sua penultima inchiesta: “La vampa d'agosto”) che lei aveva finalmente tradito la sua fidanzata Livia. E non era stata una reazione machista, la mia, un soprassalto di misoginia. Ho saputo (e una delle mie fonti è stato il maestro Camilleri) che anche molte donne avevano avuto reazioni simili alla mia. Ora però vedo che quanto accaduto le sta costando molto, perche ci sono state complicazioni. Da qui il suo malumore, la sua sustaria (conosce questo stato d'animo?), il suo dolore. Però, le confesso, non sono preoccupato per lei. Vedo che comunque svolge con la consueta perizia la sua professione e che in questo caso difficile, quello delle ragazze russe che portano una farfalla tatuata su una spalla, lei se la cava ancora una volta con la brillantezza di investigatore che la contraddistingue. Vedo ancora che lei non perde il suo senso del"umorismo e che sa condire con esso le manie burocratiche del suo peraltro bravissimo collaboratore Fazio e le perversioni sessuali del pm (figuriamoci quanto sollecitate dal particolare del tatuaggio!). Insomma, carissimo Salvo (posso permettermi?) io l'ho ritrovata alla fine benissimo malgrado le pene d'amore. Non ho trovato per niente bene, invece, e sono preoccupatissimo (lei sa quanto mi sta a cuore), Mimì Augello, quel fiore di ragazzo, Quell'implacabile seduttore (scopriamo adesso che ci ha provato anche con Ingrid!). No, Mimì l'ho visto proprio male. Il matrimonio lo ha spento. Le apprensioni nevrotiche della moglie Beba, che costringono il marito a continue corse disperate al pronto soccorso pediatrico perché il bambino non sta bene (mentre invece sta benissimo), rischiano di far finire al pronto soccorso (psichiatrico) il buon Mimì. Questa è la ragione della mia lettera. Salviamo Mimì. Conto su di lei.
Complimenti ancora e un caro saluto dal sempre suo...
Antonio D'Orrico
 
 

UNHCR – CIR, 30.11.2006
Comunicato stampa
UNHCR e CIR: «Rifugiati in alto mare: quale protezione?»

Martedì 5 dicembre 2006 si terrà a Palermo il seminario «Rifugiati in alto mare: quale protezione? Aspetti giuridici e pratici legati agli sbarchi» organizzato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR). Nell'occasione verrà anche presentata la pubblicazione «Soccorso in mare; Guida a principi e pratiche da applicarsi a migranti e rifugiati», linee guida prodotte congiuntamente dall'UNHCR e dall'Organizzazione Marittima Internazionale (MOI/IMO). Questa guida è destinata ai comandanti delle navi, dei pescherecci, agli armatori, alle autorità di governo, alle compagnie assicurative e a tutti gli altri attori coinvolti in situazioni di soccorso in mare e fornisce linee guida su disposizioni normative e su procedure pratiche, al fine di assicurare il rapido sbarco di persone soccorse in mare e l'adozione di misure mirate a soddisfare le loro necessità specifiche, in particolare nel caso di rifugiati e richiedenti asilo.
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RIFUGIATI IN ALTO MARE: QUALE PROTEZIONE?
Aspetti giuridici e pratici legati agli sbarchi
Presentazione delle linee guida "Soccorso in mare"
Palermo, 5 dicembre 2006 - ore 9.30
Kursaal Tonnara - Vergine Maria
Via Bordonaro, 9 - Località Vergine Maria - Palermo
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Con questa iniziativa - che vedrà la partecipazione, tra gli altri, di autorevoli esponenti delle principali istituzioni e organizzazioni coinvolte nelle attività di ricerca e soccorso in mare, nonché di persone che hanno vissuto in prima persona questa traumatica esperienza - l'UNHCR e il CIR mirano a fornire indicazioni sulle responsabilità dei vari attori coinvolti e a presentare gli ultimi sviluppi della dottrina in un settore ancora in piena via di definizione. Verrà inoltre affrontato il tema delle specifiche tutele da assicurare a richiedenti asilo e rifugiati soccorsi in mare, persone in fuga da guerre, persecuzioni, violenza generalizzata e violazioni dei diritti umani, che, nel lasciare il proprio paese, sono spesso costrette a mettere il proprio destino nelle mani di trafficanti senza scrupoli e a rischiare la loro stessa vita durante queste pericolose traversate. Molti di loro purtroppo trovano la morte in mare.
Attualmente, grazie alle tecniche di comunicazione satellitari e terrestri, le operazioni da parte degli Stati o delle navi mercantili possono essere rapide e coordinate e tuttavia possono insorgere problemi relativi a competenze, responsabilità e alle modalità di soddisfare le necessità specifiche delle persone soccorse, in particolare nel caso di rifugiati e richiedenti asilo, soprattutto quando - come spesso accade - le persone soccorse non dispongono di un'adeguata documentazione.
Il programma del seminario, durante il quale sarà anche proiettata una testimonianza dello scrittore Andrea Camilleri, prevede:
9:30 SALUTI DI APERTURA
Introduce e modera: Laura Boldrini, Portavoce UNHCR
Diego Cammarata, Sindaco di Palermo
Savino Pezzotta, Presidente del CIR
Mario Morcone, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, Ministero dell'Interno
10:00 Presentazione delle linee guida ''SOCCORSO IN MARE''
Paolo Artini, Responsabile della Sezione Protezione - UNHCR
10:15 "PROBLEMATICHE CONNESSE ALL'OBBLIGO DI SALVATAGGIO IN MARE"
Fatah, Rifugiato sopravvissuto ad un naufragio
Stefano Valfré, Comandante del peschereccio S. Anna di Mazara del Vallo
Corrado Scala, Comandante del peschereccio Cicho di Siracusa
Vincenzo Nardulli, Comandante del peschereccio Saverio de Ceglia di Molfetta
Franco Nuccio, Caporedattore Ansa Sicilia
Ignazio De Francisci, Procuratore di Agrigento
Intervento del Prof. Fulvio Vassallo Paleologo, ASGI - Università di Palermo
TESTIMONIANZA DI ANDREA CAMILLERI
11:30 PAUSA
11:45 "SOCCORSO E CONTRASTO NEL CONTESTO DEI FLUSSI MIGRATORI VIA MARE"
Modera: Christopher Hein, Direttore del CIR
Elda Turco Bulgherini, Prof. ordinario di Diritto della navigazione, Univ. degli Studi di Roma "Tor Vergata"
Maria de Donato, Responsabile Settore Legale del CIR
Ferdinando Lavaggi, Direttore Marittimo della Sicilia occidentale
Giovanni Maria Macioce, Comandante Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Pratica di Mare
Antonino Parisi, Comandante delle forze da pattugliamento per la sorveglianza e la difesa costiera della Marina Militare
Pasquale Piscitelli, Direttore centrale dell'Immigrazione e della Polizia di Frontiera, Ministero dell'Interno
13:45 CONCLUSIONI
Jurgen Humburg, Funzionario della Sezione Protezione dell'UNHCR
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011