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RASSEGNA STAMPA

GIUGNO 2010

 
La Repubblica (ed. di Roma), 1.6.2010
Libri
Storie di migranti

Alle 17.30 presso la SIOI in p.zza San Marco 51 "Tutti indietro" di Laura Boldrini. Introducono Andrea Camilleri e il delegato UNHCR Laurens Jolles. Intervengono Giuliano Amato, mons. Agostino Marchetto e Roberto Natale. Modera Valentina Loiero, letture di Stefano Pozzovivo.
 
 

APCOM, 1.6.2010
Immigrati/ "Tutti indietro", il libro-verità di Laura Boldrini
Per tornare umani, raccontare le storie vere della gente

Come combattere il pregiudizio e l'ignoranza, la paura dell'altro e soprattutto la mistificazione della realtà? In materia di immigrazione è questa la pillola quotidiana che inghiottiamo. Per cominciare, si deve partire dai fatti nudi e crudi, dalle parole dirette dei testimoni. Dalla storie della gente, non come numeri ma come persone. Così Laura Boldrini ha scritto "Tutti indietro", una testimonianza dei suoi oltre dieci anni come portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati. Scrivere, ha osservato Boldrini alla presentazione del volume edito da Rizzoli oggi a Roma, non è il suo mestiere; ma il titolo, "Tutti indietro", spiega da dove è nata l'urgenza di questo libro potente e veritiero. E' un titolo che si riferisce ai passi indietro della società civile e alla pratica dei respingimenti in mare, esaltata come un successo in Italia. Ma, "il centro di Lampedusa è vuoto e questo è un successo? Lo sarebbe se l'Africa fosse in pace. Ma cosa succede invece a quelle persone che a Lampedusa non sono arrivate"? osserva Boldrini. Così il libro si dipana fra le storie vere di Sayed e Roman, Mohamed e Astier e tanti altri. Sono le storie dei rifugiati, coloro che hanno diritto a chiedere asilo perchè in patria rischiano la persecuzione e che oggi in Italia dalla Libia non arrivano affatto. Sono anche le storie di quelli che nei centri libici ci sono stati, per loro sventura. E le storie degli immigrati che senza documenti non hanno più diritti umani. […] Ripartire dalle storie vere, dunque, perché come ha detto Andrea Camilleri anche lui presente, "l'orrore si stempera nell'anonimato". […]
 
 

l'Unità, 1.6.2010
«Qua ci giochiamo la libertà»: al Quirino la rivolta degli scrittori
Nel teatro romano decolla bene l’iniziativa degli editori: da Scarpa a Camilleri, da Rosetta Loy a Nadia Urbinati Rodotà: «Le persone tornano a essere opinione pubblica»
Luca Del Fra
 
 

La Repubblica, 1.6.2010
La polemica
Camilleri: "Rischio fascismo siamo pronti a disubbidire"
Scrittori antibavaglio. Laterza: "Impossibile fare libri di inchiesta"

Roma - Così torniamo al fascismo. I protagonisti del reading contro la legge-bavaglio sulle intercettazioni non hanno dubbi: uccide la coscienza dell'opinione pubblica e con essa la democrazia. Partite ieri in uno stracolmo teatro Quirino di Roma, le "Letture per la libertà di stampa" organizzate da un centinaio di editori insieme a librai e scrittori andranno avanti tutta la settimana in tutta Italia. "La legge sulle intercettazioni non tocca solo giornali e giornalisti, ma anche le Case editrici che pubblicano libri d'inchiesta, anch'essi potenziali destinatari del ddl", ha detto l'editore Giuseppe Laterza, tra gli organizzatori insieme a Marco Cassini (Minimum Fax) e Stefano Mauri (Mauri-Spagnol).
Ad aprire le letture dei brani è stato Andrea Camilleri, che ha proposto l'appello agli studenti che il rettore dell'università di Padova, Concetto Marchesi, pronunciò il primo dicembre 1943 lasciando l'ateneo per non sottomettersi al fascismo. Un discorso (vibrante la lettura dello scrittore siciliano) che si chiude così: "Liberate l'Italia dalla schiavitù dell'inganno". Passaggio che per Camilleri definisce perfettamente "lo sporco e il luridume dell'attacco alla libertà che oggi si ripropone sotto altre forme". Difendiamo l'informazione - ha proseguito il padre di Montalbano - anche se con la legge-bavaglio non ci sarà proprio più nulla di cui scrivere perché i magistrati non potranno più lavorare "lasciando i mafiosi e la cricca liberi di fregarci nel silenzio". Quindi Camilleri si è congedato dal pubblico con un laconico "buona fortuna". E di grande attualità anche il discorso di Pericle agli Ateniesi, che Paolo Rossi non riuscì a leggere in tv e ieri proposto da Rosetta Loy.
Sul palco anche Stefano Rodotà, secondo il quale "quando si blocca la conoscenza dei fatti si impedisce di deliberare e mettendo a repentaglio la vita democratica: è proprio dei regimi totalitari obbligare i propri cittadini a leggere su siti stranieri le notizie del proprio Paese". Quindi è intervenuto il politologo Giovanni Sartori, che ha definito "vergognosa" la legge-bavaglio: "È l'ultima risorsa per creare una falsa, disinformata e stupida opinione pubblica che non sa nulla del mondo e sa quasi solo cose false dell'Italia". E Marco Travaglio è stato tra coloro che hanno evocato l'inosservanza della legge. Come Massimo Carlotto, per il quale "non resta che la disobbedienza civile". Chi non c'era, come Dacia Maraini, ha affidato ad altri le proprie riflessioni. La serata è stata chiusa da Gianrico Carofiglio, magistrato, scrittore e senatore del Pd: "Il bavaglio che citava Camilleri era lo stesso programma della loggia P2. Non a caso vi erano iscritti anche esponenti del governo".
Alberto D'Argenio
 
 

Latina24ore.it, 1.6.2010
Intercettazioni: da Camilleri a Travaglio, e' disobbedienza

«Oggi qui difendiamo la libertà di informazione ma in realtà rischiamo di non averla proprio più, l'informazione, nel senso che non ce ne sarà». È Andrea Camilleri, il papà del commissario Montalbano, il primo degli autori a salire sul palco del Teatro Quirino di Roma. E anche se la platea è esaurita fino al primo ordine di galleria, non siamo a un debutto, ma al 'Reading di libri sulla libertà nelle librerie italiane', manifestazione che vede per la prima volta insieme un centinaio di editori, più autori e librai, a manifestare contro il ddl sulle intercettazioni.
«Questa legge per me ha due scopi: mettere il bavaglio alla stampa ma anche mettere magistrati, poliziotti e Pm nell'impossibilità di compiere intercettazioni - prosegue Camilleri - Sul primo punto sono certo che il governo ci verrà incontro, ma sarà irremovibile sul secondo, perchè è quello che può garantire ai mafiosi e ai corrotti della cricca di fregarci nel più assoluto silenzio». Poi passa all'appello «a rifare la storia d'Italia» pronunciato da Concetto Marchesi nel '43 che appare oggi drammaticamente attuale. Proprio come il discorso di Pericle agli Ateniesi, che Paolo Rossi non riuscì a leggere in tv e che ora vibra nelle parole di Rosetta Loy. «L'Italia non sa più nulla sul mondo e sa quasi tutte cose false su quello che accade nel paese», incalza Giovanni Sartori, indicando «le colpe della sinistra che ha consentito a Berlusconi di impadronirsi di tutto il potere mediatico».
Uno accanto all'altro, sul palco salgono gli editori promotori dell'appello, Marco Cassini (Minimum Fax), Giuseppe Laterza e Stefano Mauri (Mauri-Spagnol). Poi ancora Corrado Augias, Antonio Di Pascale, i giuristi Stefano Rodotà e Alessandro Pace, la giovane italo-somala Igiaba Scego («nel mio paese dopo la dittatura è arrivata la guerra civile: speriamo non accada anche in Italia»), Guido Krainz, Tiziano Scarpa e Marco Travaglio, che avverte: «Spero che la legge passi nella peggior versione: così sarà più facile abrogarla. Io, comunque, disobbedirò». Chi non c'era, come Dacia Maraini o Massimo Carlotto, affida ad altri le proprie riflessioni. «Imbavagliare la stampa è solo il primo passo - scrive Carlotto - Non resta che la disobbedienza civile». Chiude Gianrico Carofiglio, magistrato, scrittore ma anche senatore del Pd. «Sono qui per testimoniare la continuità tra l'opposizione in aula e la società civile - spiega - Quanto al bavaglio che citava Camilleri, era lo stesso programma della loggia P2. Non a caso vi erano iscritti anche esponenti del governo».
 
 

Libri su libri, 1.6.2010
La caccia al tesoro, di Andrea Camilleri

Tra una pioggia maggiolina e uno sbalzo di temperatura degno solo della mitica Albione, Andrea Camilleri ha prodotto un altro libello, pubblicato fresco fresco qualche giorno fa dalla Sellerio.
La nuova chicca del Maestro si chiama La caccia al tesoro e, a pochi giorni dal debut, è già letto, straletto, commentato e opinionato.
Della storia scrivo proprio duerighedue perchè la Rete , di trame e controtrame dei minicapolavori dello scrittore “eletto dal popolo”, se ne cade.
Salvo Montalbano, nell’immobile arsura di Vigata, risolve indovinelli di certe lettere anonime che riceve; riflette sull’origine e il ritrovamento di due bambole gonfiabili che si porta a casa- suscitando l’ilarità di Ingrid e di Adelina- e si trova a risolvere il caso della morte seviziata di una giovane donna.
Navigando navigando, apprendo poi che:
1. quest’ultimo libro è un po’ cruento ma la proverbiale “picca” di ironia non ne risente
2. il Commissario sta smussando la scorza con grande beneficio della sua umanità
3. è in atto una seria riflessione sull’età che avanza per cui “ogni lassata è persa”
4. questa ventata di cambiamento si avverte già dall‘incipit che è un po’ diverso, pare, dal solito
Che altro posso dire se non che, come sempre, Camilleri e Montalbano sono stati promossi a pieni voti e che, forse un giorno, tanto l’uno quanto l’altro diventeranno patrimonio nazionale…?
Io ci spero.
Elda
 
 

RTM, 1.6.2010
La troupe del Commissario Montalbano da lunedì a Scoglitti(Vittoria)

Da lunedì 7 a giovedì 17 giugno, la troupe de “Il commissario Montalbano” sarà a Scoglitti per le riprese della nuova serie. Le scene saranno girata nella zona del porto, del faro, del mercato ittico e in altri luoghi suggestivi della frazione rivierasca. Questa mattina, su convocazione dell’assessore al Turismo, Luciano D’Amico, si è tenuta in Municipio una conferenza di servizio, alla quale hanno partecipato, oltre a D’Amico, l’assessore alla Polizia municipale, Piero La Terra, i funzionari dei settori Cultura, Polizia municipale e Manutenzioni, Pasquale Spadola e i rappresentanti della casa produttrice Palomar. “Abbiamo concordato gli aspetti tecnico-organizzativi delle riprese – ha dichiarato l’assessore al Turismo -. La troupe sarà a Scoglitti fino al 17 giugno, e nella frazione è già tutto pronto per accogliere il commissario più famoso d’Italia, interpretato da Luca Zingaretti”. “Sarà un’occasione, per Scoglitti, di farsi conoscere in tutt’Italia, offrendo ai telespet-tatori della famosa serie le immagini delle sue spiagge sabbiose e del suo mare pulito, che proprio nei giorni scorsi ha ricevuto la bandiera verde dei pediatri italiani – ha ag-giunto il sindaco, Giuseppe Nicosia -. Dopo Vittoria, anche la sua frazione balneare diventa set de “Il commissario Montalbano”, e sono lieto di dare ancora una volta il benvenuto agli attori e al regista della fortunata serie tv”.
 
 

Terra, 2.6.2010
Un autunno da spy story
Antenne. Tutto pronto per una nuova stagione all’insegna delle serie tv. Ecco Undercovers firmato J.J. Abrams e Covert Affairs, mentre l’Italia punta sui commissari, Montalbano su tutti.

La stagione televisiva è oramai agli sgoccioli, si giocano le ultime carte prima dell’arrivo dei Mondiali e delle repliche estive. Fervono, però, i preparativi per l’autunno e in pole position c’è grande attesa per fiction e telefilm.
[...]  
E in Italia? In attesa di vedere le novità al prossimo Fiction Festival di Roma, anche da noi si prepara un autunno all’insegna del giallo e dell’investigazione. Niente agenti di servizi segreti o corpi speciali, si continua a puntare sui commissari.
Primo su tutti il famoso Montalbano che dovrebbe ritornare con quattro nuovi episodi nei primi mesi del 2011. [...]
Pierpaolo De Lauro
 
 

3.6.2010
Novità in libreria

Si intitolerà "L'intermittenza" il romanzo di Andrea Camilleri in uscita per Mondadori nel prossimo autunno.
Il DVD ""Abecedario di Andrea Camilleri" (DeriveApprodi) sarà in libreria l'8 giugno.
 
 

Il Tirreno, 3.6.2010
Il controcanto di Fabbrini avrà la voce di Pieggi

Pisa. «Oggi canto contro / perché vivere sperando stanca, / perché troppe sono le cose / che sembrano / e non sono, /...». Con un artistico pugno allo stomaco si apre il Controcanto di Roberto Fabbrini, poeta malato di Sla, la terribile sclerosi laterale amiotrofica, che colpisce il sistema motorio volontario lasciando drammaticamente lucida la mente. Stasera gli struggenti versi di Fabbrini, semplici e diretti, saranno recitati sulla Terrazza della Stazione Leopolda alle 21.15 in una serata dal titolo «Letteratura e persone malate di Sla. Poeti anche nella malattia», organizzata da «Neurocare onlus. Persone anche nella malattia». A prestare la voce a Fabbrini sarà l’appassionata interpretazione di Sergio Pieggi, membro dell’Accademia Nazionale dell’Ussero. I violini di Agnese Caneschi e Valentino Zangara (dell’Associazione culturale San Francesco) offriranno piacevoli intermezzi musicali.  Il Controcanto, come ha osservato lo scrittore Andrea Camilleri, non è da interpretare come un «contro» rivolto alla malattia o alla sfortuna, ma esprime una battaglia per sbarazzarsi liricamente della prigione corporea e trarre comunque un messaggio positivo. [...]
Massimo Berutto
 
 

AltaRimini.it, 3.6.2010
Dalla penna di Camilleri il film "la scomparsa di Pato'"
La scomparsa di Pato', intervista al regista Rocco Mortelliti

Tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, "La scomparsa di Patò" è l'ultima fatica cinematografica del regista Rocco Mortelliti. La vicenda è ambientata a fine ottocento, in un paesino siciliano dove viene messa in scena la Passione di Cristo. Il ragionere di banca Antonio Pato' interpreta la parte di Giuda, ma alla fine dello spettacolo scompare misteriosamente...
Ad interpretare Pato' è l'attore Neri Marcorè, in un cast che annovera nomi del calibro di Nino Frassica, Maurizio Casagrande e Simona Marchini.
Regista della trasposizione cinematografica della "Scomparsa di Patò", romanzo di Andrea Camilleri, è il 51enne Rocco Mortelliti.
Allievo di Ferruccio Soleri  all’Accademia d’Arte Drammatica, si dedica in seguito al teatro firmando alcune regie. Nel 1987 esordisce nel cinema con Adelmo, film che scrive e interpreta. Dopo alcuni brevi episodi di Intolerance e I tarassachi, nel 1999 torna al lungometraggio con La strategia della maschera, scritto da Andrea Camilleri, che nella vita è suo suocero. Come attore compare in opere di C. Lizzani, N. D’Alessandria e F. Ottaviano (fonte: mymovies).
Ascolta la prima parte dell'intervista al regista Rocco Mortelliti.
Ascolta la seconda parte dell'intervista di Riccardo Giannini.
 
 

You Reporter.it, 3.6.2010
Montalbano... gira a Ragusa
 
 

Fiction Italia News, 3.6.2010
Il commissario Montalbano: Luca Zingaretti, i nuovi episodi e la vecchiaia di Montalbano

Come cambierà il commissario Montalbano nei nuovi episodi? «Avrà i baffi e il suo umore sarà più nero - racconta Luca Zingaretti al settimanale Oggi -. Nei suoi monologhi interiori sarà assillato dallo spauracchio della vecchiaia. Povero Montalbano che arranca e corre terribili rischi che in gioventù, nella piena vigoria fisica e mentale, avrebbe facilmente schivato».
I nuovi episodi, attualmente in fase di lavorazione, sono tratti dai romanzi di Andrea Camilleri Il campo del vasaio, L'età del dubbio, La danza del gabbiano e La caccia al tesoro. Dovrebbero andare in onda in autunno su Raiuno. Tra le guest star, Belen Rodriguez, Isabella Ragonese e Ana Caterina Morariu.
 
 

Il Tempo, 3.6.2010
Intramontabile Maigret ma dietro la sua pipa c'è la rivoluzione Simenon
Lo scrittore belga seppe cambiare le regole del giallo

Chi è più famoso, Maigret o Simenon? L'inventato o l'inventore? Quesito abusato in letteratura, quando i personaggi sono così esemplari da risucchiare il loro autore. E dunque Orlando più di Ariosto, Ingravallo più di Gadda, Emma Bovary più di Flaubert, Peppone e Camillo più di Guareschi. Ma Simenon no, non soccombe alla sua «marionetta». Insomma, viene prima la scrittura, il romanzo, e poi il piedipiatti, pur a tutto tondo. Eppure l'autore belga è diventato famoso con il commissario gourmet, nato nel 1930 e scomparso - letterariamente s'intende - nel 1972. Maigret è protagonista in 75 romanzi e 28 racconti. Ma a garantire l'autonomia del romanziere rispetto al suo protagonista è stato anche il modo con quale Maigret fu partorito: nei feuilleton a puntate, allegati a quotidiani come Le Figaro. E nei giornali si percepisce prima la firma, il titolo, e poi il contenuto. L'altro atout che svincola Simenon dal divo detective è la consapevolezza della propria autonomia. Sui film, sugli sceneggiati tratti dai suoi gialli, vigila più di un bulldog. Un esempio, riferito da Andrea Camilleri, «maieuta» in Rai ai tempi del Maigret di Gino Cervi. Simenon approvò subito la scelta dell'attore emiliano nei panni del suo eroe. Non voleva invece Andreina Pagnani come signora Maigret. «Troppo bella», obiettava. Al che viale Mazzini, con il regista Gino Landi e Diego Fabbri, grande sceneggiatore, rispose «col trucco». Ovvero invecchiando la grande interprete italiana. E Simenon restò incantato dalla casalinga dimessa nella quale la Pagnani era stata trasformata. Fu un successo, sui nostri schermi in bianco e nero, durato otto anni, dal 1964 al 1972. L'ultima serie de «Le inchieste del commissario Maigret» tenne incollati alla tv 18 milioni e mezzo di spettatori. Senza contare che, all'apparire dello sceneggiato, anche nei cinema si installarono televisori, per arginare il crollo dei cinefili il giorno della messa in onda. Perché Simenon teneva tanto alla coerenza tra i propri libri e le trasposizioni cinematografiche o televisive? Perché in fondo sapeva di aver creato un filone, ovvero la borghesizzazione del racconto giallo. Personaggi invischiati in storie più grandi di loro, borghesi piccoli piccoli che sciolgono il mistero applicando l'intelligenza al buon senso. Niente effettacci alla Poe, niente svolazzi gotici. Invece, una scrittura asciutta, dove tutto è trasparente. Maigret è sbrigativo e concreto come lo stile del suo inventore. L'altro fondamentale salto è aver cambiato la prospettiva del racconto. Il fine del giallo non è scoprire chi è il colpevole, ma perché è accaduto il misfatto. Si cambiano così le regole del plot, si accentua l'attenzione alla psicologia dei personaggi. Siamo complici dei loro pregi e difetti. «A Maigret ho dato una regola - confidò un giorno Simenon - Non bisognerebbe mai togliere all'essere umano la sua dignità personale. Umiliare qualcuno è il peggior crimine di tutti. «Un grande romanziere, forse il più grande in lingua francese», disse di lui André Gide. Esagerato? Rispondono i numeri: è il quindicesimo autore più tradotto di sempre, il secondo francese. Dopo Verne.
 
 

Il Messaggero, 4.6.2010
Rainews 24, protesta in viale Mazzini

Roma - Tante magliette bianche, quelle dei lavoratori di RaiNews e di Rai scuola (scomparsa dal digitale terrestre, dopo il cambio di frequenze), ma anche gialle, rosse, arancioni, di associazioni, sindacati, movimenti come Unirai, cui aderiscono oltre 1000 lavoratori Rai in tutt'Italia, il popolo viola, Articolo 21, i ricercatori di enti in via di soppressione, hanno animato la protesta di Rai News 24 di fronte alla sede della Rai in viale Mazzini a Roma.
Circa 250 persone, stamattina, tra cittadini, giornalisti e rappresentanti di altri rami dell'azienda pubblica, sono venuti a solidarizzare con il canale di news, sparito per molti dalla tv dopo i problemi tecnici seguiti al cambio di frequenze sul digitale terrestre. La protesta prevede anche uno sciopero di un giorno dei giornalisti a partire dalla mezzanotte di oggi.
«Di fronte a questa passione per la tutela dell'informazione del servizio pubblico, sarebbe scandaloso se i vertici aziendali e la direzione generale pensassero di rispondere con meschine operazioni faziosamente politiche», ha detto Roberto Natale presidente della Federazione nazionale della Stampa Italiana. Tra slogan sulla magliette e sugli striscioni, come "Che fine ha fatto Rai News24?", "Con la censura casta più sicura", "No alla legge bavaglio", "La Rai siamo noi", è arrivato l'appoggio fra gli altri, di tutti i cdr delle testate dell'azienda pubblica, e di decine di personaggi della società civile e della cultura, da Andrea Camilleri a Stefano Rodotà, le cui opinioni vanno oggi in onda su Rainews, alternate a finestre informative. [Cliccare qui per il video]
«Questa partecipazione è il segno di un'acquisita consapevolezza dell'importanza della battaglia per la difesa del servizio pubblico e della pubblica informazione - ha detto Carlo Verna, segretario dell'Usigrai - chi governa piazza Mazzini e chi governa il Paese devono tenerne conto». Con questa manifestazione e lo sciopero «chiediamo semplicemente che ci venga permesso di fare al meglio il nostro lavoro», spiega il cdr di RaiNews, che rimanda al mittente le dichiarazioni del viceministro dello Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, secondo cui il canale farebbe danni per 24 ore: «Se per danni intende raccontare la realtà in tutti i colori e le sfaccettature può stare certo che continueremo a farlo. Pensino loro ai danni che provocano non riuscendo a combattere l'evasione del canone». A fine mattinata è arrivato anche il direttore di RaiNews Corradino Mineo, secondo cui la manifestazione «è la risposta all'esasperazione per l'incertezza che stiamo vivendo».
 
 

l'Unità, 4.6.2010
Il libro. «Il nipote del Negus» costruito mescolando la Storia e fantasia
Il principe il duce e l’elogio del fascismo
Ennesimo romanzo per Andrea Camilleri, questa volta storico: una favola buffa che smaschera le follie del regime

Nei romanzi storici Andrea Camilleri dà il meglio di sé. Il nipote del Negus (pp. 288, euro 13,00, Sellerio) racconta una storia ambientata nel periodo fascista, in Sicilia, precisamente a Caltanissetta, nella Regia scuola mineraria. Il romanzo oltre al valore letterario, ha una valenza storica ed etica, perché si occupa del passato per illuminare aspetti del mondo attuale. La vicenda è incentrata su di un principe etiope che viene a studiare in una scuola dell’isola, ed il regime fascista che fa di tutto per rendergli la vita quanto più comoda possibile. Non per gentile ospitalità: il duce in persona vuole che il principe scriva una lettera allo zio, l’uomo alla guida dell’Etiopia. Una lettera elogiativa del fascismo. Insomma un’operazione di falsificazione e mistificazione della realtà, attraverso un messaggio di pura propaganda.
I DOCUMENTI FALSI
Camilleri fa riferimento ad un fatto realmente accaduto, il periodo di studio che il principe trascorse a Caltanissetta. Ma poi inventa di sana pianta un romanzo originale ed avvincente, che vuol far emergere un determinato contesto dell’epoca, il sistema di potere totalizzante del fascismo. Ma anche il clima di arroganza, di intolleranza, di «stupidità» del regime mussoliniano. Questo romanzo è manzoniano sia nell’utilizzo della ricostruzione storica per capire aspetti del presente, sia nel rapporto fra il vero ed il verosimile. E infatti, Camilleri, per rendere più credibile la storia inventata, costruisce una serie di documenti falsi, strutturati con tale perizia da apparire veri. E non a caso, perché gli interessa rendere quanto più vero il clima dell’epoca, il contesto. Quel che vien fuori è un clima di potere assoluto e di subordinazione umiliante dell’Italia dell’inizio anni Trenta: dagli alti organi dello stato ai poteri locali, tutti si muovono per riuscire ad esaudire il desiderio del duce. Il giovane principe Grhane Sollassiè la lettera alla zio non vuole scriverla, ma il regime non si arrende. E qui in maniera esilarante prende corpo la beffa. E sulle forzature che si risolvono in un autogol per il potere, i lettori potranno trovare straordinarie similitudini con il mondo attuale.
Nulla è casuale, poiché Camilleri vuol proprio far luce su alcuni aspetti del presente, fermo restando ovviamente le profonde differenze storiche. Niente di apocalittico, vuol solo mostrare come anche nelle democrazie moderne, vi possano essere dei germi di autoritarismo. Elementi che per lo scrittore siculo-romano, sono malattie che possono tornare in forma diversa. E che vanno analizzati con scrupolo e rigore, per poterli riconoscere e combattere. Grande importanza nel racconto hanno i documenti burocratici frutto della fantasia dell’autore, ma anche i dialoghi. Nei quali Camilleri dà spazio anche ai personaggi minori, non trascurando alcun dettaglio. E spiega: «Attraverso questi dialoghi faccio una sorta di mosaico di tutti i ceti sociali che compongono la società del tempo. Quindi c’è il personaggio borghese che ragiona in un certo modo,l’operaio che ragiona in un altro, così riesco a fare un quadro completo del contesto».Tempo fa si definì uno scrittore artigiano, irritando qualche intellettuale, si sente anche un cantastorie? «Sì, decisamente sì, lo scriva. Così questa volta facciamo irritare qualcun altro…»
Salvo Fallica
 
 

AgoraVox, 4.6.2010
Il nipote del Negus: un bel libro è emozione personale

Leggere un libro è sempre bello. Un libro ti fa crescere, ti apre la mente, ti da spunti per affrontare la vita o per sognare. Certo è che un buon libro è difficile da incontrare: si veda il caso del grande successo del romanzo “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano. Un libro (a mio modestissimo parere) sopravvalutato. Eppure ha ricevuto riconoscimenti letterari come il Premio Strega e il Premio Campiello opera prima 2008. Per me rimane un mistero il suo successo. Un libro che non vedevo l’ora di finire ma… ma… rispetto le scelte degli altri lettori che ne hanno decretato il successo.
Detto questo vorrei indicare un libro che forse non vincerà nulla ma, per me, molto può dare leggendolo: è divertente, pungente, ci fa sorridere (talvolta amaramente), ci fa pensare.
E’ “Il nipote del Negus” di Andrea Camilleri. In quest’opera lo scrittore siciliano riprende la forma narrativa già usata in un suo precedente lavoro “La concessione del telefono” costituita da un insieme di documenti, lettere ufficiali, lettere confidenziali, telegrammi, missive, dispacci governativi, giornali trascritti o riportati nel libro con il loro aspetto reale.
E’ il Camilleri che, sviluppando e romanzando un evento tratto da un fatto storico, ci porta nella Vigàta del 1929 (lontano anni luce da Montalbano e le sue “ammazzatine”).
Se i documenti che riproduce sono frutto della fantasia non lo è invece la fonte della storia narrata che riguarda un personaggio reale: il principe Brhané Sillassié, nipote del Negus Hailé Selassié I che negli anni 1929-1932 frequentò la Regia Scuola Mineraria di Caltanissetta conseguendo il diploma di perito minerario.
La storia si svolge “in un clima di stupidità generale, tra farsa e tragedia, che segnò purtroppo un’epoca", dove le responsabilità vengono rimpallate dall’alto verso il basso con conseguenti punizioni per azioni mai commesse né tantomeno pensate.
Un bel libro intelligente e “scacciapensieri” non perché scritto da un noto autore ma perché ben fatto. Ogni libro, come un essere umano, può essere bello o brutto, piacevole o noioso, intelligente , interessante etc. perché è un’opera che ha una vita a se stante. Un libro, come per la musica o per l’arte, deve piacere e dare emozioni come opera unica e non per la firma dello scrittore in calce. Certo, alcuni autori sono geni assoluti e quindi tutta la loro opera è degna di nota. Ma spesso non è così. Un libro è qualcosa di personale. Per questo ritengo che ogni volta che si critica o commenta un libro bisognerebbe sempre dire: per me. Si rispetterebbe così l’opera ma anche l’emozione di chi legge.
Gianluca Ciacci
 
 

Calabresi.Net, 4.6.2010
Celebrazione Ventennale scrittore Raoul Maria de Angelis

In occasione del ventennale della scomparsa dello scrittore Raoul Maria de Angelis, sabato 5 giugno, alle ore 18, presso la sala consiliare di Terranova da Sibari si terrà il convegno "Omaggio a Raoul Maria de Angelis"
[...]
Per l'occasione sarà presentato il testo del Dramma teatrale "Abbiamo fatto un  viaggio" di de Angelis, curato da Domenica Milione, edito da Bianca e Volta e andato in scena per la prima volta al teatro Pirandello di Roma nel 1953 per la regia di Andrea Camilleri.
Giuseppe Cozza
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 4.6.2010
L'outing dei sindaci
Bussola

È tempo di outing, nell'Agrigentino: lunedì Salvatore Petrotto, primo cittadino di Racalmuto, ha confessato a una tv locale di essersi drogato. Martedì è stata la volta di Rosario Gallo, ex sindaco di Palma di Montechiaro, che ha raccontato durante un talk show di aver subito un tentativo di corruzione da parte di «un uomo politico molto influente». Chissà se è l'effetto TeleVigàta, ingrediente non secondario dei plot camilleriani, o l'esempio di Ciancimino junior, che rimbalza da una Procura a un microfono per aggiungere ogni volta una tessera al puzzle delle sue rivelazioni: fatto sta che ormai in provincia la politica non finisce più in piazza, o in sala consiliare. Gioca di sponda con le telecamere, dà eco mediatica a chiacchiere e maldicenze, si gonfia via etere come la rana invidiosa del bue. E trasmette così un altro piccolo, sconfortante segnale di omologazione.
Fabrizio Lentini
 
 

l'Unità, 6.6.2010
Chef Camilleri
La certezza di Panebianco: il commissario Montalbano è un mafioso
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

El País, 6.6.2010
Entrevista: Tommaso Debenedetti Autor de entrevistas falsas
"Me gusta ser el campeón italiano de la mentira"

[...]
P. Por cierto, ¿quiénes han sido sus víctimas latinoamericanas y españolas?
R. Hace unos años entrevisté a Mario Vargas Llosa, tras verlo en una conferencia en Roma, a Laura Pérez Esquivel y a Vázquez Montalbán. Esta está citada en un sitio sobre Andrea Camilleri porque le hice hablar muy bien sobre él.
[...]
Miguel Mora

[Qualora Debenedetti si riferisca al nostro sito e alla sua intervista a Vázquez Montalbán pubblicata su “Il Mattino” del 18.7.2002, facciamo presente che gli articoli di stampa vengono citati nella nostra Rassegna Stampa a prescindere dal fatto che vi si parli bene o male di Andrea Camilleri, NdCFC]
 
 

l’Obiettivo, 6.6.2010
Libri
"La spartenza" - Memorie dell’emigrazione

Castelbuono (PA) - ’A Merica… Il nome bastava a evocare la terra promessa dell’uguaglianza, della libertà e del benessere. Al di qua dell’Atlantico i bambini credevano che le strade di New York fossero lastricate d’oro e che lì ci fosse un’opportunità per tutti. E più di cinque milioni di italiani, tra ’800 e primi decenni del ’900, soprattutto meridionali, andarono a cercarla. Ecco perché «America» significava anche separazione, sradicamento, nostalgia, dolore.
La memoria dell’emigrazione, con “La spartenza”, è stata al centro dell’incontro organizzato il 22 maggio scorso alla Badìa dalla Fondazione Di Pasquale- Pupillo, su suggerimento del prof. Lorenzo Palumbo. “La partenza”, autobiografia del contadino Tommaso Bordonaro (al momento però introvabile nelle librerie) è all’origine del volume dal titolo “Lasciare una traccia” (pubblicato da Adarte Editori) curato dal poeta Nicola Grato e dal prof. Santo Lombino. Contiene una serie di saggi critici sia degli stessi curatori che, fra gli altri, di Marcella Croce, Roberto Cotroneo e Goffredo Fofi. Presenti all’evento i proff. Lombino, Croce e Maurizio Padovano.
Bordonaro, nato a Bolognetta nel 1909 e primo di sette figli, nel ’47 s’imbarca, come gli altri settecento del paesino, alla volta del Nuovo mondo. Volendo tramandare il ricordo della sua vicenda umana, riempie tre quaderni e in uno dei suoi ritorni li consegna al “Centro iniziative culturali”. Lombino, che si autodefinisce «cacciatore di memorie», fa partecipare il testo al concorso nazionale di diari, memorie ed epistolari di Pieve Santo Stefano, dove una giuria in cui tra gli altri è presente Natalia Ginzburg, gli assegna il primo premio. Un anno dopo, nel ’91, grazie anche alla stessa Ginzburg che è rimasta affascinata da questa «scrittura rocciosa» in siculo-americano, e malgrado la ritrosia dell’editore, le memorie di Bordonaro vengono pubblicate da Einaudi.
[…]
A chiusura dell’evento, l’invito di Lombino a inviargli scritti autobiografici da presentare al concorso di Pieve Santo Stefano e il video di un’intervista di Gaetano Savatteri ad Andrea Camilleri su emigrazione italiana e immigrazione. In un’Italia dove le condizioni di vita sono enormemente migliorate dai tempi dell’emigrazione verso gli Usa, secondo il “padre” di Montalbano, risulta però «molto difficile e faticoso, per i giovani, inventarsi un lavoro»: per questo se ne vanno; mentre, sull’immigrazione, problema tanto italiano quanto europeo, è un’idiozia pensare di fermare un esodo di dimensioni bibliche.
Lidia Bonomo
 
 

Libreria Feltrinelli Roma - Piazza Colonna, 7.6.2010
Ore 18:00
"Camera oscura" di Simonetta Agnello Hornby
L’autrice parla con Andrea Camilleri del suo ultimo libro “Camera oscura” (Skira), in cui racconta la carriera da pioniere della fotografia di Lewis Carroll, tra ammiratrici immortalate in costumi esotici o anche nude.
 
 

Corriere della Sera, 7.6.2010
Mafia e antimafia
Montalbano e l'arancino avvelenato di Camilleri
Gli arancini avvelenati dei due, anzi tre Camilleri

Per parafrasare Altan, ad Andrea Camilleri vengono idee che non condivide. Firma uno sceneggiato tratto da un suo romanzo e siccome io ho fatto un po’ di ironia su alcune situazioni dello sceneggiato (Sette, 27 maggio) egli mi accusa, rispondendo a un tal Saverio Lodato, di mancanza di professionalità perché non ho letto il libro, il quale dice cose diverse dallo sceneggiato (l’Unità, 6 giugno).
Effettivamente ho letto alcuni libri di Camilleri ma non il romanzo in questione (ma Camilleri riconoscerà che non essendo egli Marcel Proust o Thomas Mann non è indispensabile la conoscenza della sua opera omnia). Mi ero fidato della sua firma sulla sceneggiatura. Non potevo immaginare che il Camilleri scrittore fosse in disaccordo con il Camilleri sceneggiatore.
Dopo avermi accusato di mancanza di professionalità il Camilleri scrittore (quello che è in pessimi rapporti col Camilleri sceneggiatore) mi ricopre di insulti. Nel solito stile dei giustizialisti. È finita purtroppo l'epoca dei veri signori, degli uomini della classe di Leonardo Sciascia (del quale, lui sì, è valsa davvero la pena di leggere l'opera completa). Questi qui sono cupi, arroganti e troppo presi di sé per entrare in sintonia con gli altri, per sforzarsi di capire che cosa gli altri abbiano davvero detto. Siccome in quello sceneggiato (co-firmato da Camilleri) Montalbano organizza un incontro segreto fra due cosche mafiose al fine di far finire una guerra di mafia, avevo detto scherzosamente che un pm avrebbe potuto accusarlo di «concorso esterno in associazione mafiosa» nonostante le onestissime intenzioni del commissario. Avevo anche aggiunto che l'ambiguità delle situazioni (che, secondo me, è presente nello sceneggiato) è anche propria della realtà e che, stando a certe sue dichiarazioni, il Camilleri intellettuale-politico, a differenza dello scrittore (pardon: dello sceneggiatore), sembra non tenerne abbastanza conto. Apriti cielo. Il suddetto Saverio Lodato evoca perizie psichiatriche. Camilleri dice che il mio articolo grida vendetta, dice che ho fatto «un tentativo di infamare» (proprio così: infamare) il suo personaggio e, in un crescendo rossiniano, afferma che ci sono due scuole, quella delle persone perbene e quella di coloro che chiamano eroi i mafiosi e io apparterrei alla seconda scuola. Dal momento che i Camilleri, a quanto pare, non sono due ma addirittura tre — lo scrittore, l’intellettuale-politico e lo sceneggiatore — a quale dei tre si devono queste bestialità? Qui il problema è uno: Montalbano mi sta simpatico ma ho scoperto che per il suo ideatore provo gli stessi sentimenti che egli prova per me.
Angelo Panebianco
 
 

Libreria Feltrinelli Palermo, 7.6.2010
Ore 18:00
D’Arrigo e Camilleri: scrittori siciliani

Un invito alla riscoperta di "Horcynus Orca" di Stefano D’Arrigo e un’introduzione alla vasta opera di Andrea Camilleri. "Il codice D’Arrigo" (Edizioni Anordest) e "Andrea Camilleri, ritratto dello scrittore" (Edizioni Anordest) sono due guide alla lettura rivolte ai non specialisti per svelare da un lato il ricco universo del tormentato mondo narrativo di D’Arrigo, dall’altro la personalità e le opere di uno degli autori siciliani più tradotti nel mondo. Ce ne parla l’autore Marco Trainito, insieme a Emanuele Antonuzzo.
 
