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RASSEGNA STAMPA

SETTEMBRE 2006

 
NAE, n° 15, Estate 2006
L’autunno del commissario Montalbano (Aspetta l’autunno, Montalbano!)
ANDREA CAMILLERI, “La vampa d’agosto”, Sellerio, Palermo, 2006, pp. 288, Euro 11,00

Andrea Camilleri si mostra in gran forma ne “La vampa d’agosto”, decimo appuntamento con il commissario Montalbano: il plot, ben costruito ed avvincente, parte dalla banale vicenda familiare di un bambino scomparso per poi snodarsi senza forzature su un’indagine torbida e torrida, un efferato omicidio ai danni di una bellissima adolescente, che incolpevolmente attirava gli sguardi ossessionati di uomini lubrici.
Diversamente il protagonista, solitamente cinico e brillante, miniera di battute e di strategie creative, si mostra decisamente appannato: l’autore persevera nel sottolineare l’età del detective, la memoria e il fiato più corti; dà rilevo alla sua inusuale inadeguatezza nel tenere testa ai suoi tradizionali avversari dialettici, come lo sbrigativo dottor Pasquano; evidenzia il fatto che si illuda di aver rintracciato prove inconfutabili o che cerchi di architettare trappole ingenue ed indegne di lui come gli fanno notare collaboratori di sempre, come Fazio o colleghi più sperti (e più giovani), come Lozupone.
Montalbano si sta distaccando sempre di più dal suo omologo televisivo che, alla luce anche delle più recenti fiction, andate in onda nei mesi scorsi, risulta sempre più uguale a se stesso, sicuro di sé e irriducibilmente caparbio nei suoi principi e comportamenti. Il fortunato personaggio letterario, invece, più realisticamente continua a dare segnali di debolezza, ineluttabilmente dovuti all’invecchiamento: “se non avessi avuto cinquantacinco anni, avresti saputo dire di no? […] sì, avrei saputo dire di no”, pensa amaramente, deluso egli stesso dalla sua condotta inconsueta. Lo stesso commissario si dimostra difatti spaventato dalla propria incapacità di resistere a tentazioni che fino a quel momento era sempre stato in grado di controllare e che sembravano costituire e fondare certe caratteristiche tetragone e apparentemente immutabili del protagonista. È appunto a causa di queste peculiarità che alcuni critici hanno insistito nel definire Montalbano un personaggio bidimensionale come un fumetto, negandogli la dignità della figura a tutto tondo che si sviluppa e si evolve nel tempo.
Ne “La vampa d’agosto” assistiamo, invece, ad un altro giro di boa del commissario Montalbano: nelle ultime cento pagine del romanzo Camilleri lentamente demolisce alcuni lati della raffigurazione che i fan si erano fatti di lui nelle sue precedenti avventure, facendolo apparire fragile e indifeso nei confronti della vita e della giovinezza; anche più vulnerabile e disarmato che nei confronti della morte che aveva sfidato più volte nei passati episodi. Non per niente la narrazione è tutta concentrata su di lui, protagonista assoluto più che mai, senza le solite sciarratine con un Augello in ferie, con i siparietti di Catarella ridotti all’osso, con un gran numero di comprimari a cui sono riservate poche battute di dialogo; e con il rapporto ormai in rotta di collisione con una Livia sempre più insofferente ed antipatica, lei sì personaggio monolitico che lo scrittore non ha voluto far crescere né modificare nel tempo, a cui sta riservando sempre meno spazio e ha negato le mutazioni in accordo con la sua creatura principale.
Fin da “Il giro di boa” Camilleri ha cominciato a guidare i lettori verso la decadenza fisica del poliziotto, li ha portati ad intuire che presto egli avrebbe potuto variare modo di agire e di pensare, al punto che nelle prossime vicende del commissario (almeno altre due, stando agli organi di stampa e alle interviste rilasciate dallo stesso scrittore) il percorso è già chiaramente indicato. Potremo rivedere Montalbano in azione solo nel volume che Sellerio ci promette in libreria già nel prossimo mese di ottobre: per ora possiamo solo domandarci cosa sarà stato seminato nel campo del vasaio, su che cosa il nostro eroe dovrà indagare; possiamo tuttavia già essere certi che dopo un’estate arroventata, inevitabilmente è arrivato l’autunno anche per lui.
Simona Demontis
 
 

Gazzetta del Sud, 2.9.2006
L'intensa dialettica fra scrittura e territorio
Nell'Isola di Camilleri tra Vigata e Montelusa

Non è certo rilevabile esclusivamente nel «nuovo» della nostra letteratura, il «rapporto viscerale» tra gli autori siciliani e la loro terra: ma in Camilleri sono i luoghi stessi che a volte addirittura sovrastano personaggi e narrazione, pur rientrando subito dopo nel secondo piano di una meno visibile e tangibile – ma allo stesso modo percepibile – presenza.
Ne rende conto visivamente, con l'alternanza proficua di testo e immagine, un volume curato da Salvatore Ferlita per i tipi di «Kalos», con le fotografie di Giuseppe Leone e un testo critico di Paolo Nifosì sui rapporti dell'opera con quella che un tempo si chiamava «riduzione televisiva» e che oggi genericamente si indica come «fiction»: accomunando – nella fattispecie – una dignitosa e in molti tratti sapiente trasposizione del testo a una miriade di insulse rappresentazioni dell'immaginario vissuto e del vero reinterpretato. Ciò che proprio l'opera – e quindi i luoghi – di Camilleri e del suo personaggio prediletto sembrano, quasi involontariamente, contraddire: nella cruda, realistica, a volte cruenta rappresentazione di un territorio nel contempo aspro e sereno, rude e pacato, conforme insomma a quella corrente alternata di coinvolgenti sensazioni, che proprio gli scrittori veri dell'isola e nell'isola hanno saputo cogliere e trasmettere, agli esperti conterranei come ai diffidenti estranei, di cultura e conoscenza.
Incastrate, e quasi imprigionate, nella fusione possibile dell'autenticità descrittiva nei contorni sfumati – e volutamente confusi – dei ricordi e delle suggestioni: tra la Torre di Carlo V a Porto Empedocle (che «non cangiò la sua destinazione, e sempre di difesa si trattava, non più da nemici esterni ma da quelli interni») e il degrado del Rabàto, ad Agrigento; tra la sagoma frastagliata di Capo Rossello e la spiaggetta di Puntasecca, accessibile solo per i sentieri inventati dall'infanzia; tra le aride colline («quasi tumuli giganteschi») della valle dei Templi e l'urlata musicalità, nel «sciàuru» del pesce, della Vucciria di Palermo.
In una Sicilia che così sempre meno appare letterariamente trasfigurata, e sempre più prepotente si esalta nei suoi tratti concreti: resi autentici anche in difetto di realismo dall'infinito potere evocativo delle parole.
Francesco Bonardelli
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 2.9.2006
Il gas non riscatterà Vigàta

In attesa che, fra qualche decennio, l´energia prodotta da fonti rinnovabili possa in gran parte sostituire quella prodotta dalle fonti fossili, è certamente indispensabile ridurre le emissioni di sostanze inquinanti in atmosfera attraverso la diffusione dell´uso del gas naturale al posto degli oli combustibili. Per un Paese come il nostro, il cui approvvigionamento di gas dipende esclusivamente da gasdotti che sono controllati da monopolisti senza scrupoli e partono da Paesi politicamente instabili, è d´importanza strategica liberarsi da questa dipendenza. L´unico sistema per ottenere questo risultato è la realizzazione di impianti per il trattamento del gas liquido (rigassificatori) che ci consentano di comprare il gas dove è più conveniente.
Sarebbero sufficienti tre o quattro di questi impianti per raddoppiare la quantità di gas oggi utilizzato nel nostro Paese. Ma dove realizzarli? Quali i criteri per scegliere i siti più adatti? Si dovrebbe tenere conto della vicinanza alle aree dove il fabbisogno di gas è maggiore (circa l´80 per cento di quello che oggi arriva in Italia viene consumato nelle regioni industrializzate del Nord) o almeno della prossimità a impianti che possano utilizzare una parte del gas trattato. Ma, ancora prima, va affrontata la questione sicurezza: trattandosi di impianti a rischio di incidente rilevante, bisognerebbe evitare di localizzarli nei pressi dei centri abitati.
Negli ultimi anni sono state presentate molte istanze per costruire rigassificatori in una vera e propria corsa contro il tempo (le richieste sono il triplo del fabbisogno e quindi arrivare prima dei concorrenti è determinante), ma l´unico criterio per la scelta dei siti è stato quello della massima convenienza per le società che li dovrebbero realizzare e gestire. L´ovvia conseguenza di questo modo di operare sono stati i soliti scontri con le comunità locali, accusate di soffrire della sindrome Nimby («Not in my backyard», cioè «Non nel cortile di casa mia»), le consuete rassicurazioni dei politici di turno, le difficoltà spesso insormontabili alla realizzazione degli impianti. Si tratta dell´inevitabile risultato dell´approccio con cui il governo Berlusconi ha sempre fatto prevalere l´interesse di alcune lobby economiche su quello collettivo.
Quello del rigassificatore di Porto Empedocle, del quale si è molto discusso in questi giorni, è un caso esemplare su cui vale la pena di riflettere. Dopo appena vent´anni di attività del polo chimico, l´illusione di uno sviluppo legato ai grandi impianti industriali ha lasciato il posto alla disoccupazione e a un enorme disagio socio-economico. Gli amministratori che si sono succeduti alla guida del Comune non hanno avuto la capacità di immaginare un modello di sviluppo diverso, anche perché si sono dovuti misurare con l´enorme problema rappresentato dalla presenza lungo la fascia costiera di una grande area dismessa. Il cimitero di un sogno rubato.
A Napoli, in una situazione molto simile, una profonda riqualificazione ha restituito l´area delle ex acciaierie di Bagnoli alla fruizione dei cittadini e dei turisti. Perché la Vigàta di Camilleri non può puntare a fare lo stesso? L´area industriale dismessa si trova a poche centinaia di metri dal Parco pirandelliano e a un chilometro dal Parco della Valle dei templi al quale è unita da un´efficiente linea ferrata. Perché non provare ad attrarre capitali privati capaci di avviare la riconversione del suo modello di sviluppo, puntando sul turismo e sui servizi?
Questo processo sarebbe impossibile se si costruisse il rigassificatore, la cui presenza disincentiverebbe qualunque investimento privato. Perché una comunità come quella di Porto Empedocle dovrebbe rinunciare a riqualificare il proprio territorio? In cambio di cosa? Alla luce dello scarsissimo impatto occupazionale di impianti di questo tipo, la risposta delle imprese interessate alla realizzazione del rigassificatore è una sola: le royalty pagate al Comune. Un´elemosina per ospitare un impianto da 500 milioni di euro che produrrà profitti iperbolici, perché vendere gas naturale sarà uno dei più grandi affari dei prossimi cinquant´anni.
La questione dell´approvvigionamento energetico è troppo importante per permetterci il lusso di bloccare a lungo la necessaria infrastrutturazione del Paese: il governo Prodi, in coerenza con quanto affermato in campagna elettorale, individui una strategia e si assuma la responsabilità di scelte fondamentali che non possono essere lasciate in mano a imprese private, per quanto grandi come Enel, Erg o Shell.
Sia il governo, quindi, a decidere dove si faranno i rigassificatori, dando priorità all´interesse collettivo e facendosi carico di compensare adeguatamente le comunità che, nell´interesse nazionale, pagheranno un prezzo elevato in termini di sicurezza. Perché non debbano rinunciare anche al proprio sviluppo e alla propria crescita socio-economica.
Mimmo Fontana (L´autore è presidente regionale di Legambiente)
 
 

Assisi Online, 2.9.2006
Incontri e Convegni - Gli arancini di Montalbano

Perugia. Martedì 5 settembre 2006 ore 21,00, presso la Scuola Nazionale dell’Alimentazione (via Tornetta, 2), per la rassegna “Cene letterarie - Un libro da gustare all’Università dei Sapori” lettura de "Gli arancini di Montalbano" di Andrea Camilleri, a cura di Ciro Masella.
Per informazioni e prenotazioni Università dei Sapori, tel. 075. 5729935, e-mail uds@universitadeisapori.com; Comune di Perugia U.O. Politiche delle Attività Culturali, tel. 075.5772833 (da lun. al ven. 10-13).
 
 

Corriere della sera, 4.9.2006
I Dvd di Montalbano, nuovo enigma Rai
Film e varietà trasferiti su disco e venduti. Troppo cari?

Tre stili diversi: «culturale» l’offerta della Rai, «giovanile» quella della televisione franco-tedesca Arte, «popolare» quella dell’Ina - che non è il gruppo assicurativo italiano bensì l’Istituto nazionale degli audiovisivi francese. Il business però è lo stesso per tutti e tre: diffondere e vendere contenuti digitali sfruttando il patrimonio dei grandi archivi radiotelevisivi. Il mercato degli «e.contents» comincia a decollare anche in Italia. Nel 2007, secondo l’ultimo rapporto (datato luglio 2006) di Federcomin, varrà oltre 5 miliardi di euro. E la fetta più appetitosa, pari al 57%, è coperta dai contenuti video, da veicolare sulle diverse piattaforme digitali.
Rai Trade e Rai Click sono mobilitate su due fronti: Dvd e Web. A fine luglio, Rai Trade ha presentato «La Rai per la Cultura»: una serie di 39 collane, tra cui Storia, Filosofia, Letteratura, Teatro e Cinema, Economia e Scienza, con oltre 500 titoli su Dvd in vendita, tramite numero verde o sul sito Internet www.perlacultura.rai.it (per ora si possono prenotare sul sito, da ottobre si potranno comperare direttamente). In catalogo non manca l’intrattenimento culturale: dall’antologia del teatro di Dario Fo fino ai romanzi di Camilleri in 12 episodi del commissario Montalbano.
I prezzi, però, sono piuttosto da amatori, visto che la maggior parte delle opere è presentata in cofanetti da 10 Dvd: vanno dai 70 ai 135 euro.
[...]
 
 

Il Messaggero, 5.9.2006
Civitavecchia
«Eventi in periferia e nei centri sociali»
Il sindaco: maggiori iniziative anche per le scuole e tanto spazio alla musica

«La cultura non è qualcosa di ingessato è noioso, ma è viva e fresca». Il sindaco Gino Saladini, parla di cultura (della quale ha avocato la delega assessorile) con riverenza ed entusiasmo. E diventa un fiume in piena quando illustra tutti i progetti che ha in mente per la città. Progetti che hanno un denominatore comune: rivisitare la cultura di base e allargare la partecipazioni a tutti gli strati sociali.
[...]
«A proposito di libri nei prossimi mesi ospiteremo due importanti premi letterari internazionali. Si tratta del Premio per miglior libro di testo scolastico, umanistico, tecnico e scientifico, che si avvarrà di una giuria di livello e mi auguro coinvolga insegnanti di tutta la Regione e oltre. L’altro importante appuntamento sarà a fine ottobre con il Premio “Nero come...” dedicato alla letteratura gialla e noir che porterà in città oltre il celebre Gianfranco De Cataldo, giallisti di fama internazionale. Nell’ambito dell’iniziativa, per cui è prevista anche la partecipazione di Andrea Camilleri, verrà assegnato anche il premio “Giallo Mediterraneo”».
[...]
Cristina Gazzellini
 
 

La Repubblica (ed. di Torino), 5.9.2006
L'intervista. Alicia Gimenez-Bartlett, una miniserie ai Lumiq Studios con la FilmCommission
"La mia detective sotto la Mole"

Venezia - Alicia Gìmenez-Bartlett è seduta sulla Terrazza dell´Excelsior. Porta i capelli a carré e per orecchini dei cerchietti di stelle. In Italia è Sellerio a pubblicare la serie di romanzi nei quali vive e indaga l´eroina che da quasi dieci anni ha conquistato la sua penna, la poliziotta Pedra Delicado, la Montalbano di Spagna. Da due di questi, "Riti di morte" e "Morti di carta", è tratta la miniserie in due puntate per Rai e Antena 3 che verrà realizzata in coproduzione dalla holding spagnola Europroducciones con la FilmCommission Torino Piemonte, che si comincerà a girare a fine anno. La storia, sulla quale stanno lavorando gli sceneggiatori di Rai Fiction, è ambientata a Barcellona, terreno letterario di un altro giallista anomalo, Manuel Vàzquez Montalbàn. Occorre ricreare una città caotica e colorata, una città di mare. Gli esterni saranno girati in Liguria, gli interni ai Lumiq Studios. Paesaggi assolati e storie di sangue. Un poliziesco mediterraneo anche questo.
Si offende, signora Bartlett, se noi italiani la paragoniamo al suo collega, Andrea Camilleri?
Sorride. «Tutt´altro, ne sono felice. Lui è un grande scrittore. È solo che io, ma non vorrei che si offendesse lui, sono un po´ più giovane».
[...]
Clara Caroli
 
 

l'Unità, 6.9.2006
“La scoperta dell’alba”: elogio del romanzo breve
Andrea Camilleri
 
 

Carmilla, 6.9.2006
La lordura dell'universo creato
La pigra macchina del noir. Considerazioni sul genere dopo la sua morte annunciata - 3/3
Montalbano mentalmente lo dedicò a tutti quelli che si sdignavano di leggiri romanzi gialli pirchì, secondo loro, si trattava sulo di un passatempo enigmistico (La vampa d'agosto, p. 117)

