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RASSEGNA STAMPA

OTTOBRE 2011

 
La Repubblica (ed. di Firenze), 1.10.2011
Premi

Oggi a Calenzano assegnazione del premio Apoxiomeno, giunto alla 19° edizione, che viene assegnato ai personaggi dello sport, dello spettacolo e della cultura italiana che hanno dato lustro alle forze dell’ordine. La manifestazione, si tiene al palazzetto dello sport (via di Prato, 64°, dalle ore 18). A ritirare il premio Franco Nero (per il cinema), Maurizio Casagrande (per la televisione), Carmen Lasorella (per il giornalismo), Andrea Camilleri (per la letteratura), Franco Artese (per le arti), Michele Didoni (per lo sport) e i Sonohra (per la musica e la comunicazione ai giovani) che eseguiranno alcuni loro brani.
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La Repubblica TV, 1.10.2011
Le voci di Saviano e Camilleri per i ragazzi del Sud

Roberto Saviano, Erri De Luca, Andrea Camilleri, Gilda Policastro, Antonio Pascale e Chiara Valerio, raccontano miserie e contraddizioni dei ragazzi che crescono al Sud. Le interviste, raccolte in esclusiva da Giovanni Piperno per “Save the Children” e “Fondazione CON IL SUD”, svelano la magia e le difficoltà dei luoghi in cui gli scrittori hanno mosso i primi passi.
Secondo "Save the children" crescere al Sud è una scommessa già dall'asilo nido, visto che 410 mila ragazzi vivono in povertà assoluta. Solo in Campania ci sono 354 mila minori in povertà relativa, ovvero capaci di soddisfare economicamente lo stretto necessario per la sopravvivenza. Più della metà delle famiglie della regione non può permettersi una settimana di ferie all’anno, mentre il 44 per cento non riesce a far fronte a spese impreviste. Numeri che svelano un’emergenza silenziosa come quella dell’indigenza infantile. E che fanno crollare la Campania e il Sud agli ultimi posti in Italia nella classifica della tutela dei diritti di bambini e adolescenti.
Anna Laura De Rosa
 
 

Articolo 21, 1.10.2011
Noi il debito non lo paghiamo

Il teatro Ambra Jovinelli colmo: un migliaio di persone riunite per il primo incontro nazionale del movimento "noi il debito non lo paghiamo". Un'imponente assemblea organizzativa con 25 interventi provenienti dalle più svariate associazioni, gruppi, movimenti, sindacati, comitati e intellettuali. Insomma una fucina di proposte (e propositi) per smettere di essere le vittime di questo debito che nessuno vuole pagare. Si è deliberato di iniziare concretamente i lavori a dicembre, ma prima è stata espressa la totale adesione alla manifestazione nazionale del 15 ottobre prossimo. Introdotto da un ospite d'onore, Andrea Camilleri, che in video si è pronunciato contro la legittimità del debito e contro un mercato troppo liberista, ha aperto il dibattito Giorgio Cremaschi.
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Debora Aru
 
 

Ravennanotizie.it, 1.10.2011
Consegnato il Premio GialloLuna NeroNotte al noto regista Alberto Sironi

Teatro Socjale di Piangipane "tutto esaurito" venerdì 30 settembre, per la Serata di Gala della 9^ Edizione di GialloLuna NeroNotte. E grandi applausi per Alberto Sironi, regista televisivo celebre per la serie dedicata al personaggio del commissario Montalbano, tratta dai romanzi di Andrea Camilleri.
Il regista era accompagnato dallo scrittore ravennate Alessandro Fabbri e hanno annunciato in anteprima, una novità: stanno realizzando insieme un lungometraggio per le sale cinematografiche tratto da "La rizzagliata", sempre di Camilleri. È forse il romanzo più "nero" dell'autore, ambientato in Sicilia ai tempi nostri, tutto improntato sull'importanza (positiva e negativa) che può avere oggi l'informazione.
Il direttore artistico di GialloLuna NeroNotte, Nevio Galeati, ha poi letto le motivazioni del premio 2011:
«Regista e sceneggiatore raffinato e attento, ha saputo tradurre in immagini alcuni classici della letteratura di genere, dai 'Centodelitti' di Giorgio Scerbanenco, al Commissario Montalbano di Andrea Camilleri. In oltre quarant'anni di carriera, ha firmato lavori che hanno riscosso uno straordinario e meritato successo di pubblico - e si tratta di milioni di telespettatori - grazie alla propria sensibilità e alla profonda conoscenza del mondo del teatro e del cinema. Da 'Il farabutto' appunto tratto da Scerbanenco, alla serie del Commissario Corso, fino all'avvocato Guido Gurrieri, Alberto Sironi ha mostrato come sia possibile realizzare ottimi film anche per il piccolo schermo, rilanciando e migliorando la tradizione degli sceneggiati televisivi, tipica degli anni d'oro della Rai. Una qualità che spicca in ogni sua regia: basti ricordare 'Il grande Fausto', 'Pinocchio' ed 'Eroi per caso'.
Un artista a tutto tondo, a cui tutti gli appassionati di letteratura di genere devono essere grati».
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La Repubblica (ed. di Palermo), 1.10.2011
Gli 80 anni degli Amici della Musica con Piovani e la favola di Camilleri

È significativo che l'immagine promozionale della nuova stagione degli Amici della musica sia una foto del finale di "Magaria", la fiaba musicale di Marco Betta e Andrea Camilleri, successo dello scorso anno nel cartellone "Bimbi a teatro" e ora inserita nella stagione ordinaria il 23 e 24 gennaio 2012. Questo è infatti l'aspetto più nuovo e dinamico dell'associazione siciliana.
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Alessandra Sciortino
 
 

Corriere di Maremma, 2.10.2011
“Nonni&Nipoti”, Staino e Camilleri premiati.
Il disegno e il racconto come pillole di vita per le nuove generazioni.

Abbadia San Salvatore. Grande fermento a Abbadia in occasione del concorso nazionale "Un albero per i nipoti-festa dei nonni" e del premio letterario "Nonni &Nipoti", promossi dalla associazione culturale Osa, con la collaborazione della Provincia di Siena, del comune di Abbadia San Salvatore, della Fondazione Alberto Colonnetti e della rivista Okay! Nell'ambito del premio letterario, prestigiose presenze, come quelle di ieri di Sergio Staino e Andrea Camilleri e quelle odierne di Marcello Veneziani e Anna Maria e Danilo Zanzucchi. Per tutti loro un premio, per il loro trasmettere "pillole di vita" alle nuove generazioni. Ieri mattina Sergio Staino ha incontrato gli studenti dell'Itis "A. Avogadro", presso l'aula magna dell'istituto scolastico. Nel pomeriggio, invece, ha ricevuto, insieme allo scrittore Camilleri, un prestigioso riconoscimento. Altrettanto sarà tributato questa mattina a Marcello Veneziani. Ecco le motivazioni dei premi di ieri. Premio a Andrea Camilleri (Gran Circo Taddei e altre storie di Vigata, Sellerio 2011). "L'autore ci ha abituato, nel corso della sua carriera di scrittore, ad uno stile originale, incisivo, capace di rinnovarsi nei contenuti e nella soluzione narrativa. In questa opera ritroviamo perfettamente amalgamate la capacità descrittiva di luoghi e periodi, di personaggi e tradizioni, di vizi e virtù sempre capaci di sfumare dalla descrizione pittorica a quella caricaturale, dall'ironia irridente all'amarezza dell'ipocrisia e della prepotenza. Con un linguaggio accattivante ci conduce nei "fatti" narrati, nella psicologia dei personaggi, nell'analisi sociologica del contesto, con la cultura del narratore e la leggerezza affascinante del cantastorie o del nonno di casa. Andrea Camilleri conferma la sua familiarità con la scrittura e le corde emotive e immaginative che sa toccare al lettore, accarezzandolo con le parole, le espressioni originali e la sua consueta naturale e mai ricercata o sofisticata ironia". [...]
 
 

Il pane e le rose, 2.10.2011
Primo Ottobre. Una assemblea di inizio e di rottura
Anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Un “veterano” del movimento a cui chiedo di esprimere un giudizio sull’assemblea che si è appena conclusa al Teatro Ambra Jovinelli di Roma mi spiazza con una valutazione piuttosto originale: “questo è un evento che segna una rottura e un inizio”.
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In sala, prima che iniziasse l’introduzione era stata diffusa la voce profonda di Andrea Camilleri che è tra i firmatari dell’appello. Anche lui non esita ad affermare che il debito che arricchisce solo le banche non deve essere pagato.
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Redazione Contropiano
 
 

Il Centro, 2.10.2011
Gli specchi di Camilleri

Lo specchio è un topos letterario ricorrente, dall’alto valore evocativo e simbolico. Lo specchio di Lewis Carroll permetteva ad Alice l’ingresso in un mondo parallelo; quello di Narciso - superficie d’acqua riflettente - illudeva; da uno specchio la perfida regina di Biancaneve cercava risposte e conferme; in uno specchio magico Harry Potter riusciva a veder sorridere i suoi genitori morti. Specchi iniziatici, rivelatori, medianici, dunque, ma anche infidi e ingannevoli. Come quelli della sala del luna park in cui si svolge l’ultima scena del celebre film di Orson Welles “La signora di Shangai”.
Come quelli che - non a caso - danno il titolo al romanzo di Andrea Camilleri “Il gioco degli specchi” (Sellerio editore Palermo, maggio 2011, pg.255): è infatti proprio al film di Welles che penserà Salvo Montalbano, quando qualcuno nell’ombra cercherà di disorientarlo creando e moltiplicando false piste, come in un gioco illusionista. «Mi pari che con noi vonno fari lo stisso ’ntifico joco, portarici dintra a’na càmmara fatta di specchi» dirà, a un certo punto del libro, il commissario. Giusta intuizione, se lo scopo dell’ignoto autore di tanti ingegnosi depistaggi è quello di confondere e distogliere, fabbricando realtà illusorie e parallele che allontanano dalla verità. Alla quale, peraltro, il nostro Montalbano arriverà comunque, visto che è un tipo furbo, intelligente e di grande esperienza, mentre il suo antagonista - dal canto suo - manca della visionaria genialità di Orson Welles. Per me, che ho sangue siciliano nelle vene, i polizieschi di Camilleri sono come gli specchi: raddoppiano, anzi triplicano il piacere. Non c’è solo il gusto della trama poliziesca e dei godibilissimi intrecci che l’ormai celebre Montalbano va sbrogliando fin dal lontano 1994 (cfr. “La forma dell’acqua“, primo libro della fortunata serie, sempre per Sellerio Editore); e nemmeno la familiarità della lingua, che fin da piccola ero abituata ad ascoltare da una mia nonna palermitana e che mi regala l’occasione di rievocarne la musicalità e l’intonazione tutta siciliana - fra l’interrogativo e il sornione - di chi domanda pur conoscendo la risposta; c’è, in più, che i libri di Camilleri mi fanno venire una fame nostalgica.
Come la mia di un tempo - infatti - la tavola di Montalbano è tutta un trionfo di specialità: pasta con le sarde, caponatina, milinciane alla parmigiana, pasta’ncasciata, cannoli, e continuerei volentieri se ce ne fosse il tempo. Ma sugli arancini de “Il gioco degli specchi” non posso proprio sorvolare. Cito letteralmente: «Gustare l’arancini d’Adelina era ’na spirenzia assoluta, esistenziali, ’na vota che uno l’aviva assaggiati ne consirvava eterna mimoria come di un paradiso pirduto». E ancora: «Il sapori e l’odori dell’arancini erano tali che ognuno sinni stava a mangiari sopraffatto dall’estasi, l’occhi mezzi chiusi, un sorriseddro biato supra alla facci». Parola di Camilleri e Montalbano.
Gli arancini - per chi non lo sapesse - sono palle di risotto e carne triturata a mano, con uova, piselli, salame e besciamella, che vengono infarinate, impanate e fritte e che poi vanno mangiate caldissime. Per Montalbano rappresentano un viatico per la beatitudine, un biglietto di sola andata per la felicità. Sono insieme pietanza sublime e alimento dell’intelletto e dello spirito. A seguire, prevedono necessariamente passeggiate e soste. Le prime sulla spiaggia di Marinella, per digerire; le seconde su uno scoglio piatto, in compagnia di una sigaretta, nell’assorta contemplazione del mare. Com’è diverso il cibo di Montalbano da quello di tutti gli altri investigatori della storia del poliziesco. Non perché sia oggettivamente più buono o appetitoso (anche Maigret si serviva bene, con le famose ricette della moglie; Nero Wolfe era un buongustaio raffinato, con tanto di Fritz Brenner come cuoco personale; e, giusto per fare un esempio di casa nostra, il commissario Soneri di Valerio Varesi va matto per anolini in brodo, gnocchi e tortelli emiliani) ma perché viene vissuto come tale. Come un’esperienza mistica, per la precisione. Per l’investigatore siciliano mettersi a tavola è un rituale lento e complesso, pregustato in anticipo, dedicarsi al quale non è perdita di tempo ma suo proficuo impiego per fini che trascendono la mera sopravvivenza. La natura e il paesaggio - che accompagnano il rito fino alla sua conclusione (passeggiata, fumatina e digestione) - sono vissuti allo stesso modo. Non riempiono la pancia, ma gli occhi, le narici, i polmoni. Sempre con la dovuta lentezza. E tutto questo, nel bel mezzo di indagini su bombe, attentati e omicidi. Proprio in questo contrasto fra sensualità e raziocinio, immobilità e azione, piacere carnale e pericolo di morte, sta, a mio avviso, l’unicità delle indagini letterarie compiute in terra di Sicilia. Gli uomini che mettono in scena la loro partita con l’assassino di turno seguono un copione tutto loro, con tempi tutti loro, in una scenografia accesa di colori violenti, contrastanti anch’essi: l’azzurro del cielo e del mare, il giallo del sole e dei limoni, il rosso del sangue, il nero del nulla. Questi uomini si perdono in mille direzioni, brancolano, annaspano, si confondono, girano a vuoto. Ed è proprio in quei momenti - quando troppa è la confusione - che indugiare su uno scoglio piatto battuto dal sole e dall’onda, godersi a occhi chiusi il sublime arancino o sedersi in una verandina che guarda al mare di notte, diventa imperativo. Solo allora, a tu per tu con quella natura terribile e superba, con quel gusto nel palato e il profumo di salsedine nel naso, la contingenza rimpicciolisce e il tempo rallenta e giganteggia, si fa tutt’uno con il cielo e il mare, torna arcaico e solenne. Come tutto diventa chiaro, allora. Com’è semplice, a quel punto, trovare la soluzione, risolvere il caso, fare giustizia. Per quella volta, però, e per quella soltanto. La prossima, forse, non andrà così. E che sarà mai? L’investigatore siciliano non si preoccupa, perché sa che non avrebbe senso. Ha imparato che tutto scorre, passa e ripassa più o meno all’infinito, e sa che quella con la Morte è una partita sempre aperta. Non c’è modo di risolverla una volta per tutte, e in fondo neppure lo desidera. Non sarebbe nell’ordine naturale delle cose che sono state create così, dapprincipio, nell’armonia dei contrasti. E tornano alla memoria le parole del Principe di Salina, ne “Il Gattopardo“ di Tomasi di Lampedusa (Universale Economica Feltrinelli, novantasettesima edizione, febbraio 2011). Due o tre giorni prima che Garibaldi entrasse a Palermo, agli ufficiali inglesi che gli domandavano cosa veramente venissero a fare in Sicilia quei volontari italiani, il Principe rispose: “Vengono per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi.“ Naturalmente gli inglesi la presero come una battuta, risero e se ne andarono. Come avrebbero potuto comprendere, del resto? Solo il siciliano conosce il segreto, sa cosa esclude e cosa comprende la propria deità. Esclude di certo la fretta, l’inutile affanno, la stolta frenesia del vivere; e - sempre per quel che possiamo intuire - comprende il mare, il sole, il mistero svelato come se niente fosse, l’eternità dell’orizzonte e l’estasi incomparabile di un arancino.
Angela Capobianchi
 
 

Salernonotizie, 2.10.2011
Salerno: un sito web dedicato al poeta Alfonso Gatto

Da oggi [da ieri, NdCFC] la Fondazione Alfonso Gatto approda sul web con un sito (www.alfonsogatto.it) sul quale si potranno condividere idee, pubblicare articoli e poesie, acquistare eBook e libri e soprattutto tenersi informati sulle iniziative della Fondazione, il cui presidente onorario è Andrea Camilleri, che ha come scopo quello di diffondere e tutelare la vastissima produzione gattiana.
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ANSA, 3.10.2011
Nobel letteratura, Murakami per bookie
Eco e Camilleri primi italiani della lista, ultimo Saviano

Roma - A tre giorni dall'annuncio del premio Nobel per la letteratura, giovedi' 6 ottobre, gli scommettitori lanciano lo scrittore giapponese Haruki Murakami come favorito del pronostico a 5,50. Primi italiani della lista Umberto Eco e Andrea Camilleri, entrambi a 35,00. Ultimo Roberto Saviano. Nel tris di nomi indicato dai bookmaker esteri, oltre a Murakami, il poeta australiano Les Murray, a 7,00 e lo scrittore del Rajasthan, Vijaydan Detha, proposto a 7,50.
 
 

AISE, 3.10.2011
Tornano a Bruxelles gli appuntamenti del cinema italiano

Bruxelles - Riprendono nel mese di ottobre "Gli appuntamenti del cinema italiano" al Cinéma Le Stockel di Bruxelles. Il cineforum sulle più recenti pellicole italiane si aprirà domani, 4 ottobre 2011, e proseguirà tutti i martedì, sino al 25 ottobre, con due proiezioni giornaliere, alle ore 18.00 e alle 20.30, sempre al Cinéma Le Stockel.
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Martedì 11 ottobre sarà la volta de "La scomparsa di Patò" di Rocco Mortelliti (2010) con Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Roberto Herlitzka e Simona Marchini.
Tratta dal romanzo di Andrea Camilleri - che ne ha curato la Sceneggiatura insieme al regista e a Maurizio Nichetti -, la storia comincia il Venerdì Santo del 1890 a Vigata, in Sicilia. In piazza si rappresenta la Passione di Cristo: il direttore della banca di Trinacria, Antonio Patò, interpreta Giuda. La rappresentazione culmina con l'impiccagione di Giuda-Patò che, tra le invettive degli spettatori, cade in un’apposita botola. Ma dopo lo spettacolo Patò è scomparso: nel suo camerino non si trovano i suoi abiti né il costume di scena. Su un muro di Vigata compare una scritta: "Murì Patò o s'ammucciò?" (si è nascosto?). Tutti se lo chiedono, specialmente sua moglie Elisabetta Mangiafico in Patò, e il senatore Pecoraro, Grande Ufficiale Artidoro, sottosegretario al Ministero dell'Interno, nonché zio dello scomparso. Ernesto Bellavia, pubblica sicurezza di Vigàta, e il maresciallo Paolo Giummaro dei Reali carabinieri indagano: irregolarità nella banca? amnesia dopo la caduta nella botola? mafia? I due gareggiano, ma finiranno per diventare amici. Alla fine, la verità "brucia" nelle loro mani. È la Sicilia e tutta l’Italia.
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Adnkronos, 3.10.2011
Teatro: la storia di un trans in 'Famosa', in scena a Roma

Roma, 3 ott. (Adnkronos) - La storia di un ragazzino di 15 anni, nato e cresciuto nella provincia ciociara e convinto di essere una ragazza mancata a causa di un 'errore genitale', con il sogno di diventare famosa. E' la piece teatrale 'Famosa' in scena da domani al 16 ottobre al Teatro in Scatola di Roma, scritta e interpretata da Alessandra Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri e tra pochi giorni nelle sale italiane tra i protagonisti di 'La Scomparsa di Pato'', primo film per il cinema tratto da un libro di Camilleri che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme con Maurizio Nichetti.
Sia il film che la piece, presentata dall'Associazione Culturale Monade e dall'Associazione Culturale PerPetra con il patrocinio del Mit (Movimento identita' transessuali), sono diretti da Rocco Mortelliti. Il testo di 'Famosa' e' edito da 'Nero su Bianco Edizioni', ed e' arrivato tra i finalisti al concorso letterario 'Per voce sola 2010'. Racconta le giornate di Rocco Fiorella, trascorse tra gli insulti dei paesani e le botte del padre che non accetta di avere un figlio ''invertito'' e ''ritardato''. Il suo principale rifugio e' la televisione con quei programmi che ti danno la possibilita' di ''diventare qualcuno''.
Ed e' per questo che ogni giorno, contro tutto e tutti, chiuso nella solitudine della sua stanza, prova e riprova incessantemente balletti da lui stesso coreografati, interpreta canzoni pop, ricerca parrucche ''divine'' e scarpe ''zeppate'' per essere sempre al meglio, in attesa della grande occasione, che prima o poi, ne e' convinto, arrivera'.
[Alla prima sarà presente Andrea Camilleri, NdCFC]
 
 

Trentino / Alto Adige, 3.10.2011
Tre giudici e un solo tributo a chi ogni giorno fa il proprio dovere
Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo, Carlo Lucarelli, “Giudici”, Einaudi, 147 pagg., 11 euro

Tre tra i migliori autori che il panorama letterario italiano può oggi mettere in campo - Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo e Carlo Lucarelli -, tre splendidi racconti, tre giudici ed un solo tributo a chi, tutti i giorni, fa semplicemente il proprio dovere, combattendo come servitore dello Stato contro i cancri del nostro Paese.
La mafia, di cui il grande maestro siciliano immagina le prime imprese a Montelusa, nelle terre del commissario Montalbano, ma all’ indomani dell’unità d’Italia: il giudice Surra, piemontese tutto d’un pezzo con il solo vizio dei dolci che della mafia (o maffia, come veniva chiamata allora) ignora o vuole ignorare l’esistenza, cammina dritto per la sua strada e riesce a conquistarsi la simpatia del paese ed a sconfiggere così le prepotenze dei malviventi.
I servizi deviati, la strategia della tensione, le trame nere, nelle quali s’imbattono la giudice bambina ed il poliziotto senza macchia e senza paura di Carlo Lucarelli, in un noir cruento che ha come culmine uno dei misteri ancora irrisolti della nostra storia patria.
E infine la corruzione politica, nel racconto di De Cataldo incentrato sulla storia dei due compagni di classe, il bullo ed il secchione, che il destino rimette di fronte, l’ uno sindaco con le mani in pasta ovunque, l’altro magistrato. Piccole storie di grandi personaggi: ce ne fossero stati di più, forse avrebbero cambiato la Storia.
Una antologia a tre voci subito premiata dai lettori che l’hanno collocata ai primi posti dei libri più venduti. La conferma che il noir o poliziesco o giallo che dir si voglia - forse è solo letteratura popolare - racconta al meglio la cronaca di ogni giorno. Inventando storie, si racconta la storia.
 