 

Sciolto&Disinvolto, 7.6.2010
La caccia al tesoro di Montalbano

Andrea Camilleri ci regala l'ennesimo appuntamento con le avventure del commissario Montalbano e come è tradizione, mi precipito ad acquistare il librettino nero [Blu, NdCFC] di Sellerio. Sfoglio le prima pagine con apprensione, perchè nelle ultime uscite, Salvuzzo nostro mi era sembrato eccessivamente amaro, cupo, avviato a grandi passi verso un solitario declino fisico ed intellettuale. Mi rattristava un pò, lo confesso.
Invece, in questa che è una delle sue storie più truci, una delle storie dove l'esplorazione della follia umana e del suo lato oscuro scandagliano più in profondità, Salvo torna ad essere ironico e a tratti divertente.
Intendiamoci, l'età di mezzo si fa piena per il nostro Montalbano, ma i conti con la sventura di invecchiare, sono alleggeriti da alcune situazioni davvero esilaranti e sopratutto da uno sfondo di speranza che illumina tutto il racconto.
La storia non è la meglio congegnata, tanto è vero che ben prima della metà del racconto avevo di persona personalmente ipotizzato la soluzione del caso (detto tra noi, anche considerando la mia personale perspicacia, è grave...), tuttavia si lascia leggere con facilità e - benchè il mistero appaia in realtà di facile soluzione - avvince il giusto.
Si legge in due sere, una per i più ghiotti, ed è consigliato anche sotto l'ombrellone.
Non un capolavoro ma godibile ed in ultima analisi, rassicurante.
Alessio
 
 

BlogSicilia, 7.6.2010
Agrigento
Un libro a settimana: Il nipote del Negus di Andrea Camilleri

Andrea Camilleri è sicuramente uno degli scrittori più amati e brillanti dei nostri giorni, il suo è uno stile inconfondibile, profondo, sempre in bilico tra la finzione, quella vera, e la realtà, quella finta, come in un traballante palcoscenico pirandelliano fatto di personaggi che sono i fari accesi su una realtà in continua evoluzione ma che, nelle radici, nel Dna, rimane sempre la stessa.
Andrea Camilleri non è solo “Il Commissario Montalbano”, ma un vero scrigno di opere da leggere e scoprire.
Il suo è uno stile inconfondibile, scorrevole, le sue parole sono come una corda che tira il lettore in una giostra fatta di ilarità, gioco, teatro ma anche di amara, profonda consapevolezza.
Il nipote del Negus, uscito contemporaneamente ad un audiolibro letto dallo scrittore siciliano, è una storia d’altri tempi, un romanzo storico, nel quale è possibile rintracciare stilisticamente delle analogie con “La concessione del telefono”, altro romanzo che mise in luce le peculiarità dell’amatissimo scrittore siciliano.
L’epoca in cui si colloca la storia è per la precisione quella fascista e l’azione si svolge nell’ormai conosciutissima Vigàta.
Il protagonista è del tutto insolito. Si tratta infatti del nipote del Negus, un giovane di colore strampalato e dall’acuta furbizia che sarà ostacolato, nei suoi piani diabolici, da una rete di pseudo finta arguzia tesa dagli operatori e dai funzionari del regime fascista di allora.
La lettura scorre tra finti documenti, lettere, telegrammi e pettegolezzi, tutti aventi come scenario le marachelle del giovane Principe il quale, giunto a Vigàta per studiare presso la Scuola Mineraria, fa invece stragi di cuori, trascorre le sue ore nelle case d’appuntamenti, imbroglia, sperpera i denari altrui come se fossero propri, spacciandosi per studente ma conducendo, in realtà, una vita agiata e scostumata.
Tutto questo grazie ai benefici offerti da funzionari e banchieri i quali altro non fanno che assecondare i desideri e i piani di un essere per loro superiore ed impareggiabile, Benito Mussolini.
In un girone di polemiche appena sussurrate, di inganni e di guai sapientemente oscurati, il giovane etiopico riuscirà ad imbrogliare tutti e a mettere sui personaggi un colorato naso da clown.
Il nipote del Negus è il racconto di un’epoca in cui la mediocrità e la paura dei sottoposti, aggravata da una costante componente di ipocrisia e omertà, hanno generato equivoci di Stato ma anche tragedie personali, quelle di tutti coloro i quali non sono riusciti ad ottenere Giustizia perché troppo onesti, troppo puliti e desiderosi di coerenza e correttezza in un tempo in cui prevalevano invece l’omertà e la corruzione.
La lettura del romanzo, se da un lato provoca risate interiori e allegria, risulta dall’altro tremendamente attuale e diventa un modernissimo modello che, purtroppo, potrebbe calzare a pennello anche ai giorni nostri.
Marè
 
 

Legger(a)mente, 7.6.2010
Il Camilleri minore

Se un giorno ci sarà (ancora) una scuola e una letteratura italiana (magari scritta da Dell'Utri, con la prefazione di Bondi e distribuita insieme agli abbonamenti a Mediaset Premium) da studiare, al capitolo dedicato a Camilleri (sempre che vi siano riportati anche gli autori 'comunisti'), questo libro sarà relegato nel paragrafo delle 'Opere minori', un pò come la Quaestio de aqua et terra di Dante, o gli Inni Sacri di Manzoni.
Non è solo (o soprattutto) una questione di 'prevenzione'.
Certo, il fatto che il libro sia uscito per i tipi Mondadori, ha fatto storcere un pò il naso ai 'puristi'. E si, perchè i libri scritti per la Mondadori da Sommo, sembrano essere scritti con la mano mancina (certo, meglio un Camilleri a mezzo servizio, che un Moccia a tempo pieno!), anche se non sono mancati libri gradevoli (tutto sommato, Il tailleur grigio era un buon romanzo), best sellers (beh, con Montalbano è decisamente difficile fallire!) ed esperimenti curiosi (Il colore del sole, per esempio), la sensazione (almeno mia) è che il Sommo destini alla Mondadori scritti minori, tanto per onorare un contratto, riservando alla Sellerio le cose migliori.
Magari capita che uno scritto minore, abbia successo, all'insaputa dello scrittore.
E' successo.
Succede.
Continuerà a succedere.
Ma di certo non è il caso de Un sabato, con gli amici.
Già dal titolo, il romanzo lascia trasparire banalità (vuoi mettere un Il nipote del Negus o La forma dell'acqua?), anzi, sembra quasi un messaggio subliminale del Sommo, che invita i lettori a lasciar perdere, trattandosi di atto dovuto, di pura e semplice routine.
La copertina, poi, è assolutamente anonima e i disegni, vagamente astratti, lasciano presagire che anche i personaggi lo saranno.
Queste premesse mi portano ad ignorare il libro per più di un anno (considerato che quasi tutti i libri di Camilleri che ho, sono prima edizione...) e aspettare l'edizione economica.
Dopo averlo comprato, il libro prende polvere per una ventina di giorni (di solito inizio a leggere i libri di Camilleri mentre sono in fila alla cassa), surclassato da un giallo di Markaris.
Infine, impiego quasi 10 giorni per leggerlo (contro le solite 10 ore che impiego per divorare gli altri libri di Camilleri).
Le prime pagine sono ostiche. Mi ci vuole un pò di tempo (un pò troppo) per capire cosa stia accadendo. Magari sono davanti ad un esperimento di scrittura innovativa, una specie di montaggio cinematografico in cui si succedono immagini e scene (apparentemente) non collegate tra loro, ma non riesco a capirlo, non mi coinvolge.
Anzi, faccio molta difficoltà a tenere le fila del discorso e spesso devo andare avanti e indietro per cercare di raccapezzarmi.
Finita la parte introduttiva, le premesse del romanzo, entrati quindi nella storia, la prima grande delusione è scoprire che manca uno dei capisaldi della scrittura camilleriana: le accurate descrizioni fisiche dei personaggi. Quella maestria del Sommo nel riuscire a farti immaginare ogni singolo attore della storia, caratterizzandoli con tic, difetti, smorfie e via dicendo, manca.
Evidentemente è perchè non sono importanti gli attori, quanto la storia che raccontano, ma questo (mi) impedisce di provare sentimenti nei loro confronti, e perciò non riesco ad 'entrare' nel libro.
La storia, poi, mi appare confusa e confusionaria. Non capisco quale sia il nucleo fondamentale: un ricatto? la perversione sessuale? il tradimento? l'amicizia?
Lo scorrere del tempo, nella storia, non è lineare. Non capisco se quello che leggo è un flashback, o un flashforward, mi sembra di stare dentro Lost. E per fortuna, mi dico, che il libro è precedente alla 6a stagione di Lost, sennò temo che mi sarei trovato a combattere anche con una AltReality!
L'unico sussulto, l'unico vero affondo alla Camilleri, lo trovo alla fine, relegato nell'ultima frase scritta.
Troppo poco per un libro di Camilleri.
Talmente poco da avere il sospetto che non sia stato scritto con la mano mancina, ma con la mano di un altro!
Magari è uno scherzo del Sommo, ecco, si, ha fatto finta di scriverlo lui, per prenderci tutti in giro.
Allora si, che sarebbe un grande libro!
Marco
 
 

AgrigentoWeb.it, 7.6.2010
Domani apre la mostra di modellismo statico navale

Oltre venti modellini di navi ed imbarcazioni (che raccontano in modo particolare l’evoluzione delle barche da pesca della marineria di Porto Empedocle) sono in esposizione a partire dalle 19.00 di domani sera, martedì 8 Giugno, presso l’Auditorium San Gerlando in una mostra di modellismo organizzata dal Comune e dalla Pro Loco in collaborazione con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia e la “Fondazione Andrea Camilleri”.
La mostra, che rimarrà aperta fino al prossimo 13 Giugno, verrà presentata ufficialmente domani mattina alle ore 10 e 30 in un incontro con la Stampa previsto alle ore 10 e 30 presso l’Ufficio del Sindaco alla presenza del primo cittadino, Calogero Firetto, il comandante della Capitaneria di Porto e il presidente della Pro Loco di Porto Empedocle. Già domattina sarà quindi possibile, esclusivamente per la Stampa, visitare in anteprima la mostra.
Gli appassionati di modellismo navale potranno visitare l’esposizione, la prima nel suo genere, ogni giorno dalle ore 9 alle 13 e dalle 16 alle 20 fino al 13 giugno.
 
 

La Repubblica - XL, 8.6.2010
Le parole raccontate
Abecedario di Andrea Camilleri
Videointervista

«Narrare» e «Intercettazioni», «Magistrati» e «Alice» (nel paese delle meraviglie): dal 9 giugno va in libreria l’Abecedario di Andrea Camilleri, quasi sei ore di filmati che ripercorrono la storia d’Italia e della cultura parlando e spiegando il significato di una quarantina di parole. Un viaggio tra il presente e la memoria che ci porta nella casa dell’inventore del commissario Montalbano. Il volume, che comprende anche le voci non finite nel video, è edito da Derive Approdi ed è in vendita a 26 euro. La video intervista, realizzata a casa dello scrittore è stata curata da Valentina Alferj, regia di Eugenio Cappuccio.
Visual Desk - Paola Cipriani e Raffaele Aloia
 
 

l'Unità, 8.6.2010
La polemica
Se il prof. Panebianco associa Montalbano a Dell’Utri e Andreotti
Il “Corriere” contro Camilleri. Che se ne infischia. Ecco alcune considerazioni (autorizzate) del suo abituale intervistatore...

Palermo. Ieri, il professor Angelo Panebianco (prima pagina del “Corriere della Sera”), si dichiarava molto risentito perché Andrea Camilleri (“L’Unità” di domenica, nella rubrica “Lo chef consiglia”) lo accusa di “infamare” il commissario Montalbano, avendolo tacciato sul magazine “Sette”, di qualche giorno fa (è del professore, in questo caso, che stiamo parlando), di collusione con la mafia e con i mafiosi. Roba per palati forti. Ma il professore non si aspettava questo trattamento da parte di Camilleri, e se ne è dispiaciuto e amareggiato. Ragion per cui ha deciso di ripagare con la medesima moneta lo scrittore di Porto Empedocle, papà di Montalbano: “Montalbano – scrive infatti il professore Panebianco - mi sta simpatico ma ho scoperto che per il suo ideatore provo gli stessi sentimenti che egli prova per me”. Che dobbiamo fare? Io ho provato a sollecitare una risposta di Camilleri, sotto forma di intervista, nel tentativo di chiudere bonariamente la faccenda. Niente da fare. Tutto inutile. Camilleri non ha alcuna intenzione di “inciuciare” con Panebianco. E non crede che ci siano punte polemiche da smussare o di aver pronunciato qualche frase di troppo. Anzi. Se proprio devo dirla tutta: ho avuto l’impressione che Camilleri, dal suo punto di vista, si sia abbastanza trattenuto. Non ci sarebbe altro da aggiungere.
Se scrivo queste righe è solo perché il professore (già che c’era), si è detto risentito anche con me (in «un tal Lodato» credo di riconoscermi) poiché, nella mia domanda a Camilleri per la rubrica di domenica, lo mettevo in guardia dal ricorrere all’espediente tipico di tutti gli imputati: quello di chiedere la perizia psichiatrica per i loro accusatori. In questo caso, essendo andato a ruolo il “processo Montalbano più Camilleri (o viceversa)”, di perizia psichiatrica per il professor Panebianco – naturalmente -, si trattava. Signorilmente, Camilleri si è guardato bene dal ricorrere a questo mezzuccio. E dopo un attimo di incertezza iniziale, ma poi rispettosissimo del precetto voltairiano sulla tolleranza, ha preso sul serio il Professore. Quanto a me, avevo forse fatto male a mettere preventivamente in guardia Camilleri? Così adesso anche io, professore, sono assai amareggiato con lei, avendo riscontrato nelle sue argomentazioni tanta ingratitudine. Le sembra da persona savia paragonare il commissario Montalbano – come lei ha fatto – ad Andreotti, Dell’Utri e Contrada? Ma lei sa quanti presidenti di tribunale, di fronte a simili bubbole giustizialiste, avrebbero disposto d’ufficio la perizia psichiatrica nei suoi confronti, senza alcun bisogno che fosse l’imputato a chiederla? Professore Panebianco, si accontenti. Il bicchiere non lo veda mezzo vuoto, lo veda mezzo pieno.
Saverio Lodato
 
 

Il Fatto Quotidiano, 8.6.2010
Il Commissario Panebianco

Ci vuole tanta pazienza, col Pompiere della Sera. Domenica auspicavamo che l’improvvisa aggressività usata contro Di Pietro dal quotidiano più conformista d’Italia segnasse una svolta e l’articolo “Ambiguità e silenzi di Di Pietro” inaugurasse una saga a puntate (“Ambiguità e silenzi di Berlusconi”, “di Casini”, “di Bossi”, “di Bersani”, “di D’Alema” e, perché no, “di Schifani”). Invece no: siamo fermi alla prima puntata. Almeno per i politici. Perché, sommerso dalle repliche e dalle carte di Di Pietro, il Pompiere incendiario ha deciso di aprire un altro fronte, appiccando il fuoco all’opera di un intellettuale che ha il brutto vizio di opporsi al regime berlusconiano: Andrea Camilleri. Si cura di lui e del suo commissario Montalbano, anch’egli inguaribilmente antiberlusconiano, il professor Angelo Panebianco. Due settimane fa, nel supplemento Sette, il noto intellettuale bolognese scriveva: “Vuoi vedere che Montalbano è un ‘colluso’?”. Colluso con la mafia, s’intende, perché in una puntata della serie tv “intrattiene rapporti telefonici con un vecchio capomafia… e, addirittura, ferma una guerra di mafia convocando i capi cosca in una località segreta e obbligandoli a stipulare un accordo. Non ce n’è abbastanza per attirarsi addosso un ‘concorso esterno in associazione mafiosa’, quel famoso reato che non esiste in nessun codice… e che è stato tuttavia alla base di tutti i processi per mafia a personaggi eccellenti (Andreotti, Contrada, Dell’Utri e altri)?… Montalbano (o Contrada?), quando si muove nelle questioni di mafia, opera anche lui, inevitabilmente, in una zona grigia dove il confine fra legalità e illegalità è sempre incerto”, ma ciò che conta sono “le intenzioni onestissime”. Dieci righe, un’infinità di vaccate. Andreotti non fu imputato di concorso esterno, ma di partecipazione diretta a Cosa Nostra. Il concorso esterno esiste eccome, nel Codice: come il concorso in omicidio, in rapina, in occultamento di cadavere e così via. L’applicazione del reato concorsuale risale addirittura a metà Ottocento per il concorso esterno in brigantaggio da parte dei non briganti che si mettevano al servizio dei briganti. A definirla per la mafia provvidero Falcone e Borsellino nella celebre ordinanza-sentenza del processo maxi-ter e la confermarono numerose sentenze della Cassazione a sezioni unite. Montalbano che incontra un vecchio boss e lo induce a fermare una guerra di mafia è roba da concorso esterno? Assolutamente no. Non basta incontrare mafiosi per essere incriminati per quel reato (altrimenti il Parlamento e il governo sarebbero semideserti). Intanto il vecchio boss era a casa sua e non doveva scontare nessuna pena. E poi il concorso esterno scatta quando un esterno alla mafia si mette permanentemente a disposizione della mafia, favorendola e venendone favorito. Dell’Utri è accusato di aver messo prima il Berlusconi imprenditore e poi finanziere nelle mani di Cosa Nostra, ricevendo in cambio favori e potere. Contrada è stato condannato perché avvertiva i mafiosi latitanti dei blitz della polizia (di cui lui stesso faceva parte) e li faceva fuggire, assicurando loro l’impunità in cambio di favori e potere. Altro che intenzioni onestissime. Queste cose Panebianco, poco esperto in diritto penale (come in tutto il resto dello scibile umano), non le sa. E si adonta perché Camilleri gli risponde per le rime sull’Unità intervistato da Saverio Lodato (che Panebianco chiama “un tal Lodato”, non sapendo ovviamente che Lodato ha scritto per Rizzoli la più completa storia della mafia): Camilleri è un “giustizialista” e quindi “insulta”, “non è un vero signore”, anzi è “cupo, arrogante”, “troppo preso da sé per entrare in sintonia con gli altri” (non lo sfiora l’idea che uno non voglia entrare in sintonia con un tal Panebianco). Tante parole inutili per nascondere che, dietro l’attacco a Camilleri e Montalbano, è partita la campagna per riabilitare Contrada e far assolvere Dell’Utri. Poveretto, come s’offre.
Marco Travaglio
 
 

La Sicilia, 8.6.2010
Il caso
La lite sul commissario Montalbano

Anche i miti sono sottoposti ad usura, prima o poi una lima sorda comincia ad eroderne le basi: è toccato a Roberto Saviano che, dopo le accuse di Berlusconi ed Emilio Fede, è stato definito un eroe di carta da sinistra in un libro di Alessandro Dal Lago. Tocca ora anche ad un eroe veramente di carta e di celluloide, il commissario Salvo Montalbano, frutto dell'immaginazione di Andrea Camilleri.
Il birichino di turno ad infrangere il coro unanime di consensi è stato il professore Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera, il quale ha scritto scherzosamente che nello sceneggiato televisivo tratto dal racconto «Par condicio» lo scrittore fa commettere al poliziotto, paciere tra due capi mafia, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, lo stesso contestato ad Andreotti, Contrada e Dell'Utri.
Mafioso a mia? Visto che Montalbano non è reale, a digrignare i denti per l'infausto accostamento è stato lo stesso Camilleri sull'Unità, su sollecitazione del giornalista Saverio Lodato. E' finita ad insulti da una parte e dall'altra: richieste di perizia psichiatrica per il professore, accusato di chiamare eroi i mafiosi (è sottinteso come Dell'Utri e Berlusconi), inviti allo scrittore a non dire bestialità e battute del tipo lei non vale un pelo di Proust e non è neanche Sciascia che, lui sì da vero signore, non replicava alle critiche... Camilleri lei è uno e trino, ma si metta d'accordo con se stesso. Panebianco lei persegue la strategia dello sputtanamento globale.
Insomma la situazione è disperata ma non seria. E ci viene da piangere. Montalbano, per favore, dimettiti e falli smettere.
Salvatore Scalia
 
 

Gazzetta del Sud, 8.6.2010
Lo Sciascia politico nei ricordi di Camilleri
In un saggio tra letteratura e attualità

Non c'è stata alcuna forzatura ideologica, ma l'attenzione esclusiva ai problemi della sua terra e della sua gente, durante la militanza sociale di Leonardo Sciascia, culminata nell'elezione al parlamento europeo e a quello nazionale, dopo la breve esperienza al consiglio comunale di Palermo. A sottolinearlo è Andrea Camilleri, che nel suo saggio «Un onorevole siciliano» raccoglie le interpellanze del collega scrittore, a lui legato da lunghe consuetudini e da sincera amicizia che tuttavia intatte mantengono le prerogative del resoconto oggettivo, in cui è coinvolta l'intera attività dell'intellettuale siciliano, al centro del pubblico dibattito durante il difficile periodo di transizione tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
C'è una sorta di dialogo immaginario tra i due autori, vicini per comuni visioni della realtà ma distanti nei modi di descriverla e affrontarla. La narrazione diretta di Sciascia, che poco concede alla fantasia e molto alle ipotesi sui retroscena degli eventi, e quella per metafore e sottintesi di Camilleri, basata invece sugli accenni fuggenti ma continui ai vizi eterni e alle eterne virtù del suo popolo. Quella «gente comune» alla quale l'artista di Racalmuto si riferiva per giustificare anzitutto a se stesso l'impegno diretto nell'agone politico, in altre circostanze giudicato lontano dai suoi interessi ed estraneo alle sue ambizioni. «So di contraddirmi rispetto a dichiarazioni che anche recentemente ho fatto sulla mia vocazione di essere soltanto scrittore – diceva all'indomani della candidatura –; ma un uomo vivo ha diritto alla contraddizione, e mi piacerebbe anzi che l'epigrafe sulla mia vita fosse semplicemente questa: contraddisse e si contraddisse».
E di opposizioni a ogni forma di potere, in effetti, Sciascia ne enunciò parecchie: attaccando e criticando la stessa Sinistra che lo aveva accolto – sempre da indipendente però – tra i suoi ranghi; occupandosi in prima persona dei cosiddetti misteri irrisolti in quella che Sergio Zavoli definì come la «Notte della Repubblica»; chiedendo con decisione e costanza un rapporto diverso tra i cittadini e le istituzioni, per mezzo di quei «palazzi di vetro» come sedi di chi davvero intende governare a sostegno del bene comune. Un impegno in prima linea, insomma, le cui tracce rimangono ancora in termini di pressante attualità; nella ricerca continua di un significato nobile da attribuire all'impegno sociale e politico, a cui gli intellettuali, per primi, non dovrebbero aristocraticamente sottrarsi. Soprattutto in una terra alla ricerca pressante e incessante di un riscatto, che può anche passare attraverso l'espressività dei suoi più famosi scrittori, come veicolo di comunicazione per il resto della nazione e dell'intero continente.
f.b.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 8.6.2010
I personaggi. Camilleri e gli altri. In libreria vince il marchio Sicilia
I romanzi di casa nostra continuano a essere parte fondamentale dell’immaginario nazionale come simbolo di un altrove pittoresco
Il marchio Sicilia
L'esotismo letterario che vince in libreria

Mentre l'Italia politica ed economica, ad onta dei festeggiamenti dell'impresa garibaldina e dei preparativi per il centocinquantenario dell'Unità, va divaricandosi e lacerandosi sempre più, la letteratura rimane uno dei pochi ambiti in cui il Mezzogiorno continua a esercitare un ruolo e un fascino nazionali, mantenendo quella funzione di collante identitario che da secoli le è riconosciuta.
Nel suo fondamentale "Geografia e storia della letteratura italiana" del 1967, Carlo Dionisotti scriveva che la «questione meridionale che tanta parte ha nella storia politica dell'Italia moderna e contemporanea, molta parte anche ha nella storia letteraria». In campo politico, continuava Dionisotti, il notevole contributo delle province meridionali alla causa unitaria, pur restando ai margini del processo costitutivo della nazione, «incredule e deluse insieme», si era accompagnato a un'orgogliosa e gelosa rivendicazione «di una propria e autonoma tradizione».
Sul versante culturale e letterario, il contributo del Sud si rivelava ancora più significativo con la "celebrazione storica" del De Sanctis e la filosofia del Croce, ma soprattutto con i capolavori verghiani, «prima e fin qui sola celebrazione poetica dell'umile contemporanea Italia, fantastica e sconsigliata, come i personaggi di quei romanzi sono». La via indicata da Verga sembrava a Dionisotti «la sola che dal prossimo passato si prolunghi per la letteratura italiana sul prossimo avvenire».
Naturalmente, quel modello era destinato ad essere sostituito. Tuttavia, fin dalla sua invenzione di un'epopea rusticana, il rapporto del Sud e segnatamente della Sicilia con il mercato editoriale nazionale è rimasto quello dettato dal caposcuola del Verismo, pressoché immutato e ancora vincente, come dimostra l'immancabile successo di ogni nuovo libro di Andrea Camilleri, il cui ultimo titolo, "La caccia al tesoro", appena uscito per i tipi di Sellerio è già schizzato nelle zone alte della classifica dei libri più venduti, a dare manforte a "Il nipote del Negus" e ad altri suoi longseller. Ma il teorema ha trovato recentemente conferma anche nello straordinario interesse suscitato, per esempio, da Giuseppina Torregrossa con "Il conto delle minne" (Mondadori) e poi con "L'assaggiatrice" (Rubettino) o Giuseppe Schillaci con "L'anno delle ceneri" (Nutrimenti), vere e proprie esplosioni inopinate di un immediato e istintivo consenso di massa.
Metafora polivalente, per usare una fortunata categoria sciasciana, la Sicilia letteraria (nonché cinematografica e televisiva) continua ad essere una parte fondamentale dell'immaginario collettivo italiano, a fianco soprattutto della napoletanità, altra grande "maschera" della tragicommedia all'italiana.
Fin dalla seconda metà dell'Ottocento, l'odiosamato Meridione e in particolare la sua estrema propaggine insulare, hanno rappresentato nello scenario nazionale l'esotico nostrano, un altrove al tempo stesso inglobato ed escluso in cui circoscrivere e controllare una diversità pittoresca a cui accostarsi con curiosità, ma sempre prendendo le distanze per altri versi. Questo ambiguo rapporto di identificazione e insieme di estraneazione, simile a un riflettersi negli specchi distorti di un luna park, spiega, insieme ovviamente ad altri fattori qualitativi, il potere seduttivo di tanta parte della cultura meridionale nei confronti di un pubblico centrosettentrionale, a fronte di una chiusura ben altrimenti sorda e altera.
Nonostante dalla Sicilia siano pervenute le più dure e caustiche considerazioni sul Risorgimento tradito, da "I Malavoglia" a "I Viceré", da "I vecchi e i giovani" al "Gattopardo", tale controcanto critico si è rivelato un'inestimabile riflessione sul carattere molteplice dell' identità nazionale. Si potrebbe dire che in letteratura il federalismo è sempre stata una chiave di interpretazione delle dinamiche del paese nella sua problematica coesione: quella chiave che fu negata dall'omologazione accentratrice dei Savoia e che oggi si ripropone per lo più in una versione beffarda ed egoistica.
Non è un caso che la letteratura dell'Italia meridionale, e in Sicilia o in Sardegna nelle forme estreme ed emblematiche della periferia culturale, sia stata più lucida e precisa nel cogliere la complessa fenomenologia di una nazione storicamente contrassegnata dal policentrismo.
Come scrive Daniela Carmosino in "Uccidiamo la luna a Marechiaro", è proprio la ghettizzazione del Sud l'elemento che ha consentito questa più chiara osservazione dei processi: «Essere ai margini, infatti, può significare godere di una prospettiva a latere, "altra", d'una distanza ironica che resta, d'altronde, uno dei più affilati strumenti di conoscenza e demistificazione in dotazione alla letteratura».
Ma tornando all'analisi imprescindibile di Dionisotti occorre specificare che questo atteggiamento al tempo stesso coinvolto e renitente, tipico di tutta la cultura e la società meridionali, non si può interamente ascrivere a una difesa della propria specificità e autonomia, ma va inquadrato in un tentativo di più ampio e generoso protagonismo, in una coraggiosa scommessa di partecipazione alla guida del paese, il cui bilancio è una partita ancora aperta di successi e insuccessi, di glorie e di infamie.
Marcello Benfante
 
 

infoAgrigento, 8.6.2010
"Vigata, addio!"

Dopo anni di incomprensioni e malintesi, verrà finalmente tolta la dicitura " Vigata " dalla segnaletica stradale di Porto Empedocle. A rimediare al clamoroso errore, il Sindaco Calogero Firetto.
Per anni, cocciuti amministratori comunali, si sono ostinati a chiamare Porto Empedocle Vigata, erroneamente convinti che, la Vigata narrata da Camilleri, coincidesse con Porto Empedocle. A fare chiarezza, finalmente, c'ha pensato il sindaco della borgata marinara, Lillo Firetto, che ha deciso di eliminare dai diversi cartelli stradali la dicitura " Vigata ".
"La Vigata camilleriana - ha detto il Sindaco - con il nostro paese non c'entra niente. Camilleri nelle sue opere letterarie racconta fatti e personaggi di Porto Empedocle che però non è stato rappresentato nella fiction televisiva ambientata, invece, nel Ragusano. Pertanto, per ripristinare la storia, è necessario che il nostro comune si presenti con il suo vero e unico nome: Porto Empedocle", conclude Lillo Firetto.
 
 

RepubblicaTV, 9.6.2010
L'abecedario di Camilleri

Da anomalia a Zibaldone, commentando 40 parole, lo scrittore svolge il filo della memoria e ripercorre la sua storia e quella del nostro Paese
A cura di Valentina Alferj e Eugenio Cappuccio
 
 

Il Tirreno, 9.6.2010
"Il gattopardo", mezzo secolo di storia alle spalle

Pistoia. Domani alle 18, presso Lo Spazio di via dell’Ospizio (libreria, galleria d’arte, sala da tè), con la collaborazione dell’associazione Amici di Groppoli, verrà presentato il libro curato da Giovanni Capecchi “Mezzo secolo dal Gattopardo. Studi e interpretazioni” (Le Cáriti Editore, 2010, 220 pagine, 20 euro).
Alla serata interverranno Marino Biondi, Giovanni Capecchi, Roberto Fedi, Stefano Giovannuzzi, Odile Martinez.
«Il volume - spiega una nota - raccoglie alcuni contributi nati in occasione del cinquantenario del Gattopardo, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, anniversario in cui troppo poco si è fatto per un romanzo che prende forza dalla rilettura e che, nuovamente studiato, dimostra una crescente complessità, evidenzia sfumature e percorsi interpretativi difficilmente percepibili ad una prima analisi. Troppo poco è stato fatto nel nostro paese per un romanzo che, dopo aver rappresentato un “caso” clamoroso, si è meritato un ruolo da protagonista nella letteratura italiana del Novecento».
Partendo da queste considerazioni, è nata l’idea di pubblicare il volume Mezzo secolo dal Gattopardo, raccolta di saggi e interviste di differenti autori: quello di Salvatore Silvano Nigro (apparso sul “Sole 24 ore”), quello di Marino Biondi (che trae origine da considerazioni svolte in occasione di un seminario presso la Scuola di dottorato internazionale di Firenze e durante la giornta dedicata al Gattopardo dalla Fondazione Renato Serra di Cesena) e quelli di Roberto Fedi, Stefano Giovannuzzi, Giovanni Capecchi e Daniela Bini (scritti in occasione del convegno “The Leopard 1958-2008”, svoltosi il 31 ottobre presso l’University of California Los Angeles). Il volume è aperto dall’intervista ad Andrea Camilleri: lo scrittore siciliano oggi più noto e più letto racconta il suo rapporto con il romanzo di Tomasi di Lampedusa.
 
 

NewNotizie.it, 9.6.2010
Ascolti tv 8 giugno: l’inarrestabile Commissario Montalbano vince nel prime time

Ormai il suo volto è una garanzia: non importa se in prima visione o in replica, ma “Il Commissario Montalbano” vince sempre. E lo ha fatto anche nel prime time di ieri, martedì 8 giugno. Luca Zingaretti, nel panni del commissario siciliano creato dalla penna di Andrea Camilleri, ha portato a casa Rai 4.566.000 telespettatori, 19,43% di share, con l’episodio “Il gioco delle tre carte“, in cui Montalbano indaga sulla morte di un costruttore edile di Vigata.
[...]
 
 

AISE, 9.6.2010
Rifugiati
"Un luogo sicuro per ricominciare": l’UNHCR celebra a Roma la Giornata Mondiale del Rifugiato 2010

Roma - In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha organizzato per il prossimo 18 giugno una conferenza a Roma, alle ore 11 presso Palazzo Rospigliosi. "Un luogo sicuro per ricominciare" è il tema scelto dall’Unhcr per l’evento, ad indicare che i rifugiati, persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa di guerre e persecuzioni, hanno il diritto di ricostruirsi una vita in sicurezza e dignità. Per far sì che questo accada, hanno bisogno di un luogo dove possano essere accolti e che dia loro l’opportunità di ricostruire un percorso di vita al riparo dalle minacce e dalla violenza.
Ai lavori, coordinati dalla portavoce dell’Unhcr Laura Boldrini, interverranno Laurens Jolles, delegato dell’Unhcr per il sud Europa, lo scrittore Andrea Camilleri, Fabio Geda e Enaiatollah Akbari, co-autori del romanzo "Nel mare ci sono i coccodrilli" (BCDalai Editore, 2010) Anilda Ibrahimi, scrittrice di vari romanzi tra cui "Rosso come una sposa" (Einaudi, 2008), Eraldo Affinati, insegnante e scrittore di diversi libri tra cui "La città dei ragazzi" (Mondadori, 2008) Gianfranco Schiavone e Berardino Guarino del Tavolo Nazionale Asilo.
 
 

Bacheca Arte, 9.6.2010
Andrea Camilleri - Maruzza Musumeci - Recensione

Sappiamo bene che la fortuna mediatica di Andrea Camilleri è da attribuirsi alle indagini del commissario Montalbano, ma Camilleri è anche autore di una dozzina di altri romanzi, tra cui quello intitolato “Maruzza Musumeci”.
Si tratta di un racconto lungo, edito nel 2007, ma l’autore lo definisce “cuntu”, utilizzando il termine che in siciliano significa “racconto” o anche “storia che si tramanda a voce”. I “cunti” sono racconti popolari, sono un misto di realtà e di visione fantastica, sono favole tramandate da padre in figlio, entrate di diritto nella tradizione delle società contadine. Nella nota al libro, lo stesso autore precisa che “la storia del villano che si sposò con una sirena, me l’aveva già narrata, quando ero bambino, Minicu, il più fantasioso dei contadini che lavoravano nella terra di mio nonno” (NdA: ho tradotto la citazione, in quanto scritta in siciliano).
Ma andiamo al testo. Il libro è scritto in dialetto siciliano, reso elegante e comprensibile dalla maestria letteraria dell’autore, la scrittura è interpolata da modi di dire e da frasi colorite tipiche del parlato contadino, quindi una certa familiarità con i lessemi siciliani è necessaria se si vuole comprendere appieno l’opera. L’autore infatti, riprendendo una grande lezione verista, riproduce nel testo la parlata della gente comune.
La storia si svolge sul finire dell’Ottocento a Vigata, paese immaginario della Sicilia in cui Camilleri ambienta anche le indagini di Montalbano. Per conoscere la trama dettagliata dell’opera, rimando al mio precedente post intitolato “Maruzza Musumeci di Andrea Camilleri, riassunto”.
Il libro è verosimilmente diviso in due parti. La prima parte comprende i primi cinque capitoli ed è caratterizzata da un tono comico-grottesco, in cui prevale il punto di vista razionale di Gnazio sulle stramberie delle due vecchie e di Maruzza.
Gnazio fermamente intenzionato a sposare la bella Maruzza, accetta con un patto prematrimoniale di assecondare la convinzione della ragazza di essere una sirena e quindi inconsapevolmente diventa spettatore passivo della diversità della moglie e poi anche della primogenita.
Solo con la morte del figlio Cola, nell’ultimo capitolo, Gnazio si rende conto che il mondo “diverso” a cui appartengono la moglie e la figlia, mezze donne e mezze sirene, è davvero parte della realtà. Tutta la famiglia infatti sente che Cola, morto, è stato recuperato dalla sorella sirena in mare e trascinato da lei nelle grotte sottomarine.
Dal capitolo 5 in poi, il tono del libro diventa più serio. L’autore abbandona il “cuntu” popolare per continuare una storia tutta camilleriana.
Si intensificano i riferimenti alla vicenda omerica di Ulisse , che affrontò le sirene incantatrici e riuscì a sfuggire loro. Il personaggio di Aulissi Dimare, appunto, muore inspiegabilmente, cadendo dalla scogliera ai margini della terra di Gnazio. Le due donne leccano la pietra sporca del sangue dell’uomo e ridono. E’ questa la vendetta delle sirene sulla superbia di Ulisse.
Nel capitolo 9 un americano, pittore, abbozza degli schizzi della casa di Gnazio in contrada Ninfa, trovandola caratteristica. Il pittore mostra i disegni a un suo amico tedesco, architetto, che realizzerà una costruzione ispirandosi proprio alla casa di Gnazio.
L’arrivo dell’Americano apre la vicenda a una dimensione più ampia, la inserisce in un contesto geograficamente esteso, al contrario di come si era proceduto nei primi capitoli.
All’inizio, infatti, l’America di Gnazio è un luogo di passaggio, siciliano nei nomi (“Novaiorca” è “New York”, “Broccolino” è “Brooklin”) e anche nei personaggi che si incontrano: la signorina Consolina Caruso, Cola il padre di Gnazio, Tano Fradella, i mafiosi siculo-americani, ecc. Sembra di vivere in una dimensione piccola, provinciale, che non riesce ad essere permeata dal mondo esterno.
Ma l’arrivo del pittore in contrada Ninfa fa entrare davvero il mondo internazionale laddove non c’è mai stato nulla di internazionale, cioè nella realtà contadina di un piccolo paesino siciliano.
Lo schizzo della casa di Gnazio verrà presa a modello dall’architetto tedesco Walter Gropius. Cola andrà a studiare a Palermo e insegnerà in America. La II Guerra Mondiale porterà le vicende della politica mondiale in Sicilia, laddove non c’era riuscita la Grande Guerra. Il romanzo acquista dunque uno sfondo storico.
Infine non bisogna dimenticarsi dell’Americano, Steven, erede simbolico delle vicende di casa Manisco, che ascolta la voce di Resina attraverso la conchiglia della ragazza e poi muore sereno.
Il cerchio si chiude: le morti di Cola e di Gnazio insieme alla tragicità della guerra e alla distruzione di contrada Ninfa sotto i bombardamenti, lasciano solo il personaggio di Maruzza che, indossati gli abiti della nonna, ne eredita l’identità. E’ lei ora l’ultima sirena, in attesa che qualcun’altra prenda il suo posto.
Per concludere, vorrei soffermarmi sulla pagina che descrive la morte di Gnazio. Una pagina di grande poesia e dolcezza, resa con un linguaggio secco, descrittivo, conciso.
Il silenzio è l’anima della morte anche quando essa non è ancora giunta. La morte si avvicina intontendo la mente, anestetizzando i sensi: gli occhi non vedono più bene, mancano le forze. Eppure la mente è lucida, ragiona, conduce ancora il corpo per qualche metro e ha ancora la forza di dispiacersi per il fatto che non riusciremo a dire addio a chi amiamo.
Silvia Masaracchio
 
 

Auditorium Parco della Musica, 10.6.2010
Viale De Coubertin 30 - Roma - Sala Ospiti - Ore 18:30
Proiezione in anteprima e presentazione dell'Abecedario di Andrea Camilleri
Per la regia di Eugenio Cappuccio e la cura di Valentina Alferj (in libreria dal 9 giugno, 2 DVD + libro, DeriveApprodi Edizioni)
intervengono:
Eugenio Cappuccio - Regista del film
Iaia Forte - Attrice
Mario Sesti - Regista e critico cinematografico
si ringrazia la fondazione Musica per Roma
Davide Sacco - Ufficio Stampa DeriveApprodi
 
 

Il Fatto Quotidiano, 10.6.2010
Vedi alla voce Camilleri

DESIDERIO
Desiderio è una parola bellissima. Io credo che il desiderio sia una delle forze motrici dell’uomo e non è detto che sia sempre una mera soddisfazione del senso. Nel cinquanta percento dei casi ciò che desideri è soddisfare quel desiderio, attraverso il tatto, il palato… Ma io preferisco i desideri spirituali, i desideri dell’anima, i desideri del pensiero. Cercherò di spiegarmi meglio. Il desiderio carnale, dei sensi, si soddisfa con poco. Se desideri un buon odore, prendi una rosa, la odori e per un po’ il desiderio è soddisfatto; quando ti torna la riodori. Se hai desiderio di un pezzo di pane appena sfornato, con quel suo croccante, vai da un fornaio, te lo compri e l’hai soddisfatto di nuovo. Diverso è il desiderio che ti nasce dentro di qualcosa che ti manca, un qualcosa che ti manca che è difficile da spiegare. Io per esempio ho il desiderio di cose che dentro di me non ho. Desidero – e non ci arriverò mai – una sorta di appagamento del mio chiedere continuamente qualcosa a me stesso. Non c’è giorno che io non desideri – non di essere altro, perché sto benissimo come sono – di avere una più larga capacità del mio cervello, per fare un esempio, di capire le cose. Poco fa parlavo del senso della misura che ho di me stesso e delle mia capacità: ecco, vorrei tanto avere la possibilità di capire di più, è un desiderio intensissimo. Stendhal una volta scrisse i dieci desideri che voleva… poverino, ma sono terra terra quei suoi desideri. Devo dire che l’unica cosa che forse avrei voluto è un cervello capace anche di capire fenomeni che mi sfuggono. Cercherò di essere ancora più chiaro: desidererei avere dentro di me, per esempio, il cervello di un santone indiano. La capacità del controllo del proprio corpo, il desiderio del controllo dei propri desideri. E questo è molto difficile. È una sconfitta sicura. Come diceva Picasso, resterà sempre un desiderio che cerchi di acchiappare per la coda, ma quello è andato avanti e non lo raggiungerai mai.

