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RASSEGNA STAMPA

SETTEMBRE 2010

 
Orchestra Sinfonica Siciliana, 1.9.2010
La Sinfonica riapre con le “Musiche da cinema”; disponibile anche la vendita online

Palermo - Riapre, dopo la pausa estiva, il botteghino del Politeama Garibaldi. Da martedi' 7 settembre, il pubblico potra' acquistare i biglietti dei concerti fuori abbonamento della nuova Stagione 2010 - 2011 dell'Orchestra Sinfonica Siciliana.
I primi tre appuntamenti riguardano la sezione ''Musica per il cinema'', rispettivamente in calendario l'8, il 25 e il 26 settembre. [...] Il 25 settembre, al Politeama Garibaldi, sara' la volta del concerto ''Giallo e dintorni'' diretto da Luis Bacalov e che vede in scaletta le colonne sonore di ''gialli'' cult, da La Pantera Rosa a Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto.
Infine, il 26 settembre, sempre al Politeama, sara' la volta de ''La musica di Montalbano''; Franco Piersanti dirigera' le suite sinfoniche della serie televisiva ''Il commissario Montalbano'', di Alberto Sironi.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 2.9.2010
Contro il regime il 2 ottobre in piazza a Roma anche Tabucchi e la Mannoia

Tra un mese esatto, sabato 2 ottobre, Roma ospiterà la manifestazione promossa da Andrea Camilleri, Margherita Hack, Paolo Flores d’Arcais e don Andrea Gallo. Una grande occasione di democrazia, per difendere la Costituzione e ribellarsi al regime delle cricche.
E continuano a crescere le firme di adesione. Ultime due in ordine di tempo, quelle di Antonio Tabucchi e di Fiorella Mannoia.
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Televisionando, 2.9.2010
Programmi Tv stasera, oggi 2 settembre 2010: Montalbano vs Il Peccato e la Vergogna, chiude Ghost Whisperer

RaiUno schiera la replica de La Pista di Sabbia de Il Commissario Montalbano contro la seconda puntata de Il Peccato e la Vergogna con la bollente accoppiata Gabriel Garko - Manuela Arcuri, in onda su Canale 5.
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LauraA
 
 

Tvblog.it, 2.9.2010
Rai 1, Carlo Conti al sabato e Montalbano lo difende alla domenica. Lunedì Pretty Woman vs Distretto

Proprio ieri verso quest’ora annunciavamo gli spostamenti da parte di Canale 5 sulla fiction che come abbiamo visto con i dati ieri sera hanno dato i loro frutti; oggi possiamo anticipare la risposta di Rai 1 che come prevedevamo non si è fatta attendere già per i prossimi giorni.
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Se Conti viene anticipato a sabato, cosa va domenica? Ma ovviamente il Commissario Montalbano che cercherà di bloccare sul nascere la decima stagione del X Tuscolano anticipata al 5 settembre..
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AgoraVox, 3.9.2010
C’è poco da ridere - La via della televisione commerciale alla politica

E’ arrivato in libreria Di testa nostra, scritto dalla premiata ditta Camilleri & Lodato, editore Chiarelettere, sequel di Un inverno italiano e, come quest’ultimo, formato dalle quotidiane note del duo pubblicate sull’Unità. Una lettura leggera ed avvincente, con Vittorio Lodato a far da “spalla”, come nell’avanspettacolo dei bei tempi andati, al comico di grido Andrea Camilleri dalla penna magica; una lettura che spinge certo al riso, ma che però non rallegra; che, anzi, intristisce.
Uno ed uno solo l’oggetto del contendere: il premier Silvio Berlusconi. Ne consegue che nel libro manca del tutto il Paese, con le infinite volte in cui è fatta a pezzi la dignità dei suoi cittadini. Esemplificativamente ma non limitativamente:
Ø Quando si ritrovano in città senza verde, senza strade, senza parcheggi, inaccessibili ai disabili, in una parola con caratteristiche di qualità della vita contenute in limiti ridotti, perché sviluppatesi come un neoplasma, obbedendo ad interessi di bottega e non ad interessi collettivi;
Ø Quando sono utenti di pubblici servizi (dal pubblico trasporto, all’assistenza sanitaria, all’assistenza sociale, alla raccolta dei rifiuti urbani, etc.) a dir poco approssimativi;
Ø Quando per gli approssimativi servizi di cui sopra sono costretti a pagare tariffe esorbitanti;
Ø Quando gli approssimati servizi di cui sopra sono resi da privati, che approfittano del monopolio loro malamente concesso per arricchirsi oltremisura sulla pelle del popolo, come facevano i pescecani in tempo di guerra;
Ø Quando necessitano dell’espletamento di una qualsivoglia pratica pubblica e sbattono contro il burocrate di turno e la trasparenza della Pubblica Amministrazione appare come una chimera;
Ø Quando hanno la ventura di essere disabili e scoprono che per loro esiste solamente la discriminazione e l’emarginazione sociale;
Ø Quando hanno un lavoro precario e malpagato, ovvero quando non lo hanno del tutto;
Ø Quando scoprono che assunzioni e carriere nel pubblico impiego da tutto dipendono tranne che da norme di pubblica evidenza e le nomine in stile re Artù che nomina i cavalieri della Tavola Rotonda regnano sovrane;
Ø Quando hanno il problema di arrangiarsi per apparecchiare la tavola a mezzogiorno;
Ø Quando vedono traffichini e maneggioni tenere in pugno la politica e le Istituzioni, trasformando l’Erario in una mucca da mungere;
Ø Quando si accorgono che un operatore economico del settore dei pubblici contratti non ha altra via per sopravvivere che elargire tangenti perché il sistema è stato formato come è proprio per questo preciso scopo;
Ø Quando scoprono che l’informazione tende inesorabilmente a trasformarsi in propaganda sotto l’assoluto dominio degli addetti stampa del potere;
Ø Quando in ogni dove vedono l’attento operare di massonerie e di circoli libertini del potere;
Ø Quando hanno ideali di legalità ed un sistema giudiziario ignobile e spesso prono alla Ragion di Stato li trasforma in tanti don Chisciotte in lotta contro i mulini al vento;
Ø Quando scoprono che accanto alle Istituzioni normali, ve ne è una più normale delle altre, che agisce nell’ombra al di fuori di ogni possibile controllo; che spesso e volentieri si lascia deviare; i cui componenti non disdegnano di diventare compagni di merende del primo Ciancimino che passa; cosicché, in definitiva, come per gli cioccolatini di Forrest Gump, non sai mai quello che ti capita;
e qui ci fermiamo, anche se la lista è ancora lunga.
Neanche sull’approccio del premier alla politica in stile televisione commerciale, la premiata ditta Camilleri & Lodato va a segno: non ne parlano mai. Si prendano ad esempio i famosi punti, su cui è stata chiesta chiara e sincera adesione ai finiani per giungere alla fine della legislazione. Quali eclatanti novità essi contengono? Orbene, nessuna; e non avrebbe potuto essere diversamente. Nell’America patria della televisione commerciale, quando si vuole realizzare una nuova serie, si registrano un paio di puntate di prova e le si presenta ad un campione di pubblico in una apposita sala, in cui ognuno ha un apparecchio per indicare ad ogni istante il suo gradimento di quello che vede. Alla fine la serie può essere accantonata, ovvero realizzata con modifiche, ovvero ancora realizzata così come è: tutto in funzione del più rigoroso empirismo dell’audience, della reazione al momento del pubblico campione. Cosa comporta questo? La totale assenza di un orizzonte culturale e di proposta nel prodotto della televisione commerciale all’americana, dove tutto è falsa e mera apparenza. Il capitalismo estremo vive solo per il presente e, per l’uomo, non vede nulla oltre un palmo dal suo naso. Questo, ed è naturale che sia così per la sua personale storia imprenditoriale, è l’approccio del premier alla politica; anzi, con ogni probabilità, lo è a tutto quello che fa. Procede navigando a vista, continuamente attento a correggere la rotta secondo l’evolversi degli indici di gradimento. E tutti appresso a lui.
Forse ci hanno azzeccato i vescovi della Chiesa di Roma, il cui pensiero, invero per tutta la classe dirigente e non solo per il premier, è stato recentemente così sintetizzato da Edoardo Patriarca in una intervista alla Radio Vaticana: «Viviamo un momento difficile, pesante, non vorrei esagerare, drammatico per certi versi... oggi l’Italia appare un Paese senza classe dirigente, senza persone che per il ruolo politico, imprenditoriale, di cultura, sappiano offrire alla Nazione una visione, degli obiettivi condivisi e condivisibili».
E, senza sogni e senza obiettivi, di voglia di ridere, in giro, ve ne è poca; anche a leggere quello che scrive la premiata ditta Camilleri & Lodato. Meglio non leggerli affatto, sostiene Mario Centorrino, assessore regionale della Giunta Regionale Siciliana Lombardo; anzi, meglio non leggere nulla e non pensare a nulla. L’esilarante risposta dei due interessati nelle ultime pagine del libro in questione.
 
 

Televisionando, 3.9.2010
Ascolti tv 2 settembre 2010: Mentana all’8,38%, Il Peccato e la Vergogna batte Montalbano

La seconda puntata de Il Peccato e La Vergogna ha battuto anche la replica de La Pista di Sabbia, film tv della collection de Il Commisario Montalbano proposto ieri da RaiUno. Per la fiction di Canale 5, la cui terza puntata è prevista (al momento) per mercoledì 8 settembre, 5.736.000 telespettatori (28,53%) contro i 3.909.000 (18,18%) raccolti da Salvo Montalbano.
[...]
Giorgia
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.9.2010
Siciliani all'opera alla Scala ma senza gloria

[…]
Oltre una ventina, nell'Ottocento, sono i musicisti siciliani i cui drammi furono eseguiti in un teatro prestigioso o entrarono nel catalogo d'un editore blasonato. Molti di più, naturalmente, quelli che ebbero successi limitati a piccoli territori.
[…]
Equanime nelle antipatie fu Pietro Antonio Coppola, nato a Castrogiovanni (l'odierna Enna) ma catanese d'adozione, attivo in Portogallo e autore di una Pazza per amore che è il suo titolo più importante insieme al Postiglione di Longjuneau (Teatro alla Scala, 1838) e Ines de Castro (Lisbona, 1841). […] E contro Verdi, reo d'aver scritto un Requiem - nonostante ce ne fosse già uno di Coppola! - così scrive: «In oggi la musica italiana è in odio a tutti i compositori del giorno. Non si conosce affatto il canto non vi sono più maestri. I compositori di Opere del giorno sono tutti Capobanda e non mai studiarono canto perciò non conoscono tessitura di voci e perciò non fanno cantare che a gridi, e senza potersi pronunciare le parole, e volendo fare delle musiche dell'avvenire siamo ridotti a un caos indescrivibile, e non vi è altro, che Verdi che si farà milionario col suo gran prestigio». Toni che sarebbero certo appropriati per il circolo cittadino di Vigata in cui Andrea Camilleri, nel Birraio di Preston, ambienta una succulenta discussione sull'eccellenza di Verdi o di Wagner, che culmina nel lapidario giudizio sull'opera wagneriana: «cosa di cesso».
[…]
Emanuela E. Abbadessa
 
 

MicroMega, 4.9.2010
“Di viola, di più”
Comunicato di Camilleri, Flores d’Arcais, don Gallo, Hack sulla manifestazione del 2 ottobre

Tra quattro settimane dovrebbe svolgersi a Roma una grande manifestazione che dica “basta” a Berlusconi e chieda la realizzazione della Costituzione. Se le divisioni tra i diversi gruppi viola non rovineranno tutto. Per evitare confusioni: vari siti (micromega, ilfatto, ecc.) hanno pubblicato un appello di quattro anziane persone (la più giovane veleggia verso i settanta) che, convinte della nausea crescente di questo paese verso il regime di Berlusconi e della incapacità dell’opposizione parlamentare di interpretarla e mobilitarla, si sono rivolte alla società civile perché organizzi una grande manifestazione nazionale a Roma. La dizione “società civile” non è restata generica. L’appello si rivolge esplicitamente alla testate giornalistiche, ai siti web, ai club e associazioni, ai gruppi viola, e alle personalità della cultura, della scienza e dello spettacolo che godono del privilegio della visibilità pubblica.
Molti gruppi e molte personalità hanno cominciato ad aderire. Alcuni gruppi hanno chiesto un contatto telefonico diretto (in genere al direttore di MicroMega) a cui nella misura del possibile si è sempre risposto. Le quattro anziane persone sono ovviamente pronte (“da ciascuno secondo le sue possibilità”, come diceva il vecchio Marx) a dare una e anche quattro mani per questa manifestazione auto-organizzata (di cui non sono quindi gli organizzatori) e alle espressioni della società civile che si vogliono adoprare per essa.
Tra i gruppi viola sono in corso polemiche, al punto che si parla di due manifestazioni. Sarebbe peggio di zero, sarebbero due fallimenti e un gigantesco regalo al regime. L’Italia che continua a volere “giustizia e libertà” non li perdonerebbe. Invitiamo perciò tutti i gruppi viola, e le numerose altre realtà che si stanno mobilitando (la mera replica del “No B day” è superata, davvero inedita è la partecipazione di personalità e gruppi della Chiesa “di base”, ad esempio, e di organizzazioni anticlericali) perché si riuniscano al più presto per organizzare insieme la manifestazione del 2 ottobre. Senza escludere nessuno e senza che nessuno si escluda (“di viola e di più”, si potrebbe dire). Se il nostro appello ha infastidito qualcuno se ne può fare carta straccia, purché restino i contenuti essenziali, “fuori Berlusconi e realizziamo la Costituizione”. Se infastidiscono le nostre persone togliamo tranquillamente il disturbo. Purché non si rovini, per incomprensibili particolarismi, l’occasione di una grande mobilitazione dell’Italia civile.
Andrea Camilleri
Paolo Flores d’Arcais
Don Andrea Gallo
Margherita Hack

 
 

Gazzetta del Sud, 5.9.2010
Una gioconda farsa rossiniana riscritta in "vigatese" da Camilleri
Il regista Bruno Praticò: sarà uno spaccato di vita quotidiana teatrale

Messina. Sarà chiuso dalla messinscena della farsa giocosa rossiniana in un atto "Il signor Bruschino", in programma sabato 11 e domenica 12 (alle ore 21) al Teatro "Vittorio Emanuele", il laboratorio lirico tenutosi durante lo scorso anno accademico al Conservatorio "Arcangelo Corelli".
Con una straordinaria "chicca": una pagina riscritta da Andrea Camilleri nel suo inconfondibile linguaggio "vigatese". Un prezioso regalo fatto dal celebre scrittore di Porto Empedocle, che ha reso alla sua maniera la lettera di Bruschino padre a Gaudenzio.
Ma torniamo al laboratorio lirico del "Corelli", rivelatosi particolarmente importante per i giovani cantanti, ma anche per gli assistenti e i pianisti accompagnatori coinvolti nell'entusiasmante iniziativa, promossa dall'istituto musicale peloritano (in primis, dal suo direttore, il maestro Angelo Anastasi) per avvicinare - e, in qualche modo, avviare - i propri migliori allievi all'opera, non soltanto studiandone i diversi aspetti (la vocalità, la recitazione, la partitura, ecc.) ma realizzandone una sul serio, nel maggiore Teatro cittadino.
Un progetto affidato al maestro Antonino Fogliani, tra le migliori giovani "bacchette" delle ultime generazioni (con una carriera che l'ha visto già dirigere nei maggiori Teatri europei) e docente di Esercitazioni Orchestrali del "Corelli", che dirigerà l'Orchestra dell'istituto musicale messinese; accanto a lui, uno dei nomi di maggiore prestigio del panorama lirico internazionale, il baritono Bruno Praticò, che dell'attesa messinscena curerà la regia e interpreterà Bruschino padre.
Con lui, sul palcoscenico del "Vittorio Emanuele", i promettenti allievi-cantanti del "Corelli": Fabio Biagio La Torre sarà Gaudenzio, Rosita Fiocco vestirà i panni di Sofia (nella replica di domenica 12 settembre toccherà a Veronica Cardullo), Rocco Fodale interpreterà Bruschino figlio, Andrea Casablanca sarà Florville, Mario Casablanca darà voce al Commissario, Giuseppe Lo Turco a Filiberto, Angela Contarino e Chiara Lucchesi si alterneranno nel ruolo di Marianna. Il coordinamento di scene e costumi è affidato a Francesca Cannavò; assistente alla direzione d'orchestra Marco Alibrando; aiuto-regista è Angelica Giannetto; maestro al fortepiano Salvatore Messina; maestro di palcoscenico Giuseppe Guerrera.
Incuriosisce l'idea registica voluta da Praticò, che ha immaginato una sorta di prova aperta del capolavoro farsesco di Rossini, su libretto di Giuseppe Foppa, andato in scena per la prima volta al San Moisè di Venezia il 27 gennaio 1813 (insieme con un'altra farsa del Foppa, "Matilde", con musiche di Carlo Coccia).
«Sarà uno spaccato di vita teatrale - spiega il baritono aostano, formatosi con Giuseppe Valdengo e Rodolfo Celletti - con il litigio tra me e il direttore d'orchestra e con una sorta di prologo, nel quale spiegheremo i motivi che ci hanno portato a quest'impostazione registica».
E lui, interprete acclamato nei maggiori Teatri del mondo - reduce dal Brasile (dove ha tenuto una serie di recitals) e in procinto di andare a Palermo (per "Alice"), a Mosca (per "Cenerentola") e poi a Verona (per "La vedova allegra") e poi ancora al Covent Garden per "Il barbiere di Siviglia", ecc. - davanti all'entusiasmo di questi ragazzi (che «erano preparati molto bene», riconosce) si è intenerito, vedendo in loro (nell'impegno e nella cura che mettevano ogni giorno) la sua tenacia e il bagaglio di sogni e speranze che portava con sé agli esordi, prima di diventare quel grande cantante che tutti abbiamo imparato ad apprezzare.
«Guardando loro vedo me all'inizio... e tutto questo è commovente», si lascia scappare in un momento di pausa delle lunghe prove.
Regista sì, ma cantante nell'animo, Praticò rimane fedele a se stesso anche quando passa "dall'altro lato della barricata": «Non sono nato regista: sono nato e rimango cantante». E non è distinguo di poco conto, sotto tutti i punti di vista. «E forse solo un cantante può aiutare questi giovani a crescere, a maturare», conclude, facendosi serio.
Con un pensiero finale per la terra che l'ha accolto con contagioso affetto: «Adoro la Sicilia e i siciliani - confessa - e sono molto contento di quest'opportunità che mi è stata data di lavorare con i giovani. Sono il futuro».
Matteo Pappalardo
 
 

Libri News, 5.9.2010
Politica e finanza saranno le vere protagoniste di L’intermittenza, il nuovo romanzo di Andrea Camilleri

Malgrado manchino ancora una decina di giorni all’uscita, non è difficile pronosticare che ‘L’intermittenza’ di Andrea Camilleri sarà il prossimo romanzo dell’autore siciliano a conquistare la prima posizione delle classifiche italiane di vendita a partire dal 15 settembre in poi.
Il volume, che verrà pubblicato dalla casa editrice Mondadori il prossimo 14 settembre 2010, entra nella vita di Mauro De Blasi, direttore generale di una tra le più note ed influenti aziende italiane, un tipo con pochi scrupoli e tante risorse, capace di servirsi di giochi d’astuzia non sempre leali, simulazioni ed alleanze strategiche per mantenere salde le redini del suo impero.
Quello che si usa comunemente chiamare ‘un uomo di successo‘, che però, da un po’ di tempo, sembra cominciare a perdere colpi, qualche temporanea amnesia che come un interruttore girato su ‘off‘, lo ‘spegne‘ dal mondo estraniandolo completamente dall’ambiente che lo circonda.
 
 

No Berlusconi Day 2, 6.9.2010
Lettera aperta a D’Arcais, Don Gallo, Camilleri e Hack

Cari promotori dell’appello “W la Costituzione”
Abbiamo letto il vostro invito a promuovere una manifestazione nazionale unitaria per il primo sabato di ottobre; un invito che ci onora per la statura morale di chi lo rivolge e che ci interessa per i temi politici che propone e su cui sarebbe utile ed urgente un confronto. Da cittadini a cittadini e paritariamente.
Abbiamo promosso, come sapete, una manifestazione nazionale a Roma per il prossimo 2 ottobre. Lo abbiamo fatto in coerenza con la nostra storia e i nostri obiettivi e attraverso le modalità politiche e organizzative, secondo noi innovative tanto da essere replicate anche all’estero, che hanno caratterizzato la genesi e la storia del nostro movimento a partire dal primo No Berlusconi Day e, in particolare, privilegiando un “territorio” decisivo che è quello della Rete che non a caso il regime tende ad aggredire con limitazioni, censure e bavagli.
Il 17 agosto abbiamo lanciato in Rete un appello che coincide in buona parte -nei principi e negli obiettivi- con quello da voi successivamente proposto: via Berlusconi e il suo governo, un forte richiamo alla Costituzione, una nuova legge elettorale e sul conflitto di interessi, elezioni anticipate, libere e democratiche.
Ma non solo: abbiamo voluto evidenziare nel nostro appello la drammatica questione sociale che interessa il Paese, pensando così di interpretare le esigenze di un movimento popolare costituito per lo più da comuni cittadini (quali noi siamo), da famiglie, giovani e lavoratori. Nel nostro appello, infatti, chiediamo le dimissioni di Berlusconi non soltanto per le ragioni condivise che animano entrambe le nostre iniziative, ma anche in risposta alle gravi responsabilità che a questo governo vanno ricondotte nella gestione della crisi economica e nella distruzione della dimensione pubblica a partire dalla scuola e dall’università. Su questo punto politico con voi vorremmo confrontarci.
E poi vorremmo confrontarci sul titolo che abbiamo dato all’iniziativa e che voi ritenete “superato” nonostante Berlusconi, seppure in un quadro di vivacità politica e istituzionale, sia ancora Capo del Governo. Il “No Berlusconi Day 2? non è una formula giovanilistica ma la scelta consapevole di chi crede che prima condizione per un radicale cambiamento di rotta sia il superamento di una delle fasi più nefaste che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese, dalla nascita di Forza Italia sostenuta dalla mafia a oggi. Questa fase, definita berlusconismo, è stata promossa ed interpretata da un uomo che tiene il Paese in ostaggio da quasi vent’anni anche grazie all’anomalia rappresentata dall’assenza di un quadro legislativo (esempio pluralismo dell’informazione) che ne impedisse l’ascesa e il radicamento così come accade in ogni paese liberale.
Noi siamo convinti che esistano tutte le condizioni politiche per dare vita ad una manifestazione unitaria di tutte quelle forze che operano per il superamento del berlusconismo e per la costruzione di un Paese più equo in cui la Costituzione sia il faro che illumina l’azione pubblica e la vita democratica del Paese
Per questo vi chiediamo di unirvi e contribuire a questo grande momento di partecipazione civile, sabato 2 ottobre, ore 14 piazza della Repubblica (Roma).
Stesso appello, stessa piazza
I promotori del No-B-Day 2
 
 

La Repubblica, 6.9.2010
I volontari a Firenze
Saviano per Emergency e Patti Smith torna sul palco
Il nono incontro Nazionale, fino a domenica. Esperienze dal campo, dibattiti e concerti. "Stiamo aprendo ambulatori anche in Italia"

Firenze - Roberto Saviano torna in pubblico per Emergency. Lo scrittore napoletano, insieme a Gino Strada, Vauro, Antonio Tabucchi e Samuele Bersani, parteciperà il 10 settembre alla serata condotta da Fabio Fazio al Mandela Forum (ore 21,30) intitolata "Il mondo che vogliamo", uno degli eventi che fa parte del Nono incontro nazionale di Emergency, a Firenze fino a domenica prossima.
[...]
Interverrà durante la festa anche Andrea Camilleri (ma solo attraverso un video registrato).
[...]
Simona Poli
 
 

l'Unità, 6.9.2010
Emergency in festa a Firenze. E apre ambulatorio a Marghera

Emergency si affaccia anche sull'Italia. Perché anche qui ne abbiamo bisogno. E a ottobre apre un poliambulatorio a Marghera (Venezia) per migranti, regolari e non, e italiani che hanno difficoltà nell'accedere al servizio sanitario nazionale. Intanto, da martedì 7 a domenica 12 settembre, l'associazione ideata da Gino Strada tiene a Firenze, al Mandelaforum (vicino allo stadio) e a Firenze Fiera il suo nono incontro nazionale.
[...]
“Il mondo che vogliamo” s'intitola la serata del 10 , con Saviano, Gino Strada, Vauro, Antonio Tabucchi, Samuele Bersani, Camilleri in telecollegamento e che sarà condotta da Fabio Fazio.
[...]
Stefano Miliani
 
 

Adnkronos, 6.9.2010
Tv: ascolti Rai, Montalbano sfiora i 4 mln, alle reti prime time e 24 ore

Roma - In prima serata su Rai 1 ieri, domenica 5 settembre, la fiction con Luca Zingaretti ''il Commissario Montalbano'' ha ottenuto 3 milioni 931 mila telespettatori e uno share del 19.59.
[...]
 