Davanti a un libro come "La vampa d'agosto" bisognerebbe solo dire, rammemorando altri libri e altri lettori: «un lampo si è prodotto nel romanzo contemporaneo: il noir è di nuovo possibile!». E ri-leggere gli altri Montalbano, facendo retroagire il feed-back della "Vampa" sull'apparente conciliazione stilistica, sul preteso barocchismo linguistico, sulla ripetitività lungamente attesa al varco. Questo ultimo Montalbano spariglia le carte, rimette a posto due o tre punti che erano gradualmente sfuggiti alla vista, e fa giustizia di molti aspiranti eredi: il maestro del poliziesco italiano è ancora lui, il creatore e l'assassino del tenente Sheridan, l'uomo con l'impermeabile. Avevamo dimenticato tutti, evidentemente, che il momento più noir del poliziesco italiano – quella barella che entra in ambulanza con uno Sheridan ferito a morte – era stato partorito dalla mente di questo vecchio scrittore?
Ora, su "La vampa di agosto" non è il caso di dilungarsi troppo a lungo: c'è la recensione di Tommaso De Lorenzis, alla quale senz'altro rimando, su questa stessa rivista (e che ho letto prima di scrivere queste righe). Quello che qui vorrei fare, a conclusione di un faticoso percorso sul genere, è spiegare alcuni aspetti di Camilleri alla luce del noir.
Da Vigàta a Macallé: le due strade del camilleriano
Strano destino, quello della lingua scritta di Camilleri: i suoi estimatori l'accettano senza riserve, e la metabolizzano senza a né ba; i suoi detrattori la snobbano come barocchismo, stilismo artificioso, pseudo-gaddismo. Il problema è: com'è possibile che la lingua di Vigàta sia la stessa della Sicilia degli anni Trenta, che Montalbano parli lo stesso idioma di Michilino, l'angelo minchiuto della "Presa di Macallé"? «La presa di Macallé piegava la lingua camilleriana a esigenze introspettive, psicanalitiche, profonde e carnali, e rendeva alla perfezione una delle preoccupazioni del libro» , ha annotato giustamente un lettore acuto (Wu Ming 5): un giudizio che non si attaglia alla lingua dei gialli vigatesi. Eppure... eppure la lingua è, se ci si guarda bene, la stessa: voglio dire, sul fondo oscuro di un idioma che non è né siciliano né italiano – il camilleriano, allora – Camilleri innesta due diverse operazioni. Che lingua è il camilleriano? Non è una miscela di italiano e dialetto, o un italiano dialettizzato: non c'è quell'afrodisiaco dialettale che fu a suo tempo criticato nella letteratura neo-realistica, né l'infinita derogazione della lingua all'interno di sognate architetture che opera nel "Pasticciaccio" (che è il modello di Pennac). Camilleri del resto non usa la paratassi, come fanno gli autori di noir suoi contemporanei: nondimeno, ne ottiene lo stesso effetto. Il camilleriano è un italiano svuotato con una certa generosità (più della lingua del Pirandello delle "Novelle", per capirci) di termini e strutture; questo vuoto viene riempito con termini e frame sintattico-grammaticali siciliani, creando uno strano effetto: al posto dei vuoti ci sono dei pieni non immediatamente decodificabili, che però il lettore può agilmente saltare senza ricorrere al dizionario grazie al senso che viene comunque formandosi nel complesso del periodo. Del resto è il periodo nella sua interezza, e non il nome o la concatenazione nome-verbo, a far germinare la significazione. Ora, tra le strutture mancanti c'è il periodo ipotetico, del quale il dialetto siciliano è privo. Camilleri è quindi costretto a un certo equilibrismo per far operare, all'interno di una struttura linguistica che esiste per dire che le cose sono come appaiono, cioè come sempre sono state e sempre saranno, una logica induttiva, che presuppone comunque l'esistenza di un'ipotesi – un mondo possibile alternativo alla mera grammatica delle cose percepite – e la necessità di una sua verifica – la progressiva sostanzializzazione di quel mondo possibile che diventa reale. In questo conflitto oscuro tra ciò che non vuole essere diverso da com'è e ciò che dovrebbe (potrebbe? o forse vorremmo?) diverso si sviluppa la lingua camilleriana. Forzando il camilleriano sul lato del dialetto, la lingua stessa dice quella dura necessità che porta le vicende di Michilino a finire come immancabilmente dovevano finire: la lingua diventa totalitaria e totalizzante, e rifiuta la rottura della regione unica che inutilmente il corpo e i sensi cercano di operare. Spingendo sul lato dell'italiano, il camilleriano riesce a dire la possibilità di un mondo diverso: un mondo nel quale Montalbano è finora riuscito a riportare quel minimo di giustizia che gli è consentito, nella consapevolezza – per ri-citare Manchette sull'eroe-noir, che «può raddrizzare qualche torto, ma non raddrizzerà mai l'iniquità complessiva di questo mondo, e lo sa; di qui la sua amarezza». Montalbano è, sin dall'origine, un personaggio del noir: le sue manìe, le sue particolarità sono coerenti con la presa di distanza dalla tipizzazione che Camilleri cerca di immettere nella sua creatura, pur rimanendo sempre sull'orlo della tipicità (in questo il suo modello è il Maigret di Simenon).
La lordura dell'universo creato
Bruno, il picciliddro della "Vampa", è «un maestro nell'arte di scassare i cabasisi all'universo creato». Un perfetto essere umano: la funzione degli esseri umani è infatti, all'interno della visione di Camilleri, quella di scassare i cabasisi all'universo creato. Cioè di lordare la bellezza della natura. Fosse riposta, in qualche angolo dell'epopea di Montalbano, un barlume di provvidenza, potremmo parlare di concezione creaturale della natura. Ma dio non c'è, probabilmente non c'è mai stato, né a Vigàta né altrove: anche qui siano sull'orlo del noir, ossia del tragico. Il mondo è, nei romanzi di Camilleri, non uno sfondo sul quale si muovono le figure, ma natura viva, dinamica, dalla quale scaturiscono i personaggi e che dai personaggi è percepita, rappresentata, vista, odorata, assaporata. Sin troppo celebri e abusati i luoghi gastronomici per tornarci sopra: ma almeno va sottolineato che, nell'approccio col cibo – che è natura organica – i sensi anticipano il giudizio, le percezioni sono gettate in avanti a cogliere ciò che altrimenti resterebbe informe. Così la natura in sé: paesaggi, mari, cieli, terre sono luoghi di apparente serenità, nei quali Montalbano spesso si tuffa, si getta, cerca un contatto diretto, al limite (o forse oltre) della fusione col tutto. Sotto un albero secolare o nelle abituali nuotate, o, come in questa "Vampa", rotolantesi in un pagliaio: un atto che è un esplicito sostituto dell'amplesso, e al tempo stesso una dichiarata ricerca di oblìo. Nella natura risuona quella disperata ricerca di pace e serenità, quel poco di armonia – cioè di giustizia – che Montalbano cerca di immettere in un mondo ordinato secondo la logica del male. La natura, con la sua bellezza, è in qualche modo il modello a cui si ispira un poliziotto che non riesce più a trovare nelle gesta degli uomini giustizia. Così possiamo tracciare un confronto tra la bellezza di un creato privo di creatore – che è forse proprio per questo pieno di grazia e bellezza – e l'opera degli uomini e delle donne, che continuamente sporca con l'ingiustizia questo mondo. In questo iato tra un modello irrealizzabile nella sua interezza e la quotidiana violazione del modello ideale si colloca la macchina pigra di Camilleri, ossia la possibilità del noir.
Se un dio ci fosse, questa natura sarebbe rifugio, consolazione, conciliazione. Speranza che nega l'oggi per attendere il domani. Ma così non è. La stessa natura che si manifesta come bellezza può esprimersi come mostro, come regno dell'informe e dell'orrido, come brulicare di vita scaturente dagli inferi – topi, scarafaggi. La prima parte della "Vampa" ha questo ritmo da romanzo gotico: cieli tempestosi, forme di vita che scaturiscono dal basso per insediarsi nel mondo umano, sotterranei oscuri nei quali la morte attende da anni, corpi decomposti. Lo stesso desiderio sessuale svela, al di sotto delle ormai stanche smancerie tra Salvo e Livia, una matrice oscura, quasi sadiana. Il manifestarsi del lato oscuro della natura anticipa, nella narrazione, il susseguente svelarsi dell'oscura matrice del male che governa il mondo: l'uomo, la più lorda tra le creature dell'universo. Retrospettivamente, non è una novità questo scenario da gothic novel, da novella scapigliata: Camilleri ci aveva già messo di fronte a cadaveri decomposti che vengono incontro al nuotatore inconsapevole, o a cadaveri emersi dopo anni dalle profondità della terra. A ben pensarci, questa "Vampa d'agosto" è la versione gotica e noir del "Cane di terracotta", e il confronto tra i due romanzi ci svela qualcosa che era passato sinora inosservato. Il cuore dell'indagine è identica: lì i cadaveri di due giovani emersi da una caverna dopo decenni, qui una giovane ritrovata in un sotterraneo nascosto. In entrambi i casi tutto ruota attorno al binomio sesso/morte. Ma nel "Cane di terracotta" la trama virava dal noir al giallo, il gotico trovava una sua ricomposizione: l'amore come valore ideale, puro ed eterno, lo sposalizio inconsumabile celebrato dopo quarant'anni con un rito che in qualche modo allude a una possibile comunione nel sacro tra la cultura occidentale e quella arabo-egiziana (1). Insomma, Camilleri ha spesso giocato col noir, salvo risolverlo poi nelle maglie del giallo: un po' come Kasdan lavora sui modelli del western crepuscolare in "Silverado", risolvendo però situazioni rese classiche da Leone alla maniera “politicamente corretta” di Ford (il duello secondo le regole, i bambini che non vengono uccisi, ecc.).
Con la "Vampa" la possibilità del noir diventa realtà: non c'è riconciliazione in un mondo senza giustizia.
Metafisica del noir, ovvero: la giustizia messa in questione
Un arabo è stato ucciso. Un edile immigrato, caduto dall'impalcatura del cantiere. Mentre agonizzava il padrone e i suoi scagnozzi «avivano approfittato della situazione e gli avivano fatto a forza viviri vino a tinchitè. Po' l'avivano lassato sulo a moriri». Morto per caduta causata da stato di ebbrezza, recita il referto: «ma quanti ce n'erano di cosiddetti 'nfortuni sul lavoro che 'nfortuni non erano, ma veri e propri omicidi da parte del datore di lavoro?». Già: quanti? Roberto Saviane, in "Gomorra", ci racconta di come i morti sul lavoro siano camuffati da incidenti stradali, o accatastati nei container: nell'atrocità di una denuncia civile i due libri si tengono per mano. E colpiscono nel segno: basta sfogliare le pagine del "Domenicale" ad ambedue dedicate per capire che colpiscono. E fanno male. Quello che pensa Montalbano potrebbe essere un estratto di "Gomorra": «se le cose stavano come se le stava immaginanno, a essiri sconfitto non era cchiù sulo lui, la giustizia stissa, anzi meglio, l'idea stissa di giustizia». Dalla riflessione sulla possibilità della giustizia, Camilleri è gradualmente passato, a partire dal "Giro di boa", a una riflessione sull'idea stessa di giustizia. Detto per inciso, ma non per caso: "Il giro di boa" è, al di fuori della letteratura di genere (2) il solo romanzo che abbia parlato di Genova in un contesto nel quale dalle televisioni pubbliche e private la stessa città di Genova è stata bandita dalle location delle fiction, dalle biografie dei personaggi, da qualsivoglia trasmissione televisiva (3). O meglio: legittima e nobilita la funzione supplente di denuncia della letteratura di genere, in attesa dell'arrivo di altri, migliori e valenti intellettuali al momento in tutt'altre faccende affaccendati.
Ma con l'idea di giustizia si scivola sul piano inclinato della metafisica. E si è costretti a confrontarsi con l'unico autore che, nel punto archimedeo dell'arco teso tra giallo e noir, sia stato in grado di violare il superamento del discorso metafisico nel poliziesco annotato da Deleuze: stiamo parlando, ovviamente, di Dürrenmatt, che da "Il giudice e il suo boia" a "Il sospetto", sino a "Giustizia", ha portato il poliziesco all'altezza di Nietzsche, facendo coincidere l'idea assoluta giustizia con la vendetta. Cioè con la negazione della giustizia pratica, che nasce con tribunale istituito da Eschilo nell'"Orestiade" per interrompere il ciclo morte-vendetta.
Perché allora Camilleri deve lasciare al noir la parola finale sulla giustizia? Perché l'idea di giustizia non può non fare i conti con la sua negazione, cioè con l'idea di ingiustizia. L'ingiustizia che non si personifica, come ci si aspetterebbe da un romanzo d'ambientazione sicula, nel personaggio del mafioso (che in Camilleri spesso manca), ma nel più ordinario Michele Spitaleri.
Una breve, ultima digressione: perché in Camilleri il male non si incarna nel Mafioso? Qui è di nuovo in gioco la sotterranea struttura noir che Camilleri ha intessuto sotto la traccia dei suoi polizieschi ad enigma. In Sciascia, osservava Segre, «la forma scelta, quella del romanzo poliziesco, serve spesso, per antifrasi, non già a tracciare collegamenti logicamente rigorosi, ma al contrario a far intravvedere una rete di complicità e omertà che si estende all’infinito. Insomma, Sciascia usa la logica per mostrarne la sconfitta». Lo stesso in Camilleri, e con uguale profondità. Identificare il male nelle sue manifestazioni, e ricondurre queste a un unico centro irradiantesi, è facile, consolante e soprattutto auto-assolutorio. Che si tratti del Maligno o della Mafia, l'origine del male non ci tocca. Camilleri va più a fondo: al fondo del male c'è la capacità e la volontà di fare il male, cioè la lordura che l'uomo immette con suo agire nel mondo. Ecco perché il male dev'essere rappresentato in Michele Spitaleri, ricettacolo di ogni aberrazione: costruttore abusivo, corruttore e corrotto, sfruttatore del lavoro altrui, probabile colluso con la tratta dei migranti, pedofilo e stupratore, frequentatore degli esotici paradisi sessuali del terzo mondo – eppure così banale, così comune. Un vicino di casa. Uno di noi.
A fronte di un simile essere la violazione stessa della giustizia diventa giustizia: l'idea di giustizia – che ogni cosa sia rimessa al suo luogo naturale, in una naturale armonia – non può che coincidere con la vendetta. Ed ecco perché "La vampa d'agosto" è una riscrittura de "La sposa in nero". Con una differenza: il volto inquietante e funereo di Jeanne Moreau cede il posto al viso angelico, all'odore fresco e pulito, alla bellezza di Adriana, risorta dalla tomba per aprire le porte dell'inferno, del marcio, dell'informe all'assassino del suo doppio.
Che Montalbano sia stato usato come stecca per una geometrica partita a biliardo fa parte delle regole del gioco: «con il finto ti voglio bene, con la finta passione, col finto scanto, l'aviva portato passo appresso passo fino a indove voliva arrivare. Era stato un pupo nelle sò mano. Tutto un tiatro, tutta una finzione (4)». È il noir: la rappresentazione dell'intera società nella più alta potenza del falso (Deleuze). Che l'eroe sia inconsapevole di quello che gli accade fa parte delle regole del gioco. È il noir: il colore dell'universo creato dal passaggio dell'uomo.
P.S.: buon compleanno, Maestro
Girolamo De Michele

(1) La trama del "Cane di terracotta" è ispirata a un lavoro teatrale egiziano, sul quale Camilleri aveva lavorato assieme a un suo allievo egiziano al Centro di Drammaturgia Sperimentale.
(2) "American Nightmare" di Sbancor, "Visto dal cielo" di Vallorani, "I segni sulla pelle" di Tassinari, "Casseur" di Brignano, "Il maestro di nodi" di Carlotto, "Scirocco" di De Michele.
(3) Persino il nome di Giotto, ha denunciato in una presentazione Marcello Fois, è diventato sospetto per la sua assonanza con “Gi-otto”.
(4) Sul poliziotto-pupo, si tenga a mente quello che urla Montalbano a Mimì Augello sul comportamento della polizia a Genova: «Siamo stati manovrati, come pupi nell'opira dei pupi, da persone che volevano fare una specie di test [...] su come avrebbe reagito la gente ad un'azione di forza, quanti consensi, quanti dissensi» ("Il giro di boa", pp. 16-17).
 