 

La Sicilia, 3.10.2011
Il film di Mortelliti scritto da Camilleri

Ragusa. Centrale è il posto della cinematografia nel territorio ibleo. Basti pensare al tanto amato Montalbano e al flusso turistico nel territorio. A volte i luoghi storici e barocchi vengono confusi con quelli del tanto amato commissario tra i turisti di tutto il mondo.
A Kamarina abbiamo assistito ad un incontro sulla cinematografia negli Iblei sin dagli anni quaranta. Ne hanno parlato Pasquale Spadola, direttore della Film Commission di Ragusa e Giovanni Distefano, direttore del Museo Archeologico di Kamarina ad un pubblico attento e interessato. Proprio nella stessa serata siamo stati spettatori del film di Rocco Mortelliti " Le strategie della maschera", con il medesimo attore e regista. Il film , ambientato a Kamarina, è un giallo che vede attori straordinari, come Pino Micol e lo stesso sceneggiatore, Andrea camilleri, che sbalordisce con la sua interpretazione sobria e intensa, un nonno che lascia in eredità il Museo al nipote con i misteri che ci rimandano al mondo greco.
La storia si svolge tra Kamarina e Roma, in una sorta di suspence che ci dà un messaggio: l'amore vince sempre. Ancora una volta questo luogo straordinario, Kamarina, diventa un riferimento non solo per il teatro, per gli incontri culturali, ma anche per il cinema. La Sicilia è cultura, non solo per quello che rappresenta, per le tantissime civiltà che si sono avvicendate, ma anche per gli scenari che rimandano al passato come al presente: Questo è quello che ribadisce Rocco Mortelliti, presente alla serata, ricordando il perchè decise di ambientare la storia a Kamarina, straordinariamente affascinato un infuocato tramonto , da lui ammirato da una finestra del Museo. A partire dal 1948, quando Luigi Zampa con "Anni difficili" ambientato a Modica il suo film, fino ad oggi l'ambientazione continua ad essere quella di questi paesaggi straordinari ed unici.
Ma quanto affermato collide con il degrado cui assistiamo a Kamarina, dove gli interventi sono sporadici e poco attenti al degrado in cui versa il sito archeologico.
Rosanna Bocchieri
 
 

Il Sole 24 Ore, 3.10.2011
Calalù
Arancini Montalbano

Vigata è un luogo immaginario con mare turchese e sabbia rosa, la Mannara, il faro, la collina di Girgenti sullo sfondo. Un paesaggio di fantasia costruito da Andrea Camilleri per esprimere l’essenza della Sicilia con alcuni degli sfondi più suggestivi dell’isola: un po’ Porto Empedocle, un po’ Scicli, un po’ Ragusa. Ma i piatti di Montalbano, quelli sono autentici, attinti dal ricettario di Nonna Elvira, regina della casa di campagna di Camilleri bambino. Un luogo di villeggiatura dove si celebrava il rito degli arancini. Il procedimento descritto accuratamente in Gli arancini di Montalbano non ha bisogno di aggiunte. Mette all’opera Adelina,molto più di una "cammarera", una cuoca d’altri tempi: «Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto... (senza zaffirano, pi carità!), ...ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini ’na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano... Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo puntosi piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso...Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano!».
Ingredienti
1/2 kg di riso, mezza cipolla, 4 uova, 150 gr. di caciocavallo ragusano, 30 gr. di burro, 50 gr. di parmigiano grattugiato, 200 gr. di vitello e suino tritati, 100 gr. di piselli, salame, semola di mais, 1 lt. di olio di semi di arachide, sale, pepe nero
Donata Marrazzo
 
 

Il Giornale, 3.10.2011
"Un errore la fiction sul generale Della Rovere"
"Avevano proposto la fiction a Christian, ma lui ovviamente ha rifiutato" e la fiction è passata a Favino. A dirlo Manuel De Sica, intervistato. Ma i dubbi sul progetto, remake forse troppo coraggioso del capolavoro di Rossellini con Vittorio de Sica, rimangono

Roma [...]
Quindi è l’idea del rifacimento dei classici, che lei contesta?
«Ma certo! Il remake denuncia povertà d’ispirazione, mancanza di talento, di originalità, di creatività. Comodo, rubare le idee degli altri! D’altra parte non c’è da meravigliarsi: ora perfino Baricco, Eco e Camilleri annunciano che riscriveranno i classici della letteratura. Perchè invece non provano ad inventarsene uno loro, di classico?».
[...]
Paolo Scotti
 
 

MAXXI, 4.10.2011
Contemporaneamente
Protagonisti del nostro tempo raccontano la loro contemporaneità
giovedì 6 ottobre, ore 20.15
Andrea Camilleri incontra Marino Sinibaldi
Auditorium del MAXXI
ingresso €4 – gratuito per i titolari della membership card my MAXXI

Con oltre dieci milioni di copie vendute e tradotto in 35 lingue in tutto il mondo, Andrea Camilleri, instancabile esploratore della sua Sicilia e padre spirituale del commissario Montalbano, viene definito da alcuni come l’erede italiano di Simenon. Spiritoso e acuto, Camilleri sarà intervistato da Marino Sinibaldi, direttore di Radio Tre, critico letterario e storico conduttore della trasmissione Fahrenheit.
Dice Camilleri. “Cos’è la contemporaneità? E’ l’irruzione di qualcosa di nuovo, inatteso che può nascere solo dove il terreno è preparato. La contemporaneità è il risultato inatteso di situazioni esistenti”.
 
 

Il Tirreno (Grosseto), 4.10.2011
L'Amiata coccola tre "nonni" illustri

Abbadia S. Salvatore. L’Associazione Osa di Abbadia San Salvatore cala per la festa dei nonni un tris d’assi: Andrea Camilleri, Sergio Staino e Marcello Veneziani. Una terna vincente, protagonista illustre di una manifestazione che si celebra ormai da anni.
E per la quale il presidente dell’Osa, Nicola Cirocco, ha di recente ottenuto il riconoscimento ufficiale da parte della Presidenza della Repubblica.
Con questa terna d’eccezione, dunque, Abbadia San Salvatore ha chiuso la manifestazione il 1º e 2 ottobre scorsi, con l’assegnazione del premio letterario “Nonni e Nipoti”, momento clou del concorso “Un albero per i nipoti-festa dei nonni”.
Gran finale della manifestazione il momento dei premi, conferiti, per questo 2011, allo scrittore Andrea Camilleri, al vignettista Sergio Staino e al giornalista e scrittore Marcello Veneziani. La giuria, presieduta dallo psicologo e scrittore romano Giuseppe Fabiano, ha premiato Camilleri perché «affascinante narratore, cantastorie e nonno di casa», per «lo stile originale, incisivo, capace di rinnovarsi nei contenuti e nella soluzione narrativa».
Camilleri, com’è noto, è ormai cittadino dell’Amiata e in particolare di Santa Fiora, dove possiede una casa e dove soggiorna tutta l’estate e non solo.
[…]
Fiora Bonelli
 
 

Libri e Parole, 4.10.2011
Giudici, tre racconti di Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo

Giudici e Magistrati sono persone, certo sbagliano anche loro, per fortuna, l’essere umano commette errori, eppure tendiamo ad attaccarli troppo spesso, come se il loro lavoro ci desse fastidio. Sono persone che lavorano per lo Stato, lo stesso Stato che dimentica, che ignora e che li offende come se morire per uno Stato fosse cosa normale, ovvia, quotidianità. Einaudi propone Giudici, tre racconti scritti da Andrea Camilleri, Luca Lucarelli e Giancarlo De Cataldo, tre giudici, tre punti di vista davvero differenti, a tratti drammatici e a tratti ironici.
Andrea Camilleri ama la sua Sicilia, la Sicilia della mafia, o maffia perché strada facendo ha perso una f, la Sicilia degli atteggiamenti, delle minacce e dei favori, dei colori e dei sapori, e in quella terra invia un Giudice torinese, ignaro di usi e costumi dell’isola incantevole, attratto dai cannoli e incapace di cogliere atti ostili nei suoi confronti. Un giudice eroe, non per coraggio, ma per incapacità di cogliere il pericolo, rigido sostenitore della legge e uomo goloso, capace di stupirsi perché tutti sembrano sapere tutto in anticipo, e capace di far funzionare un tribunale nonostante i diversi tentativi di intimidirlo.
La Bambina di Carlo Lucarelli è un giudice giovane, troppo giovane, ma un poliziotto coraggioso le salva la vita e lei, che sembra una ragazzina, si addentra nei misteri dei Servizi dello Stato, nei conti celati, nella finanza proibita “Io sono un giudice, un magistrato, e ci sono due cose che sono obbligata a fare. Una è fidarmi. Lei è un clandestino, io no. Io sono parte del sistema che difendo e che devo mantenere sano. (…) – La seconda cosa? – Andare avanti. Non posso fare finta di niente e lasciar perdere.”
Giancarlo De Cataldo racconta di un procuratore che si paga la benzina di tasca propria e fa sogni strani, organizza il suo arresto, ma al suo risveglio, o non è un vero risveglio? Tribunali e udienze lo attendono, si scontra con i cattivi; ma che accade quando i cattivi sono anche le vittime?
Anna
 
 

Corriere Romagna, 4.10.2011
Alessandro Fabbri: «Ecco il mio Camilleri per il grande schermo»

Ravenna. Alessandro Fabbri torna alla sceneggiatura dopo la bella prova d’esordio de “La doppia ora”. Lo scrittore ravennate in squadra con il regista Alberto Sironi sta lavorando alla trasposizione cinematografica del romanzo di Andrea Camilleri “La rizzagliata”. Il progetto è stato annunciato al teatro Socjale di Piangipane, dove venerdì scorso Sironi ha ritirato il premio GialloLuna NeroNotte.
«Abbiamo appena completato la prima versione della sceneggiatura – commenta Fabbri – e speriamo che al più presto il progetto possa prendere corpo. I tempi cinematografici sono sempre imprevedibili ma il nostro obiettivo è fare uscire il film nel 2013». Fabbri racconta del romanzo e della trasposizione per il grande schermo. Il libro parla di un omicidio che coinvolge i figli di due potenti politici palermitani. Il protagonista è il direttore del telegiornale Rai della Sicilia che cercherà in ogni modo di salvare la poltrona attraverso una “oculata” gestione delle notizie.«È un soggetto molto interessante – commenta Fabbri – e Camilleri si cimenta con uno stile più corrosivo del solito, tracciando un quadro impietoso dell’alta società siciliana e delle dinamiche dell’informazione in Italia. Assieme a Sironi ho cercato di dare una personale interpretazione del romanzo, modificando leggermente i tratti dei personaggi che la penna di Camilleri aveva tracciato a tinte molto forti. Abbiamo smussato qualche aspetto e introdotto un po’ di luce là dove c’erano solo aspetti negativi». Il lavoro di sceneggiatura è destinato a proseguire: «A breve incontreremo Camilleri per un confronto sul lavoro che abbiamo fatto. Gli sottoporremo la nostra personale interpretazione de “La rizzagliata”. Sironi mi ha già rassicurato sul fatto che Camilleri lascia massima libertà, spero quindi che possa dare il suo benestare al lavoro che fin qui abbiamo fatto».Fabbri racconta di essere entrato in contatto con Sironi grazie a Francesco Scardamaglia, storico produttore e sceneggiatore scomparso recentemente: «Scardamaglia è stato un po’ il mio maestro; è stato il mio insegnante al corso di sceneggiatura, che ho frequentato appena arrivato a Roma, e da lì è nato uno stretto rapporto professionale».Lo scrittore ravennate ha esordito al cinema con la sceneggiatura de “La doppia ora” per la regia di Giuseppe Capotondi con Ksenia Rappoport e Filippo Timi. Il film, accolto positivamente anche in Italia, è reduce dal successo negli Stati Uniti dove nel 2011 ha incassato oltre un milione e mezzo di dollari: «Siamo sorpresi – commenta Fabbri –. Sul mercato americano era stato lanciato con solo 12 copie, poi il pubblico ha mostrato grande apprezzamento e le copie sono diventate un’ottantina. Alla fine possiamo dire che è stato uno dei film europei maggiormente visti negli Usa nell’ultima stagione. Il New York Times gli ha anche riservato un’ottima recensione».
Roberto Artioli
 
 

Corriere di Arezzo, 5.10.2011
Countdown per il Giardino delle Idee.
Il 2012 porta anche Margaret Mazzantini e un intervento video di Camilleri. Apre il 15 ottobre Susanna Tamaro. Poi Valerio Massimo Manfredi.
Ospiti e sorprese Tanta cultura in serbo per il nuovo Giardino delle idee

Arezzo. Torna il Giardino delle Idee con una nuova edizione ricca di sorprese. La manifestazione, dopo il grande successo estivo, è pronta per ripartire. […] Il 2012 riserva ancora grandi nomi: Andrea Camilleri (in video), […]. [Camilleri non parteciperà, NdCFC - 9.3.2012]
 
 

Eco di Sicilia, 5.10.2011
Spadafora (Me): “Ritratti di Sicilia” in fotografie

Saranno le fotografie e la Sicilia le protagoniste della mostra organizzata al Castello messinese di Spadafora che sarà inaugurata sabato 8 ottobre e resterà aperta al pubblico fino all’otto novembre del 2011. L’esposizione “Ritratti di Sicilia” è stata organizzata dall’associazione culturale Iconos. Domani la manifestazione sarà presentata con una conferenza stampa allestita al circolo Pickwick e prevista per le 10:30.
La mostra “Ritratti di Sicilia” è stata organizzata in collaborazione con l’amministrazione comunale di Spadafora e con il sostegno della presidenza della regione siciliana, dell’assessorato al turismo, sport e spettacolo e dell’assessorato ai beni culturali e dell’identità siciliana attraverso la sovrintendenza ai beni culturali di Messina.
In esposizione una ricca carrellata di eccellenze e personaggi della Sicilia. Da Giuseppe La Loggia a Piersanti Mattarella; da Leonardo Sciascia a Gesualdo Bufalino, passando per Andrea Camilleri; da Turi Ferro a Giuseppe Tornatore e Maria Grazia Cucinotta.
[…]
 
 

Corriere della Sera, 6.10.2011
ContemporaneaMente al Maxxi
Andrea Camilleri: «Oggi è l'inatteso»

Cosè la contemporaneità? Dice Andrea Camilleri: «È l'irruzione di qualcosa di nuovo, inatteso che può nascere solo dove il terreno è preparato. La contemporaneità è il risultato inatteso di situazioni esistenti». È lo scrittore siciliano (padre spirituale del commissario Montalbano con dieci milioni di copie venute e traduzioni in 35 lingue) il protagonista dell' ottavo appuntamento con «ContemporaneaMente», la manifestazione che ha portato sul palco dell'Auditorium del Maxxi scrittori e intellettuali per discutere di «contemporaneità». E, di questi tempi, il confronto appare tutt'altro che scontato. Alle 20.25, Camilleri sarà intervistato da Marino Sinibaldi, direttore di Radio Tre, critico letterario e storico conduttore della trasmissione Fahrenheit. Il dibattito, com'è nello stile dello scrittore siciliano, si annuncia affascinante, acuto e divertente. Andrea Camilleri cita Samuel Beckett: con Beckett l'assurdo può diventare teatro e l'assenza di trama, o la scarsità di azioni, un simbolo tragicomico dell'esistenza. Come dire, da quella contemporaneità ad oggi, il concetto rimane il medesimo. È contemporaneo, il nuovo che irrompe nel suo contesto storico. «ContemporaneaMente» è un progetto del Maxxi realizzato in partnership con Euro Forum Comunicazione e il sostegno di Gruppo Ars Medica-Progetto Salute e Poste Italiane. […]
Simona De Santis
 
 

Corriere della Sera, 6.10.2011
La serie sul commissario di Camilleri
E ora Montalbano sbarca sulla Bbc
Trasmesso in chiaro, in prime time e con i sottotitoli

Milano - L'intera serie tv (e prodotto di punta della Rai) su Salvo Montalbano, il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri, sbarca sulla Bbc. Viale Mazzini prosegue infatti nella sua strategia finalizzata al rafforzamento della struttura commerciale e distributiva e alla ricerca di nuovi canali di sfruttamento delle library. Gli ultimi importanti accordi, annunciati al Mipcom i Cannes, riguardano la rafforzata intesa con l'emittente inglese e l'acquisizione del catalogo Titanus.
«La Rai torna da Cannes con concreti e importanti successi - ha dichiarato il vice direttore generale Gianfranco Comanducci - significativo, tra gli altri, anche per le prospettive che apre, l'accordo con la Bbc che ha acquistato l'intera serie de Il Commissario Montalbano che sarà trasmessa in chiaro su Bbc4, in prime time e sottotitolata». La serie, ha sottolineato Comanducci, «si conferma importante "atout" per la Rai e anche il giovane Montalbano che sarà interpretato da Michele Riondino sta suscitando curiosità e interesse su tutti i mercati».
[…]
 
 

TMNews, 6.10.2011
Rai/ E Montalbano sbanca sulla Bbc: comprata l'intera serie
Soddisfazione dell'azienda per l'accordo concluso

Roma - Le prime puntate erano andate in onda già nel 2008 e il commissario Montalbano era piaciuto assai al pubblico inglese, il canale satellitare Bbc4 aveva raddoppiato l'indice di gradimento. Ora la Bbc ha comprato l'intera serie dei film ricavati dai romanzi e racconti di Andrea Camilleri. Verrà trasmessa "in chiaro su BBC4, in prime time e sottotitolata" ha spiegato con soddisfazione il Vice Direttore Generale della Rai Gianfranco Comanducci tornato dal Mipcom di Cannes.
Il fascino di Luca Zingaretti dunque tornerà a rapire il pubblico britannico, e in siciliano originale. Sul sito della Bbc ci sono del resto varie pagine che riportano agli episodi già trasmessi e cercano di rispondere agli utenti che vogliono sapere se e quando saranno rimessi in onda. C'è anche "Montalbano's croquettes", alias "Gli arancini di Montalbano": è stato trasmesso in replica ieri, e sarà disponibile per scaricarlo in formato i-Player per gli appassionati d'oltre Manica fino a giovedì prossimo.
 
 

Il Sole 24 Ore, 6.10.2011
Benvenuti al Sud
Il commissario Montalbano visto dagli inglesi (sulla Bbc)

Il commissario Montalbano in prima serata sulla Bbc. Ci sono due cose che gli inglesi potranno apprezzare vedendo i telefilm interpretati da Luca Zingaretti: la struggente bellezza dell'isola (Ragusa in particolare) e finalmente una rottura degli stereotipi sui siciliani.
Quando la Rai lavora bene, come in questo caso, è giusto sottolinearlo. Anche se di questi tempi sono sempre più rare le occasioni. Credo però che il commissario Montalbano sia una fiction che tiri su di morale. E non soltanto i siciliani.
Vitaliano D'Angerio
 
 

Corriere della Sera, 6.10.2011
Teatro in Scatola
La Mortelliti è «Famosa»

«Famosa», di e con Alessandra Mortelliti, fino a domenica 16 alle 21 al Teatro in Scatola (Lungotevere degli Artigiani 12/14, tel. 347.6808868). La Mortelliti, nipote dello scrittore Andrea Camilleri, mette in scena la storia di un ragazzino di 15 anni, nato e cresciuto nella provincia ciociara e convinto di essere una ragazza mancata a causa di un «errore genitale», con il sogno di diventare famosa. L'autrice sarà fra poco nelle sale con «La scomparsa di Patò», primo film per il cinema tratto da un libro di Camilleri, che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme con Maurizio Nichetti. Sia il film che la pièce sono diretti dal papà di Alessandra, e genero di Camilleri, Rocco Mortelliti.
 
 

L’Italie à Paris, 6.10.2011
Intermittence, le nouveau roman d’Andrea Camilleri
Auteur: Andrea Camilleri
Traducteur: Serge Quadruppani
Éditeur: Métailié
Prix: 17 €
Parution: octobre 2011

Dans une métropole du nord de l’Italie, la Manuelli, l’une des plus grandes entreprises du pays, s’apprête à fermer certains de ses établissements. Pour gérer la crise, des négociations pour l’absorption d’une société en faillite sont en cours: intégrer ses pertes dans le bilan de la Manuelli vaudra 40 % de réductions d’impôts, «et à la fin, c’est le bon peuple qui casque»!
Sur fond de l’actuelle crise économique, Intermittence, le dernier roman de Camilleri, nous emmène dans le monde impitoyable des jeux de pouvoir et d’argent. Dans ce monde froid et cynique, où règne la loi du plus fort, les sentiments laissent la place à des intermittences. Des intermittences du cœur, comme les caprices amoureux de Marisa, qui cherche dans les attentions des hommes une voie de fuite à son mariage avec Mauro De Blasi, le directeur de la Manuelli, pour qui elle est juste un objet sexuel.
Pour un homme d’affaires comme Mauro, les intermittences sont de tout autre nature que celles de sa femme. On dirait des intermittences de la conscience, car il souffre de petites ischémies qui minent la seule chose qui compte vraiment dans sa vie: sa capacité de contrôle sur lui-même, mais surtout le pouvoir de contrôle qu’il a sur les autres et sur la Manuelli.
A l’instar de l’entreprise, aucun personnage n’est stable, et personne n’est jamais complètement à l’abri des ambitions et des inconstances des autres. Avec ce thriller économique, Camilleri aborde un genre nouveau, très loin des atmosphères siciliennes du commissaire Montalbano qui l’ont rendu célèbre. Ici, l’imperturbabilité froide et le cynisme du monde des affaires pénètrent jusqu’au fond de l’écriture.
Luisa Palazzo
 
 

Nuovo Paese Sera, 7.10.2011
L'appuntamento
Camilleri al Maxxi: "Montalbano è vostro? Allora scrivetevelo da soli"
Ha parlato di scienza, arte e scrittura lo scrittore siciliano intervenuto ieri sera alla rassegna "Contemporaneamente". "Il premio Nobel per la letteratura? - ha scherzato - preferirei quello per la fisica"

Camilleri non delude mai. Anche se, negli anni, le pause tra un aneddoto e l’altro aumentano e alcune delle storie che racconta si ripetono, resta salda la capacità di incantare il pubblico e di creare un silenzio rispettoso in sala. Come quello che c’è stato ieri sera al Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) per la rassegna "ContemporaneaMente", durante la quale lo scrittore è stato intervistato da Marino Sinibaldi, direttore di Radio Tre. Si è parlato di “Contemporaneità”, cos’è e come si riconosce, quali sono gli autori che si possono definire “contemporanei”. In cima alla lista di Andrea Camilleri c’è Samuel Beckett, seguito a ruota da Shakespeare. “I classici veri che durano nei secoli – dice lo scrittore - hanno una possibilità di cambiamento di senso a seconda del tempo in cui vivono”. Vince di gran lunga Joyce su Proust: “Preferisco la giornata di Bloom al ‘tempo ritrovato’”. E racconta un aneddoto: “Massimo Bontempelli, arrestato dalle SS, chiese che gli venissero portate le opere di Proust, perché spiegò che solo con mesi e mesi di carcere sarebbe riuscito a leggerle”. Sdoganata l’insofferenza nei confronti dell’autore francese, Camilleri indica poi tre autori come suoi punti di riferimento. Uno è Andrè Malraux: “la notte in cui lessi “La condizione umana” poi ebbi la febbre e sentii come se le cellule del mio cervello si spostassero. Mi fornì la spinta a cercare di aprire nel mio paese la prima sezione del Partito comunista”. C’è poi Guglielmo Petroni: “mi diede una grande lezione sulla dignità dell’uomo”. E infine William Faulkner, “ha avuto molta influenza sul mio lavoro, come è stato rilevato dagli studiosi più attenti”.
Scienza. Uno sguardo all’attualità arriva parlando di scienza. Di neutrini, per l’esattezza. Dopo l’inevitabile richiamo alla gaffe del ministro Gelmini, Camilleri racconta di una visita ai laboratori del Gran Sasso durante la quale il direttore della struttura gli rivelò che per analizzare quelle particelle serviva del piombo puro, ormai introvabile, ma che era stato rinvenuto a largo di Mazara del Vallo in una nave romana affondata. “I classici – dice lo scrittore – sono quel piombo di più di 2000 anni fa che permette di studiare oggi per il futuro”. E poi confessa: “Vorrei vincere il Nobel, non per la letteratura, ma per la fisica”.
Pittura. Dalla scienza all’arte. Si parla della Scuola romana, perché per Camilleri un contemporaneo è anche colui che riconosce gli altri contemporanei, “Finché ci riesco, allora sono vivo”, dice ridendo. E via all’aneddoto sul pittore Mario Mafai: “Ci eravamo conosciuti nell’allora bar Luxor che oggi è il Canova. Nacque un’amicizia serale, facevamo delle lunghe passeggiate e lui guardava i colori del tramonto e diceva ‘te pare facile rifà ‘ste tinte?’”.
Scrittura. Si passa poi all’attività di scrittore. “Ti senti libero nello scrivere?” chiede Sinibaldi. E Camilleri risponde con una metafora: “Per me è come essere su un’autostrada, su due corsie parallele ci sono da un lato i romanzi storici e dall’altro Montalbano e poi gli svincoli, le mie oasi di pace, che sono lavori come “Il tailleur grigio” e “Un sabato con gli amici”. “Comunque mi sento liberissimo – sottolinea – e a chi mi chiede se quando lavoro tengo presente il pubblico, rispondo di no”. Qualcuno però, racconta, gli ha fatto notare che Montalbano non gli appartiene più e lui ha risposto: “Allora scrivetevelo da soli”. Sui romanzi storici dice: “Sono mie proiezioni della contemporaneità, altrimenti non avrebbe senso scriverli”. E non può mancare un accenno “all’imbecillità ciclica del popolo italiano, un’inclinazione alla servitù volontaria.” “Ogni tanto ci ricasca”, aggiunge. Camilleri si sofferma poi sul linguaggio: “Ho dovuto trovare una mediazione tra come volevo scrivere e il fatto di renderlo comprensibile per i lettori”. Al bando l’ipocrisia: “Chi scrive vuole essere pubblicato, altrimenti tanto vale tenere un diario da nascondere nel cassetto”.
Il tempo è scaduto e la serata volge al termine. Camilleri ha da aggiungere qualcosa: “Si può essere contemporanei in più epoche, dice, è come con l’amore che è ogni volta intenso. Si possono amare più persone e sono forme di contemporaneità diversa che si alternano”. Sinibaldi si sorprende: “Questa è nuova, non l’avevo mai sentita”. Vale sempre la pena di ascoltarlo, Camilleri.
Lara Facondi
 
 

Il Tempo, 7.10.2011
Il Commissario
Montalbano conquista anche la Bbc
Montalbano parte alla caccia dell'Inghilterra.