 

La Sicilia, 7.9.2010
Gli 85 anni di Andrea CamilleriAndrea Camilleri, La luna di carta

Porto Empedocle. Lo scrittore Andrea Camilleri ha compiuto ieri 85 anni. Ma a Porto Empedocle quasi nessuno se n'è accorto.
L'anno scorso di questi tempi, l'amministrazione comunale aveva provveduto a regalare al proprio figlio illustre una serie di manifesti con su scritto «Auguri Andrea». Quest'anno niente, con l'aggiunta che ad oggi il papà del commissario Montalbano non è stato avvistato dalle parti di via La Porta dove ha il suo buen ritiro.
A differenza di quanto accaduto negli anni scorsi, Camilleri ha deciso di non venire a Porto Empedocle in concomitanza con i festeggiamenti in onore di San Calogero. Evidentemente la frescura del monte Amiata gli ha consigliato di soggiornare ancora in un ambiente più accogliente per un anziano di 85 anni. Ma a Porto Empedocle si sta organizzando quello che il sindaco Calogero Firetto definisce un grande evento, previsto per la prima decade del prossimo mese.
Pare che alle spalle di questo evento ci sia l'assessorato regionale alla Cultura, con la stretta collaborazione della locale Fondazione creata e intitolata proprio ad Andrea Camilleri. Da ricordare come in occasione degli 80 anni, nel 2005 a Porto Empedocle ai tempi del commissario straordinario Antonino La Mattina, si tenne una festa di paese, con tanto di coccarde tricolori in via Roma e banda musicale.
f.d.m.
 
 

anti-it, 7.9.2010
Montalbano, il fascistone comunista
Riletture. Andrea Camilleri, La luna di carta

Montalbano è qui più fascistone che mai, il fascistone meridionale. Con la fidanzata, con i subordinati, con i cittadini, con i superiori. Simpatico, e giusto – è veritiero. Il fascistone meridionale non è un reduce di Mussolini, anzi lo avrebbe disprezzato, ma è autorevole e autoritario, e tutto dice, sa, fa, e risolve. E non è di sinistra, come l’autore vorrebbe. Dev’essere il centro della simpatia, l’interprete del sentimento comune, quello che tutti vorrebbero essere – magari comunista, una volta, nell’intimo, poiché il Pci, che ha avuto al Sud breve vita, si è creata per quei lontani anni un’aura d’irenismo e giustizia, ma non del Partito.
La stessa concezione che Camilleri ha del Pci e del movimento è di destra: del galantomismo, per l’ordine e il coraggio. Il che non vuol dire che lui stesso non possa essere stato del Pci fin da ragazzo, come pretende: il Pci si riconosce anche in Malaparte e Montanelli, perfino in Longanesi. È possibile. Ma, scrivendo, privilegia la verità: la spia è nell’assenza del “tutto mafia”, l’idiozia del Pci che lo ha sradicato presto dalla Sicilia.
Astolfo
 
 

Paperback.it, 7.9.2010
Un nuovo caso per Montalbano
Disponibile dal 15 ottobre 2010, Una voce di notte

Andrea Camilleri torna a far parlare di se con un giallo nuovo di zecca: anche questa volta la vicenda è ambientata a Vigàta, la cittadina siciliana di cui è originario il celeberrimo commissario Montalbano. Una notte è stato rubato il cospicuo incasso di un supermercato, ma la cosa strana è che i ladri non abbiano lasciato alcun segno di scasso e che il direttore del negozio di fronte alle domande della polizia si agiti in maniera sospetta: il giorno dopo verrà ritrovato impiccato nel suo ufficio. Suicidio o omicidio? Sempre il giorno seguente, una ragazza viene ritrovata nel suo appartamento, è stata accoltellata a morte e a dare l’allarme è il suo convivente, che ha un alibi di ferro. Nel loro evolversi le indagini per le due morti si mescoleranno e influenzeranno e finiranno per toccare i nomi di personaggi potenti e pericolosi, fino a rivelare una verità tanto dura quanto scomoda.
 
 

Rainews24 Blog - Libri, 9.9.2010
Acqua in bocca

E’ stato il caso letterario dell’estate appena trascorsa, e - come la stagione meteorologica assai incerta - non ha convinto proprio tutti. In realtà, il giallo “Acqua in bocca”, opera prima a quattro mani di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, nasconde in sé un altro giallo, un metatesto.
Come genere, non ne rispetta i canoni tradizionali, non risponde neanche ai requisiti più elementari di un’indagine investigativa (a titolo esemplificativo, non c’è alcun cenno all’ora del decesso della vittima che fa scaturire il caso). Il lettore più smaliziato in meno di venti pagine perde l’interesse alla trama e segue con perplessità le vicende di Grazia Negro e Salvo Montalbano alle prese con un’avvenente quanto avventata, quindi improbabile, agente dei servizi deviati.
A un dato momento una curiosa bizzarria fa scoprire in trasparenza la vera essenza di “Acqua in bocca”: la lunga, laboriosa e talvolta impaziente ‘trattativa’ tra i due autori, che il libro testimonia, evidenziandola. Sono mani che tendono fili che fanno muovere i burattini Negro e Montalbano. Burattini come in un teatrino di antichi pupari. Perché Camilleri e Lucarelli hanno scelto deliberatamente il vezzo dello scambio epistolare per condurre le indagini. Nell’era degli smartphone, pare assurdo, i due investigatori si scambiano missive e rapporti dei carabinieri, pizzini nei cannoli e biglietti nei tortellini in brodo.
Come venga risolto il giallo allora poco importa: è molto più interessante seguire il corso del sottile gioco tra l’allievo Lucarelli che lancia sulla scacchiera le sue sfide e il maestro Camilleri che, sornione, gliele smonta e rilancia. Di sicuro i due si sono divertiti parecchio.
La controprova è nella nota dell’editore Daniele di Gennaro, che conclude la lettura del romanzo. Nel raccontare, con la metafora degli scacchi, la nascita di “Acqua in bocca”, di Gennaro osserva: “Conservo gelosamente l’originale con tutte le loro note scritte a mano, e i rimandi a un parere del compagno/avversario. Sì, avversario, perché i due si stimano, ma non vogliono certo far brutta figura di fronte alla scrittura dell’altro. Insomma, giochiamo, sì, ma non scherziamo”. Sarebbe proprio questo il giallo che vorremmo leggere un giorno.
Cristina Bolzani
 
 

Retroguardia 2.0- Il testo letterario, 9.9.2010
Trittico per Camilleri. Come si costruisce un’antologia. Andrea Camilleri, "Pagine scelte di Luigi Pirandello", Milano, Rizzoli BUR, 2007

Quello che mi ha stupito di più di questa antologia è che rechi il nome del suo realizzatore al posto dello scrittore antologizzato (sarebbe stato più corretto, forse, scrivere Luigi Pirandello, Pagine scelte, a cura di Andrea Camilleri – in fondo, il “vero autore”di quelle pagine è proprio lui, Pirandello, ma tant’è…). E’ vero che un’antologia è il prodotto della scelta e dei gusti personali di chi la realizza e la costruisce ma non bisognerebbe esagerare. Comunque va detto che Camilleri dichiara fin da subito che il “suo” Pirandello è quello suo e basta e che non ha aspirazioni “scientifiche” né didattiche.
«Se vado a guardare sul dizionario Devoto-Oli la parola “Antologia”, trovo, per la parte che mi riguarda, questa definizione: “… o scelta di pagine dall’opera di un solo scrittore, condotta secondo criteri storico-critici o per usi didattici”. […] Insomma, ogni antologia che afferma di seguire criteri di oggettività è pur sempre un’antologia condizionata dal personale gusto del curatore. Che questa mia scelta possa dirsi comunque un’antologia non c’è dubbio alcuno, ma essa non è stata fatta per usi didattici e meno che mai è condotta seguendo criteri storico-critici. E’ un’antologia del tutto personale, che risponde a due precise domande che mi sono rivolto (ma in realtà la domanda è una sola): quali pagine di poesia, narrative, teatrali e saggistiche di Pirandello ti sono piaciute o ti hanno interessato di più? E perché? E’ chiaro allora che su questa mia antologia ogni riserva è possibile da parte dell’eventuale lettore ma, nello stesso tempo, è del tutto inutile proprio perché la scelta risponde a una privata preferenza. Se il lettore non condivide, l’unico modo che ha per manifestare il suo dissenso è quello di mettere da parte la mia antologia e di farsene una tutta sua, altrettanto personale. Che io, naturalmente, non potrò condividere» (pp. 7-8).
Qual è il criterio metodologico utilizzato da Camilleri (il quale per dimostrare le proprie competenze pirandelliane non esita, muovendosi à la Saint-Beuve, a ricorrere alla propria conoscenza diretta, sebbene infantile, con un Pirandello vestito da Accademico d’Italia in visita a casa sua)? Quello della rarità delle apparizioni editoriali – e non esita, infatti,  a pubblicare due brevi testi pirandelliani del tutto sconosciuti – un copione per balletto, La salamandra del 1928, poi musicato da Massimo Bontempelli e un breve lever de rideau del 1892 dal titolo Perché?, primo testo teatrale in assoluto dello scrittore girgentano mai raccolto in volume (ma messo in scena da Camilleri stesso nel 1986). Inoltre si affida al privilegiamento di opere o di parti di opere che hanno il merito indubbio di mostrare un aspetto non troppo banalmente “pirandelliano” di Pirandello.
In sostanza, si tratta di frammenti di testi (o di novelle riprodotte integralmente) in cui la celebre coppia dialettica Vita e Forma, scoperta da Adriano Tilgher dopo la rivoluzione teatrale dell’Enrico IV e poi da lui applicata all’opera tutta dello scrittore di Girgenti. Questo rapporto tra Vita e Forma e le sue vicissitudini romanzesche e teatrali finiranno con lo stancare Pirandello che romperà, alla fine, con Tilgher e lo sconfesserà in maniera netta. Camilleri prende le parti dello scrittore e si rifiuta di prendere in considerazione quelle opere dove sarebbe più facile applicare quel paradigma filosofico. Ora, il fatto è che a Pirandello, in un primo momento, quello schema piaceva e anche parecchio (lo applicherà in tante opere teatrali – si pensi a Diana e la Tuda o A quando si è qualcuno) salvo poi accorgersi che lo incasellava e lo privava di ogni possibilità di sviluppo estetico e poetico successivi. Si sentì, in sostanza, anche lui ingabbiato in una Forma (il Pirandello raziocinante e astratto della vulgata così come si è effettivamente consolidata) e cercò di uscirne con il teatro del Mito. Assai bello è il richiamo a un romanzo non molto fortunato dello scrittore (anche perché la sua revisione, dovuta alla necessità di non urtare la sensibilità di Grazia Deledda dalle cui vicende matrimoniali e finanziarie sembrava fosse stato ispirato, non fu mai ultimata) e che in un primo tempo si intitolò Suo marito nell’edizione del 1911 e poi avrebbe dovuto chiamarsi Giustino Roncella, nato Boggiòlo (in fondo, il Nobel la scrittrice di Nuoro lo aveva pur vinto nel 1926, candidata dal regime proprio per evitare il problema di chi preferire tra Pirandello e D’Annunzio che entrambi vi aspiravano). In questo testo narrativo, uno dei drammi più belli realizzati da Silvia Roncella si intitola La nuova colonia, proprio come il primo dei “miti” pirandelliani. Il fatto è, però, che il romanzo viene scritto nel 1909 (e poi pubblicato nel 1911) mentre l’opera teatrale sarà poi messa in scena nel 1928. Di conseguenza, se ne può dedurre che il tema “mitico” fosse presente nella prospettiva teatrale di Pirandello ben prima della sua esecuzione e che egli l’abbia realizzata riprendendo qualche suo vecchio progetto. E, d’altronde, se è vero che tantissime novelle pirandelliane sono poi state da lui adattate per la scena, non è raro il caso di testi teatrali che, non finiti, siano stati trasformati in opere narrative.
Camilleri, dunque, preferisce il Pirandello originale e innovativo a quello più tradizionale (e ospitato con maggior frequenza sulle antologie scolastiche). Ciò lo porta a espungere dal suo personale corpus letterario racconti più legati alla volontà di scrittura poetica che talvolta predomina a dispetto della prevalente vena ironica e dissacratoria dell’autore. Mancano allora Ciaula scopre la luna, ad es., e Il vecchio Dio o Berecche e la guerra mentre invece è presente una straordinaria novella scopertamente anti-fascista, C’è qualcuno che ride, di solito meno studiata e amata dai critici proprio per il suo carattere direttamente (direi, spudoratamente) “politico” ed eterodosso (il fascismo dello scrittore, peraltro, è tutto ancora da verificare nei testi).
A Camilleri piace il Pirandello più marcatamente dissonante rispetto alla cultura borghese del tempo suo (ma forse di sempre) e quello meno legato ai modelli culturali predominanti.
Ciò lo porta, ad es., a privilegiare il solare e scanzonato Liolà rispetto ai drammi borghesi più raziocinanti e compassati e l’ultimo “mito”, l’incompiuto I giganti della montagna (uno dei capolavori assoluti dell’autore) che viene riportato quasi interamente insieme a La favola del figlio cambiato che ne costituisce il precedente diretto e probabilmente indispensabile.
«In questa antologia il lettore troverà il mio copione di regia dei Giganti. In esso, i personaggi del dramma sono stati scarnificati, ridotti a funzioni, esaltando la loro natura segnica e/o simbolica, e inoltre alcune scene, non direttamente attinenti al problema della rappresentazione della Favola, sono state omesse» (p. 40).
Egualmente, Camilleri espunge tutto il pur ricco pacchetto di opere poetiche dello scrittore salvando solo la commedia in versi Scamandro e il suo quinto (ed ultimo) episodio. Il resto, da Mal giocondo del 1889 a Fuori di chiave del 1912, viene espunto e bollato con il titolo di arretrato e passatista e inadeguato rispetto al corso coevo e divampante della poesia europea.
E’ peraltro possibile che Pirandello riservasse il suo sperimentalismo letterario alla narrativa e alla prosa e preferisse indugiare in un classicismo di stampo carducciano in poesia. Fatto sta, però, che se parecchi suoi componimenti poetici soffrono effettivamente di questa “sindrome del passato” e risultano oggi poco corrivi alla lettura, è anche vero che l’attività di scrittura poetica cessa, più o meno, nel 1912 quando non ce n’è più bisogno, dato che la sua fama come studioso e intellettuale risulta consolidata (è ormai da qualche anno ordinario al Magistero femminile di Roma). Anche saggi “accademici” (ma certo non considerati volutamente tali in senso stretto dall’autore) non ne scriverà più dopo L’umorismo (e la polemica con il Croce) e Arte e scienza, una raccolta stampata a proprie spese di scritti precedenti, limitandosi a scrivere saggi bellissimi e di una qual certa sostenuta virulenza polemica.
L’abbandono della poesia, poi della saggistica (anche se l’attività di autore di articoli per i giornali non fu certo mai abbandonata) e infine dell’insegnamento vanno di pari passi con l’esplosione dell’attività teatrale non solo come autore ma anche come capocomico e direttore di una compagnia propria. In sostanza, più passa il tempo più Pirandello scrive a tempo pieno opere teatrali e novelle e riprende a produrre romanzi (quello finale, il suo capolavoro, Uno, nessuno e centomila è del 1925-1926 e costituisce una straordinaria messa a punto della sua Weltanschauung). Non solo si sente incoraggiato a farlo da un qual certo successo ottenuto su scala europea e latino-americana (anche se non certo nella cultura teatrale italiana, di solito assai retriva) ma non ha più bisogno del denaro (assai più limitato e necessario come per lui era stato precedentemente).
L’antologia di Camilleri, per concludere, vale allora quello che vale – individua bene certi snodi dell’opera pirandelliana trascurandone necessariamente altri (limite questo di ogni scelta forzata e spesso pregiudiziale). Ma è soprattutto interessante per capire che cosa a Camilleri piace di Pirandello e, in particolare, che cosa ne ha ripreso e utilizzato per la costruzione della propria prospettiva di poetica letteraria.
Giuseppe Panella
 
 

Corriere della Sera (ed. di Roma), 9.9.2010
Carnet
Piazza Bella Piazza

Nell'ambito della manifestazione "Piazza Bella Piazza", alla Libreria Rinascita sarà la volta di Marco Iezzi e Tonia Mastrobuoni con la presentazione del loro volume "Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi" (Laterza). Interverranno Luca Santarelli e Stefano Fassina. Non mancheranno le opinioni sui giovani di sei grandi vecchi: Gae Aulenti, Andrea Camilleri, Dario Fo, Margherita Hack, Dacia Maraini e Mario Monicelli.
 
 

Emergency - Incontro Nazionale 2010, 10.9.2010
Il mondo che vogliamo
Spettacolo
h. 21.30
MANDELA FORUM, Viale Pasquale Paoli, 3
Serata condotta da FABIO FAZIO
tra gli ospiti
GINO STRADA, Fondatore di EMERGENCY
ANDREA CAMILLERI, Scrittore (in video)
ANTONIO TABUCCHI, Scrittore
VAURO SENESI, Vignettista e scrittore
musica con SAMUELE BERSANI
INGRESSO GRATUITO
 
 

Il Venerdì, 10.9.2010
La stagione
Killer, zombie e poliziotti. La fiction è scritta con il sangue
Il ritorno di “Dexter”, “Boardwalk Empire” di Scorsese, i morti viventi di Darabont e poi Montalbano, l’agente antimafia Scamarcio e “Distretto” numero dieci…

[…]
Bisogna aspettare invece la primavera del prossimo anno per vedere altri quatto nuovi episodi del Commissario Montalbano, la fiction più amata da pubblico e critica. Accanto a Luca Zingaretti ci saranno tre nuove guest star femminili: Belén Rodriguez, Caterina Morariu e Isabella Ragonese.
[…]
Elena Martelli
 
 

La Repubblica, 11.9.2010
Il convegno
Appello di Emergency "La vera democrazia va in aiuto dei deboli"

Firenze - Un mondo senza guerra come strumento per risolvere le contese. Dove i governi garantiscano l' uguaglianza, soprattutto in Italia dove si assiste «alla progressiva e sistematica demolizione di ogni principio di convivenza civile» e dove «in nome della "sicurezza", la classe politica ha scelto la guerra contro chi è venuto in Italia per sopravvivere, incitando all' odio e al razzismo». È "Il mondo che vogliamo", il manifesto di Emergency che ieri è stato presentato al Mandela Forum da Gino Strada, Antonio Tabucchi, Vauro, Roberto Saviano in collegamento telefonico e Andrea Camilleri, in videomessaggio. Coordinava Fabio Fazio. «L' Italia non è un paese democratico - ha detto Strada - perché non fa crescere insieme i cittadini, privilegiando gli strati sociali più deboli. Nel nostro Paese nessun partito ha questa idea di democrazia».
 
 

Gazzetta del Sud, 11.9.2010
"Il Signor Bruschino" in scena a Messina con Bruno Praticò
Oggi e domani al Vittorio Emanuele

Messina. C'è parecchia curiosità intorno all'allestimento de "Il signor Bruschino" di Rossini, che il Conservatorio "Arcangelo Corelli" di Messina metterà in scena stasera e domani al teatro "Vittorio Emanuele" (ore 21, ingresso libero).
Per la presenza, innanzitutto, del grande Bruno Praticò, tra i protagonisti del panorama lirico internazionale, che della farsa del Pesarese sarà il regista nonché l'interprete di Bruschino padre: un'impostazione particolare, quella voluta dal baritono aostano, che ha immaginato «una prova aperta in Conservatorio».
Per la direzione del maestro Antonino Fogliani, una delle migliori "bacchette" delle ultime generazioni, avendo già – a soli 34 anni – una carriera ricca di successi nei maggiori teatri il mondo: proprio al direttore messinese, che al "Corelli" insegna Esercitazioni orchestrali, si deve l'idea del laboratorio lirico tenutosi nell'istituto di via Bonino, che si chiude con la messincena della farsa composta dal Pesarese, su libretto di Giuseppe Foppa, per il Teatro San Moisè di Venezia (andata in scena per la prima volta il 27 gennaio 1813). Per vedere all'opera, ancora, i promettenti allievi cantanti del "Corelli", pronti al debutto nel maggiore Teatro della loro città.
E, infine, per la pagina (la falsa lettera di Bruschino padre a Gaudenzio) riscritta da Andrea Camilleri. Si sono detti particolarmente orgogliosi dell'allestimento, presentandolo ieri nell'aula magna del Conservatorio peloritano, tanto il direttore del "Corelli" Angelo Anastasi che il presidente Giuseppe Terranova, che hanno ringraziato il maestro Praticò per la generosa disponibilità; da parte sua, il celebre baritono ha avuto belle parole per i giovani studenti messinesi, che hanno mostrato di essere preparati bene e di avere tanta voglia d'imparare.
Accanto a Praticò, Fabio Biagio La Torre avrà il ruolo di Gaudenzio, Rosita Fiocco e Veronica Cardullo si alterneranno nei panni di Sofia (la Fiocco stasera, la seconda domani), Rocco Fodale sarà Bruschino figlio, Andrea Casablanca interpreterà Florville, Mario Casablanca il Commissario, Giuseppe Lo Turco sarà Filiberto mentre Angela Contarino e Chiara Lucchesi si "divideranno" (la prima stasera, la seconda domani) la parte di Marianna.
Matteo Pappalardo
 
 

La Sicilia, 12.9.2010
«Il Cantiniere» apre a Catania ecco il vino per... tutti i gusti

[…]
A "Il Cantiniere" i sommelier conoscono tanto bene il vino quanto questi sentimenti. Il vino del solitario è il più difficile da abbinare. Per chi sorseggia in poltrona senza pasto leggendo un libro o ascoltando una musica c'è un consiglio. Con Camilleri il vino ideale sarà un Syrah girgentino,
[…]
Alfonso Stefano Gurrera
 
 

Paperback.it, 13.9.2010
Prima Pagina: L’intermittenza
E’ finalmente arrivato l’ultimo libro di Andrea Camilleri: L’intermittenza. Un thriller mozzafiato ambientato nello spietato mondo della finanza, dove nessuno può fidarsi di nessuno né permettersi di abbassare mai la guardia. Vi offriamo in anteprima l’incipit del libro, acquistabile da oggi.

Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte.
Si stava spalmando il sapone da barba e prima sobbalzò, poi si bloccò, le punte delle dita incremate sulla guancia destra. Allo specchio, appariva nella stessa posa della foto pubblicata sulla copertina dell’ultimo numero di “Comunicazione e impresa”, dedicata ai manager più importanti del Paese, che conteneva anche una sua lunga intervista.
Un attimo prima era intento a riandare col pensiero alla cena della sera avanti, tra l’altro il vecchio Birolli era accompagnato da una nipote ventenne che lèvati, quando, all’improvviso, erano comparse quelle aprole. O meglio, le aveva lette. Ma dove? Sullo specchio?
Sì, ma non propriamente sullo specchio, bensì al posto dello specchio. Perché, per una durata non più lunga di un battito di ciglia, la luce doveva essere andata via. E, nel buio, l’invisibile riquadro dello specchio si era trasformato in una sorta di minuscolo schermo cinematografico, sul quale, nitida, in bianco, era apparsa la frase. Come la didascalia conclusiva di un film muto, scritta in corsivo.
Però non l’aveva letta. Qualcuno l’aveva pronunciata ad alta voce.
Via, non era al cinema. Era dentro la sua stanza da bagno.
Quindi non poteva essere stato che lui. Aveva parlato da solo.
Era la prima volta che gli capitava. O forse gli era successo altre volte, ma non se ne era mai accorto.
Segno dell’età? A soli quarantadue anni? Non scherziamo.
Però non poteva permettersi il lusso di dire cose al di fuori di ogni controllo. Figurati se gli capitava durante una riunione del consiglio d’amministrazione o mentre era impegnato in una trattativa delicata!
Si ripromise di parlarne con Guidotti, alla prima occasione.
Cominciò a radersi, ma si sentiva leggermente a disagio.
Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte.
L’infastidiva soprattutto l’estraneità di quella frase. Troppo elegante, troppo ben composta. Lui non parlava e non scriveva così. Era una frase da scrittore. E lui non aveva mai ceduto alla fantasia della scrittura, neppure da ragazzo, quando i primi amore ti fanno mettere parole sulla carta. Veramente gli doveva essere stata come proiettata dall’esterno, non era possibile che l’avesse concepita dentro di sé, da sé.
E comunque: chi ne era il soggetto? O l’oggetto?
A chi apparteneva insomma quella morte? Non certo a lui.
A meno che non si fosse messo a parlare di se stesso in terza persona. Come faceva il vecchio Manuelli.
“Manuelli non sapeva nemmeno cosa fosse una fabbrica quando ci entrò a sedici anni come apprendista saldatore.” Parlava di sé come se leggesse la sua biografia. E tutti gli ridevano alle spalle.”
 