 

Cuochi di carta, 6.9.2006
Buon compleanno Dottò

Tanti, tanti auguri caro dott. Camilleri, anzi, se ce lo concede, caro Andrea… come ben sappiamo, il rispetto innanzi tutto, ma ci viene difficile darti del Lei.
Abbiamo saputo che oggi compi gli anni e desideriamo ringraziarti
per quello che ci hai fatto percepire e
per le situazioni che ci hai fatto vivere o rivivere;
per i profumi riscoperti;
per i sorrisi strappati e le risate sincere;
per Salvo Montalbano e per Il birraio di Preston;
per la speranza che hai dato a François;
per il disinteressato amore di Livia e l’amicizia con Ingrid;
per Adelina e per Calogero;
per Fazio e Catarella;
per Mimì (anche se mette il parmigiano sugli spaghetti alle vongole).
Grazie Andrea per i sapori ed i profumi che emanano i tuoi piatti.
Il tinnirume, foglie e cime di cucuzzeddra siciliana, quella lunga, liscia, di un bianco appena allordato di verde, era stato cotto a puntino, era diventato di una tenerezza, di una delicatezza che Montalbano trovò addirittura struggente. Ad ogni boccone sentiva che il suo stomaco si puliziava, diventava specchiato come aveva visto fare a certi fachiri in televisione. "Come lo trova?" spiò la signora Angelina. "Leggiadro" disse Montalbano. E alla sorpresa dei due vecchi arrossì, si spiegò. "Mi perdonino, certe volte patisco d'aggettivazione imperfetta".
(da "Il cane di terracotta", Sellerio, 1996)
L’aggettivazione per noi è invece perfetta ed è con tutto il cuore che, grazie all'amico Lionello, siciliano DOC, ti dedichiamo questa Pasta con i Tinnirumi.
Ingredienti per 6 persone
4 mazzi di tenerumi
1 zucchina lunga
½ kg di pomodoro da spellare
300 g di spaghetti spezzati
6 denti d’aglio
1 mazzetto di basilico
Olio evo Sale e pepe nero (Lionello utilizza quello rosso)
Procedimento
Staccate dal fusto le foglie più tenere che andranno lavate accuratamente e quindi lessate in un litro d’acqua salata. Tiratele fuori, ancora al dente, utilizzando una schiumarola e tritatele al coltello.
Nell’acqua rimasta lessate la zucchina, spellata e tagliata a cubetti. Tirate fuori anche questa con l’ausilio della schiumarola e mettetela da parte.
Dedicatevi ora alla preparazione del pomodoro a picchio pacchio. Fate sbollentare i pomidoro, pelateli, privateli dei semi e tagliateli a filetti.
Mettete poi a soffriggere i sei denti d’aglio interi in abbondante olio extravergine d' oliva avendo cura di non farli bruciare. Aggiungete quindi i filetti di pomidoro e fate cuocere per 3 minuti. Regolate di sale e spegnete.
Unite adesso in un tegame di coccio o pentola antiaderente i tenerumi tritati ed i cubetti di zucchina aggiungendo un po’ di quell’acqua nella quale avevate lessato la verdura. Regolatevi ad occhio in base alla pasta che dovrete cucinare. L’acqua restante mettetela a bollire su un altro fornello perché potrebbe servirvi per terminare la cottura.
Quando le verdure avranno raggiunto il bollore calate la pasta e tiratela quasi come un risotto. Un paio di minuti prima che la pasta termini la cottura unite il picchio pacchio bollente, un generoso quantitativo di foglioline di basilico ed il pepe nero o il peperoncino (secondo i vostri gusti).
Mettete in una zuppiera di ceramica da portata (in modo tale che la minestra possa intiepidirsi senza che la pasta possa scuocersi) e servite con un giro di olio evo.
Ricordiamo bene, per te,"da quel 1 maggio 1947", niente vino, vero? Possiamo offrirti una birra?
Con mille auguri
Gli Scribacchini
 
 

Il Giornale, 6.9.2006
«Montalbano cerco» Boom di turisti nei luoghi dei film

[…]
E a Porto Empedocle il Comune ha deciso di aggiungere sul cartello d'accesso al paese la dicitura «Vigata», dal nome della città di fantasia in cui si muove il commissario Montalbano, creato dalla penna di Andrea Camilleri e consacrato in tv dal volto di Luca Zingaretti.
[…]
Giuseppe Marino
 
 

Corriere della sera, 6.9.2006
Il caso. Un progetto editoriale prevede la pubblicazione dei 60 vincitori e di 40 finalisti. Con clamorose eccezioni
Strega, doppia bocciatura per i grandi esclusi
La collana del premio non comprende Meneghello, Manganelli e Tabucchi

[...]
Non si capisce la ragione della scelta di Chiara, della Tamaro e di Montesano, mentre vengono lasciati fuori narratori che almeno qualche romanzo di buon talento l'hanno scritto (da Bernari a Tabucchi), ma soprattutto scrittori inventivi come Manganelli e Meneghello, D'Arrigo e soprattutto Bonaviri, per non dire - e perché no? - di Camilleri.
 
 

Carmilla, 7.9.2006
Un requiem per il romanzo giallo in 58 righe
«Il principe, assolutamente esausto e disperato, si distese anche lui sui cuscini e avvicinò il viso a quello pallido di Rogožin; le lacrime sgorgavano dai suoi occhi e cadevano sulle guance di Rogožin, ma è probabile ch’egli stesso non si rendesse più conto delle proprie lacrime e non ne sapesse nulla…»
(F. Dostoevskij)
«Un poliziotto, qualche viveur, due o tre magnaccia della penna, un’infinità di squilibrati, un cretino, ai quali nessuno avrebbe niente in contrario se venissero ad aggiungersi poche persone sensate, dure e probe, cui verrebbe data la qualifica di energumeni: non c’è di che costruire una squadra divertente, inoffensiva, a perfetta immagine della vita, una squadra d’uomini pagati un tanto al pezzo e che vincono ai punti?»
(A. Breton)

L’Idiota
Nelle pagine de "La vampa d’agosto", vanno liquefacendosi, come meduse su sabbia incandescente, le vanitose convinzioni del polar contemporaneo. Un’altra morte si aggiunge all’infinita teoria di consunzioni/rinascite che annovera i più fecondi momenti della storia del «genere». Andrea Camilleri ha consegnato alla letteratura poliziesca un perfido enigma, la cui insolubilità abita il campo instabile del paradosso narrativo.
Una volta ancora, l’impasse della “logica gialla” appare al centro della scena, nelle forme d’un sovvertimento strutturale, consumato a debita distanza dagli stessi canoni della «crisi». Il tempo del finale aperto, della molteplicità di soluzioni e degli incalcolabili capricci del caso, è passato, come pure l’età dei piedipiatti – «pesatori d’anime» e «accomodatori di destini» – eternamente sospesi tra criminologia e psicoanalisi, volontà delittuosa e coazione omicida, Quai des Orfèvres e Hôpital général. Tuttavia, la debolezza della ragione e dell’intuito torna a fare paura e occorre prestare attenzione, perché la disfatta è una bestia in agguato, che non nutre pietà per alcuno.
La débâcle delle funzioni preposte all’attività indagatrice non si limita a confermare la ben nota insufficienza del “vero”. Di là dal miraggio d’una certezza da dimostrare, l’ordine va in frantumi, portandosi appresso i quieti ideali, la saggezza spicciola e gli insopportabili valori, che reggono il cosmo del celebre commissario di Vigàta. La risateddra spezzata come tanti pezzi di vetro che cadivano ’n terra – quest’implacabile colonna sonora della Beffa – non ferisce soltanto l’orgoglio di un uomo e la sagacia di uno sbirro. Piuttosto, sfregia il volto dell’odierno poliziesco seriale, del filone letterario che ha esorcizzato l’incubo della sconfitta, imprigionandolo nella tristezza d’occasione, nel lugubre presente da reduci, nel gesto alcolizzato, nel dolore d’un passato remoto, nel patema sentimentale o nel blocco d’una qualsiasi fobia.
Il Gonzo, il martire del Raggiro, l’Illuso, il rovescio dell’Indagatore, l’antico archetipo dello Sciocco che si crede edotto, l’ignaro «gemello» del filosofo che si professa ignorante, sembrava definitivamente estromesso da un polar pacificato, pronto a trasformare l’Errore nella parodia di un’indagine goffa, il problema dell’“autenticità” in una denuncia giornalistica e la Rovina in una sindrome d’abbandono. Cosa avrà il sapiente più dell’idiota? La domanda è rimasta senza risposta, perché il «niente» da urlare a pieni polmoni avrebbe fatto sentire imbecille troppa gente. E quindi, visto che l’interrogativo pesava come un macigno, s’è deciso, sotto l’insegna d’un sorriso bonario, che l’Idiota dovesse esser cretino, maldestro e anche squilibrato. L’Olimpiade dei bisonti schizofrenici, degli ispettori pasticcioni e degli avvocati claustrofobici, cominciò così. Ora, dopo "La vampa d’agosto", tifiamo Settembre Nero.
L’Errore è tragico ed è bene non ridere. Al contrario, c’è da chiangire.
Lo s-baglio o, meglio, l’ab-baglio di Montalbano – accecamento indotto dai riverberi del solleone, da una chioma di «pallido oro» e dalla ’nnuccenza risplendente dei vent’anni – resta senza compensazione, allontanandosi – nel suo dolorosissimo compimento – dai blasonati modelli della tradizione. Quest’abbaglio ha poco a che fare con l’inchiesta errabonda, moltiplicatrice di errori funzionali, ma pur sempre indirizzata verso una meta, che caratterizza le migliori opere hard-boiled. E non intrattiene alcun legame con quel “granchio”, produttore di rimorsi e sincopi investigative, che – in "Un échec de Maigret" – s’appiccica addosso al poliziotto di Simenon, per essere scacciato – infine – da un’intuizione acciuffata nel profondo dei sogni. Camilleri non ha nemmeno provato a riscrivere, in salsa siciliana, la malinconica dignità che, in "The long goodbye" e in "C’era una volta in America", Marlowe e Noodles – cavallereschi idioti del Secolo XX – oppongono al tradimento dei vecchi amici. Nell’estate rovente, un’energia diversa si fa strada tra le maglie del poliziesco, intrufolandosi sotto i significati più ovvii. Drammatica forza del fallimento e dell’imbroglio, della caduta e della finzione, del delitto e del castigo, del desiderio che ottenebra e della rappresaglia che uccide, il Noir spadroneggia in un finale a dir poco rocambolesco, che compone, e impone, il dolente ritratto della Vittima. Ma quando il soccombente non è un predestinato, un maledetto privato perfino del sole, l’angoscia – mista a sbalordimento – si moltiplica. Il colpo non è più solo “di scena”, bensì diventa una botta assestata in pieno viso.
Tutto sul nero, quindi. E rien ne va plus
Dal punto di vista dei modelli, "La vampa d’agosto" ostenta un intreccio volutamente classico, plasmato su traiettorie ordinarie che, nelle mani dello scrittore, si rivelano armi micidiali. Camilleri, la spesa al mercato della vecchia «letteratura culinaria», l’ha fatta come si deve e gli ingredienti ci sono tutti: una ragazza stuprata e sgozzata; il casuale ritrovamento del catafero a distanza d’un lustro abbondante dal fattaccio; un porco bastardo di rara abiezione su cui s’appuntano i soliti sospetti; un alibi da scardinare; un trabocchetto organizzato secondo la vetusta iconografia; e una comprimaria bella da morire, sorella gemella della vittima, che s’offre per l’ambito ruolo di esca.
La conformità agli schemi è strenuamente difesa fino all’improvvisa apparizione dell’aggettivo «stracangiata», che – più di una voce o d’una brusca svolta di trama – denota un magistrale trapasso di genere. È a questo punto che il lettore, circuito (ma sarebbe meglio dire «sommamente rincoglionito») dal morbido ordito degli stereotipi, paga a caro prezzo il peccato di presunzione. A 58 righe dalla conclusione, infatti, Camilleri opera un perfetto ribaltamento della «grammatica» gialla, sospingendo critici e commentatori oltre la linea di un’immaginaria difesa letteraria, in un fuorigioco della lingua dove ci si ritrova con la bocca aperta e la penna a mezz’aria. L’insolubile mistero della fiamma agostana è proprio questo: per raccontare la dismisura del noir, bisogna confessare l’atto vendicativo che ripristina l’ordine infranto del giallo.
à rebours
L’abbiamo già detto: bisognava prestare attenzione.
Nel gioco riuscito della detection è obbligo ripercorrere il tragitto in senso inverso, per individuare il passaggio in cui la concentrazione è calata e un dettaglio risolutivo s’è mimetizzato nell’ambiguo tessuto dei segni. Nel caso de "La vampa d’agosto", il procedimento genera un insopportabile senso di frustrazione, perché le tracce, profuse con inconsueta generosità, sono tutte lì, per quanto sepolte sotto un rigoglioso giardino di clichés. «È un bravo artigiano», era solito scrivere Jean-Patrick Manchette a proposito di qualche collega capace. Parole sante, ma se sotto il buon manufatto color canarino, si nasconde una Monna Lisa nera come il carbone, e se non t’accorgi del travestimento, allora c’è da incazzarsi sul serio.
Sarebbe stato opportuno, ad esempio, non fidarsi della logorata costante meteoropatica che fa della letteratura poliziesca una branca della climatologia. «D’altronde non era l’unico a Parigi, come nel resto della Francia, a essere irascibile: non si era mai visto un tempo tanto piovoso, freddo e tetro a marzo»… «Una foschia afosa avvolgeva Marsiglia»… «Questa primavera, per la prima volta, mi sono sentito stanco e vecchio. Forse, dipende dal tempo schifoso che abbiamo avuto a Los Angeles o dalle poche schifose indagini che sono riuscito a rimediare»…
Da sempre, la cosiddetta «paraletteratura» alimenta il riflesso romantico tra condizioni dell’atmosfera e stati dell’animo. L’immaginario della fantascienza distopica elesse la notte perenne a eloquente indicatore di perdizione e sfacelo. I reumatici effetti della pioggia – prove dell’inesorabile fluire del tempo –, la caligine – emblema della sudicia essenza del male –, il refolo inatteso, avviso d’un pericolo incombente, sono strumenti che non mancano mai nella cassetta dell’operaio-scrittore. La canicola non è da meno. Simbolo della fatica interpretativa, paradigmatico ostacolo posto sul percorso dell’intelletto, l’afa del «genere» è una figura di comprovata affidabilità. Questa volta, però, Montalbano la patisce più del dovuto, e in maniera bizzarra, come dimostrano gli improvvisi, ripetuti e infantili striptease che offre a un pubblico imbarazzato. Ma al fuoco della «fornace» è impossibile sottrarsi e anche l’agognato vento di mari avrebbe un «retrogusto amarognolo, come abbrusciato dalla vampa d’agosto», che tutto consuma e niente risparmia.
La calura, inoltre, allude al senso della vecchiaia incipiente e al dubbio sulla tenuta delle capacità psico-fisiche. Nella consuetudinaria certezza che l’intralcio, prima o poi, sarà superato, si prende per momentaneo ciò che invece è definitivo. Così, la connotazione stagionale, quindi per definizione effimera, camuffa l’inappellabile tracollo delle facoltà. E nonostante il poliziotto dichiari esplicitamente la propria inadeguatezza («i pensieri hanno perduto ogni brillantezza, sono diventati opachi e si muovono a rilento»), la confessione è rispedita al mittente, nel convincimento – indebito – che l’estate muterà in autunno, la fiamma cesserà di ardere, la legge pareggerà il delitto e la verità trionferà. Errore: la vampa divora le strutture del poliziesco e perde irrimediabilmente colui che ha provato a estinguerla.
Ma non è questo l’indizio più importante. Prima della sofferta ammissione, infatti, il commissario incappa in un paradossale malinteso che costituisce la vera chiave del rebus. Desideroso di punire il perverso gusto del dottor Tommaseo per i reati a sfondo sessuale, Montalbano decide di scaricargli il penoso onere dell’incontro con i famigliari della ragazza uccisa. L’esca, utilizzata per blandire i nauseanti appetiti del pubblico ministero, è una boutade circa l’esistenza di un’improbabile sorella gemella: ancora più avvenente e «di gran lunga più bella». Sorpresa. Stupore. Sgomento. La gemella esiste davvero, per l’incontenibile soddisfazione del magistrato maiale. Il segnale è vampeggiante. Nel rovesciamento umoristico, si palesa un concentrato di «assurdità immediata», che coglie – come inconsapevole preveggenza – il senso della realtà. Oppure è l’oscuro campo magnetico del desiderio a intuire, in un materializzarsi dell’oggetto della libido, l’effettivo svolgimento degli eventi? Chissà. Di una sola cosa si può essere certi, e cioè del fatto che, nell’inversione/inveramento, l’ingannatore (Montalbano) si ritrova vittima dell’ingannato (Tommaseo). Siamo pronti a scommettere: lo schema non si ripeterà. Errore: l’imbroglio, infatti, sguscia dal registro grottesco per duplicarsi in quello tragico. L’inizio del noir è a pagina 112, astutamente protetto dai teatrali equivoci della commedia del doppio.
Andrea Camilleri sfata, così, un altro luogo comune del polar italiano, esorcizzando quel canone che in passato ha colpevolmente contribuito a riproporre. Parliamo di una certa, “cordiale”, giustapposizione di comico e “criminale” che, se non è garantita dal cinismo di un George Higgins o dalla mestizia di un Cornell Woolrich, rischia di produrre disastri incalcolabili. Droga d’alleggerimento, strumento della connotazione burlesca, l’umorismo governa, oggi, un vasto processo di ristrutturazione dell’industria culturale.
L’offensiva mediatica, che consacra l’attuale età del «genere», si regge proprio sulla riconversione dei suscitatori di comicità in soggetti del poliziesco. Dopo la fantascienza buffa di "Nirvana", l’operazione si ripete con successo grazie al polar svagato e domestico. Le apparizioni di Diego Abatantuono e Claudio Bisio in prodotti cinematografico-televisivi dal colorito giallastro sono solo la punta dell’iceberg d’una «convergenza» compiutasi sulla tratta Milano-Roma. Ovviamente, con tappa obbligata per le lasagne alla bolognese. In questo caleidoscopico miscuglio d’elementi, l’auspicata «fusione» dei generi diventa rimescolio casuale nel calderone del trash romanesco, patetica scolastica tardo-pulp, imbarazzante re-interpretazione della “gloriosa” cultura di serie b, o – peggio – consacrazione della barzelletta comoda, della battuta stanca, della celia da cenone di Natale e del calembour spicciolo. Spacchiamoci, allora, in una sardanapalesca risata innanzi all’assonanza Coliandro-“coriandolo”. Tra qualche tempo, ci faremo la pipì addosso per la rima «cazzo»/«Milazzo», cantando a squarciagola Osteria numero… Eccolo, il «genere» che doveva narrare il cupo mistero dell’«altra metà» e del lato oscuro.
Che la forza sia con voi.
Nella concretizzazione della distorsione umoristica, Camilleri evoca il flusso surrealista che – dagli albori del «genere» – alimenta l’energia nera. La sorella esiste, e l’archetipo dell’identico che si raddoppia funziona perfettamente. Tuttavia, il raggiro è ancora casuale, privo d’astuzia, lontano dal piano d’una ragione diabolica e alimentato da un imprevisto irrazionale. Il teatro è senza dubbio quello latino, nella versione di una postuma commedia dei gemelli, in cui un membro della coppia è defunto e l’altro compare sull’onda d’una probabilità statisticamente remota. Lo ripetiamo: l’applicazione del paradigma non poteva andare oltre. Invece, sì. Ultimo, pacchiano, tristissimo errore quello d’aver ristretto la letteratura del doppio alla figura del Sosia. Dietro le spalle di Plauto, Robert Louis Stevenson ghigna implacabilmente.
Il trabocchetto orchestrato dal commissario è l’ultimo tassello della maligna trappola, che la bella e innocente Adriana Morreale ha ordito mediante l’assoluta doppiezza delle parole e dei gesti. Nel compimento del giallo, quando l’assassino Michele Spitaleri cade sotto i colpi d’una vendetta inesorabile, l’imbroglio produce il totale capovolgimento del «genere». Così, la legge del taglione prevale sugli imbalsamati feticci di tribunali e questure. Il bene e il male si avvinghiano nel mortale abbraccio del Nero. Lo sbirro diventa complice d’un omicidio premeditato. La pistola d’ordinanza si fa arma del delitto. La connivenza e la corruzione non sono scelte immorali, bensì sentenze irrevocabili. L’ultimo denudamento non è rimedio per la calura o tentativo di estinguere la pulsione che avvinghia il corpo, bensì sforzo – vano – di liberarsi dal tormento della «conoscenza»: «E allura il commissario, sintenno che la terra gli sprufunnava sutta ai piedi, capì». Neanche il mare, tra le cui onde Montalbano ha trovato di tutto (dal refrigerio ai cadaveri), può fornire risposte. Ormai, è solo acqua che si mischia ad altra acqua: «Natava e chiangiva», «natava e chiangiva».
Che razza d’Idiota.
Tommaso De Lorenzis
 