Dopo aver spopolato da noi, il commissario più amato d'Italia si prepara a conquistare anche la terra d'Albione. Il personaggio nato dalla penna di Camilleri e portato al successo grazie all'interpretazione di Luca Zingaretti è pronto a fare il salto di qualità e presto approderà sugli schermi della Bbc. È quanto annunciano i vertici della Rai. «Torniamo da Cannes con concreti e importanti successi - ha dichiarato il vice direttore generale, Gianfranco Comanducci - Significativo, tra gli altri, anche per le prospettive che apre, l'accordo con la Bbc che ha acquistato l'intera serie del Commissario Montalbano che verrà trasmessa in chiaro su Bbc4, in prime time e sottotitolata. La serie del Commissario Montalbano si conferma importante per la Rai e anche il giovane Montalbano che sarà interpretato da Michele Riondino sta suscitando curiosità e interesse su tutti i mercati». La serie del Commissario Montalbano non è nuova a questo genere di exploit. In Germania i suoi personaggi parlano con accento teutonico, riscuotendo un enorme successo come capita ad Agatino Catarella. Lo sbarco di Montalbano sulla Bbc ha anche un notevole riscontro commerciale. «L'accordo con la Bbc - spiega Luigi De Siervo, direttore commerciale - è il fiore all'occhiello di giorni di intenso lavoro che ci hanno permesso di totalizzare vendite per oltre 1 milione di euro, confermando che la politica Rai di unire qualità al giusto prezzo è vincente anche in questa stagione di crisi finanziaria». Non c'è dubbio che la promozione del «made in Italy» passi anche attraverso la televisione e le sue capacità di attrazione.
Carlo Antini
 
 

DaringToDo, 7.10.2011
Forza Montalbano! Il commissario di Camilleri alla BBC

Riuscirà Salvo Montalbano a lenire l’orgoglio nazionale ferito da troppa brutta politica? Ce la farà a imporre nell’immaginario degli inglesi il volto dell’Italia affidabile, solida, moralmente limpida impersonificata da Luca Zingaretti? Bella sfida per il commissario di Camilleri, ma non impossibile. Il fatto è che la serie completa andrà in onda sulla BBC, in prima serata, grazie ad un accordo stipulato dalla Rai al Mipcom di Cannes, l’annuncio del vice direttore generale di viale Mazzini va oltre, infatti “anche il giovane Montalbano (la sua realizzazione l’aveva anticipata in un’intervista a Daring lo stesso Camilleri) che sarà interpretato da Michele Riondino sta suscitando curiosità e interesse su tutti i mercati“, ha precisato Gianfranco Comanducci, al ritorno dalla “missione” in Costa Azzurra.
La serie ha fortissimi elementi di attrattiva per il pubblico internazionale, è giocata sulla bellezza ineguagliabile di un paesaggio siciliano sempre presente (riprese aeree, scorci, monumenti, lastricati ecc) al quale s’incrociano personaggi mai banali, una trama mai scontata ed uno sviluppo assolutamente diverso dai canoni del solito poliziesco americano: nessun inseguimento, nessuna sparatoria in centro città… E il protagonista, Montalbano-Zingaretti rilancia un’immagine “accogliente” con la sua ruvida dolcezza, l’umanità e una gaudenza che eccede solo davanti a un piatto di pasta con le sarde (anche il cibo è un forte attrattore). Ciò che al pubblico anglosassone non sarà dato scoprire, purtroppo, è la bellezza del linguaggio di Camilleri, la carica espressiva di quella lingua siciliana che si fonde con la lingua di Dante, la simpatia degli stafalcioni dell’agente Catarella. Quelli, i sudditi di Sua maestà non potranno proprio capirli, purtroppo.
 
 

Gazzetta dello Sport, 7.10.2011
L’iniziativa
Con Gazzetta a 9,99 euro
Da oggi in edicola
Si comincia con L’età del dubbio

Tutti i film di Montalbano con la Gazzetta. La collana di dvd sul commissario arriva oggi: il primo film, «L'età del dubbio», è inedito in edicola. Ogni dvd costa 9,99 euro più il quotidiano. Ecco i titoli dei film e le uscite: 1 L'età del dubbio: oggi; 2 La caccia al tesoro: 14 ottobre; 3 La danza del gabbiano: 21 ottobre; 4 Il campo del vasaio: 28 ottobre; 5 Il gioco delle 3 carte: 4 novembre; 6 La pazienza del ragno: 11 novembre; 7 Par condicio: 18 novembre; 8 Il giro di boa: 25 novembre; 9 Gatto e cardellino: 2 dicembre; 10 L'odore della notte: 9 dicembre; 11 Gli arancini di Montalbano: 16 dicembre; 12 Il senso del tatto: 23 dicembre; 13 Tocco d'artista: 30 dicembre; 14 La gita a Tindari; 6 gennaio; 15 Il cane di terracotta: 13 gennaio; 16 La forma dell'acqua: 20 gennaio; 17 La voce del violino: 27 gennaio; 18 Il ladro di merendine: 3 febbraio; 19 La pista di sabbia: 10 febbraio; 20 Le ali della sfinge: 17 febbraio; 21 La luna di carta: 24 febbraio; 22 La vampa d' agosto: 2 marzo


Arriva Montalbano
Il commissario che spopola in tv
Un poliziotto speciale, burbero ma simpatico: con lui la Sicilia è diventata un luogo di culto

Un bar di Roma o un ufficio di Milano, una spiaggia sarda o salentina. Dappertutto e da qualche tempo c'è la stessa possibilità di sentire queste gentili parole in sequenza: «Non ci scassare i cabbasisi». Invito forse poco elegante, ma di rara efficacia, a non rompere le scatole: i fan di Salvo Montalbano l'hanno preso simpaticamente in prestito dall'amato commissario. Perché quella parlata sicula comparsa 12 anni fa in tv, un impasto di accento colorito e dialetto, è ormai familiare. Nel 1999 la Rai decise di creare una serie dai gialli di Andrea Camilleri e ora sappiamo che mai decisione fu più azzeccata. Una miniera d'oro: 22 episodi, pieno di ascolti e pioggia di repliche. Gli ultimi 4 andati in onda in primavera con partecipazioni eccellenti, i primi ad essere in edicola con la Gazzetta (a 9,99 euro per 22 uscite), hanno stabilmente superato i 9 milioni di spettatori. Insomma, s'è sparsa la voce: al commissariato di Vigata dove lavora Montalbano non ci si annoia quasi mai.
Come Simenon Il personaggio creato dall'86enne scrittore siciliano era già amato da una moltitudine di raffinati lettori, ma è un eroe popolare da quando in tv ha il volto di Luca Zingaretti, 49 anni. Ruvido come carta vetrata, generoso ma insofferente alle regole. Sembra utopia ma davanti al telecomando questo poliziotto mette d' accordo meridionali e settentrionali, chi mastica i romanzi e chi ne è a digiuno. Rispetto ai libri, il commissario televisivo è diverso, più giovane e più scattante, senza capelli e senza baffi. La sua lingua è depurata da qualche barocchismo dialettale, ma ha gli stessi strepitosi silenzi. E quella logica maniacale: di fronte a un delitto coglie prima di tutto le sfumature. In tv fa un figurone anche grazie alla maschera di Zingaretti e così si sprecano i paragoni: Camilleri sulla scia di Simenon? Montalbano come Maigret?
Barocco accecante Andrea Camilleri, una vita da autore in Rai, ha dato una mano agli adattamenti in tv del regista Alberto Sironi. Così dai libri allo schermo, attorno al commissario c'è sempre un campionario di umanità: il suo vice Mimì Augello (nella serie, Cesare Bocci) è un «fimminaro» che perde spesso la testa; Giuseppe Fazio (Peppino Mazzotta) l'agente che snocciola i dati anagrafici degli indagati; Agatino Catarella (Angelo Russo), il buffo centralinista che storpia ogni nome. E poi ancora la «cammarera» Adelina; l'eterna fidanzata Livia; Carmine Pasquano, insofferente medico legale. E sullo sfondo il barocco accecante di un angolo di Sicilia: Vigata, il centro di gravità della storia in cui si contano più delitti che a Gotham City, sarebbe Porto Empedocle, città in provincia di Agrigento dove è nato lo scrittore. Ma il set ha preso vita altrove, nel Ragusano. Poco distante la casa di Montalbano a Marinella, quella in riva al mare da cui Salvo si allontana per lunghe nuotate, che nella realtà è a Punta Secca, frazione di Santa Croce Camerina. Luoghi fuori dal tempo, diventati mete di pellegrinaggio. E in un mondo così rarefatto, Cosa Nostra è una presenza secondaria che si intravede di striscio. Nei libri e in tv la scena se la prende un poliziotto con un spiccato senso dell' onore. È simpatico, ma un po' burbero: non scassategli mai «i cabbasisi», per carità.
Filippo Conticello


La curiosità. Il personaggio portato al successo da Zingaretti ha una storica fidanzata, Livia. E molte tentazioni
Le donne di Salvo
Da Belen ad Afef

Roma. Intanto, i nomi. Afef, Alessia Mertz, Francesca Chillemi, Isabella Ragonese, Serena Rossi, Mandala Tayde, Pia Lanciotti, Belen. Tutte donne bellissime. Tutte solo per lui. Perché il commissario Montalbano, il poliziotto siciliano nato dalla penna di Andrea Camilleri, di volti femminili se ne intende. E così, scorrendo l'intera collana di dvd, che la Gazzetta propone in allegato da oggi, comprensiva dei quattro episodi inediti del 2011, di donne se ne trovano tante. Certo, ci sono le due storiche, a cui Montalbano è legato fin dai primi episodi, Livia (Katharina Bohm), la fidanzata che abita a Genova, e Ingrid (Isabell Sollman), l'incantevole svedese che lo aiuta a risolvere i gialli di Vigata. Ma riguardando i film (tutti diretti da Alberto Sironi, per la Rai), quel che colpisce, oltre al numero, è la diversità di questi personaggi femminili, tutti di grande impatto.
Belle e misteriose Mandala Tayde è la più particolare del gruppo: perché lei è la bella amazzone della Pista di Sabbia, con cui Montalbano tradirà, per la prima volta, Livia, durante un caso complesso da risolvere, legato alle corse clandestine. Mentre nell'episodio La luna di carta è turbato da altre due donne misteriose: la bionda slovacca naturalizzata italiana Antonia Liskova e la dark lady Pia Lanciotti, che nasconde il segreto di un incesto. Poi, c'è stata Afef, che interpreta un personaggio molto sfortunato nell'episodio Il ladro di merendine. Ma anche Alessia Mertz, che ne La voce del violino interpretava Michela Licalzie, trovata morta nel suo villino poco fuori da Vigata. La Miss Italia messinese Francesca Chillemi, invece, è apparsa ne La luna di carta, in cui il triangolo amoroso era alla base di una trama intricata. Poi, Isabella Ragonese, la simpatica Laura Belladonna, ufficiale della capitaneria di porto di Vigata, nell'episodio L'età del dubbio. Infine, Belen. Ne Il campo del vasaio c'è lei, che interpreta l'ambigua colombiana Dolores, in un caso anomalo da risolvere: il corpo di un uomo viene trovato sezionato, con il viso privo di elementi di riconoscimento.
Gabriella Greison
 
 

l’Unità, 7.10.2011
Stefania Sandrelli vince il Cordio
Il premio sul pittore della natura

Nino Cordio è stato un pittore, incisore, disegnatore. Siciliano, morto a Roma il 24 aprile del 2000 a quasi 63 anni. Nel museo dedicato all'artista a Santa Ninfa in provincia di Trapani, sabato 8 ottobre alle 18, Stefania Sandrelli riceve il premio “Museo Nordio”. Perché «Donna forte e coraggiosa, ha spesso interpretato, sul grande schermo, personaggi femminili in lotta contro rigidi, e anacronistici, schemi sociali e morali», è la motivazione all'attrice che, con un'eccellente carriera sin da giovane, continua a distinguersi per eccellenti e toccanti prove d'attrice, non ultima quella davvero encomiabile nel film di Virzì “La prima cosa bella”. Con la cerimonia viene proiettato il film d'esordio da regista della Sandrelli, “Christine Cristina”. Il premio è alla terza edizione: nel 2009 lo ha ricevuto l'attore Luca Zingaretti, l'anno scorso lo scrittore e sociologo Nando Dalla Chiesa.
Chi sia Stefania Sandrelli è noto. Meno conosciuto, è Nino Cordio di cui il museo del Comune (www.museocordio.net) espone circa 200 opere tra opere grafiche, dipinti e affreschi donati dalla famiglia alla cittadina siciliana. Artista che ha studiato prima all’Istituto d'arte di Catania e poi all’Accademia di belle arti di Roma, ha frequentato l’Atelier di Friedländer a Parigi, ha insegnato, ha esposto in Italia, Europa e nelle Americhe, ha vissuto e lavorato tra Roma e Todi per essere infine sepolto al Cimitero acattolico di Testaccio nella capitale.
CAMILLERI: CORDIO, LA FORZA SISMICA DEL MONDO
Vanta estimatori di nome. Come testimonia un grande scrittore come Andrea Camilleri che nel libro “L’occhio di Cordio” (Infinito edizioni, 15 euro, 144 pagine) afferma: “Nino era un uomo dolce, di delicati pensieri e di grande generosità, nei contatti con gli altri non innalzava schermi protettivi, ma la sua arte, sotto l’apparenza della grazia, nascondeva la stessa forza sismica che ha fatto ?orire il mondo”. E che approfondisce la valutazione prettamente artistica del pittore: “Penso che la straordinaria felicità d’invenzione di Nino sia ancora da comprendere appieno, che la sua radice vitale sia ancora da portare alla luce. Perché penso che il misterioso e sconvolgente rapporto che lo legava alla natura, di respiro forse lucreziano, sia ancora tutto da capire”. Camilleri rievoca una visita a una mostra a Todi nel 1998 per chiarire – come dice lui – le sue sensazioni: “Davanti alla potenza di quattro grandi olii ho avuto come l’impressione che tutti noi corressimo il rischio di esplodere, ho avuto la sensazione che la cornice non riuscisse a contenere questa forza della natura, un’arte che riproduce e interpreta e inventa in qualche modo la natura stessa, ma con una forza talmente potente che i colori sembrano capaci di apparire all’improvviso e sfondare le pareti. Voglio dire, è tale la carica di ricreazione della Natura che per un momento hai una sensazione di sospensione, di vera paura come di fronte a un atto assoluto”.
Oltre a dipingere, disegnare, fare incisioni, Cordio era anche un sindacalista (fondò con Andrea Volo il sindacato scuola della Cgil nel settore artistico) e ambientalista che fece tante battaglie in Sicilia e in Umbria tanto da scrivere in una lettera al figlio Francesco che “l’opera d’arte più preziosa è la natura”.
 
 

Il Tirreno, 8.10.2011
Migranti e letteratura
Oggi il premio Marenostrum. Con Camilleri in video e la presenza di Patané, presidente di Arcigay

Viareggio. Sarà assegnato oggi il premio giornalistico- letterario dedicato alla cultura migrante "Marenostrum".
Alle 16,30 all'hotel Esplanade saranno premiati il giornalista e lo scrittore che più si sono dedicati ai problemi dei migranti nel nostro paese.
Il riconoscimento vuole ricordare il lavoro di tanti reporter e scrittori, ma anche associazioni e istituzioni, che dedicano tutto il tempo, o perlomeno la maggior parte, alle difficoltà in cui incorrono i migranti che arrivano in Italia, aiutandoli a convivere con la nostra cultura, la nostra religione e le nostre idee.
Il premio "Marenostrum", giunto già alla sesta edizione, si propone, quindi, di attribuire un riconoscimento a chi ha dedicato la propria vita all'altro, al diverso, cercando di capirlo e trasmettendo a noi le sue emozioni e le sue paure. Si premieranno, quindi, in questo ambito, il miglior giornalista ed il miglior scrittore (per questo il concorso è definito "giornalistico-letterario").
Ospite speciale della premiazione sarà Andrea Camilleri, che interverrà con un contributo video, oltre a Giovanni Maiolo per Rete Re.Co.Sol, al presidente dell'Associazione Puntocritico, Andrea Genovali, e al presidente del premio "Marenostrum", Gino Barsella.
Sarà presente anche Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati politici, a cui è stato attribuito il premio "Solidarietà" per la sua dedizione e il suo impegno verso le comunità del Sud del mondo.
Verrà consegnato, inoltre, a Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay, il premio "Tom Benetollo" in memoria di David Kato, assassinato il 21 gennaio probabilmente per il suo scomodo attivismo nella tutela dei diritti degli omosessuali.
Chiara Buratti
 
 

Mauxa, 8.10.2011
Montalbano, gli arancini dell’ispettore sbarcano in Inghilterra

Montalbano, gli arancini dell’ispettore sbarcano in Inghilterra. Il commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri giunge anche in Gran Bretagna. Dopo la Spagna, Germania, Svezia, Danimarca, Ungheria, Francia, Polonia e Stati Uniti, la nota emittente inglese trasmetterà l’intera serie. Inspector Montalbano: 2. Montalbano's Croquettes (Gli arancini di Montalbano) è disponibile anche in streaming, per l’Inghilterra.
[…]
 
 

Giornale di Brescia, 8.10.2011
Le toghe e la nostra storia
Giudici di Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli, Giancarlo De Cataldo, Einaudi, 147 pagine

Efisio Surra è uomo dai comportamenti pacati e lineari. Ama la caccia e i dolci. E viene inviato dal Piemonte nella fantasiosa Vigàta di Andrea Camilleri a riorganizzare il Tribunale, rimasto cadente e vacante dopo l'uscita dei Borboni. Con la determinazione dei semplici e quasi senza accorgersene - o forse proprio mostrando di ignorarla - sconfigge la «maffia» nascente.
Carina, piccolina, capelli corti e biondi, mostra meno dei suoi trent'anni. Alla Procura la chiamano la Bambina. Siamo nella Bologna torbida di Carlo Lucarelli. Alla Bambina viene affidata la pratica di una bancarotta d'ordinaria amministrazione. E lei s'infila in un labirinto di conti strani e società fantasma. Per questo cercano di ucciderla. I killer hanno in tasca la tessera dei carabinieri. Avventura terribile.
Ottavio Mandati è un perdente per vocazione e definizione: troppo onesto e fedele ai principi per vincere in un mondo dove dominano quelli come Pierfiliberto Perazzi-Berticò. La sfida tra i due è iniziata fin sui banchi di scuola. Ottavio, divenuto procuratore, si trova a dover indagare Pierfiliberto, diventato imprenditore e sindaco, mille volte per mille reati e prepotenze; al punto da far gridare alla persecuzione. Giancarlo De Cataldo racconta la notte della vigilia dell'ennesimo processo e il procuratore che in sogno vive la sua ultima sconfitta.
Camilleri, Lucarelli e De Cataldo: tre autori di fama chiamati a svolgere lo stesso tema, la sfida solitaria del magistrato nell'Italia, patria del diritto... e del rovescio. Tre stagioni della storia patria. E sorge un poco di sconforto a constatare che non è certo migliorata la situazione, dalla mafia dell'Italia nascente, alle torbide trame degli anni di piombo, all'Italia gaudente di pochi mesi fa. Prepotenza, furbizia e violenza si sono diffuse, radicate ed intrecciate nella trama del tessuto sociale. Molte volte al solo magistrato lasciamo lo spinoso compito d'essere garante di un minimo di legalità, di ridare fiducia ad uno spiraglio di giustizia. Anche se pro-tempore.
Claudio Baroni
 
 

Solo Libri.net, 8.10.2011
Un mese con Montalbano – Andrea Camilleri

Della leggenda su Androclo e il leone se ne occupò Seneca nel "De beneficiis". Poi Aulo Gellio ne fece una deliziosa narrazione nell’opera "Notti attiche". Ad essa si rifà ora Camilleri che, introducendovi delle varianti, la riporta in “Quello che contò Aulo Gellio”, componimento inserito nell’opera "Un mese con Montalbano" (Milano, Mondadori 1998). Si tratta di una raccolta di trenta bei racconti di cui alcuni già pubblicati su periodici. Anche se ci sono pochi delitti, il panorama dei personaggi e delle situazioni è composito; al solito il coinvolgimento è totale. Montalbano aveva letto il “fatterello” su un giornale di economia. Poi egli lo pone in relazione ad una vicenda capitatagli. All’ora di pranzo in una trattoria, si accorge che non c’è nessuno, fatta eccezione del proprietario. Nell’attesa di essere servito, entrano come il vento due uomini che hanno la faccia coperta da passamontagna e le pistole in mano. L’intento è chiaro: vogliono ammazzarlo. Ad un certo momento, uno di essi, il “colosso”, dà un colpo di matterello al compagno che sta per sparare e subito dopo simula un conflitto a fuoco. Rivolgendosi al commissario, dice “Ci siamo capiti?”. “Perfettamente”, egli risponde senza minimamente scomporsi. Quale la relazione tra l’uomo che gli ha salvato la vita e il leone di cui parla Aulo Gellio? Le domande non gli danno tregua fino a quando ne scorge la soluzione. Così Montalbano, che non ama soltanto la buona cucina o il fascino della femminilità, appare un po’ diverso da quello proposto dalla fiction televisiva. E’ un uomo colto che legge e si documenta con la medesima passione mostrata nelle indagini. Non c’è da stupirsene, perché è la lettura a far cogliere nel testo indizi da problematizzare e verificare allo scopo di elaborare interpretazioni.
Tante le analogie tra il lettore critico e il detective. E ce ne rendiamo conto leggendo "Miracoli a Trieste", dove l’incipit è dato da una interrogativo intrigante: Si può essere sbirri di nascita, avere nel sangue l’istinto della caccia, come lo chiama Dashiell Hammet, e contemporaneamente coltivare buone, talvolta raffinate letture? Camilleri ci tiene qui a presentare Montalbano nella veste dello studioso che conosce lo scrittore Antonio Pizzuto e addirittura s’indispone quando l’interlocutore gli parla senza alcuna cognizione di causa. Mirabile esempio questi due scritti di come l’indagine poliziesca, lungi dal risolversi a tecnica, debba essere sorretta da una consapevolezza critica, aperta a una visione ampia della vita. Nuovi dettagli arricchiscono il ritratto di Montalbano nel racconto “Cinquanta paia di scarpe chiodate”, dove egli, appena trentenne è in servizio come vicecommissario a Villalta. Su incarico del questore coopera con il brigadiere Billè per far luce su un delitto, dimostrando l’acutezza che affinerà nel corso della carriera. A suggestionarlo è il fascino che esercita in lui il presunto colpevole, non ritenuto però tale dal popolo. Billè gli dice:
“Come lei, dottore, ha voluto venire di persona a conoscere Borruso per conoscere meglio l’ambiente dove vive, così anche qui in paese lo riteniamo tutti innocente perché lo conosciamo”.
Un saggio re il pastore Borruso che amministra giustizia e risolve questioni! L’attrazione di Camilleri per un patrimonio folklorico dalla dimensione mitologica è forte: C’è già in questo personaggio emblematico la sigla anticipatrice del capolavoro "Il re di Girgenti"?
Federico Guastella
 
 

Giornale di Sicilia, 9.10.2011
La Cucinotta, Vassallo e la "Moglie del sarto"
I due attori sono i protagonisti della pellicola diretta da Massimo Scaglione. Lei è Rosetta, una madre pronta a tutto per la figlia, lui è un puparo che alla fine, suo malgrado, diventerà "pupo"

Palermo. [...]
Vassallo, dove la vedremo prossimamente?
«Inizierò a breve le riprese di Stalker, una commedia per il cinema firmata da Luca Tornatore. E poi da marzo sarò Mimì Augello ne Il giovane Montalbano: sei puntate in prima serata di racconti inediti di Camilleri».
Chiara Lizio
 
 

Cinéma Le Stockel, Mardi 11 octobre à 18h.00 et à 20h.30
Avenue de Hinnisdael 17, 1150 Bruxelles
La scomparsa di Patò
de Rocco Mortelliti (2010, 105' v.o. st. fr.)