 

Corriere della Sera (ed. di Roma), 13.9.2010
E' morto Calabrese. Raccontò il suo male
Il ricordo
Ironia ed emozioni per insegnarci a combattere il male

Si può amare la vita e farla amare agli altri in molti modi. Pietro Calabrese aveva scelto l'ironia mista alla saggezza per edulcorare il fatalismo del suo essere orgogliosamente mediterraneo.
[…]
Come sbagliamo, quando pensiamo di essere circondati e oppressi da un egoismo dilagante e da una cieca indifferenza. Non è così, e Calabrese ce lo ha dimostrato. Come nei racconti di Camilleri, che lui lanciò per primo, o nelle opere di Tornatore, di cui aveva appena pubblicato una lunga intervista in occasione di Baarìa, aveva scelto di parlare dei suoi incontri, a Roma come a Gratteri.
[…]
Ferruccio De Bortoli
 
 

La Stampa, 14.9.2010
Il libro. Camilleri
Sapessi com'è strano fare a meno di Montalbano
In anteprima il nuovo romanzo "L’intermittenza", una commedia altoborghese di manager rampanti e inganni amorosi ambientata non in Sicilia ma a Milano

Il direttore generale di una grande azienda. La sua giovane moglie. Il presidente. Il vicedirettore generale. L’altro vicedirettore generale, figlio del presidente. Un industriale con bellissima nipote. Il sottosegretario allo Sviluppo economico. Un gigolò. Le segretarie, le cameriere, i responsabili della sorveglianza, i medici. Sono alcuni dei personaggi - messi in fila all’inizio, come nelle commedie - che ruotano nel nuovo romanzo di Andrea Camilleri, L’intermittenza, in uscita oggi da Mondadori (pp. 181, e18; ne anticipiamo le prime pagine). Niente Montalbano, niente Sicilia, e quindi niente impasto linguistico-dialettale, milieu altoborghese e ambientazione mai del tutto esplicitata ma intuibilmente milanese. Una vicenda dei giorni nostri, che però evoca le atmosfere dei gloriosi sceneggiati tv d’inizio anni 70. La commedia che va in scena, in un crescendo di tensione e nell’incrociarsi dei piani prospettici, è quella attualissima dei grandi manager e dei capitalisti rampanti (tra i ringraziati delle Nota finale, un esperto come Pietro Ichino), con il loro autoreferenziale mondo privato fatto di pulsioni erotiche e di doppi e tripli giochi amorosi. Tra i tanti personaggi, emerge come filo conduttore quello di Mauro De Blasi, il direttore generale: freddo e spregiudicato, sempre a suo agio, apparentemente invincibile. Non fosse per quella «intermittenza», un momentaneo obnubilamento della coscienza che lo coglie a tradimento un mattino, e poi ogni tanto si ripresenta, nei momenti meno opportuni.
M. AS.

Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte.
Si stava spalmando il sapone da barba e prima sobbalzò, poi si bloccò, le punte delle dita incremate sulla guancia destra. Allo specchio, appariva nella stessa posa della foto pubblicata sulla copertina dell’ultimo numero di Comunicazione e impresa, dedicata ai manager più importanti del Paese, che conteneva anche una sua lunga intervista.
Un attimo prima era intento a riandare col pensiero alla cena della sera avanti, tra l’altro il vecchio Birolli era accompagnato da una nipote ventenne che lèvati, quando, all’improvviso, erano comparse quelle parole. O meglio, le aveva lette. Ma dove? Sullo specchio?
Sì, ma non propriamente sullo specchio, bensì al posto dello specchio. Perché, per una durata non più lunga di un battito di ciglia, la luce doveva essere andata via. E, nel buio, l’invisibile riquadro dello specchio si era trasformato in una sorta di minuscolo schermo cinematografico, sul quale, nitida, in bianco, era apparsa la frase. Come la didascalia conclusiva di un film muto, scritta in corsivo.
Però non l’aveva letta. Qualcuno l’aveva pronunciata ad alta voce.
Via, non era al cinema. Era dentro la sua stanza da bagno.
Quindi non poteva essere stato che lui. Aveva parlato da solo.
Era la prima volta che gli capitava. O forse gli era successo altre volte, ma non se ne era mai accorto.
Segno dell’età? A soli quarantadue anni? Non scherziamo.
Però non poteva permettersi il lusso di dire cose al di fuori di ogni controllo. Figurati se gli capitava durante una riunione del consiglio d’amministrazione o mentre era impegnato in una trattativa delicata!
Si ripromise di parlarne con Guidotti, alla prima occasione.
Cominciò a radersi, ma si sentiva leggermente a disagio.
Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte.
L’infastidiva soprattutto l’estraneità di quella frase. Troppo elegante, troppo ben composta. Lui non parlava e non scriveva così. Era una frase da scrittore. E lui non aveva mai ceduto alla fantasia della scrittura, neppure da ragazzo, quando i primi amori ti fanno mettere parole sulla carta. Veramente gli doveva essere stata come proiettata dall’esterno, non era possibile che l’avesse concepita dentro di sé, da sé.
E comunque: chi ne era il soggetto?
O l’oggetto?
A chi apparteneva insomma quella morte?
Non certo a lui.
A meno che non si fosse messo a parlare di se stesso in terza persona. Come faceva il vecchio Manuelli. «Manuelli non sapeva nemmeno cosa fosse una fabbrica quando ci entrò a sedici anni come apprendista saldatore». Parlava di sé come se leggesse la sua biografia. E tutti gli ridevano alle spalle.
Uscì nudo dal bagno e andò nello spogliatoio. Si rimise l’orologio al polso, lo controllò. Era in anticipo, mancava un’ora all’arrivo della macchina. Stava per aprire il cassetto della biancheria, ma cambiò pensiero. Si mosse, entrò nella camera da letto.
Marisa dormiva, al suo solito non avrebbe aperto gli occhi prima delle dieci. Lei amava il caldo, quindi tenevano acceso al massimo il riscaldamento anche durante la notte. Ma ora forse il calore era diventato eccessivo, se Marisa se ne stava bocconi nuda, di traverso, il lenzuolo appallottolato accanto, le cosce leggermente divaricate, una delle sue lunghe gambe, la sinistra, penzolante fuori dal bordo del letto.
Venne assalito da uno spasimo di desiderio tanto improvviso quanto violento. La sera avanti non l’avevano fatto, anche se lui ne aveva avuto voglia: il dopocena si era protratto sino alle due e Marisa, appena a letto, aveva mormorato d’essere troppo stanca. Ma capitava raramente.
Da cinque anni che erano sposati, solo eccezionalmente Marisa gli si era rifiutata, anzi spesso era stata lei a prendere l’iniziativa. La guardò: aveva un corpo superbo da ventenne, che sfoggiava con la matura coscienza di sé che ha una trentenne.
Svegliarla?
La conosceva bene, non avrebbe ottenuto nulla, se non un seccato e definitivo:
«Vattene, lasciami dormire».
Lei si chiudeva nel suo sonno come un pulcino dentro l’uovo, guai a rompere il guscio prima del dovuto.
Ma più stava a guardarla, più il desiderio diventava forte e impellente. Se non se ne liberava, se lo sarebbe portato appresso anche sul lavoro, e di certo lo avrebbe annebbiato, rendendolo meno vigile e pronto.
E quella era invece una mattinata nella quale sapeva di non potersi lasciare andare nemmeno per un secondo.
Andrea Camilleri
 
 

Libreria Mondadori Prato, 14.9.2010
L'intermittenza, Andrea Camilleri

Una grande azienda, la Manuelli, che sostiene l'economia del Paese e dà lavoro a migliaia di operai. Il suo presidente, vecchio padre della rinascita industriale italiana. Il figlio di lui, inetto e velleitario. Il direttore del personale, abile e cinico. E il direttore generale, il solo a non mostrare cedimenti: Mauro De Blasi. Su questa realtà si allunga l'ombra della crisi: e allora bisogna tagliare e cassintegrare, trattare con ministri e sottosegretari, fronteggiare sindacalisti e occupazioni. Ma la Manuelli tiene botta, anzi, fiuta l'affare: si tratta dell'azienda Birolli, il cui proprietario è assillato dai creditori e pronto a svendere tutto pur di salvarsi. Un solo bene nemmeno il curatore fallimentare potrebbe togliergli: la nipote Licia, superbo esemplare di femmina determinata, intelligente e sensuale. Ancora una volta Mauro De Blasi si dimostra più furbo di tutti anche se c'è qualcosa, uno strano fenomeno, che inizia a manifestarsi con inquietante frequenza nelle sue giornate: l'intermittenza. Un thriller finanziario spietato, un dramma che ha il passo implacabile che Camilleri ci ha già mostrato in Un sabato, con gli amici, quando i suoi personaggi appaiono scolpiti con scabra efficacia, quasi con crudeltà, rastremati attorno alle pure motivazioni del loro agire: l'odio, il desiderio, la vendetta, il potere.
 
 

Corriere della Sera, 14.9.2010
Libreria Feltrinelli
Luigi De Filippo incontra il pubblico e racconta il teatro

Roma. Incontro con Luigi De Filippo oggi alle ore 18 presso la Feltrinelli (via del Babuino 39/40). Interviene Enrico Vanzina. Luigi De Filippo ripercorre nel libro «Un cuore in palcoscenico» la storia della famiglia che ha rivoluzionato il teatro italiano. [...] Ma racconta anche [...] dei personaggi illustri che, negli anni, hanno accompagnato il percorso della famiglia: Pirandello, Fellini, Camilleri, De Sica, il grande Totò. [...]
 
 

Il Giornale, 15.9.2010
Indiscreto

Oggi [Ieri, NdCFC] esce il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, L’Intermittenza, pubblicato da Mondadori (editore al quale, dicono i maligni, lo scrittore siciliano rifila i libri scritti con la mano sinistra, riservando la destra per firmare le cose che passa a Sellerio...). Comunque, non si tratta di un nuovo episodio della saga di Montalbano (per la quale del resto è già pronto un nuovo titolo, che arriverà a ottobre), ma di un «thriller finanziario spietato» a base di politica, soldi e rivalità. La cosa curiosa, però, è un’altra. Questa: appena arrivata nelle redazioni dei giornali la copia-staffetta del romanzo, tutti si sono fatti la stessa domanda. Ossia, non dove quest’uomo trovi il tempo di produrre così tanto, ma come potrà prenderla qualcuno leggendo il libro... Al centro de L’intermittenza, infatti, c’è una grande azienda italiana - la Manuelli - che sostiene l’economia del Paese e dà lavoro a migliaia di operai: una vera «istituzione» nazionale. C’è il Presidente, vecchio padre della rinascita industriale italiana. C’è un figlio inetto e velleitario. C’è uno strano direttore generale... E poi manager senza scrupoli, mogli bellissime, amanti, auto di lusso, tradimenti, vendette... È vero: la storia si svolge in una città che sembra assomigliare più a Milano che a Torino. E non è ambientata nel passato, ma oggi. Però, quella potentissima famiglia di industriali che porta il nome Manuelli, quei personaggi che sembrano già “visti”, quella trama oscura di soldi e potere... Insomma, tutto sembra tornare. Se non che proprio ieri, l’anticipazione del romanzo è uscita sulla Stampa di Torino. Che non se ne siano accorti o che abbiano voluto fare un dispetto ai «padroni», i Manuelli?
 
 

Il Giornale, 16.9.2010
Trucchi editoriali
A Camilleri laurea honoris causa in dialoghi inutili
Nel nuovo romanzo lo scrittore si supera nell'arte di allungare un libro riempiendolo di battute superflue. L'intermittenza è un raccontino gonfiato a 170 pagine. Ma il "brodo", allungato, rimane insapore

Il sommo resta Walter Veltroni. Il quale, trovandosi fra le mani un racconto breve intitolato La scoperta dell’alba, lo trasformò con un colpo di bacchetta editoriale in un romanzo edito da Rizzoli. Fu necessario però stampare i caratteri in un corpo tipografico gigantesco, da allora noto come «Corpo Veltroni» nei manuali del perfetto stampatore. E farcire il volume di «elegantissime» pagine bianche all’inizio, alla fine e tra un capitolo e l’altro.
Ora l’ex leader del Partito democratico deve affrontare la sfida della industria editoriale “Andrea Camilleri”, la sola in grado di sfornare romanzi, racconti, pièce, articoli e poesie a getto continuo, con ritmi che avrebbero fatto felici i responsabili dei piani quinquennali sovietici. Da qualche tempo la stakanovista industria “Andrea Camilleri” sfoggia un vero e proprio marchio di fabbrica: il Dialogo Lunghissimo e Inutilissimo (DLI), perfetto per riempire pagine e pagine di aria fritta ma indispensabile per gonfiare un racconto fino alle dimensioni di un romanzo con copertina cartonata e dal ragguardevole prezzo. Ogni battuta di DLI, anche se composta di due sillabe («Ciao»), vale una riga. Tante battute di DLI, tante pagine; tante pagine, tanti romanzi. Minimo cinque o sei all’anno, regolarmente baciati da un fenomenale successo in classifica, qualsiasi cosa ci sia dentro. Il DLI è l’equivalente delle infinite sparatorie (con scene identiche ripetute anche un paio di volte a distanza di pochi secondi) nei b-movies d’azione, sparatorie necessarie per raggiungere la durata minima sindacale sopra la quale lo spettatore non può tornare alla cassa inferocito per aver assistito a un telefilm e non a un film.
L’intermittenza, il nuovo libro della “Andrea Camilleri” pubblicato da Mondadori, è «un thriller spietato, veloce come un battito di ciglia», dice la copertina. In effetti è velocissimo. Nonostante abbia 172 pagine, si legge in un’ora. Grazie a una sistematica applicazione del DLI. La “Andrea Camilleri” ha tratto ispirazione dalla cronaca e ha trovato interessanti le torbide vicende della famiglia Manuelli, proprietaria di una grande azienda che sostiene l’economia del Paese e dà lavoro a migliaia di operai. C’è un capostipite che ha tenuto a battesimo l’industria italiana, un figlio inetto e un po’ guascone, qualche manager senza scrupoli e tagliatore di teste, ministri e sottosegretari disposti al compromesso. Scandali, scandaletti, segretarie e amanti insaporiscono il minestrone. (E se state pensando a una grande famiglia che faccia rima con Manuelli... sappiate che «I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto di fantasia», dicono alla “Andrea Camilleri”).
Comunque il DLI domina incontrastato. Per spalmarsi una crema può essere necessaria quasi mezza pagina.
«Te la sei rimessa la crema?»
«No»
«Perché?»
«Pensavo che una volta bastasse»
«Ma no! Rimettitela»
«Non mi va di alzarmi»
«Mettila senza alzarti. Ti aiuto io»
Finito? Macché. Dopo «il gemito di piacere» di Marisa, l’incremata, si ricomincia.
«Ti faccio male?»
«Un pochino»
«Vuoi che smetta?»
«No, continua»
L’apice però si raggiunge nelle interminabili telefonate. Eccone una.
«Dottore al telefono c’è la dottoressa Licia Birolli»
«Me la passi»
«Come va?»
«Bene e tu?»
«Le telefono a nome di ...»
«Scusami Licia ma io ti do del tu»
«E con ciò?»
Le questioni formali richiedono altre cinque battute, fino a quando finalmente la vicenda sembra ripartire.
«Senti, ti telefono a nomi di Luigi»
«Scusami, Luigi chi?»
«Ravazzi»
«Perché lo conosci?»
E si ricomincia: per stabilire chi è il Ravazzi e cosa vuole dalla nostra vita se ne va mezza pagina di «fitta» discussione. Dopo di che scatta un invito a cena. Per decidere dove andare e a che ora ci vogliono la bellezza di 27 righe di dialogo con battute lapidarie.
«Ti va bene alle otto e mezzo?»
«Va benissimo»
«Ciao»
«Ciao»
E un’altra pagina è chiusa. Proprio quando il lettore sta per tirare un sospiro di sollievo, riecco squillare lo stramaledetto telefono. È ancora lei, la Birolli.
«Mi scusi dottore, è ancora la signorina Birolli»
E si riparte per un’altra pagina di dialogo. Conclusioni rinviate: «Ti chiamo io domattina alle dieci». Una minaccia, più che un appuntamento. Però un’altra mezza pagina è volata via.
E anche questo pezzo.
Accipicchia.
Alessandro Gnocchi
 
 

Panorama, 16.9.2010
L’Intermittenza: il quarto romanzo di Andrea Camilleri in sei mesi

C’è chi non ci vuole credere: “Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, un altro?”. C’è chi lo definisce “racconto annacquato”. C’è chi è incuriosito dall’insolita cornice in cui è ambientato, il non-luogo della Milano altoborghese: “Niente Montalbano? Quasi quasi lo compro”. E poi ci sono quelli, sempre di più, che acquisteranno L’Intermittenza (Mondadori, 181 pagine), il nuovo romanzo di Camilleri uscito ieri in libreria, ad occhi chiusi.
Questo forse spiega perché i “nuovi” libri di Camilleri ultimamente si accumulino sugli scaffali delle classifiche di vendita a ritmo ubriancante. A fine marzo è uscito Il nipote del Negus: strage di vendite. A maggio l’ennesimo capitolo della saga Montalbano, La Caccia al tesoro: altra strage di vendite. A giugno è stata la volta del tandem con Carlo Lucarelli, Acqua in bocca: strage di libri spiegazzati sotto l’ombrellone. Infine ieri, L’Intermittenza, che – lasciando stare saggi e audiolibri – è ufficialmente il quarto romanzo in sei mesi.
Una simile inflazione del nome Camilleri rischia di distogliere l’attenzione da quello che invece, almeno sulla carta, potrebbe rivelarsi un romanzo interessante. Spostando il bersaglio della propria penna dalla Sicilia agreste alla Milano più industriale e cinica, Camilleri intesse una commedia in cui si avvicendano direttori generali, vicedirettori, mogli e sottosegretari.
Un circo cinico e privo di senso del ridicolo all’interno del quale spicca la figura di Mauro De Blasi, direttore generale di una grande azienda apparentemente immune ai morsi di una coscienza allenata al letargo. Ma anche lui, come tutti, occasionalmente cade vittima delle insidiose “Intermittenze”, tagliole che la coscienza gli piazza lungo l’ascesa (o discesa?) verso il successo e che, seppur per breve tempo, riescono a rivelare le crepe che si nascondono in un’esistenza svuotata.
Per chi volesse un assaggio di questa (occasionale?) svolta narrativa dell’autore siciliano, qui [Link all'incipit su La Stampa, NdCFC] è possibile leggere un breve estratto.
Fabio Deotto
 
 

Il Tempo, 16.9.2010
Notizie - Cultura e Spettacoli
Prima la passerella estiva dei festival di tutto (della letteratura, della filosofia, della mente).

E ora che le città si sono riempite di nuovo, i palcoscenici dei teatri, degli auditorium. Come divi rock, sulla ribalta i soliti noti: da Augias a Erri De Luca. E infatti chi saranno i magnifici quattro che al Parco della Musica di Roma («tempio» della cultura-show stigmatizzata da Gianfranco Ferroni nel pamphlet «Scritture a perdere») animeranno altrettanti reading riscrivendo a modo proprio classici della letteratura? Elementare Watson: la compagnia di giro formata da Baricco, Camilleri, Benni, Eco. Eroi nazionali, osannati dalle folle (ma quanti non sbadigliano col narcisista Baricco, quanti capiscono Eco?). E tutti propensi ad apparire, specie a ridosso dell'uscita di un loro volume. Le quattro giornate all'Auditorium a prezzi popolari (5 euro per un'ora di lettura d'autore) sono un progetto editoriale promosso dal gruppo editoriale de l'Espresso. E sta qui il punto. La sinistra impone il proprio olimpo. Non governa, ma resta egemone in campo culturale. Perché ci sa fare, crea miti, eventi spesso minimi con risultati massimi. Per quale motivo resiste il predominio di quell'intellighentia che si è nutrita di Guttuso, di Moravia, di Pasolini, nomi ormai ossidati, e ora propone Baricco, Augias, Camilleri, debolucci ma applauditi appena respirano? Perché la destra non sgomita, non si propone, resta nel sottosuolo. Perché soffre ancora del complesso di inferiorità. […]
Lidia Lombardi
 
 

OK Libri.com, 16.9.2010
La caccia al tesoro

A maggio scorso, dopo neanche due mesi dall’uscita del romanzo Il nipote del Negus, Camilleri tornava con un nuovo capitolo della saga del commissario Montalbano, il sedicesimo capitolo per essere esatti, intitolato La caccia al tesoro.
Ma questa volta all’inizio della storia c’è un qualcosa di insolito nell’atmosfera del commissariato di Vigàta: un torpore inerte invade il luogo e, mentre Catarella adesso incespica tra rebus e cruciverba, Montalbano legge un romanzo di Simenon e, distratto, va sfogliando una vecchia annata della “Domenica del Corriere”.
Nessun fatto violento o cruento, neanche di scarsa entità: il risultato è che Montalbano che non sa come passare il tempo.
La sua noia viene disturbata ogni tanto dalle chiamate della sua suscettibile fidanziata Livia, che appare sempre più lontana.
Eppure un diversivo arriva attraverso la strana comparsa di bambole gonfiabili, la prima nell’appartamento di due anziani bigotti, fratello e sorella che a furia di preterìe e giaculatorie, avevano rincappellato pazzia sopra pazzia. La seconda ugualmente disfatta, ma data per cadavere di giovane seviziata, trovata poi in un cassonetto della spazzatura.
A questo fatto, giudicato inizialmente dal commissario come una stravaganza, vengono ad aggiungersi altri elementi che fanno di questa nuova avventura del commissario una storia noir, davvero inquietante e cruenta: lettere anonime che in giochi enigmistici invitano il commissario ad una strana e poco credibile caccia al tesoro, la scomparsa di una giovane e bella ragazza; e la presenza di un giovane aspirante epistemologo preciso identico a un Harry Potter, interessato al funzionamento del cervello di Montalbano quando conduce un’indagine; tutti questi elementi sparsi e apparentemente slegati tra loro trovano la giusta collocazione.
Intorno a lui, ad accompagnarlo nel rimettere a posto tutti pezzi del puzzle, ritroviamo i soliti personaggi: Fazio, Mimì Augello, Gallo, Galluzzo e la svedese Ingrid cristallizzati nei loro ruoli, nonché Adelina e Enzo e la loro indispensabile e saporita cucina.
L’intero romanzo è però attraversato dalla malinconia e la solitudine che invadono sempre più spesso il commissario di Vigàta che, giunto all’età di 57 anni, s’interroga e si analizza sempre più nel profondo, a conferma che sta diventando vecchio.
Da notare anche un tono decisamente più cruento rispetto ai precedenti libri della serie, anche se viene  alleggerito degli equivoci che la presenza delle bambole genera in Adelina e Ingrid nella prima parte del romanzo.
La caccia al tesoro è sicuramente un episodio di Montalbano molto scorrevole e altamente godibile.
Blanche
 
 

Chiarelettere, 17.9.2010
Andrea Camilleri e Saverio Lodato presentano "Di testa nostra"
Roma, Circolo degli Artisti - ore 19.00
Andrea Camilleri e Saverio Lodato presentano il loro libro "Di testa nostra". Interviene Marco Travaglio, autore del libro "Ad personam".
C/o Circolo degli Artisti, via della Casilina Vecchia 42 - ore 19.00.
Scarica l'invito
 
 

ANSA, 17.9.2010
Travaglio-Camilleri, quando ci libereremo dal berlusconismo?
Presentato il libro "Di testa nostra" di Andrea Camilleri e Saverio Lodato

Roma. "Quanti anni ci vorranno nel post-berlusconismo per far tornare la normalità del vivere?
Quanto tempo servirà per liberarci non di Berlusconi ma della sua corte, un crocicchio di avvocatucci di mezza tacca e giardinieri ad Arcore divenuti ministri, gente che deve per forza difendere il suo presente per non tornare nella fogna da cui è venuto? Questo mi preoccupa, non come faremo a liberarci di Berlusconi. A quello se non ci penserà qualcuno della Sinistra, prima o poi lo farà Dio".
È un Andrea Camilleri irrefrenabile, ironico, quello salito questa sera sul palco del Circolo degli artisti di Roma per presentare "Di testa nostra" (Chiarelettere edizioni), libro realizzato insieme al giornalista Saverio Lodato che raccoglie gli articoli scritti dai due tra il 2009 e il 2010 per la rubrica Lo chef consiglia de «l'Unità».
Una collana di conversazioni in cui la coppia si domanda "Chi mi paga la casa?" o "Perché chi contesta Berlusconi viene subito identificato dalla polizia?", ripercorrendo le vicende di Noemi Letizia, di Minzolini, del G8, delle amazzoni di Gheddafi e di Berlusconi prigionieri dello stesso berlusconismo. Davanti a una platea, composta soprattutto da giovanissimi, Camilleri pungolato da Marco Travaglio è un fiume in piena.
"Se arriviamo alla scissione anche nel Pd c'è il rischio di divisioni vicino allo zero — dice.
La forza di Berlusconi è, sì, chi lo vota, ma soprattutto la debolezza estrema dell'opposizione che, nel momento in cui più bisognava stare uniti, si è lasciata sfuggire un autobus meraviglioso con Gianfranco Fini. Il movimento ‘dentro e fuori’ come lo chiama Veltroni, a me ricorda un'altra cosa, che nulla ha a che vedere con la politica". Scrivere questo libro è stato catartico.
"La sera un vecchio di 85 anni rischia di morire di infarto davanti alla tv — racconta ancora. Le abbiamo chiamate ‘cronache con rabbia’ perché in fondo sono sempre stato incazzato, solo che lo nascondevo sotto il sorriso. Oggi quella rabbia mi fa sentire vivo e ha due corna: si rivolge a destra e sinistra".
Delle vicende degli ultimi tempi, "Cos'è che provoca l'ironia di Camilleri?", incalza Travaglio. "Dei libici che sparano sui nostri non riesco a ridere, perché sono reduce dallo shock di vedere Berlusconi che bacia la mano di Gheddafi — risponde lo scrittore. In quel momento volente o nolente rappresentava tutti gli italiani. E io non ho mai baciato la mano a un mafioso e neanche a un prete. Quanto a Nucara e questi garibaldini, quella sì è una cosa meravigliosa, perché è durata 24 ore e contava soprattutto l'Udc siciliana, tutti elementi riscontrabili nel casellario giudiziario. Ma che poi l'indomani non c'era più". Facendo un bilancio della situazione attuale, Camilleri torna con la mente ai giorni del fascismo. "Oggi stiamo ancora peggio, perché al tempo imponevano il giuramento, oggi c'è direttamente l'autocensura. Siamo arrivati al punto di identificare chi sventola non autorizzato la bandiera italiana. Da quanto sentiamo dire da Berlusconi che farà il ministro per lo Sviluppo economico?".
Ma tra il berlusconismo e la Sinistra che non riesce a trovare un leader degno di questo nome, è ancora possibile un'Italia normale? "Non mi togliete questa speranza — conclude Camilleri. Lo so che il mio futuro non c'è più, ma c'è quello dei miei figli e dei miei nipoti. Io sto tramontando, ma vedo una luce rosa. Incazzata, ma bella rosa".
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 17.9.2010
Il mondo dei classici
Baricco: "Così i giovani scopriranno i capolavori"