 

Il Giornale, 7.9.2006
Anche Camilleri scopre l’alba di Veltroni

Un entusiasta Andrea Camilleri, lui di pirsona pirsonalmente, si cimenta sull'Unità di ieri in una avventata lode del romanzo di Walter Veltroni "La scoperta dell'alba" cesellando espressioni di questo tipo: «La massa di questo libro di appena 150 pagine è veramente notevole... E non è un caso che il nome di Calvino (del quale è appassionato lettore il figlio Lorenzo) compaia già a pagina 19. .. Ecco: la massa dell'argomento drammatico di questo racconto è alleggerita dal fiore della scrittura “lieve”, elegante senza volerlo parere, una scrittura che continuamente si sorveglia e vigila per non lasciarsi andare a sovratoni o a sbalzi sopra, o sotto, le righe... C'è solo da aggiungere che se l'archivista Astengo “ha vissuto”, il romanzo di Veltroni ha cominciato, e molto bene, a vivere».
Spericolate apologie di questo genere ci rafforzano nella convinzione che la stroncatura sia un genere non solo utile, ma assolutamente necessario.
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 8.9.2006
L´evento. Carofiglio alla Feltrinelli: un successo la presentazione del romanzo
Se una notte d´estate uno scrittore
Il libro. Successo di pubblico alla Feltrinelli per il nuovo romanzo. "Faremo altrettanto alla Laterza"
Carofiglio fa il pieno in libreria "E ora altre notti con gli autori"

Metti una sera dopocena, in libreria, intorno alla mezzanotte, e in questa cornice di un Capodanno di fine estate, la risposta dei baresi non si fa attendere. Il turnover di un migliaio di lettori e curiosi che hanno affollato la Feltrinelli nella notte tra mercoledì e giovedì per la presentazione dell´ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, "Ragionevoli dubbi", è la riprova della domanda di cultura e di occasioni d´incontro in una città come Bari.
È la notte bianca barese, bianca come la luna piena in cielo, degna di una storia di Harry Potter, l´unico che finora aveva il primato di un´apertura notturna in libreria. Fuori c´è un´aria che minaccia di lessarti vivo e dentro non è da meno per un guasto improvviso all´impianto di condizionamento, si scuserà la direttrice Roberta Tamborra. Tra i primi ad arrivare c´è il governatore Vendola, proveniente da Cerignola dove gli hanno dato la cittadinanza onoraria, che racconta: «La destra non è venuta e io ho fatto l´apologia di Pinuccio Tatarella, un uomo che ha saputo interpretare una stagione in cui ci si doveva liberare dalla morsa della lotta ideologica come motore della politica».
E in questo modo Vendola s´infila dritto in uno dei temi del libro di Carofiglio, il cui alter ego Guido Guerrieri dovrà difendere Fabio ‘Raybàn´Paolicelli, ex picchiatore fascista nonché ossessione della sua adolescenza. «Sono stato il primo a leggere Carofiglio - continua il governatore. - E sono stato anche il primo a dire che è il nuovo Camilleri, in chiave anglosassone e con una scrittura meno metafisica e barocca. L´apertura notturna di una libreria, come succede stasera, è segno di coraggio coronato dal successo e indica che c´è un pubblico possibile anche in orari che possono essere restituiti alla funzione collettiva».
Dopo Vendola, alla spicciolata arrivano, tra gli altri, Alessandro Laterza, il capo della Squadra Mobile, Liguori, e Filippo Melchiorre, capogruppo di An al Comune, con Gianluca Paparesta che dichiara di essere un lettore appassionato di Carofiglio e di provare orgoglio ogni volta che un barese si afferma su platee più vaste. Mentre il bar della libreria lavora a tutta birra, segno evidente anche questo che la cultura "paga", Carofiglio ci racconta com´è nata questa notte in libreria. «È un´idea che abbiamo avuto con la Feltrinelli, anche perché non volevo fare una presentazione tradizionale. In più è una citazione del romanzo, nel quale c´è Ottavio, un ex professore di liceo che soffre d´insonnia, il quale, grazie a un´eredità, dà vita a una libreria, l´Osteria del caffellatte, che apre alle undici di sera e chiude alle sei di mattina». Inutile dire che un sacco di gente, non di Bari, gli abbia chiesto se in città esista davvero una libreria così. Chi è di Bari sa bene che si tratta di un´invenzione letteraria, ma non è detto che non si possa aggiustare il tiro.
«Questa notte rappresenta solo un precedente - aggiunge a proposito Carofiglio. - Ci saranno altre presentazioni notturne, anche da Laterza. Mi piace l´idea di uscire di sera verso le undici e andare in libreria». L´idea sembra piacere a molti: nonostante il caldo, infatti, la libreria by night è piena di gente seduta, in piedi, accovacciata per terra, affacciata al piano superiore. E le donne registrano la superiorità numerica.
«Inizialmente questo romanzo, che esce in 110mila copie, doveva avere come titolo "Casablanca" - continua Carofiglio - perché la storia è Casablanca, per gli intrecci e per il finale che naturalmente non svelo. In comune con gli altri miei libri ha una serie di citazioni musicali, letterarie e cinematografiche, anche un po´ trash direi, come il "Ti spezzo in due" di Rocky. Alcune sono nascoste, è quasi un gioco con i lettori». Mentre lo dice, sopra di lui campeggia una frase di Italo Calvino che sembra messa lì apposta: «Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperta».
Si entra nel vivo della presentazione e Carmela Vincenti, tra siparietti spassosi e collaudati con l´autore, legge alcuni brani del libro. Poi, qualche minuto prima della mezzanotte, brindisi col prosecco e apertura degli scatoloni. Quindi tutti in fila per farsi firmare il libro dall´autore con tanto di timbro apposto che è quasi un annullo speciale: "Feltrinelli, 6 settembre 2006, la notte bianca". Roberta Tamborra è sfinita, ma contenta: «Magari si potesse tenere aperta la libreria tutte le sere fino a quest´ora». Perché no? Sono le due di notte quando la Feltrinelli chiude con 300 copie vendute per Carofiglio, un incasso generale che corrisponde a due ore della mattina, e una certezza in più: a Bari si può.
Chiara Balestrazzi
 
 

9.9.2006
Caravaggio. Auf den Spuren eines Genies

In occasione della mostra su Caravaggio (dal 9 settembre 2006 al 7 gennaio 2007 al Museo Kunst Palast di Düsseldorf) è stato pubblicato il volume Maler. Mörder. Mythos. Geschichten zu Caravaggio (Hatje Cantz Verlag), che contiene anche un racconto su Caravaggio di Andrea Camilleri.
È possibile che in futuro il racconto venga ulteriormente ampliato.
«Io non sono un critico... Non scriverò del Caravaggio sparito a Palermo: m’hanno detto scriva, s’impegni, qualche episodio siciliano, maltese… È stato un buon suggerimento».
(Andrea Camilleri, da un'intervista a Fahrenheit, 31.1.2006)
 
 

Il Foglio (inserto), 9.9.2006
Nove colonne
Cosi' scrisse Camilleri di Walter prima di essere tradotto

Versione originaria, recensione straordinaria: “Ora m’addumu ’na sicaretta!”. Nove Colonne si pregia di offrire ai propri lettori ampi stralci della più importante tra le recensioni letterarie in versione originaria. E’ quella di Andrea Camilleri al libro di Walter Veltroni. Scritta in siciliano e perciò rifiutata una prima volta dall’Unità che ne ha richiesto un rimaneggiamento, per giunta tradotto, la recensione è adesso più che integrale.
Versione originaria, recensione straordinaria: “Ora m’addumu ’na sicaretta!”. Grazie alle graziose e furtive mani di Furio Colombo che ci ha fatto dono del cartaceo, l’articolo di critica letteraria si può godere adesso nella sua più schietta forma: “Warter Vertrono sì, è veru pueta”, questo l’incipit del papà di Montalbano, che così prosegue: “Ma chi scassamento di cabasisi però farci una chilometrata di articolo! All’ottantanni un poviru scritturi che se solo etta un piritu ci guadagna miliaddi di miliaddi di sola puzza, cu ci lu fa fari di farci i complimenti a u sinnicu?”. Recensione prima versione, urge comunque traduzione: per etta un piruti s’intenda butta una scorreggina, per cabasisi i cosiddetti e per miliaddi di miliaddi le royalties. “Ma io – dice Camilleri – me ne strafotto, anzi, mi faccio biondo, mi tinciu li capiddi, mi fazzu la messa in piega. Me la faccio epurata. Per solidarietà con Michele”.
Versione originaria, recensione straordinaria: “Ora m’addumu ’na sicaretta!”. Così prosegue il Camilleri: “Tanto per cominciari ci vedo puzza di plagio. La causanza del telefono di bachelite nivura, così come si trova nel rumanzo di Vertrono ppi telefonarsi iddu di persona pirsonalmente piccilliddru, mi sapi tanto di cosa arrubata. Forse che si vuole catafottere la mia di persona personalmente ‘Concessione del Telefono’? Fosse così, lo consumo: altro che scrittore troppo accorto, quanto è vero che Camilleri sono, ci metto contro tutti l’avvocatura dei diritti d’autore e lo stracancio”. Recensione prima versione, urge comunque traduzione: per piccilliddru s’intenda bambino, per cosa arrubata, furtarello, per catafottere per l’appunto fottere (lo stracancio invece, si traduca ‘Gli cambio i connotati?). “Ma io – dice Camilleri – me ne strafotto, anzi, mi faccio biondo, mi tinciu li capiddi, mi fazzu la messa in piega epurata Michele. Squasi con un colpo di sole mi fazzu, ci metto le meches accussì ci scrive un pezzo sul Corriere della Sera la pregiatissima Marialauruzza Rodotà”.
Versione originaria, recensione straordinaria. “La felicità della scrittura di Vertrono – scrive ammirato Camilleri – consiste in questo continuo arriminarisilla. Vetrono è scrittore troppo pratico di cinematografo per non sapiri a quali scene di pasta e suco a cui pinzari. Come e qualmenti ci penza iddu ci mette saittuni e sucuni senza che però il lettori avverta lo iato (Ah, come siamo colti. Sul fatto)”. Recensione prima versione, urge comunque la traduzione: per arriminarisilla s’intenda far flanella (figur.: fare sega), per saittuni e sucuni s’intenda “mulinelli e piccoli gorghi”, per lo iato infine, s’intenda propriamente lo iato. Tale in greco, tale in siculo. “Ma io – prosegue ispirato Camilleri – me ne strafotto, anzi, mi faccio biondo, mi tinciu li capiddi, mi fazzu la messa in piega e puramente la cresta in testa. Come un giovane contestatore. Però la messa in piega mi deve restare epurata. Sempre per solidarietà con Michele”.
Versione originaria, recensione straordinaria. “Gli amici e compagni dell’Unità mi fanno scriviri per forza in italiano, ma quando scrivu in siciliano io esco al naturali, dicu le cosi tali e quali. E camunque, ora m’addumu ’na sicaretta e ci raggiuniamo la cosa: Vertrono è scrittore troppo accorto, e macari assai. Il telegionarli di Carlu Rossella, ppi fari ad esempiu, ci dedicau un serviziu che mancu la televisione venezuelana per l’ultimu libru di poesie di Fidel Castro. Troppo accorto è il nostro sinnacu, havi facilità, utilità e piacere nel suo esercizio di farsi fari tante marchette. Ma io me ne catafotto: mi faccio biondo, mi fazzu la messa in piega, mi tinciu li capiddi. Biondo cenere mi fazzu, comu ’na sicaretta”.
 
 

Ney York Times, 10.9.2006
The Constant Gardener

Something new has been happening in Italian literature in the last five or six years. The literary novel and the crime thriller - once relegated to playing footsie beneath the dining room table of fiction - have embarked on an out-and-out hand-fondling flirtation. Writers like Andrea Camilleri have recently emerged, bringing a more literary sensibility to detective fiction.
[…]
Vendela Vida
 
 

Il Giornale, 10.9.2006
Da Rai Click a Mtv sul web arriva il palinsesto fai da te

Milano. La tv s'imbarca su internet. Da Rai Click a Mtv Overdrive a Parole e persone, il web italiano ci permette di svicolare dai palinsesti talvolta claustrofobici della televisione in chiaro, privilegio che finora era stato solo degli utenti di Sky e di quanti si sono già procurati il decoder del digitale terrestre e hanno acquistato la tesserina di Mediaset Premium. Ormai è sufficiente un normale collegamento a internet con adsl per rivedere fiction e programmi di intrattenimento che ci hanno appassionato in passato e ancora trasmissioni create apposta per il web.
«A Rai Click web si collegano in media 350mila utenti, in particolare gli italiani che vivono all'estero. Ma i numeri sono in crescita», spiega Michela Colamussi, responsabile marketing di Rai Click tv. Basta andare sul sito www.raiclick.it e cliccare l'icona «Rai Click web», per accedere ai prodotti realizzati da Rai fiction e RaiTrade: ci sono i quattordici episodi del “Commissario Montalbano”, tutte le serie de Il medico in Famiglia, per citare le fiction più famose, la soap Un posto al sole, ancora i programmi per bambini Fantabosco e Melevisione, i cartoni animati, ma anche gli speciali di approfondimento come Blu nottecondotto da Carlo Lucarelli. Un menù di 1.500 titoli accessibile a tutti, gratuitamente, dal computer di casa, non importa se collegata a un pc con sistema operativo Windows o a un Mac.
[…]
Paola Manciagli
 
 

Scienza e Psicoanalisi, 10.9.2006
Le manifestazioni del Bimbo nella dinamica transfert-controtransfert

1) Luigi Pirandello come esempio di realtà molteplice e di autoanalisi spontanea.
[...]
C'è una frase di Pirandello sulla quale conviene meditare: «La pazzia di mia moglie sono io».
Nel suo bel libro biografico, Andrea Camilleri si pone la domanda che ogni studioso di Pirandello si è posta: perché Luigi volle a tutti i costi convivere con la follia della moglie quando a consigliargli il ricovero in casa di cura erano familiari e medici?
[...]
Nicola Peluffo
 
 

Comunicato stampa, 11.9.2006
Marco Baliani ed Enrico Rava a Colorno
L’attore e il musicista jazz porteranno in scena un soggetto inedito di Andrea Camilleri il 16 settembre 2006 per la conclusione della rassegna “Estri d’estate”

Enrico Rava, Marco Baliani e Andrea Camilleri sono i tre nomi protagonisti di una serata dedicata al jazz, al teatro e alla letteratura, appuntamento conclusivo della rassegna Estri d'Estate - La musica dei sapori sulla Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli, che avrà luogo sabato 16 Settembre nello splendido scenario della Reggia di Colorno (Parma), ex residenza di Maria Luisa d'Asburgo. L'evento è realizzato da Solares Fondazione Culturale, promotore ed organizzatore della rassegna assieme alla Provincia di Parma ed alcuni Comuni del Parmense, in collaborazione con il Teatro delle Briciole - Teatro Stabile di Innovazione e con il sostegno di Fondazione Cariparma e Fondazione Monte di Parma.
Il progetto è frutto della collaborazione tra Solares, Enrico Rava e Andrea Camilleri, autore di 'Requiem per Chris', soggetto inedito che vede il jazzista italiano (il più conosciuto a livello internazionale!) protagonista di una 'storia siciliana' che si conclude in una New Orleans, segnata dalla catastrofe dell'uragano Katrina, che mantiene, nonostante la tragedia, il fascino della sua tradizione musicale. Voce recitante del commovente e toccante ritratto della città statunitense l'attore Marco Baliani (premio speciale Ubu 2005 per Pinocchio Nero, progetto realizzato con i ragazzi di strada di Nairobi, in Kenya, promosso da AMREF Italia e dal Teatro delle Briciole).
Baliani e Rava racconteranno la storia di Chris Lambertine, personaggio fantastico che incarna le origini e la storia del jazz afro-americano, assieme a Mauro Negri (sax contralto e clarinetto) e alla Enrico Rava New Generation, ovvero Giovanni Guidi (pianoforte), Francesco Ponticelli (contrabbasso), Emanuele Maniscalco (batteria).
Il concerto avrà inizio alle ore 21.15. L'ingresso è libero sino ad esaurimento dei posti disponibili.
A coronamento della serata è inoltre prevista una degustazione guidata e commentata a cura di Slow Food - Condotta di Parma, in collaborazione con Parma Turismi, dal titolo 'Nostalgia e lontananza, dalla Sicilia a New Orleans', un viaggio ideale, che ripercorre il tema della serata, all'insegna dei sapori tradizionali. La degustazione prevede un costo pari a 10,00 euro. Per prenotazioni rivolgersi a Parma Turismi: info@parmaturismi.it; tel. 0521 228152.
In caso di maltempo concerto e degustazione avranno luogo al coperto.
Info: Solares Fondazione Culturale, tel. 0521 964803; ufficio.stampa@solaresonline.it, www.solaresonline.it.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 12.9.2006
"E adesso sotto l´Ara Pacis si aprirà un auditorium"
L´assessore alla Cultura Gianni Borgna parla di mostre

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«Tra i momenti più importanti della festa del Cinema di Roma ci saranno gli omaggi a tre grandissimi cineasti, che quest´anno compirebbero cento anni: Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Mario Soldati».
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Il 16 ottobre, nell´appena inaugurato Auditorium dell´Ara Pacis, Andrea Camilleri parlerà di Mario Soldati scrittore oltre che regista.
Renata Mambelli
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 12.9.2006
"Club Palermo" Così i luoghi evocano i miti
Il ritrovo dei boss del "Piccolo Cesare" e la città della Charles-Roux: l´immaginario suscitato dalle parole sulla Sicilia

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La letteratura siciliana è stata una fucina superproduttiva nella forgia di parole mitiche. Basti pensare a tutta la sfilza di autori storicizzati come simboli: Pirandello e il pirandellismo, Verga e il verismo, Sciascia e «l´irredimibilità» con il seguito di tutto lo sciame di sciasciani di ordinanza. E ancora Brancati con il suo "Bell´Antonio" e Camilleri con «Montalbano sono». E per finire «la Sicilia vittoriniana» e le «cento sicilie» di Bufalino e Consolo con lo "Spasimo" di Palermo. Non tutti hanno letto "Uno nessuno centomila" di Pirandello, ma tutti utilizzano e in modo pertinente questa espressione, diventata unità di misura delle tante personalità che si annidano in ognuno di noi, cartina al tornasole di quanto sia mutevole l´animo umano.
[...]
Tano Gullo
 
 

ANSA, 13.9.2006
Approfondimenti
Marano: Raidue cresce e punta sulla produzione

Roma.
[...]
Mercoledì 22 novembre, dopo l'Isola, nel palinsesto di Raidue farà capolino anche la fiction di produzione, con la serie di 'Crimini', otto noir scritti dai migliori giallisti italiani, da Carlo Lucarelli ad Andrea Camilleri a Sandrone Dazieri, ognuno ambientato in una diversa città.
[...]
 