avec: Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Roberto Herlitzka, Simona Marchini
scénario: Andrea Camilleri, Rocco Mortelliti, Maurizio Nichetti
synopsis: L’histoire, tirée du roman de Andrea Camilleri, débute le Vendredi Saint de l’an 1890, à Vigàta, en Sicile. Sur la place a lieu la représentation de la Passion du Christ et le directeur de la banque de Trinacria, Antonio Patò, y joue le rôle de Judas. La pièce culmine avec la pendaison de Judas-Patò qui tombe dans une trappe prévue à cet effet sous les huées des spectateurs. Mais après le spectacle, Patò est introuvable : dans sa loge on ne trouve ni ses habits ni son costume de scène. Sur un mur de Vigàta apparaît, en sicilien, la phrase : "Murì Patò, o s'ammucciò?” (Patò est mort ou il s’est caché ?) Tout le monde s’interroge, en particulier sa femme Mangiafico Elisabetta ép. Patò, et S.E le Sénateur Pecoraro, Grand Officier Artidoro, Sous-secrétaire au Ministère de l’Intérieur, oncle du disparu. Ernesto Bellavia, de la Police de Vigàta, et le Maréchal des Carabiniers Paolo Giummaro mènent l’enquête: irrégularités à la banque? amnésie consécutive à la chute dans la trappe? Mafia? Au départ ils sont rivaux mais ils finiront par sympathiser. A la fin, la vérité leur “brûle” les doigts. C’est le portrait de la Sicile, et de l’Italie toute entière.
LA CHANSON DE PATÒ paroles chanson
paroles Rocco Mortelliti musique Paola Ghigo interprétation de Neri Marcorè et Danilo Formaggia
Traduction Katarina Cavanna
 
 

Dagospia, 11.10.2011
Cafonalino
Bella gente per la prima teatrale di Alessandra Mortelliti, nipote di Camilleri: dal “commissario” Zingaretti a De Cataldo, da Stefano Disegni a Simona Marchini, da Lillo senza Greg all’autore di “Montalbano”

Sul palco, la storia di un ragazzino di 15 anni, nato e cresciuto nella provincia ciociara e convinto di essere una ragazza mancata a causa di un 'errore genitale', con il sogno di diventare famosa…
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
 
 

Almanacco della Scienza CNR, n.16, 12.10.2011
Faccia a faccia
Il mio Montalbano, che ricercatore...
Con oltre 10 milioni di copie, Andrea Camilleri è uno degli scrittori italiani più noti in assoluto. E il suo commissario, grazie anche alla serie televisiva con Luca Zingaretti, è tra i personaggi più fortunati della nostra letteratura. "Un fisico portoghese ha usato il suo metodo investigativo per svelare il mistero di Maiorana", racconta in quest'intervista tra letteratura e scienza
[Ringraziamo l'Autrice per averci fornito il testo integrale dell'intervista, NdCFC]

Regista, autore teatrale e televisivo, ma soprattutto scrittore, Andrea Camilleri inizia sin da giovane a collaborare con importanti riviste letterarie. Dal '49 lavora a note produzioni poliziesche della tv, come il tenente Sheridan e il commissario Maigret. Sente poi il bisogno di affiancare a questa attività quella di romanziere. Ma è soprattutto nel 1994, con il poliziesco ‘La forma dell'acqua' e l'invenzione del commissario Montalbano, che Camilleri raggiunge il grande successo, ulteriormente amplificato dalla fortunata serie televisiva con Luca Zingaretti. Oggi conta al suo attivo oltre 80 libri, di cui 22 con Montalbano.
Vincitore di numerosi premi, dal Chiara al Pavese, e insignito con varie onorificenze, ha venduto oltre 10 milioni di copie. L'ultima fatica, ‘Il gioco degli specchi', vede ancora una volta protagonista il commissario. Lo raggiungiamo nel salotto del suo appartamento di Roma, circondato dai suoi libri preferiti, l'immancabile sigaretta tra le dita.
Oggi i giovani leggono poco. Preferiscono passare il tempo davanti al Pc, su Facebook e altre forme di social network. Per farli leggere di più cosa consiglia?
Non è facile per un autore incontrare i ragazzi. Quando uno scrittore scrive un libro, si affida spesso alla fortuna, all'avventura, al passaparola dei lettori. La scarsa lettura dei giovani è dovuta soprattutto al periodo di transizione in cui viviamo. Si lavora oramai su due piani diversi: uno è la lettura del romanzo; l'atro è la civiltà dell'immagine dilagante (Tv, cinema, Pc, etc.). È chiaro che bisogna trovare un sistema in grado di sfruttare al massimo questi nuovi strumenti, portandoli sullo stesso piano della lettura (cosa che stanno facendo gli editori favorendo l'e-book). Anche la scuola ha le sue colpe: abitua a un approccio severo e cattedratico con la lettura, distanziando i ragazzi da tale interesse. Il romanzo è una nostra produzione come lo è una pera in una coltivazione di pere. È nutriente come la pera, solo che invece di nutrire il corpo nutre un'altra cosa. Se ci accostiamo con rispetto, ma senza riverenza, ai ‘Promessi Sposi' forse riusciremmo a leggerli con minore ostilità, ad esempio presentando il romanzo di Manzoni sotto forma di immagini, in modo cinematografico. Se non si ricorre a questo la lettura resterà sempre un fatto ‘altro da sé'.
A quale dei suoi romanzi è più legato? E perché?
‘Il re di Girgenti'. Un tentativo di romanzo storico dei giorni nostri, tenendo presente il grande insegnamento del Manzoni. La storia si rifà a un episodio del 1718 accaduto ad Agrigento, quando il popolo riesce a sopraffare la guarnigione sabauda, proclamando re un contadino di nome Zosimo. Ma la mancanza di un programma politico riporta il controllo sabaudo sulla città. Sapendo poco di questa vicenda, ho pensato di costruire una serie di documenti assolutamente falsi, magari scritti in latino o in spagnolo, che potevano passare per il linguaggio come autentici: l'atto di nascita di Zosimo, il suo atto di matrimonio, una relazione all'Imperatore spagnolo, etc. Una volta raccolti, ho iniziato a scrivere la storia. D'altronde il romanzo è un ‘verosimile', come qualsiasi opera d'arte. Io in particolare per scrivere ho bisogno di un input, leggere un brano storicamente avvenuto, per far scatenare la mia fantasia. Ad esempio trovo un documento di mio nonno che richiede una linea telefonica per potersi collegare da Porte Empedocle alla sua miniera che si trova a Racalmuto, distante 37 Km. È così che scopro un carteggio interessante, questa volta autentico, che descrive minuziosamente la procedura per attivare la linea telefonica: dalla linea retta ai pali distanziati 10 metri l'uno dall'altro e installati a spese del richiedente su concessione dei proprietari dei terreni coinvolti. Chissà quanti permessi ha dovuto richiedere mio nonno! È bastato questo a far nascere il romanzo ‘La concessione del telefono'. Mi dispiace solo di aver fatto questa scoperta in età adulta, quando mio nonno non c'era più. Altrimenti gli avrei chiesto come era riuscito a risolvere la questione.
Quindi viaggia molto con la fantasia. Ma lo fa anche per le ambientazioni dei suoi romanzi?
I miei romanzi sono ambientati sempre in Sicilia perché sono i luoghi che ho visto direttamente. Non mi azzarderei mai a collocare un romanzo in un posto che non conosco. Se negli ultimi tempi ho ambientato un romanzo a Milano, senza dire mai il nome della città, è perché ci sono stato. E lo stesso ho fatto con un altro lavoro ambientato a Roma. Non saprei scrivere basandomi su una di quelle guide meravigliose che ti dicono dove si trova la tal tabaccheria o farmacia...
Nelle descrizioni quanto gioca la sua esperienza da regista?
Direi moltissimo. C'è una sorta di gerarchia quando scrivo. Non mi interessa immediatamente descrivere il luogo dove si svolge un'azione. In molti romanzi viene addirittura omesso. Lascio la scelta alla fantasia del lettore. Quando creo un personaggio nuovo non so come è fatto fisicamente. Però lo faccio entrare direttamente nel dialogo, usando un linguaggio diverso rispetto agli altri personaggi. Con una diversificazione tale che alla fine penso: uno che parla così non può che avere i baffetti e gli occhiali... A poco a poco faccio una sorta di identikit, grazie a un metodo deduttivo. Tutto questo nasce da un aneddoto registico Stanislavskijano. Un giorno Stanislavskij si stava truccando per recitare e al momento di entrare in scena i baffi si trovarono con le punte all'insù. Non ebbe il tempo di sistemarli e quindi dovette recitare in modo diverso. Questo episodio mi ha sempre condizionato nella scrittura: uno che parla con i baffi all'insù usa sicuramente un linguaggio diverso da uno con i baffi all'ingiù.
Allora quando inizia a scrivere non ha un'idea precisa dei personaggi?
Se mi occorre un personaggio femminile, lo faccio entrare in scena direttamente. E a seconda di come cammina, come parla e come saluta, capisco se è giovane oppure no. Quando la vedo muovere nella mia stanza, allora significa che il personaggio sta prendendo corpo.
Quindi nel realizzare le sue opere adotta sempre un'architettura ben precisa?
Uso un'architettura diversa a seconda del lavoro che devo scrivere. Ho una storia in mente chiaramente non definita né dal punto di vista dei particolari né dei personaggi. Devo organizzare quello che chiamo ‘il respiro del romanzo'. Ogni opera d'arte ce l'ha. Uno schema mentale di tipo sinfonico e architettonico del lavoro in continuo divenire, fino a quando il ritmo non diventa chiaro e armonico.
Quando è iniziata la sua passione per la scrittura?
A soli 19 anni, quando inizio a pubblicare su diverse riviste dell'epoca: dall'antologia che curava Ungaretti a ‘L'Italia socialista'. Se ho fatto il concorso per andare in Accademia nazionale di arte drammatica, era solo perché volevo venire a Roma per continuare a scrivere poesie e racconti in un ambiente meno estraneo alla letteratura. Se non ché il teatro ha finito per prendermi e mettermi a tacere. Dopo 30 anni tutto è venuto fuori.
Ha mai pensato di dedicarsi a un romanzo di fantascienza?
No. Sono lontanissimi da me. Non riesco a scrivere libri di fantascienza. Per quanto sia stato un ottimo lettore, traendone a volte anche molte ispirazioni.
Quale scienziato le piacerebbe portare sulla carta?
Ad oggi non mi è mai capitato di ‘incontrarne' uno. Ma un fisico portoghese, João Magueijo, nel suo libro ‘La particella scomparsa' ["La particella mancante", NdCFC] ha usato il metodo del commissario Montalbano per indagare sulla scomparsa di Ettore Majorana. Lo scienziato che ha sconvolto la mia esistenza è stato invece Werner Karl Heisenberg. La lettura del suo libro ‘Fisica e filosofia' mi ha dato la possibilità di comprendere concetti molto complessi grazie all'aiuto del pensiero classico.
Segue le notizie di carattere scientifico e le ultime novità tecnologiche?
Tutte. Negli ultimi 30-40 anni del secolo scorso, chiamato da Hobsbawm ‘Il secolo breve', c'è stata un'accelerazione spaventosa verso le scoperte scientifiche e le nuove tecnologie. Tutto questo mi ha sorpreso ma non spaventato: anzi ho sempre accolto con favore le nuove scoperte tecnologiche e scientifiche.
Il suo prossimo lavoro?
Ho due - tre libri già pronti, più quelli che hanno gli editori. Il 27 di questo mese [in effetti il 20 ottobre, NdCFC] esce un romanzo storico ‘La setta degli angeli'. Si basa su un fatto realmente accaduto nel 1901 in un piccolo paese della Sicilia. Un avvocato, socialista e umanitario dell'epoca viene a sapere che un prete ha messo incinta una ragazza. Scoppia uno scandalo a livello nazionale. Ma dopo un primo periodo di successo, la situazione si capovolge tanto che viene messo in condizioni di non esercitare più la sua professione e costretto a scappare negli Usa, dove fonda il giornale degli emigranti italiani: ‘La voce degli italiani'.
Da bambino, ha mai pensato di fare lo scienziato?
Mai. In primo liceo l'insegnante di matematica ha capito subito che nella sua materia ero totalmente incapace e allora ha pensato di stringere un patto con me: per non essere rimandato dovevo raggiungere la sufficienza in tutte le materie. Fino alla fine lo ha rispettato, anche quando nel 1942 sono stato rimandato in educazione fisica.
Silvia Mattoni
 
 

KataWeb TvZap, 12.10.2011
Piano fiction Rai: più episodi per Montalbano
Due episodi extra per i racconti di Camilleri e confermate le sei puntate della produzione di Pupi Avati  'Matrimoni'

È stato approvato l’aggiornamento del piano di produzione della fiction Rai. Il piano è stato illustrato oggi dal direttore di Raifiction, Fabrizio Del Noce. I nuovi progetti prevedono essenzialmente tre novità: invece dei due inizialmente previsti, saranno quattro i nuovi episodi del Commissario Montalbano [...].
 
 

Zebuk.it, 13.10.2011
Terre senza Promesse: Alì e Andrea Camilleri. Una storia.
 

La redazione virtuale di Zebuk è davvero orgogliosa di pubblicare questo guestpost oggi.
Perchè è la storia dell’incontro, narrato in modo meraviglioso da Chiara (aka Yeni Belqis), tra il Maestro Andrea Camilleri e Alì, protagonista di uno dei racconti contenuti in “Terre senza promesse. Storie di rifugiati in Italia”, edito da Avagliano Editore, in libreria a partire dal 19 ottobre.
Ma lasciamo che siano le parole di Chiara a raccontarvi tutto il resto.
Silbietta

L’incontro ravvicinato con Andrea Camilleri
“Desidera?”. Il portiere romano, come impone il suo ruolo, fa da filtro. Devo convenire che la compagnia che si appresta a far visita a Andrea Camilleri questo pomeriggio è piuttosto bizzarra. Io, la mia collega Margherita (emozionate come scolarette), un simpatico ragazzo somalo di nome Ali e la squadra di Artigiani Digitali al gran completo, con il delicato compito di documentare il tutto. Equipaggiati, decisi, ma con un’idea appena abbozzata di cosa sarebbe successo. Siamo spinti soprattutto da un’idea, una di quelle idee che formuli tra te e te senza immaginare che si possa realizzare davvero. E invece questa si è realizzata eccome. A tempo di record. Ma facciamo un passo indietro, altrimenti non capite niente.
Estate 2010. Siamo in ufficio, al Centro Astalli. Per l’ennesima volta, con i colleghi, si parla dell’incredibile indifferenza della società italiana rispetto al tema dei rifugiati. In quei mesi assistevamo impotenti al respingimento indiscriminato in Libia di uomini, donne, bambini. Persone in fuga da guerre, persecuzioni, torture. Che, in un silenzio assordante, venivano rimbalzate verso altri abusi, altre carceri, altre torture. Così è nata l’idea di intervistare quelli che, invece, erano riusciti ad arrivare. Dieci rifugiati, tutti provenienti dal Corno d’Africa. Dieci storie incredibili, ma soprattutto una ricchezza sconvolgente di idee, punti di vista, visioni del presente e del futuro.
Primavera 2011. Abbiamo finito di scrivere le storie. Abbiamo trovato un editore, Avagliano. Ma un’altra idea, più folle della precedente, si insinua prepotente. Non ci basta pubblicare le storie. Vogliamo che queste voci trovino degli interlocutori. “Scrittori famosi? Ma siete sicure?”, ci ha detto il mio capo. Sì, io e la mia collega Donatella eravamo sicurissime. Una follia. Pochissimo tempo, rischio altissimo di non trovarli tutti, libro da chiudere nel cuore dell’estate. La nostra incoscienza è stata premiata e dieci autori hanno letto ciascuno una storia e ci hanno regalato delle introduzioni specialissime. E che autori. Non me li fate elencare, tanto li abbiamo scritti ben bene sulla copertina del libro. Che, nel frattempo, aveva anche trovato un titolo: “Terre senza promesse. Storie di rifugiati in Italia”.
Ottobre 2011. Ce l’abbiamo. A giorni sarà in libreria. Ma noi non resistiamo a un’ultima tentazione. Andrea Camilleri ha introdotto una delle storie che più ci sono rimaste nel cuore, quella di un ragazzo somalo, arrivato in Sicilia minorenne, con il suo fratellino più giovane. Da quando abbiamo messo su carta il suo racconto incredibile abbiamo pensato: leggere non basta, dovrebbe conoscerlo di persona. Perché Ali è un ragazzo fuori dal comune, un vero narratore. Capace di tenerti tre ore inchiodato alla sedia, facendoti morire dal ridere anche se quello che racconta è a tratti davvero tragico. E allora glielo abbiamo chiesto, a Camilleri. Non è che vorrebbe incontrare il ragazzo? Sì, certo, ci manda a dire lui. E ci dà un appuntamento. Oggi.
Ali ha un’idea un po’ vaga di chi sia Camilleri. Però ha capito che è roba grossa. Mentre eravamo al tavolino di un bar, a Stazione Trastevere, io tentavo di spiegargli per sommi capi. Ma più efficace è stata una giovane signora, africana anche lei, che si è inserita con nonchalance nella conversazione per dirgli: “Ehi, ma quando ti ricapita? Camilleri, ma davvero non sai chi è? Montalbano, la televisione… Credi a me, vacci di corsa! Anzi, magari ci vengo anche io”. E da lì sono partiti a scambiarsi racconti di vita, mostrandosi a vicenda foto di congiunti, vivi e defunti, sparsi ai quattro angoli del mondo. Io mi sono sentita un po’ esclusa e molto, molto provinciale.
Torniamo a noi. Si va. Lui ci riceve con incredibile affabilità. Scherza sui cuscini del divano (“Non li sopporto. O me, o loro”). Si fa raccontare un po’. Io a questo punto perdo ogni soggezione e mi accuccio accanto al bracciolo della poltrona, chiacchierando come se nulla fosse. Quando ripenserò a questo momento, mi chiederò come sia potuto essere così facile. Beh, evidentemente Camilleri è una delle poche persone con la dote innata di farti sentire a casa. Anche con Ali è gentilissimo. Il ragazzo è, ovviamente, un po’ intimidito. “Che sigarette fumi?”, attacca lui. E da lì iniziano a chiacchierare, con il Maestro che racconta la sua prima sigaretta, offertagli dagli americani sbarcati in Sicilia.
Poi sorride e ci fa: “Se siete pronti, vado”. A quel punto il tempo si è fermato. Non è che si fosse preparato, proprio no. Ma dice molte cose, splendide, profonde, originali. Parla di come noi, schiavi dei mercati, siamo abituati a parlare degli stranieri quasi esclusivamente in termini di “contributo al PIL”. “A me interessa soprattutto il contributo che i rifugiati possono dare al PIL culturale del nostro Paese”. Parla del suo “sangue bastardo” di scrittore dai molti padri (“nel mio sangue c’è l’Irlanda di Joyce, molta Francia, e poi ovviamente la Russia del mio Gogol”); parla della lingua italiana, di quante nuove prospettive possa aprire il vederla utilizzata da chi non è madrelingua; parla della cosiddetta integrazione, che non è “adeguarsi”, ma trovare un nuovo contesto per esprimersi. E poi, ancora, aneddoti e racconti. Di un servizio girato per la RAI a Mazara del Vallo, molti anni fa: in una scuola ragazzi tunisini e ragazzi siciliani convivevano serenamente, anche grazie all’attenzione di un maestro illuminato. Il problema consisteva nel fatto che le riprese dei bambini che giocavano insieme in cortile si erano poi rivelate inutilizzabili per il documentario, perché bambini tunisini e bambini siciliani risultavano per lo spettatore assolutamente indistinguibili.
Parla convinto di questo Mediterraneo “che è una vasca da bagno”, della vicinanza sostanziale di chi si bagna su una sponda e sull’altra. Sottolinea la somiglianza tra lo stile del racconto di Ali, affabulatorio e ironico, e i racconti degli anziani della sua terra: eredità ancora vive di secoli di tradizione orale, di narrazioni che passano di bocca in bocca. Ali pende dalle sue labbra, insieme a tutti noi. Poi i due tornano a chiacchierare e Ali osa qualche domanda. “Perché sei andato via dalla Sicilia?”. “Era tanto tempo fa. Allora non era come oggi, non c’erano telefoni, non c’erano giornali. Si era completamente isolati. Oggi certamente non me ne andrei dalla mia terra”. E poi aggiunge: “Sono due anni che non ci vado. Ho una nostalgia che mi divora”. Ali in Sicilia c’è stato e ci tiene a farlo sapere: “Sì, bella la Sicilia! Hai visto, che bel mare?”. Qui già noi sorridiamo e Camilleri con noi. Ma poi Ali continua, convinto: “E poi lo sai che in Sicilia non parlano come qui? Non parlano proprio italiano? Un po’ come i napoletani, parlano una lingua diversa. Ecco, io queste lingue un giorno voglio impararle tutte”. Qui la nostra ilarità è incontenibile. Gli mancava proprio, a Camilleri, una spiegazione dei dialetti d’Italia!
E’ stata un’ora assolutamente indimenticabile. Camilleri ci ha salutato tutti con grande calore, si è prestato con pazienza a svariate fotografie (Ali a quel punto ha cacciato la macchinetta e ha iniziato a darsi da fare come un turista giapponese. Non prima, ovviamente, di essersi fumato una bella cicca con il Maestro). Il saluto al giovane Ali è stato lungo e sincero. Ma la cosa che mi ha colpito di più è stata una frase, un po’ mimetizzata tra le molte altre. Ali raccontava di suo fratello che vive in Svezia e che, ovviamente, può godere di ben altri servizi sociali. “Questo Paese è un po’ diverso”, ha aggiunto con sobrietà il ragazzo. “Ma cambierà”. Su questo, apparentemente,Camilleri non ha il minimo dubbio. Non l’ha detto così, per dire. Non era una frase fatta. Lui ci crede davvero che l’Italia cambierà. E’ solo questione di tempo. C’era qualcosa, nel suo tono, che mi ha fatto vergognare dei miei troppi momenti di scoramento, di scetticismo. Cambierà e il cambiamento sarà opera (anche) nostra.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.10.2011
Sicilia International
L'isola degli scrittori alla conquista del mondo

Che la Sicilia letteraria conosciuta nel mondo sia quella di Pirandello, Verga e Tomasi di Lampedusa, non occorre certo ribadirlo, ma esiste un'attualità della scrittura isolana che travalica i confini italiani per andarsi a posizionare negli scaffali delle librerie internazionali. Cifre sorprendenti se si pensa ai quarantadue paesi stranieri conquistati da Melissa Panarello, ai trenta di Camilleri e Cappellani, ma anche alle undici lingue di Giorgio D'Avenia e al suo "Bianca come il latte rosa come il sangue", dallo sloveno al bulgaro. L'eterogeneità dei testi che riscontrano il gradimento all'estero, tuttavia, rende difficile parlare di apprezzamento di un prodotto made in Sicily, piuttosto sarebbe più opportuno guardarli come singoli casi letterari. Perché, se è vero che tutti si sono nutriti della stessa lingua materna, son tutte lì le similitudini che accomunano Dacia Maraini Simonetta Agnello Hornby, Giuseppina Torregrossa e Giorgio Vasta, tanto per citarne solo alcuni, portatori, ciascuno di loro, di una visione diversa della Sicilia.
[…]
Nessuna sorpresa per il "caso Camilleri" i cui libri, con e senza Montalbano, sono approdati in trenta paesi: dal Brasile alla Cina, dalla Corea al Giappone, da Israele alla Russia, dalla Turchia alla Spagna dove è stato tradotto in galiziano, catalano e castigliano. Per non parlare della Germania dove la vendita dei libri in lingua tedesca dello scrittore empedoclino ha superato di gran lunga i due milioni e seicentomila copie.
[…]
Antonella Scandone
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.10.2011
Omaggio a Cielo d’Alcamo pioniere dell’Unità d’Italia

Un omaggio a uno dei poeti che hanno fatto a lingua italiana, nel centocinquantenario della nascita della nazione. Si intitola "Aulentissima - Nuovi linguaggi per una nazione nuova" la rassegna che Alcamo dedica, dal 21 ottobre al 20 novembre, al suo poeta antesignano dell'unità nazionale.
[…]
Il 21 si parte alle 18,30 con "Rosa fresca aulentissima", ovvero la lettura del "Contrasto" di Cielo d'Alcamo, affidata a Stefania Blandeburgo e Giuseppe Cutino. A seguire la video intervista ad Andrea Camilleri proprio sul "Contrasto", a cura di Vito Lanzarone e Gianfranco Varvaro.
[…]
Laura Nobile
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.10.2011
Volete scoprire i luoghi di Montalbano? Prendete l'autobus