Anni fa, nel 2003, Alessandro Baricco aveva trovato (e provato) strane identità tra Dracula e Don Giovanni, analogie fondate sulla non esistenza dei personaggi malgrado si parli tanto di loro. Ma evidentemente era pieno di lampi e di riverberi, per Baricco, "l'edificio costruito su un buco nero" che lui attribuiva al leggendario seduttore, così come alla creatura di Bram Stoker, se è vero che ora è lo stesso nostro scrittore a battezzare con intento illuminante e comunicativo un libro, e un reading, dal titolo La storia di Don Giovanni con cui prende il via una collana di classici concepita dalla sua Scuola Holden e pubblicata dal Gruppo Editoriale l'Espresso. L'appuntamento di lancio del progetto intitolato "Save the Story" è fissato, con La storia di Don Giovanni letta dallo stesso Baricco, per domani sera all'Auditorium, e il contributo della Fondazione Musica per Roma all'iniziativa si tradurrà in altre tre serate con storie del passato narrate da autori di oggi: il 26 Il naso di Gogol raccontato da Andrea Camilleri, il 3 ottobre Cyrano de Bergerac di Rostand secondo Stefano Benni, e il 17 ottobre i Promessi sposi del Manzoni con parole di Umberto Eco per la voce di Ottavia Piccolo. A partire dalla fine di settembre, a cicliche uscite, i volumi saranno nelle librerie. «Noi della Scuola Holden - spiega Baricco - c'eravamo accorti che negli scaffali dei ragazzi mancavano i classici riscritti in modo aggiornato. L'idea è stata allora quella di chiedere a narratori di oggi di raccontare ai ragazzi storie che appartengono alla cultura di altri tempi. Ognuno col proprio stile, anche con la libertà di divagare o sbagliare. Molto ruolo è riservato all'illustrazione. Abbiamo trovato l'editore. Il piano prevede dieci titoli dedicati ai genitori e a nuove leve di lettori dai 5 ai 13 anni. Oltre alle prime quattro opere, sicuramente verranno tradotti in racconto anche Delitto e castigo e Gilgamesh». Le letture pubbliche dureranno un'ora e non di più. «Il tempo che ci vuole a scorrere tutto il libro. Per non estenuare l'attenzione dei giovani. E ogni capitolo è autonomo, in modo da facilitare una lettura a rate». Il suo Don Giovanni? «È intriso di Molière oltre che di Mozart-Da Ponte. Ci sono dentro pezzi della mia memoria, ed è importante che si rida anche. Certo, il ricordo maggiore che io lego a Don Giovanni è un ricordo di libertà e di coraggio, dove la libertà può essere illogica e un po' avventurosa, ma sempre cavalleresca». E Don Giovanni sopravvive oggi? «La metafora erotica e libertina adesso ha perso valore. Ha più senso, per i nostri tempi, uno Spider Man».
Rodolfo Di Giammarco
 
 

Il Giornale, 18.9.2010
Perfino Camilleri si lamenta del Pd

E anche lo scrittore Andrea Camilleri si lamenta dei suoi amici e «compagni». Lo fa a margine della presentazione di un suo libro, «Di testa nostra», scritto in coppia con Saverio Lodato. «Il Pd ha difficoltà a trovare un leader perché ci sono troppi galli nel pollaio», ha detto proprio nelle ore calde del documento promosso da Walter Veltroni. «Ho saputo del documento come lettore. Qualsiasi iniziativa se si limita a una discussione interna al partito per me va benissimo. Se acquista colori e suoni diversi, allora no».
 
 

l'Unità, 19.9.2010
«Di testa nostra» raccoglie le puntate della rubrica «Lo chef consiglia» scritte con Saverio Lodato
Il libro è stato presentato al Circolo degli Artisti a Roma. «Pure prima ero incazzato però ridevo»
Camilleri e le cronache di rabbia
«La rabbia mi fa sentire vivo, è rivolta a destra e a sinistra». Così Andrea Camilleri alla presentazione del libro “Di testa nostra” che raccoglie le puntate della rubrica dell’Unità “Lo chef consiglia” scritte con Lodato.

Andrea Camilleri e Saverio Lodato alla presentazione del libro “Di testa nostra” (foto l'Unità)

«Quanti anni ci vorranno nel post-berlusconismo per far tornare la normalità del vivere? Quanto tempo servirà per liberarci non di Berlusconi ma della sua corte, un crocicchio di avvocatucci di mezza tacca e giardinieri ad Arcore divenuti ministri, gente che deve per forza difendere il suo presente per non tornare nella fogna da cui è venuto? Questo mi preoccupa, non come faremo a liberarci di Berlusconi. A quello se non ci penserà qualcuno della Sinistra, prima o poi lo farà Dio». È stato un Andrea Camilleri irrefrenabile, ironico, quello salito venerdì sera sul palco del Circolo degli artisti di Roma per presentare Di testa nostra (Chiarelettere edizioni), libro realizzato insieme al giornalista Saverio Lodato che raccoglie gli articoli scritti dai due tra il 2009 e il 2010 per la rubrica Lo chef consiglia de l’Unità. Una collana di conversazioni in cui la coppia si domanda «Chi mi paga la casa?» o «Perché chi contesta Berlusconi viene subito identificato dalla polizia?», ripercorrendo le vicende di Noemi Letizia, di Minzolini, del G8, delle amazzoni di Gheddafi e di Berlusconi prigionieri dello stesso berlusconismo. Davanti a una platea, composta soprattutto da giovanissimi, Camilleri pungolato da Marco Travaglio è un fiume in piena. «Le abbiamo chiamate “cronache con rabbia” perché in fondo sono sempre stato incazzato, solo che lo nascondevo sotto il sorriso. Oggi quella rabbia mi fa sentire vivo e ha due corna: si rivolge a destra e sinistra».
 
 

EAOSS, 19.9.2010
Una settimana “gialla” al Politeama Garibaldi; al via il Primo Festival Cinema, Musica e Letteratura; si parla di “Giallo e dintorni”, 21-26.9.2010

Palermo – Al via, martedì 21 settembre, nella Sala degli Specchi del Politeama Garibaldi la prima edizione del Festival Cinema, Musica e Letteratura, sei giorni di iniziative tra concerti, incontri letterari e corsi di scrittura creativa dedicati al “Giallo e dintorni”. Ad aprire la manifestazione, martedì 21 settembre alle ore 17.00, sarà il Laboratorio gratuito di scrittura creativa di Leonora Cupane (Centro Studi Narrazione Le Città invisibili/Scripta Volant) con la collaborazione del CT 13 Rock Readers di Giorgio D’Amato. Alle 18.30, invece, incontri letterari con Paolo Nori (Einaudi), Marcello Benfante, (critico letterario e scrittore), Gian Mauro Costa (giornalista e scrittore) e Piergiorgio Di Cara (Perdisa pop) che discuteranno di “crimini letterari”.
Giovedì 23 settembre alle ore 18.30 sarà la volta degli incontri letterari con Salvo Toscano (Dario Flaccovio Editore), Raffaella Catalano (Dario Flaccovio Editore) e Giacomo Cacciatore (Dario Flaccovio Editore) che discuteranno sul tema della scrittura, del crimine e delle arti e artifici che raccontano le passioni.
Venerdì 24 settembre alle ore 18.30, Incontri letterari con Rosario Palazzolo (Perdisa Pop), Antonio Paolacci (Perdisa pop) e Piergiorgio Di Cara (Perdisa pop). Il laboratorio di scrittura e gli incontri letterari sono ad ingresso gratuito.
Alla realizzazione del Festival contribuiscono: 18.30 Edizioni, Centro Studi Narrazione Le Città invisibili, CT 13 Rock Readers, Camilleri Fans Club e Libreria Kalòs.
L’apice del Festival vedrà, infine, i concerti in programma al Politeama Garibaldi il 25 e il 26 settembre alle ore 21.15 e diretti rispettivamente da Louis Bacalov e da Franco Piersanti: “Musica per il cinema - Giallo e dintorni” e “Musica per il cinema – La musica di Montalbano”. Gli spettatori riceveranno in omaggio libri gialli di Perdisa Pop, Dario Flaccovio Editore e :duepunti edizioni. Ingressi ai concerti da € 5 a € 25.
Il Capo Ufficio Stampa
Gisella Cangemi

 
 

La Sicilia, 19.9.2010
La repressione del governo fu molto dura Il divieto. Fu sospeso il Festino perché invocato dagli insorti che gridavano: «Viva Santa Rosalia e la Repubblica»

Palermo. [...] Ecco, infine, come lo scrittore Andrea Camilleri («Biografia del figlio cambiato», Rizzoli, 2000) individuò la causa della rivolta: «Il generale Raffaele Cadorna, sparato di corsa nell'Isola a palla allazzata, scrisse ai suoi superiori che la rivolta nasceva, tra l'altro, "dal quasi inaridimento delle risorse della ricchezza pubblica", dove quel "quasi" è un pannicello caldo, tanticchia di vaselina per far meglio penetrare il sostanziale e sottinteso concetto che se le risorse si sono inaridite non è stato certamente per colpa degli aborigeni, ma per una politica economica dissennata nei riguardi del Mezzogiorno d'Italia».
D. P.
 
 

Rubric, 20.9.2010
"Di testa nostra". Camilleri, Lodato e Travaglio al Circolo degli Artisti

Saverio Lodato, Andrea Camilleri e Marco Travaglio alla presentazione del libro “Di testa nostra” (foto Rubric)

Lo scorso venerdì 17 settembre è stato presentato al Circolo degli Artisti di Roma l’ultima pubblicazione di Andrea Camilleri in collaborazione con Saverio Lodato, giornalista storico dell’Unità, dal titolo Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010 (Ed. Chiarelettere).
In una location decisamente bucolica quale il giardino del Circolo, gli autori sono stati introdotti e sapientemente citati e in-citati al dialogo da Marco Travaglio.
I posti a sedere erano già esauriti a mezz’ora dallo spettacolo e il resto degli spettatori faceva da cornice incastrato tra gli archi. I più audaci (come noi!) non hanno esitato a prendere posto proprio sotto il palco, chi sui gradini, chi nell’erba.
Di testa nostra è la seconda raccolta, dopo Un inverno italiano, degli interventi dello scrittore Camilleri nella rubrica chef Camilleri pubblicata sull’Unità e curata, appunto, da Lodato.
Tra battute, dal gusto sempre un po’ amaro, Camilleri dimostra una chiarezza e lucidità di pensiero invidiabile.
Un libro che mette alla berlina i luoghi comuni
Marco Travaglio descrive il lavoro come “Un libro che mette alla berlina i luoghi comuni”.
Ne cita e commenta uno tra tanti: l’affermazione, orami data per vera tanto dalla maggioranza quanto dall’opposizione, secondo la quale chi demonizza Berlusconi finisce per fare il suo gioco.
Dopo un commento del giornalista viene data la parola a Camilleri che spiega come è nata la rubrica.
Tra aneddoti e profonde riflessioni, lo scrittore dichiara di aver capito una cosa da questa esperienza: infondo, è stato sempre incazzato.
AUDIO | Parte prima
Camilleri: un vero spirito libero politico
Anche Lodato racconta la sua versione sulla nascita della rubrica e spiega il motivo che lo ha spinto a scegliere proprio Camilleri come suo interlocutore.
Il giornalista aveva intuito che dietro lo scrittore di Montalbano si nascondesse un uomo delle idee politiche interessanti. Dopo essere riuscito a raggiungere il suo studio gli propose di rilasciare una dichiarazione sull’idea che si era fatto a riguardo di un personaggio cruciale per i fatti mafiosi allora in corso: Bernardo Provenzano. Ne fu realizzata un’intera pagina dell’Unità.
Successivamente nacque l’idea della rubrica ovvero la pubblicazione quotidiana dei commenti di Camilleri su ciò che accadeva nel Paese. “Camilleri si è rivelato un vero spirito politico libero”.
AUDIO | Parte seconda
La forza di Berlusconi è la debolezza della sinistra
Camilleri viene interpellato sulla natura delle sue incazzature in particolar modo su quella più indigesta in assoluto riguardante le ultime strategie della sinistra. Marco Travaglio parla di una sorta di “scissione dell’atomo”. Camilleri afferma che la forza estrema di Berlusconi è l’estrema debolezza dell’opposizione.
AUDIO | Parte terza
Tre spunti di riflessione
Il libro offre diversi spunti di riflessione e il giornalista Marco Travaglio cita quelli più significativi.
Il primo riguarda le sempre più numerose “identificazioni” di coloro che osano contestare Berlusconi o un qualunque esponente politico. Il rimando all’ultimo avvenimento che ha coinvolto Schifani è inevitabile.
Si continua prendendo spunto da un capitolo del testo dal titolo molto esplicativo: “Chi mi ha pagato la casa?”. Travaglio legge il brano in cui Camilleri offre una spiegazione a questo interrogativo utilizzando delle argomentazioni che hanno dell’assurdo ma che, paradossalmente, solo le uniche con le quali si potrebbe fornire risposta.
Il terzo ed ultimo spunto riporta alla luce l’attacco del giornalista Angelo Panebianco che, in un editoriale sul Corriere della Sera, si attribuì il merito di aver colto in castagna lo scrittore siciliano. Pensava di avere scoperto che Montalbano, conoscendo un vecchio boss mafioso in pensione al quale chiedeva informazioni riguardo la mafia, potrebbe essere accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La stessa accusa toccata ad Andreotti, Dell’Utri e Contrada.
In realtà è Panebianco ad essere colto in fallo dimostrando la sua ignoranza sui fatti. Anzitutto Andreotti venne processato per partecipazione ad associazione mafiosa. In secondo luogo con concorso esterno in associazione mafiosa si intende fare favori alla mafia e riceverne e questo non è il caso di Montalbano che, anzi, utilizzava quelle informazioni per sconfiggerla la mafia senza offrire favori di alcun genere.
AUDIO | Parte quarta
Il baciamano di Berlusconi a Gheddafi: un gesto ignobile
Quando Travaglio chiede a Camilleri quale degli avvenimenti degli ultimi tempi lo ha particolarmente divertito, l’autore commenta il baciamano di Berlusconi a Gheddafi.
In realtà c’è ben poco di divertente. Si è trattato di “un gesto ignobile” dice Camilleri.
AUDIO | Parte quinta
Il caso Minzolini
In chiusura Lodato si sente in obbligo di non poter tacere su una questione risalente alle ultime settimane che doveva trovare spazio in un’occasione di quel genere: il caso del direttore del Tg1, Augusto Minzolini.
Oggi, argomenta Lodato, stiamo vivendo non solo una corruzione delle parole, come afferma Travaglio, ma soprattutto ad una correzione di parole.
AUDIO | Parte sesta
Elena Grandinetti
 
 

ANSA, 20.9.2010
Un libro al giorno
'L'intermittenza'
Di Andrea Camilleri

''I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto della mia fantasia, anche se la fantasia ha trovato abbondante linfa nelle cronache giudiziarie di questi ultimi anni''. Tutti d'un fiato si arriva in fondo, la fine del romanzo, e dietro quella frase, a meta' di rito a meta' personalissima, quasi lo si intravede Andrea Camilleri a scriverla, tra il divertito e, come direbbe lui, ''l'incazzato nero''.
A 85 primavere, il piu' amato scrittore italiano ha dato alle stampe il suo quarto romanzo in appena sei mesi (senza contare saggi e raccolte): 'L'intermittenza', che arriva in libreria quando sono ancora in cima alle classifiche il Montalbano di 'La caccia al tesoro' e 'Acqua in bocca', scritto in tandem con Carlo Lucarelli.
Questa volta, pero', indagini non ce ne sono. Se non quelle nell'animo di un manipolo di cinici e spietati personaggi che, come gia' in 'Un sabato con gli amici', Camilleri scolpisce quasi con crudelta', rastremati attorno alle pure motivazioni del loro agire: l'odio, il desiderio, la vendetta, il potere.
La calda Sicilia e' lontana. Questo nuovo thriller finanziario, dedicato ironicamente ''Al lavoro che nobilita l'uomo'', si apre al nord, in un grande azienda, la Manuelli che da lavoro a migliaia di persone e sostiene l'economia del paese.
Praticamente un'acquario di piranha e pescicani. Presidente, e' un vecchio pioniere della rinascita industriale italiana che parla di se' solo in terza persona e con un figlio belloccio ma piuttosto deludente al quale ha concesso una carica di direttore generale senza potere per la quale viene irriso da tutti. Alla guida dell'azienda c'e' invece Mauro De Blasi, il feroce e scaltro direttore generale con moglie bellissima ma insoddisfatta, aiutato dal direttore del Personale Guido Marsili, abile quanto basta per mettere in mobilita' senza alcun turbamento centinaia di dipendenti, ma con la segreta debolezza per la poesia. Intorno a loro, una girandola di segretarie avvenenti o inacidite, Ministri che pur di non perdere una manciata di voti si ritrovano al servizio del privato, vecchi patron e nuove generazioni arriviste, stabilimenti occupati, operai gabbati nei loro diritti e sindacati inermi di fronte all'ombra della crisi che si allunga anche sulla Manuelli. Ma l'azienda e' florida e anzi grazie a De Blasi fiuta l'affare, acquisendo la Birolli, il cui proprietario e' assillato dai creditori e pronto a svendere tutto pur di salvarsi. Tutto, tranne la nipote Licia, ''superbo esemplare di femmina determinata, intelligente e sensuale''. Intanto però c'è qualcuno che sta tramando dietro le quinte. Con maestria, Camilleri passa da uno all'altro personaggio, disseminando il percorso di suspence, mentre 'L'intermittenza' si fa sempre piu' presente, quella del cuore e quella, piu' pericolosa, della testa, vere e proprie tagliole che la coscienza piazza lungo l'ascesa o al discesa al successo. Con il pensiero, allora, si torna a quell'ammissione iniziale. A chi pensava Camilleri quando ha scritto del vecchio Manuelli, dell'incapace Beppo suo figlio, degli operai in sciopero contro la chiusura degli stabilimenti fatti abilmente passare come soggetti pericolosi per l'azienda stessa, dello spietato De Blasi o di Marsili, che sembrano cavarsela sempre? ''Basta leggere la cronaca e trovate tutte le storie di malefatte che volete - risponde oggi Camilleri - E' notizia di 3-4 mesi fa di un'azienda dove l'intera dirigenza e' stata arrestata''. Ma puo' forse anche un romanzo risvegliare le coscienze? No, guai a esser romantici: ''Ma che vuole che gliene freghi della narrativa a quelli.''.
Daniela Giammusso
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 21.9.2010
Al teatro Politeama
La settimana in giallo
Scrittori e colonne sonore, indagine sul noir
L'incontro con Di Cara, Benfante e Costa apre un ciclo che culminerà nel fine settimana con i concerti diretti da Bacalov e Piersanti

È quella melodia che ti trascina facendoti provare le stesse sensazioni vissute durante la visione di quel film. Adrenalina, paura, suspense o struggimento. Impossibile dimenticare il celebre brano di "Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto" di Elio Petri. Per non parlare delle musiche cucite ad arte sulla Vigàta televisiva di Montalbano. Musiche da film, appunto, che offrono lo spunto per discutere di come nasce un giallo, tra cinema, musica e letteratura. "Giallo e dintorni" è la curiosa iniziativa organizzata nella sala degli specchi del teatro Politeama. Dopo un laboratorio di scrittura, previsto alle 17, alle 18,30 il primo incontro su "Crimini letterari". Parafrasando l'omonimo libro di Charles Nodier, dove in realtà si parla di plagio, gli ospiti - Paolo Nori, Gian Mauro Costa, Pier Giorgio Di Cara e Marcello Benfante - proveranno a raccontare la complessità dei gialli.
«Faremo un po' il punto sullo stato di salute del giallo palermitano - racconta Di Cara - Cosa si racconta e, soprattutto, perché. Analizzando i motivi che spingono alla immaginazione di un crimine». Salvo Toscano, autore di "Sangue del mio sangue", sarà uno dei protagonisti della giornata di giovedì, insieme all'editor di Dario Flaccovio, Raffaella Catalano e lo scrittore Giacomo Cacciatore: «Nell'incontro vedremo quali passioni muovono un assassino - spiega Toscano- anche quello apparentemente più freddo». La riuscita di un buon giallo è «non tradire mai il patto con il lettore - spiega la Catalano - e spiegare come sono andate le cose».
Venerdì un altro incontro, questa volta con Rosario Palazzolo e Antonio Paolacci. «Il prossimo anno parleremo di musica e letteratura fantastica», anticipa Ester Bonafede, sovrintendente della Fondazione orchestra sinfonica siciliana, ideatrice del festival insieme con Massimo Provenza.
Sabato e domenica due grandi concerti diretti rispettivamente da Luis Bacalov e da Franco Piersanti: "Musica per il cinema - Giallo e dintorni" e "Musica per il cinema - La musica di Montalbano". Ingressi ai concerti da 5 a 25 euro: in omaggio libri gialli delle case editrici sponsor della manifestazione Perdisa Pop, Dario Flaccovio Editore e duepunti edizioni.
Adriana Falsone
 
 

Affaritalliani.it, 21.9.2010
L'ennesimo libro Camilleri nel 2010 parte dal settimo posto in classifica
Su Affaritaliani.it in anteprima come ogni lunedì la classifica dei libri più venduti: il nuovo romanzo di Andrea Camilleri (l'ennesimo libro pubblicato nel 2010 dal prolifico scrittore siciliano), "L'intermittenza" (appena uscito per Mondadori) parte dal settimo posto...
 
 

L'angolo nero, 21.9.2010
Adesso in libreria: Andrea Camilleri (di nuovo? sì, di nuovo...)
Andrea Camilleri, L'intermittenza

Astuzia, simulazione e alleanze strategiche sono da sempre le armi più affilate di Mauro De Blasi, direttore generale di una delle più importanti aziende italiane. Da qualche tempo però la sua lucidità è messa a rischio da improvvisi black-out, angoscianti "intermittenze" che lo scollegano per qualche istante dal mondo esterno. Un problema, in un momento in cui la stabilità dell’azienda è messa in pericolo dalla crisi economica e gli operai occupano uno stabilimento minacciando l'immagine pubblica della proprietà; un grosso rischio nell'universo di relazioni spietate che Mauro ha costruito intorno a sé. Tanto la moglie Marisa, una creatura votata alla sensualità e al soddisfacimento immediato dei propri bisogni, che i due vicedirettori, Guido Marsili, un abile ed efficiente gentleman con il pallino della poesia e Beppo Manuelli, l'arrogante figlio del presidente, sono nemici da tenere a bada, ciascuno coinvolto in oscure trame che potrebbero danneggiare Mauro.
Alessandra Buccheri
 
 

Agrigentonotizie.it, 21.9.2010
"Un secolo di letteratura italiana" rivive a Bruxelles

Nel 1979, quando fu eletto deputato al Parlamento europeo, o durante le sue frequenti passeggiate per le vie di Bruxelles, probabilmente Leonardo Sciascia non immaginava che un giorno la Capitale del Belgio avrebbe ospitato una mostra dedicata all’impegno civile, suo ma anche di altri illustri scrittori siciliani, attraverso la letteratura e il cinema.
A vent’anni dalla morte del celebre autore siciliano e in occasione della “Settimana della lingua italiana nel mondo”, la Commissione di vigilanza della biblioteca dell’Assemblea regionale siciliana (il Parlamento più antico d’Europa), propone alla comunità italiana in Belgio e ai tantissimi belgi appassionati di letteratura e cinema italiani un’originale “finestra” sull’impegno civile e per la libertà di pensiero degli scrittori siciliani del secolo scorso, che ha esercitato un notevole influsso sullo sviluppo culturale e politico e sulla produzione cinematografica in Europa, da Luigi Capuana con “Il Marchese di Roccaverdina” del 1901 a Gaetano Savatteri con la “Congiura dei loquaci” del 2000, passando per nomi quali Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino, Giuseppe Fava e Andrea Camilleri.
La mostra itinerante “Scrittori siciliani del Novecento. Un secolo di letteratura italiana”, dopo il successo dello scorso mese di gennaio a Palermo, giungerà il prossimo 5 ottobre, sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica, presso l’Istituto italiano di cultura di Bruxelles, dove resterà aperta al pubblico dal 6 al 28 ottobre, dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13 e  dalle 14.30 alle 17.
Il visitatore potrà attraversare un suggestivo percorso fra 260 rare prime edizioni di 78 autori pubblicate fra il 1901 e il 2000, 70 opere tradotte in 16 lingue straniere, foto d’epoca e ritratti degli autori, oltre a pannelli, a foto e a una “fotostoria” che raccontano il ‘900 siciliano. Numerosi scrittori siciliani, infatti,  influenzarono con le loro opere il pensiero europeo, tanto che molti di loro, a partire da Sciascia, sono fra i più tradotti: Verga, Pirandello, Vittorini, Tomasi di Lampedusa, Bufalino, Camilleri, per citarne alcuni. Una particolare sezione descrive il legame fra letteratura e cinema (tanto caro a Sciascia) grazie a venti rare locandine di famosi film tratti da opere di scrittori siciliani e a una raccolta di interviste Rai con Leonardo Sciascia.
La mostra sarà inaugurata il 5 ottobre, alle 18, dall’ambasciatore d’Italia in Belgio, Roberto Bettarini, dal presidente dell’Ars, Francesco Cascio, e dai deputati regionali Pino Apprendi, Innocenzo Leontini e Antonino Bosco, componenti della Commissione di vigilanza della biblioteca dell’Ars. Seguirà una tavola rotonda alla quale parteciperanno l’italianista Mario Fusco, docente all’Université de la Sorbonne Nouvelle Paris III e curatore delle “Oeuvres completes” di Sciascia in francese; Salvatore Silvano Nigro, ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa; Antonino Buttitta, figlio del poeta Nino Buttitta, antropologo, docente di Storia delle tradizioni popolari all’Università di Palermo e Direttore della “Fondazione Buttitta”; Salvatore Ferlita, docente all’università Copernico di Torun (Polonia), ricercatore di Italianistica all’Università di Palermo, critico letterario, giornalista e scrittore. Modererà Nuccio Vara, giornalista della Tgr Rai Sicilia.
 