 

Gente, 21.9.2006 (in edicola 13.9.2006)
La prossima settimana continua la nostra straordinaria iniziativa
Montalbano per voi
Con le edizioni speciali di "Gente" potrete raccogliere tutti i 14 dvd del Commissario più amato
In collaborazione con RaiTrade e RaiFiction

Se siete degli appassionati del genere poliziesco e fan del simpatico Commissario Montalbano, questa settimana, con l’edizione speciale di “Gente”, avrete già trovato “La pazienza del ragno”, il primo dei 14 dvd con le appassionanti storie del poliziotto più amato della televisione. Secondo appuntamento, la prossima settimana: spendendo solo 9,60 € acquisterete “Gente” e il secondo fantastico dvd, dal titolo “Il gioco delle tre carte”.
[...]
 
 

Il Venerdì, 15.9.2006
Cultura. Salvo e i suoi fratelli
Negli ultimi dieci anni si sono moltiplicati i giallisti che ambientano le loro storie nelle grandi e piccole città. Il primo fu il bolognese Macchiavelli. Il più venduto è il siciliano. Che qui racconta i rapporti con i suoi colleghi. E il mistero dei misteri: il destino del suo eroe.
Investigatori d’Italia
Camilleri, re del giallo regionale: “C’è un Montalbano segreto…”

Roma. La notizia della morte del commissario Montalbano, annunciata la scorsa primavere [in effetti già dall’estate del 2005, NdCFC], ha colto tutti di sorpresa. Che Andrea Camilleri si fosse stufato dell’eroe di Vigata, sfidandolo in una tenzone letteraria fino a farlo sparire, sembrava evidente. “Ho già scritto il romanzo sulla sua fine e l’ho consegnato all’editore”. Un’idea inaccettabile per i suoi fan che crescono di romanzo in romanzo. “La vampa d’agosto”, l’ultimo Montalbano uscito appena sei mesi fa, ha già venduto 620 mila copie, arrivando alla ventesima edizione.
Mentre gli scrittori italiani riempiono il paese da Nord a Sud di investigatori, commissari, marescialli dei carabinieri, magistrati e agenti del Sisde, scoprendo un gusto per il genere poliziesco fino a pochi anni fa sconosciuto, il commissario più famoso d’Italia viene fatto fuori dal suo creatore. Una follia. Soprattutto se si considera che Montalbano ha avuto un traino straordinario, al punto che i lettori hanno cominciato a manifestare per alcuni nuovi personaggi un vero e proprio culto. L’ultimo è anche lui un uomo del Sud: l’avvocato Guido Guerrieri, creato dal magistrato scrittore Gianrico Carofiglio. In occasione dell’uscita dell’ultimo romanzo “Ragionevoli dubbi” (Sellerio, pp. 302, euro 2) a Bari, qualche giorno fasi è tenuta una veglia davanti alla libreria Feltrinelli. Tutti ad aspettare la mezzanotte per aprire i pacchi e ascoltare l’auotre leggere alcuni brani.
Forse anche queste considerazioni hanno spinto Camilleri a cambiare idea. Elvira Sellerio ha messo il dattiloscritto in cassaforte. Rifiutandosi di leggerlo, e ha aspettato che allo scrittore passasse il virticchio. E così è stato. E infatti, dopo “Vampa d’agosto” esce fra qualche settimana “Le ali della sfinge”, nel quale il nostro commissario cercherà di farsi perdonare da Livia, la sua storica fidanzata, la sbandata per la giovanissima Adriana Morreale, finita a schifìo nell’ultima avventura.
Ma come ha potuto pensare di far fuori Montalbano?
”Mi sono avvantaggiato. A ottant’anni volevo prevedere la sua uscita di scena”.
Ma lei, il padre di tutti gli investigatori d’Italia, non si sentiva in colpa?
”Io sono il padre solo delle mie tre figlie. E, a essere precisi, la paternità del genere va riconosciuta a Loriano Macchiavelli e al suo poliziotto Sarti Antonio”.
Quindi non sente una responsabilità per lo spopolare del poliziesco?
”No, mi limito a leggere tutti i romanzi. Con gran divertimento”.
E quale investigatore preferisce?
”Mi piace molto il commissario Bordelli, di Marco Vichi, anche se mi disturba il cognome. Conosco Vichi, l’ho visto un paio di volte, ma non si può dire che siamo amici. Mi considero invece amico, nonostante abbiano la metà dei miei anni, di Carlo Lucarelli e Marcello Fois. L’ispettore Coliandro è un imbranato molto divertente sulla pagina. Mi piace quando Lucarelli prende la tangente visionaria. Fois è bravissimo col dialetto sardo. Vede, apprezzo i giallisti che sanno anche sconfinare”.
Le chiedono consiglio?
”No, proprio nessuno. È il commissario Vittorio Spotorno, il personaggio di Santo Piazzese, che ogni tanto chiede consigli a Montalbano. Gli chiede le ricette. Che lui dà sempre sbagliate, tirando ad avvelenarlo. So che al poveraccio vengono sempre dei gran mal di pancia ”.
Quali devono essere le qualità di un buon investigatore?
”Non mollare mai l’osso. Comportarsi come un mastino. E poi la lealtà. Montalbano gioca sempre a carte scoperte, difficilmente fa tranelli per ottenere false prove. In realtà è un cattivo poliziotto, perché è interessato a scoprire la verità, l’esito giudiziario gli interessa poco”.
Avendo deciso di tenere in vita Montalbano, lei pensa che anche Luca Zingaretti ritornerà sulla sua decisione di abbandonare il personaggio?
”Zingaretti non ha mai dato un addio definitivo. Nelle ultime serie si era un po’ disamorato, non si è sentito più a suo agio quando hanno cominciato a raggruppare più romanzi [in effetti racconti, NdCFC] in un unico episodio. Penso che non lascerà il personaggio, ma è solo una mia opinione”.
Ma perché tutti gli investigatori sono single? Trovarne uno, come il buon vecchio Maigret, con una moglie è sempre più difficile…
”Per creare una figura straordinaria come la signora Maigret ci vuole la penna di Simenon. E poi i tempi sono cambiati. Se Montalbano avesse vissuto all’epoca di Maigret, sarebbe stato già chiamato dal suo capo e rimproverato per la condotta sconveniente. Allora la legalità era obbligatoria. Montalbano comunque rimane un monogamo, a parte qualche raro tradimento. E anche un perfetto egoista, che ha paura di affrontare la vita di coppia, perché l’idea di scardinare abitudini inveterate lo spaventa”.
Ma nel nuovo “Le ali della sfinge” il nostro commissario recupererà il suo rapporto con Livia…
”Sì, anche se lei non può immaginare quante donne mi hanno scritto per complimentarsi del tradimento di Montalbano, Non sopportano Livia. Forse per gelosia”.
E gli uomini come reagiscono?
”I maschi si arrabbiano solo quando Montalbano fa lo scemo con la sua bella amica, la svedese, e dicono, ‘ma ‘ccu tanti beddi fimmini, picchì si ‘i a scigliri chidda ladia fimmina svidisa?’”.
Ma alla fine, Montalbano uscirà dalla sua depressione?
”Sì e no, nel senso che continuerà ad avere delle crisi, ma sotto forme nuove. Oggi ci sono i palestrati di 56 anni che si credono dei quarantenni, ma l’anagrafe non mente. La verità è che Montalbano perde colpi e questi colpi rimbalzano dentro di lui, Insomma si è stufato. In quest’ultimo romanzo gli ho fatto dire una frase che fa più o meno così: ‘Essendo gli assassini degli imbecilli, io per tutta la vita ho avuto a che fare con degli imbecilli. Quasi sono grato a quei pochi criminali con una testa pensante’”.
È una crisi di mezza età, la sbandata per la giovane ormai l’ha presa, adesso può tornare nei ranghi.
”Non è così semplice. Vede, nel “Campo del vasaio”…”.
Il “Campo del vasaio”?
”Sì, il libro chiuso nella cassaforte di Elvira Sellerio”.
Quello nel quale muore Montalbano?
”No, quello si chiama provvisoriamente “Riccardino”. Nella cassaforte di Elvira Sellerio ci sono due romanzi, “Il campo del vasaio” è quello che prepara la dipartita di Montalbano”.
Prepara in che modo?
”Con nuove crisi. Per arrivare allo sdoppiamento di “Riccardino”; quando Montalbano ha problemi con lo stesso Luca Zingaretti, diventato più noto di lui. Il commissario arriva sul luogo di un delitto e un gruppetto di curiosi grida: ‘Talè! Talè! ‘U commissariu arrivò!’. ‘Montalbano è!’ ‘Cu? Montalbanu? Chiddru di la televisioni?’ ‘No, chiddru veru’. E a lui gli girano le scatole. Così comincia una sfida con il suo alter ego, una sfida a perdere, perché si sente sempre più diviso. Si mette anche a leggere “La scomparsa di Patò” di Camilleri”.
Quindi c’è un Montalbano segreto. Ma Antonio Sellerio ha detto che quei libri non usciranno mai da quella cassaforte della casa editrice.
”Per questo ho già scritto dieci capitoli del prossimo Montalbano, che sarà pronto per l’estate 2007. Prendendo spunto da due notizie lette sui giornali: un cavallo ammazzato su una spiaggia a Catania e un furto di cavalli in Toscana. Ho subito cominciato a orliare, a lavorare di fantasia”.
Brunella Schisa
 
 

La Gente d'Italia, 15.9.2006
La Sicilia di Andrea Camilleri
Bella, amara, viva : questa è la mia terra

La Sicilia, l'isola che fu del Gattopardo, degli astratti furori di Vittorini, di Sciascia, che fu accarezzata nei flashback del Godfather di Scorsese e di Puzo ha trovato da una decina d'anni in Andrea Camilleri un nuovo cantore. E la Sicilia di Camilleri è ancora più densa e reale, di quella realtà che può essere solo di una città fatta di parole, forte e sincera come il rapporto che lega lo scrittore alla sua isola triangolare.
"Lo scrissi nel primo romanzo, Il corso delle cose, che sono totalmente incapace di inventarmi una storia ambientata in un luogo che non conosco - racconta lo scrittore - Uno può anche scrivere un romanzo su una città che conosce attraverso le immagini televisive e quelle guide meravigliose che oggi esistono – non ci sei mai stato ma sai dov'é il tabaccaio. Ma questo non significa che tu sai cosa pensano, come pensano, le persone che in quelle strade camminano. Io conosco, almeno, penso di conoscere (la precisazione è importante), il modo di ragionare, di intendere il mondo, di rapportarsi con gli altri dei miei compaesani. Pecco, nell'ottanta per cento dei casi, di presunzione di avere capito, però per il venti per cento ci indovino. Quel venti per cento mi serve per scrivere dei libri".
Questo robusto siciliano di Porto Empedocle, coi suoi occhiali spessi, la voce sporca di troppe sigarette s'è inventato una lingua, una lingua tutta sua che non è semplice trascrizione del siciliano ma un felice pastiche che ci ha donato personaggi "rossi di pilu e di pensiero", personaggi che "taliano" l'orologio, che vivono sulla pagina, in quella Vigata che è diventata celebre nel mondo come e più della Macondo di Garcia Marquez, tanto che Porto Empedocle l'ha messo pure nelle targhe che ci danno il benvenuto diventando ufficialmente Porto Empedocle Vigata.
Si è inventato una lingua che vive di vita propria, una lingua che traccia il perimetro dell'isola, e che pure agli italiani del continente e a quelli sparsi per il mondo risuona familiare dopo il battesimo del fuoco che è la prima lettura di un suo libro: ne basta uno, uno solo, letto aiutandoci con il glossarietto che mettono alla fine del libro, piacevole inutilità, già dal secondo non serve più, il "camillarese" lo parliamo pure noi, ormai.
Montalbano, il Commissario forte e sincero, abile indistintamente a risolvere casi sempre più complessi e a mangiare prelibatezze culinarie, è la più felice invenzione letteraria degli ultimi anni, sopravvissuto alla serializzazione, la faccia dell'attore Luca Zingaretti ce l'ha reso ancora più vicino, tanto che Camilleri ha meritato l'onore di avere ben due volumi tra i prestigiosi Meridiani Mondadori, la collana d'elité, con la confezione a cofanetto su cui campeggiano due foto dell'autore in bianco e nero, coi due volumi è arrivata la consacrazione a classico contemporaneo.
Ma questa Sicilia fatta di personaggi vivissimi esiste davvero? C'è mai stata?
Lo stesso Camilleri, nel suo sito ufficiale www.andreacamilleri.net, risponde fugando ogni dubbio:
"La Sicilia ha avuto, bene che vada, tredici dominazioni, e di ogni dominazione abbiamo preso il meglio e il peggio, quindi è così complessa che dentro c'è tutto l'umano. Tu puoi parlare di un fatto accaduto in Sicilia nel Cinquecento e ritrovarlo paro paro in un fatto accaduto l'altro ieri. Soddisfa le mie esigenze bere quest'acqua a questa fonte. Mi piace. Perché devo cercare altro?"
Ecco, la Sicilia diventa ancora una volta metafora del mondo, come fu già nelle pagine di un altro grande siciliano, carissimo amico di Camilleri che si è creato una lingua per il suo monumentale Horcynus Orca, parliamo di Stefano D'Arrigo.
C'è una continuità tra queste e le mille altre angolazioni da cui vedere la Sicilia - basta leggere i pezzi di Pippo Fava, il giornalista ucciso dalla mafia nel 1984, o la Palermo di Roberto Alajmo, -, l'imperitura Trinacria si ripete sempre uguale e immutabile, leggere Camilleri significa percorrere i tre lati dell'Isola, gli anfratti dove sgorgano quelle storie che hanno venduto - almeno sino ad adesso - ben dieci milioni di copie.
Una Sicilia frutto quindi di una successione infinita di dominazioni: Fenici, Greci, Romani, Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi, gli Angioini, perfino gli Americani e le camel del Piano Marshall. Tutto concorre ad un mix di culture inedito che nuova e sicura linfa avrà dalla nuova generazione, quei figli di quei migranti che in Sicilia arrivano seguendo flebili speranze.
Sicilia, maledetta e amatissima. Dove impari a sbucciare i fichi d'india a sei anni e impari pure troppo presto che devi accettare quello che il cielo ti regala, senza romperti la testa perché, si sa, che domani comunque andrà meglio. Come continuano a dirci dal Cinquecento, come ha capito benissimo quella testa brillante di Camilleri in mezzo a tutte quelle sigarette.
Tonino Pintacuda (toninopintacuda@gmail.com)
 
 

La Repubblica (ed. di Genova), 15.9.2006
Nuova ma Stabile la grande stagione da Brecht a Camilleri
Tragici e musical, un felice assortimento L´omaggio di Carlo Repetti al regista Benno Besson

Un cartellone equilibrato, con predominanza del classico (genere che si indossa bene) e la giusta dose di novità. Di vecchio, sottolinea di direttore dello Stabile genovese, Carlo Repetti, resta il prezzo dei biglietti, invariato da sette stagioni.
Ottimo programma e abbondante.
[...]
Non bastasse, "La concessione del telefono" di Andrea Camilleri, tragedia siciliana in salsa piccante.
[...]
Stefano Bigazzi
 
 

La Sicilia, 16.9.2006
Un nuovo libro
Andrea Camilleri intervista Montalbano

«Vi racconto Montalbano». Si intitola così, il nuovo libro di Andrea Camilleri che da ieri ha fatto la sua comparsa in tutte le librerie. Le vendite sono già ottime, ma di questo non c'erano dubbi. Si tratta di un libro dove lo scrittore empedoclino intervista il personaggio che lui stesso ha inventato rendendolo famosissimo. Il volume costa 14 euro. Sullo sfondo di questo nuovo lavoro, la Sicilia che è per l'autore, come per Sciascia, un mondo. Un libro di grande interesse con un Camilleri che svela i segreti delle sue trame e dei suoi personaggi, che parla della sua forte amicizia con Vázquez Montalbán e del loro comune amore per la cucina e per la vita. Un Camilleri nuovo con risvolti inediti della sua vita e della sua opera. E intanto, sarà in libreria alla fine del prossimo mese di ottobre, il nuovo libro sulle avventure del Commissario più amato dagli italiani. Il titolo del nuovo romanzo è: «Le ali della farfalla». E' stata rinviata infatti, l'uscita de «Il campo del vasaio». E lo stesso Camilleri ha curato la prefezione del nuovo libro di Giuseppe Puma dal titolo: «Dalla semina al pane», che racconta, per immagini, la storia del Museo Etnoantropologico di Ribera.
Antonino Ravanà
 
 

booksblog.it, 17.9.2006
Enrico Brizzi: intervista del Caspio

Il primo a cadere nella rete delle interviste del Caspio è Enrico Brizzi.
[...]
Dica la verità: lei, a Dario Fo, il Nobel glielo avrebbe dato?
"È stato un furto. Sanno tutti che lo meritava Camilleri."
[...]
Fra i suoi stimatissimi colleghi, qual è il più sopravvalutato?
"Naturalmente Camilleri. Ma anche da Fo, dopo il Nobel, ci aspettava qualcosina di più..."
[...]
Carlo M.
 