FASCISMO
Il Fascismo io l’ho vissuto, perché nel 1943 avevo diciotto anni, quindi fino a diciotto anni ho vissuto sotto il Fascismo, subendo tuttavia una certa metamorfosi. A dieci anni, la mia aspirazione era di partire volontario e andare a combattere in Abissinia: per questo scrissi una domanda di volontario a Mussolini, perché il mio ideale era andare ad ammazzare gli abissini. Sono state le letture che hanno cominciato a farmi capire alcune cose, non letture direttamente antifasciste. Perché bastava leggere, per capire che c’era qualcosa che non funzionava in Italia in quegli anni. Poi arrivò il colpo in testa. Faccio un esempio: Uomini e no di Vittorini ti dimostrava un’altra realtà negli anni Quaranta. Ma attraverso le maglie della censura filtrò La condizione umana di André Malraux e quella fu la botta vera. Quella notte che finii di leggere il romanzo – lo ripeto e non mi stancherò di farlo – intere masse di cellule cerebrali si spostarono nel mio cervello, tant’è vero che mi venne la febbre e mi alzai con delle macchie tanto era stato il capovolgimento totale delle mie idee. È lì che io divenni comunista. Ancora non sapendolo. Questa storia è avvenuta specularmente alla mia coetanea Rossana Rossanda dall’altra parte dell’Italia, lei si trovava a Trieste mentre io mi trovavo a Porto Empedocle, stavamo ai due poli opposti dell’Italia. E francamente, cominciai a essere antifascista. Insomma, a non essere d’accordo: a non volere più partecipare alle adunate, a trovare tutti gli escamotage possibili e immaginabili. Ma non era facile, perché era una crescita completamente isolata, una maturazione dolorosa che avveniva dentro te stesso, senza avere il conforto di nessuno. Perché non sapevi se potevi confidarti con gli amici e soprattutto la cosa rappresentava un conflitto enorme nei riguardi di mio padre, che era fascista, squadrista e marcia su Roma. Lui non era un fanatico e di questo gliene sarò eternamente grato. Nel 1938 un mio compagno di scuola venne ad abbracciarmi, dicendomi: “Da domani non posso più frequentare”. Gli chiesi perché e lui rispose: “Perché sono ebreo”. “E che significa?” chiesi io. “E significa, significa che non posso più venire a scuola” disse, e se ne andò. Quando tornai, a tavola chiesi a papà: “Ma perché questo mio amico ebreo non può più venire a scuola con noi?”. E mio padre partì in quarta, contro Mussolini non contro gli ebrei. Mio padre era questo personaggio. Via via che passano gli anni, via via che divento vecchio sempre più mi rendo conto che del Fascismo mi ha colpito la stupidità, l’imbecillità sovraumana, che vedo ahimè riprodursi sotto altre forme in questi ultimi anni. Per questo ho tentato di esorcizzare e di capire il Fascismo scrivendo tre libri. Uno è La presa di Macallé che venne equivocato come un romanzetto pornografico. Ma figurati! C’era tutt’altra volontà dietro: il bambino superdotato era la metafora, il simbolo della virilità fascista, identica a ciò che avviene oggi, sia pure mediata dal Viagra o da iniezioni varie ma comunque esibita. Poi ho fatto Privo di titolo, dove c’è la finzione, la virtualità del fascismo. E l’ultimo Il nipote del Negus, nel quale descrivo la stupidità e l’imbecillità del Fascismo. Spero di non doverne scrivere più. Vale per tutti Brancati. Brancati è stato un grande scrittore, un liberale autentico, talmente autentico da dire che in Sicilia non si può essere liberali se non si è comunisti. Fino ai ventidue anni Brancati era un fascista di quelli duri, aveva scritto un dramma – Piave – che terminava così: “Camerata Mussolini, presente”; perché Mussolini venne ferito durante la Prima guerra mondiale. E l’altro era un romanzo buono, ma di sentimento fascista: L’amico del vincitore. Durante il periodo fascista, Brancati, crescendo, cambiò idea e si vergognò di se stesso; ma ebbe il coraggio di scriverlo e lo scrisse anche durante il Fascismo: “Nei miei vent’anni un imbecille con lo stesso mio nome e cognome scriveva dei libri ecc.”. Infatti, ci succedeva di avere all’improvviso come un risveglio e di chiedersi “Ma che è? Dove mi trovo? Perché sto facendo questo?”. Ecco è l’istupidimento la cosa che ricordo di più, e mi fa paura perché credo che la vocazione alla stupidità sia nell’uomo talmente innata che bisogna continuamente tenerla sotto controllo. Una volta in taccuino ho letto un appunto di Baudelaire che diceva: “Oggi alle ore 15.00 ho sentito l’ala della stupidità sfiorarmi la fronte”. C’è un momento nella vita nel quale si è assolutamente stupidi, l’importante è lasciarlo dentro la cornice di quel momento. Non voglio più parlarne del Fascismo, perché subito dopo la Liberazione, nel ’45, un grande giornalista americano pubblicò un articolo sulla rivista Mercurio intitolato “Non lo avete ucciso”. Diceva che in realtà il Fascismo non l’avevamo ucciso, inutile averlo sparato o appeso a piazzale Loreto, il Fascismo ritornerà in Italia per anni e anni e anni, per venti e trent’anni, perché è un male che si radica ed è difficilissimo da estirpare. Cambierà forma, cambierà aspetto ma tornerà. All’epoca io mi arrabbiai moltissimo e dissi: “Quest’americano non capisce niente”. Invece, quel giornalista aveva capito tutto. Giorgio Almirante forma il Movimento sociale italiano esattamente un anno e due mesi dopo la Liberazione e due anni dopo, alle elezioni, i primi deputati del Msi – che allora era fascista senza se e senza ma – entrano nel Parlamento italiano. Il fascismo può riprodursi, è come quei virus mutanti che cambiano forma e per i quali ogni volta bisogna cercare di adattare il vaccino. Ma loro tornano e bisogna starci molto attenti.

MAGISTRATI
Tocchiamo un tasto dolente… Probabilmente tra i miei antenati dovevano esserci dei delinquenti a livelli mostruosi, perché io istintivamente ho sempre provato una sorta di repulsione berlusconiana nei riguardi dei magistrati. Una sera feci addirittura un salto dalla sedia, quanto sentii un magistrato che mi piaceva e che era molto bravo – soprattutto l’apprezzavo moltissimo perché era venuto in Sicilia a sostituire il povero Falcone, che era saltato in aria –, il magistrato Gian Carlo Caselli da Torino. C’era una trasmissione televisiva che si chiamava Italiani d’oggi e siccome presentava degli italiani di oggi, veri, la cosa la seguivo. E quella sera c’era Caselli. Arrivato a un certo punto l’intervistatore gli chiese: “Ma lei, piemontese, come fa a capire i siciliani?”. E lui rispose: “Mah, leggendo molto i siciliani, e soprattutto Camilleri” e tirò fuori dalla tasca il mio volumetto Il gioco della mosca. Io ebbi un brivido, mia moglie è testimone. E mi venne da dire: “Perché dice il mio nome questo qui?”. Cioè reagii non da Camilleri, ma da cittadino che non ama nemmeno essere citato da un magistrato… nessun orgoglio da scrittore. Devo dire che negli ultimi tempi mi sono trovato a doverli difendere. Infatti una volta che c’era una riunione di magistrati alla quale mi avevano invitato, io esordii dicendo: “Una cosa che non perdonerò mai a Berlusconi è quella di avermi costretto a difendervi”. Ecco, questo lo dissi facendo calare il gelo sulla platea. Certo, quando si parla della mafia, dei siciliani mafiosi, ci si dimentica facilissimamente che nel novanta per cento dei casi i magistrati, i poliziotti, i carabinieri che sono stati ammazzati dalla mafia erano siciliani come i mafiosi. Questo va detto, tanto per stabilire i giusti pesi sulla bilancia. Quella era quindi una mia iniziale diffidenza, d’altra parte comprovata da anni di magistratura asservita al potere politico: durante gli anni della Democrazia cristiana la magistratura è stata tranquillamente asservita al potere politico. Durante gli anni del Fascismo, quando il Fascismo chiese a tutti i dipendenti dello Stato (professori universitari…) il giuramento di fedeltà al Regime fascista, solo dodici professori universitari riscattarono l’onore di tutti, non giurando e facendosi licenziare. Ma i magistrati giurarono tutti fedeltà al Fascismo, quindi un motivo di diffidenza era ben più che giustificato da parte mia. È stato vedere il coraggio di certi magistrati, pagato a prezzo della vita, che mi ha fatto cambiare completamente idea. D’altra parte però, attenzione: i magistrati non sono esseri superiori, sono uomini come me e come voi, quindi soggetti a errori, soggetti a passioni, soggetti a tutto. Spesso e volentieri fanno uno sforzo sovrumano di astrazione da quelle che sono le proprie personali idee nel giudicare. Certe volte non ce la fanno, e con ciò? È un’imperfezione prevedibile all’interno del corpo della magistratura. Non credo che la magistratura possa perseguitare qualcuno che gli sta antipatico. Deve sempre muoversi sempre dentro binari. Tra l’altro, vorrei ricordare che in Italia ci sono tre ordini di giudizio, ed è difficile che oggi si commetta l’errore giudiziario, difficilissimo. L’errore può essere commesso nel primo processo, ma nel secondo e nel terzo comincia a essere problematico. La diversità stessa dei magistrati a essere una garanzia di oggettività.
Andrea Camilleri
 
 

Agenzia Fuoritutto, 10.6.2010
Cattivi pensieri (dal taccuino di Gian Aldo Arnaud)

[...]
Il romanziere dialettale Camilleri, di cui mamma RAI continua a ritrasmettere gli ormai vetusti sceneggiati, si crede un superuomo, non soggetto a quelle norme di buona educazione che dovrebbero valere per tutti. Chiunque si permetta di non associarsi al plauso sconsiderato dei professionisti dell’adulazione viene preso a male parole, in genere volgari, conseguenti, probabilmente, a valori eccessivi del colesterolo.
Ha insultato uno dei più acuti e imparziali commentatori del Corriere, reo di aver cortesemente – anche troppo per i miei gusti – sottolineato alcune delle ormai infinite deviazioni comportamentali del rissoso compagno milionario. Il suo atteggiamento è ridicolo e vergognoso. Non è la prima volta che eccede nell’insulto. E, ovviamente, non sarà l’ultima: dovrà ancora registrare la legittima ritorsione delle sue vittime. Perché è semplicemente Camilleri: Non il Padre Eterno.
[...]
 
 

Free Wheel, 10.6.2010
La caccia al tesoro

Mannaggia, peccato. Peccato, peccato. Era iniziato davvero nel miglior Montalbano possibile, pronto alla peggio turilla in caso di umore nivuro e dal sempre feroce pittito lupigno (vien voglia di sbafarsi quella pasta ‘ncasciata di Adelina ogni volta che se la ritrova in forno da scaldare), Montalbano che litiga al telefono con Livia, Montalbano che si azzuffa con Mimí, Montalbano che tenta di resistere alle forme provocanti di Ingrid, Montalbano che sopporta Catarella, Montalbano che mal si muove nel burocratichese voluto dai vari questori/pm/giudici/avvocati con alcuni pezzi di bravura da ridere alle lacrime...ma poi scade nel morboso silenzio degli innocenti che io tanto detesto. Abituata a pellicole americazze sul filo del rasoio, fino alla fine ho sperato che la vittima fosse salvata in extremis. E invece no. E io odio quando mi si uccide un innocente senza motivo e per di piu’ in maniera cosí truculenta, degna del peggior Saw.
Ogni tanto Camilleri ha dei picchi trash che mi lasciano un po’esterrefatta.
Mannaggia, peccato.
chiskyw
 
 

Il Piccolo, 10.6.2010
L'Alabarda d oro alla carriera va a Franco Rosi

Trieste. Premi a Franco Rosi, Caterina Vertova, Giorgio Diritti. Ma anche a Paolo Virzì, Giorgio Pressburger, Luca Guadagnino... Riflettori puntati sabato 12 giugno per la serata finale della IV edizione del Premio Alabarda d'oro - Città di Trieste, con inizio alle 20 alla Sala Tripcovich, a ingresso libero. [...] Nella sezione teatro successo per "Festa di famiglia" di Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Mariàngeles Torres con la collaborazione di Andrea Camilleri, che si aggiudica l'Alabarda d'Oro per il miglior spettacolo. [...]
 
 

La Sicilia, 11.6.2010
L'Abecedario dello scrittore agrigentino in dvd
Camilleri: «Le parole della mia vita decisamente troppe»

Roma. Da sceneggiatore e produttore per il piccolo schermo a protagonista di una video-opera. Esce "L'Abecedario di Andrea Camilleri" (cofanetto con due dvd per un totale di 316 minuti, corredati da un libretto di presentazione dell'opera contenente 22 "voci" non incluse nel film, al costo di 28 euro). Curatori ne sono Valentina Alferj, da alcuni anni assistente del maestro siciliano, ed Eugenio Cappuccio, regista cinematografico, già collaboratore di Fellini.
Come si sviluppa e in cosa si differenzia l'"Abecedario di Andrea Camilleri", rispetto ai due precedenti dedicati a Sanguineti e Deleuze?
«A differenza degli altri due Abecedari, in cui le parole - amate o detestate - venivano scelte dagli autori, io ho invece dichiarato subito che sarei stato estremamente imbarazzato a fare una scelta delle parole della mia vita, un po' perché ne avrei avute troppe ma anche perché non credo che esistano in assoluto parole da amare o detestare».
Quindi che criterio avete adottato?
«Ho proposto di riprendere il vecchio gioco di "è arrivato un bastimento carico di…" e sottopormi le più svariate parole. Io avrei risposto allo stimolo dicendo cosa mi suscitavano o cosa ne pensavo. Mi sono quindi trovato a improvvisare, una situazione che amo molto: la risposta veniva fuori senza filtri. Magari posso aver detto cose che in altre situazioni non avrei detto; perciò questa sorta di dizionario ha una immediatezza che forse non avrei mai messo nero su bianco».
Si è lasciato guidare o piuttosto ha condotto il gioco?
«Devo dire che in un gioco simile il peso e la responsabilità cade più su quelli che propongono la parola, perché è la sua scelta che determina il tono e il contenuto della conversazione».
Ce n'è una che l'ha colpita, in particolare?
«Le suggestioni sono state eccitanti. Non sono andate a toccare zone morte del mio cervello ma anzi hanno messo in moto una serie di correlazioni che hanno sorpreso anche me stesso. Per esempio la parola "scambio" mi ha permesso di passare dal "voto di scambio" a uno dei temi della mia narrativa che è lo "scancio" (scambio in siciliano, n.d.r.) di persona, l'eterno equivoco nel quale noi viviamo e che è alla base di tanti miei romanzi».
Cosa ha ispirato la risposta?
«Più che una sola parola mi hanno ispirato dei gruppi di parole, oppure una frase. Più che evocare mi hanno stimolato un'invenzione attorno a quella frase».
Ci fa un esempio?
«Poco tempo fa ho colto per strada un dialogo tra un uomo e una donna. Quattro battute che si prestano a costruire una sorta di romanzo: "Stasera facciamo all'amore?" Io mi sono bloccato fingendo di allacciarmi una scarpa per ascoltare la risposta, imprevedibile: "Prima bisogna vedere cosa dicono le carte…" Questo mi ha scatenato una serie di pensieri, invenzioni, ricami e ci sto tuttora lavorando sopra. La mia curiosità è stata ben pagata perché non mi aspettavo una risposta del genere».
C'è una parola che le sta particolarmente a cuore?
«Io le parole le adopero, le uso, alcune sono usa e getta, altre più ricche e più preziose. Non ho proposto nemmeno una parola di questo pseudo dizionario. Credo che Cappuccio avrà avuto il suo daffare a montarlo, perché il gioco delle correlazioni mi portava verso altre parole che non necessariamente erano in ordine alfabetico. Le parole si agganciano l'una all'altra come la catena del Dna e quindi è difficile mantenersi dentro un ordine alfabetico. I curatori non sono stati avari, e di una lettera non ho scelto una parola sola, ma magari due o tre, la qual cosa mi ha molto divertito».
Maruzza Loria
 
 

CinemaItaliano.info, 11.6.2010
"Abecedario di Andrea Camilleri"; uno scrittore dalla a alla z

Quando hai la fortuna di poter intavolare una lunga conversazione con un personaggio del calibro di Andrea Camilleri, il prodotto finale non può che essere qualcosa che va oltre alla semplice intervista o al ritratto-documentario. Eugenio Cappuccio attraverso il suo “Abecedario di Andrea Camilleri”, documenta il flusso di co(no)scienza di un intellettuale a 360°, che quasi raggiunte le ottantacinque primavere, continua a “bucare lo schermo” in modo sublime. Cinque ore a disposizione per lo spettatore, partendo dalla “a” di anomalia per arrivare alla “z” di zibaldone, passando per immancabili “parole chiave” per un protagonista del secolo scorso, quali dialetto, fascismo e quarantotto.
Il progetto editoriale realizzato da “Derive Approdi”, due dvd e un volume che raccoglie “parole extra”, è stato presentato ieri sera presso l'Auditorium Parco della Musica in Roma. A introdurre l'incontro con il regista è stato il critico cinematografico Mario Sesti, che ha sottolineato la potenza della parola dello scrittore di Porto Empedocle: "Si nota come Camilleri provi piacere nell'uso della lingua e all'idea di condividere il piacere stesso con chi lo sta ad ascoltare. Credo che un narratore prima di tutto debba possedere l'ironia e queste immagini sono la testimonianza di come sia possibile raccontare seriamente aneddoti spiritosi, una grande dimostrazione di controllo della parola e di uso delle pause".
La proiezione di alcuni estratti del film, sono stati inframmezzati dalla lettura di testi presenti nella pubblicazione, affidata all'attrice Iaia Forte.
L'abecedario, arriva dopo le precedenti esperienze fatte con il filosofo Gilles Deleuze e lo scrittore Edoardo Sanguineti, e sentendo la curatrice del progetto, Ilaria Bussoni, non sarà l'ultimo: "L'inventore di questa tipologia di documento visivo è stato Pierre-André Boutang, fondatore di “Arte”. Abbiamo scelto di realizzare una collana, pensando ai dvd come a dei libri, da vedere in più momenti". Per Cappuccio, che ha girato nell'arco di una settimana nell'abitazione romana dello scrittore, è stata un'esperienza unica: "Mi sembrava di stare dinanzi ad un guru, che attraverso il proprio sguardo e la propria parola era in grado di dare vita ad un'esperienza magnetica". L'occasione per i cultori del papà di Montalbano e non solo, per scoprire le sfaccettature del carattere dell'uomo che si cela dietro alla penna dello scrittore.
Antonio Capellupo
 
 

Infinito edizioni, 11.6.2010
Comunicato stampa
L’occhio di Cordio
La casa editrice
Infinito edizioni
Con il patrocinio della
Provincia di Roma
Vi invita alla presentazione in anteprima del nuovo libro
“L’occhio di Cordio”
a cura di Francesco CORDIO
prefazione di Daniele SILVESTRI
introduzione di Andrea CAMILLERI
mercoledì 16 giugno, dalle ore 11,00
presso la sede della Provincia di Roma
Palazzo Valentini – Sala della Pace
via IV Novembre, 119/A – ROMA

Presenta il volume, pubblicato in occasione del decennale della scomparsa dell’artista Nino Cordio, Francesco Siciliano.
Con il curatore Francesco Cordio intervengono Paolo Pellicane, Sindaco del Comune di Santa Ninfa, Paolo Briguglia e Daniele Silvestri.
“A voi fortunati che state per immergervi per la prima volta in questo mondo ancestrale, dico solo questo: chiudete ogni tanto gli occhi, e quando li riaprite spalancate insieme naso, cuore e orecchie. E respirate”.
(dalla prefazione di Daniele Silvestri).
Le più importanti opere del grande pittore, incisore e scultore siciliano per la prima volta raccolte in un libro per il grande pubblico, arricchito dalle testimonianze degli amici di una vita, da Camilleri a Sciascia, da Siciliano a Giuffrè, da Guttuso a Levi.
”L’occhio di Cordio” è una testimonianza di rara intensità di un uomo la cui arte, “sotto l’apparenza della grazia, nascondeva la stessa forza sismica che ha fatto fiorire il mondo” (Andrea Camilleri).
Il libro è patrocinato da:
Città di Santa Ninfa (TP), Museo Nino Cordio Santa Ninfa (TP), Il Nido dell’Etna albergo ristorante sala meeting che ospita la mostra permanente di Cordio.
Al termine della presentazione, un rinfresco sarà gentilmente offerto da:
Mondo Arancina, specialità e prodotti tipici siciliani – Roma/Londra www.mondoarancina.it
Ferreri vini, viticoltori dal 1930 – Santa Ninfa (TR) www.ferrerivini.it
Nino Cordio
Nato a Santa Ninfa, in provincia di Trapani, il 10 luglio 1937, ha studiato all’Istituto d’Arte di Catania e all’Accademia di Belle Arti a Roma. Successivamente ha frequentato l’Atelier di Friedlander a Parigi. Ha esposto i suoi lavori in numerose personali in Italia, Europa e Americhe. Ha vissuto e lavorato tra Roma e Todi. È morto a Roma il 24 aprile 2000.
Francesco Cordio
Attore e regista di teatro, videoclip e documentari, è diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Nel 2009 in Umbria avvia le attività culturali negli studi del padre che prendono il nome di Teatri di Nina. Tra le sue opere Inti-Illimani – Donde las nubes cantan (Millenium Storm, 2007) e Tutti giù per aria, docu-fiction sulla vertenza Alitalia (Ed. Riuniti, 2009).
Per informazioni, interviste e organizzare presentazioni:
Infinito edizioni
Tel & fax: 06/93162414 Cell: 320/3524918 Cell: 340/9131468
info@infinitoedizioni.it
 
 

12.6.2010
Camilleri dà forfait a Pietrasanta

Si chiuderà domani a Pietrasanta (Lucca) la rassegna “Anteprime - Ti racconto il mio prossimo libro”. Ha purtroppo dato forfait Andrea Camilleri, che nell'occasione avrebbe dovuto presentare “L'intermittenza”, il suo romanzo in uscita in autunno con Mondadori.
 
 

Dazebao, 12.6.2010
“Abbecedario” di Andrea Camilleri: “Intercettazioni”, “Magistrati”, “Alice” …

Roma - Quando da piccolo giocava a «È arrivato un bastimento carico di …» non imbroccava mai una parola. Oggi – dice – «mi sono riscattato». Nella video-intervista Abbecedario  [curata da Valentina Alferj con la regia di Eugenio Cappuccio] Andrea Camilleri si racconta dalla A alla Z.  Rilancia e commenta a puntino 40 voci, da «Anomalia» a «Zibaldone» passando per «Intercettazioni», «Magistrati» e «Alice» (nel paese delle Meraviglie).
Dalla più banale alla più insidiosa, scantona ogni remora al racconto e intanto fuma. Cantastorie, trobador tutt’altro che ‘fou’, talking-head cum grano salis, mezzobusto pensante, Camilleri vale il tempo dell’ascolto. Vale insomma sei ore di filmati.
Il papà del Commissario Montalbano è ripreso a casa sua, sprofondato in poltrona davanti alla libreria dalle scansie irregolari. «Le riprese sono durate una settimana – ha spiegato Cappuccio alla proiezione romana del video al Parco della Musica - Giravamo dal primo pomeriggio alla sera. Ogni tanto la moglie Rosetta faceva capolino per vedere se avevamo finito. Il montaggio [di Antonio Memmi] è stato semplice. Si è mantenuta una certa continuità nelle interviste. Le parole non montate per motivi di tempo sono state incluse nel volume [edito in cofanetto con due Dvd dalla casa editrice Derive e Approdi e in libreria dal 9 giugno]».
Con accento siciliano, Camilleri commenta così la parola «Dialetto»: «La lingua è un arboro che non può campare senza la linfa. I dialetti sono la linfa della lingua. Ma chi vuole fare il tg regionale in dialetto è un cretino». «Bicicletta» gli fa venire in mente la guerra e il viaggio per andare dal padre a Porto Empedocle. Sul «Fascismo» – «un virus mutante che è tornato negli ultimi anni» - ricorda che «a dieci anni volevo andare volontario in Abissinia. Poi l’illuminazione. Ho letto Malraux e ho cambiato idea». Dell’«Università» lamenta i tagli [«Spacciare come riforma quelli che sono tagli spaventosi all’istruzione significa abbassare la qualità di uno Stato»] e ironizza sul dis-valore della laurea oggi: «Posseggo quattro lauree ad honorem. Non riuscirò mai a battere Umberto Eco che ne ha 35, tra l’altro una anche in Architettura, io non abiterei mai in una casa progettata dall’architetto Eco, non mi dà affidamento». Anche sulla «Banana» dice la sua: «È diventata una metafora». E il massimo della metafora, secondo lo scrittore, lo fece «Josephine Baker quando ballava a tette nude con un gonnellino di banane al bacino cantando ‘J’ai deux amours mon pays e Paris».
Giulia Bolognini
 
 

La Sicilia, 12.6.2010
Magie barocche. Il 3º Festival internazionale del Val di Noto dopo l'inaugurazione romana debutta stasera in Sicilia
Parole di Camilleri raccontano Caravaggio
Giochi di luce e un estratto de «Il colore del sole» dedicato al pittore

Siracusa. E' la Chiesa di Santa Lucia alla Badia a Ortigia a fare da splendida cornice stasera alle 21 alla prima tappa siciliana del 3° Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche". Gli appuntamenti proseguiranno fino a settembre a Catania, Noto, Palazzolo Acreide, Militello, Modica, Ragusa, Scicli e Caltagirone.
Dopo il trionfale debutto di giovedì nella Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma lo spettacolo "Magie d'ombra et di luce", immaginifico concerto di suoni, luci e parole creato in occasione del IV centenario della morte di Caravaggio, viene replicato a Santa Lucia alla Badia dove è custodito il Seppellimento di Santa Lucia, opera tra le più simboliche dell'inquieto artista barocco. Curato da Antonio Marcellino, direttore artistico del Festival, nel rispetto del più autentico principio dell'arte barocca il tributo al Caravaggio crea un originale percorso di contaminazione tra giochi di luce, prosa e musica attraverso l'attenta selezione di pagine che riflettono la vivacità culturale dei primi del Seicento. Le musiche di Emilio De' Cavalieri, Giovanni Paolo Cima, Paolo D'Aragona, Girolamo Frescobaldi, Scipione Stella, Giovanni Pierluigi da Palestrina verranno eseguite dall'Ensemble Seicentonovecento diretto dal maestro Colusso, e si intrecciano ai testi di autori barocchi come Karel van Mander, l'ambasciatore Masetti, Vincenzo Mirabella, Giovan Battista Marino, Giovanni Baglione, Giovan Pietro Bollori, Joachim von Sandrart, e lo stesso Andrea Camilleri con un estratto del suo romanzo «Il colore del sole» dedicato alla vita del Caravaggio e al suo soggiorno siciliano.
«E' avvenuto un incontro molto stimolante tra forme espressive diverse nello spirito dell'arte barocca», spiega il direttore Colusso. «La scelta dei testi musicali attinge ai primissimi anni del '600. Il mio ensemble si chiama Seicentonovecento proprio per la costante ricerca che conduciamo sulle possibili germinazioni barocche della cultura del nostro tempo. La scelta delle musiche ha tenuto conto della loro rappresentatività rispetto all'ambiente del Caravaggio e alle città da lui toccate».
Guidati dalla regia di Marco Andriolo, protagonisti sono gli attori Galatea Ranzi ed Enrico Lo Verso. Reduce da un'intensa stagione teatrale in cui è stata interprete de «La locandiera» e di «Amleto», due grandi successi coprodotti dagli Stabili di Palermo e Catania, Galatea Ranzi legge un estratto del romanzo di Camilleri nella seconda parte dello spettacolo «Magie d'ombra et di luce».
«In questo testo Camilleri recupera un diario di Caravaggio», spiega l'attrice, «E' un percorso che descrive l'artista in modo molto efficace: è visionario, racconta dei suoi incubi e delle sue malattie, rende efficacemente la personalità del Caravaggio. Inoltre c'è una lingua d'epoca straordinariamente adatta alla recitazione».
[…]
Giovanna Caggegi
 
 

Corriere della Sera, 12.6.2010
Elzeviro. «Tiro libero» di Guido Davico Bonino
La vera critica è senza riguardi
Fra i bersagli ci sono Harold Bloom, Arbasino, Camilleri, Garboli e Sanguineti

Guido Davico Bonino dice sempre quel che pensa. E il suo "Tiro libero, diario in pubblico di un'annata letteraria" (Aragno, pagine 223, 16), è davvero libero.
[...]
Se poi si va sui nomi, c'è da divertirsi. Spesso sono bersagli mica da ridere: [...] vede in Camilleri uno scrittore «forzatamente programmatico» e «paradialettale». [...]
Paolo Di Stefano
 
 

l'Unità, 13.6.2010
Chef Camilleri
Gli insulti della destra e il buon galateo di Bersani e D’Alema
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

La Sicilia (ed. di Palermo), 13.6.2010
La(e) «Sicile(s) d'aujourd'hui»
L’Università della Sorbona di Parigi ha organizzato un convegno internazionale al quale hanno partecipato lo scrittore siciliano Vincenzo Consolo e tanti altri studiosi italiani ed europei. Obiettivo: fare piazza pulita degli stereotipi

[…]
La scheda
Il convegno internazionale sulla "Sicile(s) d'aujourd'hui", organizzato il 4 e 5 giugno da Dominique Budor e Maria Pia De Paulis-Dalembert, si è svolto nei locali della "Maison de la Recherche" ed ha avuto il sostegno del Consiglio scientifico e del Dipartimento Relazioni Internazionali dell'Università "Sorbonne Nouvelle - Paris 3". […] Sono intervenuti: Yves Hersant, di Ehess (Le Caravage vu par Andrea Camilleri); […].
Dino Paternostro
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 13.6.2010
L'Abecedario di Camilleri raccontato da Cappuccio

Il regista e lo scrittore. Eugenio Cappuccio e Andrea Camilleri hanno dato vita all'originale Abecedario, un libro con dvd che raccoglie i pensieri e le riflessioni del padre del commissario Montalbano, divisi secondo le lettere dell'alfabeto. Cappuccio ci ha creato attorno un'intervista video lunga oltre cinque ore, e presenta l'incontro fortunato con Camilleri oggi a Bari. Alle 19,30 il filmaker è al Kursaal Santalucia con gli attori Totò Onnis e Fabrizio Buonpastore. In tre propongono al pubblico un grande schermo di lettere, invitando a sceglierne una e ascoltare il contributo di Camilleri a riguardo. Ce n'è per tutti, dalla F di fascismo alla I di intercettazioni, per una sorta di affresco della realtà contemporanea.
 
 

Il Tirreno, 13.6.2010
Arriva Roberto Saviano, centro blindato

Pietrasanta. Salta Andrea Camilleri ed è un peccato. Soprattutto è l’unico forfait fra i grandi nomi portati dalla Mondadori.
Ma siamo sinceri la gran parte del pubblico si sentirà felice del sostituto dell’autore di Montalbano. Se è possibile chiamarlo sostituto.
Non ci sarà Camilleri, ma al suo posto farà la sua apparizione Roberto Saviano.
[...]
Corrado Benzio
 
 

Il Giornale, 13.6.2010
Parola lettori
Camilleri fa il verso a Gadda ma ce ne corre...

Paolo carissimo, lo so, lo so, Andrea Camilleri è uomo di parte, fazioso, spesso sgradevole. Ma, come non riconoscerne l’importanza letteraria, addirittura - spero tu possa concordare - la grandezza? Capace, come non molti, di creare e far vivere un intero piccolo mondo, scrittore delizioso, meriterebbe, a parer mio, il Nobel. Ecco, ti propongo la «cofondazione», al fine di proporne la candidatura, di un Comitato che raccolga il maggior numero di possibili adesioni. Che ne dici?
Mauro Della Porta Raffo

No, guarda caro Mauro, sono troppo occupato con i comitati, i premi e i circoli dei quali sono fondatore e presidente (emerito) a vita. Ora poi sto mettendo su il «Pip» (Puntiamo i piedi), un movimento che si propone di arginare la deriva nuovista e cambista. In pratica un cartello, una lobby che si oppone a ’sta mania molto «sinceramente democratica» di agognare al nuovo e pertanto di voler cambiare tutte le carte in tavola. Siccome chi lascia la vecchia strada per la nuova sa quel che lascia ma non sa cosa trova, io dico: fermi tutti. Fateci tirare il fiato. E lavorate sull’esistente (che non è affatto male) cercando di migliorarlo se possibile e rimandando cambiamenti, rebelotti, rinnovamenti, avvicendamenti, multietnismi, neosessantottismi, eccetera a un dopodomani. Però, anche se non fossi impegnato col «Pip», per Camilleri non sono disponibile, caro Mauro. Quel tipo non mi piace né come romanziere, né come uomo. Ha detto tante di quelle porcate sugli elettori di destra, nelle cui schiere milito, che con me ha chiuso. Mi fa specie di te, piuttosto: estimatore e conoscitore del grande Pietro Chiara, che lui sì, mi vai dicendo che il Camilleri è «delizioso» perché nella robaccia che scrive «fa rivivere un intero piccolo mondo»? Ma quale mondo, Mauro, ma quale mondo... la sua è una realtà artefatta, studiata a tavolino, furbesca, manipolata in laboratorio. Gli piacerebbe avere il tocco e l’occhio di Chiara, al Camilleri! E gli piacerebbe - ci tenta da sempre, gaddeggiando a più non posso - essere il nuovo Gadda. Ma Gadda era Gadda, Camilleri è e resta Camilleri e il suo elucubrato siculo-italiano fa ridere, per quanto è loffio. Ho qui, infilato sotto il piede della scrivania che siccome ballonzolava un po’ aveva bisogno d’una zeppa, La mossa del cavallo, uno dei due o trecento libri scritti dal tuo «delizioso» eroe. Ti trascrivo qualche riga tratta dalla prima pagina (l’unica che ho letta. Poi il libro s’è fatto zeppa): «I fedeli abituali della prima messa lasciarono tutti la chiesa, cizziòn fatta di Donna Trisìna Cìcero, la fìmmina che aveva tussiculiàto, la quale se ne ristò in ginocchio, sprofondata nella preghiera (...) Donna Trisìna aspettò che il sacrestano se ne niscisse dalla chiesa, poi si fece la croce, si susì e s’avviò verso la sacristìa. Trasì cautelosa. La luce primentìa del giorno le bastò per assicurarsi che nel locale non c’era anima criàta. Proprio allato al grande armuàr di pscipàino dove stavano i paramenti...». Ma ti pare? Ma chi vuol far fesso, chi vuol prendere per i fondelli, con quel lessico del cavolo? Senti a me, Mauro: non ti dar da fare. Tanto, uno come Camilleri il Nobel lo ha già in tasca. È di sinistra, se la tira da Venerato Maestro, scrive cosette infiorandole col fregnacciume finto siculo... a uno così prima o poi il Nobel glielo appiopperanno, ci puoi giurare. Magari non per la letteratura, che forse sarebbe troppo osare nonostante il precedente di Dario Fo, ma per la Pace. Se l’hanno comminato a quel giuggiolone di Al Gore, per non parlar di Obama, vuoi che lo neghino al vate di Porto Empetocle?
 