 

Il Mattino di Padova, 22.9.2010
«Il Bo è la nostra Ferrari»

[…]
L’appuntamento è in calendario dal 30 settembre al 4 ottobre.  Per cinque giorni Padova cambierà volto: personaggi autorevoli della cultura e dello spettacolo, un ministro (Giorgia Meloni), convegni, eventi e concerti.
[…]
Alla manifestazione, che vedrà centinaia di ospiti da università straniere, si parlerà di diritto allo studio dato che l’evento è promosso da Andisu che raggruppa gli italiani, l’Ecsta, per l’intera Europa, la veneta Esu.
[…]
Per il programma è consigliabile andare sul sito www.yucforum.eu. Perché ci sono oltre 60 eventi sparsi in città. Si comincia giovedì 30 settembre. […] I testimonial della prima giornata saranno […] alle 17 (in videoconferenza) lo scrittore Andrea Camilleri.
[…].
 
 

La Gazzetta di Parma, 22.9.2010
Teatro Duse, al via la nuova Stagione: il sogno diventa realtà

[…]
«Festa di famiglia», del quartetto femminile Mitipretese, già in scena con «Roma ore 11», che quest'anno affronta la questione della violenza sulla donna appoggiandosi all'eredità pirandelliana ed all'ironia di Camilleri.
[..]
Maria Giulia Guiducci
 
 

23.9.2010
Il sorriso di Angelica
A differenza di quanto annunciato da alcuni siti di vendita online, il prossimo romanzo del Commissario Montalbano ad essere pubblicato sarà "Il sorriso di Angelica", e non "Una voce di notte".
 
 

Carta, 23.9.2010
La rabbia cornuta. Colloquio con Andrea Camilleri

È un’intervista da cinque sigarette quella con Andrea Camilleri, un giorno prima dell’uscita del suo nuovo romanzo «Intermittenza» [Mondadori, appunto]. «Mi sono quasi spaventato a scriverlo – dice serissimo – Perché ho voluto provare a capire come funziona un sistema che consente di svuotare un’azienda e lasciarla come un guscio vuoto, da gettare. I miei sono personaggi di fantasia, sia chiaro, ma proprio pochi giorni fa alcuni imprenditori sono stati arrestati per aver usato il meccanismo che ho cercato di descrivere. C’è ormai in Italia una borghesia che se non è criminale, poco ci manca».
Un libro con Mondadori? Nonostante le polemiche estive?
Vede, quando accettai per la prima volta di pubblicare con Mondadori, sapevo benissimo chi era e chi è Berlusconi. Oggi, sinceramente, non so se accetterei ancora. Però bisogna dire una cosa e cioè che il punto essenziale è se un autore viene censurato o meno. A me non è mai capitato. Il resto sono problemi che attengono alla coscienza di ciascuno ma mi pare che la questione riguardi molto più la saggistica che non la narrativa, e infatti Einaudi ha rifiutato l’ultimo libro di Saramago. È una buona cosa, però, che ci siano queste polemiche, che le acque un po’ si muovano, altrimenti rischiamo di rimanere sommersi dalla melma.
In questa melma, che fine hanno fatto gli intellettuali? Perché non c’è in Italia la mobilitazione che per esempio c’è stata in Francia contro le leggi razziste di Sarkozy?
Le ragioni credo siano tante. Il silenzio degli intellettuali c’è, è innegabile. Mi rifaccio alla storia di nuovo. Quando il fascismo chiese a tutti coloro che dipendevano dallo Stato, dagli impiegatucci dei ministeri, ai magistrati, il giuramento di fedeltà al regime, i magistrati giurarono tutti. Significa che anteponevano il regime alla giustizia, mica uno scherzo da niente. I professori universitari giurarono tutti tranne dodici, che perdettero la cattedra. Ci fu uno che avrebbe voluto non giurare, ma il partito gli disse no, giura, perché ci fa comodo averti lì ed era Concetto Marchesi. Sarebbero stati tredici, comunque, un numero irrisorio.
Oggi non viene chiesto nessun giuramento, ma viene chiesto una sorta di «No, tu non occuparti di questa faccenda». I più avvertiti tra gli intellettuali, peraltro, hanno capito benissimo che anche se parlano, non vengono ascoltati. C’è stato un momento in Italia in cui la voce di un Pasolini, di un Moravia, di uno Sciascia avevano un’incidenza immediata sull’opinione pubblica, ma il berlusconismo è stata anche una perdita di cultura dell’opinione pubblica.
Oggi, anche se qualcuno scrive o parla, lascia il tempo che trova. La politica è ridotta a un punto tale che l’intellettuale ha quasi paura a entrarci dentro.
Parlo dei più volenterosi, ovviamente, gli altri se ne fregano e basta. I più insofferenti, interveniamo, ma siamo pochi, pochissimi, ci contiamo su venti dita. L’impegno, in una situazione simile, dovrebbe essere quotidiano, ma siamo tutti un po’ vecchietti e un po’ stanchi.
C’è da dire che Pasolini scriveva sul Corriere della sera. Anche l’informazione ha abdicato al suo ruolo?
Certo. Se il Corriere della sera oggi mi chiede un articolo, me lo chiede sulla letteratura, mica sulla politica. È avvenuto anche un regresso culturale, rispetto ai tempi di Pasolini le persone che leggono i giornali sono diminuite di molto, ormai per l’80 per cento l’informazione è televisiva e distorta. Quindi se scriviamo oggi sul Corriere non otteniamo lo stesso effetto di una volta, perché è cambiato anche il lettore.
L’unico intervento possibile sarebbe sulla televisione, ma sappiamo qual è lo stato di salute della tv italiana. Tanto è vero che i programmi dove un intellettuale o chi per esso possa prendere la parola ed essere veramente libero sono osteggiati dalla tv pubblica e non contemplati, se non a scopo propagandistico, sulle televisioni di Berlusconi. Anche perché sai benissimo che l’oppositore non intende ragionare con te, ma ti offende. Sono stato invitato molte volte in trasmissioni televisive di dibattito, ma non ci sono mai andato, perché non sono luoghi dove io possa offrire un concetto e ricevere in cambio un altro concetto. Se offro un concetto scomodo, ricevo un insulto. E perché devo andare a farmi insultare? Eppure il bisogno di una televisione che sia informazione più libera c’è, tanto è vero che La7 con Mentana sta avendo questo balzo formidabile.
Non le sembra però che i cosiddetti grandi media raccontino un paese che spesso esiste solo sulle loro pagine, come se fosse impossibile sciogliersi dalla vicinanza con il potere?
Sì, questo è vero, in parte, perché mentre prima il potere era un potere politico, oggi è politico ma ha anche in mano i giornali, le case editrici e tutto il resto. Quindi c’è anche l’intellettuale che dice: «Ma chi me lo fa fare di compromettere la mia pubblicazione»… Ci vuole, non dico coraggio, perché quello bene o male si trova, ci vuole uno ‘scendere in campo’ come dice il Cavaliere, e questo non tutti vogliono farlo.
Che sia l’egoismo la cifra più utile a capire l’Italia di oggi?
Certamente serve molto. Il trionfo della Lega è basato su questo. La Lega non ha né un’idea nazionale, né un’idea supranazionale, né europea. Ha solo la Padania. Noi siamo qua, siamo i padroni, dobbiamo fare i comodi nostri, gli stranieri non ci devono stare. È l’ego portato al massimo livello. L’Italia in questo momento è come un vaso che sta cadendo per terra. In questo momento lo stiamo guardando mentre precipita. E diciamo: si rompe e buona notte ai suonatori. Questo è l’atteggiamento della maggior parte degli italiani. La parte minoritaria dice: vediamo in quanti cocci e vediamo se possiamo incollarlo. Ma in questo momento non sappiamo in quanti cocci e se sarà possibile incollarlo. C’è come un senso di attesa, di sospensione, mentre questo vaso continua a dirigersi verso il pavimento. La soluzione ideale sarebbe scommettere sul fatto che possiamo salvare il vaso all’ultimo centimetro. Ma chi si butta per farlo? Ieri sera guardavo una trasmissione, Presa diretta, quella di Iacona, che era dedicata all’evasione fiscale. A un certo punto, il procuratore di non so dove, che aveva scoperto ad Arzignano un giro mostruoso di fatture false, si chiedeva ‘ma come mai la gente non capisce che l’evasione danneggia tutti?’ Portava degli esempi pratici: con questi soldi si potevano sistemare tot precari, e via dicendo. Un discorso lucidissimo su quello che praticamente è il danno che viene arrecato. Come mai nessuno si ribella? La risposta non c’è, c’è un’altra domanda. Infelici veramente i popoli che arrivano a questo stadio. La nostra fortuna oggi è che non c’è nessuno che abbia una statura realmente dittatoriale – Berlusconi fa ridere – ma se ci fosse, il pericolo che correremmo sarebbe enorme. Perché in questa materia inerte, in questo magma, nasce il nocciolo della dittatura.
C’è però un altro rischio, quello della disgregazione del paese, no?
Quello è il rischio enorme. Il futuro mi preoccupa. Ma come, si potrebbe dire, a 85 anni ti preoccupi del futuro? Certo, ho figli, ho nipoti, perché non dovrei pensare al futuro? Se gli lascio un futuro assolutamente oscuro, vuol dire che ho fallito la mia vita. Posso avere involontariamente educato ad avere delle idee, delle idee sane, di democrazia, ma magari un giorno dovranno pentirsene. Vallo a sapere.
Mi capitò nell’immediato dopoguerra, nel 1945, di leggere una cosa che non ho mai più dimenticato. Un articolo di un giornalista americano, Matthews, pubblicato sulla rivista Mercurio. L’articolo era intitolato ‘Non l’avete ucciso’. Parla va di Mussolini e del fascismo e diceva che a noi sembrava di averlo ucciso, ma non era così. Diceva che ci eravamo levati il foruncolo, ma l’infezione era ancora lì e si sarebbe riproposta ancora, per decenni e decenni, nelle forme più inaspettate. Mi incazzai e pensai ‘sto americano non ha capito niente, ce ne siamo liberati’. Pochi anni dopo, nasceva l’Msi ed entrava in parlamento. E ho pensato ‘cazzo, forse l’americano ha ragione’. E ci penso ancora perché quella che viviamo oggi è una forma di fascismo, stranissima, perché non è rapportabile al fascismo storico… Sai quando si dice, quest’anno arriva l’asiatica? È un virus mutante. Molta dell’indifferenza, dell’atteggiamento degli italiani di allora si ripete oggi. Sento parlare male di Berlusconi, ma lo votano, come si parlava male di Mussolini ma poi si andava alle adunate.
Tutto il danno fatto negli ultimi quindici anni, quanto ci vorrà per riparagarlo? Il danno profondissimo è un danno morale, un danno di comportamento.
In che senso?
Non è una questione di moralismo. Devo constatare che c’è una perdita enorme del concetto, per esempio, di bene pubblico, che è un concetto morale. Devo constatare la degradazione dei rapporti interpersonali. Viviamo in una sorta di tensione di cui non ci rendiamo conto. Leggi: «Ammazza a sprangate il tizio che gli aveva chiesto se spostava la macchina perché doveva uscire». È un pazzo? Non è un pazzo. Sono accumuli di tensione. Si tende a minimizzare una situazione tragica dell’Italia, tragica: la disoccupazione che avanza, la precarietà, la gente che non arriva alla fine del mese, però ‘tutto va ben mia nobile marchesa’. Non è vero. All’interno dell’individuo, questo crea una tensione che poi si sfoga nei modi più impensabili. La rabbia esiste, ma è una rabbia individuale, egoistica, personalizzata. Non ha raggiunto il punto di fusione con la rabbia del vicino.
Lo vediamo nelle proteste degli operai: salgono sulle gru, sui tetti, scioperano. E sono lasciati da soli. Soli.
Da dove bisognerebbe ripartire per salvare il vaso?
Questa è una cosa che può fare la politica, se sorretta dall’opinione pubblica. Ma nasce un’altra domanda: quale politica? La politica è un’astrazione, perché è fatta da persone.
C’è una classe politica logorata dal potere, con buona pace di Andreotti. È una classe ristretta nel proprio orizzonte di potere individuale, e vale per la destra, il centro e la sinistra. Se non si rinnova la classe dirigente politica, l’Italia non farà mai nulla. L’unica possibilità viene da una nuova classe politica giovane, non legata ai miti del dopoguerra, non legata a nessun mito se non a quello della democrazia, che un mito poi non è.
Ma ci vorrebbe anche un rinnovamento dell’altro protagonista, la borghesia italiana…
La borghesia italiana, in qualche modo, ha fatto qualche passo. Duro a dirsi, ma nel suo piccolo lo ha fatto. La borghesia italiana non è più quella di trent’anni fa. Oggi il Pd poggia sui voti della borghesia, non su quelli operai. Parlo della piccola borghesia, chiaramente, non la grande borghesia, che se ne fotte. La piccola borghesia oggi assieme ai cassintegrati, ai precari, ai disoccupati è quella che paga il prezzo più alto e quindi potrebbe essere disposta a fare altri piccoli passi avanti. Se ha fiducia. Ma come si fa ad avere fiducia nelle persone che non hanno ottenuto nessun risultato?
E l’alta borghesia? I Montezemolo che sembrano voler sostituire la politica?
Ah, Montezemolo è stato bravissimo. Si è smarcato dalla Fiat appena ha capito dove voleva andare a parare Marchionne, altrimenti col cavolo che poteva avere ambizioni. La mossa è stata molto abile e quindi lo rende un buon capo borghese, che potrebbe, oggi come oggi, convogliare anche una parte del Pd borghesissimo… Marchionne… Marchionne secondo me è oggi il problema più grosso che si è posto in Italia ne gli ultimi anni. Nell’indifferenza generale, salvo per coloro che ne pagano il fio, cioè gli operai. È un problema più grosso di Berlusconi.
Perché?
Perché non è un politico che si può cacciare via. La sua politica tende alla istituzione in Italia di nuovi patti di lavoro che contemplino la fine di quelli che lui chiama privilegi e che erano invece dei diritti. Per rendere più competitiva l’azienda, lui ha la necessità di configurare un tipo di lavoro che sfiora lo sfruttamento. Quando Bonanni dice che non ci sono diritti se non c’è lavoro, sottoscrive un ricatto. È quindi pericolosissimo, perché il modello Pomigliano e la disdetta del contratto decisa da Federmeccanica significano aprire ai modi di Marchionne e questo porterà delle tensioni sociali enormi che in questo momento non ci volevano, proprio perché siamo disastrati.
La rabbia individuale; la rabbia degli operai. Ma la sua, di rabbia, da dove nasce?
La rabbia nasce dalla situazione che stiamo vivendo. E meno male che c’è questa rabbia, perché, dato che ho raggiunto, felicemente o infelicemente, l’età di 85 anni, mantenersi ancora incazzati credo che sia un dono.
Alla mia età subentra l’indifferenza, la rassegnazione o la voglia di starsene in pace. Io invece mi incazzo ogni giorno che passa sempre di più. Il bello di averla adesso, alla mia età, questa rabbia, è che mentre in gioventù la rabbia presupponeva anche una sorta di perdita della lucidità, la mia rabbia di oggi è molto lucida, si fa tagliente. È pulita, sgombra da incrostazioni. È pura, gelida.
Perché questa rabbia che si accumula non esonda, non diventa massa critica fino a scuotere il paese?
Credo che gli italiani siano un popolo con una certa facilità all’assuefazione. Ho vissuto abbastanza per aver visto la parabola del fascismo e se non ci fosse stata l’alleanza con Hitler, probabilmente Mussolini sarebbe morto nel suo letto come Franco. L’avremmo lasciato lì, assuefatti a un andazzo, a un modo di sopravvivenza.
In una dittatura come quella fascista, si finiva con il rassegnarsi all’idea che in fondo questa libertà non era così importante, se ne poteva fare a meno. Restava, certo, lo sfogo del borbottìo, della lamentela, del malumore sotterraneo, ma non era rabbia quella. La rabbia è esplosa dopo, per la guerra, ma appunto c’è voluta una guerra. Subito dopo ci siamo assuefatti alla Democrazia cristiana. Da noi, le cose durano a lungo. E ora siamo punto e da capo, assuefatti.
Non ci sono guerre in vista, per fortuna, e nemmeno l’orizzonte di un’alternativa di sistema come, con tutte le cautele del caso, durante la Dc. Che ci resta allora?
Berlusconi governa perché è un’immagine speculare del peggio degli italiani, ma governa anche perché l’alternativa non esiste. Quando lui dice non c’è governo al di fuori del mio, dice una verità, perché in questo momento di crisi noi ipotizziamo al massimo un governo di passaggio, di transito, che abbia il solo scopo di ripristinare le regole del gioco per ciò che riguarda il voto.
È un orizzonte un po’ ristretto. Arriva a domani, ma non a dopodomani. E non ci arriva perché da quest’altra parte manca prima di tutto l’unità sull’idea di come fare opposizione. Siamo al sillabario. C’è l’opposizione di Casini, quella del Partito democratico e quella dell’Italia dei valori, tre forme tra loro inconciliabili di opposizione.
Siamo dunque in una notte oscura, come dice San Giovanni della Croce, cioè c’è ancora molto tempo prima dell’alba.
E tutto questo mi fa incazzare ancora di più. La mia incazzatura, però, non è unidirezionale, è rivolta a entrambi. È una rabbia cornuta.
Enzo Mangini
 
 

VignaClaraBlog.it, 23.9.2010
Ponte Milvio - Torna il Premio Baiocco del XX Municipio

Torna anche quest’anno il Premio Baiocco di Ponte Mollo, una delle iniziative culturali del XX Municipio. Si svolgerà sabato 25 settembre alle ore 18.00 presso la Torretta Valadier di Ponte Milvio: i premiati sono nomi di grande prestigio. Dall’assessore alla cultura Marco Perina, e da altri rappresentanti istituzionali del XX Municipio, riceveranno infatti il premio
ANDREA CAMILLERI (scrittore) Baiocco per discipline letterarie
[...]
Presenta l’evento l’attore Massimiliano Pazzaglia, canta gli stornelli Leonardo Donghi, recita i sonetti, da lui stesso composti “ad personam” per ogni premiato, Stefano Ambrosi.
Il Premio Baiocco Ponte Mollo. Come è ormai noto, si tratta della rievocazione storica di un antico rituale goliardico che vedeva protagonisti i componenti della Società di Ponte Mollo. Tutto ebbe inizio nel 1841, anno in cui una congrega di bontemponi composta quasi esclusivamente da artisti stranieri, festeggiò nell’antica osteria del Grappolo d’Oro l’addio a Roma del celebre scultore Bertel Thorwaldsen, che per l’occasione fu insignito della simbolica onorificenza del Baiocco, per il valore delle sue opere ed i meriti artistici conseguiti.
Da allora l’allegra compagnia di artisti, tutti assidui frequentatori di taverne, tra i quali Gogol, Nibby, Andersen, Reinhart, etc. prese a festeggiare con brindisi e sfilate carnevalesche le partenze e gli arrivi dei colleghi che, ricevendo la decorazione del Baiocco entravano a far parte della Società di Ponte Mollo.
Dal 1996 il XX Municipio ha recuperato questa antica tradizione per premiare l’opera svolta da persone che vivono o operano nel territorio e che si sono distinte per impegno e passione nell’ambito della loro attività, attraverso una festosa cerimonia, aperta a tutti i cittadini, che intende conservare lo spirito goliardico della tradizione.
[Camilleri non potrà essere presente alla premiazione, NdCFC]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.9.2010
"Il giallo è morto, parola di giallista"
Il giallo, anche quello siciliano che ha fatto tanti proseliti, è un filone esaurito. Lo dice lo scrittore-poliziotto Piergiorgio Di Cara, uno degli autori di punta del fenomeno siciliano nato con il boom di Camilleri. «È stata una grande stagione - dice - ma ora bisogna percorrere nuovi sentieri». È d'accordo il critico Massimo Onofri, che del giallo non è mai stato amico, mentre Santo Piazzese, altro alfiere del genere, dice che si tratta di una sfida ancora viva.
 