 

Capital, 9.2006
Agricoltura addio, in Sicilia è tempo di high-tech e finanza d'élite

[...]
Montalbano batte Sony e Apple
E' famosa per la cura con cui sceglie i suoi scrittori, da Leonardo Sciascia ad Andrea Camilleri e Santo Piazzese, passando per Gesualdo Bufalino. Parliamo della casa editrice Sellerio, nata a Palermo nel 1969 con un piccolo investimento da parte di Elvira ed Enzo Sellerio, celebre fotografo, sulla base di un'idea concepita con gli amici Leonardo Sciascia e l'antropologo Antonino Buttitta. Dopo un inizio dedicato alla letteratura ricercata, il successo è arrivato con la pubblicazione del libro denuncia "L'affaire Moro" di Leonardo Sciascia nel 1978 (più di 100mila le copie vendute) e con la collanina blu della Memoria, che ha segnato la nascita della piccola editoria a cui è legato il nome dei Sellerio. Il riconoscimento nazionale è arrivato però con la scoperta di Gesualdo Bufalino, vincitore nel 1981 del Campiello con "Diceria dell'untore". Poi ha fatto irruzione sulla scena il poliziesco di scuola siciliana con Andrea Camilleri e Santo Piazzese. E ora? "Naturalmente proseguiamo nella nostra ricerca di nuovi talenti e contemporaneamente cerchiamo di adeguarci alle richieste del mercato: con gli audiolibri, per esempio", spiega Antonio Sellerio, classe 1972, figlio dei fondatori e tornato a Palermo dopo la laurea alla Bocconi. "E poi la trasposizione in cartoni animati multimediali interattivi dei romanzi del commissario Montalbano", racconta il giovane Sellerio. "Finora abbiamo realizzato tre cd-rom premiati a Lugano e alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna, che è la più importante del genere, battendo concorrenti come la Sony e la Apple". E per finire, un accordo con Radio Rai per un programma di saggistica divulgativa.
[...]
Antonella Sferrazza
 
 

Gente, 28.9.2006 (in edicola 20.9.2006)
ESCLUSIVO. Luca Zingaretti si racconta. E fa una clamorosa confessione
Montalbano torno a essere…
…se davvero me lo chiedono

“Non è affatto vero che il commissario mi ha stancato, anzi, vorrei vestire ancora i suoi panni in televisione”, rivela l’attore, che potete ammirare negli episodi allegati a Gente
“Mi piace il mio personaggio: è l’emblema dell’onestà e della dignità. E poi è un uomo che sa come godersi la vita…”
“Sposarsi? Non credo. Perché lui ama la libertà, anche se non tradirebbe mai la sua Livia”
“Sono stato allievo di Andrea Camilleri: è un uomo dotato di grande carisma”

La notizia è clamorosa: Luca Zinga­retti non ha detto addio per sempre al commissario Montalbano, il per­sonaggio che l'ha reso tanto celebre e ha stregato migliaia di italiani. Per smentire una volta per tutte le insinuazioni avanza­te da tanti, lo conferma lui stesso a Gente: «Sì, mi piacerebbe vestire di nuovo i pan­ni dell'ispettore di polizia di Vigata. Gli sono profondamente legato, l'ho sempre interpretato con entusiasmo, senza mai annoiarmi, neanche per un momento. È stato detto che lasciavo il set per non ri­manere ingabbiato in quel ruolo, un peri­colo che corrono tanti attori, ma io non l'ho mai pensato. In più, nell'ultima pun­tata, Montalbano non è morto e quindi tutto è possibile. lo sono pronto ... ».
Con un altro progetto di trasformare in pellicola i celebri romanzi di Andrea Camilleri, Luca Zingaretti sarebbe dispo­nibile a tornare sul set: «Il regista Alberto Sironi ha realizzato ottimi sceneggiati te­levisivi: non è facile far nascere un buon film da un bel libro, lui c'è riuscito. Mon­talbano, ormai, è diventato un amico, ma era presente nella mia vita già prima di interpretarlo. Mi ha sempre affascinato que­sto siciliano doc».
Il legame tra Zingaretti, Camilleri e Montalbano, in effetti, risale agli anni Ot­tanta. Cioè ai tempi dell'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico, dove l'attore si è diplomato. «Lì sono stato allievo di Can1illeri, un uomo dotato di grande carisma, un "affascina­tore". E, di quel periodo di stu­di, conservo ancora particolari emozioni. Anni dopo, entrai in libreria e, come un segno del destino, mi cadde lo sguardo su un libro: “Il ladro di merendine”, proprio di Camilleri. Lo com­prai. Rimase sul mio comodino per settimane. Poi, in un giorno di relax, cominciai a leggerlo. Rimasi fulminato dal racconto e pensai che avrebbe riscosso un grande successo un film sul commissario Montalbano. Al­l'epoca, però, non avevo ne la forza eco­nomica per acquistare i diritti né ero un attore così affermato da poter proporre quella mia intuizione a un produttore».
A volte la vita regala delle opportuni­tà, e Zingaretti ha saputo cogliere le sue al volo. «Qualche anno dopo, seppi che cercavano un attore per il ruolo di Montalba­no. Dopo un mese e mezzo di provini, n1i scelsero. Superate le varie audizioni, pre­si coraggio e chiamai Camilleri. Non lo contattai prima, perché non volevo pen­sasse che fossi in cerca di una raccoman­dazione. Ma, al telefono, gli confessai: "Sono terrorizzato". Lui mi rispose: "Non ti preoccupare, sarai bravissimo". Sentivo che il tono della sua voce era sincero».
Lo scrittore stesso confessò pubblica­mente: «Non riesco a immaginare, fisicamente, un personaggio come il mio Mon­talbano. Ma quando ho visto Zingaretti, sono rimasto subito persuaso, anche per­ché non avevo mai avuto dubbi sul valo­re di questo attore». Così le strade di Ca­milleri e Zingaretti si sono incrociate di nuovo e, il 6 maggio del 1999, è andato in onda, su Raidue, l'episodio “Il ladro di merendine”: oltre nove milioni di tele­spettatori! Un successo che si ripercuote anche in libreria, dove le copie continuano ad andare a ruba.
Come si può spiegare que­sta passione degli italiani per Montalbano? «Credo che molti uomini vorrebbero essere co­me lui e tante donne vorrebbe­ro trovare un compagno di vita così., spiega Zingaretti. «È l'em­blema dell'onestà, un perso­naggio che ha grande dignità. E il baricentro della sua vita è la felicità. Rinuncia a essere pro­mosso per mantenere un'indipendenza intellettuale. E per continuare a fare ciò che ama. Oggi c'è gente che, anche solo per comprarsi una macchina nuova e po­tente, vive in maniera nevrotica, lavora come un pazzo e non si gode la vita. Be', il mio commissario è l'opposto».
E lei è rimasto influenzato dal modo di essere di Montalbano? «Non credo né di aver preso da lui né di aver dato. Ho cercato di rappresentare al meglio il per­sonaggio di Camilleri, senza alterazioni. Ma, in qualche modo, io e Montalbano la pensiamo allo stesso modo. Lui mi fa ri­flettere. Se all'inizio facevo un po' di tut­to per guadagnarmi la pagnotta, ora ho la fortuna di poter scegliere. E mi indiriz­zo solo verso dei ruoli che mi stimolano. Non scelgo in base alla popolarità che potrebbero rendermi».
Pensa che il suo commissario, prima o poi, si sposerà? «Bisognerebbe chieder­lo a Camilleri... Ma, se lo conosco bene, credo di no. Montalbano è un uomo che prova sentimenti autentici, ma ha biso­gno dei suoi spazi. Gli va benissimo che la sua storica fidanzata, Livia, abiti a Ge­nova. Poi, ogni tanto, si ritrovano. Ma una cosa è certa: pur avendola lontana, non la tradirebbe mai. Anche se lei spera sempre in un legame più tradizionale. Per questa sua "allergia" alla convivenza, Montalbano rinuncia ad avere dei figli. Cosa che avverte con un certo dolore, tanto che si lega a un bimbo tunisino che ha perso la sua mamma».
Il commissario non si sposa perché ha paura che possa capitargli un brutto incidente sul lavoro, magari restare ucci­so? «No, la professione non c'entra. È so­lo una questione di libertà; quella, maga­ri, di gustare un arancino o un piatto di spaghetti con le sarde, preparati dalla mi­tica Adelina, senza avere Livia che lo con­trolla anche sui suoi piccoli peccati di go­la». Inutile, invece, chiedere a Zingaretti di parlare del suo amore per la bellissima attrice Luisa Ranieri, perché Luca, su questo argomento che tocca la sua sfera più intima, è muto. E allora gli domandia­mo se, durante le riprese delle puntate, si è innamorato dei profumi e della cucina della Sicilia. «Purtroppo, già li conoscevo. Dico purtroppo, perché sono buonissimi e irrinunciabili. Grazie a Montalbano ho potuto assaporare di nuovo piatti che mi hanno riportato indietro nel tempo. A Caltanissetta c'era la signora Concetta, la mamma di un professore con il quale stu­diavo Psicologia, che mi preparava veri manicaretti: sosteneva che, quando si sta tanto sui libri, bisogna nutrirsi bene».
In attesa di rivederlo vestire i panni del celebre commissario, Luca Zingaret­ti è tornato in Sicilia, sull'isola di Strom­boli. Interpreta uno chef, nel film di Si­mona Izzo “Tutte le donne della mia vi­ta”. Ma è anche impegnato in “Non pren­dere impegni stasera”, di Gianluca Maria Tavarelli, e in “A casa nostra”, di France­sca Comencini. Ma i suoi milioni di fan lo aspettano ancora a Vigata: intanto, vediamolo nei dvd di Gente.
Angelica Amodei
 
 

LCI.fr, 20.9.2006
Polars: la société italienne rongée par le crime

"La première enquête de Montalbano" et "Romanzo criminale": deux polars italiens, aux styles diamétralement opposés.
Chacun à sa façon porte un regard cru sur la société italienne.

Pour les amateurs de romans policiers, le printemps ne commence vraiment qu'avec la parution de la dernière enquête du commissaire Montalbano (1). Cette année, "l'hirondelle" Camilleri — du nom de l'écrivain italien qui a inventé cet attachant policier — avait quelques semaines d'avance et c'est tant mieux ! Car suivre les pas du commissaire Montalbano, c'est prendre un aller simple pour la Sicile et plonger dans un univers savoureux.
Savoureux comme ce "peuple" insulaire, dont Andrea Camilleri, lui-même sicilien, dépeint avec justesse la sympathique exubérance, la générosité discrète, la fierté légendaire tout autant que la mesquinerie, le repli sur soi ou les accès soudains de violence. Difficile de ne pas aimer Montalbano, ce flic qui utilise davantage sa "coucourde" (ses méninges) que son revolver et qui n'hésite pas à professer une "menterie" pour acculer les criminels. Fin psychologue, le commissaire est profondément humaniste, malgré un caractère de cochon dont ses adjoints sont les premiers à faire les frais. C'est aussi un gourmand maladif, incapable de résister à un bon plat, quitte à s'en repentir quelques heures plus tard devant un verre d'aspirine. Les pâtes ‘ncasciata [sorte de gratin local] de sa bonne Adelina le font ainsi "gémir de jouissance à chaque coup de fourchette" et le lecteur n'est pas loin de vivre les mêmes émois lorsqu'il accompagne Montalbano dans sa trattoria préférée.
La saveur incomparable d'une enquête de Montalbano tient aussi au style unique de Camilleri, qui fait cohabiter dans une même phrase italien "officiel", italien "sicilianisé" et expressions purement siciliennes. Et c'est tout à l'honneur du traducteur Serge Quadruppani, auteur réputé de polars, d'avoir réussi à faire passer en français cette "langue camillerienne", dans laquelle "se rappeler" devient "s'arappeler" et "penser", "pinser". Passée la surprise des premières pages, on se baigne avec délectation dans cet idiome à la fois étrange et poétique.
"Connexion perverse"
Pas de sensualité en revanche dans la prose de Giancarlo de Cataldo mais de l'efficacité, du punch. Son «Romanzo criminale» (2), dont l'adaptation cinématographique est sortie mercredi, décrit la montée en puissance de petits voyous qui s'unissent à la fin des années 70 pour devenir les maîtres de Rome. Inspiré d'une histoire vraie, cette saga du crime narre sur près de vingt ans les destins flamboyants ou sordides d'une galerie de personnages aux caractères bien trempés : malfrats (le Libanais, le Froid, le Dandy, il Fier, Ricotta...), femmes fatales ou fidèles, hommes de loi, barbouzes, terroristes... Dans la rue comme dans les palais de la République, la quête du pouvoir passe par des meurtres sans état d'âme, des alliances douteuses, des serments "à la vie-à la mort", des trahisons à la chaîne, des réconciliations opportunes.
Finalement, s'ils ne finissent pas truffés de balles, les bandits s'en sortent plutôt bien. C'est qu'ils servent le système, ce qu'un policier amer décrit comme "la connexion perverse entre politique, milieu, entrepreneurs marrons, services secrets dévoyés". Le constat est d'autant plus terrifiant que Cataldo est également juge auprès de la cour d'assises de Rome. Mêmes propos chez Camilleri, par la voix du commissaire Montalbano: "Les systèmes ont profondément changé, même si le but final est toujours le même. Maintenant, ils [les mafieux, NDLR] préfèrent besogner en immersion et avec les amitiés qu'il faut aux endroit qu'il faut. Et pour commencer, ces amitiés qu'il faut vont partout dire que la mafia n'existe plus, qu'elle a été battue, donc on peut faire des lois moins sévères [...]". Deux conteurs, deux styles mais un même regard implacable sur la société italienne. Le polar dans toute sa noirceur.
(1) Andrea Camilleri: « La première enquête de Montalbano », éditions Fleuve Noir, 342 pages, 20 euros.
(2) Giancarlo de Cataldo: «Romanzo criminale», éditions Métailié, 586 pages, 23 euros.
Matthieu Durand
 
 

La Stampa, 20.9.2006
Calcio. Questa sera non e' solo un incontro di calcio, ma lo scontro di due civilta'
Palermo-Catania, le 2 Sicilie
Tensione e vecchi rancori nella sfida che ritorna in serie A dopo 44 anni

Il Catania ieri è arrivato a Palermo ed è come se avesse fatto il giro del mondo. E' un derby che in A non esisteva più, 44 anni sono troppi per ricordare, la gente che riempirà lo stadio non ha mai visto una partita così. Il Palermo primo in classifica e il Catania neopromosso che si permette di vincere all'esordio in trasferta, stavolta non è un fatto privato, ma lotta di vertice. Non importa quanto dura, pesa solo questa sera: ci sono 180 paesi collegati, gli spalti esauriti, due aspiranti miss Italia che usano la gara per farsi pubblicità, persino la commissione Uefa a visitare La Favorita nella vigilia e gli esperti di comunicazione che parlano di occasione unica. Di un’attenzione che neanche uno spot da 10 milioni di euro riuscirebbe a catalizzare, l'ideale per mostrare il «vero volto della Sicilia». In questo derby però Sicilia significa davvero molto poco: è Palermo-Catania e si gioca sulla differenza.
«Questione di radici. A Palermo i greci non ci sono mai arrivati, terra di fenici e cartaginesi. Palermo è Roma vista in uno specchio deformante, Catania è British». Ottaviano Cappellani, scrittore, a Catania ci è nato e ci vive, l'ha raccontata nel thriller d'esordio, «Chi è Lou Sciortino». Un caso letterario, è scritto in uno slang tra il catanese e l'americano ed è stato tradotto in tutta Europa. Cappellani non era un tifoso prima di questa promozione, «ora c'è troppa euforia per restarne fuori. Ho comprato la sciarpa. Dopo la prima giornata stavano tutti in strada a festeggiare, neanche avessimo vinto i Mondiali, e dopo il pareggio con l'Atalanta il silenzio del lutto. E' rimasto, stanno tutti con le orecchie tese ad aspettare questo derby. Non c'è rivalità, c'è odio profondo. Loro hanno lo spirito grasso da pesci di lago, noi siamo dei raffinati pesci azzurri, alici. Loro sono il fratello ricco, noi quello diseredato. Infatti gli invidiamo l'intellighenzia, la Sellerio».
La Sellerio non si sente molto élite questa sera, Antonio Sellerio pensa solo a come uscire dall'ufficio in tempo e rigira l'abbonamento fra le mani: «E' un bene che il Palermo sia primo in classifica, distrae. Se fosse solo derby ci sarebbe una tensione intollerabile, a rischio violenza, invece siamo concentrati sui tre punti per stare ancora lì davanti».
[...]
«La parte becera del tifo esiste, come gli striscioni sulla mafia esposti a Londra». Sellerio spiega che non è questo l'antagonismo viscerale: «Come dice Camilleri, Palermo e Catania sono due continenti diversi. Sono le due città sicule meglio collegate e c'è un abisso. Noi gestiamo i soldi, loro producono, noi abbiamo un presidente salvatore, loro si sono rifatti con un imprenditore locale. Avessimo aspettato uno di Palermo, saremmo ancora in C, loro sono concreti, noi... lasciamo perdere. La squadra è il contrario, solida, seria e senza teste calde. E' trainante e non solo in senso calcistico, dà la giusta immagine».
[...]
Da fuori si può solo dire che è Sicilia di cui andar fieri, da dentro è un'altra storia: è Palermo-Catania l'incontro di due civiltà.
Giulia Zonca
 