Una visita alla stanza nella quale il commissario stana i sospettati. Una passeggiata per le strade che il commissario misura a lunghi passi in cerca della soluzione. E, infine, un pranzo a buffet affacciati su quel mare presente in ogni puntata: ecco il "Montalbano bus" che tutte le domeniche di ottobre, a partire da dopodomani, guiderà i visitatori nei luoghi di una della fiction più amate, quella del commissario Salvo Montalbano nato dalla penna di Andrea Camilleri. L'azienda di erbe aromatiche "Gli aromi" di Enrico Russino, in collaborazione con l'associazione "Go green sicily", organizza il tour nei luoghi di Montalbano. L'appuntamento è domenica alle 10,45 davanti alla stazione di Siracusa. Da qui partirà un bus diretto a Modica, la cittadina barocca famosa per il cioccolato, che fa da set naturale alla fiction con Luca Zingaretti.
Alle 13 il bus partirà per Vigata: la cittadina di fantasia che ospita il commissariato altro non è che la suggestiva Scicli. Prima di proseguire il giro nei luoghi del commissario, il bus farà una sosta nella azienda "Gli aromi" alle porte di Scicli: ai partecipanti verrà offerto un pranzo al buffet di specialità "aromatiche" fatte in casa. Salvia in pastella, insalata ragusana con pane e formaggio, frittate alle erbe aromatiche, insalate di pasta, assaggiate in mezzo al verde e con una vista mozzafiato sul mare che fa da sfondo. Dopo il pranzo ci sarà il tour "olfattivo" tra le piante aromatiche e alle 15 il bus partirà alla volta di Scicli dove ci sarà la visita al commissariato che nella realtà è il palazzo del Comune: la stanza di Montalbano, che sarà aperta ai visitatori, è la stanza del sindaco. Il rientro a Siracusa è previsto alle 18,15. Il numero di posti è limitato: per prenotare il tour bisogna chiamare al numero 329 1738801. Il costo per gli adulti è di 43 euro, per i ragazzi dai 6 ai 12 anni di 25 euro, mentre è gratis per i piccoli fino a 4 anni. Sono previste tariffe scontate per gruppi.
Sara Scarafia
 
 

l’Unità, 15.10.2011
Libri da scegliere
“Indignados” e primavere arabe
Alla Buchmesse di Francoforte va forte la corrente critica tra Europa e Wall Street, al tramonto le icone politiche di Berlusconi e Putin. E nello stand tunisino si parla di rivolta

[…]
Venduto in «world English» più Germania e Grecia “Giudici” di Camilleri-De Cataldo- Lucarelli: per chi cerca di capire com'è che da noi il Grande Inquisito…
[…]
Maria Serena Palieri
 
 

l’Unità, 16.10.2011
La setta degli angeli, Andrea Camilleri, pagine 246 euro 14,00 Sellerio
La setta dei preti del sesso
Il nuovo libro di Camilleri

L’anticipazione. Il nuovo romanzo dello scrittore siciliano da giovedì in libreria: una storia manzoniana dentro la chiesa corrotta
Giovani vergini introdotte alla sessualità dai sacerdoti

Un romanzo storico ambientato in Sicilia agli inizi del ‘900 che dice molto anche sull’Italia di oggi. È decisamente manzoniano quest’ultimo libro di Andrea Camilleri, La setta degli angeli, che sarà nelle librerie il 20 di ottobre.
Manzoniano nell'ispirazione, camilleriano nell'anima e nello stile. L'argomento è forte, e parte da una notizia storica reale. Camilleri prende spunto da essa, ma la rielabora con la sua fervida fantasia. Camilleri in una nota a conclusione del testo, spiega le scaturigini della storia: «Un prete, Rosolino Martino, viene deferito all'Autorità giudiziaria per corruzione di ragazze minorenni. Un ex farmacista del luogo, poi diventato avvocato, Matteo Teresi, che dalle pagine di un suo giornaletto, La Battaglia, combatte le prepotenze dei mafiosi, degli agrari e del clero, comincia un'indagine su quel fatto e arriva alla strabiliante scoperta che i preti di Alia hanno fondato una setta segreta che "mobilita giovani fanciulle ancora vergini ed inesperte, e giovani spose, a cui si fa credere che il rapporto sessuale o le stesse pratiche sessuali preparatorie del rapporto, sono uno strumento per acquisire indulgenze divine ed aprire le porte del Paradiso", come spiega Gaetano D'Andrea, ex sindaco di Alia».
Ricorda Camilleri che: «La scoperta della setta e del suo statuto, reso noto da Teresi, scoppia come una bomba, oltrepassa lo Stretto e suscita lo sdegno di molti esponenti politici e religiosi tra i quali Turati e Sterzo. Il prete Rosolino Martino conferma quanto ha scritto Teresi sul suo giornale. Ma il clero, gli agrari e la mafia fanno quadrato. Da un lato attaccano Teresi, dall'altro impongono alla popolazione, anche ai familiari delle giovani donne vittime degli abusi, il più completo silenzio sulla vicenda».
In buona sostanza, a Teresi non resterà altra scelta che andare negli Stati Uniti. Il Teresi camilleriano è montalbaniano per intelligenza ed intuito, ed ha un dialogo molto importante con il capitano dei carabinieri, un piemontese coraggioso che compie in maniera integerrima il suo dovere, e non guarda in faccia a nessuno. Al punto che osa arrestare anche un marchese, accusato (in combutta con il capomafia locale) di aver fatto picchiare selvaggiamente un giovane.
Il modo nel quale Camilleri racconta la scoperta della «setta degli angeli» è pieno di suspance, drammatico, ma a tratti anche esilarante. Lo scrittore di Porto Empedocle mentre descrive la vita del Circolo del paese, dove borghesi ed aristocratici si interrogano sullo scandalo che sta accadendo, riesce a dipingere un ritratto sociale, culturale ed antropologico di figure e personaggi, che non hanno solo un valore sociologico nella Sicilia dell'epoca, ma assurgono a figure universali, che permettono di capire meglio il mondo odierno.
Camilleri è anche abilissimo a ricostruire, inventandoli, articoli di giornali, lettere, documenti storici. E così emerge che la «setta degli angeli» composta da preti, organizzava particolari esercizi spirituali per vergini devote o giovani donne in procinto di sposarsi apparentemente per prepararle alla vita coniugale. Camilleri racconta di una chiesa fatta aprire appositamente dai preti, dove poi viene organizzata una vera e propria orgia. Sempre secondo l'invenzione fantastica dell'inventore di Montalbano, 4 delle 7 donne presenti rimangono incinte. E da qui parte una serie di equivoci: il medico condotto in gran segreto va nelle case di alcune di loro per visitarle, ad un notabile che gli chiede notizia di tale visite, dice che si tratta di una malattia contagiosa. Morale della favola, in paese scoppia l'allarme per una inesistente emergenza colera.
Camilleri, che pur non essendo religioso ha rispetto autentico per la religione, mette in evidenza la forza etica di figure positive, come il prete di paese che consiglia ad una donna di denunciare gli abusi subiti. Ed ancora, nella realtà, la nobile figura intellettuale di Sturzo che si scaglia con un articolo durissimo contro la setta.
Ma vi è un altro elemento forte nel romanzo. Vi è una conclusione amara: il capitano dei carabinieri viene promosso secondo la logica del «promoveatur ut amoveatur», ma ancor più triste è la sorte del giornalista avvocato. Che viene dapprima elogiato e poi emarginato da tutti. I suoi clienti più importanti lo abbandonano, subisce un attentato, gli viene chiuso il giornale. Lo scandalo ha dato fastidio, ma ancor di più gli viene fatto pagare l'aver messo in discussione gli oliati meccanismi del potere. E poi come fa notare Camilleri, il giornalista-avvocato è un idealista che vuol cambiare le cose, e ci riesce pure. E questo, il potere non glielo può perdonare, proprio no...
Salvo Fallica
 
 

Solo Libri.net, 16.10.2011
Racconti di Montalbano – Andrea Camilleri

"Racconti di Montalbano" (Milano, Mondatori 2008) comprende diciannove scritti, di cui diciotto selezionati da quattro precedenti raccolte di Andrea Camilleri: "Un mese con Montalbano", "Gli arancini di Montalbano", "La paura di Montalbano", "La prima indagine di Montalbano". Un diciannovesimo, “La finestra sul cortile” è stato incluso, dichiara l’autore nella prefazione, per ragioni affettive. Lo scrisse nel 2007 per aiutare i giovani che facevano a Roma “un benemerito giornale di quartiere”, chiamato “Il Nasone di Prati”, pubblicato a puntate nei primi dodici numeri. E’ questo lavoro a suscitare ora l’attenzione, anche perché arricchisce le informazioni sulla “biblioteca di Vigàta”. Spiega il nostro scrittore ad Antonio De Benedetti che l’intervista:
“Montalbano legge gli stessi libri che leggo io ma li legge dopo di me. Se a me piace un romanzo di Faulkner si può star certi che, prima o poi, anche lui se ne innamorerà. E’ andata così con Simenon, con Conrad e non so più con quanti altri autori”.
Adesso è la volta di William Irish, pseudonimo di Cornell Woolirch, autore del racconto “La finestra sul cortile”, ripreso da Alfred Hitchcock nell’omonimo film. Per molti aspetti similare a quella del soggetto è la trama. Un fotoreporter, immobilizzato su una sedia a rotelle in conseguenza di una frattura alla gamba sinistra, per vincere la noia osserva quel che succede ai vicini di casa, i cui appartamenti di fronte al suo si affacciano nello stesso cortile. Una notte, svegliato dall’urlo di una donna, presta attenzione nell’interno dei Thorwald e si convince che il marito ha ucciso la moglie. Anche il racconto di Camilleri ha lo stesso titolo, perché – a suo dire - vuole essere un omaggio al capolavoro dell’anzidetto regista. Egli assegna a Montalbano il medesimo ruolo del protagonista del film. Sicuramente non per voyeurismo o condizione patologica, quanto per l’esigenza, che intende di focalizzare, del “vedere” per “capire” lo scorrere di eventi quotidiani. Un accenno alle circostanze che provocano tale bisogno può dare l’idea della bella inventività del nostro scrittore. Dopo aver superato il nervosismo procuratogli dal viaggiare (al telefono Livia gli dice: “Per te andare a Roma come andare sulle Alpi bavaresi”), il commissario nella capitale frequenta un corso di aggiornamento. Un collega, che si trova fuori sede, lo favorisce, cedendogli la sua casa. Al secondo giorno, un incidente lo costringe ad interrompere la frequenza. Anch’egli così per forza di cose diventa “osservatore” di gesti e di movimenti che gli appaiono da ogni finestra di fronte; “indagatore” in seguito di quel che avviene durante tre notti consecutive sulla terrazza di un palazzo prospiciente. Che cosa scopre? Lo sguardo e la vita, dunque: un binomio inscindibile, rinvenibile, in tutti i racconti di quest’opera. Da essa, dichiara l’autore, emergono due filoni:
“quello che privilegia le situazioni non propriamente poliziesche e quello che, pur trattando una materia di stampo prettamente poliziesco, spesso e volentieri arriva a conclusioni che privilegiano l’umanità del commissario piuttosto che il suo rigore nel far rispettare le leggi”.
Ampi perciò gli spazi di elaborazione: ruotando attorno alla poliedricità della commedia umana, essi vanno anche letti con attenzione al contesto e alla psicologia dei personaggi.
Federico Guastella
 
 

Il Sole 24 Ore - Domenica, 16.10.2011
Il nostro gioco
Ripellino, Volponi, Merini, Zolla e...

Ha avuto molto successo la vostra "provocazione" sugli autori da inserire nei Meridiani e quelli da togliere. Avete votato in tanti e potete continuare a farlo sul nostro sito www.ilsole24ore.com/domenica.
Tra le tante segnalazioni di inclusione: Umberto Eco, Claudio Magris, Paolo Volponi, Elemire Zolla, Angelo Maria Ripellino, Antonio Tabucchi, Alda Merini, Umberto Piersanti ma anche Adriano Olivetti.
Da espungere: Camilleri, Bevilacqua e altri. Vi ricordiamo di votare autori italiani degli ultimi 50 anni.
 
 

Corriere della Sera (Ed. Roma), 16.10.2011
Prati, 100 anni
Un quartiere nato per celebrare l'Italia

Dal 1911 al 2011: il quartiere Prati-Della Vittoria compie cento anni. La sua data di nascita, infatti, è precisa e conosciuta, perché corrisponde a quella dei festeggiamenti per il cinquantenario dell'Unità d' Italia.
[...]
«Un quartiere in fondo costruito dai piemontesi - conclude Antonella De Giusti - dove c'è un grande senso di appartenenza e che ancora oggi è abitato da grandi professionisti e da quello che è un po' il Gotha intellettuale della città». «Prataioli» appassionati e conosciuti sono, infatti, il cantautore Francesco De Gregori, lo scrittore Andrea Camilleri, il regista Gabriele Muccino e suo fratello Silvio, attore, l'avvocato Titta Madia, l'attore Giulio Scarpati e il presidente della Provincia Nicola Zingaretti.
Lilli Garrone
 
 

TG1 online, 17.10.2011
La giornata di Camilleri
Come nasce la “fabbrica Camilleri”? Siamo andati a scoprirlo, entrando nella stanza dello scrittore siciliano. Il racconto della sua giornata di lavoro.
 
 

Musical News, 17.10.2011
Chiara Pavoni legge Montalbano

Avra' luogo venerdi' 21 ottobre alle ore 19 il "Montalbano aperitivo culturale" presso la splendida cornice della Farnesina, boutique enogastronomica culturale situata a Roma in Via della Lungara, 24.
Per l'occasione l'attrice Chiara Pavoni leggera' dei brani tratti dai romanzi di Andrea Camilleri che hanno per protagonista il commissario Montalbano, accompagnata dalle musiche di Gabriel Zagni.
Gli spettatori potranno inoltre degustare le specialita' siciliane, delizie e tesori de "La Farnesina" che a breve ospitera' anche delle gustose lezioni di cucina gratuite.
Per gli amanti del piacere della lettura e della gola uno stuzzicante assaggio da non perdere e un indirizzo da non dimenticare.
Fonte: Laura Gorini
Luca Pastini
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 18.10.2011
Appuntamenti
Storie migranti

Domani alle 10.30 in Campidoglio sarà presentato il libro "Terre senza promesse". Ne parlano S. E. Antonio Maria Vegliò, Melania Mazzucco e, in video, Andrea Camilleri.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 19.10.2011
C'era una volta la Rai
Quando la tv aveva paura delle tette
Camilleri e la ballerina a cui era caduto il reggiseno
"A Eduardo tagliarono l’esclamazione “Perdio” in una scena di Filumena Marturano"
"Gino Cervi inventò le pause di Maigret? Si accendeva la pipa per leggere il gobbo"

La prima vita di Andrea Camilleri comincia trent’anni prima della nascita di Montalbano: alla Rai in bianco e nero, di grigio c’è solo – ed è rimasto – il fumo di una sigaretta.
Lei entrò in Rai con il concorso del 1954?
No.
Non lo fece o non lo superò?
Nessuno dei due.
Non ho capito.
Lo feci, lo superai, ma non mi chiamarono.
Perché?
Presero informazioni su di me, al mio paese.
E cosa scoprirono?
La verità: che ero comunista. Contemporaneamente avevo ricevuto la proposta, da parte di Orazio Costa, di andare a dargli una mano nella messa in scena di Processo a Gesù di Diego Fabbri al Piccolo di Milano. Avevo già rinunziato: ‘Dottore non posso venire, aspetto di momento in momento la chiamata della Rai’. Poi capii che non mi avevano voluto, e richiamai Orazio Costa.
Andò a fare Processo a Gesù?
Sì, arrivato a Milano andai a cena con Costa e Fabbri. Costa mi chiese subito: ‘Perché non ti hanno chiamato?’ Risposi che non lo sapevo. E lui: ‘Vabbè, ma lo scopriamo subito’. E telefonò a Pier Emilio Gennarini, che era membro della commissione giudicante: giornalista, cattolico ma bravo. Lo invitò a cena con noi la sera dopo.
E cosa le disse?
Fu gentile. ‘Camilleri abbiamo chiesto informazioni circa le sue opinioni politiche. E sono state assolutamente negative. Lei risulta un comunista estremista’.
Ma a chi le avevano chieste?
Nel mio paese dove, figlio di famiglia borghese, ero comunista e rappresentavo uno scandalo. Orazio, che conoscevo da cinque anni, sbalordito mi chiese: è vero, sei comunista? Ma non feci la vittima, lo sapevo, le regole erano quelle: essendoci un futuro frate trappista amministratore delegato della Rai...
Filiberto Guala?
Proprio lui. Quando lasciò la Rai prese i voti.
Poi alla Rai ci andò.
Nel novembre del 1958, una sera tornai a casa e mia moglie mi disse: ha telefonato più volte Lupo. L'unico Lupo che conoscevo era Alberto. L'attore. Lo chiamai e lui cadde dalle nuvole. Però dopo due sere, mi arrivò la telefonata di Cesare Lupo, direttore del Terzo programma Rai: ‘Potrebbe venire domattina verso le 10, nel mio ufficio?’.
Cos'era il Terzo programma?
Il programma elitario per eccellenza della Rai. Se non era Schoenberg non passava. Se non era l'Amleto tradotto come minimo da Montale non veniva trasmesso. E c’erano le serate a soggetto: le curava uno scrittorucolo, si chiamava Carlo Emilio Gadda, in cui intervenivano scrittori, critici poeti. Così andai all’appuntamento. E Lupo mi disse: “La nostra responsabile della prosa è in congedo maternità: le piacerebbe sostituirla nella programmazione dei cartelloni?”.
Era caduto il veto politico?
Aspetti. A quel punto io glielo dissi: “Tre anni fa ho fatto il concorso e sono stato escluso perché ero e sono un comunista”. Risposta: ‘Embè? Grazie di avermelo detto. L’avverto che chi mette piede qui non esce più’. E fu un buon profeta.
Poi che fece?
Nel 1960 andai a fare la Seconda rete, con le mansioni di produttore. Ma contemporaneamente facevo le regie per la radio. Debuttai con un testo di Beckett, Finale di partita. Dieci anni dopo lo feci in tv, con Rascel e Celi.
Che differenza c’era con il primo canale?
L’attenzione dei fatti culturali. Infatti esordì con La trincea, un bellissimo racconto di guerra di Giuseppe Dessì. La responsabile della produzione per la prima volta era una donna: Francesca Sanvitale, la scrittrice morta da poco. Intanto io preparavo la serie delle prime otto commedie in bianco e nero di Eduardo De Filippo. Mi affidarono De Filippo, perché io ero un uomo di teatro e lui pure. Ed era anche noto per essere spigoloso. Fu un’intelligentissima operazione di Bernabei: fino a quel momento gli intellettuali italiani erano distantissimi dalla televisione. Era considerata una merce di basso conio, da divertimento. Quindi il colpo di Eduardo, fu grosso. Un intellettuale di sinistra che collaborava con ben otto commedie e le faceva in studio per la televisione.
Il maestro non amava la tivvù.
Aveva avuto una brutta esperienza a Napoli, con un regista. Andò a lamentarsi con il direttore della sede, che gli disse: ‘Guardi che è un bravo professionista, ha scritto pure un libro sulla televisione’. La risposta, fulminea: ‘L’ha scritto, ma non l’ha letto’.
Con lei?
Andò tutto benissimo. Ho ancora le lettere di Eduardo. Mi aveva detto: ‘Io so che la censura interverrà su questi copioni. Voi – mi dava del voi – vi farete dire quello che non va da quelli della censura’.
C’era un ufficio censura?
No, c’era gente che si occupava anche di quello. Una volta toccò a me. Venne all’orecchio della direzione generale che durante le prove generali di uno spettacolo a una ballerina era caduto il costume, era rimasta a seno nudo e tranquillamente aveva continuato a ballare. Mi spedirono da lei a raccomandarle di fissare l’abito di scena perché non succedesse durante la diretta. Andai poco prima dello spettacolo. Era una bellissima donna di colore che parlava francese. Le spiegai perché ero lì. Lei si passo la mano sulla schiena, si slacciò il reggiseno e restò a seno nudo. Non distoglieva gli occhi dai miei occhi. E mi disse: ‘Scusi ma perché le fanno tanta paura?’. Ingoiai tutto quello che dovevo ingoiare. E le risposi: ‘A me personalmente non fanno nessuna paura. Anzi’. Lei si mise a ridere.
Torniamo alla censura di De Filippo.
Io gli facevo vedere tutto quello che c’era da tagliare. Poco. Ma in Filumena Marturano trovarono i ‘Perdio’ da levare. Lui: ‘Non li levo’. Io: ‘Non li levate, Eduà’. Anzi, chiese il primo piano sul personaggio che diceva ‘Perdio’. Poi si rese conto da solo che era troppo e chiese un campo largo. A un certo punto, avevamo quasi finito, mi chiamano e mi dicono: ‘C’è un altro taglio’. In una battuta lunga c’era questa frase: ‘Una volta le feste si facevano con il sacrestano e quattro vecchiette e venivano una meraviglia. Mo’ se fa con un ministro, quattro segretari, otto deputati e vengono fuori che è una schifezza’. Io m’innervosii maledettamente, uscendo da casa mi ruppi gli occhiali. Vado in studio e mi rendo conto di essere menomato. Non vedendo, non potevo ragionare bene con lui. Poi penso: me ne fotto, ‘sta battuta gliela faccio dire. Tenendo presente che allora non si poteva cambiare. A un certo punto, prima di chiamare la pausa Eduardo mi dice: ‘Camillè, non vi sembra che questa battuta sia troppo lunga? Leviamo la faccenda della festa e dei ministri’.
Come faceva a saperlo?
Alle cinque facevamo sempre la pausa caffè, io e lui. Scendendo al piano terra mi disse: ‘Io la battuta ve l’ho tagliata, ma voi perché non me l’avete detto?’. Io dico: ‘Chi ve l’ha detto?’. E lui mi fa: ‘La faccia vostra’. Ma non fu l’unico episodio.
Altre censure?
Ne Le voci di dentro c’è uno zio che non parla più e dialoga con gli altri usando le castagnette, i botti. A un certo punto per comunicare deve accendere una fontana. Atto III, fino alla prova generale tutto funziona perfettamente. Registriamo: lo zio accende la fontana. Però non era una fontana, era un furgarone che all’improvviso scatena dentro lo studio un fumo pazzesco e un rumore infernale. Sirena antincendio, tutti scappano. Tutti tranne Eduardo. Lo vedo immobile, nella nebbia. E mi fa: ‘Eh, caro Camilleri. La televisione è in mano ai preti e ai piemontesi. Gente che non distingue una fontana da un furgarone’.
Poi fece la serie del Commissario Maigret?
Trenta episodi con Gino Cervi che ebbero un successo incredibile. Tanto che i gestori dei cinema avevano messo le televisioni accanto al grande schermo per proiettarlo.
Com’era Cervi?
Inventò la pausa in televisione, accendendosi la pipa. Ma non era vero niente: Cervi non imparò mai la parte a memoria. Quando si accendeva la pipa, in realtà, leggeva la battuta sul gobbo. Era così bravo che la dava a bere a tutti.
Quanto è rimasto alla Rai?
Trentacinque anni, lasciai per andare in pensione. Non ho mai accettato le proposte di diventare dirigente. Ero un uomo di studio, di teatro. Di andare dietro una scrivania, non ne ho mai voluto sapere.
Silvia Truzzi
 
 

Redattore sociale, 19.10.2011
Da Camilleri a De Luca, gli scrittori italiani commentano le storie dei rifugiati
Un dialogo a distanza che è il cuore di “Terre senza promesse”, volume curato dal Centro Astalli per raccontare le vite normali dei profughi prima della fuga da paesi in cui erano perseguitati. Tra loro anche giornalisti somali