Addio al giallo
Il vice questore aggiunto Piergiorgio Di Cara da un po' di tempo s'è scocciato di inseguimenti e omicidi. Cartacei, s'intende, quelli che da più di un decennio ormai riempiono le pagine di gialli e noir isolani. «C'è stata una grande stagione - racconta l'autore di "Isola nera", che martedì ha preso parte alla prima edizione del festival Cinema e letteratura dedicato al "Giallo e dintorni" - fatta di entusiasmi e di ottimi risultati. Adesso però, devo confessare una certa saturazione. Attenzione: non voglio indossare le vesti del giudice, me ne guarderei bene. Parlo come parte in causa: sento che nell'aria si respira l'urgenza di cambiare registro, di battere sentieri diversi».
È dal 2007 che Di Cara non pubblica un romanzo: l'ultimo, "Il ragazzo dai capelli rossi", era ambientato nel West, con tanto di Colt, Winchester e saloon. Nel frattempo, però, ha lavorato per la televisione, partecipando alla realizzazione di numerose docufiction.
Che succede, Di Cara?
«Sono successe tante cose - spiega - ma ora sento proprio la nostalgia del romanzo. Che non abbia però a che vedere né col giallo né col noir. Lo ripeto da qualche tempo: occorrono nuove strutture per la scrittura di genere, bisogna esplorare altri territori, con spirito più pionieristico. Non è un caso del resto che scrittori quali Lucarelli, Carlotto, Evangelisti, De Cataldo, ultimamente abbiano scritto altro, rispetto al solito. È inutile: urge un rinnovamento, trovando magari altri compromessi tra gli stilemi usuali e la complessità di un nuovo linguaggio. Dal canto mio, posso dire che sono rimasto troppo a lungo dentro al meccanismo del giallo. La sensazione che provo è quella di essermi trovato in una stanza con l'aria viziata: devi aprire per forza di cose una finestra, e tornare a respirare».
Anche se lei s'è cimentato con il genere, provando una strada poco battuta: quella della quotidianità brutale della vita da poliziotto, a partire dai racconti di "Cammina, stronzo!"...
«Sì, sono partito da lì: riportare le vicende narrate a una misura di verità, dando conto delle nevrosi, del tran tran che può schiacciarti».
Una sorta di teoria della sbirritudine che poi ha fatto altri proseliti: è così?
«Qualcosa del genere: aspetto, questo, che mi ha costretto ad essere, come dire, troppo neorealista».
Quanto meno, però, s'è trovato nelle condizioni di non raccontare le solite storie...
«È quello che adesso si rischia, come se si volesse rimestare l'acqua nel mortaio. Non parlo di casi specifici, e poi da un po' di tempo leggo sempre meno gialli e sempre meno connazionali. Il fatto è che il genere poliziesco, negli ultimi anni, è stato spremuto come un limone».
Insomma, o si cambia o si cambia?
«Bisogna uscire subito dai binari: ormai mi pare che molti siano rimasti intrappolati nella retorica consolatoria, e non solo sulla carta, anche in televisione».
Torniamo alla sua nostalgia del romanzo: ha già in mente qualcosa? Pare di capire che non si tratterà di un noir: giusto?
«Proprio così: voglio mettermi in gioco, misurarmi con qualcosa di diverso. Ho in mente una storia che mi piace tantissimo. Se vuole, gliene parlo».
Prego...
«Tutto è nato da una riflessione sui graffiti dell'Addaura, esempio di arte pittorica parietale unica per il paleolitico superiore. Raffigura alcuni uomini in cerchio, con un copricapo e un becco di uccello o una barbetta al mento, che danzano attorno a due figure centrali senza copricapo, che hanno intorno al collo e ai fianchi delle corde che costringono il corpo a un innaturale inarcamento. Si tratta forse di un rito che prevede l'autostrangolamento, una sorta di incaprettamento. C'è pure un sacerdote, che fa un gesto di presentazione della scena: per non farla lunga, il graffito rappresenta qualcosa di importante per quella tribù. Di determinante o fatale, a tal punto da avere costretto l'autore dell'incisione a uno sforzo creativo straordinario».
E allora?
«Allora io provo a immaginare cosa ci sia stato dietro, magari un delitto, o il tentativo di sopprimere l'intero gruppo. Il tutto in una località, monte Pellegrino, consacrata alle divinità femminili. Mi viene da pensare a qualcosa di tragico, un po' come se avessero ucciso Falcone e Borsellino, per intenderci».
Insomma, vuol scrivere un romanzo storico o di avventura con quel tanto di detection che non guasta?
«Un romanzo storico no, assolutamente: gli ingredienti a disposizione, un graffito realizzato sedicimila anni fa, una grotta, una tribù in pericolo, mi sembrano perfetti per dar forma a un romanzo d'avventura, al trionfo del romanzesco».
In poche parole, lei sta provando a cambiare pelle?
«Voglio mettere da parte il genere, per tentare qualcosa di più letterario. Dentro di me già ci sono tutte le parole, devo cominciare a smistarle: spero di riuscirci».
Di certo, negli ultimi anni è riuscito a piegare la sua scrittura alle esigenze televisive. C'è voluto tanto?
«Ho scritto sceneggiature, ho lavorato sul soggetto e sulla voce narrante: si tratta di una scrittura molto più tecnica, che deve tener conto di tutta la macchina produttiva. C'è soprattutto un aspetto di non poco conto: in una sceneggiatura, tutto deve venir fuori dalle battute, dai dialoghi. Ecco, ci vuole un bell'esercizio di disciplina».
Salvatore Ferlita
 
Piazzese ci crede ancora Onofri boccia il boom
Il racconto giallo prosegue spedito il suo cammino o segna una battuta d'arresto? Cessato l'effetto domino di contagio tra scrittori, sostenuto d'altronde dal conforto di una nutrita fetta di pubblico, ci si interroga adesso sulle sue sorti dopo il desiderio di "fuga" manifestato da Piergiorgio Di Cara, uno degli autori di punta del fenomeno siciliano.
Il critico letterario Massimo Onofri mostra molte perplessità e dice: «Il ritorno al giallo registrato in questi anni è da considerarsi più che altro una scelta consolatoria; un genere già dall'inizio debole, che dopo Sciascia aveva ancora poco da dire. Certo, è una lettura dalla quale si può trarre piacevolezza, più che piacere, posto sempre che ci sono scrittori bravi e altri che lo sono meno». Una riflessione che pone in discussione la validità stessa del genere, sottolinea Onofri, che nel giallo non vede tra l'altro contiguità e analisi del presente. Afferma il critico: «Viviamo in una società e in un Paese al naufragio, infarcito di disastri; non riesco ad appassionarmi alle storie di una famiglia di poliziotti simpaticoni. Considero il giallo, compreso quello siciliano, un episodio marginale nella storia della letteratura italiana, che ha piuttosto posto nella cronaca. Non per questo posso affermare che la scrittura italiana è in crisi, tutt'altro, vedo nuovi scrittori e nomi di esperienza dare vita a libri molto interessanti».
Decisamente lontano dal giudizio drastico di Onofri è lo scrittore Santo Piazzese, altro alfiere del giallo siciliano di questi anni: «Sto scrivendo un nuovo libro giallo, e ho iniziato a scrivere gialli quando decisamente non erano di moda: ma per carità, per me la scrittura non può subire il condizionamento del pubblico. Non credo proprio che il giallo abbia esaurito la sua sfida, e questo vale sia per gli autori siciliani che a livello nazionale. Gli argomenti contemporanei più urgenti e attuali continuano ad esigere cura ed attenzione da parte della scrittura; e per me la struttura del giallo è quella che permette la lettura e l'analisi di questi temi. Ma chiaramente si parla di esigenze individuali». L'autore dei "Delitti di via Medina Sidonia" - il suo primo romanzo giallo - si dichiara fedele in maniera indissolubile a questo genere e dice: «Sarei felice di scrivere altro, ma sono legato alla tradizione noir, che considero più aderente alla realtà. Proprio attraverso le storie "gialle" è possibile effettuare un viaggio attraverso la realtà e l'individuo. E poi credo che ci siano ancora scrittori che non essendosi ancora cimentati con questo genere abbiano ancora qualcosa da dare».
Raffaella Catalano, editor della Dario Flaccovio, che al genere dedica una collana ad hoc, precisa alcuni aspetti della scrittura in giallo: «È vero, c'è stata una inflazione e molti degli scrittori esordienti che si propongono scelgono di farlo con una romanzo giallo: diciamo il novanta per cento delle proposte che ci sono giunte in casa editrice. Così è naturale che si scelga di effettuare anche in questo ambito una selezione piuttosto serrata. Continueremo a pubblicare non "gialli a chiave", quelli cioè la cui struttura è incentrata intorno alla soluzione di un delitto, ma i gialli che propongono una struttura articolata e complessa, dove hanno molto rilievo i luoghi e le definizioni psicologiche dei personaggi». Quella di Dario Flaccovio è d'altronde una casa editrice che ha pubblicato come sua prima collana di narrativa nel 2002 proprio "Gialloteca", giungendo con i romanzi pubblicati varie volte in finale al Premio Scerbanenco, dedicato al noir. «Credo che gli scrittori siciliani - conclude Raffaella Catalano - più che abusare del genere giallo, cerchino delle opportunità per misurasi con situazioni che portino con sé vissuto ed esperienze, al di là della tipologia di genere».
Paola Nicita
 
 

Il Giornale, 23.9.2010
Polentoni e terroni, l’Italia (dis)unita in nome della fiction
Teatro, televisione e cinema hanno sempre sfruttato gli stereotipi per divertire. A Nord spopolano i cumenda tirchi, a Sud tutti invadenti e un po' caciaroni. Ma ora qualcuno si offende

«Non facciamola più spessa di quello che è» perché «terroni e polentoni sono due figure classiche non solo del cinema e della fiction, ma anche del teatro italiano». Ha replicato «alla lombarda» Fedele Confalonieri alla lunga lettera con la quale Luca Zaia, neogovernatore del veneto, aveva indirizzato al presidente di Mediaset il forte disappunto provocatogli dalla vista di Giovanni Brenta (Giovanni Bazzoli), l’agente centralinista di Distretto di polizia 10 che parla con accento bergamasco e non appare un fulmine di guerra. Ne è nato un polverone politico-mediatico, una piccola frizione tra certi ambienti leghisti e il Biscione di Cologno Monzese. «Mi spiace constatare», ha calcato la penna il governatore del Veneto «che la più grande rete televisiva commerciale d’Italia abbia sposato l’andazzo di culturame razzista nei confronti del Nord e dei suoi abitanti».
[...]
Scendendo a sud dello Stivale, che cosa dovrebbero dire i siciliani, sempre mafiosi fin dai tempi della Piovra per proseguire con Il capo dei capi e riscattati solo ora dal Montalbano di Luca Zingaretti che però agisce a Vigata dove non c’è traccia di Cosa nostra. Per ora non si registrano lettere di protesta del governatore siciliano Raffaele Lombardo. Ma non si sa mai.
[...]
Maurizio Caverzan
 
 

Micromega, 24.9.2010
Finchè c'è lotta c'è speranza
Camilleri, Flores, don Gallo, Hack: "In piazza con la Fiom contro il regime Berlusconi-Marchionne"
La Fiom ha aderito all’appello con il quale Andrea Camilleri, Paolo Flores d'Arcais, don Andrea Gallo e Margherita Hack invitavano la società civile a scendere al più presto in piazza. Ma ora che il regime Berlusconi è diventato il regime Berlusconi-Marchionne, rilanciano con forza il loro appello, facendo coincidere la mobilitazione auspicata con la giornata di lotta già indetta dai metalmeccanici Fiom per il 16 ottobre.

Il segretario generale della Fiom, Landini, e i principali dirigenti regionali, hanno aderito all’appello con il quale invitavamo la società civile a scendere al più presto in piazza con queste “parole d’ordine”:
FUORI BERLUSCONI
REALIZZIAMO LA COSTITUZIONE
VIA I CRIMINALI DAL POTERE
RESTITUIRE LE TELEVISIONI AL PLURALISMO
ELEZIONI DEMOCRATICHE
L’adesione dei dirigenti Fiom ci sembra di straordinaria importanza. Anche perché nel tempo trascorso dal nostro appello la situazione in Italia si è modificata e aggravata: il regime Berlusconi è diventato il regime Berlusconi-Marchionne. La pretesa di calpestare i diritti costituzionali nello stabilimento Fiat di Pomigliano è diventata la linea dell’intera Federmeccanica, con l’avvallo infine dell’intera Confindustria spalleggiata dal sostegno del governo. La volontà di assassinare la Costituzione, di cui parlavamo nel nostro appello, tracima oltre il berlusconismo tradizionale, appartiene ormai al regime Berlusconi-Marchionne.
Ecco perché sentiamo il dovere di rilanciare con convinzione ancora più forte il nostro appello, precisando però la data dell’appuntamento e – da un generico “al più presto” – facendola coincidere con la giornata di lotta già indetta dai metalmeccanici Fiom per il 16 ottobre.
Del resto, quando arrivarono le prime adesioni, non pochi ci invitarono a non disperdere le energie in troppi appuntamenti successivi e ravvicinati. Si aggiunga il fallimento a cui il settarismo autoreferenziale di una “pagina nazionale viola” sta portando la possibile scadenza del 2 ottobre.
Quella del 16 ottobre, indetta dalla Fiom, è ovviamente una manifestazione sindacale. Che però esplicitamente fa riferimento ai diritti generali e costituzionali oggi messi a repentaglio. Non sarebbe la prima volta che ad una manifestazione sindacale si affianca in sinergia una autonoma e bene accolta presenza politica: il 1 maggio del 1968 un grande corteo del movimento studentesco partì dalla “Sapienza” per confluire a san Giovanni, e un rappresentante di quelle lotte fu invitato dalla Cgil a parlare dal palco. Nel 2002 movimenti civili e no-global parteciparono con appuntamenti autonomi alla giornata di lotta sindacale conclusasi al circo Massimo, e in tutti gli scorsi decenni analoghe virtuose “ibridazioni” furono realizzate più volte.
Rinnoviamo perciò il nostro appello alla società civile, associazioni, club, volontariato, gruppi viola, e a tutte le personalità che hanno il privilegio e la responsabilità della visibilità pubblica, perché si impegnino tutti, individualmente e direttamente, a fare del 16 ottobre una indimenticabile giornata di passione civile.
Andrea Camilleri
Paolo Flores d’Arcais
Don Andrea Gallo
Margherita Hack


Questo il testo di adesione della Fiom al primo appello di Camilleri, Flores d'Arcais, don Gallo e Hack:
"Condividiamo il vostro appello del 24 agosto. L’attacco alle libertà e ai diritti dei cittadini è espressione della regressione autoritaria in corso nel nostro Paese, che colpisce la democrazia dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Siamo convinti perciò che sia necessaria grande consapevolezza e mobilitazione in difesa della Carta Costituzionale".
Maurizio Landini – segretario generale Fiom-Cgil
Mirko Rota – segretario generale Fiom Bergamo
Bruno Papignani – segretario generale Fiom Bologna
Luciano Gallo – segretario generale Fiom Veneto
Maurizio Mascoli – segretario generale Fiom Campania
Giovanna Marano – segretario generale Fiom Sicilia

 
 

La Repubblica, 24.9.2010
Arriva in libreria la nuova collana “Save the story” edita dal Gruppo Espresso: gli autori di oggi raccontano i classici
Riscrivere i capolavori
Baricco: da Manzoni a Gogol, salviamo queste storie

Proviamo a immaginare Camilleri che per le strade di San Pietroburgo insegue il Naso inventato da Gogol. O Umberto Eco alle prese con Manzoni, «un nobile milanese con la faccia buona da cavallo un poco triste». Ed ancora Yehoshua esploratore dei dilemmi di Raskolnikov. O Stefano Benni calato nei panni di Cyrano. Proviamo a immaginarli, soprattutto, mentre raccontano queste storie ai loro nipoti. Da questa idea è nata la nuova collana "Save the story", un'opera di "salvataggio culturale" secondo la definizione di Alessandro Baricco, ideatore della serie editoriale. «Ci sono delle storie che vengono dal passato e costituiscono un patrimonio collettivo. Come evitare di perderle? In redazione, alla scuola Holden, abbiamo pensato di farle raccontare ad alcune tra le voci più importanti della letteratura internazionale. Con una regola: la singola storia, se narrata oralmente, non deve durare più di un'ora. Soltanto così si riesce a catturare l'attenzione dei lettori dai cinque ai dodici anni d'età. E anche per i genitori e per i nonni sarà più facile leggerle ai bambini».
Storie scritte per essere lette a voce alta?
«L'aspetto dell'oralità è essenziale. Abbiamo chiesto ai nostri autori di scrivere periodi brevi, frasi leggibili, dialoghi dotati di ritmo. Anche i capitoletti non devono superare i cinque minuti: questo per andare incontro alla testa dei più piccoli, evitando che s'accascino nel bel mezzo della lettura. Noi cerchiamo di salvare le storie, non le opere da cui sono tratte, nella speranza che i bambini una volta cresciuti vadano a scoprire gli originali».
La voce originaria scompare?
«Sì, non potrebbe essere altrimenti. Come fai a leggere Moby Dick a un bambino? Soltanto in rari casi viene recuperata: Stefano Benni ha scelto di tradurre alcuni versi presenti nel testo di Rostand. Ma generalmente ogni autore reinterpreta alla sua maniera il romanzo di partenza, valorizzando alcuni aspettio trascurandone degli altri. Come quando a tavola si narra una storia al proprio figlio. "Com'è andata tra Achille ed Ettore?". E ognuno di noi la racconta come la ricorda. La mia richiesta a Eco, Yehoshua e agli altri narratori è stata proprio questa: raccontate le vostre storie come le raccontereste a un figlio o a un nipote».
Non potendo proporre il capolavoro nella scrittura originale, si cerca di mantenere uno stile narrativo d'autore.
«Dovendo rinunciare alla voce originaria, noi la sostituiamo non con una lingua standard, ma con un'altra voce autorevole, forte, ben strutturata, coerente. Salviamo la storia e la porgiamo abbinata al piacere di ascoltare un narratore vero. Grazie alla Tv, internet, i videogiochi,i ragazzini conoscono già le trame. Con questi libri hanno la possibilità di ascoltare un modo di raccontare che fa parte della nostra civiltà dello scrivere».
Com'è nato l'abbinamento tra classico e contemporaneo?
«In alcuni casi abbiamo spinto noi: I Promessi Sposi potevano essere raccontati soltanto da Eco, insolito incrocio tra accademia e letteratura. Così il Cyrano de Bergerac ci sembrava un testo ideale per Benni. In altri casi abbiamo proposto una lista di storie, invitando a scegliere quelle più congeniali. Non è un caso che un autore come Yehoshua sensibile al tema morale abbia scelto Delitto e castigo,e l'ironia di Camilleri si sia concentrata su Il naso di Gogol».
Con quale criterio avete selezionato i titoli?
«Abbiamo cercato storie adatte per i piccoli lettori, ma anche per gli adulti che abbiano curiosità. La scommessa è quella di costruire dei racconti che i bambini possano ascoltare con piacere, un po'come con Shrek o Avatar: sono prodotti fatti a strati, come le torte. Ognuno trova il proprio strato».
Lei ha scelto il Don Giovanni: nel suo racconto prevale la corda comica, anche se non manca l'epilogo moraleggiante.
«La sua storia contiene un risvolto tragico, una sorta di sedimento morale che comunque ho voluto mantenere. I bambini amano portarsi a casa un insegnamento, abituati dalle fiabe ma anche da Walt Disney. Così in tutti questi libri c'è un capitolo conclusivo che restituisce il senso della storia. Tecnicamente ho attinto da Lorenzo da Ponte e da Molière, ma la mia è stata un'operazione istintiva, che tende a fare del Don Giovanni un paladino medioevale, un eroe western, in sostanza uno sfrontato cavaliere con una voglia di vita irrefrenabile: esattamente come il bambino a cui è rivolto».
Simonetta Fiori
 
 
I primi due volumi in libreria: Don Giovanni di Baricco e I promessi sposi di Eco

Gli scrittori di oggi giungono in soccorso delle storie di ieri. Riscrivendole. Nasce così Save the Story, la collana ideata da Alessandro Baricco, curata dalla Scuola Holden e pubblicata dal Gruppo Editoriale L'Espresso per le librerie. L'intentoè di reinterpretarei classici con un linguaggio letterario più moderno per coinvolgere un pubblico ampio: le famiglie e soprattutto i bambini dai cinque anni in poi. Ogni volume, illustrato ogni volta da un disegnatore diverso, costerà 12,90 euro. In libreria, il 30 settembre, le prime due uscite: Don Giovanni di Alessandro Baricco con disegni di Alessandro Maria Nacar e I promessi sposi di Umberto Eco e le illustrazioni di Marco Lorenzetti. Il4 novembre sarà la volta di Cyrano de Bergerac, raccontato da Stefano Benni e raffigurato da Miguel Tanco. Le prime uscite del 2011 sono: Il naso di Gogol (7 gennaio) raccontato da Andrea Camilleri con illustrazioni di Maja Celija e Delitto e castigo di Dostoevskij, rinarrato da Abraham Yehoshua con disegni di Sonja Bougaeva. L'iniziativa seguirà con altri titoli.
 
 

ThrillerMagazine, 24.9.2010
L'intermittenza

Intrighi. Corruzione. Giochi di potere. Interessi. Violenze. Vendette.
Questi sono alcuni degli elementi che muovono il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, L'intermittenza, uscito da poci giorni per Mondadori.
Ancora una volta l'autore siciliano, abbandona momentaneamente il suo Montalbano, per proporre una storia che prende spunto da recenti fatti di attualità, ma che sviluppa un intrigo appassionante e godibile.
Il romanzo ha tutti gli elementi di un buon thriller, anche se mancano le sparatorie e i morti ammazzati, ma il ritmo, gli incastri, le successioni e i colpi di scena non hanno nulla da invidiare a un qualsiasi autore di genere.
La calda Sicilia è lontana. Questo thriller finanziario si apre al nord, in un grande azienda, la Manuelli che dà lavoro a migliaia di persone e sostiene l'economia del paese.
Presidente, è un vecchio pioniere della rinascita industriale italiana, con un figlio belloccio ma piuttosto deludente. Alla guida dell'azienda c'è invece Mauro De Blasi, il feroce e scaltro direttore generale con moglie bellissima ma insoddisfatta, aiutato dal direttore del Personale Guido Marsili, abile quanto basta per mettere in mobilità senza alcun turbamento centinaia di dipendenti, ma con la segreta debolezza per la poesia. Intorno a loro, una girandola di segretarie avvenenti o inacidite, Ministri che pur di non perdere una manciata di voti si ritrovano al servizio del privato, vecchi patron e nuove generazioni arriviste, stabilimenti occupati, operai gabbati nei loro diritti e sindacati inermi di fronte all'ombra della crisi che si allunga anche sulla Manuelli. Ma l'azienda è florida e grazie a De Blasi fiuta l'affare, acquisendo la Birolli, il cui proprietario è assillato dai creditori e pronto a svendere tutto pur di salvarsi. Intanto però c'è qualcuno che sta tramando dietro le quinte.
Si arriva all'ultima pagina in men che non si dica, guidati in un percorso carico di suspanse, in cui l'autore è abile nel passare da un personaggio all'altro, seminando spunti e indizi, fino all'ultimo rspiro. E in tutto questo l'intermittenza, sempre più presente, sempre più incombente, l'intermittenza come quel qualcosa di imprevisto e inaspettato, fuori controllo, che può sconvolgere tutto. L'intermittenza del cuore. L'intermittenza della testa.
L'intermittenza che non c'è nella costruzione di questo romanzo che scivola via piacevole, costruito in maniera molto curata da un autore che è uno dei più amati d'Italia.
Chiara Bertazzoni
 
 

Al coniglio agile, 24.9.2010
En attendant Montalbano

È ben strano questo nuovo romanzo di Andrea Camilleri, L’intermittenza, scritto “in italiano”, uscito da Mondadori il 14 settembre scorso.
Intanto più che un romanzo è un racconto lungo, che però costa come un romanzo (18 euro). Si apre con l’elenco dei personaggi principali, come facevano i buoni vecchi Gialli Mondadori di una volta, quelli diretti da Alberto Tedeschi con le inconfondibili copertine di Carlo Jacono.
E incominciando a leggere si capisce perché sia stata necessaria quella paginata di nomi con la descrizione del loro ruolo nella vicenda (presidente d’azienda, il figlio, la cameriera, la nipote, il medico, la moglie, eccetera): perché nella storia, con quei nomi, ci si perde. Chi è Giuliana? E Anna Mengozzi è la segretaria o la cameriera? E Guido? E Birolli? E Licia? E Pennacchi? E i tre medici di De Blasi, chi fa cosa? Dio mio.
E poi c’è la storia il cui finale (che ovviamente non raccontiamo) ricorda uno di quei telefilm surreali e un po’ morali della serie Ai confini della realtà, di quando la televisione era in bianco e nero. Insomma, un libro un po’ sconcertante.
Per fortuna, come scrivevamo in un post precedente, il mese prossimo ritorna il commissario Montalbano (Una voce di notte, Sellerio) con la “colonna sonora” dell’ormai familiare dialetto siciliano, inscindibile da Camilleri. Non resta che aspettare per rifarsi la bocca.
Claudio Castellacci
 
 

No Berlusconi Day 2, 25.9.2010
Lettera aperta a Camilleri, Hack e Don Gallo

Cari Margherita Hack, Andrea Camilleri Don Gallo,
Promuovere una manifestazione democratica contro il regime, in questo delicato momento storico, non è soltanto un diritto ma soprattutto un dovere di ciascun cittadino che abbia veramente a cuore le sorti del Paese. Sabotare una manifestazione contro il regime o contrapporla strumentalmente ad un’altra di eguale rilevanza, chiunque lo faccia (anche se si chiama Flores D’Arcais, direttore di Micromega) e per qualsiasi ragione tattica, è un atto di puro collaborazionismo con il regime. Inutile dire qual è la situazione, chiunque viva il Paese reale nei territori, nelle scuole, nei luoghi di lavoro (e non nei salotti e nei club) sa benissimo che il progressivo logoramento delle basi costituzionali coincide con il l’impoverimento della dimensione pubblica e della sfera sociale, dei diritti del lavoro e dei beni comuni.
Se si rompe il Patto Costituzionale, così come sta accadendo in questi mesi, in questi giorni, ciò che si realizza è l’arbitrio, la legge del più forte, la sospensione della democrazia. In una parola: l’apoteosi del berlusconismo. Per questo la difesa della Costituzione va rimessa al centro dell’iniziativa politica e culturale; per questo la partecipazione civile e democratica dei cittadini va incentivata sempre, in ogni luogo, da chiunque promossa: perché è solo nella partecipazione alla vita politica del Paese che si rintracciano i germi della riscossa e della volontà di cambiamento. Mai e poi mai una coscienza democratica, mossa da autentica passione civile dovrebbe scoraggiare la partecipazione.
Il 2 ottobre saremo in piazza per chiedere ancora una volta le dimissioni degli artefici principali del disastro politico, morale e sociale del Paese, Berlusconi e la sua cricca; per chiedere di rimuovere le condizioni che ne hanno consentito l’ascesa: una nuova legge elettorale e sul conflitto di interessi; e per proporre alcune vie di fuoriuscita dal pantano berlusconista: Realizzare la Costituzione a partire dall’Articolo 1 (L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro); promuovere i principi di legalità, la libertà di espressione, la società della conoscenza. L’Italia che vorremmo e che meriteremmo.
Queste sono le nostre richieste. Per questo vi chiediamo di scendere con noi in piazza a Roma il 2 ottobre, di parlare a noi e a tutto il popolo della Costituzione, di donarci quel contributo di saggezza politica che a noi serve per guardare avanti con fiducia.
Siamo semplici cittadini, non siamo vip, non siamo firme da prima pagina, abbiamo nomi che non dicono niente e storie normali, forse banali. Non abbiamo televisioni, non abbiamo giornali ma soltanto una semplice pagina Facebook e un blog che non ci costa niente se non il tempo che vi dedichiamo gratuitamente sottraendolo alle nostre famiglie, ai nostri affetti e ai nostri interessi. Siamo semplici cittadini che sentono, come voi, l’urgenza di dire: Ora Basta.
Con infinita stima
Franz, Anna, Cristiana, Adele, Leo, Massimo, Carla, Alice, Paola, Silvia, Julia, Bruno, Giovanni, Stefania, Manola, Salvo e altri promotori della manifestazione del 2 ottobre
 
 

La Sicilia, 25.9.2010
«L'intermittenza», quarto romanzo dello scrittore siciliano in 6 mesi, è ambientato a Milano tra gli «squali» della grande industria disposti a tutto pur di arraffare soldi
Un Camilleri insolito in lingua italiana e senza Montalbano