 

Il Tempo, 22.9.2006
Roma
Beppe Fiorello detective per fiction
L’attore festeggia con attori e amici l’ultimo ciak di «Delitti»

Tutti i delitti portano a Roma. E con l’ispettore Fiorello la notte si tinge di mistero, anche se solo «per fiction». La ressa davanti all’ingresso del Supper Club, l’altra sera, era tutta per i protagonisti dell’impressionante catena di omicidi che da novembre vuol fare rabbrividire gli spettatori di Rai2. Su tutti l’eroe per caso Beppe Fiorello, investigatore improvvisato nella Catania descritta da Andrea Camilleri e finita tra i soggetti della serie tv intitolata «Delitti» [«Crimini», NdCFC]. Fiorellino è tornato dalla Sicilia dopo l’ultimo ciak per brindare al successo del film e si è ritrovato circondato dai colleghi degli altri set sparsi per l’Italia. Otto, infatti, sono le storie ambientate in altrettante città dal Nord al Sud, che settimana dopo settimana si susseguiranno in prima serata su Rai2. Così, nel locale notturno attori, registi e autori si sono mescolati sulle note della musica R&B sparate a tutto volume. Il ruolo dei padroni di casa è toccato, in un certo senso, ai Manetti Bros: proprio loro hanno, infatti, curato la regia dell’episodio girato a Roma, dal titolo «Il bambino e la befana», scritto da Giancarlo Di Cataldo, l’autore di «Romanzo criminale». Occhi puntati anche su Debora Caprioglio, protagonista al fianco di Rodolfo Corsato di «Morte di un confidente», un altro giallo targato Manetti Bros. e ambientato a Padova. Visti tra la folla anche Lina Sastri, Franco Oppini, Barbara Livi, Augusto Zucchi, Marika Coco, Gaetano Amato, Gianfranco Cabiddu. Ma la star della serata è stata Beppe Fiorello che, giubbotto di pelle e capelli «ingellati», si coccolava la protagonista femminile del suo film, la bionda Claudia Zanella. Con loro anche il regista Andrea Manni, autore della trasposizione sullo schermo del racconto di Andrea Camilleri «Troppi equivoci». «La mia parte? Quella di una persona normale che si trova coinvolta in una storia di misteri e si mette a investigare», ha raccontato l’attore siciliano. Buona caccia, Fiorellino.
Valerio Bonolo
 
 

Vanity Fair, 28.9.2006
Montalbano a noi due
Gianrico Carofiglio nella vita fa il sostituto procuratore antimafia. Piace alle donne, ama le citazioni e vive nei tribunali. Come il protagonista dei suoi libri. Solo che l’avvocato Guerrieri sta dall’altra parte della barricata: in aula difende i criminali. E ora, in tv, sfida anche il commissario di Camilleri-Zingaretti. A colpi di audience.

Diceva John Le Carrè: “Vedere il proprio libro trasformato in un film è come vedere il proprio bue ridotto in dadi da brodo.” Detto questo, il brodo può essere molto buono. Gianrico Carofiglio, 45 anni, sostituto procuratore antimafia a Bari e ormai consolidato scrittore di gialli, se la cava con una citazione di fronte alla richiesta di un parere sulla fiction tratta dai suoi primi libri e in attesa di una collocazione nel palinsesto invernale. Il suo personaggio, l’avvocato Guido Guerrieri, debutta in televisione con due film interpretati da Emilio Solfrizzi e diretti da Alberto Sironi, lo stesso regista di Montalbano, una serie che, dice, gli è piaciuta moltissimo, “almeno gli episodi che ho visto, perché la tv non la guardo quasi mai. Esco tutte le sere.”
[...]
Enrica Brocardo
 
 

ANSA, 25.9.2006
Camilleri: 'Il libro non e' mio'
E' polemica con la casa editrice Datanews

Roma - E' uscito un libro su Montalbano a nome dello scrittore Andrea Camilleri, ma il padre del commissario non ne sapeva niente ed e' polemica. 'Non e' un mio libro e non sono stato consultato' afferma Camilleri, turbato per l'uscita di 'Vi racconto Montalbano - interviste' (Datanews). 'La copertina trae in inganno - dichiara con rabbia Camilleri - sembra che sia io l'autore'. 'La pubblicazione delle interviste - risponde Corrado Perna, direttore di Datanews - era ed e' un omaggio allo scrittore'.
 
 

Datanews, 25.9.2006
Comunicato stampa

Ci dispiace moltissimo la reazione di Andrea Camilleri all’uscita del nostro libro.
É vero che la copertina reca la sua immagine e il suo nome, cosa fatta per molti Autori della nostra collana Ahlambra che raccoglie scritti minori e interviste di grandi personaggi della letteratura.
La stessa cosa abbiamo fatto in questo caso, indicando giornalisti e testate su cui le interviste sono apparse e che ci hanno esplicitamente autorizzato alla pubblicazione. Abbiamo comunicato ad Andrea Camilleri la nostra intenzione di pubblicare il libro e la data dell’uscita.
Ci dispiace ancora di non aver avuto il tempo e l’opportunità di concordare quali interviste pubblicare. In ogni caso la pubblicazione dei materiali era ed è un omaggio alla grande figura dello scrittore, che riteniamo aver fatto con assoluta correttezza.
Roma, 25 settembre 2006
Corrado Perna, Direttore Editoriale Datanews
 
 

La Sicilia, 25.9.2006
Cultura - Camilleri: "Spacciato per mio un libro che non ho scritto"

Roma - "Non è un mio libro, non sapevo nulla di questa iniziativa e non sono stato consultato". Lo scrittore Andrea Camilleri, che della tolleranza ha fatto uno stile, stavolta si è arrabbiato. A turbarlo è l'uscita del libro "Vi racconto Montalbano - interviste" edito da Datanews, la cui copertina porta in testa il nome dello scrittore siciliano, poi il titolo e più in basso, in un corpo più piccolo, la scritta 'Interviste', il tutto sulla foto del padre di Montalbano a tutta pagina. "La copertina di questo volume trae in inganno - dichiara Camilleri -, sembra che io sia l'autore del libro, invece non solo non l'ho scritto ma non sono nemmeno stato consultato dell' iniziativa. Tutto questo mi fa molta rabbia. Alcuni amici mi hanno chiamato esprimendo la loro delusione quando, comprato il libro, si sono accorti che non l'ho scritto io". "Ci dispiace moltissimo la reazione di Camilleri - risponde Corrado Perna, direttore editoriale della Datanews -. In ogni caso la pubblicazione delle interviste era ed è un omaggio alla grande figura dello scrittore, che riteniamo aver fatto con assoluta correttezza".
 
 

La Repubblica, 26.9.2006
Andrea Camilleri
"Quel libro non è mio"

Roma - «Non è un mio libro, non sapevo nulla di questa iniziativa e non sono stato consultato»: Andrea Camilleri è amareggiato per l´uscita del libro "Vi racconto Montalbano - Interviste" (Datanews): la copertina porta in testa il nome dello scrittore, poi il titolo e più in basso, in un corpo più piccolo, la scritta "Interviste", il tutto sulla foto dell´autore. «Sembra che il libro l´abbia scritto io», lamenta Camilleri. «Invece non sono nemmeno stato consultato. Tutto questo mi fa molta rabbia. Alcuni amici mi hanno chiamato esprimendo la loro delusione quando, comprato il libro, si sono accorti che non è mio». Il volume è una raccolta di tredici interviste uscite su vari giornali tra il ´99 e il 2004. «Sono stato intervistato centinaia di volte - precisa Camilleri - ma dalle interviste pubblicate nel libro emerge la figura di una persona che mi corrisponde solo parzialmente».
 
 

L'Unione Sarda, 26.9.2006
La furia di Camilleri: «Quel libro non è mio»
 
 

Il Centro, 26.9.2006
Interviste su Montalbano, Camilleri sconfessa il libro
 
 

Affari italiani, 26.9.2006
Letteratura
"Vi racconto Montalbano - interviste"? Camilleri denuncia: non l'ho scritto io

Andrea Camilleri denuncia una truffa. Il suo nome è sfruttato per un libro sul commissario Montalbano di cui lo scrittore non sapeva nulla. S'intitola "Vi racconto Montalbano - interviste" ed è edito da Datanews. Il nome di Camilleri compare in copertina, traendo in inganno il lettore, facendo credere che sia lui l'autore del testo. Invece lo scrittore ha denunciato: "Non è un mio libro e non sono stato consultato. La copertina trae in inganno: sembra che sia io l'autore".
E in effetti, basta fare una piccola ricerca in rete per scoprire che perfino i siti più autorevoli che vendono testi sul web, tutti, non uno escluso, segnalano questo volume come scritto dal padre del commissario Montalbano in persona. All'accusa mossa da Camilleri ha risposto il direttore di Datanews, Corrado Perna: "La pubblicazione delle interviste era ed è un omaggio allo scrittore".  In questi casi, però, solitamente è più chiaro il nome del vero autore.
 
 

Il Messaggero, 26.9.2006
Falconara
Pulviscoli e Minuscoli, mostra di due artisti che non esistono

Ancona. Inizia giovedì la stagione di prosa di Ancona divisa tra il palcoscenico delle Muse e quello dello Sperimentale.
[...]
La stagione prosegue fino ad aprile tra teatro delle Muse e teatro Sperimentale.
[...]
La stagione riprende a marzo con "La concessione del telefono" di Andrea Camilleri.
[...]
Claudia Gentili
 
 

Gente, 5.10.2006 (in edicola 27.9.2006)
Il "padre" del poliziotto più amato d'Italia si confessa
Montalbano odia Zingaretti
"Il commissario di Vigata inizia a soffrire la fama del suo alter ego", rivela a 'Gente' l'ottantunenne scrittore siciliano Andrea Camilleri
"Quando lo inventai, pensavo a un uomo con la barba e tanti capelli..."
"Salvo non muore, ma 'finisce'. Per colpa dell'Alzheimer. Mio"

Allora, muore?
«Ma chi, io?».
Ma no, Montalbano. Muore o no? L’hanno scritto tutti.
«E hanno sbagliato tutti: Montalbano non muore!».
Oh, meno male. Montalbano vive. Suspnece. Andrea Camilleri tace per qualche secondo. Poi scandisce (e le parole sorridono): “No, Montalbano non vive».
Allora? Non vive, non muore. Che fa?
«Montalbano finisce. Anzi, in qualche modo è già finito. Come, quando e perché l’ho già scritto in un libro che è custodito gelosamente nella cassaforte di Elvira Sellerio, la mia editrice. L’unica, oltre a me, che sa esattamente come stanno le cose. In quel libro tutti pensano che ci sia la morte di Montalbano, che so, per infarto o colpo di pistola. Ma non è così. Montalbano finisce».
Sai che consolazione. Ma perché? Lo amiamo tutti così tanto.
«È colpa dell’Alzheimer».
Vabbe’, qui bisogna fermarsi un attimo. Perché non è facile stare dietro ai giochi con le parole di Andrea Camilleri, il più amato scrittore italiano contemporaneo. Riassumendo, Camilleri è un anziano signore siciliano di Porto Empedocle, nato nel 1925, che fuma ancora oggi mille sigarette (e la sua voce non può far nulla per nasconderlo). Ha fatto il regista, l’autore e lo sceneggiatore. Soprattutto, ha scritto libri: nel 1978 ha esordito nella narrativa; il successo è arrivato nel 1992 con “La stagione della caccia”. E nel 1994, con “La forma dell’acqua”, è nato il commissario Montalbano, con il quale ha venduto milioni di libri.
Oggi Camilleri vive a Roma, ma ritor­na spesso a Porto Empedocle. Esce di ca­sa e va nel bar vicino: lì racconta, firma li­bri, parla con lettori. E gli vengono in mente nuove storie. È lucidissimo. Altro che Alzheimer. Quindi?
«Quindi, l'Alzheimer lo temo. Quando mi è venuta in mente l'idea di come far fi­nire Montalbano, l'ho scritta subito. Poi, magari, lo scordavo».
Ma perché far finire Montalbano?
«Figliolo mio, io ho 81 anni. Non voglio lasciare niente di incompiuto».
Però altri grandi scrittori, come Si­menon con Maigret, l'hanno fatto.
«Affari loro. E poi, io non sono un grande scrittore».
Cos'è, modestia?
«No, lo dicono i critici. Dicono che io sono un scrittore di consumo. Ed es­sendo io di consumo, decido quando consumare me e i miei personaggi».
Dicono in giro che a Montalbano dia fastidio il successo del suo alter ego tv. Che, addirittura, in uno dei prossimi libri ci sarà quasi uno scontro.
«Ma no, nessuno scontro. Però, certo, Montalbano deve fare i conti con l'altro. Sempre più spesso la gente lo identifica con cbiddu di la televisioni, e questo lo disturba. Anzi, alla fine lo fa proprio inca­volare».
Ma perché?
«Ma è normale, il povero Salvo va in crisi, e inizia a sfidare il Montalbano televisivo, cioè Luca Zingaretti. Poi se la prende con me, che sono l'autore».
Il Montalbano televisivo assomi­glia a quello letterario?
«Sì, a parte il fatto che quello che io ho immaginato ha 16 anni in più e ha barba e capelli, è pelosissimo, mentre Luca è calvo».
Non sono differenze da poco.
«Ma Luca è così bravo che riesce a somi­gliare a Montalbano nella sostanza. È davvero bravissimo».
Camilleri ama Montalbano?
«E lo detesta. Grazie a lui, anche miei libri di 20 anni fa sono ancora in catalogo. n problema, però, è che tutti i personaggi se­riali diventano un po' serial killer. Quan­do mi metto a scrivere "gli altri libri", quelli non del commissario, spuntano co­munque fuori pensieri montalbaneschi».
Succedeva a Simenon con Maigret.
«Montalbano e Maigret, che avrebbe tran­quillamente potuto essere italiano, han­no punti in comune. Per dirne una, il gu­sto per il mangiare. E poi amano tutti e due la vita borghese».
Montalbano borghese?
«In realtà, aspira a una vita borghese».
Ma sposerà mai Livia?
«Mai. E a Livia va bene così».
Come sta Montalbano oggi? Si guarda intorno e cosa vede?
«Mah, è un po’ perplesso. Si guarda intor­no e vede che una legge che aspettava ancora non è stata fatta. E poi, mica ha apprezzato molto l'indulto».
Però è in salute.
«È in salute, c'ha la crisi della mezza età, però è in salute».
E i lettori come hanno preso la no­tizia che Montalbano finirà?
«Chiedono la grazia».
E diamogliela, questa grazia.
«No. Però c'è tempo».
Speriamo ce ne sia tanto. Che Dio ce li conservi. Tutti e due, Camilleri e Montalbano.
Stefano Nazzi
 
 

La Sicilia, 27.9.2006
Camilleri «desaparecido» in biblioteca

E' un caso interessante per il commissario Montalbano quello che accade da alcuni anni nella biblioteca comunale di Porto Empedocle.
Andrea Camilleri ha scritto più o meno una decina di storie fatte stampare da una nota casa editrice palermitana, ma nessuna tra i miliardi di copie vendute in tutto il mondo è finita sugli scaffali della biblioteca empedoclina negli ultimi 3 anni. Incredibile ma vero. «Il paese di Camilleri non propaganda l'opera del suo massimo esponente conosciuto in tutto il pianeta» verrebbe da pensare. Da mesi l'amministrazione comunale non acquista un libro del papà del commissario Montalbano per aggiornare il repertorio da offrire agli utenti della struttura di via Crispi. Sarà stato per mancanza di fondi da destinare all'acquisto di nuovi libri, o per la disattenzione di precedenti amministratori verso questi particolari tutt'altro che marginali, il personale in servizio nella biblioteca allarga le braccia quando l'utente chiede di leggere una delle ultime opere camilleriane.
Una vicenda che ha fatto drizzare i capelli sulla testa del sindaco Calogero Firetto e su quella dell'assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione Salvo Scimè.
Il primo cittadino che con Camilleri è sempre stato in ottimi rapporti prima che la notizia potesse arrivare alle orecchie dell'illustre concittadino e per evitare che anche sotto la sua sindacatura il «buco» nella biblioteca rimanesse scoperto è corso ai ripari.
Insieme a Scimè che è anche assessore al Bilancio ha deciso di raggranellare circa 600 euro da destinare all'acquisto dell'intera collana di opera scritte da Camilleri entro la fine dell'anno.
Francesco Di Mare
 
 

Il Giornale, 27.9.2006
Un biondino sfida la mafia

Non c'è in Italia una terra insieme saggia e brutale, e in questo senso misteriosa, come quella di Sicilia. Non ci si può stupire, dunque, che sia luogo d'eccellenza di racconti dalle atmosfere nere. Come quelle del romanzo di Leonardo Sciascia, "Il giorno della civetta", che imparammo ad amare da giovani. Anche oggi è dall'isola che viene il re in carica del giallo italiano, Andrea Camilleri. Le trame di cui è protagonista il suo commissario Montalbano sono intriganti, i protagonisti decisi e convincenti. Forse la lingua, ogni tanto suona appena caricaturale, quasi quella - come ha osservato l'irriverente Andrea Marcenaro - di un Tiberio Murgia, l'attore sardo che rappresentava a tinte forti personaggi siciliani come nell'indimenticabile "I soliti ignoti"...
Questo non si può dire del fulminante romanzo di Giuseppe Sottile, in libreria in questi giorni, "Nostra Signora della Necessità" (Einaudi, pagg. 107, euro 10): è la lingua dello sperimentato giornalista siciliano che innanzi tutto conquista.
[...]
Lodovico Festa
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.9.2006
L'America scopre i suoi siciliani
Del fenomeno si accorse Vittorini segnalando gli autori sul "Politecnico"

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Quella di Jerre (Gerlando) Mangione è stata una delle voci più alte e raffinate degli emigrati italiani in America.
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Nel 1943, anno di pubblicazione del suo primo romanzo, "Mount Allegro", fu tra i primi italo-americani a finire sulla lista dei bestseller del "New York Times".
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Dopo la segnalazione che ne fece Vittorini, il libro d´esordio di Mangione fu tradotto in italiano, e letto con passione da Leonardo Sciascia, il quale ne parlò nell´antologia "Narratori di Sicilia", facendo pure accenno all´opera successiva dello scrittore originario di Valguarnera (il paese di Francesco Lanza), "Reunion in Sicily", poi stampato in Italia da Sellerio, con la dedica ad Andrea Bellini, ossia Andrea Camilleri. Il quale così giustifica la falsificazione del cognome: «Perché lì scoprono le mie idee di comunista. E allora Jerre, che era un gran galantuomo – e cominciavano già i tempi duri della caccia alle streghe – pensa: se io scrivo che il mio amico è comunista, non lo faranno mai venire in America. Quindi mi ribattezza Andrea Bellini per non rovinarmi la reputazione negli States» (da "La linea della palma").
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Salvatore Ferlita
 
 

La Stampa, 27.9.2006
«Nuova Alexandria», aneddoti sui grigi e le lezioni di vita di Donna Mestizia

Alessandria. L'editore Ugo Boccassi - «grazie ad alcuni sponsor» come lui stesso ammette -, ha ripreso a vuotare i cassetti dei nostri ricordi e regalarli agli alessandrini. E' infatti uscito «Nuova Alexandria-Ieri per domani, periodico di cultura e varia umanità».
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Si legge di personaggi davvero insospettabili come l'arcivescovo Giovanni Battista Peruzzo, nato nel 1878 a Molare, prossimo protagonista di un romanzo storico di Andrea Camilleri.
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e. c.
 