Roma – Un giornalista somalo fuggito da Mogadiscio con altri 24 reporter dopo l’uccisione di due loro colleghi. Un rifugiato etiope che per anni ha fatto la spola tra il Sudan e le carceri libiche, comprando ogni volta dai poliziotti corrotti del regime di Gheddafi il diritto di scappare di nuovo. Sono alcune delle storie di rifugiati approdati a Lampedusa raccolte dal Centro Astalli nel volume “Terre senza promesse”. Sono le testimonianze di quelli che ce l’hanno fatta a superare l’inferno del deserto e del mare. Arrivati in Europa pensavano di essere liberi, invece una nuova odissea è cominciata per loro nella terra promessa. “Sono arrivato a Lampedusa, in Sicilia, uno tra tanti, uno di quelli che puzzano, che non si sa dove metterli che starebbero meglio a casa loro e che oggi vengono respinti in Libia – racconta il giornalista somalo Zakaria - sono il testimone oculare di un esodo di migliaia di persone che sembra non interessare a nessuno”.
Anni di prigionia in luoghi come Kufra, creati dall’ex dittatore libico Gheddafi appositamente per rinchiudere i rifugiati che cercavano di raggiungere l’Europa passando dall’Italia. Carceri in cui si torturava la gente e in molti casi finanziate dal nostro governo. “Lì dentro, tra quei corpi ammassati, la vita umana non vale niente” scrive un altro giovane che ha ottenuto la protezione internazionale. Con questo volume, il Centro Astalli cerca di offrire uno sguardo più ravvicinato sulle singole storie schiacciate nelle immagini televisive degli sbarchi, troppo spesso appiattite su un clichè. “Degli uomini e donne che sbarcano in condizioni disperate sulle coste del nostro Paese non sappiamo granché – scrivono i curatori nell’introduzione - Ma chi lavora al Centro Astalli ha il privilegio di incontrare molti di loro e, a volte, di chiedere loro di raccontare qualcosa di sé”. Per condividere l’esperienza degli operatori e dei rifugiati nasce questo collage di racconti autobiografici sul percorso delle migrazioni.
Il libro vanta il contributo di nomi noti del panorama culturale nazionale: da Gad Lerner a Erri De Luca ad Andrea Camilleri a Giovanni Maria Bellu. In una sorta di dialogo a distanza, scrittori e giornalisti italiani commentano o introducono le storie dei profughi. Al lettore si presenta così uno scambio di ricordi autobiografici e familiari tra autori famosi e migranti sconosciuti. Secondo i curatori del volume, questo risultato è una prova in più del fatto che “l’Eritrea, l’Etiopia e la Somalia hanno condiviso con l’Italia un pezzo di storia rilevante, che tendiamo a dimenticare o a rimuovere”, ma succede “soprattutto perché i sentimenti che troviamo descritti con parole semplici e sobrie sono universali, appartengono profondamente a ciascuno di noi”. Terre senza promesse lancia un messaggio: i rifugiati sono persone comuni che si vengono a trovare in circostanze eccezionali. Rifugiati si diventa all’improvviso, senza averlo voluto e, a volte, senza avere fatto nulla di straordinario. Per alcuni, ad esempio per i giornalisti, può essere addirittura sufficiente svolgere con coscienza il proprio lavoro.
Raffaella Cosentino
 
 

Corriere della Sera (Ed. Roma), 19.10.2011
Centro Astalli
Rifugiati: «Terre senza promesse»

Somalia, Eritrea, Etiopia: da questi paesi proviene la maggior parte delle persone che salpano dalla Libia per cercare asilo in Italia. Sbarcano sulle coste del nostro paese in condizioni disperate, e di loro non sappiamo molto, anzi nulla. L'unica cosa che spesso pensiamo è che sono troppi. Ma adesso le loro vicende sono diventate un libro: «Terre senza promesse», storie di rifugiati in Italia (Avagliano editore), curato dal Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati. Verrà presentato questa mattina in Campidoglio (ore 10.30 sala della Protomoteca, piazza del Campidoglio 55) dal direttore di radio vaticana, padre Federico Lombardi, dal presidente del Pontificio collegio per i migranti monsignor Antonio Maria Vegliò e dalla scrittrice Melania Mazzucco che ha sottolineato come «le rotte delle migrazioni non sono a senso unico: sono strade aperte, segnate dalla fame, dalle guerre, dalla storia. La mèta di ieri è il punto di fuga di oggi». L'attore Massimo Wertmuller reciterà alcuni brani tratti dal volume e vi sarà un intervento video dello scrittore Andrea Camilleri. Il Centro Astalli che da anni si impegna nel difficile compito di far conoscere chi sono i rifugiati in Italia, le loro storie e i motivi che li hanno portati fin qui. E con questo libro ha voluto dar voce ai racconti di dieci immigrati che vivono nel nostro paese, chiedendo in contemporanea a dieci esponenti della cultura italiana (Gad Lerner, Andrea Camilleri, Enzo Bianchi, Erri De Luca, Antonia Arslan, Giovanni Maria Bellu, Giulio Albanese, Amara Lakhous, Melania Mazzucco, Ascanio Celestini) di leggere un racconto e di commentarlo con un'introduzione. Così, scorrendo le pagine di «Terre senza promesse», si sperimenta un interessante dialogo tra scrittori italiani e rifugiati. E come ha scritto Erri De Luca nella prefazione al racconto «Straniero in patria»: «Ragazzo la tua storia è vagabonda come il mondo. Tu sei l'Africa da dove siamo partiti tutti e continuiamo a farlo. Sei l'avanzo d'innumerevoli caduti che in te proseguono il cammino. Benvenuto al peggio che ti offriamo».
Lilli Garrone
 
 

Giornale di Brescia, 19.10.2011
In anteprima
Camilleri, il primo capitolo del nuovo libro

È il 1901 e l’avvocato-giornalista Matteo Teresi scopre - e svela - che in un paesino, Palizzolo, esiste una «turpissima setta» formata da «alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale». Questi sacerdoti e alcuni notabili «fingendo pratiche pie e religiose (ovvero organizzando esercizi spirituali per vergini devote o giovani donne in procinto di maritarsi) assoggettavano allo loro turpi voglie delle donne».
Parte da un fatto realmente accaduto in Sicilia «La setta degli angeli», il nuovo romanzo (un «non Montalbano») di Andrea Camilleri, nelle librerie a partire da giovedì.
Sull'edizione cartacea del Giornale di Brescia in edicola giovedì pubblichiamo in anteprima il primo capitolo de «La setta degli angeli».  Buona lettura.
 
 

Adnkronos, 19.10.2011
Camilleri, esce domani nuovo romanzo storico 'La setta degli angeli'
Per questo libro, estraneo al ciclo dei polizieschi del commissario Salvo Montalbano, lo scrittore siciliano si è ispirato a una cronaca locale del 15 luglio 1901 firmata da don Luigi Sturzo, che riferiva di ''alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale e del nome di uomini'' che si erano riuniti in ''una setta detta per irrisione angelica''

Roma - C'è uno scandalo nella Sicilia del 1901 al centro del nuovo romanzo storico di Andrea Camilleri, pubblicato domani, giovedì 20 ottobre, dall'editore Sellerio (pagine 256, euro 14) dal titolo 'La setta degli angeli'.
Lo scrittore siciliano si è ispirato per questo libro, estraneo al ciclo dei polizieschi del commissario Salvo Montalbano, a una cronaca locale del 15 luglio 1901 firmata da don Luigi Sturzo, che riferiva di ''alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale e del nome di uomini'' che si erano riuniti in ''una setta detta per irrisione angelica''. L'avvocato Matteo Teresi scopre che nel suo paese esiste una setta segretissima. Composta da preti e da alcuni notabili, la ''setta degli angeli'' organizzava esercizi spirituali per vergini devote o giovani donne in procinto di maritarsi per prepararle alla vita coniugale. Gli esercizi, che si svolgevano in sacrestia nelle ore in cui le chiese erano chiuse ai fedeli, dovevano portare le ragazze ''alla comunicazione con la grazia divina e all'elevazione a gradi sublimi di perfezione''.
In realtà, com'è facile intuire, gli esercizi consistevano in ''atti ignominiosi'' e ''contro natura'' ai quali le giovani venivano indotte dai preti e dai pochissimi eletti che però agivano incappucciati. Scoppiato lo scandalo a livello nazionale grazie a Teresi, proprio per lui cominciano i guai. Camilleri imbastisce su una traccia storica la trama del romanzo - protagonista l'avvocato-giornalista Teresi - che ha l'andamento di un giallo, illuminato dalla consueta ironia dello scrittore di Porto Empedocle e da un sarcasmo irriverente. Circoli di nobili, salotti di paese, sacrestie, tribunali, sono il teatro in cui si muovono preti e benpensanti, moralisti e dame di carità, personaggi di una commedia amara imbastita su un canovaccio di prepotenza e di ingiustizia in cui si conferma il ''vecchio vizio italiano: quello di trasformare il denunziante in denunziato, l'innocente in colpevole, il giudice in reo'', come scrive Camilleri.
 
 

Giornale di Brescia, 20.10.2011
L'anticipazione
"La setta degli angeli", primo capitolo

«Se i signori soci vogliono prestare un momento d'attenzione» [...]
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica TV, 20.10.2011
Camilleri e il nuovo romanzo, ''La setta degli angeli''

"Un fatto storico realmente accaduto in un paese della Sicilia nel 1910 che ebbe risonanza nazionale". Questa la premessa del nuovo romanzo di Andrea Camilleri "La setta degli angeli" (Sellerio, 258 pagine, 14 euro) in libreria dal 20 ottobre, che prende spunto da un "ignobile accordo" tra alcuni sacerdoti che, fingendo pratiche religiose, assoggettavano vergini devote o giovani donne in procinto di maritarsi. Però, precisa l'autore, non è lo scandalo che mi interessa raccontare ma il ribaltamento delle posizioni: l'avvocato Teresi, prima acclamato per aver scoperto la setta, è poi costretto a lasciare il Paese. "Il libro racconta un fatto storico - conclude - ma soprattutto punta l'indice su un fenomeno assai diffuso oggi nel nostro Paese: il rifiuto della conoscenza della verità"
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 20.10.2011
Il libro
Uno scandalo di sesso e preti
Camilleri oggi torna in libreria

Esce il nuovo romanzo dello scrittore, "La setta degli angeli", edito da Sellerio e ispirato a una storia vera. "Ancora non ho capito le ragioni del mio successo: so che a 87 anni mi sveglio e mi metto a scrivere".

Palermo - A Palizzolo, paese di settemila abitanti che si stiracchia nel bel mezzo di grandi latifondi, c'è un gruppo di preti talmente ferventi da premiare le parrocchiane più devote (rigorosamente giovani e belle, meglio se minorenni), con una mezza giornata di esercizi spirituali, da trascorrere in un convento fatto riaprire appositamente. Peccato però che di spirituale gli esercizi hanno poco o nulla, rivelandosi a dir poco ignominiosi e contro natura.
Eccovi servito il nerbo del nuovo romanzo di Andrea Camilleri (scritto in realtà tre anni fa), "La setta degli angeli" (Sellerio, 234 pagine, 14 euro, da oggi in libreria): che germina da un fatto realmente accaduto, allontanandosi a un certo punto dalla verità protocollare, sulla spinta di un immaginario beffardo e caricaturale. Gli ingredienti sono quelli del romanzo storico e civile: il filone che ha consacrato lo scrittore empedoclino (dal "Birraio" a "La concessione del telefono"), consegnandolo alla storia della letteratura. Ingredienti lavorati con la solita maestria per servire al lettore una pietanza a tutta prima succulenta e dolce al palato, che poi però diventa, mano a mano, sempre più pungente e agra; a tal punto da lasciare l'amaro in bocca. Anche se l'abbrivio, va detto, è talmente macchiettistico e iperbolico da risultare irresistibile, ambientato com'è in quello che la letteratura isolana ha consacrato alla stregua di un topos: il circolo di conversazione, elevato a emblema antropologico da Vitaliano Brancati a Leonardo Sciascia. "Certo, si tratta di un luogo privilegiato dai nostri scrittori: campo di forze, di invidie, tiri mancini, e soprattutto di quello che oggi spopola come gossip. Io quei luoghi lì ho avuto la fortuna di frequentarli andando a cercare mio padre: circoli di piccoli borghesi, teatro dei soliti discorsi".
Si diceva della storia vera: pare di capire dalla sua nota che lei l'ha incrociata per caso: è così?
"Proprio così: spulciando la prefazione dell'ex sindaco di Alia, Gaetano D'Andrea, alla ristampa anastatica di una raccolta di articoli di tale Matteo Teresi, avvocato socialista umanitario. Il libro me lo sono trovato tra le mani non so come: incuriosito dal titolo, "Con la patria nel cuore", ho iniziato a leggerlo. Inutile dire che la storia dei preti che fondano una setta segreta al fine di mobilitare giovani fanciulle ancora vergini m'ha folgorato. Si trattò di un caso che varcò lo Stretto causando lo sdegno di molti esponenti politici e religiosi, tra i quali Turati e Sturzo: un socialista e un prete che si trovano insieme, dalla stessa parte della barricata".
Dall'altra parte, invece, gli agrari, la mafia e il clero fanatico, fanno lega, imponendo il silenzio alla popolazione...
"L'avvocato Matteo Teresi, che aveva pure una laurea in farmacia, scrive articoli infuocati sul suo giornaletto. Con il risultato di incorrere nell'ira del vescovo di Cefalù, che organizza una processione solenne e riparatrice. Alla fine, con le ossa rotte, è costretto a prendere armi e bagagli e partire per gli Stati Uniti. Insomma, a venire fuori è il solito, vecchio vizio italiano: quello di trasformare il denunziante in denunziato, l'innocente in colpevole, il giudice in reo".
Grazie a Dio, nel suo romanzo c'è un capitano piemontese integerrimo, una sorta di argine all'iniquità dilagante.
"Il piemontese, che si chiama Montagnet, rappresenta lo Stato unitario di allora, a quarant'anni dall'Unità".
A proposito di Unità: anche lei può essere annoverato tra gli scrittori siciliani antirisorgimentali, a partire da "La bolla di componenda"?
"I nostri grandi autori hanno a loro modo manifestato un non esplicito timore di perdita di identità. Che poi è lo spavento dei leghisti di oggi. In realtà, i romanzieri siciliani hanno manifestato disappunto sui modi del Risorgimento. A cominciare da Pirandello con "I vecchi e i giovani", per avvicinarci ai nostri giorni".
Per tornare al suo nuovo romanzo, lei ha scritto dunque, forse inavvertitamente, un amaro apologo sui nostri tempi?
"Chissà: dovremmo chiederci cosa sia cambiato in centodieci anni. Le cose che racconto, non le ho inventate io. Ne ho fatto materia di narrazione, ecco tutto".
Nella bandella di copertina, Silvano Nigro tira in ballo la tradizione della novellistica. È stato per lei un serbatoio importante?
"Imprescindibile. In me è sempre presente, è stata la mia scuola. Me la porto dentro, ci sbatto il muso di volta in volta".
Da un suo romanzo, "La scomparsa di Patò", per la prima volta è stato ricavato un film. Come l'è sembrato?
"Dovrebbe andare in giro in Italia a cominciare dalla fine del mese. Mi reputo molto soddisfatto: il film è aderente al libro e soprattutto è ben interpretato".
E cosa ci dice del Montalbano giovane della nuova fiction Rai?
"Sarà una bella gara tra Montalbano: ho visto il premontato della prima puntata, un ottimo prodotto. Sono curioso di vedere come reagirà il pubblico. Poi ci sarà il ritorno di Montalbano, o Montalbano 2 la vendetta. Chi lo sa?".
Le hanno assegnato il premio Campiello alla carriera; l'università di Dublino le conferirà il 5 dicembre la laurea honoris causa; sempre a dicembre riceverà il "Raymond Chandler". Cosa sta succedendo?
"Che le devo dire? Sta succedendo che in tarda età arrivano a pioggia i riconoscimenti. Da Dublino mi hanno scritto una lettera simpatica: la avvisiamo che qui Montalbano, anche se dovesse cenare nel migliore dei ristoranti, prenderebbe il primo aereo per l'Italia; che da noi s'è laureato Joyce, non Beckett: forse questo la fa dispiacere un poco. Insomma, mi conoscono, come dicevano i latini, "intus et in cute". Scherzi a parte, il Campiello è stata una esperienza bellissima. Mi sono sentito voluto bene, acclamato quasi".
Insomma, stiamo assistendo al suo ingresso nel canone a furor di popolo?
"Per elezione, forse. Ma non mi monto la testa".
Come riesce a gestire il successo? Ha mai capito le ragioni vere del suo trionfo?
"No, non l'ho capito ancora. Una parte importante è a mio avviso l'impossibilità di arrestarmi di fronte alla scrittura, non essermi mai scoraggiato. Lo scrivere per me è stato sempre più importante di qualsiasi idea di pubblicazione. Mi avvio verso gli ottantasette anni ("minchia" direbbe Montalbano). Ma la mattina è sempre la solita storia: mi siedo e mi metto a scrivere. Sarà questa forse una delle ragioni del successo?".
Se lo dice lei...
"Mah...".
Salvatore Ferlita
 
 

Quotidiano Net, 20.10.2011
Camilleri: «Dire la verità è sempre un rischio»
Montalbano sbarca sulla Bbc e lo scrittore rievoca una storia di inizio Novecento
In Italia, invece, arriveranno quattro episodi nuovi con Montalbano- Zingaretti e sei con il Montalbano giovane-Michele Riondino

Roma - Andrea Camilleri racconta una vicenda accaduta oltre un secolo fa per parlare dell’Italia di oggi. Ne “La setta degli angeli”, edito da Sellerio, da oggi in libreria, ricorda un fatto realmente accaduto nel 1901 in un paesino siciliano. Intanto, continua il successo della sua creatura più famosa, Montalbano. Il celebre commissario di Vigata tornerà presto in televisione: in Italia con nuovi episodi, mentre la serie è stata acquistata dalla Bbc, che la trasmetterà in chiaro, in prima serata.
Camilleri, cosa accadde nel 1901 a Palizzolo?
«In un paesino in provincia di Palermo, Alia nella realtà, Palizzolo nel romanzo, l’avvocato Teresi, un socialista umanitario che faceva anche il giornalista, scoprì un ignobile accordo tra alcuni sacerdoti. Questi, fingendo pratiche pie, assoggettavano alle loro turpi voglie alcune ragazze. Ma a me interessava soprattutto quello che accadde dopo. L’avvocato Teresi, inizialmente acclamato come portatore della verità, in seguito venne accusato di avere infangato il paese. Messo da parte come un appestato, dopo avere ricevuto alcune minacce, fu costretto a scappare negli Stati Uniti. Non ho voluto fare un libro anticlericale, ma puntare l’indice su un fenomeno assai diffuso oggi nel nostro Paese, ovvero il rifiuto della conoscenza della verità».
Una storia che richiama l’attualità, il dibattito sulle intercettazioni e la legge bavaglio. L’Italia non è cambiata?
«Direi proprio di no, per questo scrivo questi romanzi storici. Naturalmente io ho romanzato la storia, ma il punto di partenza è assolutamente autentico, come testimoniano anche alcuni articoli che scrisse sulla vicenda don Luigi Sturzo. Sono stato profetico perché questo libro è di quattro anni fa. Poi Sellerio ha preferito pubblicare prima altri miei romanzi e questo esce ora».
Non a caso ora, forse?
«Non a caso. A me, quello che preme, non è tanto lo scandalo dei preti. A me interessa questo ribaltamento di atteggiamento verso la persona che aveva rivelato la verità. L’invito, allora come oggi, è quello di farsi i fatti propri. Mettere il dito in cose sgradevoli, poi si ritorce quasi sempre, in Italia, contro chi ha messo il dito. Teresi rimase completamente isolato, nessuno intervenne in sua difesa e fu perfino scomunicato dall’arcivescovo di Cefalù. Oggi si fa il processo a chi divulga le intercettazioni, non a chi ha detto le cose intercettate. In ogni caso, oggi, grazie alla possibilità d’informazione, non tanto per le vie ufficiali, vale a dire tv e e stampa, ma attraverso il web, diventa quasi impossibile celare le notizie».
Che atteggiamento ebbe la Chiesa?
«Lo stesso che ha avuto con i preti pedofili, cioè cercare di coprire, di risolvere la cosa all’interno della propria organizzazione. La vicenda venne fuori perché un prete confessò di avere messo incinta una minorenne e da quel momento iniziò l’indagine di Teresi. I sacerdoti, due andarono in galera, gli altri furono sospesi a divinis. Ma a me preme di più vedere come la Chiesa, assieme alla mafia, al potere e alla nobiltà, poi, faccia in modo che questo povero disgraziato debba scegliere tra la morte o l’andare in America. E sceglie l’America».
E’ di pochi giorni fa la notizia che la Bbc ha acquistato tutta le serie di Montalbano.
«E’ una bella soddisfazione. Mi auguro che la trasmettano sottotitolata. Se ben fatti, i sottotitoli funzionano meglio del doppiaggio, che comunque non potrebbe rendere il colore della cadenza siciliana. I miei libri sono distribuiti, con la stessa traduzione, sia negli Stati Uniti che in Inghilterra, ma vendo assai di più in Inghilterra. Tant’è vero che cominciano a scrivermi lettori inglesi. Significa che questo genere di poliziesco all’italiana incontra più favore in Inghilterra che negli Stati Uniti. Forse perché è meno sanguinolento dei prodotti americani, meno violento. Per questo penso che la serie andrà bene».
In Italia, invece, arriveranno quattro episodi nuovi con Montalbano- Zingaretti e sei con il Montalbano giovane-Michele Riondino. Un rischio proporre un attore diverso?
«E’ una sfida. Ho visto la prima puntata e mi ha rassicurato molto. Mi è sembrata ottima. Sarà una bella scommessa vedere il vecchio e il giovane Montalbano a confronto».
Beatrice Bertuccioli
 
 

Il Messaggero, 20.10.2011
L’anticipazione. “La setta degli angeli” nuovo romanzo dello scrittore siciliano
Uno sguardo dissacrante sulla commedia umana
Camilleri. Il circolo dei potenti
L’adesione di un nuovo socio messa ai voti dai notabili nel 1901
Colonnelli, baroni, marchesi, preti e l’innominabile capomafia del paese

Uno scandalo (vero) nella Sicilia del 1901. E un avvocato-detective, Matteo Teresi, che indaga su una setta segreta, composta da preti e da alcuni notabili. Oggetto delle attenzioni del gruppo sono le vergini devote o le giovani donne in procinto di maritarsi per le quali si organizzano ben strani esercizi spirituali…”La setta degli angeli” (Sellerio editore, 258 pagine, 14 euro), il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, da oggi in libreria, è un giallo illuminato dall’ironia e da un sarcasmo irriverente, Una amara commedia umana che abbraccia circoli di nobili, salotti di paese, sacrestie e tribunali. Anticipiamo aun parte del primo capitolo.

«Se i signori soci vogliono prestare un momento d'attenzione» [...]
Andrea Camilleri
 
 

Il Piccolo, 20.10.2011
Quella vicenda vera d’inizio Novecento
Camilleri e l'ombra del male in un paesino della Sicilia dove non indaga Montalbano
Scrive Andrea Camilleri nella nota conclusiva della “Setta degli angeli”: «Questo romanzo volutamente stravolge, fino a renderli irriconoscibili tanto da sconfinare nel campo della pura fantasia, i fatti che realmente accaddero in un paese siciliano, Alia, all’inizio del secolo scorso. Un prete, Rosalino Martino, viene deferito dall’Autorità giudiziaria per corruzione di ragazze minorenni. Un ex farmacista del luogo, poi diventato avvocato, Matteo Teresi, che dalle pagine del suo giornaletto, “La Battaglia”, combatte le prepotenze dei mafiosi, degli agrari e del clero, comincia un’indagine su quel fatto e arriva alla strabiliante scoperta che i preti di Alia hanno fondato una setta segreta». Da “La setta degli angeli” di Andrea Camilleri pubblichiamo l’inizio del primo capitolo “La questione delle palline”, per gentile concessione di Sellerio Editore.