«L'intermittenza» (Mondadori, pp. 176, euro 18) è il quarto romanzo di Andrea Camilleri in sei mesi. Prima che abbia un'idea, la scrive. Beato lui. Questa volta è un Camilleri in lingua italiana senza camillerismi, senza Vigàta, senza "Montalbano sono", senza tuppuliò e trasì, senza cabasisi. E non c'è neanche un commissario che svolge le indagini, anzi c'è un ex commissario che invece di scoprire la verità si dà da fare per occultarla.
Siamo a Milano tra gli squali della grande industria, disposti a tutto pur di arraffare soldi, furbi, cinici e crudeli. I loro rapporti sono cementati dall'odio, dal carrierismo, dal desiderio di fregarsi l'uno con l'altro. Non esistono sentimenti in questo mondo, i rapporti sono regolati dal potere, dalle gerarchie, dalla convenienza, l'amore e la seduzione sono solo sesso e opportunismo.
Guai a lasciarsi trasportare dai battiti del cuore, ti aspetta un amaro disinganno, come per la segretaria attempata che intreccia una relazione con un uno che si presenta come "just a gigolò", oppure come la moglie del potente direttore generale, Mauro De Blasi, che, tentando di uscire dalla sua gabbia dorata, s'innamora del vicedirettore generale con delega al personale solo perché questi la seduce recitandole delle poesie, celando in tal modo un animo arido e carrierista.
L'intreccio, sapientemente costruito, ruota tutto intorno a Mauro De Blasi, alle sue manovre, alle sue furberie per evadere il fisco, propiziare fusioni e acquisti di altre aziende, decretare licenziamenti, ingannare gli operai. Della crisi attuale nel romanzo non manca nulla: la minaccia di trasferire la produzione all'estero, gli scioperanti che protestano sulla ciminiera, il sottosegretario al servizio della grande industria, l'ex commissario che cura la sicurezza interna e sovrintende a manovre inconfessabili, il falso attentato che, sul modello della strategia della tensione, mira a screditare e bloccare le lotte operaie.
Mauro De Blasi, fedele solo al guadagno e al potere, è indifferente al tradimento della moglie, padroneggia tutto con abilità e spregiudicatezza, sa capovolgere a suo favore qualsiasi situazione negativa, persino l'accusa documentata di un accordo illegale che gli viene mossa da un avversario geloso, Beppo Manuelli, figlio del padrone dell'azienda e, grazie alle raccomandazioni del padre, vice direttore generale senza potere.
Come in ogni giallo che si rispetti non manca la donna fatale, ed è Marisa, la moglie di De Blasi, che dal disinganno passa alla vendetta. Ed è l'unico personaggio di cui Camilleri delinea un'evoluzione. Gli altri restano graniticamente fermi nel loro cinismo. Ma c'è l'intermittenza del titolo, che non è non quella del cuore perché questi signori non lo possiedono, ma quella della mente.
De Blasi ha dei momenti di assenza mentale, preludio di una malattia grave, in cui gli sembra di vedere la scritta che dà inizio al racconto: "Fu allora che ebbe la lacerante certezza della prossimità della sua morte". Su tutta la trama si stende un velo funebre. In fondo c'è qualcosa all'interno di ognuno di noi, una voce della coscienza che si può tacitare a lungo ma non all'infinito e che alla fine si muta in sintomo fisico trovando un modo di venire fuori.
E' questo il potere dello scrittore: ergersi a giudice, esaminare i comportamenti, annotare i reati e comminare le condanne morali che nella vita reale tardano a venire o non giungono mai.
Il romanzo è didascalico, anche troppo. Lo stile scorre veloce, per una lettura di puro intrattenimento. Qui c'è il Camilleri nazionale e ideologico, privo delle coloriture locali intrise di ironia, che hanno fatto la sua fortuna. L'hanno paragonato a Carlo Emilio Gadda, ma l'ingegnere aveva una grandissima capacità mimetica: per i suoi impasti linguistici sapeva maneggiare il nativo dialetto lombardo e seppe manipolare quello romanesco. Camilleri a Milano si presenta rispettosamente con il cappello in mano e si limita ad un italiano senza infamia e senza lode.
Salvatore Scalia


L'autore
«La fantasia ha trovato linfa nelle cronache giudiziarie recenti»

«I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto della mia fantasia, anche se la fantasia ha trovato abbondante linfa nelle cronache giudiziarie di questi ultimi anni». Tutti d'un fiato si arriva in fondo, la fine del romanzo, e dietro quella frase, a metà di rito a metà personalissima, quasi lo si intravede Andrea Camilleri a scriverla, tra il divertito e, come direbbe lui, «l'incazzato nero». A chi pensava Camilleri quando ha scritto del vecchio Manuelli, dell'incapace Beppo suo figlio, degli operai in sciopero contro la chiusura degli stabilimenti fatti abilmente passare come soggetti pericolosi per l'azienda stessa, dello spietato De Blasi o di Marsili, che sembrano cavarsela sempre? «Basta leggere la cronaca e trovate tutte le storie di malefatte che volete», risponde Camilleri. «È notizia di 3-4 mesi fa di un'azienda dove l'intera dirigenza è stata arrestata». Ma può forse anche un romanzo risvegliare le coscienze? No, guai a esser romantici: «Ma che vuole che gliene freghi della narrativa a quelli...».
 
 

Giornale di Brescia, 25.9.2010
Soldi, sesso e potere: Camilleri nella jungla del Nord

In un mondo dove soldi, sesso e potere, pur variamente intrecciati, sono la bussola che regola ogni rotta, non ci sono innocenti. Ognuno a modo suo è colpevole: chi è consapevole ed è protagonista, come chi è ignaro e viene travolto. Solo l'imponderabile farà giustizia.
Da abile regista - anche del suo talento - Andrea Camilleri alimenta i diversi filoni della sua inesauribile creatività. Quattro libri in sei mesi: questo il nuovo record. E subito dopo aver rimesso in gioco Montalbano con «La caccia al tesoro» (per metà ottobre ne è annunciato già un altro), dopo aver posto un altro tassello dei suoi romanzi storici con «La rizzagliata», eccolo rilanciare il versante narrativo affidato alla Mondadori. Con qualche novità: palcoscenico della storia non è la Sicilia, ma Milano e la Brianza; quindi, niente concessioni all'idioma siculo, ma la narrazione è in un bell'italiano limpido e scorrevole. Camilleri si muove così su un terreno che aveva già saggiato ne «Il tailleur grigio» e con «Un sabato sera, con gli amici».
Inevitabile la scelta di Milano e del suo naturale prolungamento brianzolo, visto che là sta il cuore della jungla che Camilleri vuole esplorare. Pare quasi che nella scelta ci sia anche una sorta di indiretta replica a chi pensa che solo nel Meridione e in Sicilia alberghino malaffare e intrighi. No - sembra voler dire Camilleri - non è così: l'opulento Nord non è meno brutale.
Eccola Milano con il suo prolungamento di capannoni e villone. Imprenditori che avevano iniziato come sindacalisti e che sono poi diventati padroni ed hanno costituito l'ossatura del boom nordista. E ora che si sentono reduci e si autocelebrano parlando di se stessi in terza persona, si trovano a non avere successori naturali adeguati alla sfida. Si affidano perciò a manager rampanti che sono disposti a tutto pur di consolidare il loro potere e i loro portafogli, ma che sanno recitare con eleganza la parte in scena, passando dalla Bocconi al Convegno di Ischia. Non hanno una morale ma non perdono l'occasione di tenere lezioni sull'etica. La politica è manovrata e manovra: un po' ostaggio compiacente e un po' motore inconsapevole. Mentre giornalisti e telegiornali, nella loro esuberante dabbenaggine, sono abilmente usati come strumenti per rappresentazioni di comodo. Tanto l'opinione pubblica si beve tutto quel che la televisione propina.
Spiarsi, tradirsi, imbrogliarsi: tutto è lecito. Anche usare se stessi e il proprio corpo - uomini o donne, non c'è differenza - senza alcun ritegno. Il personaggio principale è Mauro De Blasi, quarantenne direttore generale di un'impresa che sta cercando di inglobarne un'altra. Vuole rafforzare l'azienda a lui affidata, ma anche incassare di nascosto la sua lauta quota-parte. È un imbroglio, non è lecito, ma chi mai lo verrà a sapere? Sua moglie Marisa non riesce più a sopportarlo e vorrebbe per sé una nuova vita con un uomo nuovo. Beninteso, senza rinunciare a gioielli e comodità. Il suo uomo nuovo sarebbe Guido Marsili, il braccio destro di De Blasi, il vicedirettore che sa licenziare centinaia di operai senza batter ciglio e conquista le donne recitando poesie. Ungaretti, Quasimodo, Neruda: un tenero bacio al primo verso, alla fine del sonetto è già al dunque. Sulla scena si muovono segretarie (molto) particolari, donne sull'orlo di una crisi di nervi, politici pronti a cogliere ogni cambiamento di brezza, professionisti d'alto bordo. In un racconto avvincente e incalzante, con continui cambi di scena, abilmente montato come una fiction. Vecchi marpioni, giovani rampanti: furbi o ingenui, tutti dentro un meccanismo che alla fine li stritolerà. Nessuno è innocente, nessuna pietà. Quando scorre l'ultima «definitiva» riga del romanzo, l'ultimo inatteso colpo di scena, si intravede il sorriso sornione di Camilleri. E in fondo gli si è grati per quel filo che si spezza: esito liberatorio proprio quando la perversa ragnatela sembra più vischiosa.
Claudio Baroni
 
 

SiciliaInformazioni, 25.9.2010
La Sinfonica suona le musiche di Montalbano
Franco Piersanti dirige le sue colonne sonore

Ancora il genere giallo e le sue colonne sonore, protagoniste al Politeama Garibaldi di  Palermo per l’ultimo appuntamento del I° Festival Cinema, Musica e Letteratura. Domenica 26 settembre alle ore 21.15, per “Musica per il cinema – La musica di Montalbano”, Franco Piersanti salirà sul podio per dirigere l‘Orchestra Sinfonica Siciliana nell’esecuzione delle colonne sonore dei film Il commissario Montalbano”di Alberto Sironi, “Lamerica” di Gianni Amelio, “Sanguepazzo” di Marco Tullio Giordana, “Corto Maltese, la cour secrète des Arcanes” di Pascal Morelli e “Il Caimano” di Nanni Moretti.
Assistente di Nino Rota all’inizio della carriera, Franco Piersanti, compositore poliedrico, ha composto circa cento colonne sonore per produzioni cinematografiche e televisive dalla sua prima collaborazione con Nanni Moretti per il lungometraggio Io sono un autarchico (1976).
Il concerto proposto dalla Sinfonica, in cui si ascolteranno alcune tra le pagine più note delle sue colonne sonore, è aperto da una suite sinfonica delle musiche composte per i 18 film della serie Il commissario Montalbano diretta dal regista Alberto Sironi. Le note di Piersanti commentano e rappresentano in modo efficace il carattere intelligente e ironico del personaggio uscito dalla penna di Andrea Camilleri. La colonna sonora composta per il film di Gianni Amelio del 1994 Lamerica, gli ha fruttato, nel 1995 l’assegnazione del prestigioso David di Donatello.
Intensa è la colonna sonora per il famoso film Sanguepazzo di Marco Tullio Giordana del 2008, dove la musica di Piersanti commenta con forza icastica la drammatica storia d’amore tra due divi dell’epoca del ventennio, interpretati rispettivamente da Luca Zingaretti e Monica Bellucci. Autentica gemma della musica per cinema è anche la colonna sonora del film Corto Maltese, la cour secrète des Arcanes di Pascal Morelli, che si distingue per la raffinatissima orchestrazione. La serata musicale si chiude con l’ascolto della suite sinfonica delle musiche per il film del 2006 Il Caimano di Nanni Moretti, con il quale il compositore italiano ha stabilito un sodalizio artistico che dura da oltre trent’anni. Il pubblico riceverà in omaggio libri gialli di Perdisa Pop, Dario Flaccovio Editore e :duepunti edizioni. Ingressi ai concerti da € 5 a € 25.
 
 

research on love, 25.9.2010
Su Andrea Camilleri

Quando leggi Andrea Camilleri vieni trasportato, con una forza incontrollabile, in un mondo quasi surreale: la vera Sicilia. Quella fatta di odori, colori, sensazioni, urla di gioia, grida di dolore; quella che si assopisce al tramonto, quando il tempo segue il suo corso e la pace, l’aria immobile, il tacito suono della natura si scatenano in un languido concerto, e la terra, il sole, la luna e il mare ci vanno appresso.
Quella Sicilia così nuda, baciata dal sole, un sole che ne sviscera i suoi più lussuriosi segreti e, al contempo ne occulta i suoi più lucidi pensieri fino a renderla ancella di se stesso; così o mia Sicilia, concubina di una stella, come una Signora ti fai ammirare, come una Regina ti fai rispettare, come una Madre ti fai amare.
Caro Andrea, dove trovate la forza di trasmettere ai vostri lettori tutta la passione che risiede nell’animo vostro?
Com’è che riuscite a scrivere pagine su pagine, righe su righe, parole su parole, e a rendere eloquente persino il bianco, laddove non c’è inchiostro, là, tra le righe, tra una parola e l’altra? Forse che il vocabolario della lingua italo-siciliana non vi è sufficiente? Come spiegate voi, caro Andrea, il concetto di “tuffarsi in un libro”? è facile coi vostri. Non puoi farne a meno, è più forte dite, quando cominci, tempo 24 ore e sei giunto alla fine. Che fate? Ridete?
E come si spiega, allora, quel senso di malinconia che, come una serpe, si insinua nelle tue viscere quando ti accorgi che mancano poche pagine alla fine? Combatti con te stesso, frustrato dall’indecisione tra affrettarsi per giungere alla conclusione o indugiare ancora, solo qualche istante, per assaporare l’allegra danza dei tuoi neuroni che partoriscono ipotesi, pensieri, sogni, fantasie. E quando arriva quel momento, quando anche l’ultima pagina è stata digerita, è come se a forza ti strappassero via da un buco da cui ti eri, così piacevolmente, lasciato risucchiare.
Il tuo animo è guidato dall’intensità dei vocaboli, da nient’altro, in un crescendo di sensazioni, in un miscuglio di emozioni, fino all’ennesima, conclusiva marcia trionfale, che in un solo accordo, con la forza di un uragano, abusa delle tue vibrazioni e in perfetta armonia con le ultime parole… freme.
Poi ti guardi intorno e tutto ti sembra statico, immobile, come se il rintocco del tempo non fosse mai sceso su quella stanza, solo per concederti qualche momento ancora, in compagnia di te stesso… e dei vostri, Andrea.
Ti chiedi se è stato solo un viaggio, un’avventura, un sogno tutto quel putiferio di nomi, luoghi, voci, sguardi, sapori…
È un trauma quasi come un parto, quello del ritorno alla realtà; entri in uno stato pressoché di digiuno durante il quale conti i minuti d‘attesa prima di tuffarti in un‘altra storia.
E come se nulla fosse stato, la pietruzza che bloccava l’ingranaggio del tempo viene spazzata via, e si ricomincia a vivere.
Grazie per avermi insegnato a ritrovare un po’ di me stessa in ogni situazione da te descritta, in ognuno dei tuoi personaggi, in ciascuno dei luoghi che, seppur inventati, sono più reali di quel che si creda.
E semmai potrò incontrarla di pirsona pirsonalmente vorrei dirle: grazie di essere Siciliano.
UN’AMMIRATRICE
agatina
 
 

Auditorium Parco della Musica, 26.9.2010
Sala Santa Cecilia, ore 11
Scuola Holden, Gruppo Editoriale L’Espresso, Fondazione Musica per Roma presentano
Save the Story: Andrea Camilleri racconta Il Naso
Roberto Tarasco regia

Andrea Camilleri leggerà la sua “Storia del Naso di Gogol”: le incredibili vicende di un naso scomparso dal viso del suo padrone, che vaga in alta uniforme per le strade di San Pietroburgo nello sgomento generale. Camilleri affronta il racconto perfetto, il capolavoro assoluto e padre putativo di tanti grandi romanzi della letteratura russa. Con la sua voce e la sua nota ironia prende per mano i lettori, li accompagna su e giù per la Prospettiva Nevskij a inseguire il Naso e il suo disperato padrone e nel contempo a osservare ingiustizie, soprusi, servilismo e vanitosi rituali di una piccola borghesia grassa, ignorante e presuntuosa.
Biglietti: Posto unico: 5.00 euro
 
 

Corriere della Sera (Ed. Roma), 26.9.2010
Parco della Musica
Andrea Camilleri e il Naso di Gogol

Per «Save the Story» dopo il mito di Don Giovanni, arriva «Il naso» di Gogol, seguiranno il dramma di Cyrano e la vicenda dei fidanzati più famosi d'Italia, i Promessi Sposi. Quattro autori del presente: dopo Alessandro Baricco, ora Andrea Camilleri, poi Stefano Benni e Umberto Eco (con la partecipazione di Ottavia Piccolo). Quattro appuntamenti all'Auditorium per riscoprire in modo inedito la meraviglia della letteratura e della narrazione. Traghettare le grandi storie del passato a una nuova generazione di lettori è l'obiettivo di «Save the Story», il nuovo progetto editoriale (promosso da Scuola Holden e Gruppo Editoriale l'Espresso) in cui autori di fama internazionale sono invitati a riprendere in mano i classici della letteratura e dell'immaginario collettivo: ognuno con la propria penna, il proprio stile, la propria sensibilità. Il risultato sarà disponibile in libreria, in una nuova collana, da fine settembre; ma il pubblico ha la possibilità di assaggiarlo in anteprima. Un naso è il protagonista dell'appuntamento di oggi alle ore 11 in Sala Santa Cecilia. Ma non un naso qualsiasi, bensì quello immortalato nell'omonima novella di Nikolaj Gogol. Capolavoro assoluto della letteratura russa dell'Ottocento, scritto quando l'autore aveva appena ventisette anni, il racconto offre ad Andrea Camilleri lo spunto per ripercorrere le strade di San Pietroburgo, aiutando il padrone a ritrovare il naso perduto e approfittandone per osservare con occhio ironico e contemporaneo le ingiustizie, i soprusi, il servilismo e i vanitosi rituali di una piccola borghesia grassa, ignorante e presuntuosa. [...].
R. S.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 26.9.2010
Gogol secondo Camilleri l' humour de Il Naso

Più che un uomo è un naso il protagonista del secondo appuntamento di "Save the Story - Grandi storie di ieri raccontate per tutti da grandi scrittori di oggi" in programma stamani alle ore 11 nella Sala Santa Cecilia dell' Auditorium. A ripensare, a riattraversare, a ricreare e a ridire Il naso di Nikolaj Gogol, capolavoro della letteratura russa dell'Ottocento, è un nostro raccontatore dotato di humour umanoe di fascino comunicativo come Andrea Camilleri. Sarà lui a portarci a voce nelle strade di San Pietroburgo, per seguire le vicende di un signore alla ricerca del naso perduto, facendo appello a eterne simboliche ingiustizie, a soprusi, a rituali e a servilismi borghesi di sempre. E Camilleri se ne intende, di travagli sociali. Auditorium Parco della Musica, viale Pietro de Coubertin, 06/802411, oggi alle ore 11.
(r. d. g.)
 
 

Orchestra Sinfonica Siciliana, 26.9.2010
La musica di Montalbano
Concerto fuori abbonamento
Domenica, 26 settembre, ore 21,15
Ciclo Musica per il Cinema

Franco Piersanti, direttore
Suites Sinfoniche da:
“Il commissario Montalbano” di Alberto Sironi
“Lamerica” di Gianni Amelio
“Sanguepazzo” di Marco Tullio Giordana
“Corto Maltese, la cour secrète des Arcanes” di Pascal Morellì
“Il Caimano” di Nanni Moretti
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 26.9.2010
Piersanti al Politeama dirige "Montalbano"

Si chiude stasera con un concerto ancora nel segno della musica per il cinema il "Festival cinema, musica e letteratura" dedicato al tema "Giallo e dintorni". Alle 21,15 Franco Piersanti salirà sul palco del Politeama per dirigere l'Orchestra sinfonica siciliana nelle sue colonne sonore, a cominciare dalla suite tratta dai ventiquattro film della serie "Il commissario Montalbano", riuscito connubio di giallo e "sicilitudine" lontano dagli usuali schemi commerciali. «La scelta di mezz'ora di musica non è stata semplice - spiega Piersanti - ma ho cercato di costruire un percorso attraverso tutti i racconti. L'idea compositiva che sta alla base di queste musiche mira a uscire fuori dal cliché del thriller mafioso siciliano puntando a una struttura musicale di più alta levatura. La sigla per esempio è una sorta di tango con la fisarmonica sfiatata, una suggestione distante dal film di genere» e che ben si presta per un prodotto di qualità diretto da Alberto Sironi e con la sceneggiatura di Andrea Camilleri. Autore impegnato in campo cinematografico sin dagli anni Settanta al fianco di Nanni Moretti con cui ha continuato a collaborare, Piersanti dirigerà anche alcune delle sue colonne sonore per il grande schermo. Tra queste figura l'elaborata musica di "Lamerica" (1994) di Gianni Amelio e i più recenti "Sanguepazzo" di Marco Tullio Giordana, "Corto Maltese, la cour secrète des Arcanes" di Pascal Morelli e "Il Caimano" di Moretti. Il pubblico in sala riceverà in omaggio libri gialli di Perdisa Pop, Dario Flaccovio Editore e duepunti edizioni.
Alessandra Sciortino
 
 

Unoenessuno, 26.9.2010
L'intermittenza di Andrea Camilleri

Una cosa emerge subito, leggendo questo libro: tutti i protagonisti si muovono come se mancasse loro qualcosa.
Potere (raggiungere una posizione di maggiore potere), avidità, controllo sugli avversari che vengono considerati come ostacoli da sbaragliare se si frappongono alla strada che porta al potere. Le donne considerate come prede per i bassi istinti sessuali, da usare per sfogare le tensioni, o da usare come pedine per le guerre personali .
Leggendo il racconto non si può non ricollegare la trama con la cronaca dei giornali: aziende in crisi o che usano la crisi per delocalizzare e chiudere. Accordi sottobanco per acquisire, o meglio conquistare, imprese concorrenti: ricatti, mazzette, presunti complotti per screditare o indebolire la controparte.
Solo che questa volta, questo mondo di cui Camilleri da un quadro poco edificante, si ha la fortuna di viverlo dall'interno: dalla parte dei manager rampanti, che passati i quarant'anni a fare le scarpe a qualcuno, abituati a vivere in stato di perenne pressione, si ritrovano spremuti e vecchi come una persona di ottanta anni.
Come avviene a Mauro De Blasi, direttore generale di una impresa in crisi, la Manuelli, ma in procinto di acquisire una impresa più grande, la Birolli, ma con i conti in stato peggiore.
Mauro è un manager abile e spietato nel prendere le decisioni, furbo nell'anticipare le mosse degli avversari. Freddo e preciso calcolatore: negli ultimi giorni, però, un disturbo fastidioso sembra appannarne la forza. È come se il suo cervello avesse dei brevi momenti di stop, improvvisi black-out, delle intermittenze, che oltre alla sua salute, rischiano di minare la sua immagine..
Mauro ha una moglie bella e stupida che lo tradisce con il suo vice, il direttore del personale, che l'ha conquistata con delle poesie che le legge nei momenti d'amore. Ma che non ha problemi a lasciare per strada padri di famiglia per il piano di ristrutturazione.
La sua segretaria, Anna, è una fedele impiegata, ma è invecchiata troppo presto dentro l'azienda, senza riuscire a crearsi una sua vita personale.
Licia Birolli è la nipote del presidente dell'omonima industria: oberata dai debiti è costretta a vendere alle condizioni imposte da Mauro. Ma Licia è una donna altrettanto abile, oltre che essere una bella donna, subito puntata da Mauro.
Completano il quadretto anche vecchi industriali che non sono più in grado di comprendere e pilotare le imprese nel mondo di oggi e giovani figli di papà inetti e viziati.
Odio, desiderio, vendetta, potere. Nessun sentimento positivo anima queste persone.
Nessuno scrupolo nel gettare migliaia di lavoratori in Cassa integrazione, nel mentire di fronte ai dipendenti e ai sindacati. Discorsi roboanti dinanzi ad una platea di indutriali e ministri, dove si cita l'etica, il merito, ma dietro una realtà dove vince il più feroce, il più furbo, il più cattivo.
Alcuni episodi, come un presunto attentato di fronte ad un'azienda occupata, faranno riflettere il lettore su come si nuove veramente la realtà dietro le frasi fatte, gli slogane e le platee dei meeting.
Ma ne vale la pena?
Questa la domanda che rimane, quando si chiude il libro. E questo è il dubbio che Camilleri ci lascia, dopo l'ultima pagina.
alduccio
 
 

Il blog di dasnibba, 26.9.2010
Acqua in bocca: ci sono Camilleri e Lucarelli!