 

Adnkronos, 28.9.2006
Teatro: commedie, classici e danza nel cartellone di Fano

Fano (Pu) - Presentato il cartellone di 'Fano Teatro' 2006/'07, stagione teatrale del Teatro della Fortuna organizzata da Assessorato alla Cultura del Comune di Fano, Fondazione Teatro della Fortuna, in collaborazione con Amat.
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Il 3, 4 e 5 aprile Andrea Camilleri, con il regista Giuseppe Dipasquale, ha riscritto per il Teatro Stabile di Catania, la versione per la scena di uno dei suoi piu' divertenti e ironici romanzi, "La concessione del telefono", diventata una commedia di equivoci, imbrogli e paradossi interpretata da Francesco Paolantoni.
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Il Venerdì, 29.9.2006
Raisat Extra
Camilleri racconta Camilleri

I cunti 'i Nenè, i racconti di Andrea Camilleri, in prima persona. Venticinque piccoli spunti in cui lo scrittore racconta Pirandello, Beckett e altri "incontri" di vita, accompagnati da aneddoti dei compagni di viaggio dell'autore siciliano. Su Raisat Extra, ogni giorno alle 21, da lunedì.
 
 

L'Espresso, 5.10.2006 (in edicola 29.9.2006)
Chiedono che sia rispettata la volontà di ognuno a decidere quando la propria vita non merita più di essere vissuta. E non ci si divida in schieramenti più opportunisti che religiosi. La parola agli opinion maker
Quel peccato è un nostro diritto
Attualità: Testamento biologico/il caso in Parlamento
Liberi fino alla fine

NON SIA UNA CROCIATA
colloquio con Andrea Camilleri
Testamento biologico, eutanasia: distinzioni di lana caprina per il grande scrittore siciliano. Ecco perché.

Maestro, come giudica il dibattito?
“Credo che la distinzione tra il testamento biologico, che riguarderebbe la sospensione delle cure per evitare un accanimento terapeutico, e suicidio assistito sia una mera distinzione terminologica. Diciamo le cose come stanno. Entrambe hanno un solo obiettivo: accelerare la morte del paziente. Parlare di testamento biologico significa solo girare attorno al problema, mentre quando ci si trovi di fronte ad una persona che abbia espresso una volontà esplicita di voler porre fine alla propria vita, va rispettato il suo desiderio. Una volontà che può anche essere stata espressa tempo prima, in un testamento biologico, se la persona si trova in uno stato di incoscienza.”.
Pensa che l'opinione pubblica sia pronta per una legge che lasci libertà di scelta su questi temi?
“Non sono per niente fiducioso. Quale deputato italiano è disposto a mettersi contro i vari cardinali Ruini? Anche mettere su un dibattito onesto e costruttivo sarà difficile, per ragioni di opportunismo. Io temo si accenda la solita virulenta crociata, e questo sarebbe un atto profondamente irrispettoso nei riguardi delle persone stesse che hanno aperto questo dibattito. Penso a Piergiorgio Welby e a Enrico Canova, che si trovano in condizioni molto simili, ma che hanno desideri diversi: uno chiede di poter morire, l'altro vuole continuare a vivere. Non c'è dubbio che le due posizioni non sono equivalenti, perché mentre all'uno è consentito vivere, all'altro è impedito morire. Si pencola dalla parte di colui che vuole continuare a vivere mentre entrambe le posizioni meritano rispetto.”.
Cinzia Sciuto
 
 

Il Venerdì, 29.9.2006
Chi adotta un metodo scientifico e si siede alla scrivania a orario fisso. Chi aspetta l’ispirazione. Chi si fa influenzare dalla superstizione. Indagine su come nasce un capolavoro
Dalla zampa di coniglio di Hemingway alla tuta di Márquez, i tic che aiutano a scrivere

Come nasce un romanzo? Che cosa c'è dietro lo sforzo creativo? Ispi­razione o traspirazione? Impossi­bile generalizzare, ogni scrittore ha il suo metodo, i suoi riti, talvolta mania­cali, spesso semplici superstizioni. Si­menon quando lavorava indossava sem­pre la stessa camicia, Céline una palandrana tenuta su con una corda, e Garcia Márquez una tuta da meccanico. Hemin­gway, invece, teneva in tasca come por­tafortuna una castagna amara e una zampa di coniglio.
[…]
Andrea Camilleri dice di non avere né tic né fissazioni. Comincia a scrivere quando ha in testa l'impianto del ro­manzo, che deve entrare tutto in capito­li di dieci pagine. Ha un foglio mentale e non prende appunti. Però ha bisogno del rumore, preferibilmente una nipote sotto la scrivania. Il suo studio è piccolo, tre computer, una stampante, un telefo­no a cui non risponde mai. L'unico rito che ha, è accendere appena entra nello studio il fuoco sotto un pentolino dove galleggiano erbe aromatiche che copro­no l'odore delle sue ottanta sigarette. «Per la verità ho un altro rito, che ri­guarda il Camilleri cittadino, non lo scrittore. Bevo due bottiglie di birra a digiuno e poi per nessun motivo al mondo tocco più alcol per il resto della giornata. ìvIa se la birra manca in casa posso scrivere tranquillamente».
Per Gianrico Carofiglio un'enciclope­dia di disturbi psichiatrici non baste­rebbe, per sua stessa ammissione. «Pri­ma di scrivere non faccio assolutamen­te nulla, cercando in questo modo di sorprendere me stesso. Poi quando mi metto al computer la concentrazione non dura più di un quarto d'ora. Mi al­zo e comincio a giocare come un gio­coliere. Con tre palle sono in grado di eseguire numeri circensi, ma durante la stesura di “Ragionevoli dubbi”, ho comin­ciato ad allenarmi con quattro. Spesso faccio anche ginnastica. In genere mi metto a scrivere quando devo uscire con mia moglie, la quale non apprezza molto il mio metodo».
[…]
Brunella Schisa
 
 

BresciaOggi, 29.9.2006
Tv noir. Tra gli autori Lucarelli e Faletti
La fiction su Rai Due si «tinge» di giallo

Venezia. Una Sicilia assolata, due giovani ragazzi, un amore a prima vista, un delitto. Sarà una stagione all’insegna del giallo quella che Raidue inaugurerà il prossimo novembre con l’arrivo del primo degli otto film della serie curata da Giancarlo De Cataldo, «Crimini», ed intitolato «Troppi equivoci».
La storia, scritta da Andrea Camilleri e sceneggiata da Rocco Mortelliti e Carla Evangelista, è stata presentata in anteprima ieri al Teatro Goldoni, nel corso della 58ª edizione del Prix Italia di Venezia.
Il progetto ha coinvolto otto grandi scrittori che in 100 minuti hanno cercato di trasporre altrettante realtà locali. Alla fine, il racconto di ognuno sul territorio di appartenenza ha dato vita ad una sorta di percorso ideale nell’Italia di oggi secondo la visione di alcuni degli autori più letti dal pubblico. Viene così fuori il quadro di un Paese pieno di contraddizioni e misteri.
Ad assistere alla prima proiezione, aperta al pubblico della Laguna, il regista Andrea Manni, la protagonista femminile Claudia Zanella (la giovane attrice interprete della fiction sull’anoressia «Briciola») e Marica Coco.
Ambientato nella Sicilia di Camilleri, «Troppi equivoci» apre la scena in una Catania riscaldata dal sole: è il giorno dell’incontro fatale tra Bruno Costa (Beppe Fiorello) e Anna Zanchi (Claudia Zanella). Lui è un semplice tecnico dei telefoni, ma è diverso dai suoi colleghi: ama i libri, la musica, il cinema, dopo il lavoro si dedica al suo mondo fatto di creatività.
Quando Anna, una traduttrice trasferitasi nella città isolana ormai da molto tempo, gli apre la porta, i due si guardano negli occhi e prima ancora che il telefono riprenda a funzionare, si innamorano perdutamente.
Trascorrono insieme due giorni, Anna è ancora addormentata quando Bruno la lascia nella convinzione di rivederla più tardi. Nelle poche ore della sua assenza, qualcuno entra in casa e la uccide barbaramente. A questo punto inizia l’incubo di Bruno.
La fiction andrà in onda in un’unica serata intorno alla metà di novembre. In seguito verranno trasmessi anche gli altri film, ambientati tra il Nordest, l’Emilia Romagna, il Centro e la Sardegna. La collezione di «Crimini» comprende anche «Il bambino e la befana» di Giancarlo de Cataldo, diretto dai Manetti Bros; «Terapia d’urto» di Giorgio Faletti, girato da Monica Stambrini; «Disegno di sangue» di Marcello Fois, regia di Gianfranco Cabiddu; «Rapidamente» di Carlo Lucarelli, per la regia di Manetti Bros; «Il covo di Teresa» di Diego De Silva, regia di Stefano Collima; «Morte di un confidente» di Massimo Parlotto, diretto anche questo dai Manetti Bros e «L’ultima battuta» di Sandrone Dazieri, per la regia di Federica Martino.
 
 

30.9.2006
Nino Cordio, ritratto a mano libera

Il Comune di Todi (PG) con la partecipazione delle associazioni Archeoclub d’Italia sez. di Todi, Amici di Todi, Extra Moenia, Mimesis, ProTodi e Vitamina T presentano la proiezione del documentario Nino Cordio, ritratto a mano libera di Francesco Cordio.
Il documentario, realizzato dal figlio regista Francesco, racconta l’aspetto umano e quello artistico di Nino Cordio, e comprende fra l’altro un contributo di Andrea Camilleri.
La proiezione, che si terrà presso l’aula magna del Liceo Classico Jacopone, sarà preceduta da un omaggio musicale del Maestro Arturo Annecchino e dalle letture di testi da parte degli attori Giorgio Crisafi, Claudia Coli e Ilenia Torti.
A seguire sarà inaugurata alla Sala delle Pietre una mostra di opere inedite ed incompiute dell’artista siciliano. L’esposizione, a cura di Massimo Mattioli, rimarrà aperta sino al 13 ottobre con apertura dalle 10 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:30. Per informazioni: 339.3160990.
 
 

Sesto Potere, 30.9.2006
Aldo Cazzullo si aggiudica il Premio Estense 2006

Ferrara - E’ Aldo Cazzullo con il libro “I Grandi Vecchi” (Mondadori) il vincitore del Premio Estense 2006 promosso da Confindustria Ferrara. La giuria tecnica presieduta da Sergio Zavoli e la giuria popolare del Premio hanno assegnato la prestigiosa Aquila d’Oro dopo la discussione avvenuta in seduta pubblica, questa mattina, a Palazzo Roverella-Circolo Negozianti di Ferrara.
[…]
”I Grandi vecchi” racconta trentatrè vite di personaggi che popolano da tempo la nostra vita. Alcuni molto avanti negli anni, altri meno, tutti, comunque, da tempo sulla cresta dell’onda, la cui statura incomparabile spesso oscura la nuova generazione ‘emergente’. Cazzullo racconta storie, quelle dei “grandi vecchi” del calcio, della politica, della letteratura. E scopre particolari inediti, che aggiungono una tessera al mosaico di personalità che credevamo di conoscere. Così si scopre dello zio partigiano di De Gregori, morto ammazzato dai comunisti, e del padre fascista di Camilleri, a cui si ispira il commissario Montalbano. E l’entusiasmo di Trapattoni, la tv garbata di Renzo Arbore, le vite di Zeffirelli e Fernanda Pivano, l’anarchia di Albertazzi. Grandi vecchi eternamente giovani, con tante cose ancora da raccontare.
[…]
 
 

Il Paladino (periodico dell’Associazione DLF di Palermo), n.2/2006
…Montalbano sono…

Viene da Porto Empedocle, da quel della provincia di Girgenti, dalla terra che ha partorito Pirandello; Bufa­lino e Sciascia.
Potrebbe sembrare un'imprecisione (e forse è così: Gesualdo Bufalino era di Comiso), ma noi siamo e sempre saremo debitori a Leonardo Sciascia (che invece era di Racalmuto prov. di Agri­gento) non solo per avere instillato in noi siciliani dinamiche complesse di ri­flessione e di contiguità con la materia difficile ed entusiasmante del dubbio, ma anche per averci introdotto alla let­tura appunto di Bufalino.
Allo stesso modo, Sciascia fu uno dei primi ad accorgersi di questo genti­luomo-scrittore, così siciliano e così anticonformista nel modo di esserlo ed a presentarlo alla sua attuale editrice.
Elvira Sellerio ricorda così il loro primo incontro "si presentò personal­mente come uno spirito acuto, una con­versazione brillantissima, una bella vo­ce profonda da attore che sapeva scan­dire un impeccabile toscano e contem­porane,amente usare con elegante disinvoltura il dialetto (senza mai scadere nel "gergo"). E soprattutto una di quel­le intelligenze che bisognerebbe defini­re entusiasmanti ...".
Scrittore per scommessa (vinta con sé stesso) dopo un passato di regista e di sceneggiatore (appartengono alla sua penna gli sceneggiati televisivi di She­ridan e Maigret), nel personaggio di Salvo Montalbano sono infuse armo­niosamente ed in positivo, senza le so­lite accentuazioni retoriche, quelle connotazioni di sicilianità, di insularità, come malattia dell'anima.
Connotazioni asperrime che gli sci­volano addosso appena veste la sua na­tura primordiale di uomo acquatico, che solo nel mare, quando nuota (anche quando gli altri portano il maglione) si sente felice.
Asperità smussate da profonda umanità, resa amara per la profonda ed ineluttabile banalità che è intrinseca al­la vocazione degli uomini a delinquere, ma che non scade mai nel buonismo, umanità con cui, Salvo Montalbano, "cattivo" per natura, "buono" per atto di volontà, vive il "male" quello che viene subito dalle vittime e quello che viene inflitto dai colpevoli.
Che lui smaschera con la fatica de­duttiva rischiarata dalla folgorazione dell'intuito, ma senza teoremi, con la fatica di chi deve pensare e ripensare e poi ancora pensare, sprofondando in elucubrazioni sulle ragioni del bene e del male che gli lasciano addosso ogni volta un granello in più di scetticismo inconsapevole sul senso dell' esistere.
Per questo Montalbano ha questo rapporto felice con il tempo, perché la riflessione ha bisogno di tempo e così pure il flash dell'intuizione che appa­re vivida come un lampo di notte che ti lascia intravedere il sentiero...
Come un moderno Maigret che dalle rive bruma se della Senna sia stato trascinato sulle rive solari del Mediter­raneo, introverso, solitario, ma buongu­staio, innamorato di Livia (a distanza: la fidanzata, ormai eterna, vive a Geno­va e, come è noto, Salvo detesta viag­giare) che a sua volta con rassegnazione lo riama, sempre prossimo ad un grande ed impossibile passo: il matri­monio.
Montalbano è conservatore, esisten­zialmente parlando, vuole che tutto, al­meno il suo mondo (gli altri "mondi" non lo interessano) resti com'è...
Ma Montalbano ha viaggiato, ecco­me se ha viaggiato: Lituania, Giappo­ne, Russia, Polonia, Ungheria, Usa. Al­la conclusione/sospensione, si spera temporanea, della sua carriera di com­missario e per gli ottanta anni del suo autore/creatore, Elvira Sellerio ha dato alle stampe un volume unico: un libro con tutte le copertine delle edizioni internazionali dei romanzi di Camilleri.
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011