 

Paperback.it, 14.6.2010
Camilleri e Lodato tornano a dire la loro

Dopo il racconto controcorrente “Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009”, tornano Andrea Camilleri e Saverio Lodato con un nuovo graffiante testo sulle vicende della politica italiana d’oggi; i due, del resto, non sono nuovi alle prese di posizione sulla realtà del belpaese, a partire dalla rubrica “Camilleri: lo chef”che curano insieme su «l’Unità». Questo nuovo libro offre un interessante spunto di riflessione sulla base della variopinta cronaca di 12 mesi, costantemente in bilico tra la commedia e la tragedia, nonchè un’ottima occasione di ripasso per chi si fosse perso qualcuno degli avvenimenti che hanno segnato l’annata, come per esempio il divorzio di Berlusconi, gli scandali che hanno vista coinvolta la protezione civile, il ddl sulle intercettazioni, Scajola e l’appartamento del quale si è ritrovato proprietario, Cannes e il caso “Draquila” e molto altro ancora. Un Camilleri più autentico e caustico che mai.
Disponibile da luglio 2010, “Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009 – 2010”
 
 

Il Messaggero (Marche), 14.6.2010
A Musicultura Elliot Murphy, il pop sulle orme di Bob Dylan
"Controra" presenta ospiti di prima grandezza: Carlo Monni, Kira e Cordepazze. In video anche collegamento con lo scrittore Andrea Camilleri

Macerata. Arriva la Controra di Musicultura, gli eventi pomeridiani e collaterali del festival, e Macerata si veste di un vestito nuovo, risplende di emozioni, trasuda musica dalle sue strade, vicoli e piazze, si decora con la simbologia letteraria, con la poesia musicale, e diventa essa stessa un simbolo, un punto di richiamo, sospesa, come una delle città invisibili di Calvino. [...] Inoltre da giovedì a domenica, tutti i pomeriggi a palazzo Conventati alle 18.30, si terrà la rassegna "diVini versi", organizzata e coordinata da Michela Pallonari, che, tra degustazioni e letteratura, permetterà di incontrare personaggi del calibro di Roy Paci, Lina Wertmüller, Remo Remotti, Licia Maglietta e, anche se solo in video, di Andrea Camilleri.
Simone Palucci
 
 

Cronache da Thule, 14.6.2010
Andrea Camilleri, “La Concessione del Telefono”

Ho acquistato questo volume direttamente nello stand della Sellerio al salone del Libro di Torino, chiedendo espressamente alla gentile mia interlocutrice dell’editore palermitano di consigliarmi un’opera di Andrea Camilleri – che non fosse della saga del Commissario Montalbano: ciò per non farmi influenzare dalla celebrità di essa e dalle suggestioni televisive della bella serie con Luca Zingaretti – che mi potesse far appassionare allo stile di scrittura dell’autore siciliano…
Comprenderete, con ciò, che già manifestavo una certa positiva predisposizione al godimento della letteratura di Camilleri, personaggio squisito che è un piacere ascoltare ad ogni sua ospitata televisiva per la simpatia e l’intelligenza che dimostra… Ecco qui, in ogni caso, La Concessione del Telefono: multiforme romanzo che narra una storia ambientata nella Sicilia di fino Ottocento, ovvero la vicenda di tal Filippo “Pippo” Genuardi e di tutti i rocamboleschi eventi conseguenti alla sua richiesta di ottenimento d’una linea telefonica. Una trama tutto sommato elementare, che Camilleri sviluppa splendidamente incesellandola di fatti bizzarri, strampalate coincidenze, equivoci, colpi di scena, eppoi rifinendola con una girandola di personaggi d’ogni sorta, dai più probi rappresentanti del Real Stato fino a proto-mafiosi del tutto uguali a quelli odierni… Per questo La Concessione del Telefono diviene anche una sorta di divertente tanto quanto illuminante saggio storico su di una Sicilia di più d’un secolo fa ma poi non così lontana, nell’effettivo, e di rimando si una società italiana da “tutto il mondo è paese”, che Camilleri tratteggia con uno stile insieme raffinato e popolano, capace di cogliere pur senza alcuna ridondanza le peculiarità di cose, fatti e persone, e di illuminare nel profondo la genesi d’una realtà la cui attualità, appunto, oggi è possibile constatare in tutta la sua contraddittoria sostanza.
Il tutto, Camilleri lo offre in uno scritto multiforme, come ho già denotato, ovvero riscoprendo in parte l’antiquata eppure affascinante forma del romanzo epistolare (il cui vertice fu sicuramente in Les Liaisons Dangereuses di Choderlos De Laclos, capolavoro del settecento letterario europeo) e in parte utilizzando una forma tipica più del copione teatrale che della prosa ordinaria (non a caso esiste anche una versione teatrale de La Concessione del Telefono)…
Insomma: è stato un buon consiglio, quello della gentile signora della Sellerio che mi indicò questo libro per soddisfare la mia richiesta su Camilleri? Sì, senza dubbio! La Concessione del Telefono è un libro veramente delizioso, scritto in modo splendido da uno dei migliori scrittori italiani. Mi viene quasi da esclamare: beh, non ci voleva molto per appassionarsi ad un autore tanto bravo come è Camilleri! Sì, vero, ma ci vuole ancora meno a stancarsi di certi (numerosi) scrittori imposti come “grandi” dalle logiche del mercato editoriale dominante, e in realtà dal valore letterario pressoché nullo… E in fondo, dunque, l’appassionarsi alla scrittura di Andrea Camilleri non può che essere salutare per ogni lettore, perché chiunque potrà trovare in un’opera come La Concessione del Telefono, per un motivo o per l’altro, il più autentico piacere della lettura.
Luca Rota
 
 

LeiWeb, 14.6.2010
Sesso fra le arance

Chissà cosa avrebbe pensato il piccolo, tondeggiante e raffinato detective belga Hercule Poirot della straripante commissaria Lolita Lobosco della Questura di Bari. Nonostante i capelli corvini, sarebbe certamente piaciuta a Mike Hammer, detective duro fra i duri a cui le bambole curvilinee, di solito però bionde, cadevano ai piedi e lui le raccoglieva mature.
Già perché alla trentaseienne Lolita Lobosco, Lolì per gli intimi, le curve da pin-up non mancano. Porta la quinta di reggiseno, chiarisce subito nelle prime pagine del romanzo "La circonferenza delle arance" di Gabriella Genisi (appena uscito da Sonzogno). «E non è poco, perché al Sud, qui da noi, fino alla quarta non fai nemmeno notizia», aggiunge. E non ci vuole molto per capire a cosa si riferiscono le arance del titolo.
[...]
Sappiamo per certo che Lolita piace al commissario Montalbano conosciuto nei tre anni trascorsi in Sicilia come ispettrice e che, verso la fine del romanzo, fa capolino per un attimo, nel corso di una telefonata: «Lolita, Montalbano sono. Che ti disturbo?». I due finiranno per non incontrarsi anche se, Lolita confessa: «A me Montalbano m’attizza assai». E ti pareva.
[...]
Claudio Castellacci
 
 

Il Giornale, 15.6.2010
Romanzo vecchio fa buon brodo
Le classifiche dominate da nomi stracollaudati e libri usciti da anni. Effetto crisi o strategia del riciclo? Entrambe le cose

Libro vecchio fa buon brodo. O almeno un po’ più saporito delle novità editoriali, sempre «attese» anche se non si sa bene da chi. Forse dagli uffici stampa, non dai lettori. Che continuano a premiare nomi collaudati (Camilleri e Carofiglio, entrambi nelle primissime posizioni dei bestseller con un paio di titoli) e addirittura romanzi usciti mesi se non anni fa.
Prendiamo come riferimento le classifiche pubblicate on line da Arianna, strumento utilizzato dai librai per vedere quali titoli «si muovono», cioè vendono (settimana dal 31 maggio al 6 giugno; www.ibuk.it). Le galline dalle uova d’oro sono, come detto, Camilleri e Carofiglio, due industrie editoriali capaci di sfornare titoli a getto continuo, sempre ben accolti dal pubblico. (Il siciliano piazza La caccia al tesoro e Il nipote del Negus entrambi marchiati Sellerio; il pugliese risponde con Non esiste saggezza, Rizzoli e Le perfezioni provvisorie, Sellerio).
[...]
Alessandro Gnocchi
 
 

Gazzetta del Sud, 15.6.2010
Un taorminese nella serie del commissario Montalbano

Taormina. Un taorminese protagonista in autunno sulle reti Rai. Michelangelo Antinoro è infatti tra i protagonisti della nuova serie del Commissario Montalbano. Il 32 enne Antinoro vestirà i panni di un brigadiere della Guardia di finanza in due episodi della fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri.
[…]
e.c.
 
 

16.6.2010
L’occhio di Cordio

Alle 11:00, presso la sede della Provincia di Roma (Palazzo Valentini – Sala della Pace, via IV Novembre, 119/A – Roma) sarà presentato il libro “L’occhio di Cordio” (Infinito edizioni), a cura di Francesco Cordio, con prefazione di Daniele Silvestri e introduzione di Andrea Camilleri.
Presenta il volume, pubblicato in occasione del decennale della scomparsa dell’artista Nino Cordio, Francesco Siciliano. Con il curatore Francesco Cordio intervengono Paolo Pellicane, Sindaco del Comune di Santa Ninfa, Paolo Briguglia e Daniele Silvestri. Possibile la presenza di Andrea Camilleri.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 16.6.2010
Rifugiati, una "casa" per ricominciare

«Sono italiano, ma non so dire da quando. Forse da quando ho cominciato a sognare in italiano?». Sono le parole di Safet, rifugiato kosovaro in Italia da dieci anni, solo da un mese cittadino italiano, scelte dal Centro Astalli per accompagnare la celebrazione, il 20 giugno, della Giornata mondiale dei rifugiati. Quest'anno l'Unhcr ha scelto lo slogan "Home. Un luogo sicuro per ricominciare" per porre l'accento «sulle condizioni essenziali che spesso mancano a chi ha dovuto abbandonare la propria terra». [...] Di questi e altri nodi si parlerà venerdì all'incontro pubblico promosso dall'Unhcr, alle 11 a palazzo Rospigliosi, con la portavoce Laura Boldrini e il delegato per il Sud Europa Laurens Jolles. Ma anche gli scrittori Affinati e Camilleri, che dialogheranno con la romanziera albanese Anilda Ibrahimi e con Enaiatollah Akbari, la cui vita è narrata nel romanzo "Nel mare ci sono i coccodrilli". [...].
Chiara Righetti
 
 

Il Tempo, 16.6.2010
Belen Rodriguez supersexy ruba la scena a Montalbano
La showgirl nelle nuove puntate della fiction sull'amato commissario. Non ancora scelto l'attore che darà il volto ad Alberto Manzi. Tra i papabili potrebbero esserci, forse, Beppe Fiorello oppure Sergio Castellitto.

Quattro nuovi film tv de «Il commissario Montalbano» con Belen Rodriguez come guest star oltre a Caterina Morariu e Isabella Ragonese, [...]. Queste le fiction previste per la prossima stagione di Raiuno.
I quattro film tv sul commissario Montalbano saranno gli ultimi della serie che, in totale, ne conterrà 22. Questi i titoli: «L'età del dubbio», «La danza del gabbiano», «Il campo del vasaio», «La caccia al tesoro». Accanto a Luca Zingaretti un'inedita Belen Rodriguez: sarà una giovane sudamericana che fa perdere la testa al vice di Montalbano, Mimì Augello, interpretato da Cesare Bocci. Altra novità della serie, il nuovo look di Salvo Montalbano che si è fatto crescere i baffi: segno esteriore dell'evoluzione del personaggio.
[...]
Marida Caterini
 
 

RTM, 16.6.2010
Vittoria: Il Commissario Montalbano. I responsabili della Palomar ricevuti a Palazzo Iacono

Questa mattina, i responsabili della Palomar, la casa di produzione della fiction “Il Commissario Montalbano”, sono stati ricevuti a Palazzo Iacono dal sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia. Il produttore esecutivo, Gianfranco Barbagallo, e il location manager, Pasquale Spadola, hanno ringraziato il primo cittadino per la disponibilità e l’accoglienza riservate alla troupe che, in questi giorni, ha girato numerose scene a Scoglitti e dintorni. I rappresentanti della Palomar hanno avuto parole di elogio anche per gli assessori Luciano D’Amico e Salvatore Avola, per il comandante della Polizia municipale, Cosimo Costa, per il tenente Enzo Simola, per l’intero Corpo dei vigili urbani e per gli operatori della Protezione Civile, che hanno consentito lo svolgimento delle riprese in assoluta sicurezza. “È stato un incontro improntato alla massima cordialità – ha commentato il primo cittadino – nel corso del quale ho espresso l’auspicio di poter tornare ad ospitare nella nostra città e nella sua splendida frazione marinara il commissario più famoso della tv italiana”.
 
 

Lib(e)ro Libro, 16.6.2010
Andrea Camilleri – Il nipote del Negus

“Montelusa – Albergo Trinacria 20/12/1929 0re 14
- Oddiodiodiodiodiodiodiodiodiodiodiodiodio…
Montelusa – Albergo Trinacria 20/12/1929 Ore 17
- Cosìcosìcosìcosìcosìcosìcosìcosìcosìcosì…
Montelusa – Albergo Trinacria 20/12/1929 Ore 19
- Ancoraancoraancoraancoraancoraancora…”

Sono frasi che non necessitano di ulteriori spiegazioni, quasi tipiche della miglior commedia all’italiana, ma Il nipote del Negus, di Andrea Camilleri, se può avere la parvenza di una commedia fra l’umoristico e il boccaccesco è invece una satira spietata attraverso la messa in scena di una commedia sugli italiani.
E quando s’apre il sipario sul palcoscenico si stenta a notare la differenza fra attori e pubblico, i primi impegnati al massimo della loro capacità a tratteggiare un regime dietro la cui parvenza di grandezza i piccoli e i grandi protagonisti si muovono come marionette fra ipocrisie, timori e apparente fierezza, mentre gli altri, il pubblico in sala, sorride, ride, anche fragorosamente, non accorgendosi di trovarsi dinnanzi a uno specchio.
Il periodo fascista descritto da Camilleri è quello di un’Italia dai roboanti proclami a cui si finge di credere affinché nulla possa turbare i propri traffici privati, spesso illeciti, nella totale assenza di senso per lo stato.
La storia è ambientata nel 1929, ma per come agiscono i personaggi, per come insomma gira la carrozza del paese, si ha l’impressione di un qualche cosa di già visto e che, purtroppo, è sotto ai nostri occhi tutti i giorni, una lenta assuefazione tale da non accorgerci di questa perenne recita a soggetti, tutto uno sbandierare di apparenze, di deformazione della verità, una sorta di sogno infantile il cui risveglio potrebbe tramutarsi in incubo.
Fra l’altro Camilleri per raccontare si è rifatto all’esperienza de “La concessione del telefono” e così è tutto un fiorire di carteggi fra commissari di Pubblica Sicurezza, Questori, Federali, Podestà, ministeri degli Interni e degli Esteri, intercalati da prime pagine di giornali che più di tutti rivelano un totale asservimento a un regime in cui la notizia non è il fatto come accaduto, ma come, secondo la illogicità di un sistema, viene offerto, anzi imposto, agli occhi di un lettore che ormai non può più discernere fra vero e falso.
Non mancano anche siparietti colloquiali, inseriti nel momento giusto e tesi soprattutto a dimostrare che fra l’ufficialità dei comportamenti e la relativa sicurezza del privato tutto era completamente diverso, come se ciascuno potesse contare su una doppia, e distorta, personalità.
L’autore siciliano parte così da un evento vero, e cioè il fatto che negli anni 1929 – 1932 si trovava a Caltanissetta il principe Brhané Sillassiè, nipote del Negus Ailé Sellassié, come studente della Regia Scuola Mineraria, da cui uscì diplomato.
Di lui si sa che era bello, focoso, gran spendaccione e questa è la realtà, tanto che opportunamente il buon Camilleri ci precisa alla fine che tutto il resto è solo frutto di fantasia.
Senza descrivere la trama, per non dispiacere al lettore, dico solo che questo etiopico, dalla pelle nera, si rivelerà pagina dopo pagina non lo sprovveduto e quasi selvaggio di cui Mussolini intende avvalersi, ma un attore astuto e consumato tanto da prendersi gioco del regime.
Allora un nero in Italia era una rarità, ora non lo è più, ma in un contesto socio-comportamentale assai analogo non oso pensare quello che un altro nipote del Negus, o di un capo tribù del Ciad, o addirittura anche un ex morto di fame del Biafra potrebbe combinare. Perché se c’è un posto in cui tutto può accadere e anche accade è proprio l’Italia, ove grazie a personali ragion di stato, a furberie da asilo infantile e a soporiferi intrattenimenti dei media, tutto procede in una irreale realtà in cui anche “un alieno” di pelle scura potrebbe dimostrare che la logica vince sempre, soprattutto quando opera in un terreno in cui è assente.
Ho riso, più volte, ma è un riso amaro che si allarga nello specchio in cui mi rifletto.
Semplicemente un libro imperdibile.
Renzo Montagnoli
 
 

Il Messaggero (Marche), 17.6.2010
Macerata, a diViniVersi il libro di Pilati

Macerata. La rassegna allestita dall’associazione culturale "diViniVersi" accompagnerà Musicultura con iniziative pomeridiane. Si inizia oggi alle 18.30, a Palazzo Conventati, nel cuore del centro storico di Macerata per proseguire poi tutti i pomeriggi fino al giugno. Oggi [...] infine collegamento video in diretta con il grande scrittore Andrea Camilleri.
 
 

Ondaiblea, 17.6.2010
Il Commissario Montalbano torna a girare a Scicli

Scicli – La troupe della Palomar, la società produttrice della serie tv il Commissario Montalbano, sarà a Scicli per girare alcune location dei quattro nuovi episodi del fortunato serial televisivo dal 23 giugno al 16 luglio prossimi.
Le location prescelte sono Donnalucata, il Convento della Croce (si tratta di un luogo inedito per il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri), e il Municipio di Scicli, storica sede del commissariato di Vigata e della Questura di Montelusa.
 
 

Cine festival, 17.6.2010
Al via Arcipelago 2010, arrivano i 'corti-fine-di-mondo'

Si svolgerà dal 18 al 24 Giugno, alla Multisala Intrastevere di Roma, la 18a edizione di “ARCIPELAGO – Festival Internazionale di Cortometraggi e Nuove Immagini”, la manifestazione che concentra in una densissima settimana il meglio del “mondo corto” nazionale, internazionale e digitale; la maratona che permette, in sette frenetici giorni, di gustare le ultime novità del cinema più originale e “fuori formato”.
[...]
In THE SHORT PLANET – il concorso internazionale che vede sfidarsi 38 corti provenienti da tutti i continenti, la “crema” del cinema breve mondiale – segnaliamo senz’altro […] il sorprendente esordio registico in salsa Camilleri di Adriano Giannini con Il gioco (Nastro d’Argento 2009).
[...]
Carlo Griseri
 
 

La Sicilia, 17.6.2010
Stasera a «letiziedigiugnoluglio»
Opere del noir siciliano da Sciascia a Camilleri

Il viaggio di "letiziedigiugnoluglio" (dedicato a Letizia Laccisaglia) prosegue questa sera al "Tropico Med". Dopo la musica jazz, la fotografia con la mostra di Giovanni Chiaramonte inaugurata ieri sera, oggi è il giorno della cultura con la presentazione del libro: "Il giallo siciliano da Sciascia a Camilleri". Un excursus tra letteratura e multimedialità effettuato da Daniela Privitera, ricercatrice in italianistica e cultore della letteratura italiana moderna e contemporanea, oltre che di dialettologia siciliana e italiana. Il saggio (edito da Kronomedia) è un viaggio storico nella letteratura siciliana del noir, che si sofferma su autori siciliani. E Daniela Privitera, oggi presente accompagnata da Marco Trainito che ha curato la postfazione del saggio e Salvatore Parlagreco, illustrerà la sua opera curata dalla società editrice gelese.
Gli autori siciliani esaminati (da Franco Enna ad Andrea Camilleri, senza tralasciare Leonardo Sciascia) sono legati da un unico filo conduttore: le loro opere trattano di episodi che lasciano il lettore col fiato sospeso. Ma Camilleri punta sul poliziesco. E tra i siciliani il giallo diventa anche strumento per un'analisi sociale. In una terra dove la malavita organizzata ha preso prepotente piede, gli scrittori siciliani hanno cercato di scardinare attraverso le parole, la narrazione, il malessere di chi vive in una terra bagnata dal Mediterraneo dove il sole splende ogni giorno. E la scrittrice Daniela Privitera fa rivivere le emozioni che gli autori siciliani hanno narrato nelle loro opere.
[…]
L.M.
 
 

Paperback.it, 18.6.2010
Disponibile da settembre 2010, L’intermittenza
Camilleri e le trame della politica

Andrea Camilleri mette da parte il suo celebre commissario Montalbano per raccontarci della connivenza tra classe politica e mondo industriale in un thriller finanziario geometrico ed implacabile: la corruzione del Belpaese e dei suoi uomini migliori. Mauro De Blasi è al vertice di una delle più grosse aziende italiane e da sempre si serve di una rete di conoscenze e di opportune alleanze per mantenere salda la sua posizione; da un po’ di tempo, però, si è accorto che qualcosa non funziona più tanto bene e che a tratti la sua lucidità è compromessa da dei piccoli black-out che gli fanno perdere il contatto col mondo circostante. Se qualcuno se ne accorgesse potrebbe sfruttare la situazione per minare quello che lui ha fatto tanta fatica a consolidare, proprio in un momento in cui la delicata crisi economica ha messo in difficoltà la stabilità dell’azienda. Sua moglie, Marisa, è concentrata solo ad ottenere quanti più benefici possibile nell’immediato, mentre i suoi due vicedirettori sono entrambi pericolosi nemici da non sottovalutare, ognuno di loro è in qualche modo implicato in qualche imbroglio che potrebbe nuocere a Mauro.
 
 

Repubblica TV, 18.6.2010
Camilleri-Lucarelli: così nasce il romanzo a quattro mani

Per la prima volta Salvo Montalbano e Grazia Negro indagano insieme per risolvere un caso: i due detective più famosi della narrativa italiana collaborano nel romanzo 'Acqua in bocca'.
Un'intesa letteraria, a metà fra gioco e sperimentazione, si è consumata attraverso una serie di incontri, poi diventati un documentario: ecco una sintesi.
 
 

Il Venerdì, 18.6.2010
Strane coppie
"Caro Salvo, cara Grazia..."
Così comincia il caso Pesci Rossi

Un giallo epistolare realizzato in cinque anni di corrispondenza fra Camilleri e Lucarelli (e fra i loro personaggi). Due autori e due investigatori che si accusano a vicenda di inquinare le trame. Una partita a scacchi difficle. FInita in parità
Paola Zanuttini
 
 

L'espresso, 18.6.2010
Panebianco e Montalbano
L'attacco del politologo ed editorialista del 'Corriere della Sera' contro il personaggio di Camilleri è più demenziale di "Fracchia contro Dracula"

Più travolgente di "Totò contro Maciste", più demenziale di "Fracchia contro Dracula", ecco a voi "Panebianco contro Montalbano". Panebianco Angelo è l'impettito politologo bolognese che scrive sul "Corriere della Sera". Montalbano Salvo è il commissario di polizia uscito dalla fantasia di Andrea Camilleri. La singolar tenzone comincia quando Panebianco, guardando un telefilm di Montalbano, lo scopre "intrattenere rapporti telefonici con un vecchio capo mafia" e addirittura "convocare i capi cosca in una località segreta e obbligarli a stipulare un accordo". Sgomento, s'interroga su "Sette": "Non ce n'è abbastanza per attirarsi addosso un "concorso esterno in associazione mafiosa", quel famoso reato che non esiste in nessun codice... ed è stato tuttavia alla base di tutti i processi per mafia a personaggi eccellenti (Andreotti, Contrada, Dell'Utri e altri)?".
Conclusione: "Montalbano (o Contrada?), quando si muove nelle questioni di mafia, opera inevitabilmente in una zona grigia dove il confine fra legalità e illegalità è sempre incerto". Ma l'importante sono "le intenzioni onestissime" di Montalbano e dei suoi presunti emuli Andreotti, Contrada e Dell'Utri. Dunque, se si assolve il commissario, si assolva almeno Dell'Utri (Contrada è stato già condannato e Andreotti, imputato non di concorso esterno ma di associazione interna a Cosa Nostra, prescritto fino al 1980). Naturalmente Panebianco parla di Montalbano perché Camilleri intenda: lo scrittore siciliano è reo di sostenere i giudici antimafia, dunque è un "giustizialista". Peccato mortale, agli occhi del professore "garantista". Camilleri risponde ironico su "l'Unità", dimostrando che il suo critico non solo non ha capito, ma non ha neppure letto la storia di cui si occupa (già Cesare Garboli, nel 2001, aveva liquidato un attacco del politologo con un definitivo "se Panebianco leggesse i libri di cui parla..."). Immediata la replica del prof sul "Corriere": Camilleri "non è un vero signore", ma un tipo "cupo e arrogante" e - aridaje - "giustizialista".
Ora, a parte il fatto che il primo ad applicare alla mafia il concorso esterno fu Falcone nel 1987, l'aspetto più comico di questa lezione di garantismo è che a impartirla sia Panebianco. A meno che non sia un omonimo del Panebianco che, sul "Corriere" del 13 agosto 2006, citando il sequestro Abu Omar da parte della Cia con l'aiuto del Sismi, attaccava i critici degli arresti illegali e delle torture in nome della "lotta al terrorismo"; irrideva all'"apologia della legalità" fatta da chi pensa che "cose come i diritti umani e lo Stato di diritto debbano sempre avere la precedenza su tutto"; definiva "feticcio" lo Stato di diritto perché "dalla guerra non ci si può difendere con mezzi legali ordinari"; e proponeva di legalizzare la "zona grigia a cavallo tra legalità e illegalità, ove gli operatori della sicurezza possano agire per sventare le minacce più gravi". Prossimo film: "Torquemada contro Cesare Beccaria".
Marco Travaglio
 
 

Il Blog delle Ragazze, 18.6.2010
“La caccia al tesoro” di Andrea Camilleri

Molti possono essere i motivi che mi hanno portato ad apprezzare La caccia al tesoro (Sellerio, 14 €) l’ultimo libro di Andrea Camilleri (data l’estrema prolificità dell’Autore, mi azzardo a dire ultimo stando almeno alla stima del giorno 18 giugno 2010 h. 06.00.00).
Sicuramente possono aver influito gli ultimi libri letti che sono stati brutti, insignificanti e noiosi. Può darsi che la mia insonnia, che mi ha portato a finirlo praticamente in una notte, abbia aiutato la fluidità della lettura e la scorrevolezza del racconto.
Fatto sta che mi sento di consigliarvi di leggere l’ultima (sempre con le accortezze di cui sopra) fatica del Commissario Montalbano.
A Vigata è un periodo un po’ moscio per il locale commissariato di polizia: non succede nulla di sensazionale, nessun rapimento, nessun’ammazzatina, niente rapine.
Quando Montalbano riceve una lettera anonima che sembra il primo messaggio di una caccia al tesoro, si lascia coinvolgere in questo gioco, innocuo solo all’apparenza, che si intreccia con la scomparsa improvvisa di una ragazza, unico caso che tiene impegnato i poliziotti del distretto di Vigata.
E senza svelare nulla della trama vi lascio solo con le mie sensazioni post lettura: un libro leggero, sicuramente adatto alla stagione. Senza nessuna pretesa letteraria (come gli altri libri di Camilleri, d’altra parte) ma con il pregio di raccontare una storia tenendo il lettore interessato, e facendogli fare anche qualche risata; il che, visti i tempi che corrono, non sembra poca cosa!
ALicE
 
 

il manifesto, 18.6.2010
Saggi. Marrone analizza un celebre modello formale
La fisionomia dei testi a dimensione umana
LIBRI. GIANFRANCO MARRONE, L'INVENZIONE DEL TESTO , LATERZA, PP. 218, EURO 22

[...]
Analisi concentrate su materie deliberatamente eterogenee: il Pinocchio di Manganelli, insieme interpretazione di un testo classico e creazione di un testo altro; la fisionomia ibrida del Montalbano di Camilleri, figura sia letteraria che televisiva; le strategie dell'informazione; il ruolo comunicativo e simbolico degli occhiali; le valenze che l'assunzione delle droghe, pratica già in sé culturalmente codificata, acquista all'interno di tematizzazioni narrative e cinematografiche. Un attraversamento che oltrepassa o liquida stereotipi resistenti; e che mette utilmente a fuoco la natura di vari fenomeni attuali. Il capitolo su Montalbano si addentra in un esempio estremo di situazioni topiche quali la conflittualità tra autore e personaggio, le imprevedibili avventure della ricezione, le sfasature tra mezzi diversi; mostrando che per Camilleri l'edulcorazione televisiva delle sue storie, il loro adeguamento a una mentalità conformista e a un ottimismo di maniera, hanno costituito un problematico pungolo dell'immaginazione: i romanzi scritti dopo i primi adattamenti per il piccolo schermo, da un lato ne assecondano, dall'altro ne confutano le logiche, accettando la statura più eroica assunta dal protagonista, ma canzonandone la trasformazione in oggetto di culto, e - in contrasto con l'accattivante simpatia conferitagli dall'interprete - rendendolo sempre più cupo e pessimista.
[...]
Clotilde Bertoni
 
 

Gazzetta del Sud, 18.6.2010
Assaltano la banca a pochi passi dal set di "Montalbano"

Vittoria. Tra Fiction e reality. I rapinatori che ieri mattina hanno assaltato l'agenzia di Scoglitti della Banca Agricola Popolare forse non sapevano che, sulle banchine del porto, la troupe del regista Alberto Sironi stava girando alcune scene della fortunata serie del «Commissario Montalbano». Le auto della Polizia e dei Carabinieri che si sono messe sulle loro tracce erano, però, quelle del Commissariato e della Compagnia di Vittoria che, tra l'altro, presidiavano il set cinematografico (distante poche centinaia di metri dall'istituto di credito). I rapinatori sono, però, riusciti a lasciare la frazione di Scoglitti evitando tutti i posti di blocco che erano stati istituiti lungo tutte le strade che collegano Scoglitti con i centri principali.
[…]
Se fosse una fiction, la soluzione arriverebbe prima della sigla finale. Ma Polizia e Carabinieri dovranno lavorare un po' di più, magari ispirandosi al commissario partorito dalla fantasia di Andrea Camilleri.
a.b.
 
 

l'Unità, 19.6.2010
Alle origini del bamboccionismo
«Gioventù sprecata» Il saggio-inchiesta dell’economista Marco Iezzi e della giornalista parlamentare Tonia Mastrobuoni raccoglie dati, cifre, testimonianze sui giovani italiani che non escono da casa se non trentenni

Buongiorno bamboccioni! Il più severo di tutti è Mario Monicelli: «Siete soli, disincantati, disinteressati a tutto. Sì, siete dei gran mammoni viziati, se è questo che volete sapere». Quella del grande regista toscano 95enne è la voce che chiude “Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi”, saggio-inchiesta appena pubblicato da Laterza (pp. 194, euro 16). Un economista, Marco Iezzi, e una giornalista parlamentare, Tonia Mastrobuoni, hanno raccolto dati, cifre, testimonianze intorno alla dibattuta questione del «bamboccionismo».
[…]
Le voci dei «saggi» a fine libro (Gae Aulenti, Dario Fo, Dacia Maraini ecc.), pure a tratti severe, non gli danno torto. Anzi. «Oggi per i giovani – tira le somme Andrea Camilleri – il problema non è di essere bamboccioni, ma di non fare la fine dei barboni».
Paolo Di Paolo
 
 

Ondaiblea, 19.6.2010
Noto, Ragusa e Scicli su “Linea Blu” (RAI Uno)

Ragusa – Oggi alle ore 14, la Città di Noto torna su Raiuno nella terza puntata di Linea Blu, la trasmissione condotta da Donatella Bianchi, con Fabrizio Gatta.
Andranno in onda la bellezza del barocco e delle spiagge di Noto e con il Professore Giorgio Calabrese, sulla scalinata della splendida Cattedrale netina, vengono apprezzate e riscoperte le prelibatezze e i sapori Mediterranei della cucina marinara.
Fabrizio Gatta parlerà di Donnalucata, Donnafugata (con Elide Ingallina), Punta Secca, Ragusa, Scicli e Modica, in relazione ai film della serie "Il commissario Montalbano", e intervisterà il sindaco di Scicli, Giovanni Venticinque, nella sala del Comune, che si vede nella fiction basata sui libri di Andrea Camilleri.
Intervista anche all'avvocato Di Quattro, il proprietario della casa di Punta Secca, dove vengono girate le scene della "casa di Montalbano".
 