Questo librino è un vero e proprio "divertissment" realizzato dai nostri a 4 mani, avente protagonisti 2 eroi famossissimi nati dalle penne dei 2 scrittori: il commissario Montalbano e l'ispettrice Grazia Negro.
L'opera nasce da una provocazione dell'editore prospettata ai 2 autori mentre era in corso di realizzazione la registrazione video di una loro conversazione da pubblicare poi in DVD.
Accettata la "folle" idea, la prima sfida da affrontare era la "forma" da dare al racconto: di sicuro era praticamente impossibile pensare di riunire i 2 scrittori in una stanza e quindi una "forma" ideale poteva essere quella del racconto epistolare integrato da estratti di rapporti e verbali. Così facendo riesce addirittura a fare capolino in 2 divertentissime pagine, l'ispettore Coliandro (poliziotto pasticcione nato dalla penna di Lucarelli).
La stesura è durata 5 lunghi anni in cui ogni frammento prodotto da uno dei 2 scrittori, diventava una sfida a fare meglio per l'altro.
Il risultato è godibilissimo e si legge tutto d'un fiato.
E se il finale può lasciare qualcuno dubbioso a causa dell'idea di una giustizia un poco "particolare", ricordo che siamo di fronte a Camilleri e Lucarelli.
E poi, esiste veramente un'idea unica di "giustizia"?
Una richiesta finale: se riuscite, fate incontrare Montalbano e Coliandro, vi prego!
 
 

Libri Blog, 27.9.2010
L’intermittenza

Lo scrittore di Porto Empedocle è di nuovo in vetta alle classifiche letterarie italiane con un romanzo fresco di stampa: L’intermittenza. Si tratta, in particolare, del suo quarto romanzo scritto e pubblicato nell’arco di sei mesi: lo precedono, infatti, Acqua in bocca, scritto in collaborazione con Carlo Lucarelli; La caccia al tesoro che, insieme al precedente, fanno parte della serie Montalbano, e Il nipote del Negus. Durante il 2010, inoltre, Andrea Camilleri ha vinto il meritato premio letterario Piero Chiara alla carriera, l’ennesima conquista letteraria dello scrittore.
Nel suo nuovo romanzo, L’intermittenza, Andrea Camilleri lascia la Sicilia e il suo Montalbano per trasferirsi idealmente a Milano, una Milano industriale, cinica e spietata. Il romanzo, pubblicato il 14 settembre scorso dalla Mondadori, è ambientato ai giorni nostri con la crisi che allunga le sue braccia verso le aziende italiane tanto che anche quelle più stabili e forti come la Manuelli, iniziano a risentirne: gli operai iniziano a reagire ai tagli e alle cassintegrazioni, tanto che uno degli stabilimenti dell’azienda è occupato.
A tali problemi si aggiungono, poi, le lotte di potere interne per il potere: il fondatore dell’azienda è ormai vecchio e si prepara a cedere il posto al suo successore. Attorno a lui, quindi, gravitano una serie di personaggi che mirano a occupare le posizioni di maggior rilievo: suo figlio, ambizioso ma inetto; il direttore del personale, furbo e senza scrupoli; e il direttore generale, il protagonista del romanzo, Mauro De Blasi. Oltre a essi, poi, nel romanzo gravitano numerosi altri personaggi secondari ma importanti che contribuiscono a rendere il romanzo molto realistico.
Ciò che ha sempre caratterizzato il protagonista, in particolare, è la sua furbizia e lucidità: ha sempre fatto le scelte migliori e l’azienda si tiene su grazie alle sue scelte e decisioni. Nonostante la crisi, infatti, Mauro è riuscito a fiutare l’affare: rilevare la Birolli, un’azienda minore il cui proprietario è oppresso dai creditori e dai debiti. Spicca, inoltre, la bella nipote del proprietario, Licia, una donna intelligente, sensuale e furba.
Tutto sembra andare per il meglio per il giovane Mauro ma, proprio nel momento meno opportuno, qualcosa nella sua vita e nel suo corpo inizia a reagire. Una mattina, infatti, mentre si prepara per affrontare una nuova giornata di lavoro, la sua mente ha una sorta di corto circuito, un blocco temporaneo dalla breve durata che lo estranea dalla realtà. Da quel momento, la piccola intermittenza inizierà a ripetersi quotidianamente e a colpire Mauro nei momenti meno indicati, minando la sua lucidità e sicurezza.
A complicare la situazione, l’impossibilità del protagonista di poter confidare a chiunque il suo problema: egli, infatti, non può parlare di ciò che gli accade nemmeno alla sua bella moglie che, come gli altri appartenenti al suo mondo, è pronta a reagire al suo più piccolo segno di cedimento.
Come nei migliori thriller, quindi, le vicende narrate si svolgono in rapida successione e sono ricche di tensione e suspance che catturano l’attenzione del lettore sin dalle prime pagine.
Se desiderate leggere un piccolo estratto del libro, cliccate qui.
valentina
 
 

La Sicilia, 27.9.2010
I colori del giallo in libreria

Vittoria. L'edizione "estiva" del circolo letterario in attesa di riaprire i battenti alla Libreria Bixio con i suoi appuntamenti culturali si è tinta dei colori del "giallo". E' stato il romanzo poliziesco il file rouge tematico scelto dalla curatrice del circolo letterario. Valentina Catania ha incontrato gli appassionati del genere e gli ormai habituè del suo cenacolo letterario nei locali del Faro di Scoglitti. Una "luce bianca" su un yellow da brivido. "Da giugno la location della fiction del commissario Montalbano - dice la curatrice del circolo - sino a settembre ha ospitato alcune serate letterarie tutte dedicate al poliziesco messo sotto analisi secondo una particolarissima angolazione considerando il genere romanzesco come veicolo di conservazione del potere socio-economico della borghesia". […] Agatha Christie, criticando il marcio che si cela dietro l'apparenza della facciata perbene della borghesia, pone le basi per un altro genere letterario, costola del giallo, il noir che risponde alla domanda "perché è successo?", invece il giallo si limita a rispondere alla domanda "chi è stato?". Oggi il nostro Camilleri opera un mix dei 2 generi perché le investigazioni di Montalbano vanno a rovistare in cosa sta dietro al ritrovamento di un cadavere".
Daniela Citino
 
 

La Gazzetta dello Sport, 28.9.2010
Sesso, potere e politica
Il nuovo romanzo di Camilleri

Le vicende di Mauro De Blasi, cinico e spregiudicato direttore generale di una grande azienda italiana, al centro de "L'Intermittenza" ultimo libro dello scrittore siciliano. Pubblichiamo ampi stralci del primo capitolo

Milano - Mauro De Blasi, il cinico e spregiudicato direttore generale di una grande azienda italiana. La giovane e bella moglie innamorata del vicedirettore generale. Il presidente, il figlio del presidente. Un industriale con bellissima nipote. Il politico di turno pronto a ogni compromesso. E poi il sesso, il potere, una città industriale che potrebbe essere Milano, ma anche i cassintegrati, gli operai sulle gru. Insomma l’Italia di oggi. E’ questo lo scenario del nuovo romanzo di Andrea Camilleri, "L’intermittenza", (pag 171, euro 18), di cui pubblichiamo per gentile concessione della Mondadori Editore ampi stralci dal primo capitolo.
 
 

Cartoline da Macondo, 28.9.2010
Il nipote del Negus

Non esistono formule per il successo – anche perché a questo punto, combinando le attuali tecnologie con editori sempre più affamati di ritorni commerciali, sarebbero già saltate fuori – però ogni volta che si afferma un nuovo best seller si materializza qualcuno che spiega quali – e quanto semplici – siano i suoi meccanismi. E la tentazione è ancor più forte con Camilleri, che ormai sforna numeri uno a ritmi bimestrali. Prendiamo questo libro, costruito con allegra ironia sulle vicende di un principe etiopico sfrenato nell’esuberanza dei suoi diciannove anni. La storia, già divertente per gli incontenibili e imprevedibili appetiti sessuali del giovane, per il suo continuo bisogno di denaro necessario a pagare abiti eleganti e perdite di gioco e per l’arguzia del principe nel soddisfare gli uni e l’altra, si arricchisce di ulteriori sfumature grazie alla rappresentazione della burocrazia ignorante e futilmente cerimoniosa del regime fascista. Ma questa è solo la base su cui Camilleri inizia a lavorare. L’efficacia del racconto è portata al massimo livello grazie alla costruzione a frammenti: Camilleri raccoglie comunicazioni ufficiali, lettere private, articoli di giornale, stralci di conversazione, che nel loro succedersi costruiscono lo sviluppo della storia, regalandoci insieme una miriade di punti di vista sui fatti. Ed è qui che emerge tutta l’abilità del narratore, perché una simile costruzione, degna dell’avanguardia più cervellotica, diventa invece uno strumento docile e comprensibile a tutti. Il punto è che la struttura lavora al servizio dell’intreccio, perciò la sequenza dei fatti rimane lineare e non presenta buchi se non per creare effetti comici. E il moltiplicarsi di voci crea un effetto da “leggenda metropolitana” intorno alle avventure del principe, del quale non sappiamo mai nulla direttamente o da vicino. Chiude il cerchio una scrittura che non fa mai sfoggio di sé. Niente di più facile, vero? Si tratta semplicemente di mettersi al servizio di una storia divertente. Una cosa che, a quanto pare, solo a Camilleri riesce con apparente naturalezza, di questi giorni.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 28.9.2010
Indagine sul giallo
Se delitti e commissari diventano una gabbia

Non è facile capire in che stato di salute versi il "giallo" siciliano. Se stia bene o se covi una crisi, se abbia ancora slancio e vigore o se stia esaurendo le proprie risorse e riserve. Ogni ipotesi s'infrange fatalmente nella munifica anomalia del fenomeno Camilleri, nell'infallibile alacrità del suo macroscopico successo. Ma deve fare i conti pure con una produzione invasiva, tra repêchage e nuove proposte, che in buona parte si pone sulla scia del camillerismo con gli esiti più diversi. Dati alla mano, l'andamento sembrerebbe più che soddisfacente. Per esempio, "Il libro di legno" di Gian Mauro Costa, uscito per Sellerio a febbraio, ha già superato la terza ristampa e sta per essere tradotto in francese (e forse pure in tedesco). Eppure Costa, che aveva esordito, sempre per Sellerio, con "Yesterday", un'altra detective story, ancorché molto particolare, non si riconosce tout-court nell'etichetta di scrittore di gialli e giustamente rivendica uno status più ampio e libero. Non che persista in lui come in tanti altri un vecchio snobismo, un'ormai anacronistica presa di distanza elitaria nei confronti delle pratiche basse e di massa, ma fatto è che la definizione di giallista sta stretta ormai a molti e talora sembra una specie di camicia di forza o di cappio. Piergiorgio Di Cara lo ha detto esplicitamente: sente ormai il bisogno di un orizzonte più vasto. Dopo aver provato l'insolita e coraggiosa evasione nel western, avverte ora l'esigenza di schiodarsi dal concetto stesso di genere, da qual si voglia classificazione. E punta al romanzesco puro. A fronte dello scetticismo dell' autore de "L'isola nera", Santo Piazzese si è invece speso per un'estrema e appassionata difesa del giallo come approccio privilegiato attraverso il quale si può con più efficacia rappresentare la nostra contemporaneità così violenta ed enigmatica. E però, come spiegare, se non come un disagio, magari parzialmente inconscio, il suo lungo, sebbene parziale, silenzio, questo suo legittimo disattendere le aspettative di un quarto romanzo (in cantiere) che prosegua le inchieste del professor Lorenzo La Marca e/o del commissario Spotorno? È possibile azzardare l'ipotesi che Piazzese si percepisca in qualche modo ingabbiato in un genere che pure ha brillantemente sdoganato dagli imperativi eticopolitici dell'indagine mafiologica? Che Piazzese si avverta prigioniero di un patto implicito con i lettori sembrerebbe emergere (lavorando su un paradigma indiziario) da una serie di segnali: dall'incupirsi de "Il soffio della valanga", già nel 2002, così distante dall'ironia parodica del dittico iniziale, alle variazioni minori di vari e interessanti racconti apparsi nel tempo in ordine sparso. Nonostante la sua fedele perorazione del giallo come unica tipologia che intende praticare, è lecito supporre che, se affrancato dai suoi "doveri" di giallista, Piazzese potrebbe tentare (anche) nuove vie, trovare (anche) un'altra dimensione non meno felice e importante, già più volte affiorata in prove di più contenuta misura. A volte, infatti, lo stallo origina da quella che potremmo definire la maledizione dei generi, il limite (e insieme il pregio) dei loro schemi, così fecondi eppure così restrittivi, così ricchi di potenzialità ma pure così soffocanti. Destinati probabilmente a estinguersi o comunque a subire radicali metamorfosi, i generi, a partire da Poe, hanno dato un contributo enorme alla letteratura, ma fatalmente si sono trasformati in vicoli ciechi. È questa la ragione per cui Domenico Cacopardo, l'ex magistrato di origine messinese che ha esordito nel 1999 con "Il caso Chillé", rifiuta il criterio, a suo avviso solo merceologico, della classificazione in generi, preferendo piuttosto una divisione trasversale e qualitativa tra buona e cattiva letteratura. In quest'ottica, non esistono libri gialli, ma libri che utilizzano strutture e topoi dell'indagine poliziesca come mezzi per una rappresentazione della realtà che, quando assurge a vera letteratura, esula intrinsecamente dalle definizioni settoriali. Resta il fatto però che la sua ultima fatica, "Agrò e la deliziosa vedova Carpino" (Marsilio) è a conti fatti un classico mystery, saldamente basato su un intreccio di ipotesi e induzioni che si scioglie infine in un ortodosso conclave alla Agatha Christie. Vivo, dunque, ma irrequieto, il giallo s'interroga su se stesso, con molti dubbi e una certa insofferenza per le costrizioni, i recinti o addirittura i ghetti. È un segnale significativo di crescita che ci piace pensare come una presa di coscienza collettiva, uno scuotimento liberatorio di molti scrittori che erano rimasti intrappolati e intorpiditi in cliché, stereotipi e abitudini mentali. E non perché il poliziesco, nelle sue varie accezioni, possa ancora essere condannato dalla saccenza di una certa critica a una minorità improponibile. Piuttosto, perché con troppa insistenza, tanto da parte autoriale che da parte editoriale, si era puntato negli ultimi anni su un filone monocromo, non sempre aurifero, trascurando con eccessiva negligenza altre modalità narrative ed espressive. Come per esempio il romanzo storico, che ha una ricca tradizione isolana. O la sperimentazione, che qui da noi ha trovato fertilissimo terreno di ricerca più o meno avanguardistico. O la forma spuria del romanzo-saggio o della fiction-giornalistica. Magari è in questi termini che possiamo interpretare la bella virata di Davide Camarrone con "Questo è un uomo", il suo ricimentarsi con una scrittura dell'impegno civile e dell'inchiesta posta all'incrocio tra letteratura e j'accuse. Ma riprendendo, ovviamente con altre modalità, la versatile lezione di Michele Perriera, si potrebbe anche seguire la pista delle ibridazioni dei generi, della parodia e del sovvertimento. Senza nulla togliere a quello che potremmo definire una vera e propria scuola del giallo siciliano (si pensi a validi scrittori come Gery Palazzotto o Salvo Toscano o l'ottimo Giacomo Cacciatore, per restare soltanto alla dimensione palermitana) occorrerebbe riconsiderare il modello sciasciano, il suo requiem dürrenmattiano del romanzo poliziesco e la sua opzione non consolatoria per un mistero che permane e nella sua resistenza disvela una scomoda verità di ordine superiore. Forse quello che appare in sottotraccia, sintomaticamente, come un inaridimento della gran fiumana poliziesca è in realtà una mutazione assai opportuna, una messa in discussione di meccanismi ormai logori e scontati che annuncia una possibile evoluzione verso scommesse letterarie più ardite e sovversive. Una crisi, insomma, ma di crescita e di consapevolezza, che scaturisce da una diffusa esigenza di profondità e di intensità di accenti. È presto ancora per dire cosa potrà venire fuori da questa problematizzazione. Se son rose (magari gialle) fioriranno.
Marcello Benfante
 
 

VoceArancio, 29.9.2010
Camilleri

C’è chi parla di “Industria editoriale Camilleri”. Dicono: come si fa a pubblicare sei libri in dieci mesi? «Non è che sono l’unico mostro che scrive in questo modo. Ci sono esempi di prolificità maggiore: dimenticano, per esempio, Simenon. Come si fa? E come si fa? Si scrive. Se si è molto sistematici nella scrittura, si considera la stessa non come una creazione o il dono supremo mattutino a seconda di come ti sei svegliato, ma come un mestiere, un esercizio quotidiano, allora ci si riesce. Io scrivo tutti i giorni, come un pianista si esercita a suonare sulla tastiera, come un atleta si allena tutti i giorni in palestra» (Andrea Camilleri).
 
 

YoUniverCity – Forum Europeo Diritto allo Studio 2010, 30.9.2010
ORE 17:00 | FORUM
Città e università: le risorse del futuro
a cura di Comune Padova e ANDISU

Flavio Zanonato, Sindaco di Padova
Darko Kaspar, Vice Sindaco Città di Zara
Vice Sindaco Città di Coimbra
Guido Scutari Delegato del Rettore per la condizione studentesca e il Diritto allo Studio Università di Padova
Filippo Bencardino, Rettore Università del Sannio
Stefania Gigli Delegato del Rettore alla Didattica Seconda Università degli Studi di Napoli
Nicola Martinelli, Prorettore Politecnico di Bari
Vladimir Skračič, Prorettore alla ricerca e sviluppo Università di Zara
Srećko Jelušić, Prorettore alla cooperazione interistituzionale e internazionale, biblioteca e attività editoriale
Prorettore, Università di Coimbra
Omar Monestier, Direttore Il Mattino
Chairman: Jacopo De Michelis editore
Testimonial: Andrea Camilleri scrittore e autore (in videoconferenza)
 
 

Il Tempo, 30.9.2010
Appuntamenti. In onda scrittori e musicisti del calibro di Marco Baliani e Nicola Piovani
Radio3 spegne 60 candeline e lo fa in grande stile
Sono state scelte due mostre di fotografie per aprire le celebrazioni dei 60 anni di Radio3 Rai, che cominciò le proprie trasmissioni il primo ottobre 1950.

«Le foto e la radio limitano la propria percezione a un solo senso, rispettivamente la vista e l'udito, così non vengono saturati gli altri e questo lascia spazio al lavoro dell'immaginazione che è essenziale, è un valore etico, estetico e politico», spiega Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 presentando il programma della ricorrenza. Sessanta anni fa, la prima giornata del Terzo Programma, quando le altre due reti si chiamavano ancora Rete Rossa e Rete Azzurra, fu raffinata e tematica, dedicata al mito di Orfeo con una conversazione di Emilio Cecchi e poi con tre opere di grande qualità: l'Orfeo di Monteverdi, l'Orfeo all'Inferno di Offenbach e l'Orfeo di Stravinskij. Programma che, con i suoni e le parole di oggi, verrà riproposto domani - giorno del compleanno - a conclusione di una lunga maratona con la partecipazione di importanti attori, musicisti, scrittori, poeti (da Andrea Camilleri a Marco Baliani, da Ascanio Celestini a Sonia Bergamasco e Nicola Piovani). Celebrazioni aperte ieri dall'inaugurazione delle mostre «La voce delle immagini» al Parco della Musica e, a via Asiago, di «Bianco Nero Piano Forte».
 
 

Festival, 30.9.2010
Domenica in: presentata a Roma la nuova edizione con Massimo Giletti, Sonia Grey e Lorella Cuccarini. Ancora non rivelati i dettagli per la gara musicale dei giovani per il Festival di Sanremo.

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Massimo Giletti torna alla sua Arena, con il consueto talk show, qualche minuto in più per importanti interviste e una striscia dedicata alla grande poesia letta da personaggi famosi che normalmente con la poesia hanno poco a che fare. In una clip di presentazione, appaiono alcuni di questi "lettori" speciali, ovvero Del Piero, Camilleri, Margherita Hack, Gianluigi Buffon, Giulio Andreotti ed anche un inaspettato Dino Zoff che declama "Il portiere" di Umberto Saba. Oltre ad essere al centro di uno speciale format le poesie così interpretate saranno anche raccolte su un dvd prodotto da Rai Trade. Giletti anticipa una chicca: Francesco Totti reciterà una poesia scritta da Fiorello.
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Alessandra Carnevali
 
 

Il Salvagente, 23-30.9.2010
L'intermittenza del manager
Crisi, imprenditori senza scrupoli che tramano, Ma devono fare i conti con l'imponderabile, nel nuovo romanzo di Camilleri.

Si chiama Mauro De Blasi il protagonista del nuovo romanzo di Andrea Camilleri (L’intermittenza, Mondadori, 171 pagine, 18 euro). Ma la “semi-omonimia” non ce lo rende certo più simpatico. Quarantenne in carriera, fa il direttore generale di una grande azienda, la Manuelli, il cui fondatore (sindacalista in gioventù) ha ormai solo il ruolo simbolico di presidente. Assieme a De Blasi, sul ponte di comando siede - infatti - Guido Marsili, vicedirettore e responsabile del personale, con un debole per la poesia, ma cinico quanto basta per procedere a tagli e ristrutturazioni.
C’è la crisi industriale italiana a far da sfondo nell’ultimo romanzo di Camilleri, raccontata, ovviamente, alla sua maniera, con gli operai che salgono sulle ciminiere per difendere un semplice posto di lavoro e le famiglie industriali che cercano di spartirsi l’osso e la polpa, anche mentre si dichiarano in crisi.
E poi c’è l’intermittenza, che dà titolo al romanzo, un singolare disturbo neurologico che colpisce all’improvviso il protagonista e, per un solo minuto, lo porta “fuori dal mondo”, non gli fa sentire ad esempio neppure la voce della moglie, Marisa, che gli annuncia di averlo tradito.
Ma questo escamotage serve a Camilleri solo per sottolineare che, al di là delle trame abilissime che tessono manager rotti a tutto pur di assicurarsi profitti e potere, c’è un imponderabile che sovrasta la vita di ognuno.
Le due donne sulla scena, Marisa e Licia, divertono, comunque, moltissimo Camilleri (e, di conseguenza, il lettore). La prima è bella e “sciroccata” quanto basta per animare l’intera commedia. Insegue l’amore carnale e la poesia, ma riesce a essere sempre una donna oggetto, anche quando pensa di emanciparsi.
Licia, invece, a soli 25 anni, ha già imparato tutto del mondo da cui proviene e sa piegare ai suoi giochi il proprio corpo e l’anima di capitani d’industria, che si ritengono al di sopra delle regole, in virtù del loro potere.
Il finale si compone quasi come in un giallo. Mauro De Blasi è riuscito a sventare ogni trama e ad averla vinta su tutto e su tutti. Un posto nella sua azienda, che esce più forte dalla crisi, lo riserverà anche a Licia, che lo ha vezzeggiato nella maniera giusta, solo per ricattarlo al momento opportuno.
Ma Mauro non ha ancora chiuso i conti con l’intermittenza.
Rocco Di Blasi
 
 

il manifesto, 30.9.2010
Scaffali
L'America profonda da un maestro del legal-thriller
Libri. John Grisham, ritorno a Ford

Quando un autore di letteratura di genere si cimenta nella letteratura mainstream, può accadere di tutto. Può anche avvenire che gli esiti siano sorprendenti. Che l'autore, cioè, dimostri di trovarsi a proprio agio anche al di fuori del settore che gli ha donato fama e fortuna. In Italia e in Europa abbiamo vari esempi di scrittori capaci di muoversi su entrambi i lati della barricata che divide la cosiddetta letteratura alta da quella che veniva chiamata paraletteratura. Come, ad esempio, Andrea Camilleri, il quale va avanti con la mitica saga del commissario Montalbano, producendo anche buoni romanzi come Una strage dimenticata, La concessione del telefono, La mossa del cavallo ecc. ecc. O, ancora, Georges Simenon, con il suo Maigret e un numero sterminato di racconti e romanzi, spesso di altissimo livello.
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Mauto Trotta
 
 

La Sicilia, 30.9.2010
Motta Santa'Anastasia
Domani il dialogo con il prof. Nigro

A cura dell'assessorato comunale alla Cultura, domani, venerdì 1 ottobre, alle ore 18,30, nella Biblioteca comunale, in programma il dialogo, moderato e coordinato dal giornalista Salvo Fallica, con il prof. Silvano Nigro sul tema «Sicilia in letteratura: da Sciascia a Camilleri».
Il prof. Silvano Nigro, fra i più grandi studiosi viventi del Manzoni e della storia letteraria italiana, prima di insegnare alla Normale di Pisa è stato docente nell'Ateneo di Catania e ha anche tenuto dei corsi a Yale, in America, e in alcune delle più importanti Università del mondo. Nigro è anche un raffinato conoscitore dei protagonisti della letteratura italiana contemporanea, da Verga a Pirandello, da Sciascia a Camilleri.
Il dialogo spazierà dai temi della letteratura all'attualità, all'analisi del mondo editoriale e dei premi letterari. Nell'ambito dell'incontro culturale sono previste letture da Sciascia e Camilleri affidate a Margherita Aiello e un ricordo di Elvira Sellerio.
 
 

Eclipse, 30.9.2010
Augusto De Angelis, Sei donne e un libro, Sellerio, pp. 330, € 13,00
Il commissario Montalbano? Esisteva già sessant'anni fa
In libreria le avventure del commissario De Vincenzi di Augusto De Angelis

Un antesignano del commissario Montalbano, in chiave nordica e con modi da gentiluomo d’altri tempi.
E, come il celebre personaggio creato da Andrea Camilleri, destinato al successo non solo tra i lettori ma anche tra il grande pubblico: negli anni settanta, infatti, Il commissario De Vincenzi, splendida figura di investigatore uscito dalla penna di Augusto De Angelis, fu portato in televisione da Paolo Stoppa per una serie di sceneggiati.
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Rosa Maria Geraci
 
 

 


 
Last modified Saturday, July, 16, 2011