«Se i signori soci vogliono prestare un momento d'attenzione» [...]
Andrea Camilleri
 
 

Il Piccolo, 20.10.2011
Una storia bella e scoppiettante anche senza il commissario

Questa volta Montalbano non c’è. Ed è un peccato. Perché, senza di lui, l’ombra del Male si allunga implacabile su un paese della Sicilia, seimila anime o poco più. Palcoscenico perfetto per una delle storie più scoppiettanti e belle che Andrea Camilleri abbia scritto negli ultimi anni. A ben guardare, però, quasi quasi è meglio che l’ingombrante commissario sia assente dalle pagine di questo nuovo romanzo. Lo scrittore, infatti, vola libero a costruire una storia che si fa leggere a rotta di collo. Strappando risate a scena aperta. La trama della “Setta degli angeli”, che la casa editrice Sellerio (pagg. 236, euro 14) distribuisce oggi nelle librerie, affonda le radici nella realtà. Al punto che lo stesso Andrea Camilleri, questa volta, ha voluto scrivere una nota a conclusione del romanzo. Per ricordare i fatti che avvennero all’inizio del ’900 in un paesino siciliano, Alia. Tutto parte da un falso allarme colera. Uno dei notabili della piccola borgata siciliana, Don Anselmo Buttafava, scappa in gran fretta con la moglie verso la tenuta di campagna, temendo di essere contagiato dalla malattia. Il fatto è che si è imbattuto in uno dei medici della zona, che non ha voluto rivelargli perché il palazzo del barone Fofò Lo Mascolo sia sprangato. E nessuno vi può entrare. In realtà, dietro questa misteriosa e improvvisa indisposizione, si nasconde tutt’altro. All’improvviso, alcune ragazze del posto si sono ritrovate incinta. Alla domanda chi fosse il padre hanno risposto, tra le lacrime, che era opera dello Spirito santo. In mezzo a questo oscuri maneggi di nobili e mafiosi, di nullatenenti e preti che spadroneggiano, l’unico che tenta di non perdere la ragione, e che anzi si lancia in una vera e propria indagine privata, è l’avvocato dei poveri, Lui, che è anche giornalista, Matteo Teresi non crede al colera, non crede all’ombra del Male. E anche se tutti lo considerano una sorta di figlio di Satana, di provocatore, riuscirà ad arrivare a capo della storia. Spalleggiato dall’integerrimo capitano Montagnet, un piemontese che non si lascia incantare dagli strilli della Chiesa. Perché dentro le sacrestie c’è del marcio.
Alessandro Mezzena Lona
 
 

Giornale di Sicilia, 20.10.2011
Libri. Esce oggi “La setta degli angeli”, il nuovo romanzo dello scrittore empedoclino edito da Sellerio. Un avvocato svela i sordidi segreti d’una sacrestia
Camilleri, misteri e scandali d’inizi ‘900
”Don Anselmo fumo fa!”, “Il sicario!” sclamò don Stapino Vassallo. E currì verso la pultruna ad damascata
Esce oggi per Sellerio “La setta degli angeli” di Andrea Camilleri (228 pagine, 14 euro) che fra ironia, romanzo civile, tragediatori, tonache e sotane, mette in scena un teatro dell’ipocrisia e dell’infamia. Per gentile concessione dell’editore ecco un brano dal primo capitolo “La questione delle palline”

«Se i signori soci vogliono prestare un momento d'attenzione» [...]
Andrea Camilleri
 
 

Giornale di Sicilia, 20.10.2011
Tra fantasia e cronaca. Prende spunto da fatti realmente accaduti
Una storia antica che sembra una storia d'oggi

«I lettori non sanno che in Palizzolo, tra alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale e del nome di uomini, esiste una setta, detta per irrisione angelica. Questi settari, abusando del Sacramento della Confessione, inducono alcune penitenti ad atti ignominiosi... Questa setta è circondata dal massimo mistero, i preti-settari fanno le viste di persone di orazione e le beghine sono le più assidue alle lunghe (troppo lunghe) pratiche di pietà in chiesa. Il fatto che questi preti siano stati deferiti all'Autorità giudiziaria per corruzione di minorenni ha svelato la turpissima setta di Palizzolo e ha fatto conoscere il suo segreto statuto». Così scriveva nel 1901 don Luigi Sturzo su Il Sole del Mezzogiorno.
Prende le mosse da questo fatto storico il nuovo romanzo di Andrea Camilleri (La setta degli angeli, Sellerio, pp. 228,14 euro) che fra ironia, romanzo civile, tragediatori, tonache e sottane, mette in scena un teatro dell'ipocrisia e dell'infamia. L'indagine di un avvocato-giornalista Matteo Teresi svela sordidi arcani all'ombra di una sacrestia. Giovani vergini «avviate» al matrimonio attraverso pratiche che nulla hanno a che vedere con preghiere e rosari. Stesso trattamento riservato a parrocchiane e vedove devote. Sono preti i «sacerdoti» di questa religione con la faccia maligna alla quale venivano ammessi, incappucciati, alcuni maggiorenti della bassa aristocrazia di paese. Teresi scrive e svela, dando vita a uno scandalo enorme ma mettendosi nei guai. Infatti, su tutto e tutti, invisibile ma denso, cala quello che Salvatore Silvano Nigro chiama «solidarismo ipocrita». E ci pare di stare a leggere una storia, tutto sommato, recente.
Giancarlo Macaluso
 
 

Europa, 20.10.2011
Le voci e le storie degli altri

«Ragazzo, la tua storia è vagabonda come il mondo. Tu sei l’Africa da dove siamo partiti tutti e continuiamo a farlo. Sei il pastore che segue le piogge con le mandrie...Sei la processione delle cicogne, la loro infallibile rotta...Sei il turno di notte del mondo, l’insonnia che permette agli altri di dormire...Benvenuto al peggio che ti offriamo».
La bellissima prosa poetica di Erri De Luca introduce il lettore a una delle dieci storie vere raccontate in Terre senza promesse (Avagliano editore), un agile libretto curato dal Centro Astalli, che è stato presentato ieri in Campidoglio.
L’idea, pienamente riuscita, è stata quella di chiedere a personalità note della cultura e del giornalismo di introdurre i singoli racconti, riguardanti donne e uomini rifugiati dal Corno d’Africa, un’area legata al nostro paese da complesse e forti vicende storiche: Etiopia, Somalia, Eritrea. Oltre a De Luca, hanno accettato di partecipare al progetto, “adottando” una storia, Andrea Camilleri, Gad Lerner, Giulio Albanese, Amara Lakhous, Antonia Arslan, Giovanni Maria Bellu, Melania Mazzucco, Ascanio Celestini ed Enzo Bianchi.
Ne è venuto fuori un lavoro corale, dove però non si perde l’individualità delle vicende e dei sentimenti che le accompagnano. C’è il giovane militare eritreo che all’improvviso decide di fuggire perché non vuole più servire il dittatore; la ragazza etiope che affronta il carcere libico prima di arrivare a Lampedusa, costretta ad andarsene dalla sua patria perché perseguitata a causa delle sue origini “Oromo”; il giornalista somalo che cerca scampo dopo aver partecipato ai funerali del suo direttore e di un collega assassinati; ci sono i due fratelli minorenni che abbandonano la Somalia perché il padre ucciso apparteneva al clan sbagliato; e altri personaggi ancora. Storie diverse tra loro, accomunate dall’obiettivo di tutti i rifugiati dal Corno d’Africa: trovare in Italia libertà, accoglienza e ascolto anche in nome di una storia passata. Proprio per questo, spesso la delusione è cocente.
I protagonisti delle vite descritte in questo libro sono persone che hanno frequentato o frequentano il Centro Astalli, dal 1981 in prima linea sul fronte del rifugiati. Hanno affidato i propri racconti a Emanuela Limiti, Donatella Parisi, Chiara Peri e Sara Tarantino, che hanno saputo dar loro voce con una capacità di interpretazione e di scrittura notevolissima, tanto da non sfigurare affatto rispetto ai nomi importanti che introducono le storie.
Mariantonietta Colimberti
 
 

Il Cittadino, 20.10.2011
L’Italietta ipocrita della città di Vigata

Dedicati all’amica, l’editrice palermitana Elvira Sellerio, questi otto racconti scritti con la abituale ironia da Andrea Camilleri costituiscono un solo romanzo; sono, infatti, le vicende di Vigata, la cittadina siciliana immaginata dallo scrittore in cui si riflettono le sue memorie e che fa da scenario a storie di femmine e tradimenti, ipotetiche congiure, risse e sparatorie in un parapiglia divertente e divertito. Con i protagonisti sullo sfondo, la Storia si intreccia con le piccole storie che lo scrittore ritrae con la lente del sarcasmo: un’era, quella fascista, patriarcale ed autoritaria, i cui gerarchi e podestà, avvocati e chiromanti, preti e comunisti , imbroglioni e furbi, sono raffigurati nelle loro miserie, nelle assurdità di tante situazioni tra tradimenti e solitudini, connivenze e furberie. Con l’uso del dialetto siciliano e sapienti descrizioni ricche di dettagli mai casuali, lo scrittore inserisce con sagacia i suoi personaggi, trascinati dal destino, irridendoli e imprigionandoli in una tela di ragno, dentro un’architettura perfetta e trame complesse e ben congegnate. Camilleri conferma in tal modo il suo stile popolar-letterario in questi racconti che si leggono d’un fiato, che affascinano per le trovate imprevedibili, il ritmo perfetto, l’umanità dei personaggi. Piccoli capolavori che vedono Vigata al centro della storia di un’Italietta falso-borghese, fatta di apparenze. Un Camilleri- cantastorie che si appassiona e affascina, sorride sarcastico all’ideologia fascista, affabula e chiude con la sua inconfondibile firma:un sorriso beffardo.
Antonino Sidoti
 
 

Sul Romanzo, 21.10.2011
“Giudici” di Camilleri, De Cataldo, Lucarelli

Tre nomi noti. Tre grandi scrittori. Tre maestri del giallo si cimentano in una nuova sfida: descrivere una professione originale e complessa attraverso tre racconti inediti; una “figura umana – come viene definita sulla quarta di copertina – al crocevia tra bene e male”: quella del giudice. Il primo racconto è Il giudice Surra di Andrea Camilleri. Lo scrittore siciliano narra di un inflessibile uomo di legge, di una persona mite che, senza saperlo, diventa un eroe per tutti gli abitanti di Montelusa, il piccolo paese siciliano in cui è ambientato il racconto. La storia si svolge in un periodo molto particolare: quello appena successivo all’unità d’Italia. Il giudice Surra, trasferitosi da Torino e ancora poco conoscitore del posto, entra in conflitto con un’organizzazione locale anomala: una strana associazione che si fa chiamare “Fratellanza”. Un gruppo di persone che presto verrà etichettato come “Maffia”. Inconsapevole del gioco sporco e della spietatezza di certa gente, Surra si troverà a fronteggiare un pericolo dopo l’altro e a combattere, inconsapevolmente, lo strapotere dei piccoli boss locali. Scritto in maniera impeccabile, Il giudice Surra è un racconto che ricorda i romanzi gialli del commissario Montalbano. Lo stile è lo stesso: periodi concisi ed essenziali, descrizioni veloci e scarne, dialoghi brevi e stringati alternati da parole in dialetto siculo. Camilleri, ancora una volta, si conferma un maestro nel tratteggiare le bellezze della sua terra. E lo fa con sagacia ed ironia, strizzando l’occhio al lettore. In più d’una occasione, riesce a strappare un sorriso a chi legge; a volte per le traversie del protagonista narrate con disinvoltura, altre volte per i termini adoperati, scelti saggiamente con acume e sagacia. Volendo segnalare un aspetto negativo di questo racconto, si può sottolineare il finale, che lascia quasi in sospeso la storia. Arrivati all’ultima pagina, ci si trova di fronte ad un’improvvisa interruzione della narrazione, uno stacco netto, che forse può far storcere il muso agli amanti delle storie di Camilleri, non abituati a finali veloci e troncati.
Il libro continua con il racconto di Lucarelli, La Bambina. La vicenda si svolge a Bologna nel 1980. Il protagonista della storia è ovviamente un giudice. Una donna. Anzi, una ragazzina. Già, perché nonostante i suoi anni – trenta appena compiuti – Valentina ne dimostra di meno. Molti di meno. E ciò le ha fatto guadagnare un nomignolo curioso: la Bambina, appunto. Un giorno, a causa di varie peripezie, il giudice si ritrova in clandestinità ed al centro di una vera e propria guerra senza esclusione di colpi. Una battaglia a suon di omicidi e altri efferati delitti. Una serie di crimini che modellano una storia torbida, dove gli attori sono poliziotti corrotti e istituzioni deviate.
Dopo Grazia Negro, l’ispettrice di polizia specializzata in crimini violenti e protagonista di diversi suoi romanzi, Lucarelli forgia un’altra eroina femminile. Un personaggio atipico, ma amabile e ammirevole.
Il racconto del giallista di Bologna è avvincente e ricco di colpi di scena, che lasciano senza fiato il lettore. Lo stile è quello tipico di Lucarelli: colmo di costruzioni paratattiche e paragrafi non troppo lunghi. Le descrizioni dei luoghi e dei protagonisti sono ben fatte e la scorrevolezza complessiva del testo è ottima.
Un particolare di questo racconto, poi, merita di essere segnalato. È un espediente narrativo che Lucarelli ha già utilizzato in passato con romanzi come Un giorno dopo l’altro e Almost Blue. Quello d’integrare la musica – e in particolare strofe di canzoni note – all’interno della storia. Questa volta è il turno di Je so pazzo di Pino Daniele e di A Forest dei The Cure. Un sistema che, in pratica, aggiunge al racconto anche una colonna sonora ed accresce il potenziale immersivo della narrazione, irretendo il lettore all’interno della vicenda.
Il terzo ed ultimo racconto è di Giancarlo De Cataldo: Il triplo sogno del procuratore.
L’autore di Romanzo Criminale ci racconta la storia del procuratore Ottavio Mandati che “duella” a distanza con il suo vecchio compagno di classe, ora sindaco, Pierfiliberto Benazzi-Predicò. Quella di De Cataldo è una storia intarsiata di strani attentati e piccoli incidenti, che accompagnano una vicenda piena di frecciate beffarde e pungenti tra due grandi rivali. Ambientata a Novere, Il triplo sogno del procuratore è una storia eccentrica, molto particolare. In certi punti è piacevole ed illuminante, in altri, però, diventa poco chiara e disordinata. Sembra quasi che, capitolo dopo capitolo, gli avvenimenti siano slegati l’uno dall’altro. A volte, si fa fatica a seguire il filo logico della trama. Ad ogni modo, il tutto si risolve grazie ad un’abile sapienza narrativa. Nel complesso, Giudici (Einaudi, 2011) è un libro ben fatto e ben scritto. Consigliato soprattutto agli amanti del giallo e del noir. Una lettura non troppo impegnata per qualche ora di relax, da leggere magari nel tempo libero. Tra i tre racconti, spicca senza dubbio quello di Carlo Lucarelli, che ha qualcosa in più rispetto agli altri due.
Buona lettura.
Francesco Forestiero
 
 

L'Arena / Il Giornale di Vicenza / Bresciaoggi, 22.10.2011
Fumo di Sicilia
Il primo capitolo. L'inizio della storia realmente accaduta nel 1901

Don Anselmo Buttafava come al solito si era addormentato sulla poltrona. Quando il sigaro cominciò a bruciargli i pantaloni...
Andrea Camilleri
 
 

L'Arena / Il Giornale di Vicenza / Bresciaoggi, 22.10.2011
Camilleri scopre in sacrestia gli “esercizi” per pie vergini
Letteratura. Nel romanzo «La setta degli angeli» una turpe storia

Camilleri mette da parte (provvisoriamente) il commissario Montalbano. Sfrutta una vicenda realmente accaduta nella Sicilia di centodieci anni fa, la violenza sessuale a giovani parrocchiane da parte di sacerdoti e religiosi, che si proclamavano «La setta degli angeli», appunto, per denunciare un fenomeno assai diffuso anche nell'Italia di oggi: rifiutarsi di vedere la verità che è sotto gli occhi di tutti.
È il 1901. I giornali escono listati a lutto per la morte di Giuseppe Verdi, l'Europa guarda ad Antonio Fogazzaro che scrive Piccolo mondo moderno. La Duse torna a recitare a teatro mentre viene arrestato, per caso, il brigante Musolino. È imposta la tromba a tutte le auto in circolazione; l'amministratore delegato della Fiat è Giovanni Agnelli; si inaugura il primo Giro d'Italia in automobile mentre un terremoto dell'ottavo grado della scala Mercalli devasta il Garda e il Bresciano. Nessuna vittima, ma Salò è la città più colpita.
A Palizzolo, nel Trapanese, il giornalista-avvocato Matteo Teresi scopre che nel suo paese esiste una setta segretissima. Composta da preti e da alcuni notabili, la «Setta degli angeli» organizzava esercizi spirituali per vergini devote o giovani donne in procinto di sposarsi per prepararle alla vita coniugale. Gli esercizi, che si svolgevano in sacrestia nelle ore in cui le chiese erano chiuse ai fedeli, dovevano portare le ragazze «alla comunicazione con la grazia divina e all'elevazione a gradi sublimi di perfezione». In realtà, com'è facile intuire, gli esercizi consistevano in «atti ignominiosi» e «contro natura» ai quali le giovani venivano indotte dai preti e dai pochissimi eletti che però agivano incappucciati.
Scoppia uno scandalo in tutta Italia. Intervengono politici di primo piano, come don Luigi Sturzo e Filippo Turati. Il nome di Palizzolo finisce sui giornali nazionali. Un sacerdote è arrestato, gli altri espulsi. Naturalmente, le sei ragazze siciliane sono rovinate: nessuna troverà marito. Ma l'autore precisa subito: «A me questo fatto interessa come premessa. Non voglio che il mio lavoro sia scambiato per un libro anticlericale o altro. Questa idea è lontanissima da me». Ciò che ha motivato Camilleri a scrivere è il seguito della suqallida vicenda. Perchè a rimetterci sarà, paradossalmente, l'avvocato che ha denunciato il caso. Matteo Teresi è messo al bando dalla comunità in quanto ha rovinato il nome del paese, gli ha dato pessima fama. «Chi era acclamato come portatore della verità diventa un appestato». Un colpo di fucile sparatogli come avvertimento, gli farà capire che è il caso di cambiare aria. E l'avvocato non se lo fa ripetere e scappa negli Usa.
Il seguito de La setta degli angeli, pubblicato da Sellerio, 258 pagine, 14 euro, non è scritto nel romanzo. Ma è anche questa storia. «L'avvocato Matteo Teresi», spiega Camilleri, «era un socialista idealista. Anche in America prosegue a lavorare come avvocato dei poveri, così come faceva in Sicilia». «È questo ribaltamento di posizioni il senso del romanzo», conclude l'autore, «Il rifiuto, ieri come oggi, di conoscere la verità».
Antonio Di Lorenzo
 
 

Messaggero Veneto, 22.10.2011
Una scandalosa setta degli angeli: s'indaga senza Montalbano

Roma. Il nuovo romanzo di Andrea Camilleri, La setta degli angeli puntualmente per i tipi di Sellerio, ma questa volta senza il mitico commissario Montalbano, si svolge nel 1901 e si basa su un fatto realmente accaduto. L’avvocato – giornalista Matteo Teresi scopre e rivela che in un paesino, Palizzolo, esiste una «turpissima setta» come verrà poi definita da Don Luigi Sturzo in un articolo per Il Sole del Mezzogiorno, formata da «alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale». Questi sacerdoti e alcuni notabili, secondo il racconto di Camilleri «fingendo pratiche pie e religiose (ovvero organizzando esercizi spirituali per vergini devote o giovani donne in procinto di maritarsi) assoggettavano alle loro turpi voglie delle donne». Allo scoppio dello scandalo uno dei sacerdoti fu arrestato e altri furono espulsi. Nella vicenda, oltre a don Luigi Sturzo intervenne anche il padre del socialismo riformista italiano, Filippo Turati, dato che Teresi era un socialista, ma ben presto, l’avvocato giornalista, dopo le acclamazioni iniziali fu oggetto in paese di ritorsioni e di emarginazione. Fino a quando un colpo di fucile non gli fece comprendere che è meglio cambiare aria. Così emigra e si rifugia negli Stati Uniti dove pare che si sia dato da fare per aiutare gli emigranti poveri.
(f.m.)
 
 

La Goccia, 23.10.2011
Camilleri torna in libreria con La setta degli angeli

Uno scandalo nella Sicilia del 1901: è da qui che parte il nuovo romanzo storico di Andrea Camilleri, uscito il 20 ottobre nelle librerie.
L'argomento è forte e parte da una notizia storica reale: la cronaca locale del 15 luglio 1901 firmata da Don Luigi Sturzo riferisce della esistenza di "alcuni preti degenerati, indegni del ministero sacerdotale e del nome di uomini che si erano riuniti in una setta detta irrisione angelica". Composta da preti ed alcuni notabili, la "setta degli angeli", organizzava esercizi spirituali per vergini o giovani donne in procinto di maritarsi per prepararle alla vita coniugale. In realtà, come è facile intuire, gli esercizi consistevano in ben altro.
Sarà l'Avvocato Matteo Terresi, montalbaniano per intelligenza ed intuito, a portare alla luce la "setta degli angeli", facendo scoppiare uno scandalo nazionale e trovandosi, di conseguenza, invischiato in guai seri. Lo accusano di essere un sovversivo, in lega con il diavolo nelle sue battaglie laiche. Viene indetta una crociata di espiazione contro "il diavolo sotto forma di avvocato".
Circoli di nobili, sacrestie e tribunali sono il teatro in cui si muovono preti, moralisti e dame, rappresentando, con la solita ironia di Camilleri, figure universali che non hanno solo un valore sociologico nella Sicilia dell'epoca, rendendo la storia quanto mai attuale.
Delia Adriani
 
 

Libri Blog, 23.10.2011
La setta degli angeli – di Andrea Camilleri

L’ultimo romanzo del grande scrittore siciliano Andrea Camilleri edito da Sellerio si discosta dal genere giallo poliziesco tanto caro all’autore e prende spunto da un fatto di cronaca realmente avvenuto nei primi anni del ’900, per poi mettere a nudo un vizio tutto italiano.
In un piccolo paese della Sicilia l’avvocato Teresi fa una scoperta sconvolgente, porta alla luce una setta segretissima formata dai preti del suo paese e da alcuni uomini in vista del paese stesso che erano dediti ad una missione particolare: attuavano esercizi spirituali con giovani vergini e donne in procinto di sposarsi, con l’obiettivo di elevarle alla “sublime perfezione”. E’ facile immaginare come questi esercizi, che si svolgevano nelle sagrestie delle chiese quando queste erano chiuse al pubblico ed alla presenza dei soli parroci e dei pochi eletti, si risolvevano in atti osceni e contro natura.
Ma una volta fatta questa scoperta sconvolgente e dopo averla fatta conoscere alla gente per l’avvocato Teresi cominciano i problemi, tanto che è costretto a lasciare il paese.
Con la sua solita ironia e il suo crudo sarcasmo, Camilleri sottolinea quello che è un vecchio vizio tutto italiano, quello cioè di trasformare il denunciante in denunciato, il giudice in reo, l’innocente in colpevole…
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.10.2011
Il direttore “Puntiamo su giovani e Sicilia”

Il nuovo corso di questa cruciale ottantesima stagione degli Amici della Musica, la prima a svolgersi, dopo quasi quarant'anni, senza la guida di Francesco Agnello (scomparso lo scorso novembre), è tutto racchiuso nell'immagine-simbolo scelta dal direttore artistico Dario Oliveri: l'attore Ernesto Maria Ponte ritratto mentre interpreta la fiaba musicale di Marco Betta e Andrea Camilleri "Magaria". Perché proprio questa fotografia? «Perché Ponte è espressione di sicilianità - dice Oliveri - come siciliani, seppur di generazioni diverse, sono gli autori di "Magaria" e interamente siciliana è anche la produzione dell'opera. Anche se la valorizzazione delle risorse artistiche della nostra regione è da sempre negli scopi statutari, abbiamo voluto intanto ricordare che gli Amici della Musica sono, come recita il nome completo, un'associazione siciliana e poi rimarcarne identità e finalità con questa immagine e con un programma in cui i siciliani hanno adeguato risalto. Inoltre, la foto tratta da "Magaria", opera nata per il cartellone dei ragazzi e quest'anno promossa alla stagione ufficiale, sottolinea l'attenzione sempre maggiore che intendiamo rivolgere a giovani e giovanissimi, cioè al nostro futuro, non solo nel portarli a teatro ma nel renderli attori della musica col loro coinvolgimento attivo in varie formazioni, come l'Orchestra Leonardo da Vinci o quelle che accompagneranno "Cenerentola Azzurro", fiaba musicata da Giovanni Sollima, e "Scene da Pollicino" di Hans Werner Henze, entrambe presentate nella rassegna "Bimbi a Teatro"».
[…]
Gigi Razete
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.10.2011
Il pescestocco di Antonello