 

l'Unità, 20.6.2010
Chef Camilleri
Ministro, ci obblighi tutti a tifare per la Nazionale
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

Il Giornale, 20.6.2010
Aiuto, ci sono più giallisti che criminali
Continua l’invasione del noir. E ora Camilleri e Lucarelli uniscono le forze per un’indagine a quattro mani. Il genere mostra la corda: troppi libri inutili e ripetitivi lo hanno quasi ammazzato. È questo il vero delitto

Già il titolo “Acqua in bocca” ci inviterebbe a non scrivere del nuovo mistero della giallistica italiana: il nuovo libro scritto a quattro mani da Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, in uscita il 23 giugno per minimum fax, non promette bene. L'idea di far confluire i due investigatori principi dei due scrittori, Montalbano (alter ego di Camilleri) e Grazia Negro (protagonista dell’Almost Blue di Lucarelli), commercialmente non fa una piega ma la speranza, l’unica, è che l’operazione serva almeno a minimum fax per continuare a pubblicare grandi capolavori della letteratura americana.
Al di là della trama, le prime pagine si possono leggere proprio sul sito della casa editrice, il primo mistero è proprio il denaro. Sulla quarta di copertina si legge che «tutti i diritti andranno in beneficenza». Già, i diritti. Ma gli anticipi? Non ne sappiamo di più, ma essendo nel campo del giallo, ogni sospetto diventa un indizio. Si aspettano smentite o chiarimenti. Un altro enigma è che proprio da sabato scorso, su Rai3, è ripresa la serie «Blu Notte» condotta dallo stesso Lucarelli. Una combinazione? Possibile: anche se è indiscutibile che il ritorno in (blu) «chiaro» di Lucarelli non farà male alle vendite.
Per il resto: “Acqua in bocca”. Per minimum fax, come si legge sul sito, è «l’evento editoriale dell’anno" perché «insieme Camilleri e Lucarelli hanno venduto 20 milioni di copie». Ma da quando i dati di vendita sono sinonimo di qualità? Non si può generalizzare ma questa logica da jukebox lascia un pochino insospettiti. A proposito di jukebox quelli di minimum fax scrivono che si tratta di «una jam session fra due narratori geniali». Tralasciando il «geniali» e concentrandoci sul «narratori» continuiamo a leggere le dichiarazioni d’intenti dell'editore: «Il libro è reso unico e appassionante dalla sua struttura: invece che un romanzo convenzionale, è un collage di lettere, biglietti, ritagli di giornale, rapporti e verbali, pizzini che fanno rocambolescamente la spola fra i due detective, stimolando e accompagnando il lettore nella ricostruzione dell'indagine, che si conclude con un finale mozzafiato». Per adesso sorvoliamo sul finale e ci rimettiamo al giudizio del lettore per un incipit che non è tra i più folgoranti. Gli autori ci hanno messo 5 anni, 1825 giorni, per scrivere 108 pagine. Da quel che si evince da una prima lettura i pizzini di Riina sembrano più interessanti, anche solo per lo stile.
Il vero problema è questo: oggi i giallisti sono diventati un’associazione a delinquere di stampo immaginario. Non contenti di invadere le librerie, iniziano ad inquinare anche le prove del nostro immaginario. Ormai è una realtà: ci sono più giallisti che delinquenti, più noiristi che detenuti. Vorremmo evadere da questa marea gialla ma sfuggire è impossibile. Le librerie sono presidiate: non c’è vetrina, scaffale, parete che non presenti il «nuovo libro giallo dell’anno». L’invasione degli svedesi, dopo il fenomeno Stieg Larsson, ha ormai assunto proporzioni difficili da contrastare: negli anni ’60 c'era l’invasione delle svedesi sulle spiagge di Rimini, oggi abbiamo i giallisti.
Eppure, ad esempio, l’unico vero giallo in Stieg Larsson, tradotto in 29 paesi e venduto in 9 milioni di copie, è il segreto del suo successo. Con la Trilogia di Larsson siamo al puro entertainment spacciato per letteratura di cassetta. Pile e pile di libri che ci aspettano nelle librerie, nei supermercati, negli autogrill, nelle edicole. Larsson ha prodotto libri da aeroporto, romanzi di linea: prevedibili e, solo come nella fiction può accadere, sempre in orario. Perché sai già che in quel punto, in quella pagina, troverai quello che vuoi trovare.
Si ha l’impressione, come ha dichiarato Carlo Fruttero, unica voce fuori dal coro, che i libri di Larsson «non sembrano scritti con il computer ma dal computer: è come se la macchina producesse direttamente questa brodaglia, un pezzetto di carota, una buccia di patata, e su tutto un certo colore verdino. Insomma mi ricorda le antiche minestre che pare servissero nei collegi dei bambini poveri, tanti anni fa». Fruttero ha ricordato anche il compositore Ravel quando polemizzava con i suoi contemporanei accusandoli di fare musique de robinet, musica di rubinetto, quella che poteva «andare avanti all’infinito, sempre uguale». Per non parlare, appunto, dei suoi emuli: ormai ci sono più noiristi svedesi nelle nostre case che librerie Billy dell’Ikea, il che è un record assoluto.
E di certo in Italia non andiamo meglio. Se anni fa esisteva il poeta della porta accanto, oggi ad inseguirci è lo scrittore di gialli. Non c’è via di scampo: ti insegue ovunque. Carlo Fruttero, ad esempio, non si rassegna ad essere uno tra i migliori scrittori italiani e cavalca il mercato continuando a pubblicare “Mutandine di chignon”: dopo aver contribuito a far conoscere con Franco Lucentini i migliori scrittori americani (si veda ad esempio l’Antologia della nuova narrativa Americana, pubblicata nel 1963 da Mondadori, che presentava scrittori da noi allora sconosciuti: da Capote a Bellow, da Mailer a Cheever, da Yates a Purdy) ha iniziato a furoreggiare con gialli come “La donna della Domenica”. Fruttero e Lucentini, coppia geniale nell’aver anticipato Niccolò Ammaniti. Ogni loro libro è impossibile da giudicare: si aspetta il film per avere un’idea chiara.
Non si salva nessuno: chi abbiamo? Leggere Carlo Lucarelli è diventato impossibile: si ha sempre in mente la sua voce da «Blu notte» e il cartonato alle sue spalle. Viste le sue ultime prove narrative, si legga ad esempio “L’ottava vibrazione”, si ha la netta sensazione che a scrivere il romanzo sia stato proprio il cartonato. Andrea Camilleri? Più che una lettura da ombrellone è autore di romanzi da ultima spiaggia. Gianrico Carofiglio? Tutte le sue idee finiscono nel cognome (più che uno scrittore è una S.P.A.). Gianni Biondillo? È come Gianni Biondillo se Gianni Biondillo fosse uno scrittore. Loriano Macchiavelli è ormai l’ombra di stesso: il suo Ispettore Sarti è come il Riccadonna, un amaro perduto nel tempo. Sandrone Dazieri, invece, è geniale: scrive sempre lo stesso libro ma con titoli diversi. Tralasciamo le centinaia di giallisti agli esordi, se li cercate li trovate «porta a porta» in ogni condominio.
Nelle librerie e nelle nostre teste è un continuo perpetrarsi di omicidi di carta. Perché il delitto perfetto è che ogni società ha il tipo di criminali che si merita. Noi abbiamo i giallisti.
Gian Paolo Serino
 
 

Il Giornale, 20.6.2010
«Montalbano ispettore incompetente»
Gli investigatori di carta nel mondo reale finirebbero tutti a dirigere il traffico

I giallisti italiani? Non sbagliano (quasi) mai un colpo nelle vendite ma le loro pallottole di inchiostro sono spesso a salve. Moltissimi, infatti, gli errori non solo investigativi che compaiono nei loro romanzi. Ad accompagnarci in questo viaggio di «crimini di carta» è Enrico Gregori: scrittore e giornalista che da più di 30 anni si occupa di cronaca nera e che dal 1989 è caposervizio proprio di «nera» a Il Messaggero. Quello di Gregori, come tiene a sottolineare, non è un giudizio sulla qualità letteraria dei giallisti ma della loro poca aderenza alla realtà.
Da chi iniziamo?
«L’ispettore Coliandro di Carlo Lucarelli, ad esempio, è una specie di cane sciolto che, malgrado spesso sia stato confinato in uffici secondari, sogna di tornare alla squadra mobile e quindi entra spesso in indagini ad alto livello come gli omicidi. Nella vita reale, se un ispettore dell’ufficio passaporti osasse mettere il naso in un delitto, lo trasferirebbero a occuparsi dello spaccio della questura. Ispettori, assistenti e agenti fanno delle cose importanti: magari arrestano fisicamente l’assassino, ma il tutto soltanto e solo su disposizione dei capi della Mobile i quali, peraltro, sono coordinati dal pm».
Qualche abbaglio clamoroso?
«Il commissario Soneri di Valerio Varesi, tra i giallisti italiani più apprezzati, ha gli stessi difetti di Coliandro. Se prendiamo a caso un libro di Varesi, “La casa del comandante”, si legge persino che il Questore interviene con proprie disposizioni presso i carabinieri. Assurdo. L’unica ingerenza che un Questore può avere presso i carabinieri è per servizi di ordine pubblico».
Lo stesso dicasi per il Montalbano di Camilleri?
«Anche Montalbano è inverosimile: indaga in una piccola realtà come Vigata. Se si verificasse un omicidio e l’indagine avesse contorni delicati arriverebbe comunque la squadra mobile che ha competenza su un’intera provincia».
E tra i giovani giallisti emergenti?
«Elisabetta Bucciarelli, pubblica per Kowalski-Feltrinelli, ha creato la figura dell’ispettrice Maria Dolores Vergani. Si occupa di omicidi, pedofilia e quanto altro. Non regge: qualunque lettore segua un caso di cronaca nera sui giornali si accorge che viene sempre scritto che le indagini sono state prese in carico dal “Dottor...” oppure dal “Colonnello...”. Ispettori, commissari e marescialli (pur svolgendo una grande attività) non dirigono nulla anche perché ogni indagine è coordinata da un sostituto procuratore della Repubblica il quale parla solo con funzionari (di polizia) o ufficiali (dei carabinieri)».
Ci sarà qualche scrittore che si salva…
«Chi non sbaglia una virgola è il magistrato Gianrico Carofiglio. Le sue storie sono delle vicende processuali dove è tutto perfettamente reale».
 
 

La Sicilia, 20.6.2010
Svelati gli stuzzicanti segreti della tavola di Montalbano
Il libro di Stefania Campo è primariamente un'analisi accorta dei luoghi gastronomici interni alla fortunata serie narrativa e televisiva del commissario di Vigata

Ragusa. Nasce come saggio ma si sviluppa secondo direttrici varie, tutte accattivanti, il libro col quale Stefania Campo ha originalmente chiuso la recente rassegna ragusana "A tutto volume, libri in festa". "I segreti della tavola di Montalbano" è infatti primariamente un'analisi accorta dei 'luoghi' gastronomici interni alla fortunata serie narrativa e televisiva incentrata sui casi del singolare commissario di Vigata. Insomma un bel testo critico, corredato di ampia esemplificazione, desunta dai passi interni ai romanzi di Camilleri in cui l'autore concede largo spazio ai piaceri lenti della gola; un lavoro impreziosito pure da un opportuno apparato bibliografico, consistente degli studi specifici condotti "intorno alla tavola di Montalbano" e, più estesamente, sul legame che salda la letteratura gialla al cibo. Ma non si esaurisce nella misura settoriale dell'essai il libro di Stefania Campo, architetto di Ragusa specializzata pure in fotografia e cinema digitale. "L'idea di questo libro è nata anzitutto da una volontà di promozione territoriale", spiega l'autrice, parte attiva, tra l'altro, dell'Associazione culturale Sicilia Movietour, che propone itinerari culturali lungo le location più suggestive dei film girati in Sicilia. E infatti lo studio di Stefania Campo si allarga, passando dal rapporto specialissimo stabilito tra Salvo Montalbano e il cibo, una relazione sacrale fondata su una moltitudine di riti, sulla quale il commissario catalizza non solo i suoi continui 'pititti' specificamente alimentari, ma valenze ulteriori, connesse anzitutto alla dimensione memoriale, ad una Sicilia remota, nel tempo individuale dell'infanzia, coi suoi sapori e profumi assordanti, e pure nel tempo collettivo, quello che coniuga folklore ad antropologia: il cibo è per Montalbano "il canale di affermazione della propria identità individuale ed etnica".
E questo tempo magico della tradizione, avvolgente con i suoi rassicuranti, conosciuti punti fermi, Stefania Campo chiama in causa attraverso uno splendido ricettario, antologizzato dall'autrice con l'ausilio diretto delle donne siciliane, e rappresentativo di zone differenti della Sicilia, tante quante le componenti storiche di un universo alla cui costruzione hanno contribuito tessere greche, arabe, spagnole, francesi. "Il libro racchiude infatti un vero e proprio itinerario enogastronomico", continua l'autrice, "che ripercorre la Sicilia alla maniera di Montalbano, ossia assecondando le stradine secondarie, in tempi di percorrenza lenti dei nostri paesaggi".
Nutrito degli umori profondi della propria terra, il libro di Stefania Campo diviene dunque un affascinante percorso, tutto condotto nei toni aggraziati della 'proposta', lungo uno dei luoghi più cantati della letteratura, la Sicilia al cui "Etna nevoso" guardava già Pindaro, quella "Sicilia antica madre" con la quale dialogava Carducci, a quel luogo, confessava Pascoli, "dove giunge chi sogna". Un saggio prima dedicato ai pianeti tutti gravitanti nell'universo culinario del commissario di Camilleri: la passione, coi suoi eccessi e accessi, i riti, primo l'apertura di quegli "scrigni segreti della casa che sono il forno e il frigo", un libro che assume il cibo quale referente geografico e culturale, come scansione della giornata, come privato festeggiamento, da consumare "in silenzio, a volte a occhi chiusi". Un viaggio materiale e spirituale, quindi, quello condotto da Stefania Campo, che al valore documentario di esperienza conoscitiva, associa quello poeticissimo di esaltazione della singolarità del continente Sicilia.
Elisa Mandarà
 
 

Panorama, 21.6.2010
Andrea Camilleri
Maestro, lasci stare Mussolini

Andrea Camilleri, il più grande autore della letteratura italiana, nonché di quella siciliana, partecipando a Roma alla serata del Teatro Quirino, “Letture per la libertà di stampa”, tra fragorosi e ripetuti applausi ha denunciato il “rischio di un ritorno del fascismo”.
Fin qui il discorso. Ma è un pedaggio, anzi, una mossa da sciantosa. Il Maestro di tutti noi, infatti, con la sicumera di dare a bere la qualsiasi a quel suo pubblico di devoti, ha fatto proprie le parole di Concetto Marchesi, uno che a Castelvetrano è riconosciuto con questa qualifica: “Mandante”. Non fosse altro per aver ordito da raffinato latinista – moralmente, per carità – l’assassinio di Giovanni Gentile, il filosofo, che era il commissario Calabresi di quella stagione, solo un simbolo da scannare.
«Liberate l’Italia dalla schiavitù dell’inganno» ha declamato Camilleri, ed è il bue che dà del cornuto all’asino se si sceglie di citare proprio Marchesi dato che l’omertà, la menzogna e la protervia degli assassini di ieri – correva l’anno 1944 – ha custodito l’impunità (morale, per carità) ai potenti del vapore culturale di oggi. Molto più agiati ed influenti dell’illetterato pubblico di Rete4.
Ecco, Camilleri che la sa lunga, ci ruba il mestiere: fa apologia del fascismo per interposto antifascismo. E gliela dà a bere al suo stesso pubblico facendo finta di buttare loro un osso. Ma a forza di cercare il Duce in Berlusconi, però poi finisce che salta agli occhi la differenza. Quando c’era Lui, caro lei, c’erano, infatti, gli Ettore Muti, gli Italo Balbo, gli Alessandro Pavolini, il Camilleri ragazzo, il camerata Bobbio e l’anca nervosa della fatale Doris Duranti. E poi dice che uno rivaluta. Altro che le televendite, altro che i Tg scelti dall’onorevole Paolo Romani cui, per carità di Patria, urgerebbe proprio un bavaglio. Con sempre più fragorosi e ripetuti applausi. E magari trascritti su un post-it giallo.
Pietrangelo Buttafuoco
 
 

Wuz, 21.6.2010
Acqua in bocca: la partita a scacchi di Camilleri e Lucarelli
"Conservo gelosamente l'originale con tutte le loro note scritte a mano, e i rimandi a un parere del compagno/avversario. Sì, avversario, perché i due si stimano, ma non vogliono certo fare brutta figura di fronte alla scrittura dell'altro. Insomma, giochiamo, sì, ma non scherziamo.
Carlo a volte ha fatto passare mesi prima di rispondere, confessandomi al telefono che il Maestro lo aveva inguaiato con dei cambiamenti di fronte e di strategia che lo mettevano in difficoltà. Finalmente trovava la sua soluzione, e col procedere della storia andavo sempre più convincendomi che lo scambio epistolare era diventato una partita senza esclusione di colpi.
E qui l'altra metafora inevitabile: la partita a scacchi."
Daniele Di Gennaro

Galeotto fu il documentario
L'avevano detto già da tempo che stavano lavorando a un libro insieme. I due giallisti italiani più famosi e celebrati che provano a collaborare come Fruttero e Lucentini? Cosa nascerà da questo lavoro? Una nuova "Donna della domenica"? In realtà ne è uscito un libro non così corposo, ma un lavoro che definirei leggero e al tempo stesso denso.
L'idea di partenza, sulla quale hanno lavorato sin da subito (cioè dal 2005 anno in cui durante la lavorazione di un documentario che li vedeva entrambi protagonisti partì lo spunto), è far dialogare i propri investigatori: l'ispettrice bolognese Grazia Negro e il commissario di Vigata Salvo Montalbano.
Li conoscete, vero? Lei energica, coraggiosa, determinata, lui disincantato, acuto, egocentrico; entrambi agiscono talora ai margini della legalità pur di arrivare al risultato. Due personalità differenti che sembrano quasi incompatibili, ma che in questa storia si incontrano e lavorano molto bene insieme. Due investigatori decisi, che sanno farsi valere, il cui impegno civico è fuor di dubbio e che non temono di disobbedire a un ordine e indagare sulla stessa polizia, sui politici o sui servizi segreti.
A stimolare questa unione (puramente lavorativa, sia chiaro, nessuna storia romantica tra i due) è stato l'editore Daniele Di Gennaro durante le riprese del documentario di cui parlavamo prima. È stato anche l'artefice di questo libro, colui che ha mantenuto i rapporti tra i due autori, il padrino della sfida all'ultima idea, della partita a scacchi in cui il divertimento era soprattutto spiazzare l'alleato/avversario con una mossa a sorpresa.
Risultato? Un bell'esempio di letteratura crossover - non intesa come generi ma come protagonisti incrociati - che conta molti illustri precedenti.
Nei gialli dell'autore emiliano il vero protagonista è l'assassino, con i suoi pensieri, le ossessioni, la sua vita anche normale, mentre in quelli dello scrittore siciliano è l'investigatore, i suoi piccoli tic, le abitudini, il rapporto con i collaboratori. "Acqua in bocca" ha dovuto necessariamente mediare fra questi due punti di vista narrativi creando una storia che vede al centro i due inquirenti e sviluppa l'inchiesta (non ufficiale, detto per inciso) parallelamente da entrambi i punti di vista.
Strane morti, suicidi che sono in realtà omicidi, pesci combattenti (Betta splendens) che diventano il fulcro delle indagini... sviluppate prevalentemente a distanza attraverso un fitto scambio epistolare e di veri e propri pizzini.
Non mancano le citazioni - serissime - di eventi legati alla nostra storia, dalla mafia di Provenzano ai servizi segreti con l'omicidio/suicidio di Bove legato al Sismi e quelle - divertenti - che si riferiscono anche a persone coinvolte nella genesi del romanzo: dagli stessi autori (Lucarelli ad esempio entra in gioco come consulente gastronomico) all'editore (non credo sia casuale che alla pensione Esedra di Milano Marittima Grazia Negro lasci per Montalbano una busta a nome Di Gennaro...). E poi quelle cinematografiche. Una per tutti? "Mi chiamo Betta, risolvo problemi"... non vi ricorda il signor Wolf/Harvey Keitel di Pulp Fiction?
Ma le sorprese per i lettori non finiscono qui: Camilleri sceglie per la prima volta, ad esempio, di far coincidere l'immagine di Luca Zingaretti (che interpreta il personaggio nella serie televisiva) con quella di Montalbano, mentre Lucarelli si diverte a inserire anche il suo ispettore Coliandro (pasticcione come sempre): un cameo d'effetto.
Insomma: puro piacere e divertimento per chi ama entrambi gli scrittori, o il giallo e il noir, o per chi ha semplicemente voglia di leggere una bella storia.
I diritti d'autore andranno a due enti benefici:
Andrea Camilleri a favore dell’Associazione San Damiano onlus per la realizzazione di una scuola nel lebbrosario di Ambanja, in Madagascar. Per informazioni: www.sdamiano.org
Carlo Lucarelli a favore dell’Associazione Papayo per la realizzazione di una scuola in Sierra Leone. Per informazioni: www.myspace.com/papayoonlus
Giulia Mozzato
 
 

Cantine Rallo, 21.6.2010
Il regista Accomando alla “corte” di Camilleri
Il giovane regista palermitano Luciano Accomando, che ha curato il backstage dell’ultimo film tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, “La scomparsa di Patò”, ha intervistato lo scrittore siciliano. E ha gentilmente offerto al nostro blog il racconto di questa esperienza, dandoci la possibilità di presentare ai nostri lettori un post dedicato ad una persona che, senza ombra di dubbio, rappresenta una delle eccellenze che caratterizzano la nostra Sicilia. Buona lettura.
Vino da abbinare alle opere del Camilleri: Rallo Alaò, nero d’avola affinato nel legno per 12 mesi. Caldo, siciliano e arricchito dal tempo: proprio come Andrea Camilleri.
Alessio

Il 20 marzo del 1890, il giornale L’araldo di Montelusa riportava la notizia dei preparativi in vista della rappresentazione del “Mortorio” a Vigàta. Tutti presenti. Ecclesiali, militari, laici, politi e semplici curiosi. La rievocazione della passione di Cristo è stata e continua ad essere in Sicilia un genere teatrale capace di riunire masse di fedeli, ma quel Venerdì Santo del 1890, a rubare la scena, fu una misteriosa sparizione. Il ragioniere Antonio Patò, uomo di grande rettitudine, cittadino stimato e “di pio sentire”, dopo la magistrale interpretazione di Giuda Iscariota, non faceva più ritorno sul palco per ricevere gli elogi e i plausi del pubblico. La stampa incuriosita dalla triste vicenda ne dava notizia, facendo giungere alla famiglia dello scomparso i migliori auguri per un sicuro ritrovamento. Ma Patò murì o s’ammucciò?
La scomparsa di Patò è il primo romanzo storico di Andrea Camilleri ad approdare sul grande schermo. Edificata nell’atipica forma di dossier, l’opera è costituita esclusivamente da articoli di giornale, missive anonime, lettere ufficiali, verbali di polizia, financo scritte murali che, nell’adattamento cinematografico del regista Rocco Mortelliti, prendono vita in una commedia d’autore dalle sfumature noir. Un cast d’eccezione che può annoverare presenze prestigiose: Neri Marcorè, Maurizio Casagrande, Roberto Herlitzka, Nino Frassica, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Gilberto Idonea e Simona Marchini. La pellicola, prodotta dalla 13 Dicembre e dalla Regione Siciliana, è stata interamente girata nell’isola, tra Naro, Agrigento e Canicattì. Luoghi che appartengono all’ormai ottantacinquenne Andrea Camilleri e di cui, probabilmente, si lascia ispirare nella costruzione delle meravigliose ambientazioni che caratterizzano i suoi romanzi.
Occupandomi della regia del backstage ebbi nel mese di Maggio l’onore di conoscere Camilleri per intervistarlo. Con la troupe arrivammo nella sua abitazione romana in perfetto orario. Lui ci aspettava lì, ieratico sulla poltrona in una stanza arredata solo da libri e comodi sofà. L’emozione era forte e solo dopo aver sistemato le luci e posizionato le videocamere, presi posto di fronte a lui. L’intervista era stata confezionata da parecchie settimane e a quel punto del mio lavoro speravo solo di catturare la sua attenzione e di avviare un dibattito interessante. Ero pronto, le corde vocali aspettavano solo il flusso d’aria necessario a tradurre in suoni quei caratteri nervosi scritti a penna su dei fogli bianchi. Ma proprio quando le mie labbra stavano per disegnare la prima frase di circostanza utile a rompere il ghiaccio, lui alzò la mano bloccando la mia fase preparatoria. “Le anticipo che con me deve alzare il tono della voce, non ci sento bene.” Per un attimo pensai che un altro siciliano, Fiorello, si nascondesse dietro una delle tante librerie e che la bocca del maestro fosse solo una fessura di pura energia. Sensazioni. Settai la mia voce al massimo del volume e dimenticando le ragioni che mi avevano condotto in quella stanza odorosa di tabacco, pronunciai la fatidica parola: azione. Parlammo delle ambientazioni storiche dei suoi romanzi, tutti situati negli anni immediatamente successivi l’unità d’Italia. E’ lì dal suo punto di vista che si situano i secolari problemi tra nord e meridione. “Nel finale della Scomparsa di Patò è possibile scorgere questa differenza antropologica tra l’uomo del sud e l’uomo del nord.” Restai colpito dalla sua ammirazione verso le opere televisive o ora anche cinematografiche tratte dai suoi romanzi. “Ogni trasposizione è un passaggio da un genere a un altro e non si può mai restare assolutamente fedeli all’originale.” Camilleri non si preoccupa dell’adattamento del regista, anzi, lo rispetta e lo ammira da semplice spettatore a condizione che si mantenga un filo diretto con lo spirito del romanzo. Era molto  soddisfatto del film di Rocco e il suo unico rammarico era quello di avere visto il premontaggio nel televisore di casa sua. “I film vanno visti al cinema, diversamente, che cinema è?” Considera La Scomparsa di Patò la sua opera più dichiaratamente e scopertamente pirandelliana, “In fondo uno zio lontano di Patò è Mattia Pascal” e quando mi permisi di mettere a confronto il suo romanzo con quello di Tomasi di Lampedusa, scorsi nei suoi occhi una punta di emozione. Quando Rocco mi parlò del suo progetto e mi spedì la sceneggiatura, decisi, per evitare influenze di ogni sorta, di rinviare la lettura del romanzo, privilegiando lo studio della scrittura cinematografica. Trovai in quelle pagine lo stesso senso di sicilianità dichiarato nel Gattopardo. Espressi le mie sensazioni a Camilleri, dicendo che dal mio punto di vista era possibile ricordare la Sicilia non solo come la terra del Gattopardo ma anche come l’isola di Patò. Lui mi sorrise e passandosi la mano sul volto mi disse “Perché no?”. Durante l’intervista mi raccontò del suo trascorso televisivo come regista “Forse è per questo che non mi sento un romanziere nell’accezione pura del termine”; della sua disapprovazione nei confronti della critica, quando questa prova a tutti i costi a  definire i generi delle opere: “Si sentono tranquillizzati dall’avere incasellato le opere, fanno come i collezionisti di farfalle”; del suo rapporto con Montalbano, “Il commissario può continuare a mangiare tutto quello che vuole, io purtroppo no. Certe volte ho la tentazione di fargli venire qualche piccolo disturbo digestivo, così anche lui comprenderebbe il senso della rinuncia”; e del rapporto tra cinema e letteratura, “Ne hanno sempre avuto un bene reciproco”. Alla fine dell’intervista ci salutammo, lui ci sorrise e ci chiese la nostra città di provenienza.
Adesso posso soddisfare la vostra curiosità. Sono infatti sicuro che in questa breve lettura vi sarete più volte posti la seguente domanda: ma in un’ora di intervista, quante sigarette ha fumato? Forse queste poche righe sfateranno un mito, ma la prima e unica cicca che gli vidi accendere fu quando spensi le videocamere.
Luciano Accomando
 
 

l'Unità, 22.6.2010
Ieri mattina. Con Concita De Gregorio e Dacia Maraini l’iscrizione di molte persone illustri
«Mi iscrivo all'Anpi perché la Resistenza non sia solo memoria del passato ma esercizio del presente»
La nuova resistenza democratica inizia unendosi ai partigiani dell’Anpi
Se c’è da resistere si va da coloro che la Resistenza la conoscono bene. L’Anpi sta conoscendo una nuova primavera. Presentata ieri una iniziativa per l’adesione di moltissime personalità illustri.

Roma […]
Non erano sole ieri mattina all'Anpi. «Mi iscrivo all'Anpi perché la Resistenza non sia solo memoria del passato ma esercizio del presente». Con questa motivazione, scelta per la campagna, si sono iscritti [… ] Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo, […] Massimo Carlotto, […]. Molti erano presenti, nella stracolma sala dell'Anpi dove a fare gli onori di casa c'erano due partigiani, i vicepresidenti dell'Associazione Armando Cossutta e Marisa Ombra.
[…]
Stefania Scateni
 
 

La Gazzetta dello Sport, 22.6.2010
Sinfonia Lucarelli-Camilleri. E' pronto "Acqua in bocca"
Esce domani il thriller scritto a 4 mani dai due autori, che devolveranno i loro guadagni in beneficenza. Montalbano e la Negro insieme tentano di risolvere uno strano omicidio, comunicando attraverso pizzini e cannoli

Roma - Prendi una chitarra e un banjo, due musicisti fenomenali e ti ritrovi con una delle scene più memorabili della storia del cinema. Prendi Montalbano e Grazia Negro, due maestri del giallo e ti ritrovi con uno dei più entusiasmanti casi editoriali dell’anno. Esce domani Acqua in bocca (Minimumfax, 10 euro), 120 pagine da bere alla goccia, scritte a quattro mani da Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, che devolveranno i loro guadagni in beneficenza. "La chitarra è Camilleri, anzi no... In quel film, Un tranquillo weekend di paura, il chitarrista non è proprio una brava persona. Diciamo che io e Andrea siamo entrambi il ragazzino che suona il banjo, perché a scrivere questo libro ci siamo divertiti come bambini".
Messi in gioco — Carlo Lucarelli racconta, sorride. Questo libro è un collage di pizzini, lettere, referti, volantini, giornali. Montalbano e la Negro, che insieme tentano di risolvere uno strano omicidio, comunicano così. "Noi ci siamo messi in gioco, abbiamo condiviso i nostri personaggi di maggior successo ed è venuta fuori una cosa divertente. Un gioco a cinque: io, Camilleri, Grazia Negro, Montalbano e il lettore. Peccato che alcune cose non fossero riproducibili in un libro... Camilleri mi ha davvero mandato un cannolo con dentro un pizzino unto e io gliene ho spedito un altro nei tortellini". Biglietti e letterine, necessità o scelta strategica? "Entrambe. Di certo non avremmo potuto lavorare uno al fianco dell’altro. Mi ci vedete a dire a un maestro come Camilleri "io farei così"? Non scherziamo. Ognuno scriveva la sua parte e inviava. Quindi scattava la sfida: io ho fatto il mio, adesso vediamo tu che combini. Mi ha sorpreso spesso, ma credo di esserci riuscito anch’io. E poi il crossover, l’intreccio di personaggi appartenenti a mondi diversi, coinvolge. Quindi funziona". Eccome.
Elisabetta Esposito
 
 

tiscali: spettacoli, 22.6.2010
"Acqua in bocca", una jam session letteraria tinta di giallo tra Camilleri e Lucarelli

Nel genere giallo parte tutto da un cadavere, prova evidente di quello che deve essere per forza un misterioso omicidio. Poi arriva il poliziotto di turno e inizia la caccia al cattivo. La storia cambia però quando a osservare il cadavere di un uomo e due pesciolini rossi su un pavimento bagnato d'acqua sono gli occhi Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli. A quel punto il corpo scompare ed entrano di prepotenza in scena il commissario Salvo Montalbano e l'ispettore Grazia Negro. Camilleri e Lucarelli giocano con i loro personaggi davanti agli occhi dell'editore di Minimum Fax Daniele Di Gennaro che, a gara conclusa, capisce che ha tra le mani il materiale giusto per un libro. Nasce così Acqua in bocca scritto a quattro mani dai due grandi giallisti italiani. Nelle librerie dal 23 giugno, il libro è legato a una iniziativa benefica a favore delle onlus "San Damiano" e "Papayo". “I ricavati delle vendite - spiega Di Gennaro - saranno utilizzati per finanziare due asili in Madagascar e Sierra Leone”.
Di Gennaro, come è nato  Acqua in bocca?
"Stavamo girando il documentario A quattro mani, diretto da Matteo Raffaelli, e in una pausa delle riprese chiesi: ‘Se ci fosse un cadavere per terra, Salvo Montalbano e Grazia Negro come interagirebbero?’. Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli hanno preso sul serio questa mia battuta fatta per ammazzare il tempo e hanno dato vita a una jam session letteraria nella quale Montalbano era più filosofo e la Negro era invece la cacciatrice di uomini. Hanno fatto finta di avere un cadavere per terra con dei pesci rossi sul pavimento e hanno iniziato a giocare come in un interplay jazzistico. Quando poi gli ho detto di scrivere questa storia nata per gioco, hanno dato la disponibilità ma restava il problema di come scriverla. A quel punto Camilleri ha avuto l’idea dello scambio epistolare".
Uno scambio epistolare che coinvolge direttamente il lettore.
"E’ un libro fatto a sei mani: le quattro degli autori e le due immaginarie del lettore che deve completare un testo scarno. Il lettore deve immaginare perché il libro è un esperimento e un genere molto particolare che pone i personaggi fuori dai loro contesti specifici. Salvo Montalbano e Grazia Negro si incontrano su un terreno comune accelerando al massimo i loro caratteri identitari".
Come si è sviluppato il confronto tra Camilleri e Lucarelli?
"I due autori hanno quarant’anni di differenza, ma nessuno dei due vuole fare brutta figura e per questo si divertono a smontare le inchieste dei rispettivi personaggi. Si mettono in un terreno accidentato perché quando uno scrive un romanzo da solo, la struttura viene adattata alle sue idee. In questo caso la struttura veniva azzerata ogni volta dall’intervento dell’altro autore e si ripartiva da zero. Lucarelli e Camilleri sono due vulcani: sono molto curiosi, credono nell’impegno civile, hanno mille attività in corso e soprattutto hanno una visione della cultura non sacrale ma di condivisione e di crescita. Se tu li provochi con un gioco, loro giocano. E’ un approccio culturale nuovo".
I due personaggi trovandosi su un terreno neutro finiscono però per perdere una delle loro caratteristiche principali: la territorialità.
"Entrambi i personaggi sono molto legati al loro territorio. Montalbano esce dalla Sicilia e parla in italiano perché deve collaborare con la collega di Bologna. La difficoltà del crossover era proprio questa. C’è una dislocazione della tecnica di investigazione e di scrittura, ma questo rappresenta il valore aggiunto del libro. Il loro modo di scrivere resta ovviamente quello di Camilleri da Porto Empedocle e quello di Lucarelli che sotto i portici di Bologna ha scoperto e descritto il mistero. Entrambi però vanno oltre la gabbia del giallo e del noir per raccontare l’Italia. Il genere è solo un pretesto".
Andrea Curreli
 
 

Gialli.it, 22.6.2010
“Caro Andrea, continua tu… con affetto, Carlo!”
Ecco il giallo a quattro mani di Camilleri e Lucarelli

Camilleri e Lucarelli insieme per un giallo scritto a quattro mani. Esce il 23 giugno “Acqua in bocca”, con protagonisti il commissario Montalbano e l’ispettore Grazia Negro, personaggio creato dall’autore di Blu Notte. Il ricavato delle vendite andrà in beneficenza.

Cinque anni di lavorazione, 108 pagine, due scrittori, due investigatori, uno strano caso di omicidio: “Acqua in bocca” sarà sugli scaffali delle nostre librerie da mercoledì 23 giugno e sarà firmato Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli. Ma c’è di più. I protagonisti dell’originale racconto scritto a quattro mani, saranno proprio loro, il commissario Montalbano e l’ispettore Grazia Negro, i celebri personaggi creati dalle penne dei due autori più popolari del genere giallo in Italia. Un’opera di crossover pubblicata dalla Minimum Fax, il cui ricavato andrà in beneficenza alle associazioni S. Damiano e Papayo. Poche indiscrezioni sulla trama, solo il ritrovamento di un cadavere e l’inquietante presenza di alcuni pesciolini rossi lasciati dall’assassino sul luogo del delitto. Probabilmente un avvertimento…
Un esperimento, quello di Acqua in bocca, nato per caso: Lucarelli e Camilleri si incontrano nel 2005 a Roma. Entrambi hanno preso due giorni di pausa dai rispettivi impegni, per girare un breve documentario nella Capitale. Il documentario si intitola A quattro mani, non a caso. Le riprese sono per Raitre, prodotte proprio dalla Minimum Fax e dirette da Matteo Raffaelli. Durante una pausa tecnica, tra i due giallisti comincia un gioco o, forse, una sfida: come si comporterebbero Montalbano e la Negro, insieme, di fronte ad un cadavere? Da quello che doveva essere un semplice scambio di idee, comincia a prendere vita una storia.
Un morto. Un delitto con modalità fuori dal comune. L’ispettrice salentino-bolognese Negro capisce subito la gravità della situazione e scrive una lettera con una richiesta di aiuto e collaborazione. La lettera dovrà arrivare fino all’estremo sud dell’Italia. In Sicilia. A Vigata. Il destinatario sarà Salvo Montalbano, il Commissario Montalbano, che, in questo libro, non usa parole in dialetto. Anzi. Per la prima volta, viene descritto anche quasi calvo come lo Zingaretti attore che ne veste i panni da tempo in tv. Di fronte ad una indagine non autorizzata, il Commissario si mette subito al lavoro. La situazione è delicatissima. Nessuno dei due detective può sbagliare, se no la pagheranno cara. L’unico modo per comunicare tra loro, è quello di inviarsi, nei modi più strani, indizi ed informazioni.
Un rapporto epistolare, quindi, fatto di atti, tagli di giornale, missive e pizzini. Solo così, parallelamente, i due poliziotti cercheranno di arrivare alla risoluzione del caso. Ecco spiegata la particolare struttura di Acqua in Bocca. Un noir costituito per lo più dal materiale scambiato tra i personaggi stessi nel corso dello sviluppo della trama. Materiale che, mentre si accumula, permette ai pezzettini del mosaico di ricomporsi davanti al lettore e con il lettore.
Pare che Camilleri si sia ispirato al “Murder Off  Miami” del 1936, giallo scritto da Dennis Wheatley proprio nello stile di un dossier della polizia. Un’idea sperimentale. Ma probabilmente anche l’unica che poteva consentire di scrivere un racconto in due senza mai incontrarsi. Lucarelli e Camilleri si sono, infatti, confrontati solo tramite lettere, e-mail (in realtà poco simpatiche a Camilleri) e grazie all’intervento dell’editore Daniele Di Gennaro, fattorino di carte da una parte e dall’altra. Facilmente spiegabili, quindi, i lunghi tempi di stesura. Ma scrivere Acqua in bocca è stato, per gli autori, soprattutto un gioco. E, nel gioco, ognuno può prendersi i propri tempi. E divertirsi a provocare l’altro. Magari inviando al collega un nuovo elemento all’improvviso, facendogli mettere in discussione tutto lo scritto fino a quel momento. Oppure, come ha raccontato lo stesso Lucarelli, arrivare al momento cruciale di un inseguimento, far pronunciare al cattivo di turno “Ora non potete fare altro che ammazzarmi” ed inviare i fogli a Camilleri con il messaggio “Caro Andrea, continua tu”. Per sapere il continuo correte in libreria.
Adriana D’Agostino
 
 

Wuz, 22.6.2010
Daniele Silvestri ricorda Nino Cordio in un libro
DANIELE SILVESTRI - ANDREA CAMILLERI - NINO CORDIO. È uscito per Infinito edizioni "Le opere di Nino Cordio, le testimonianze", un libro che raccoglie le opere del pittore, incisore e scultore siciliano. Il volume, curato dal figlio Francesco Cordio, contiene una prefazione firmata dal cantautore Daniele Silvestri e un'introduzione dello scrittore Andrea Camilleri. Nel libro sono presenti anche le testimonianze degli amici dell'artista: oltre a Camilleri, Sciascia, Siciliano, Giuffrè, Guttuso e Levi.
"L’occhio di Cordio" è una testimonianza di rara intensità di un uomo la cui arte, “sotto l’apparenza della grazia, nascondeva la stessa forza sismica che ha fatto fiorire il mondo”. (Andrea Camilleri)

La prefazione di Daniele Silvestri. Un po’ vi invidio. Voglio dire, se state per entrare per la prima volta nel mondo di Nino Cordio, e lo state per fare attraverso queste pagine, allora davvero vi invidio. Perché so già quello che vi capiterà. Ci entrerete leggeri e senza pretese, piacevolmente coinvolti dalla oscura allegria del colore e dalla forza nascosta del tratto. Incuriositi man mano dalle parole di chi quel mondo lo ha conosciuto e interpretato già, e ha voluto provare a raccontarlo. Poi qualcosa vi stupirà, e forse vi infastidirà perfino. Ci si ammala anche un po’, dovete saperlo. Una febbre leggera che quando passa vi lascia diversi, cresciuti. Come quando da piccoli, dopo tre giorni di termometri in ebollizione, ci si scopre più alti di qualche centimetro. Vi troverete a guardare e riguardare l'ocra di un cielo impossibilmente vero, o il blu notturno di un cespuglio rubato a un sogno, il rosso esplosivo di un inverno che mai avreste pensato potesse essere raccontato così, e non capirete. Sarete persi. È inevitabile, anzi necessario. Allora cercherete un'indicazione, un consiglio, un percorso per orientarvi in quei luoghi da cui il senso e la certezza sono improvvisamente scomparsi. Vi sentirete forse traditi, come per un attimo strappati al presente e depositati per scherzo su qualche luna, o su Marte (come implicitamente suggerisce, sorridendo, Camilleri). Cercherete aiuto di nuovo nelle parole altrui, e così rileggerete in tutt'altro modo quello che descrive Giuffré, o Siciliano, o Volo, o Sciascia, o una qualsiasi delle decine di firme che impreziosiscono questo libro. Qualcosa allora comincerà a riprendere un senso, nel continuo rimando tra le parole e le immagini, ma ancora non basta. Scruterete il volto di Nino, il suo sguardo, il sorriso, la fisicità. Attraverserete la sua storia, i viaggi, i luoghi, gli affetti, l'impegno. Ma non è neanche qui la risposta. E nemmeno serve concentrarsi sulla tecnica, scoprirla minuziosa, sapiente, raffinata. Neanche quello vi aiuterà, anzi potrebbe sviarvi.
 
 

ANSA, 22.6.2010
Trastevere Noir: apre con Lucarelli
Da giovedi' a Roma la kermesse con De Cataldo, Oggero, Carlotto

Roma - Carlo Lucarelli aprira' giovedi' 24 giugno il Trastevere Noir Festival a Roma parlando del libro scritto con Camilleri.Il festival ha quattro serate con ospiti di tutto rilievo: venerdi' sara' la volta di Giancarlo De Cataldo e la sua Roma noir del potere. Sabato Margherita Oggero con la sua professoressa resa celebre in tv da Veronica Pivetti.
Domenica chiudera' Massimo Carlotto con le sue inchieste e l'Alligatore.
 
 

Il Giornale, 23.6.2010
Indiscreto
Quelli di minimum fax
Camilleri e Lucarelli indagano (insieme) solo per beneficenza

Gian Paolo Serino dalle pagine del Giornale fa arrabbiare quelli di minimum fax con il suo articolo intitolato «Aiuto, ci sono più giallisti che criminali». La casa editrice infatti fa sapere che il libro Acqua in Bocca scritto a due mani da Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli non è solo un’operazione commerciale. «Camilleri e Lucarelli non hanno avuto da minimum fax un centesimo di anticipo, il loro compenso, calcolato solo a posteriori sulle royalties del venduto, viene interamente devoluto in beneficenza. Quindi entrambi non intascano niente di diritti di pubblicazione. E non è certo un libro che hanno scritto per “far cassa”». Neanche la data di uscita del libro, sarebbe stata pianificata a partire dal ritorno sul piccolo schermo di Lucarelli con Blu Notte. A minimum fax giurano di essere sempre stati all’oscuro del palinsesto Rai. Insomma se Montalbano e Grazia Negro per una volta vanno a braccetto, non sarebbe una questione di puro “jukebox editoriale”. Resta il fatto che Camilleri e Lucarelli assieme «hanno venduto venti milioni di copie». Allora se tutto va come da programma tutto finirà in una beneficenza colossale. È proprio il caso di dire: se non è alta letteratura, pazienza.
 
 

Wuz, 23.6.2010
Libro giallo da classifica: Lucarelli e Camilleri, Grazia Negro e Salvo Montalbano
Molti anni dividono i due scrittori, altrettanti, quasi, i due investigatori. Eppure collaborare per scrivere Acqua in bocca, romanzo giallo "epistolare" a quattro mani che vede protagonisti i due investigatori creati da loro, è stato "naturale", anche se si è trattato di una sfida all'ultima provocazione.

"Hanno quarant'anni tondi di differenza. Hanno letto tutto l'uno dell'altro. L'idea era fare incrociare lo sguardo, gli stili e le storie di due persone che soprattutto godono della nostra stima anche a livello umano."
Questo ci aveva detto tempo fa Daniele Di Gennaro, editore minimum fax, artefice di questo incontro e del successivo libro che ne è derivato.
"In una pausa di cambio batterie delle telecamere con cui stavamo riprendendo il documentario [A quattro mani, che andò in onda su Rai Tre nel 2007, ndr.], ho chiesto ai due come si comporterebbero Montalbano e Grazia Negro alle prese con lo stesso delitto. Non hanno finito più di 'muovere' i loro personaggi, con una tale partecipazione che a un certo punto sembrava parlassero di loro stessi. È nata una formidabile partita a scacchi che si è concretizzata sotto forma di romanzo epistolare dove i due investigatori incrociano le armi in un'inchiesta non ufficiale.
È cosa rara vedere un libro nato da un documentario. Di solito è il contrario."
Un forte impegno civile e un grande interesse per la storia contemporanea caratterizza entrambi, oltre la comune passione per il giallo e il noir, i due generi narrativi che cercano di rispondere alle domande chiave: "chi è stato?” e “che cosa sta succedendo?”.
Per presentare il libro i due autori hanno raccontato l'esperienza. Ecco cos'hanno detto.
Il primo incontro
Lucarelli - Mi ricordo ci siamo incontrati io ed altri scrittori di romanzi polizieschi con Camilleri, ma non ricordo che festival fosse... mi ricordo quest’uomo che si avvicina, saluta e dice : “Buongiorno, sono un nuovo scrittore” ed era bellissima questa cosa, perchè era Camilleri il nuovo scrittore che si presentava, uno che avrebbe potuto tirarsela...
È stato molto bello come si è proposto, come a dire “salve siamo tutti uguali, non state a pensare che sto vendendo milioni di copie e ho sei libri nei primi sei posti delle classifiche...”
La proposta
Camilleri - C’è stata questa proposta che mi ha subito interessato, perchè è bello avere a che fare con uno scrittore che stimi, con uno scrittore che stimi anche umanamente, e sono già due punti a favore. Tra noi poi ci sono 40 anni di differenza...
Io scrivo dei gialli e lui scrive dei gialli (che ogni tanto tinge di nero, volge al noir, mentre io no, mai). È divertente un confronto con un importante scrittore che ha 40 anni meno di te...
L'inizio della storia
Lucarelli - Il mio personaggio - Grazia Negro - ha un mistero per le mani, ed è un mistero che riguarda anche la zona in cui opera Montalbano e quindi gli scrive e gli manda i materiali che ha: gli manda una lettera con una serie di verbali... Montalbano gli risponde inviandogli a sua volta una serie di materiali e alla fine prende vita questo gioco in cui uno scopre una cosa e gliela manda, l’altro scopre una cosa e gliela manda...
L'inchiesta non ufficiale
Lucarelli - L’idea era che ci fosse un’inchiesta non ufficiale, perchè era più bello, per quella logica per cui più metti nei guai i personaggi e meglio reagiscono, e le inchieste non ufficiali per i poliziotti sono un guaio... poi perché questo ci permetteva di giocare con i materiali nascondendoli, scrivendoli su materiali di riporto, di giocare su questa cosa, gioco che parte sin dall’inizio con Montalbano che dà una [finta] risposta secchissima a Grazia Negro dicendole di lasciarlo stare.
Camilleri - Montalbano ha avuto l'idea di infilare dentro un cannolo un biglietto, ma si è premurato di avvertire Grazia di non mangiarlo altrimenti avrebbe ingoiato anche il biglietto.
L'età
Camilleri - Non dico ci sia la stessa differenza di età che c’è tra me e Carlo, ma tra Grazia e Montalbano c’è una bella differenza di età...
Lucarelli - Penso che Montalbano avrebbe un atteggiamento protettivo in questo senso nei confronti di Grazia, poi non è una brutta ragazza...
Giulia Mozzato
 
 

ANSA, 23.6.2010
Un libro al giorno
'Acqua in bocca' di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli
(MINIMUMFAX, pp.108 - 10,00 euro)

Questo libro, che arriva oggi in libreria, nasce come un gioco e diventa una sfida non sempre facile e, alla fine, un racconto noir ironico e in cui i due autori, tra i nostri maggiori scrittori di gialli, si mettono in gioco, non solo facendo incontrare e lavorare assieme due propri celebri protagonisti, il commissario Salvo Montalbano di Vigata e l'Ispettrice capo Grazia Negro di Bologna, ma apparendo di persona, solo in trasparenza, come nello stile di Camilleri, o con nome e cognome, come fa Lucarelli, che stasera ne parla al festival Trastevere Noir.
E poi, a questo modo, arriviamo a sentire un Montalbano che parla di uccidere una persona pericolosa e farne sparire il corpo, che, conoscendolo, appare davvero incredibile, specie per come poi la cosa andra' a finire e il commissario costretto a giustificarsi. Ma non vogliamo levare la sorpresa al lettore.
Il libro si costruisce via via in forma epistolare: Grazia Negro scrive chiedendo aiuto a Montalbano e questi le risponde e, visto il pericolo dell'indagine, in cui sono coinvolti i servizi deviati, continueranno a comunicare per scritto per cercare di non far capire di conoscersi. Ecco cosi' che parte Lucarelli, parlando di un omicidio misterioso, con un uomo soffocato con un sacchetto di plastica e trovato con accanto due pesci rossi morti. E Camilleri risponde prendendo tempo, con l'ironia propria del suo creatore: ''Sono molto indeciso se darti una mano o no, perche' tu mi sembri una che le rogne va a cercarsele. E la rogna e' contagiosa'', ma il fatto che si tratti di una indagine 'privata' non autorizzata naturalmente lo coinvolge stuzzica. Ogni volta che uno dei due scrittori scrive all'altro, nelle vesti del proprio personaggio, porta avanti la storia, propone un tassello che e' una sfida a trovare, a inventare un seguito, una risposta plausibile, un indizio che si possa inserire nel puzzle generale, di cui pero' nessuno conosce il possibile finale, almeno sino a un certo punto. Tra l'altro ecco che ambedue sottolineano la gelosia dei compagni dei rispettivi personaggi, l'insegnante cieco Simone Martini di Grazia e Livia Burlando di Salvo, davanti a questo misterioso scambio di missive. Tornano tanti caratteri, perche' i due autori comunque si divertono a questo gioco: Montalbano spedisce cannoli con dentro nascoste missive, e ne riceve in cambio pregiati tortellini fatti a mano su invito del Sig. Lucarelli, sotto i quali anche non manca un bigliettino di Grazia. Di lettera in lettera i due finiranno per ritrovarsi assieme, a Milano Marittima, ''un vero ossimoro'' come lo definisce il commissario siciliano, che comunque scopre una cioccolateria di conterranei e ne fa il proprio quartier generale.
Ma dire di piu' sarebbe disonesto. Basti sapere, per acuire la curiosita' di questo racconto 'anomalo', che il tutto finisce con una bella sparatoria generale.
Paolo Petroni
 
 

Leggo, 23.6.2010

Il papà di Montalbano fa un doppio regalo ai suoi lettori: un nuovo noir - Acqua in bocca - scritto a quattro mani con il giallista tivù Carlo Lucarelli, per Minimum fax e l’Abecedario, una ricca videointervista per argomenti, in booklet e due dvd, a cura di Valentina Alferj ed Eugenio Cappuccio, ideatore del progetto di cui firma anche la regia (Derive Approdi edizioni). Argomenti scelti dai curatori, rispetto ai quali Andrea Camilleri ha esercitato la sua straordinaria capacità di evocare e spalancare nuovi orizzonti.
Dalla A di anni Sessanta - «Io credo che il ’68 (...) fu la confusa coscienza di quello a cui ci stava portando il benessere economico: una sorta di rifiuto di quella strada» - alla zeta di Zero: «Ci sono delle frasi che colgo con lo zero ... come "quell’uomo è uno zero; fermete!" Puoi dire quell’uomo è un fesso, un coglione, ma non uno zero, perché il valore di uno zero è strepitoso».
Se dovesse aggiornare Abecedario, quel voce aggiungerebbe? «Mi creda, non saprei, ho finito di farlo un mese fa».
Che effetto le ha fatto farsi fare, per così dire, un censimento del pensiero? «E’ stato piuttosto divertente, naturalmente molte cose sono rimaste inevitabilmente fuori»
C’è un progetto al quale sta lavorando ora? «Nessuno progetto, se non quello di meritate, spero, vacanze».
Acqua in bocca darà il via, domani sera, al Trastevere noir festival, nel chiostro del museo di Roma a Sant’Egidio.
Stefania Cigarini
 
 

Stelle Cadenti, 23.6.2010
La caccia al tesoro

Uno dei piaceri della vita è leggere un libro di Andrea Camilleri. Amo tutto di questi libricini neri: il loro gradevole profumo di carta, il dialetto siciliano, i personaggi e soprattutto l’intelligenza dell’autore. Quando finisco di leggerli li metto tutti in fila, uno vicino ad altro, su un piano della mia libreria dedicati a loro e ogni tanto mi fermo a guardarli. Vederli così, tutti insieme, è una cosa che mi ispira. Le storie che Camilleri racconta sono sempre belle, ricche, calde e divertenti. Dopo un decennio da lettore accanito dei suoi libri non sono mai rimasto deluso da nessuno dei suoi lavori. Prima o poi poteva succedere e alla fine purtroppo è successo: l’ultimo libro di Andrea Camilleri è una delusione totale per me. “La caccia al tesoro”è scritto benissimo, ci mancherebbe altro, ma alla fine si rivela una storia Splatter piuttosto sempliciotta che assomiglia in modo sconcertante a certi scadenti film horror visti negli ultimi anni. Se questo materiale finiva nelle mani di Quentin Tarantino, invece che quelle del commissario Montalbano, probabilmente qualcosa di interessante ne usciva fuori ma così è francamente deboluccio. Per carità, non è nulla di grave. È il primo scivolone del maestro dopo tanti e tanti libri ben riusciti. In ogni caso se non avete mai letto un libro di Camilleri non cominciate da questo. Pigliate un qualsiasi altro suo libro e andrete benissimo.
 
 

RagusaNews.com, 23.6.2010
Belen a piazza San Giovanni, per Montalbano
La presenza della troupe della Palomar non è passata inosservata.

Ragusa - Belen è tornata a Ragusa per girare alcune pose della serie tv il Commissario Montalbano.
La presenza della troupe della Palomar non è passata inosservata.
E non è passata inosservata neanche lei, Belen.
 
 

Corriere di Ragusa, 23.6.2010
Ragusa: il set in piazza San Giovanni
Belen a Ragusa per girare l´ultima serie di Montalbano
La showgirl resa famosa dalle pubblicità assediata dai fan

Belen (nella foto di Massimiliano Garrone) a Ragusa in piazza San Giovanni. La showgirl resa famosa dalle pubblicità sta girando un episodio della nuova serie del commissario Montalbano. Set ovviamente blindato e off limits per tutti i fans di Belen, staccatasi dal cellulare e dal netbook per calarsi nella sonnacchiosa realtà dell’immaginaria Vigata dove si muove il poliziotto.
Delusi i fans, ai quali non è stato concesso dalla security neanche di avvicinarsi a Belen.
 
 

l'Unità, 24.6.2010
Dizionari d’autore
«Abecedario» Trecento minuti di video intervista con lo scrittore siciliano in un libro-dvd
In ordine alfabetico «Energia», «fascismo», «regia»: libere riflessioni sulla poesia e la politica
Il gioco delle parole raccontate
Camilleri dalla A alla Zeta

L’«Abecedario» di Andrea Camilleri (curato da Nanni Balestrini e Ilaria Bussoni per Derive Approdi) è un dizionario speciale pieno di sorprese... Lo scrittore siciliano naviga nel mare della memoria.

Era ineluttabile l’incontro tra Andrea Camilleri e la collana «Abecedari» delle edizioni Derive Approdi, curata da Nanni Balestrini e Ilaria Bussoni. Che lo scrittore di Porto Empedocle avesse una predilezione per la forma-dizionario e lo schema lemmatico lo avevano già dimostrato tre suoi libri: “Il gioco della mosca” (1995), elenco di modi di dire siciliani usati come spunti per piccole narrazioni; “Le parole raccontate” (2002), rassegna di vocaboli ripescati da una lunga carriera di regista teatrale; “Voi non sapete” (2007), catalogo di «concetti» rinvenuti nei pizzini di Bernardo Provenzano.
Gli Abecedari, sull’esempio della famosa video-intervista a Gilles Deleuze realizzata da Claire Parnet nel 1988-1989, sono libri/DVD in cui scrittori e filosofi si raccontano, improvvisando su termini proposti in ordine alfabetico. L’uscita precedente aveva come protagonista Edoardo Sanguineti, intervistato da Rossana Campo nel 2006. Ora tocca al più venduto degli scrittori italiani, intervistato da Valentina Alferj ed Eugenio Cappuccio (che firma anche la regia). Dalla neoavanguardia al popular: due diversi approcci al lavoro culturale, due concezioni della letteratura, due modi di essere intellettuali comunisti. «Intellettuali»? «Comunisti»? Esistono, nell’Italia di oggi, parole più demonizzate di queste?
Insert. Menu. Play. Al principio Camilleri si schermisce tanticchia, premette che l’operazione è a rischio d’inutilità, rievoca antichi disagi nel completare l’annuncio «È arrivato un bastimento carico di...?», ma figurarsi. Sappiamo già che prenderà il timone dell’intervista e condurrà la nave per i mari della memoria. Abbiamo scritto «nave», ma Camilleri usa un’altra metafora: si definisce un «superstite della zattera della Medusa». I compagni di naufragio si sono da tempo buttati in mare o divorati a vicenda; lui invece è lì, fieramente spaparanzato (non è un ossimoro, vedere per credere), sigaretta tra le dita, accendino sempre pronto. Trecento minuti e passa, un tour de force fabulatorio da Anomalia a Zibaldone, e sì, «”Basta!” è una bella parola», ma qui nessuno dice «Basta!», così il tempo... non basta e la parola eccede. I termini non inclusi nel montaggio finale sono nel booklet allegato ai DVD. Già, Camilleri non è come Rimbaud, che da ragazzo scrisse poesie bellissime poi visse altri trent’anni da autentico imbecille. «La vita gli è bastata troppo», commenta il Nostro. Lui non corre questo rischio, la sua vita è piena di scrittura, è il lavoro del racconto, in ottantaquattro anni non ricorda più di due-tre giornate di vero ozio. Dicono che scrive troppo. «Ma troppo rispetto a cosa?», domanda lui, e significa: «Non mi rompete i cabasisi!».
Da scrittore quale sono, ho apprezzato soprattutto le parole «energia» e «regia». L’uomo che in gioventù prendeva le serpi con le mani espone con chiarezza problemi scivolosi - e annosi - di prosodia, narratologia, rapporto concreto/simbolico e significante/significato. Poiché un vero cuore non ha... forma di cuore, non si può usare a teatro. E cosa intende Cechov quando, ne “Il giardino dei ciliegi”, scrive che «All’improvviso si leva un suono lontano, come cascato dal cielo, il suono morente e triste di una corda di violino che si spezza»? È un suono reale o metaforico? Come renderlo nella messa in scena?
Molto bella la distinzione tra l’energia della poesia e quella della prosa. Quanta forza può essere stipata in un sonetto, compressa come una molla? Quella della poesia è una spinta ascensionale, la molla scatterà verso l’alto. Quella della prosa, invece, è «un’energia nascosta, sotterranea, non ascensionale, che deve diffondersi nel tempo e in orizzontale». Una descrizione bergsoniana, deleuziana: ecco che un abecedario richiama l’altro. In fondo, Deleuze & Guattari avrebbero molto apprezzato la «lingua minore» di Camilleri.
L’atmosfera si fa più cupa quando Camilleri riflette sul fascismo e la sua «imbecillità sovrumana», o sul G8 di Genova come «prova generale per un golpe di destra». Più avanti, scherzosamente, evocherà l’acronimo «F.O.D.R.I.A.», coniato da Guglielmo Giannini per sfottere Togliatti: le Forze Oscure Della Reazione In Agguato. Ma è uno scherzo amaro, perché se c’è una cosa che la storia d’Italia ci ha insegnato, è che tali forze esistono e il loro agire ci ammorba. Il giovane Camilleri iniziò la sua personale fuoriuscita dal fascismo dopo aver letto “La condizione umana” di André Malraux. Quale libro, quale narrazione, quale «scatto di molla» ci spingerà oltre l’infra-umana imbecillità odierna?
L’”Abecedario” contiene molto altro: riflessioni non conformiste sul rapporto politica-magistratura, ricordi di una Roma d’antan che sembrano quadri di Magritte (i due ombrelli «amanti» che si suicidano all’alba), fiabe e tragedie, e mai una volta - almeno così mi è parso - viene menzionato Montalbano. Questo è un Camilleri libero: libero dall’importuna presenza del suo personaggio seriale, felicemente radicale come altri «grandi vecchi» (penso al Monicelli dell’intervista a Raiperunanotte). Una visione consigliata a ogni estimatore di Camilleri. Qui sentirete «trite parole» (cit. Umberto Saba) che nessuno osa più utilizzare, chessò: «antifascismo», «capitale», amore che fa rima con cuore... Parole che, in virtù di un’energia «nascosta» e orizzontale, suonano più nuove di qualunque neologismo.
WuMing 1
 
 

Corriere della Sera - Sette, 24.6.2010
Libri
Beato il Paese che ha un eroe come Montalbano
Nuova inchiesta del commissario più amato dagli italiani. Tra le eroine della storia, una bambola gonfiabile

Non ne ho purtroppo le capacità ma mi pia­cerebbe intonare un Te Deum di ringraziamento in onore di Andrea Camilleri. Per i suoi libri, ovviamente, ma anche per la sua perso­na, il suo modo d'essere e di fare. E per questa nuova inchiesta di Montalbano, La caccia al tesoro, che è molto bella, forse la più bella di tutte (ed è una gara assai dura).
Il romanzo non comincia come al solito con la scena del risveglio del commissario dall'incubo nelle cui grinfie si è dibattuto durante la notte. Per questioni di servizio, stavolta Montalbano la notte la passa direttamente in bianco. Deve sbrigare una faccenda strana e pericolosa. Gregorio Palmi sano e sua sorella Caterina, due tipi fanaticamente devoti, beghini, persone «chiesastre», sono in realtà due pazzi furiosi che, asserragliatisi in casa, sparano dalle finestre ai passanti. Montalbano, co­me un poliziotto dei film e telefilm polizieschi americani, li affronta nel corso di una brillante operazione (come si scrive nei verbali polizieschi italiani). L'impresa del com­missario viene trasmessa in tv, reti locali e nazionali, e il nostro eroe ci fa una stupenda figura. Ma Montalbano non è contento. Una brutta sensazione gli è rimasta incollata ad­dosso da quando, sgominati i due pazzi, che di professione facevano gli antiquari, ne ha ispezionato la casa trovando in un camerone una foresta di crocifissi, di varia fattura e di­mensione, una composizione spettrale, spa­gnolesca e granguignolesca, che ha procurato al commissario paura e inquietudine. Non è finita qui. Nella camera da letto di Palmisano, Montalbano si è poi imbattuto in tutt'altro tipo di sorpresa, una bambola gonfiabile di primissima generazione, ormai decrepita, mutilata e ridotta quasi a brandelli. Una pupa (così, sicilianamente, il commissario chiama la bambola) che da sola racconta l'estrema desolazione di una vita. A partire da questa bambola si dipana il romanzo sia sul versante comico che su quello tragico (decisamente hard nel finale). Malgrado le paturnie dovute all'età (andropausa, questa sconosciuta), il commissario appare in gran forma. Sfoga le sue idiosincrasie linguistiche verso parole oggi in voga quali «rottamare, precariato, contingenza, incapienti, bacchettare, pregresso», che gli fanno «firriare i cabasisi». Mentre cre­do che ami molto quella bellissima parola, «spinno», che nelle lingue me­ridionali significa desiderio, voglia, voglia di vedere una persona, di mangiare una cosa. Ed è in gran forma, il commissario, anche con le sue ironie nei confronti della pignoleria ana­grafica di Fazio e, soprattutto, dell'hidalghe­ria sessuale ormai decaduta (in seguito a ma­trimonio e figliolanza) di Mimì Augello, il quale sollecitato da Montalbano a ricorrere, per il bene delle indagini, alla sua perizia nell'arte di piacere alle donne confessa: «Sal­vo, non so se ci ho perso la mano».
Beato il Paese che ha un eroe come Montalba­no, uno scrittore come Andrea Camilleri.
Antonio D’Orrico
 
 

Il Salvagente, 17-24.6.2010
Montalbano e le bambole
Nel neoarrivato "la caccia al tesoro", storia di un tragico rapimento, Camilleri fruga negli angoli bui della mente.

È davvero instancabile! Andrea Camilleri ha ancora in classifica l’ultima sua creatura (“Il nipote del Negus”, senza Montalbano), che già lancia in orbita La caccia al tesoro (Sellerio, 271 pagine, 14 euro) con il commissario protagonista.
Diciamo che stavolta Montalbano parte alla larga. Per quasi la metà del racconto è alle prese, infatti, con due bambole di gomma. Non due Barbie, però, ma del tipo che usano uomini tristissimi quando hanno problemi di sesso che non riescono ad affrontare altrimenti.
Queste due bambole tra loro sono “pricise, identiche”, come direbbe Catarella. E piuttosto malconce, perché risentono dell’usura degli anni: senza un occhio, con cerotti per tappare i buchi e non farle sgonfiare, un capezzolo scorticato.
Insomma, non un bello spettacolo. Ma come si può indagare sull’abbandono di due creature di gomma? È vero che sono molto “verosimili”, tanto che Adelina, la fida cuoca-tuttofare di Montalbano, trovandole in casa, si spaventa al punto da finire in ospedale. Ma non c’è traccia di delitto.
Non ancora almeno, perché poi inizia la vera e propria caccia al tesoro, con una serie di bigliettini enigmatici, recapitati al commissario. Versi che sembrano banali, ma contengono indicazioni precise.
Scompare, intanto, Ninetta, bella picciotta, figlia di poverissima gente. Non si può pensare, quindi, a un sequestro per ottenere un riscatto. E neppure a una fuitina, perché la madre della ragazza è malata di cuore e lei le avrebbe fatto almeno una telefonata per rassicurarla.
Rapita, quindi: ma come e - soprattutto - perché? Qui il racconto incrocia la vicenda delle bambole. Anche Ninetta, infatti, ha il suo doppio: una coetanea che le somiglia molto e che, di tanto in tanto, si prostituisce, come sa bene Mimì Augello, il vice di Montalbano che non riesce mai a essere completamente fedele a Beba, sua moglie.
Il finale è decisamente splatter e non vi diamo alcun elemento per individuare il colpevole, anche perché è fin troppo facile scoprirlo.
Camilleri vuol portare, stavolta, in primo piano i recessi oscuri della mente. Ma il racconto e gli espedienti della trama non si fondono perfettamente e finiscono per sembrare un pretesto utile solo a preparare il Grand Guignol finale.
Rocco Di Blasi
 
 

ANSA, 24.6.2010
E' di Faletti libro 2009 piu' stampato
'Io sono Dio' e' al top della classifica Siae, secondo Camilleri

Roma - C'e' Giorgio Faletti, con il suo 'Io sono Dio', al top della classifica dei libri piu' stampati nel 2009 messa a punto dalla Siae. Nella top anche Camilleri, con 'Un sabato con gli amici'. Chiude la classifica il volume firmato a due mani da Augias e Mancuso 'Disputa su Dio e dintorni'.
 
 

Farefuturo Web Magazine, 24.6.2010
Ma li chiamano bamboccioni...
Gioventù sprecata o gioventù viziata?
Marco Iezzi, Tonia Mastrobuoni, “Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi”, Laterza (2010), pp. 224, euro 16,00

«Oggi per i giovani il problema non è di essere bamboccioni, ma di non fare la fine dei barboni…». Lo scrittore Andrea Camilleri è ben disposto verso una generazione per la quale inserirsi nel mondo del lavoro «è come scalare l’Himalaya». L’autore di Montalbano non ci sta a parlare di “generazione abulica”, un’etichetta confutata dalla «quantità di ragazzi che fanno volontariato». Il fatto è che «la loro voglia di fare, le capacità e le energie vengono continuamente frustrate». E se la sua generazione, quella che ha vissuto la guerra e che dopo ha ricostruito l’Italia, aveva «tanta voglia di fare, ma soprattutto la consapevolezza che questa voglia avrebbe portato a qualcosa. Oggi si ha la sensazione che per i giovani sia tutto ingessato» ed «è un miracolo che i ragazzi non si abbandonino alla disperazione e all’abulia».
Camilleri è uno dei sei “saggi” intervistati nel libro “Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi”, scritto da Marco Iezzi e Tonia Mastrobuoni. Un volume di circa duecento pagine in cui gli autori - oltre a dare voce ai giovani che ce l’hanno fatta restando in Italia e a chi per affermarsi ha dovuto lasciare il paese - analizzano i fattori che hanno generato il fenomeno dei “bamboccioni”, con il corollario di situazioni che li inchiodano a una condizione paludosa, condannandoli a un futuro tutto in salita e avaro di prospettive.
[…]
Rosalinda Cappello
 
 

DGMag.it, 24.6.2010
“Acqua in bocca” di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli

I due re del giallo italiano contemporaneo, Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, uniscono le forze e ci regalano una storia che vede protagonisti i loro personaggi di maggior successo: il commissario Salvo Montalbano e l’ispettrice Grazia Negro.
A metterli in contatto in “Acqua in bocca” è un insolito omicidio in cui la vittima viene ritrovata con un pesciolino in bocca: il caso è nelle mani di Grazia Negro, che, resasi conto di non trovarsi di fronte a un delitto di ordinaria amministrazione, chiede aiuto al collega siciliano.
I due scopriranno di avere a che fare con i servizi segreti deviati e nelle indagini rischieranno la propria stessa vita.
Il libro è reso unico e appassionante dalla sua struttura: invece che un romanzo convenzionale, è un collage di lettere, biglietti, ritagli di giornale, rapporti e verbali, pizzini che fanno rocambolescamente la spola fra i due detective, stimolando e accompagnando il lettore nella ricostruzione dell’indagine, che si conclude con un finale mozzafiato.
Una jam session fra due narratori geniali che si divertono a far interagire il loro immaginario e il loro stile, una lettura imperdibile.
Gli autori hanno scelto di devolvere i proventi derivati dai diritti d’autore per sostenere progetti di beneficenza, in particolare: Andrea Camilleri a favore dell’Associazione San Damiano onlus per la realizzazione di una scuola nel lebbrosario di Ambanja, in Madagascar e Carlo Lucarelli a favore dell’Associazione Papayo per la realizzazione di una scuola in Sierra Leone.
 
 

Pegasus Descending, 24.6.2010
Camirelli o Lucalleri?

In due hanno venduto oltre venti milioni di copie nel mondo: Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri. Per la prima volta si cimentano in un romanzo a quattro mani da ieri in libreria, Acqua in bocca, edito da minimum fax, una storia gialla in cui l’ispettrice Grazia Negro e il commissario Salvo Montalbano si incontreranno sulle stesse pagine e sotto la stessa copertina (e coperta?). Ovviamente non c’è molto altro da aggiungere, non sapendo, effettivamente, se in questo caso siano più celebri gli autori o i personaggi partoriti dalla loro penna. Probabilmente entrambi, un bel due a due e palla al centro. Lo schema del libro ruota intorno a una tipologia piuttosto familiare per Camilleri e un po’ meno per Lucarelli, ovvero una sequela di materiale cartaceo in fiction già visto, ad esempio, ne La concessione del telefono, La scomparsa di Patò o nel recente Il nipote del negus.
 
 

La Stampa, 25.6.2010
La prosa di Montalbano, il vizietto del filosofo

Commissario killer
I servizi segreti (italiani) sono cattivissimi: tanto che hanno spinto il commissario Montalbano a programmare un omicidio, a denudare una 007 italiana peraltro bellissima e ferocissima, ad abbandonarla ubriaca in mezzo a una strada di Milano Marittima: in una parola a comportamenti quantomeno inattesi. In compenso, però, ci hanno fatto dono della sua prosa: non quella di Andrea Camilleri, ma proprio quella di Salvo Montalbano. Accade in Acqua in bocca, giallo epistolare scritto con Carlo Lucarelli. Da una parte il commissario siciliano, dall’altra l’ispettrice Grazia Negro, ben nota ai lettori di Lucarelli (e persino, guest star per una pagina, l’ispettore Coliandro).
Acqua in bocca, nato da una chiacchierata di cinque anni fa al cospetto di Daniele Di Gennaro, l’editore di Minimum Fax, arriva ora in libreria per la casa editrice romana. È un’avventura molto «nera», molto dura, con un’allusione esplicita a Cia e Sismi, al suicidio del dirigente Telecom Adamo Bove, quattro anni fa, al sequestro di Abu Omar. Ma soprattutto, data la forma scelta dagli autori, è anche la prima volta in cui Montalbano deve mettere se stesso su carta; il che vuol dire esprimersi in un italiano ben più formale. Bisogna dire che Camilleri è riuscito, con l’abituale virtuosismo, a conservargli la particolare cifra linguistica anche in un contesto così diverso. I lettori saranno entusiasti. Gli 007, chissà.
[…]
Mario Baudino
 
 

Affaritaliani.it, 25.6.2010
L'inchiesta/ Dopo Lucarelli & Camilleri, altri giallisti italiani pronti a "gemellarsi"...
IL CASO EDITORIALE/ Dopo Camilleri e Lucarelli, in uscita per Minimum Fax con "Acqua in bocca" (giallo a "quattro mani" definito "il caso editoriale dell'anno"), altre operazioni simili potrebbero seguire... E' quanto emerge dal viaggio di Affaritaliani.it tra i nostri autori noir. Gianni Biondillo: "Pur non inventando nulla di nuovo, Camilleri e Lucarelli hanno fatto benissimo. Io addirittura proporrei un libri a 10-15 mani tra noi giallisti...". E Donato Carrisi: "Sogno un romanzo a quattro mani con Faletti...". Mentre Giuseppe Genna scriverebbe volentieri insieme a uno tra "Valerio Evangelisti, Wu Ming 1 e Tommaso Pincio, anche se qualcosa di sottilmente agghiacciante avverrebbe con Giulio Mozzi...". Più scettico Andrea Vitali: "Sono uno scrittore solitario. Se mi proponessero un libro a quattro mani con Camilleri? Come scrittore lo stimo, ma la vedo davvero dura... Semmai l'unico con cui potrei provarci è Alessandro Perissinotto". LE INTERVISTE

Quello che si è autodefinito "l'evento editoriale dell'anno", il libricino (108 pagine) scritto a quattro mani da Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli in uscita per Minimum Fax dal titolo "Acqua in bocca", non è passato certamente inosservato nel fin troppo folto e variegato mondo degli scrittori noir italiani (in Italia come in Scandinavia, si sa, i giallisti spuntano come funghi e non è facile individuare le rare eccezioni di qualità). Abbiamo chiesto ad alcune tra le nostre voci letterarie più interessanti in questo campo, Gianni Biondillo, Donato Carrisi, Giuseppe Genna e Andrea Vitali, un parere sull'operazione. In più, abbiamo cercato di capire se il gemellaggio Camilleri-Lucarelli (non certo una novità per la nostrana letteratura, come d'altronde sottolinea Biondillo, che in ogni caso è più che favorevole all'operazione) può rappresentare l'inizio di una serie di iniziative simili. Ed effettivamente il "rischio" c'è..
Gianni Biondillo è categorico: "Io sono per prima cosa un architetto. Lavorare con gli altri nel mio campo è la norma. L'idea romantica dello scrittore solitario chiuso nella sua stanza va cestinata, fa parte del passato. Basti pensare agli sceneggiatori per il cinema e la tv di cui oggi tanto si parla. Io ho ho già scritto due libri a quattro mani, e sono prontissimo a ripetere l'esperienza. Che, tanto per essere chiari, non rappresenta certo una novità. Restando al campo del giallo, ad esempio, vogliamo scordarci di Fruttero e Lucentini? Camilleri e Lucarelli hanno fatto benissimo, trovo divertente la loro scelta e spero che vendano sei milioni di copie visto che i proventi derivati dai diritti d'autore andranno in beneficenza!". Poi propone: "Io sarai addirittura per realizzare un maxi-romanzo collettivo che veda protagonisti almeno dieci-quindici scrittori noir italiani. Un capitolo 'aperto' a testa, e si (ri)parte da quello che ha scritto il collega lasciando in sospeso la storia. Sarebbe una bella sfida, ma anche in questo caso sarebbe qualcosa che è già stata fatta molti decenni fa...".
Con il suo thriller d'esordio, "Il Suggeritore" (Longanesi), Donato Carrisi  è stato lo scrittore italiano debuttante più venduto lo scorso anno, raggiungendo le 200mila copie (adesso si prepara a tornare in libreria a maggio 2011 col secondo romanzo). L'autore pugliese si augura che la collaborazione tra Camilleri e Lucarelli non resti un caso isolato: "Ho avuto modo di leggere un lungo estratto da 'Acqua in bocca' e mi ha colpito positivamente. Si tratta di un'operazione particolarmente riuscita, che ha visto confrontarsi due grandi nomi del giallo all'italiana, e spero rappresenti l'inizio di una serie di operazioni simili. Anche perché tra noi scrittori capita di confrontarsi, ma privatamente. Camilleri e Lucarelli hanno trasformato questi confronti in un'opera d'arte in grado di arrivare al grande pubblico. Con chi mi piacerebbe scrivere un libro a quattro mani? Non ho mai nascosto la mia affinità con Faletti, ma finora non ho trovato il coraggio di fargli una proposta del genere. Chissà un giorno... Magari leggerà quest'intervista!".
Giuseppe Genna non vuole essere definito un autore di noir, ma di "spy-story" ("Ci tengo alla specifica, poiché il mio prossimo libro - che uscirà per Einaudi Stile Libero - è una spy-story e, di fatto, ho sempre scritto di intelligence internazionali"):  "Incrociare prospettive, mettere a confronto esperienze generazionali differenti, geografie distanti... mi pare che si tratti di un'operazione azzeccata. Va detto che non ci troviamo di fronte alla nascita di un nuovo autore, Carlo Andrea Camilleri Lucarelli: è semplicemente un incontro gioiosamente morboso tra persone che, del crimine e dell'umanità che ne sprigiona hanno fatto una poetica senza volere cambiare la storia della letteratura. Non comprenderei eventuali polemiche intorno a questo momento di gioia dello scrivere e del leggere". Genna è anche favorevole a un'eventuale operazione simile che lo vedrebbe protagonista in prima persona:  "Assolutamente sì, ci sono almeno tre scrittori con cui adorerei letteralmente confrontarmi, osmotizzarmi e nel caso confliggere in scrittura: e sono Valerio Evangelisti, Wu Ming 1 e Tommaso Pincio. Devo ammettere però che, se potessi allontanarmi dal genere e potessi scrivere qualcosa di sottilmente agghiacciante è con Giulio Mozzi che mi piacerebbe lavorare. Non so se questi miei desiderata siano reciproci, tuttavia". E un romanzo a quattro mani con Camilleri, Genna lo scriverebbe? "Sì e per due motivi precisi: sono di origine siciliana e stento a leggere le invenzioni idiolettiche di Camilleri; e poi perché ne ammiro la saggezza, la scrittura e le posizioni politiche".
Andrea Vitali, medico-giallista di Bellano autore di annuali bestseller ambientati nei dintorni del lago di Como tradotti in tutto il mondo (nel 2009 il suo  "Almeno il cappello", Garzanti, è finito quinto allo Strega), commenta così l'operazione "Acqua in bocca": "Non ho letto il libro che hanno scritto a  quattro mani ma ne ho sentito parlare. Posso solo dire che non sarei in grado di scrivere con qualcun altro, nemmeno 'a distanza' come hanno fatto loro due. Sono uno  scrittore piuttosto solitario... Se mi proponessero un libro a quattro mani con Camilleri? Come scrittore lo stimo, ma la vedo davvero dura... Semmai l'unico con cui potrei provarci è Alessandro Perissinotto".
Antonio Prudenzano
 
 

Gazzetta del Sud, 25.6.2010
Ecco il noir epistolare e ironico di Lucarelli e Camilleri

"Acqua in bocca", scritto a quattro mani da Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli ed edito da Minimum Fax (pagg. 108, euro 10) e che è da ieri in libreria, nasce come un gioco e diventa una sfida non sempre facile e, alla fine, un racconto noir ironico e in cui i due autori, tra i nostri maggiori scrittori di gialli, si mettono in gioco facendo incontrare e lavorare assieme i due propri celebri protagonisti, il commissario Salvo Montalbano di Vigata e l'Ispettrice capo Grazia Negro di Bologna.
Il libro si costruisce via via in forma epistolare: Grazia Negro scrive chiedendo aiuto a Montalbano e questi le risponde e, visto il pericolo dell'indagine, in cui sono coinvolti i servizi deviati, continueranno a comunicare per scritto per cercare di non far capire di conoscersi. Ecco così che parte Lucarelli, parlando di un omicidio misterioso, con un uomo soffocato con un sacchetto di plastica e trovato con accanto due pesci rossi morti. E Camilleri risponde prendendo tempo, con l'ironia propria del suo creatore: «Sono molto indeciso se darti una mano o no, perché tu mi sembri una che le rogne va a cercarsele. E la rogna è contagiosa», ma il fatto che si tratti di una indagine "privata" non autorizzata naturalmente lo coinvolge stuzzica.
Ogni volta che uno dei due scrittori scrive all'altro, nelle vesti del proprio personaggio, porta avanti la storia, propone un tassello che è una sfida a trovare, a inventare un seguito, una risposta plausibile, un indizio che si possa inserire nel puzzle generale, di cui però nessuno conosce il possibile finale, almeno sino a un certo punto. Tra l'altro ecco che ambedue sottolineano la gelosia dei compagni dei rispettivi personaggi, l'insegnante cieco Simone Martini di Grazia e Livia Burlando di Salvo, davanti a questo misterioso scambio di missive.
Tornano tanti caratteri, perché i due autori comunque si divertono: Montalbano spedisce cannoli con dentro nascoste missive, e ne riceve in cambio pregiati tortellini fatti a mano su invito del Sig. Lucarelli, sotto i quali non manca anche un bigliettino di Grazia. Di lettera in lettera i due finiranno per ritrovarsi assieme, a Milano Marittima, «un vero ossimoro» come lo definisce il commissario siciliano, che comunque scopre una cioccolateria di conterranei e ne fa il proprio quartier generale. Di più non si può dire...
Paolo Petroni
 
 

Corriere Informazione, 25.6.2010
Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli: non abbiate... Acqua in bocca, i proventi vanno in beneficenza

“Acqua in bocca”, un romanzo che ha le credenziali per avere un grande successo. Basta dire semplicemente il nome dei due autori che hanno collaborato nell’idea e nella stesura del romanzo: Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, due maestri del giallo firmato all’italiana.
La Sicilia e l’Emilia Romagna, almeno sulle pagine di un libro si incontrano e incrociano i loro destini e i loro personaggi immaginari.
Cosa succederebbe in un romanzo che vede come protagonisti la “coppia” di investigatori Salvo Montalbano e Grazia Negro?
Certamente un connubio di cellule grigie e di ipotesi brillanti da verificare e, per i più romantici, lasciamo sperare anche un incontro romantico.
I proventi delle vendite
Per i due autori, lontani come fascia generazionale (40 anni di differenza) ma vicini nelle passioni e nelle idee, il progetto si è tramutato in una sfida ma anche in un’occasione per fare del bene. I proventi del libro, infatti, andranno in beneficenza per la costruzione di scuole in luoghi in cui le malattie e la povertà regnano sovrane. Solo attraverso la cultura, secondo i due autori, questi popoli potranno affrancarsi e migliorare il loro tenore di vita. Ed è per questo che l’acquisto di ogni singolo libro diventerà non soltanto un piacere per chi lo legge ma anche un’occasione per dare una mano all’ Associazione San Damiano onlus (scelta da Camilleri) che opera nel lebbrosario di Ambanja, in Madagascar, e all’ Associazione Papato (scelta da Lucarelli) a Sierra Leone.
La base di questa collaborazione tra i due autori è stata una stima reciproca di sia dall’aspetto professionale sia da quello umano. Stesso tema ma differenti approcci, Lucarelli, infatti, tinge i suoi gialli con sfumature di “noir”, tonalità che l’autore siciliano trapiantato a Roma non tocca mai.
La Trama
La storia inizia con Grazia Negro che inizia una corrispondenza epistolare con Salvo Montalbano in merito a un mistero che tocca anche le coste “di giurisdizione” del collega siciliano.
“Un gioco di scambio di materiali, che provengono da un’inchiesta non ufficiale” così come lo definisce lo stesso Lucarelli, che permette il districarsi della matassa. E da qui, appunto, nasce il titolo del libro: Montalbano e Negro, infatti, decidono di non rivelare la loro collaborazione.
“Due modi di investigazione – precisa Camilleri - che si confrontano e si sfidano”.
Siamo certi e la soluzione del caso non mancherà ma ai fans dei due investigatori si lascia la scommessa di chi dei due risolverà il caso.
Marcella Sardo
 
 

Alfonso76, 25.6.2010
Recensione Acqua in bocca di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli

Ho una sola, piccolissima critica da muovere: la postfazione di Daniele Di Gennaro - splendida, e perfetta nel raccontare il climi giocoso e competitivo assieme di due scrittori lanciati in un botta e risposta letterario - è talmente intrigante che avrebbe meritato addirittura di esser letta PRIMA del romanzo stesso. I miei più sinceri e formidabili complimenti a Di Gennaro e alla minimum fax tutta, che regala agli appassionati del genere un duetto assolutamente imperdibile.
A voler essere sinceri, un doppio duetto. Il primo è evidentemente quello fra Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri, che riescono nel bel miracolo di conservare intatte le proprie prerogative narrative senza rendere "Acqua in bocca" un testo dissonante. I due si piacciono e si stimano, giocano a rilanciarsi il plot da una scrivania all'altra, in un romanzo costruito su ritagli di giornale, rapporti, e soprattutto epistole.
Epistole scambiate fra i due protagonisti del secondo duetto: il commissario Moltalbano (naturalmente) e l'ispettrice Grazia Nero. Sarebbe sufficiente per gli amanti del genere giallo e per la sua scuola italiana, che trova nei due scrittori ed in questi due personaggi in particolare un vero filone d'oro, ma tenetevi forte: nel continuo gioco di rimbalzo fra i due, opportunamente accomunato ad una jam session jazzistica o ad una infinita partita di tennis giocata gioiosamente, compariranno Coliandro, Catarella, Mimì Augello, la sempre più rompiballe Livia...
Non si tratta però unicamente, è bene precisarlo, di una chicca per appassionati; nel suo stile volutamente intermezzato e con le continue trovate di entrambi gli autori, si sviluppa una trama ricca, ironica, dura nei suoi riferimenti all'attualità. In un intreccio fra il noir bolognese ed il giallo siculo si produce una storia dal ritmo serrato, continui colpi di scena, un finale coerente eppure sorprendente.
 
 

Libriamoci, 25.6.2010
Vado or ora a comprarmelo.
"Acqua in bocca" - Camilleri e Lucarelli ci hanno messo 5 anni

5 anni.
Ci hanno messo 5 anni Camilleri e Lucareli per scrivere questo libro a quattro mani.
E' un po' come se si mettessero ad investigare insieme Sherlock Holmes e Miss Marple o, più pertinentemente, Grazia Negro e Montalbano.
Acqua in bocca, nato da una chiacchierata di cinque anni fa al cospetto di Daniele Di Gennaro, l’editore di Minimum Fax, arriva ora in libreria per la casa editrice romana.
È un’avventura molto «nera», molto dura, con un’allusione esplicita a Cia e Sismi, al suicidio del dirigente Telecom Adamo Bove, quattro anni fa, al sequestro di Abu Omar. Ma soprattutto, data la forma scelta dagli autori, è anche la prima volta in cui Montalbano deve mettere se stesso su carta; il che vuol dire esprimersi in un italiano ben più formale.
Bisogna dire che Camilleri è riuscito, con l’abituale virtuosismo, a conservargli la particolare cifra linguistica anche in un contesto così diverso.
I lettori saranno entusiasti. Gli 007, chissà.
 
 

Il Venerdì, 25.6.2010
Noir di Repubblica e L’espresso
Andrea Camilleri e gli enigmi della donna con «Il tailleur grigio»

Adele è la giovane, e molto affascinante, moglie di Febo Germosino, un alto funzionario di banca da poco in pensione. Una lettera anonima mette in testa all'uomo il sospetto che lei lo tradisca, e nasconda la sua seconda vita dietro un abito molto castigato. Ma che per lei ha un significato profondo, che per Febo sarebbe meglio non conoscere. Con Il tailleur grigio (2008) di Andrea Camilleri, da mercoledì 30 giugno in edicola con Repubblica o L 'espresso (a 7,90 euro in più rispetto al prezzo dei giornali), parte una collana in dieci libri dedicata al Noir.
[…]
m.r.
 
 

La Repubblica, 26.6.2010
L'iniziativa
Giornata Internazionale contro la tortura
Il racconto delle vittime in uno spettacolo

In 111 paesi l'uso di metodi degradanti per la dignità umana è ancora frequente. Oltre 400 mila rifugiati in Europa, in fuga da situazioni orribili. In scena stasera a Roma i testimoni. Ingresso libero

Amnesty International, nel rapporto di quest'anno, ci ricorda che sono almeno 111 i paesi nel  mondo dove la tortura viene regolarmente praticata. Per questa ragione oltre 400.000 persone si sono rifugiate in Europa, e ogni anno aumentano di oltre 65.000 unità. L'obiettivo di sconfiggere la tortura nel mondo costituisce dunque, ancora oggi, una delle sfide più impegnative per la comunità internazionale. Sfida che deve essere affrontata su piani diversi: su quello giuridico, costruendo e imponendo un sistema internazionale di norme che prevengano e reprimano davvero il fenomeno, e su quello sociale, attraverso il sostegno e la riabilitazione delle vittime.
Sostegno e riabilitazione. Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) da anni è impegnato nella lotta per sconfiggere questo flagello e per dare sostegno alle vittime, tra le altre cose gestendo, fin  dal 1996, progetti specifici. Attualmente, ad esempio, sono in atto iniziative che hanno lo scopo di riabilitare i sopravvissuti alle torture e sono circa 610 gli utenti già presi in carico dal progetto, che è sostenuto dal Fondo Europeo per i Rifugiati e dal Fondo Volontario delle Nazioni Unite per le Vittime della Tortura. In palcoscenico. Stasera alle 21 -  in occasione della Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura  -  sul palcoscenico del Teatro Argentina di Roma, il CIR porterà in scena un gruppo di 14 rifugiati coinvolti nelle attività del laboratorio di riabilitazione psico-sociale, con lo spettacolo “Lampedusa Mon Amour...” ispirato liberamente alla tragedia di Eschilo “Le Supplici”.  L'ingresso è gratuito. Lo spettacolo è costruito nel laboratorio e ha richiesto un lavoro di cinque mesi da parte di Nube Sandoval e Bernardo Rey, registi e formatori. La presenza in scena di questi testimoni è un modo per rompere il complotto del silenzio e invisibilità che circonda da sempre la tortura e le sue vittime, un'occasione per ridare loro voce e legittimità.  Nel corso della serata, presentata da Jean-Léonard Touadi, verrà anche trasmesso il video che raccoglie le testimonianze sull'argomento di Andrea Camilleri e Moni Ovadia.
[…]
Carlo Ciavoni
 
 

Giornale di Brescia, 26.6.2010
Montalbano e Negro: in coppia si indaga meglio
Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli insieme hanno scritto «Acqua in bocca» con protagonisti il saggio commissario di Vigata e la giovane e irrequieta ispettrice bolognese, con scambio di lettere e «pizzini» nascosti tra vassoi di cannoli e confezioni di tortellini

Un gioco che non è uno scherzo. Un divertimento per chi scrive e per chi legge. «Acqua in bocca» è un esperimento più che riuscito, un romanzo scritto a quattro mani da due maestri: Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli. Due nomi che non hanno certo bisogno di presentazione. Con i loro protagonisti preferiti - il commissario Salvo Montalbano e l'ispettrice Grazia Negro - che si aiutano e si sfidano a vicenda per risolvere un caso di quelli che «mettono nei guai». Ma con loro ritroviamo Livia, Ingrid, Fazio, Mimì, Catarella e pure Coliandro e la Baldoni, presenze amiche e note che supportano i due investigatori che devono necessariamente restare sotto traccia, condurre la loro inchiesta segretamente, tenendo nascosto il fatto che stanno cercando di capire cosa sia successo ad un vigatese trovato morto a Bologna. Asfissiato da una busta di plastica che conteneva pesci rossi. Sullo sfondo un intreccio di vite che interessano anche i servizi segreti, deviati o no, che rendono davvero difficile l'indagine anche per quelli che si possono considerare due degli investigatori più brillanti della scena letteraria italiana. Con le loro peculiari caratteristiche: lei particolarmente vivace, determinata e sempre pronta all'azione; lui - con qualche anno di più - più saggio e pacato, filosofo e stratega.
L'idea del giallo scritto a quattro mani è arrivata durante le riprese per un documentario, 5 anni fa - spiega l'editore Daniele di Gennaro -, quando tra Camilleri e Lucarelli si creò subito un grande feeling, un affiatamento magico e stupefacente che sorprese chi li stava osservando e riprendendo. «Seri ma leggeri» i due scrittori si sono divertiti ad inventare una storia, e l'editore ha colto la palla al balzo: metterla nero su bianco. Ma come? La risposta è arrivata da Camilleri: prendendo spunto da un romanzo di Dennis Wheatley del 1936, scritto come un dossier in cui il delitto viene raccontato attraverso ritagli di articoli di giornale, documenti ufficiali di forze dell'ordine e magistrati, verbali di polizia giudiziaria (metodologia peraltro non nuova allo scrittore siciliano, come dimostra anche il suo recente «Il nipote del Negus» edito da Sellerio).
Il problema è che Montalbano e la Negro non possono comunicarsi ufficialmente i risultati delle loro indagini e così escogitano divertenti metodi per eludere ogni possibile intercettazione: il commissario di Vigata invia i suoi pizzini nei cannoli che fa arrivare a Bologna, la Negro risponde a suon di tortellini con tanto di ricetta per il brodo.
Dalla Sicilia partono insoliti messaggeri come Ingrid, e ne dovrebbero arrivare altri come Catarella (che però si perde per strada sbagliando treni e coincidenze); e a Milano Marittima, dove Montalbano e Grazia Negro si incontrano, compare anche l'ispettore pasticcione Coliandro, che incappa accidentalmente negli altri due poliziotti.
Camilleri e Lucarelli si sono divertiti a scrivere «Acqua in bocca», noi ci siamo divertiti a leggerlo.
Daniela Zorat
 
 

La Repubblica, 26.6.2010
Il realismo si e' tinto di noir

Un gentile lettore la scorsa settimana ha scritto a Repubblica per lamentare il fatto che anche questa estate, come tutte le estati, la Rai programma le repliche della Signora in giallo: gli stessi episodi, tutti gli anni, visti e rivisti, aggiunge il lettore, «con esito scontato» (probabilmente intende affermare che l'esito fosse scontato già all'epoca della prima messa in onda). In effetti la Rai potrebbe (come al solito) sforzarsi un po' di più, ma il fatto è che il genere giallo, noir, poliziesco, di indagine o comunque lo si chiami o colori è la chiave di lettura contemporanea della realtà. Lo è, o è ritenuto esserlo: il che, nei territori dell'immaginario, è su per giù la stessa cosa. Per rispondere a quel lettore lo si potrebbe allora rimandare all'inserto speciale della rivista francese Lire, dedicato al genere del poliziesco, che in quella sede viene dichiarato il "preferito dei francesi" (e, a giudicare dalle classifiche di vendita, si sarebbe potuto dire abbastanza tranquillamente anche "degli italiani"). Oppure indicargli i siti e i blog letterari dove, negli ultimi anni, la questione dei generi letterari e la presunta egemonia del giallo e del noir nell'editoria italiana odierna è stata dibattuta fino a quella soglia critica in cui l'ennesima visione di un caro episodio della Signora in giallo torna a essere (in comparazione con il proseguimento della polemica medesima), del tutto desiderabile. O raccontargli delle delizie del crossover tramite cui gli investigatori di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli si incontrano in una recentissima opera a quattro mani, che è un po' come quando Pinocchio vede Arlecchino al teatro di Mangiafuoco o, in termini più pertinenti, quando i maggiori detective del pianeta collaborano e bisticciano sul set di Invito a cena con delitto o nelle pagine dell'edizione fruttero-lucentiniana del Mistero di Edwin Drood di Charles Dickens. Rimanendo nella programmazione televisiva, basta dare un'occhiata ai palinsesti, non solo estivi. Che sia un tg, un programma di rievocazioni storiche o una fiction, un morto ammazzato non guasta mai e, a differenza della donna nuda o dei mondiali di calcio (che dividono), mette d'accordo tutti. Specialmente nelle fiction minori, quelle scritte solo con il mestiere, ci si rende conto di come il "giallo" sia già un modello di trama, buono per tutte le occasioni. Se avete un personaggio da far recitare o avete un'idea particolare oppure, in mancanza di qualsiasi idea o di un'idea qualsiasi, lo fate detective (è il caso sia di Bud Spencer sia di Terence Hill): così avrete occasione di fargli ficcare il naso dappertutto, di mostrare qualche scorcio di centri storici e sordide periferie, di entrare negli ambienti sociali più diversi mentre la suspense è lì a disposizione, senza particolari sforzi di sceneggiatura. Parlare "in genere" non è mai bello, neppure quando il genere è un genere letterario. Almeno occorrerà non farne un unico minestrone, dove il mestolo può catturare di volta in volta Simenon, Scerbanenco, Gadda o putacaso Diabolik. In particolare, occorre non confondere, neppure per un attimo, le patologie cognitive e umane che rendono così geniali le figure dei detective storici (dal Dupin di Edgar Allan Poe al Marlowe di Raymond Chandler: ma risalendo sino a Edipo, se si vuole) con le più quiete anamnesi della maggior parte dei loro odierni epigoni. Perché poi alla fine la posta in gioco, nel poliziesco, è proprio il sapere: la distribuzione del sapere fra i personaggi (e quella fra autore e lettore). Nel tempo della narrazione, l'autore somministra pezzi di verità, a rilascio lento: basta un errore nel dosaggio e, come nella Promessa di Friedrich Dürrenmatt, l'incastro non riesce, la verità diventa inconoscibile, la promessa al lettore (ti darò la verità alla fine di un percorso iniziatico, divertente e sorprendente) finisce nel nulla. E infatti a questo suo capolavoro Dürrenmatt aveva aggiunto un sottotitolo: «Un requiem per il romanzo giallo». La storia, però, tanto va avanti quanto torna indietro. Così se all'epistemologia dürrenmattiana si possono affiancare i gialli "metafisici", le detection postmodern, ironie e meta-indagini di ogni sorta (da Jorge Luis Borges a Vladimir Nabokov, a Don De Lillo, a Thomas Pynchon), da un certo punto in poi si è fatto sempre più ostinatamente finta di nulla: sino a rendere lo schema classico (e positivista) delittoindagine-scioglimento una sorta di format passe-partout. Qui si incomincia a pensare che la forma del giallo diventa sostanza, interpretazione della realtà. Eppure Bertolt Brecht, che era Brecht, lo aveva già detto negli anni Trenta: «Il romanzo poliziesco, come i cruciverba, ha uno schema e rivela la sua forza nella variazione»; e Wystan H. Auden confessava: «Per me, e così per molti altri, la lettura dei gialli è un vizio come il tabacco ed l'alcool». Sintomi: l'intensità del desiderio, la sua specificità («Il racconto deve rispettare determinate regole»), la sua fugacità. Infatti: «Dimentico il libro non appena giunto alla fine, né provo il desiderio di rileggerlo». La morbosità accomuna sia la confessione di Auden sia la stroncatura della moda delle detective story da parte di Edmund Wilson: «Gli appassionati fanno un continuo parlare di gialli "scritti bene": è semplicemente un alibi per il loro vizio, come lo sono le ragioni che un alcolista può sempre trovare per una bevuta». Un senso di colpa originario porta il lettore a contatto con i racconti di delitti: si sente partecipe del clima di sospetto, e lo scioglimento della trama lo soddisfa anche perché gli conferma la sua innocenza. La chiave di lettura della realtà diventa, dunque, il senso di colpa? Il caso italiano poi è speciale, a causa della tara nazionale: i conti mai fatti con il passato; mai fatti perché abbozzati e lasciati lì mille volte. Nel colpevolissimo indugio della politica, i fantasmi insepolti del Grande Vecchio, del Burattinaio, del Collezionista di Automi non fanno ormai strisciare più le loro catene solo nelle segrete della Giustizia o in quelle della Storia, ma anche nei meno venerandi castelletti della Narrativa. Quelle Entità avvertite medianicamente dal dietrologo trovano la loro dimensione mediatica nella fantasia di un narratore, che "sa" poiché, pasolinianamente, "sa". Ma quel che si può viene a sapere dal giallo lo si sapeva già, e da tempo: ce lo insegna proprio, con tutte le sue repliche, la Signora in Giallo. Il vero problema è tutto ciò che da sempre e per sempre, nel giallo, s'ignora.
Stefano Bartezzaghi
 
 

Corriere di Gela, 26.6.2010
Il giallo siciliano rivisitato da Daniela Privitera

Si è parlato di autori di libri gialli, giovedì 17 giugno scorso, nel quadro della rassegna di incontri ed eventi artistico-culturali dedicata a Letizia Laccisaglia. L'occasione è stata data dalla presentazione del libro “Il giallo siciliano, da Sciascia a Camilleri”, della saggista catanese Daniela Privitera e pubblicato dalla Kronomedia, per la collana “Nuovi autori siciliani” curata da Rocco Cerro.
La manifestazione si è svolta sulla terrazza a mare del Tropicomed, organizzata dall'associazione “perletizia”, con la collaborazione del Corriere di Gela.
Il tema di grande attualità è stato dibattuto dall'autrice del libro insieme agli intellettuali gelesi Salvatore Parlagreco, giornalista e scrittore, e Marco Trainito, docente di filosofia e saggista. Davanti ad una cornice di pubblico attento e competente, la discussione si è sviluppata attorno alle figure-chiave di due dei più grandi autori contemporanei della letteratura siciliana, Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri.
Ha aperto la discussione Marco Trainito, il quale ha messo in evidenza gli aspetti filosofici del genere giallo, per poi soffermarsi proprio sull'opera di Sciascia e Camilleri; Salvatore Parlagreco, poi, ha messo in evidenza la controversa posizione di alcuni grandi della letteratura italiana, primo fra tutti Italo Calvino, secondo cui non può esistere un giallo siciliano.
Sollecitata a chiarire alcuni aspetti della sua ricerca, l'autrice del libro ha contribuito a creare una discussione effervescente e di ottimo livello culturale, con interventi tra il pubblico di Antonio Catalano, Rosario Cauchi, Enzo Castellana e di Federico Hoefer, che di Andrea Camilleri è stato amico di scorribande giovanili. E Hoefer, empedoclino come l'amico Andrea, ha offerto al pubblico una chicca letteraria. Camilleri cominciò ad occuparsi di giallo a seguito della misteriosa scomparsa della gatta dello scrittore. “Stavamo giocando a ping pong - ha raccontato Hoefer - nei piani superiori dell'abitazione di Camilleri. Ad un tratto, la pallina con cui stavamo giocando saltò fuori dalla finestra e la gatta, che ci stava seguendo nel gioco, andò appresso alla pallina di plastica precipitando giù per la strada, dove però non ci fu traccia della gatta. Ci fu una ricerca nella zona anche con l'ausilio di un vigile urbano, ma il felino, cui Camilleri era molto affezionato, non fu trovato, nè vivo nè morto. Da qui, l'interesse del mio amico Andrea per la letteratura giallista”. Tornando al saggio di Daniela Privitera - 123 pagine da leggere in un fiato - più che tracciare la storia del giallo siciliano, penetra con forte impeto intellettuale le tematiche poste dai “giallisti siculi”. Nel suo libro, l'autrice si sofferma su vari aspetti del genere: dal giallo-denuncia di Leonardo Sciascia (esempio di poliziesco engagé e illuminante spaccato della società mafiosa degli anni sessanta), al giallo per scherzo di Bufalino, dove lo scrittore comisano si cimenta in un poliziesco d'autore raccontando di un mistero, la morte di un editore, nella quale vengono coinvolte tutti gli ospiti della sua casa di vacanze, sulla falsa riga dell'omicidio sull'Oriente Express. La casistica del giallo siciliano - sostiene la Privitera - è varia perché “si passa dal giallo d'inchiesta de il giorno della civetta all'inganno torbido dei rapporti tra mafia e politica, al giallo ideologico fortemente polemico nei confronti delle istituzioni e dei corrotti reticolati del potere (todo modo, il contesto)”.
Nel bel libro di Daniela Privitera, possiamo apprezzare, ancora, una attenta carrellata di giallisti siciliani meno conosciuti ma non per questo meno bravi: Silvana La Spina, Santo Piazzese, Franco Cannarozzo (noto come Franco Enna), accomunati dal filo rosso della sicilianità.
Di Franco Enna, in gioventù, divenne amico Andrea Camilleri che lo incontrò nel suo soggiorno a Calascibetta. Quella del padre del commissario Montalbano è la figura che completa l'opera di Daniela Privitera che, nell'ultima parte del suo libro, parla del giallo che diventa “cinema” (si pensi ai film tratti da Sciascia), ma soprattutto “televisione” con la nota serie del Commissario Montalbano e del suo grande successo di pubblico che ha rilanciato le storie pubblicate prima della proiezione Tv e garantito una vendita notevole a quelle successive.
Insomma, con questa pubblicazione, la studiosa catanese mostra di possedere un retroterra culturale di natura umanistica molto possente, trattando di un genere che, come ricorda lei stessa nella premessa, pur ritenuto dalla critica militante e accademica un sottoprodotto della letteratura alta, si è imposto non solo dal punto di vista commerciale, ma ha coinvolto il gotha della nostra letteratura.
Emanuele Antonuzzo
 
 

Gazzetta del Sud, 26.6.2010
L'indagine di Lolita inquieta ispettrice col "corpo da dea"

Si avverte naturalmente, in "La circonferenza delle arance" (Sonzogno, pp. 218; euro 17) di Gabriella Genisi, un brusio di fondo, concreto, incancellabile, di voci vere in cerca di avventure e di fatti che transitano nella parola pronta a registrare tutto senza sussulti e alterazioni: costruita con la materia della parlata comune, con il tono basso e colloquiale in cui si avverte una recondita musica di concetti essenziali, di repentini agganci al peso della realtà.
[…]
Intorno, la città di Bari, "pentola che bolle in attesa della vigilia di Capodanno", si colma di personaggi minori e minimi, spesso caratterizzanti da confidenze e memorie (di scorcio compare pure, in libera uscita dalle pagine di Camilleri, il celebre commissario Salvo Montalbano).
[…]
Giuseppe Amoroso
 
 

l'Unità, 27.6.2010
Chef Camilleri
Crescenzio Sepe, e quei duemila mazzi di chiavi
Saverio Lodato / Andrea Camilleri
 
 

L'Informazione di Reggio Emilia, 27.6.2010
L'intervista. Due scrittori per due investigatori: ne è nato, "per divertimento", un romanzo epistolare
Una jam sessione per Salvo e Grazia
"Acqua in bocca", il romanzo a quattro mani di Lucarelli e Camilleri
Sergio Rotino
 
 

Libreria L'Indice, 27.6.2010
Acqua in bocca Camilleri vs Lucarelli

Un giallo scritto a "quattro mani" da due maestri del thriller.
Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri hanno fatto incontrare i loro personaggi simbolo Grazia Negro, la tenace poliziotta bolognese e Salvo Montalbano l'infaticabile commissario siciliano sono coinvolti in un caso di omicidi dai risvolti emozionanti e sorprendenti fino alla fine.
Arturo Magnifico, uno spedizioniere, viene trovato morto nel suo appartamento da un amico. Lo spedizioniere è morto soffocato, in gola gli è stato conficcato un esemplare di "betta splendens" e poi la testa è stata rinchiusa nella busta di plastica contenente gli altri esemplari di pesci rossi. Quale killer può essere stato ad adoperare un così strano modo di assassinare? Per la Negro e Montalbano le indagini si complicano quando si rendono conto che sono implicati anche i servizi segreti nella vicenda.
La costruzione del romanzo è originale, il lettore leggendo le lettere e i pizzini che i due commissari si scambiano è chiamato a partecipare alle indagini fino alla sorpresa finale, non mancano neanche gli sketch umoristici di Catarella.
Il copyright è stato devoluto per opere di beneficenza.
Luigi De Rosa
 
 

Il Giornalieri, 27.6.2010
“La caccia al tesoro” di Andrea Camilleri

Da accanito lettore di Andrea Camilleri ho avuto dalla lettura di questa ennesima inchiesta del Commissario Salvo Montalbano l’impressione di una certa stanchezza della vena narrativa ed inventiva di Camilleri.
Innanzitutto, in quest’opera la tecnica di scrittura dei romanzi sembra abbastanza scoperta. Alludo alla necessità di tener sempre desta l’attenzione del lettore, rinviando di volta in volta la soluzione dei o dei misteri. Per chi vuole approfondire: http://ilgiornalieri.blogspot.com/2010/05/lo-mio-maestro-e-donno.html
Camilleri sembra anche distratto, salvo ad aver usato una metafora, quando fa rizzare i capelli in testa a Montalbano! In verità, è noto che il personaggio Montalbano, se non ricordo male ispirato a un poliziotto veramente esistito, nasce nella fantasia di Camilleri con una folta chioma di capelli e un profilo imperioso. Ma la serie televisiva è stata interpretata dal Luca Zingaretti, fisicamente e fisiognomicamente molto lontano del personaggio Montalbano, tuttavia interprete superbo del Montalbano psicologico. Luca Zingaretti è quasi calvo e ha il capo rasato, quindi se gli rizzano i capelli in testa è una metafora anche piuttosto improbabile. Inoltre, l’immaginario televisivo dei lettori di Montalbano leggendo hanno in mente quando leggono volto, corpo e voce di Luca Zingaretti!
In questo romanzo Montalbano ha 57 anni, a differenza del commissario Maigret di George Simenon che non invecchia mai Montalbano invece invecchia. E 57 anni sono una bella età per Montalbano, posto che l’età della pensione è 60 anni. Come chi c’è passato sa, a 57 anni un commissario di polizia del tipo Montalbano è espertissimo, avendo coltivato l’arte del dubbio fin dai primi passi. Invece, Salvo fin da subito commette un primo grave errore (se non l’avesse commesso, bisogna dirlo, il romanzo non sarebbe stato in linea con i 18 capitoli e le 269 pagine - nell’edizione Sellerio – di cui obbligatoriamente si debbono sustanziare i romanzi della serie Montalbano), quello di non insospettirsi dell’irrompere nella scena di tale Alfredo, un ‘vintino’ somigliante a Harry Potter, il maghetto a mio parere ‘ntipatico della serie letteraria e cinematografica. Non bastasse la somiglianza, le domande che fa Alfredo e le intenzioni che manifesta (capire come funziona il cervello di Montalbano!), eccessive anche in uno studente di filosofia intelligentissimo con propensione alla specializzazione in epistemologia, paradossalmente non allignano nessun dubbio nella mente di Montalbano, che non fa fare a Fazio ciò che poi accadrà verso la fine del romanzo, e cioè sapere chi è Alfredo.
Montalbano non è vanitoso, dunque perché non dubita?
“La caccia al tesoro” era già in atto quando Alfredo compare sulla scena, propiziato da una bellissima svedese – Ingrid – che esercita una attrazione quasi magnetica su Montalbano, che una sola volta ci fa anche l’amore nonostante il suo voto di castità e di fedeltà ad una Livia sempre più lontana. Io ho immediatamente intuito che questo Alfredo era l’artefice della caccia al tesoro, che da un gioco apparentemente innocuo si trasforma rapidamente in un gioco pericoloso perché ispirato da una vena di pazzia criminale. Ciò accade quando a Montalbano viene consegnato un pacco contenente una vecchia scatola di metallo di una celebre marca di biscotti della prima metà del secolo scorso, contente una testa di vitello mozzata in modo rudimentale. Lo ‘staff’ di Montalbano esclude subito la matrice mafiosa, tuttavia il nostro commissario non attiva la sua curiosità su Alfredo.
A parte che Montalbano si spaventa un po’ troppo per uno che ne ha viste di tutti i colori, segno che ha abbassato un po’ troppo la guardia, ma è anche un commissario deconcentrato ed eccessivamente individualista.
Se fosse stato concentrato come di consueto, avrebbe notato subito la differenza fra il distico di una delle ‘tappe’ della caccia al tesoro e il resoconto, solo apparentemente frettoloso di Alfredo, che modifica tale distico.
Se avesse fatto il gioco di squadra (i suoi uomini, anche Mimì Augiello, stravedono per lui) non avrebbe corso un rischio non propriamente calcolato, visto che le intenzioni del commissario Alfredo le capisce quasi subito.
In ogni caso, un romanzo godibile, forse con un eccesso di dialettismi siciliani probabilmente arcaici che nemmeno un oriundo come me riesce a decifrare.
Luigi Morsello
 
 

Angologiro, 27.6.2010
“L'eta' del dubbio” di Andrea Camilleri

Nel corso di questo nuovo caso - "la più marina delle indagini di Montalbano" l'ha definita Camilleri - che si svolge tutto nel porto di Vigàta, tra yacht e cruiser, il lettore resterà colpito dal cambiamento che si è verificato nel commissario, come se Camilleri avesse voluto scavare più intensamente dentro i sentimenti del suo beniamino. Una mattina viene trovato nel porto di Vigàta un canotto, all'interno il cadavere sfigurato di un uomo. L'ha riportato a riva un'imbarcazione di lusso, 26 metri, abitata da una disinvolta cinquantenne e da un equipaggio con qualche ombra. Proprietaria e marinai devono trattenersi a Vigàta fino alla fine dell'inchiesta sul morto (ammazzato col veleno, stabilisce l'autopsia), ma intanto è proprio su di loro che Montalbano vuole indagare.
Andrea Camilleri, siciliano con molti anni di esperienza sulle spalle, sa interpretare i segni del destino e sa che quando un uomo si sveglia la mattina con i sogni che continuano a girargli in testa, qualcosa nella parte profonda del suo animo si muove in maniera turbolenta. Salvo Montalbano, invece, non riesce proprio a decifrare i sogni che fa durante le sue notti solitarie, una volta sono i morti che ritornano, un'altra è il suo funerale: tumulti che vengono dal passato ma anche da un futuro ancora troppo incerto e, malgrado la sua età, ancora precario.
Secondo l'interpretazione dei sogni, il mare in tempesta è sempre il segnale di un evento funesto, perché è segno di un'inquietudine profonda, di un movimento incontrollabile. Ed è così che si apre questo nuovo capitolo della saga dedicata a Salvo Montalbano, con il mare che arriva fino a lambire il terrazzo del commissario, con un cadavere trovato a largo e due imbarcazioni ferme nel porto di Vigàta.
Un romanzo in cui il baricentro dell'azione si sposta dalla terraferma, dal commissariato e dalle stanze familiari, fino al mare, fino a lasciarsi inzuppare dal porto e dai suoi miasmi. L'indagine si avviluppa tra i vari personaggi che compongono questa storia: marinai provenienti da ogni angolo del Mediterraneo, misteriosi faccendieri senza nome e donne bellissime e pericolose come sirene.
Lidia è sempre più distante e Salvo non riesce più a nascondere la sua insofferenza non solo nei suoi confronti, ma anche verso una vita che sembra essersi cristallizzata. L'unico modo per sfuggire al tedio è ritornare a osservare quel mare che svela e nasconde, immergersi in una nuova storia che lo porterà a fare i conti con i suoi desideri più profondi. Lei è Laura, ufficiale della capitaneria di porto, una donna bella e intelligente che coordina le indagini sull'omicidio. Pare che l'uomo, rinvenuto senza vita su un canotto, sia stato avvelenato. Tutti gli indizi portano a indagare sull'equipaggio del Vanna, un'imbarcazione di lusso che, insieme a un potente motoscafo, sosta da qualche tempo nel porto di Vigàta. Si sa, le regole del mare sono diverse da quelle della terra ferma, e solo grazie a uno dei proverbiali colpi d'astuzia del commissario si riuscirà a venire a capo dell'intrigo.
Una storia di respiro internazionale stavolta, che richiede l'intervento di personaggi ben più influenti del nostro commissario, una vicenda che trascende i confini di Vigàta per coinvolgere temi di respiro universale. Un episodio che, da un lato, vede emergere gli aspetti più filmici della scrittura di Andrea Camilleri, con molta azione e colpi di scena, ma che dall'altro vede ridimensionarsi il personaggio di Montalbano. Un commissario schiacciato dagli eventi, dalle passioni, da una serie di dubbi che alla fine, inesorabilmente, si riveleranno più forti di lui.
 
 

Corriere della Sera, 27.6.2010
Scrittori d'Italia
Storia d'amore e corna: l'amica di Montalbano indaga ma non convince
Maria Gabriella Genisi, 44 anni, vive a Bari. L'editore La Fenice ha pubblicato «Il pesce rosso non abita più qui», intreccio di eros e politica. Da Manni sono usciti «Come quando fuori piove» e «Fino a quando le stelle». «La circonferenza delle arance» è edito da Sonzogno (pp. 218, 17)

«La circonferenza delle arance, romanzo di Gabriella Genisi, parte da una banale denuncia di stupro. La vittima è Angela, assistente di poltrona di Stefano Morelli, dentista affermato. Chiamata a indagare è il commissario Lolita Lobosco, detta più familiarmente «Lolì» (o addirittura «Lò», per gli intimi): ha «trentasei anni i capelli lunghi la quinta di reggiseno» e tanta grinta da farsi rispettare. La vittima indica come suo aggressore proprio Stefano, il quale è stato al tempo della terza liceo (ma vedi che combinazione) l'amore grande del commissario.
[...]
Apprendiamo anche qualcosa della sua cultura: legge Gaetano Cappelli e Jorge Amado. Veniamo a sapere che è amica di Montalbano, anche se rifiuta un invito del collega Salvo, di passaggio a Trani.
[...]
Il «giallo» in sé e per sé tiene. Il personaggio del commissario è originale, pur nella propria svagatezza. Non così è della scrittura sciatta, con sporadiche inserzioni dialettali. Nulla a che vedere con Camilleri: qui non viene costruita una lingua, ma una sovrapposizione di linguaggi eterogenei, con qualche caduta vistosa nel cattivo gusto. In fondo anche questa è una di quelle «storie tutte uguali d'Amore & Corna che attraversano l'Italia intera dal Sud al Nord, isole comprese».
Giorgio De Rienzo
 
 

La Repubblica, 28.6.2010
La manifestazione
In piazza a Roma, Parigi e Londra
La protesta di Fnsi e Popolo viola anche oltre confine

La protesta: giovedì "presidi di libertà" in undici città italiane. Sit-in in anche all'estero. Testimonianze su inchieste-verità, dai casi Cucchi e Aldrovandi alla tragedia di Ustica

Roma - Undici piazze anti-bavaglio. In Italia ma anche all'estero. Non solo Roma, non solo piazza Navona. La mobilitazione contro il disegno di legge sulle intercettazioni sarà plurale. Elegge Roma come luogo principale ma avrà succursali partecipate anche altrove. Per il pomeriggio del primo luglio sono stati finora convocati "presidi per la libertà di stampa" a Milano, Torino, Padova, Bari, Palermo, Parma. Ma anche in provincia di Foggia, a Lucera, e di Ravenna, a Conselice. E, all'estero, ci saranno sit-in anche a Londra, davanti alla sede della Bbc, e Parigi, sulla scalinata dell'Operà Bastille. Flash mob, azioni corali costruite con sciarpe viola che diventeranno per l'occasione dei bavagli.
[...]
A Roma il luogo eletto per la manifestazione è piazza Navona. Lì, giovedì pomeriggio, sul palco allestito per l'occasione saliranno giornalisti, costituzionalisti, attori, musicisti: da Tiziana Ferrario e Marialuisa Busi, giornaliste del Tg1, a Stefano Rodotà, da Andrea Camilleri e Dario Fo (che interverranno telefonicamente) a Carlo Lucarelli e Dacia Maraini. Poi in piazza porteranno le loro testimonianze anche tutte quelle persone che sono riuscite a trovare giustizia anche grazie al lavoro dei giornalisti: si parlerà delle morti di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, del G8 di Genova, del terremoto dell'Aquila, dei morti per l'amianto e della tragedia di Ustica.
[...]
Mauro Favale
 
 

Wuz, 28.6.2010
Giallo, noir, thriller: perché scrivere di morti ammazzati? Camilleri e Lucarelli a confronto in esclusiva su Wuz
Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli rispondono a questa e altre domande che si pongono l'uno con l'altro. La disciplina della scrittura, il procedere del lavoro, il rapporto con la musica e il ritmo, la scelta dello stile, la necessità di andare "contro" le regole perché la scrittura non può avere limiti preordinati.

In questo filmato esclusivo di minimum fax proposto da WUZ i due scrittori si confrontano direttamente e ci raccontano il "dietro la quinte" della narrazione, ma soprattutto assistiamo in diretta alla nascita di un romanzo giallo. Nella parte finale del filmato infatti troverete lo scambio di punti di vista su un delitto che Camilleri e Lucarelli hanno avuto proprio il giorno della registrazione di questo documentario. E che ha dato origine al libro Acqua in bocca.
DA NON PERDERE!
 
 

Il Recensore.com, 28.6.2010
Acqua in bocca: il crossover dell’editoria italiana

Un gioco, un esperimento, una collaborazione letteraria senza precedenti. Stiamo parlando di “Acqua in bocca” (Minimum fax, 2010) di Carlo Lucarelli e Andrea Camilleri, in cui un insolito omicidio mette vicino i due grandi giallisti.
«Cara Grazia Negro, ho ricevuto la tua lettera e gli allegati. Sono molto indeciso se darti una mano o no perché tu mi sembri una che le rogne va a cercarsele. E la rogna è contagiosa. Non mi riferisco al fatto che tu voglia portare avanti un’indagine che ti è stata espressamente vietata dai tuoi superiori, questo semmai ti renderebbe simpatica ai miei occhi, no, mi riferisco al fatto che tu intendi coinvolgermi in una specie d’indagine privata e non autorizzata facendomene richiesta su carta intestata della Questura di Bologna e oltretutto indirizzando la lettera al Commissariato di Vigata!»
Il “Crossover”, secondo la definizione classica che si attribuisce a tale termine nell’ambito della televisione, del cinema o dei videogiochi (questo vale anche per i fumetti), lo si ha quando un episodio di una serie televisiva, di un film o di un videogioco facenti parte di una fiction specifica, si intreccia con la trama di uno o più episodi di un’altra serie. Per rendere l’idea: immaginate la serie televisiva Star Trek, all’interno della quale anziché trovare i klingoniani, troviamo i Gremlins come nemici del Capitano Kirk e dell’equipaggio dell’Enterprise. O magari mentre leggiamo un fumetto degli X-Men (Marvel), Ciclope anziché combattere con Magneto combatte con un Predator. Chiara l’idea?
Un gioco narrativo di multiversi che si intrecciano. Ora l’immensa Minimum Fax, prova a farlo lei il “crossover” e lo fa con due maestri della letteratura contemporanea italiana, maestri nella vita per garbo e raffinatezza del porsi, maestri nella scrittura per quel loro modo di solleticare, ammiccare, stupire in un genere che fondamentalmente hanno creato loro, a metà strada tra il giallo, il thriller, il noir in un mix riuscitissimo dove l’ironia, il pensare sottile, non mancano mai. E dunque la casa editrice romana fa salire il cattedra Mr. Andrea Camilleri e Mr. Carlo Lucarelli che insieme hanno venduto più di Dan Brown.
Si tratta di un progetto letterario fondamentalmente ludico (cosa rara di questi tempi) cominciato in un “contatto del terzo tipo” tra i due  durante le riprese del documentario “A quattro mani “(Minimum Fax media 2007).
Il risultato è degno di Paracelso: la storia vede come protagonisti il commissario Salvo Montalbano e l’ispettrice Grazia Negro. Sullo sfondo un omicidio strano,singolare: la vittima viene ritrovata con un pesciolino infilato in bocca. Grazia Negro sa di non trovarsi dinanzi ad un delitto di ordinaria amministrazione, ed ecco che chiede subito aiuto al Montalbano nazionale. Servizi segreti devianti e deviati rendono fin troppo incandescente una trama che non finisce di sorprendere per il ritmo della storia raccontata e per una trovata che definirei geniale: rapporti, verbali, pizzini, stralci di giornale definiscono in ogni dettaglio il puzzle delle vicende, e i due eroi  se li scambiano in un ritmo pressante che irretisce il lettore dalla prima all’ultima pagina. Se la si debba definire quest’opera una jam session a regola d’arte, fra i due narratori geniali più amati dal pubblico italiano, poco importa.
Si tratta di un libro splendido e che fa anche del bene. Gli autori hanno scelto di devolvere i proventi derivati dai diritti d’autore per sostenere progetti di beneficenza, in particolare: Andrea Camilleri a favore dell’Associazione San Damiano onlus per la realizzazione di una scuola nel lebbrosario di Ambanja, in Madagascar. Per informazioni: www.sdamiano.org.
Carlo Lucarelli a favore dell’Associazione Papayo per la realizzazione di una scuola in Sierra Leone. Per informazioni: www.myspace.com/papayoonlus.
Mistero, colpi di scena, suspence sono gli ingerdienti di un libro che lascia con il fiato sospeso. Gli amanti del thriller all’italiana non solo rimarranno entusiasti, ma potranno prodigarsi in un’azione cultural-benefica.
«Ti comunico che ho bruciato i documenti allegati nel timore che Catarella potesse rispedirli alla Questura di Bologna. So di averti deluso, ma non so che farci.»
Stefano Donno
 
 

unoenessuno, 28.6.2010
"Acqua in bocca" di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli

Caro Salvo .. Cara Grazia, l'esperimento letterario ha finalmente visto la luce: i due grandi giallisti italiani hanno scritto assieme un (purtroppo breve) noir a quatto mani che vede come protagonisti i loro personaggi, l'ispettrice bolognese Grazia Negro e il commissario di Vigata (il paese inventato della Sicilia più autentica) Salvo Montalbano.
Il problema della scrittura comune è stato risolto ricorrendo all'espediente della narrazione episitolare: la storia viene raccontata grazie ai pizzini, alle lettere ufficiali e ufficiose (consegnate a mano, dentro una confezione di cannoli, infilate sotto la porta) persino in codice.
Perchè trattasi di una “indagine non autorizzata” che parte da un cittadino vigatese trovato morto a Bologna, soffocato con un sacchetto di plastica in testa. Per terra, dei pesciolini rossi morti, in bocca, un esemplare di “Betta splendens”.
Abbastanza insolito, no? Ancora più misterioso è la scomparsa di alcuni particolari dell'autopsia, alcuni particolari che riguardano lo stato del cadavere , che incuriosiscono l'ispettrice Negro, che chiede allora supporto, nonostante il divieto dei superiori, al noto (nel mondo dell'immaginazione) commissario siciliano.
Che ovviamente, trattandosi di un bell'enigma, non si tira indietro, e asseconda le richieste della collega.
Lo scambio di missive prosegue, con lo scambio di documenti ufficiali, notizie dei giornali, pizzini, informative e soprattutto, delle rispettive impressioni personali: scambio che porta ad una brutta storia (lo so, i casi di omicidi sono sempre brutte storie, ma alcune lo sono in particolar modo) che vede di mezzo una serial killer al soldo dello stato, una struttura particolare dei servizi (sempre loro, i servizi deviati, o servizi al servizio degli affari sporchi della politica). I due poliziotti dovranno decidere come muoversi per dare la caccia all'assassino, mettendo a rischio la propria vita.
Nel racconto trovano una particina Livia (ovviamente), Catarella, Mimì, e anche l'ispettore Coliandro (che come al solito si farà trovare nel posto giusto al momento sbagliato). Chissà, forse è l'inizio di una certa collaborazione tra i due poliziotti: chi può dirlo?
Alduccio
 
 

Trentino / Alto Adige, 28.6.2010
Assassino raffinato

È un Salvo Montalbano ancora più maturo, attento a non arrendersi alle tentazioni (di gola, ma anche di letto...) quello che Andrea Camilleri ci propone nell’avvincente La caccia al tesoro. Al venir meno dello slancio tipico degli “anta”, si aggiunge poi l’assopimento nel quale è sprofondato il commissariato di Vìgata. Ma a rompere la noia di settimane senza un fatto di sangue ci pensa un assassino al tempo stesso feroce e raffinato, che invita Montalbano ad un’appassionante caccia al tesoro.
mdg
 
 

Tifeo Web, 28.6.2010
La caccia al tesoro

Nuovo capitolo delle avventure del Commissario Montalbano, il tredicesimo per l’esattezza. Stavolta il nostro eroe, ormai non più giovanotto, non si trova alle prese con intricati gialli da risolvere, ma passa le sue giornate tediose sommerso da una enorme pila di scartoffie sulla scrivania. Il commissariato di Vigàta sembra immerso da una coltre di nebbia e anche tutti i protagonisti della vicenda all’inizio sembrano subirne gli effetti.
Ma il commissario Montalbano viene subito richiamato sull’attenti da un nuovo caso da risolvere. Due squilibrati – fratello e sorella – dai messaggi minacciosi alla popolazione sembrano intenzionati a voler passare ai fatti. Tempestivo l’intervento del prode Montalbano che grazie a questo episodio sembra aver  ritrovato la vecchia verve. Dal rinvenimento di una bambola gonfiabile, con una serie di intrecci avvincenti,  il nostre eroe si troverà catapultato in una vera e propria “caccia al tesoro” fatta di rebus da risolvere e da enigmi da interpretare.
Un romanzo avvincente che riesce a coinvolgere il lettore sin dalle prime battute. Molto più noir rispetto ai precedenti lavori, "Caccia al tesoro" è di certo un romanzo più maturo e intimista. Superbe le descrizioni dei luoghi, che il lettore sembra rivivere insieme al Commissario. 
Daniela Cocina
 
 

MilanoNera, 28.6.2010
Andrea Camilleri
Il nipote del Negus
Sellerio, 2010

Grhane Sollassié Mbassa è il nipote del Negus, padrone dell’Etiopia. Vuole frequentare la Regia Scuola Mineraria di Vigáta.
La richiesta, da un lato, è un inaspettato dono per il Duce, le cui mire espansionistiche avrebbero nel giovane un’inattesa sponda da sfruttare a piene mani, ma, dall’altro, è un coacervo di insidie.
Vuoi perché il ragazzo è un negro, e la cosa potrebbe rallentare, se non addirittura compromettere, la sua integrazione con gli altri studenti perfetti bianchi e integerrimi fascisti; vuoi perché qualunque scherzo, contrattempo o qui pro quo potrebbe mandare a gambe all’aria l’intero impianto che si metterebbe in moto una volta arrivato nell’Isola il cotanto personaggio.
È il ragazzo stesso invece a non metterci molto prima di sconquassare la vita degli autoctoni isolani. Anche perché il fuoco che arde nel suo basso ventre è così sempre acceso da dover chiedere la messa a disposizione di legna su cui ardere o di pompieri. E fosse solo l’ardore giovanile…
Appartenente al filone storico-fantastico della sua produzione letteraria (non fatevi fuorviare dalla location), Il nipote del Negus ha la bellezza immediata del feuilleton d’annata e il rigore della sua ingegneria narrativa. Andrea Camilleri costruisce il romanzo avvalendosi pressoché esclusivamente di dispacci, telegrammi, protocolli segreti, telefonate e chiacchiericcio di paese. Siamo nel 1929, il fascismo ha già avuto modo di esprimere la sua natura. È il tempo di prendere la smania imperiale che ha in nuce e darne fotografia reale, facendo venire alla luce l’umorismo proprio di chi, sognando l’era dei Cesari, non arrivò a superare la cronaca delle cesarine e degli italioti.
C’è del falso e del vero in questa storia. E l’autore modella ciò che successe insieme a quel che sarebbe verosimilmente potuto succedere, con il talento del superbo cesellatore della terracotta. Camilleri si fa beffe per arrivare alla verità dello zeitgeist, direbbero i tedeschi. Dello spirito dei tempi. Perché lo fa? Lo si intuisce dalle ultime tre righe della nota finale. Dopo il romanzo, mi raccomando.
Corrado Ori Tanzi
 
 

La Repubblica, 29.6.2010
Noir
I maestri della suspense. Dieci indagini per l'estate

«A noi autori si richiedeva azione ininterrotta: se ci fermavamo a pensare eravamo perduti. Avevi un dubbio? Dovevi subito far entrare qualcuno con una pistola in pugno!». Parlava così Raymond Chandler, il padre di Philip Marlowe, ricordando i tempi in cui un manipolo di scrittori, spesso e volentieri senza un dollaro in tasca, esordiva tra gli anni Trenta e Quaranta sulle pagine della rivista americana Black Mask. Quella stampata su carta scadente e quindi "pulp". Loro si chiamavano Dashiell Hammett, Cornell Woolrich, Mickey Spillane. Lavoravano alla catena di montaggio della suspense, inventando solitari detective con indagini da risolvere e dark lady dalla pistola sempre carica. Insomma, stavano fondando la letteratura noir e non lo sapevano. Avrebbero alimentato decenni di cinema in bianco e nero e a colori, occupato l'immaginario di Billy Wilder, Alfred Hitchcock, Orson Welles, François Truffaut. E anche questo non lo sapevano ancora. Dal tempo di quelle prime pagine partorite dentro fumose stanze di pensioni di quart'ordine tutto è cambiato. Oggi il noir non è considerato più un genere di serie B. Delizia critici e lettori insieme, ispira saggi di filosofia (leggere Platone suona sempre due volte di M. T. Conard, Piemme). E l'estate rimane ancora la stagione in cui poterselo godere al meglio. È per questo che, da domani, Repubblica e L'espresso lanciano la nuova collana Noir: dieci scrittori internazionali per altrettante storie gialle.
Si comincia con Il tailleur grigio di Andrea Camilleri, protagonista Adele, seconda e giovane moglie dell'ex funzionario di banca Febo Germosino. Una lettera insinua dubbi sulla sua fedeltà. Di certo all'abito che lei indossa in particolari occasioni è legato un mistero. Raccontare di più, questo sì, sarebbe un delitto. Da Camilleri si passa all'inglese Mark Haddon, autore della seconda uscita: Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Titolo che divenne un caso letterario nel 2003 con la storia di Christopher, quindicenne che soffre di autismo e ama i libri di Conan Doyle. Si prosegue con la regina americana del thriller: Patricia Cornwell e il suo A rischio. Ci trasferiamo poi nel nord Europa con la norvegese Anne Holt, autrice di punta della nouvelle vague scandinava, e Quello che ti meriti. Qui a indagare su una serie di rapimenti di bambini sono in due: l'investigatore Stubø e la criminologa Vik. Torniamo in Italia con la quinta uscita: L'ultima primavera di Corrado Augias, indagine ambientata alla vigilia della marcia su Roma. La serie prosegue con Martin Cruz Smith (Lupo mangia cane), David Baldacci (I collezionisti), Fred Vargas (L' uomo dei cerchi azzurri), Joe R. Lansdale (La sottile linea scura) e si chiude con lo svedese Hakan Nesser (Carambole). La geografia del noir non conosce più confini.
Dario Pappalardo


Parla lo scrittore: il suo romanzo inaugura la serie
Camilleri: "I segreti del mio tailleur grigio"
”Non ci sono delitti né indagini ma c’è tensione: questo è l’ingrediente determinante”

Dimenticate per un attimo Montalbano. È l'"altro" Camilleri a inaugurare la nuova collana Noir di Repubblica e L'espresso. Nel suo romanzo Il tailleur grigio, non troviamo il commissario siciliano, ma una femme fatale. E lo scrittore, per l'occasione, ci racconta perché non possiamo fare a meno della suspense.
Camilleri, perché noir e thriller sono ancora i generi più frequentati dai lettori?
«Forse perché i nostri notiziari sono pieni ormai solo di cronaca nera? A parte la boutade, il contesto politico e sociale in cui viviamo si presta più facilmente ad essere raccontato in un romanzo giallo che in uno "normale"».
Quali elementi non possono mancare in un buon romanzo di genere?
«Intanto, definirlo "romanzo di genere", mi pare un assurdo. Credo che sia la tensione all'interno del racconto a fare la differenza tra un romanzo e l' altro. Per esempio, nel Tailleur grigio non vi è un omicidio, né un'indagine. Eppure viene considerato un noir. Come mai? È la tensione a fare il noir».
Che tipo di lingua si prefissa di usare per opere come Il tailleur grigio rispetto a quella del ciclo di Montalbano?
«Quella del Tailleur grigio è stata una "scrittura di passaggio" dalla lingua adoperata nelle storie di Montalbano o nei romanzi storici verso un italiano più "asciutto", meno onomatopeico, quello che poi ho usato nel romanzo Un sabato, con gli amici ».
Legge i nuovi autori della letteratura noir?
«Li conosco tutti e li apprezzo. Ma nera, gialla... un buon romanzo non ha colore».
Cosa distingue gli autori stranieri da quelli italiani?
«In Italia e nel Mediterraneo, la soluzione di un buon giallo finisce davanti a un piatto di spaghetti o dentro a un bistrot, vedi Simenon. In America, magari davanti a una bionda. James Bond, dopo mille corse e lanci dal paracadute, si concede l'incontro con una donna. Montalbano, stanco com' è dopo tanta fatica, non ce la farebbe mai. Tutt'al più può sbafarsi due triglie da Enzo».
D.P.
 
 

The Frontpage, 29.6.2010
Le débâcles del prolifico Camilleri

Se non lo conoscessi di persona e non avessi avuto con lui una certa frequentazione che mi fa escludere l’ipotesi, penserei che si avvale di “negri” alla Dumas, oggi meglio conosciuti come ghost-writers. Andrea Camilleri in questi ultimi tre mesi ha pubblicato Acqua in bocca (scritto insieme a Carlo Lucarelli) da minimum fax; La caccia al tesoro e Il nipote del Negus (quest’ultimo vale doppio, perché è uscita pure la versione audiolibro letto dall’autore) da Sellerio. Praticamente un libro al mese.
Questa prolificità ha finito col danneggiare la qualità dei racconti. Racconti non solo stiracchiati, ma assai improbabili. Così leggiamo di un nipote del’imperatore d’Etiopia Hailè Selassiè (il nipote del Negus, appunto), appena diciannovenne, gabbare, infinocchiare, infilzare come tordi commissari di polizia, questori, prefetti, segretari del Fascio (siamo negli anni Trenta). Non contento il nipotino si fa beffe nientepopodimenoché del Duce in persona. Che si vendica dichiarando guerra all’Etiopia. Bum!
Ora, tutto è concesso ad uno scrittore che fa cavalcare la sua fantasia. Tutto meno che presentare in modo falso la realtà, l’ambiente  in cui si svolgono i fatti narrati. Il fascismo non era un’accolita di coglioni, guidata da un grande coglione, che si poteva coglionare ad ogni piè sospinto. I fascisti erano persone normali (ricordate La banalità del male della Arendt?), spesso intelligenti, qualche volta intelligentissimi, qualche altra sciocchi, comunque sempre dotati di strumenti polizieschi efficientissimi che sapevano il fatto loro. Ne sanno qualcosa gli antifascisti che quando non finirono al confino o in galera vennero uccisi senza pietà. Magari il fascismo e Mussolini fossero stati quelli che ci ha descritto Camilleri in questo suo romanzo! Ce ne saremmo liberati molto tempo prima…
Nel giallo con Montalbano protagonista, La caccia al tesoro, Camilleri abbandona una delle sue qualità migliori. Tutti gli hanno sempre riconosciuto di sapersi inventare trame nostrane, all’italiana. Nel senso che non era mai ricorso a pagine piene di orrore, con sangue che scorre a fiumi, corpi tagliati con seghe varie, pagine ad effetto – alla King, alla Cornwell,  alla Ludlum, in una parola all’americana – che se non si è forti di stomaco si rischia, leggendole, di vomitare. Così in quest’ultimo Montalbano le pagine  più o meno granguignolesche abbondano, e lo schifo che pervade il lettore è pari solo alla noia per una trama assai scontata. E sì, perché ad un terzo del libro (esattamente a pagina 90, e l’ultima pagina è la 270) ci viene presentato un  personaggio che pure un bambino capirebbe subito che è l’assassino. Solo Montalbano, con la sua arguzia e la sua proverbiale lucidità e intelligenza, non se ne accorge! Insomma, un fallimento totale: libro da evitare tassativamente.
Queste due débâcles me ne hanno ricordata un’altra ancora più grossa. Si tratta de Il colore del sole uscito da Mondadori nel 2007, in cui Camilleri racconta alcuni episodi della vita travagliata del Caravaggio, soffermandosi sui misteri che avvolgono il periodo maltese e siciliano. E lo fa inventandosi un inverosimile e arraffazzonato italiano (o lombardo?) seicentesco con cui si esprime il protagonista. Ne vien fuori una storia sgangherata, piena di luoghi comuni sul grande pittore maledetto per  antonomasia, già ampiamente dibattuti e smentiti. Aggravata da un linguaggio che allo scrittore siciliano certamente non appartiene, e dall’assemblaggio di vicende storiche e artistiche su cui ha solo notizie approssimative.
Pur sapendo benissimo che non leggerò mai un capolavoro, ho letto tutti i libri di Camilleri. Perché? Non lo so. Forse perché mi rilassano, forse perché preso dalla fascinazione del simil-dialetto siculo (sono nato a Palermo) che inconsciamente cerco così di non dimenticare. Sta di fatto che non riesco a resistere alla tentazione di acquistarli quando escono. E di leggerli. Ho acquistato anche quest’ultimo scritto a quattro mani con Lucarelli. Di cui ho letto solo recensioni entusiaste. Vi siete mai accorti che non si può parlar male di Camilleri? Ebbene io vi prometto che, finito di leggere Acqua in bocca, se lo merita, lo rifarò: ne riparlerò male.
Onofrio Pirrotta
 
 

Giudizio Universale, 29.6.2010
Teatro
Pirandello e Camilleri fanno meglio di Lars von Trier
La compagnia Mitipretese porta in scena Festa di famiglia, in una versione riscritta dal celebre giallista che mette insieme diverse commedie del maestro. E il testo, denso delle violenze che sempre covano nel primo nucleo umano, acquista potenza contemporanea

Quando pensi a Pirandello subito ti viene in mente Il fu Mattia Pascal letto a scuola e, in seguito, le troppe rappresentazioni dei suoi testi teatrali, che ad ogni stagione sia dei piccoli sia dei grandi centri, ritroviamo immancabilmente in scena tutti gli anni, in genere senza particolari guizzi.
Nel tranquillo pubblico borghese di provincia che frequenta il palcoscenico di prosa, c'è una sorta di rito dal sapore laicamente sacrale mentre assiste all'ennesimo Pirandello. Un piacevole riconoscersi (con quel tanto di giusta, quanto lieve, riprovazione) nei meandri più nascosti dell'istituzione famigliare, così profondamente investigata da uno degli autori più significativi del nostro primo Novecento. Solo che questo continuo scandagliare nel perbenismo borghese, fatto come solitamente viene fatto dal nostro soporifero teatro di prosa (almeno quello che riempie i teatri più istituzionali), in genere allontana le nuove generazioni nutrite d'internet e facebook.
E le allontana proprio per quel sapore un po' fané che a un certo punto, in questa strepitosa Festa di famiglia messa in scena da Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Anna Gualdo e Mariangela Torres, percepisce ironicamente la madre ipocondriaca, osservando i discorsi e gli atteggiamente delle sue tre sballatissime figlie, riunite attorno a lei per il suo sessantesimo compleanno. Ero andato un po' prevenuto, ma a Pontedera, nel suo bel nuovo teatro Era, famoso centro di produzione teatrale, non poteva andare in scena il solito Pirandello. E poi loro le avevo già apprezzate in passato sempre con regia collettiva in Roma ore 11.
E così è stato. Questa versione di Festa di famiglia riscritta da Andrea Camilleri, che ha messo insieme diverse commedie pirandelliane, ha conquistato il pubblico, grazie anche alla bravura delle attrici. Manuela Mandracchia (scoperta da Ronconi e con alle spalle importanti lavori assieme a Massimo Castri) me la ricordavo fin dai tempi de Il Sapore dell'acqua, un altro interessante spettacolo visto al Teatro Due di Parma, tratto da un testo di Shelagh Stephenson, un autrice inglese contemporanea, in cui pure si ritrovava nella casa d'infanzia con le sue sorelle, ma al funerale della madre.
Qui la madre Ignazia non è ancora morta, ma è ugualmente distante da loro. Vive con Frida, la sorella minore non sposata, che cova dentro di se uno schifo verso tutti gli uomini che le ricordano il padre, scomparso molti anni prima dopo aver abusato di lei. E così finisce per fare sesso con gli uomini senza trasporto per vederne il ghigno bestiale e disprezzarli ulteriormente.
Le altre due sorelle sono altrettanto infelici e arrivano con i loro partner (Fabio Cocifoglia e Diego Ribon, entrambi perfetti nella loro misogina variegata antipatia): uno, quello di Mommina, gelosissimo e violento; l'altro, Leone, eternamente adolescente, pieno di trovate da illusionista istrionico, che non fa altro che disprezzare Romina, la sua compagna aspirante attrice di poco successo.
Quello che ci troviamo davanti è una sorta di Lars Von Trier trasposto a teatro. Denso di violenze come solo la famiglia sa covare dentro di sé. E su questo Pirandello aveva certamente a lungo lavorato. Solo che c'era bisogno di un nuovo registro interpretativo, un nuovo ritmo più vicino ai nostri devastati giorni odierni: qui Camilleri ha proprio dato una mano per trovare una nuova chiave di lettura che sapesse inorridirci, ma al contempo divertirci (spassosissimi i coretti e i coinvolgimenti del pubblico).
Quello che vedremo in scena è una impietosa disanima di quanto dolore c'è nei rapporti umani, quanta incomprensione, quanta delusione. I temi sono sempre gli stessi, occorre solo saperli comunicare e questa regia collettiva lo ha saputo egregiamente fare. A cominciare da quei momenti spiazzanti di teatro nel teatro, che mettono deliziosamente in dubbio se di spettacolo si tratta o di reali dissapori fra la Compagnia in scena.
Sergio Buttiglieri
 
 

Il Giornale, 30.6.2010
Altra ondata di Camilleri sommerge gli scaffali

Le industrie «Andrea Camilleri» procedono a pieno ritmo e fatturato, incuranti della crisi (creativa). In arrivo a luglio un nuovo tomo civilmente impegnato con Saverio Lodato Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010 (Chiarelettere). Chiari i temi, già affrontati nella rubrica sull’Unità: Berlusconi, Berlusconi e Berlusconi. A settembre, esce per Mondadori il romanzo L’intermittenza. E con questo, nel 2010, fanno 5 libri in 9 mesi (Il nipote del Negus, La caccia al tesoro, Acqua in bocca). Ma come fa?
 
 

SoloLibri.net, 30.6.2010
"Acqua in bocca" di Camilleri e Lucarelli

Camilleri ha rinverdito il romanzo epistolare e insieme a Lucarelli ha dato vita ad un esperimento a dir poco originale. La genesi dell’opera è quanto mai inusuale e casuale, niente di progettato a tavolino e tanto meno nella mente dei due scrittori. Come raccontato dalla nota dell’editore Daniele di Gennaro riportata alla fine della storia, tutto ha inizio nella primavera del 2005. A Roma nello studio di Andrea Camilleri, con Luca Lucarelli si girano le immagini di un documentario per Raitre "A quattro mani" prodotto da Minimum Fax media per parlare di letteratura poliziesca, e tra battute e rimandi di frasi tra i due scrittori, l’editore butta lì una domanda su come si comporterebbero i due personaggi letterari, l’ispettrice Grazia Negro e il commissario Salvo Montalbano, le rispettive creature di Lucarelli e Camilleri, con un cadavere in mezzo, come avrebbero interagito in un’inchiesta… E’ stato il la d’inizio di una sorta di jam session letteraria, in cui l’uno parla, l’altro ascolta in un continuo sorprendere e sorprendersi.
Da una semplice provocazione azzardata di scrivere una storia, nasce in nuce una trama che, tramite uno scambio epistolare, ha trasformato la jam session iniziale in una partita a scacchi senza esclusione di colpi. Il gusto del rischio e dell’imprevedibile ha preso entrambi gli scrittori, il cui cimento per il gioco ha prodotto questo libro, dal plot rimaneggiato e smontato durante la lunga gestazione, con varie interruzioni, durata ben 5 anni. L’Acqua in bocca, già dal titolo e dalle prime righe di lettura, assume connotazioni semantiche diverse: significato letterale e metaforico. Infatti un cadavere rinvenuto con la testa dentro ad un sacchetto di plastica e tre pesciolini rossi stecchiti vicino, apre la scena del crimine: è l’inizio di un’indagine non autorizzata e in una sorta di dialogo a distanza, cioè a colpi di lettere più o meno segrete, Grazia Negro e Salvo Montalbano collaborano alla risoluzione del mistero. Si dà vita al genere crossover già inaugurato al cinema con Chi ha incastrato Roger Rabbit, il cosiddetto gioco degli incontri di autori, personaggi in una stessa narrazione, in uno scarto della fantasia semplicemente siderale. Questo trucco combinatorio, o pastiche o incrocio narrativo dei due campioni letterari, è un vero gioco divertente sia per gli autori sia per i lettori. Ma in barba ad ogni logica, Montalbano subisce due mutazioni: una fisica, è calvo; una linguistica, parla in italiano con un cabasisi ogni tanto, tanto per non perdere l’abitudine del dialetto. L’effetto prodotto è uno “straniamento brechtiano” (Camilleri), che trasferisce il lettore in quei mondi possibili e paralleli in cui tutto può accadere. I due geniali artefici di questo puro esercizio letterario non subiscono mutazioni di stile, si alternano e si completano a vicenda in un clima narrativo che di stupefacente ha l’atto della scrivere per il piacere di raccontare storie.
Arcangela Cammalleri
 
 

MarcoGiorgini.com, 30.6.2010
Acqua in bocca – Carlo Lucarelli + Andrea Camilleri

Minimum Fax è riuscita a proporre agli appassionati un piccolo sogno, una di quelle cose a cui giusto pensi quando esplori i limiti del possibile, letterariamente parlando. Ha permesso di realizzare una sorta di fan fiction, ma con gli autori veri. Ha messo su carta una sfida, un gioco, che due maestri italiani (Camilleri e Lucarelli) hanno accettato di svolgere un po’ per noi, loro fedeli lettori, e un po’ anche per i loro personaggi. Facendoli incontrare in quel non luogo che un libro in effetti è, e rendendoli complici di una storia strana e appena un po’ improbabile, che parte con un cadavere con un pesce in bocca, e termina con un ultimo scambio di prelibatezze, tra la Sicilia e Bologna.
E che la vicenda, costruita su scambi più o meno epistolari tra Salvo Montalbano e Grazia Negro, sia una chicca da divorare in un’oretta è una cosa che non va neppure discussa. Ma il bello, il grande, di questo esperimento, al di là del valore dell’istanza-libro, è l’immaginarsi i due autori costruire pian piano lo schema, la mappa, in cinque anni, con calma e tante pause, durante le quali i loro due particolari tutori dell’ordine hanno saputo ricamare dettagli, interpretando il loro ruolo, in un ruolo misto, ibrido, che è il loro, e nello stesso tempo non lo è. Una costruzione su una costruzione. Un gioco di ruolo con due master. Un bel momento, che cresce e diventa meta-letterario, assolutamente da leggere e spulciare. Immaginandosi che altre coppie possano riprovare la cosa, portando altri nostri eroi di carta da qualche parte insieme, come già capita, a volte, del resto con i personaggi di tante serie a fumetti.
P.S. lo dico senza tema di rovinarvi nulla: c’è pure un capitolo con Coliandro… peccato – tenendo conto che è Salvo che si è spostato al nord – che non siano passati anche Camilla Cagliostri o il commissario Cataldo.
 
 

Nel verso giusto, 30.6.2010
Camilleri S.P.A.

Andrea Camilleri non è più uno scrittore. Il romanziere siciliano è ormai una società per azioni della parola. Ogni quindici giorni ci regala un nuovo libro. Il 2010 non è ancora finito. Sugli scaffali delle librerie sono arrivati già cinque tomi A settembre, esce per Mondadori L’intermittenza.
Per non tradire il marketing e il fatturato la “creatività” dell’inventore del commissario Montalbano si prenota le classifiche di questa estate con due titoli. È appena uscito da Minimum fax Acqua in bocca, scritto a quattro mani con Carlo Lucarelli.Ovviamente non può non mancare il solito saggio antiberlusconiano. A luglio firma con Saverio Lodato Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010  (Chiarelettere). Travaglio esulta.
Camilleri spopola con il benestare di un mercato editoriale che gli pubblica pure la lista della spesa.
Alla fine dell’anno mancano ancora sei mesi. "L’ispirazione" dello scrittore più presenzialista d’Italia ci regalerà altri libri spazzatura.
Nicola Vacca
 
 

La Repubblica (ed. di Firenze), 30.6.2010
Marco Malvaldi. Quattro amici al bar. E un mistero da risolvere

Un bar. BarLume. Il suo proprietario, Massimo. La banconista Tiziana. E quattro anziani frequentatori in attesa di un fattaccio perché scuota il torpore di una piccola e immaginaria località sul litorale toscano, Pineta. Lo scrittore pisano Marco Malvaldi, classe 1974, professione chimico ma senza contratto, torna agli ingredienti che hanno reso un successo i suoi precedenti romanzi La briscola in cinque (2007) e Il gioco delle tre carte (2008). Solo che ne Il re dei giochi (Sellerio, l'autore lo presenta oggi alle 18.30 da Edison Booksquare, p.zza della Repubblica, con Francesco Recami) spariglia come sempre generi e registri, ma anche le certezze degli avventori del BarLume: perché l' incidente sulla statale pare non avere risvolti gialli. E invece...
[...]
I paragoni con Camilleri e la sua Vigata sono azzardati, scomodi?
«Lusinghieri. Ma anche pesanti: temo che la gente si aspetti troppo dai miei libri. Mi viene in mente quel calciatore, Hakan Sukur che venne in Italia annunciato come il Van Basten del Bosforo. Salvo poi rivelarsi un bluff».
Camilleri usa il dialetto siciliano, lei il vernacolo pisano.
«Il dialetto di Camilleri è a tutto tondo. Io, invece, faccio parlare in vernacolo solo i personaggi provenienti da quello strato sociale che non può esprimersi altrimenti, ovvero tre dei quattro detective anziani: Ampelio pensionato delle ferrovie, Del Tacca ex impiegato comunale, Rimediotti. Aldo no: è un intellettuale, parla un italiano forbito e vetusto».
[...]
Fulvio Paloscia
 
 

La Repubblica, 30.6.2010
Lessico e nuvole
Quel ramo del lago di Vigata
Con qualche coraggio, Maria Lucia Riccioli si mette sulla scia di Varaldo e compone le sue ottave manzoniane.
Oggi vediamo la prima, che è a' la manière de Andrea Camilleri
Stefano Bartezzaghi

ALLA CAMILLERI
A scascione del nobile Rotrico
che s'amminchia picchì voli a Lucia,
ci ammatte, a Renzo, già nu bello intrico
tra parrini, rivolte e malatìa.
Come finìu? A chi ffari lo dico?
Stu bellu libru ca mi piaci a mia
aggiusta tuttu: a peste finita
Renzo si maritò cu la sò zita.
 
 

 


 
Last modified Saturday, January, 28, 2012