Sembra che anche Antonello da Messina abbia favorito l'arrivo e la diffusione nella città peloritana del pescestocco dalla Norvegia, da dove il sommo artista ritirava gli oli vegetali e le terre colorate per la sua pittura. È una delle tante scoperte che si scovano leggendo il volume antologico Sciroccu, malanova e piscistoccu curato da Lucio Falcone. […] Nel volume troviamo sguardi d'autore: Boner, Cattafi, Dumas, Patti e Camilleri, che fa riferimento al «piscistoccu alla ghiotta, secunno l'antica ricetta missinisi».
Sergio Di Giacomo
 
 

Gianni Pittella, 25.10.2011
Andrea Camilleri in Prima Persona
 
 

Il Cittadino Online, 25.10.2011
Il saluto di Camilleri lancia "Leggere è volare"
Presentata in Provincia la XXI edizione della festa del libro per ragazzi

Siena. Una lettera di Andrea Camilleri apre la nuova edizione di Leggere è volare, presentata questa mattina in Provincia. "Gentile Assessore Saletti, le scrivo per fare i complimenti a Lei e a tutti gli organizzatori della festa del libro per ragazzi. Mi fa molto piacere sapere che in un momento così difficile per la cultura voi state lavorando per sostenere proprio l’amore della lettura ai ragazzi con una vera e propria festa! Io ho scritto e ho detto molto dei 150 anni dell‘Unità in questi mesi e devo dire di essere stato assai contento di poter studiare e quindi stupirmi ancora di come sia avvenuto questa unificazione. Un processo quasi magico vista la differenza delle lingue, delle tradizioni e delle culture che abitavano e che abitano la nostra Italia. Proprio per celebrare questa magia spero che tutti noi continuiamo ad aver presente che solo la molteplicità delle culture ha potuto creare un paese così straordinario come il nostro. Credo infatti che la cultura sia l’unica cosa che rende libero l’uomo. Solo grazie alla conoscenza si può avere la possibilità di scegliere in modo consapevole. Un caro saluto a Lei ma soprattutto a tutti i ragazzi che parteciperanno alla Festa. Cordialmente, Andrea Camilleri”.
Viatico migliore non poteva avere la XXI edizione di “Leggere è volare, mostra del Libro per bambini e ragazzi nelle Terre di Siena”. Una vera festa della lettura intelligente che apre i battenti il 4 novembre sotto la tendostruttura della Lizza ma farà incursioni quotidiane nelle scuole di tutti i comuni. Al saluto affettuoso del padre del commissario Montalbano ha fatto eco un’altra firma d’eccellenza, il manifesto firmato da Milo Manara, straordinario disegnatore che Siena celebra in questi giorni con una personale al Santa Maria della Scala.
[…]
 
 

Corriere di Siena, 25.10.2011
Torna Appetizer, tante novità.
Anche su internet collegandosi al blog della trasmissione.
TeleIdea Riparte la trasmissione

Chianciano Terme. Da oggi torna l'appuntamento pomeridiano con "Appetizer", il talk show ideato e condotto dalla giornalista Chiara Lanari, in onda dal martedì al venerdì dalle 18,30 alle 19,30 sull'emittente TeleIdea (visibile in Umbria, Toscana e alto Lazio in chiaro e sul canale 40 in digitale terrestre). Anche quest'anno saranno tanti gli ospiti e i temi affrontati negli studi di Chianciano Terme con possibilità di vedere l'emittente in streaming anche su internet collegandosi al blog della trasmissione apertitivocon.blogspot.com o alla pagina Facebook "Appetizer, aperitivo con". [...] Giovedì sarà la volta dell'Associazione "Iosempredonna" che presenterà il Concorso letterario "Donna Sopra le Righe" con contributi della presidente Pinuccia Musumeci e del primo presidente onorario Andrea Camilleri. [...]
 
 

Solo Libri.net, 25.10.2011
Il colore del sole – Andrea Camilleri

"Il colore del sole" (Milano, Mondadori, 2007) fa conoscere il Caravaggio attraverso l’inventività dell’apocrifo in base al quale le descrizioni si distaccano arbitrariamente dalla biografia ufficiale. In tale ottica, la narrazione, che procede provocando coinvolgimenti e attese, intreccia diverse dimensioni quali i paesi attraversati da Michelangelo Merisi, singolari eventi, stati d’animo e produzione delle sue opere d’arte. L’atmosfera dell’insolito ne accresce il fascino. Del resto, è Camilleri stesso a dichiarare, all’inizio della descrizione concernente la strana vicenda capitatagli, la sua propensione al “noir”:
“Cominciai a fiutare aria di mistero. Oltretutto scrivevo romanzi polizieschi e sono, per una certa deformazione professionale, portato a vedere possibili intrighi in ogni fatto che non sia subito chiaro, addirittura non illuminato in ogni angolo da una luce solare”.
Egli, nella tarda primavera del 2004, arriva in Sicilia da Roma e raggiunge Siracusa per assistere alla rappresentazione di una tragedia classica che lo interessa. Di lui si sa ogni minimo spostamento. E infatti, “uno sgradevole individuo”, sedutosi nel teatro greco accanto a lui, gli mette in tasca senza farsene accorgere un biglietto recante un numero a cui telefonare da una cabina pubblica. Egli viene così condotto col suo consenso in una località dalle parti di Bronte, cittadina alle pendici dell’Etna. Tanti i colpi di scena! In un casale avviene l’incontro con un signore che gli offre l’opportunità, in ossequio alla volontà della moglie defunta da tre mesi, di copiare alcune pagine da una sorta di brogliaccio di appunti. Siamo così nell’espediente che dà il via all’intrigante racconto su Caravaggio: cioè, il ritrovamento d’un manoscritto, di cui la signora era venuta in possesso, perché discendente da quel Minniti, pittore siracusano e grandissimo amico del Merisi. Dunque: “una novità assoluta per gli studiosi”. E’ a questo punto che Camilleri, avvalendosi di un italiano seicentesco di gradevole lettura e dando la parola al pittore medesimo, costruisce per finzione i fatti dove una delle note dominanti è l’assurdo. Caravaggio, uomo dal temperamento avventuriero, nonché vittima di strambe peripezie e capace però di adattarsi alle situazioni incontrate, può così raccontare se stesso a partire dalla genesi della sua vocazione pittorica. Rilevante nell’opera il periodo trascorso a Malta, dove egli giunse assieme al siciliano Mario Minniti. Quindi, l’arrivo in Sicilia nell’estate del 1607 e il breve soggiorno nell’Isola, dove la narrazione consegna al lettore una fisionomia dell’artista, sconosciuta alla storia ufficiale. Nell’ampio ventaglio dei fatti raccontati si distinguono: il motivo dell’arresto da sempre rimasto oscuro; il modo di evadere dal forte Sant’Angelo; le soste in località siciliane dopo l’approdo in prossimità della “Scala de li Turchi”; l’incontro del pittore con il tempio de la Concordia in un modo che richiama la sindrome di Stendhal; la spiegazione data sulla realizzazione delle sue opere.
Fascinoso pertanto questo racconto che, tra il poliziesco e l’autobiografico, suggestiona per la ludicità e visionarietà della scrittura. Quale in conclusione l’immagine del Caravaggio uomo e pittore che può desumersi dalla sua vita raminga? La narrazione, che pure tocca il problema del trafugamento di opere d’arte, si incentra su inaspettate scoperte condotte con finezza, oltre che con rigore e astuzia narrativa.
Federico Guastella
 
 

Radio Libriamoci Web, 26.10.2011
Radio Libriamoci Web incontra Andrea Camilleri - Oggi a Tra le righe

A dieci giorni dall'uscita in libreria del suo ultimo romanzo dal titolo “La setta degli angeli” edito da Sellerio, Andrea Camilleri apre le porte della sua casa romana a Radio Libriamoci Web.
Una chiaccherata tra siciliani all'insegna dell'informalità nella quale il papà di Montalbano parla di se e dei suoi libri con Adelaide Spallino.
Un evento unico, un incontro atteso da tempo, che la webradio siciliana, impegnata fin dalla sua fondazione sul fronte della promozione della lettura, proporrà ai suoi ascoltatori nella prossima puntata di “Tra le righe”.
Radio Libriamoci Web incontra Andrea Camilleri. Lunedì 31 ottobre ore 16.20. Replica alle 22.20. http://www.rlwebradio.com
 
 

Rai Letteratura, 26.10.2011
Autoritratti
Camilleri: come nasce una nuova lingua
[L'intervista è stata riproposta in seguito più volte ma sicuramente, a giudicare dai contenuti, è risalente a prima di settembre 2004, con integrazioni successive. Brani dell'intervista sono stati poi pubblicati sul libro di Gianni Bonina "Il carico da undici", NdCFC]

L’accipe è un gioco che consiste nell’evitare di dire parole in dialetto. Chi ne pronuncia una prende l’accipe e fa penitenza. Su come nascono i libri di Camilleri neppure lui ha le idee chiare se ha detto che forse è stato l’accipe a portarlo a scrivere un personalissimo italiano dialettato. Che ha molte analogie con la parlata siculo-americana, fatta di termini desueti e di proposizioni miste.
Avendo amato e frequentato Jerre Mangione, non può darsi che certe suggestioni siano venute a Camilleri da lui?
Può darsi. Ma devo dire che onestamente un certo interesse per il dialetto l’ho sempre avuto. Cominciamo da questo punto se vogliamo trovare le mie radici. Io avevo una nonna, Elvira, che mi leggeva non solo Alice nel paese delle meraviglie ma mi recitava anche a memoria, io appena un bambino, le poesie dell’abate Meli. E ricordo che mi piaceva molto sentire il suono del dialetto, per cui stavo lunghe ore ad ascoltarla. A casa mia del resto si parlava esclusivamente il dialetto e solo dopo molto tempo si è cominciato a parlare anche italiano. Sa che cosa mi faceva scialare? Qua, sotto casa, c’era una volta – sto parlando di quando potevo avere sei annuzzi – una sorta di magazzino. Ora c’è un negozio di tessuti. Là dentro facevano l’opera dei pupi con tanto di cartellone fora con le scene. Era un teatrino vero e proprio, con le panche e tutto quanto. Mi piaceva molto la storpiatura che facevano dell’italiano, cioè il tentativo che facevano di parlare in italiano. Cercano uno. “Andiamo a lo castello così lo potiamo trovare”. Non era una presa in giro di quei poveracci che si sforzavano di trovare la parola italiana, ma mi divertiva quello che veniva fuori da quei tentativi. Un giorno, diventato più grandicello, mi capitò tra le mani un libro straordinario di poesie. Non so dove è andato a finire. Era un libro stampato a New York negli anni Trenta e conteneva poesie d’amore scritte in quella lingua strepitosa che era l’italo-siculo-americano. Versi come “Tengo uno storo abascio città” mi rivelavano una lingua stupenda. Poi, tempo ancora dopo, lessi un romanzo di cui non ricordo l’autore, Stella, La Stella, che fu pubblicato da Garzanti: una storia deliziosa scritta in italiano ma con vocaboli della Bassa Padana. Lì fu che ebbi la prima intuizione che si poteva scrivere in quel modo. Io, naturalmente col mio dialetto...
Mangione?
Mangione scriveva in un bellissimo americano e quando parlava usava quella lingua siciliana desueta che nemmeno io riprendo più.
Ma allora La mossa del cavallo, con il recupero di idioletti infantili e giocato com’è sul significato di una parola sufficiente a imbastire un imbroglio, è frutto di questo terreno di coltura?
Io ci ho giocato eccome con le parole. Da piccolo passavo gran parte dell’anno in campagna, che poi era a due chilometri dal paese. E lì c’era un mezzadro, Minicu, col quale trascorrevo giornate intere ad ascoltare. Minicu mi raccontava le storie dei contadini e io lo pagavo con le sigarette Milit di mio padre. Con una di queste storie ho terminato per esempio l’intervento che ho fatto per la laurea honoris causa della IULM. L’uomo con due teste che parlano due lingue diverse che non gli fanno capire niente trasformandolo in un mostro, ma che torna normale quando parlano la stessa lingua.
Insomma lei ha ripreso il mestiere dei demopsicologi ottocenteschi che andavano alla ricerca di tradizioni popolari, leggende e “parità”. Del resto anche Verga e Pirandello chiedevano da fuori ai loro corrispondenti in Sicilia di spedire loro proverbi e modi di dire siciliani...
Il mio corrispondente si chiamava Peppe Fiorentino, al quale ogni tanto facevo leggere i miei manoscritti. Lo chiamavo e gli dicevo: “Peppi, quando siamo in questa situazione come si dice?”
Quando lei fa leggere a Sciascia La strage dimenticata lui l’avverte che il dialetto non si usa in un saggio come in un romanzo e lei alleggerisce la parte saggistica. Anni dopo terrà ben conto della raccomandazione di Sciascia scrivendo Biografia del figlio cambiato...
In Biografia del figlio cambiato mi pare evidente che la presenza del dialetto via via viene meno con l’età di Pirandello fino ad arrivare a un italiano permanente. L’idea era infatti di mitizzare attraverso il dialetto l’infanzia di Pirandello e dunque l’uso che ne faccio è estremamente strumentale. Quanto alla raccomandazione di Sciascia, alleggerii molto il testo di dialetto, certo. La prima versione di La strage dimenticata, che dovrebbe trovarsi ancora alla Sellerio (perché io butto tutto: non c’è traccia del lavoro che faccio, nemmeno le bozze corrette), si intitolava “Digressioni per una doppia strage”. Poi prese un titolo più narrativo. Vede, il mio problema si poneva nei modi di un aut aut: o scrivevo in quel modo o niente.
Sciascia in realtà arrivava ad ammettere il “dialetto borghese”, quell’ibrido, diceva, di lingua e dialetto che con qualche arrotondamento diventa lingua.
E’ la stessa opinione che aveva Pirandello. Ma attenzione. Quando scrive, in quell’articolo intitolato "il teatro siciliano", col punto interrogativo, che solo il linguaggio borghese può essere in dialetto in quanto oggetto del dialogo stesso, io poi dico sissignore, ma poi scrive Liolà.
Pirandello diceva in un saggio su “La vita nuova” che non esiste una lingua nazionale e che ovunque si parla il provinciale. E semmai la lingua italiana esiste solo nell’opera scritta.
Nell’opera scritta ma anche nelle scuole. In questa polemica furibonda lui arriva a dire che è un errore pacchiano sostenere che Dante si è inventato l’italiano.
Sciascia ammette che Liolà riesce meglio in dialetto che in italiano, ma è perché conosciamo la versione in lingua che apprezziamo quella in dialetto. Insomma sia Sciascia che Pirandello non erano entusiasti del dialetto. E sia l’uno che l’altro sono suoi conterranei e suoi padri putativi: padri che l’hanno però contrariata.
E’ vero, ma torno a ripetere che ci sono spazi di necessità nei quali non posso muovermi per mia natura. Sono anche disposto ad alleggerire un saggio, ma nei romanzi storici non ce la faccio. Diverso è il caso dei libri di Montalbano che non hanno, se ci fa attenzione, la stessa carica dialettale dei romanzi storici – anche perché mi sono messo dalla parte dei lettori di romanzi gialli che devono soprattutto fare i conti con l’enigma della scrittura.
Tutto chiaro. Resta il fatto che lei è il solo a usare al massimo il dialetto. D’Arrigo si è fermato molto prima. Ci sarà qualche scaturigine particolare.
Vediamo. In realtà io venivo da un’esperienza che mi dava una certa fiducia. Ho avuto ragione a insistere e fidarmi della mia intuizione. E’ una cosa difficile a spiegarsi a parole perché si tratta di un’intuizione appunto. Ho cominciato a scrivere in italiano, veda i miei racconti e le mie poesie giovanili. A un certo momento, via via che vedevo aprirsi una certa strada, parlo di esperimenti di scrittura, mi sono trovato supportato dall’esperienza teatrale. Successe che nel 1950, a gennaio, venne a Roma una compagnia israeliana. Ohel, che significa la tenda. Recitava non in yddish ma in israeliano e fece tre testi il primo dei quali era “Sotto le mura di Gerusalemme”. Non si capiva nulla. Ma una cosa mi affascinò: il suono delle parole. Ascoltando lentamente capivi qualcosa. Notai nel testo degli accorgimenti per cui chiesi al regista come mai la recitazione era costruita in modo che l’ultima sillaba di una frase pronunciata da un attore fosse musicalmente legata alla prima dell’attore successivo. Mi disse: “Perché è liturgico. Stiamo ricostruendo questa lingua da una liturgia”. Ebbi un’illuminazione: guarda! Volendo si può! Gliene racconto un’altra. Sono stato presidente di giuria al Cairo dove c’erano 66 Paesi e decine di lingue. Io e il critico della Repubblica assistemmo a una rappresentazione teatrale e dopo un quarto d’ora non avevamo capito ancora niente. Finché all’improvviso capimmo. Era “Amleto”. Come lo capimmo non lo so, ma lo capimmo. E tenga presente che Ofelia aveva la barba.
Su questo gioco di lingue Pirandello cucì le tre espressioni del Ciclope, ricorda?
Pensò un Ciclope che parlava tre lingue. Una è il linguaggio di Minicu, del massaro. Prenda la parola “gramusceddru”: se uno non è un contadino non la conosce. E’ il vitellino appena nato, che trema sulle gambe e casca. L’altra lingua del Ciclope è quella di Catarella ed è parlata da Ulisse che usò un linguaggio più ricercato. La terza è la lingua del mafioso, tutta per cenni, accenni e sottintesi.
E di queste nuances lei ha tenuto fortemente conto dunque.
Soprattutto nel barare, cioè nel portare una parlata da un livello a un altro. Sa che ci si può commuovere su una parola persa e ritrovata? E’ capitato a me per Pirandello. Mia nonna Elvira mi chiamava “Pizzichiturro”, un termine adoperato solo da lei. “Chi nipoti pizzichiturro chi aiu”. Quando stavo scrivendo Biografia del figlio cambiato mi capitò di trovare qui sotto in cartoleria un libro con una cinquantina di lettere inedite di Pirandello alla sorella. Una di queste cominciava così: “Cara sorella pizzichiturra”. E a mia mi spuntarono i lacrimi. La parola si era persa nell’età di Pirandello e di mia nonna ed è morta lì.
Vittorini non scrisse una sola parola in dialetto; Sciascia usava il dialetto solo per gli epiteti, le massime e le citazioni; Brancati si preoccupava di tradurre subito un’espressione siciliana. Lei lascia il lettore solo a sbrogliarsela con termini che, come “gana” o “tambasiare”, non trova nemmeno nel vocabolario siciliano. E’ stata una prova di presunzione e di orgoglio la sua?
Di disperata presunzione diciamo. Quando per dieci anni nessuno mi ha pubblicato Il corso delle cose ero dispiaciuto ma mi rendevo conto che aveva ragione l’editore a dire “Ma come scrive questo?” E però sapevo anche che quella scrittura era un po’ un mio limite e un po’ la mia fortuna, ma non avevo una via di mezzo.
Però mise un glossario in Un filo di fumo. Ciò che non volle D’Arrigo. Chi aveva ragione, lei o lui?
D’Arrigo.
Pirandello diceva che il dialetto di Girgenti è uno strumento perfetto di espressione letteraria. Lei è d’accordo?
E’ quello che più di tutti si avvicina all’italiano. Condivido pienamente la sua opinione e infatti uso l’agrigentino.
Che non è in realtà il siciliano. E’ una particolarità.
E’ vero, tanto che Pirandello quando scriveva per il teatro si serviva del siciliano e non del girgentano perché sapeva che Musco, Rosina, Anselmi e gli altri attori non erano agrigentini: 99 per cento catanesi e uno per cento palermitani. E quando mi vengono a raccontare della zuffa con Musco io dico nossignore: non ci credo che sia nata per le gag di Musco e le libertà che si prendeva rispetto al copione. Uno come Pirandello vuole che non capisse? Non gli piacque la deformazione della parlata in catanese rispetto a quella che aveva scritto in agrigentino.
Sciascia diceva che in Liolà Pirandello non apriva ma chiudeva il dialetto. E spiegava perché: perché scritto in stato di ebbrezza, in pochi giorni, calandosi interamente in quella che chiamò commedia-villeggiatura, commedia-campagna. Ma lei è autore di lunga stesura.
Bisogna vedere. Io posso scrivere un racconto di Montalbano riprendendolo dopo sei giorni d’interruzione, ma Il re di Girgenti non l’ho mai potuto scrivere se non rileggendo tutto quello che avevo scritto prima.
Lei legge a voce alta il testo che scrive per fare alzare i personaggi in piedi. Solo Montalbano le rimase nel primo romanzo, La forma dell’acqua, con un piede in aria, che mise a terra solo nel secondo romanzo, Il cane di terracotta.
Anche prima, in teatro, leggevo sempre a voce alta. Ma questo non ha a che fare con la mia pronuncia dialettale.
Una volta lei ha detto che le piace leggere i documenti storici ma poi si lascia prendere dalla lettura e ci trova presenze gogoliane al punto da farsi vincere dalla “voglia di sgorbio”.
Lei mi dirà che è prova di scarsa fiducia nella storia. Può darsi. Per uno che come me ha certe convinzioni politiche non è segno di felicità dire una cosa simile. Ma in Il birraio di Preston c’è l’ultimo capitolo che è la storia come la si legge.
Già, solo che è tutta falsa o perlomeno ci sono forti sospetti.
La verità sa qual è? Che io scrivere saggi-verità non lo so fare.
Tanto che quando Sciascia le disse di scriverla lei La stagione della caccia ne fece un romanzo mentre lui ne avrebbe fatto un saggio. Anche Biografia è un racconto che parte come saggio. E infine c’è La bolla di componenda: lei vuole fare un saggio, ma poi decide di fare un esempio e finisce per scrivere un romanzo.
Sì, lo ammetto. Non sono mai riuscito a stare nei termini del saggio. Dopo un po’ mi sento stretto.
Eppure lei non parte mai da un dato inventato. Ha sempre bisogno di uno spunto di cronaca, di un punto di verità.
Sempre. Anche i romanzi di Montalbano che sembrano inventati partono da fatti di cronaca. E nell’ultimo, Il giro di boa, lo dico apertamente che la vicenda è ispirata a due inchieste giornalistiche. Anche nel primo, La forma dell’acqua, la trama parte da un fatto accaduto, il ritrovamento a Viterbo di un povero deputato morto in casa dell’amante. Io l’ho preso e l’ho fatto trovare tra i canaloni con i pantaloni abbassati.
Lei dice che non si occupa di mafia ma proprio “la forma dell’acqua” non è una bella metafora della mafia? Del resto, non credo per caso, Luparello viene trovato cadavere tra i canali di irrigazione che sono allegoria delle diramazioni dei comitati d’affari.
“La forma dell’acqua” è un’espressione pronunciata davvero da un bambino. Ma della mafia mi sono in realtà occupato nei romanzi storici, pur se di una mafia particolare.
C’è un libro sul quale lavora da anni e riguarda un martire fascista di Caltanissetta, Gigino Gattuso. Perché è rimasto per strada?
Per un motivo strano. Più che i fatti a me interessano due cose: il linguaggio (in La scomparsa di Patò le corrispondenze, oppure “Cose dette” e “Cose scritte” in La concessione del telefono) e la struttura. Io faccio un piano mentale, come un architetto fa un villino: quanti capitoli dovrà essere, che durata ha il respiro di ogni capitolo. Tutto questo io per Gattuso non ce l’ho ancora chiaro.
Non è perché non se la sente di fare i conti con il fascismo?
No, perché questi conti li faccio con La presa di Macallè, la cui struttura è però più tradizionale come romanzo. Gattuso esige una “planimetria” difficile. L’esperienza è mia, personale, di quando vidi a un’adunata di marinaretti a Caltanissetta, organizzata per celebrare Gattuso, un uomo piangere in un porticato. Mio padre mi disse che era l’assassino, ma non era vero. L’assassino era un altro, anche se quell’uomo sparò.
Cosa la intriga di questa storia? Il fatto che dal monumento hanno poi tolto la specificazione “fascista” e lasciato solo la parola “martire”?
Ma no. Mi interessa la contemporaneità dei fatti. Tutti sono convinti che ad ammazzare è stato quell’uomo. E invece no. Ne ho scritto una settantina di pagine e mi sono fermato.
I suoi libri non rivelano grande spiritualità, eppure lei è un uomo che sa piangere. Lo ha fatto anche leggendo Montale in treno. E lo ha fatto ritrovando, come diceva prima, una parola desueta. Veramente l’ha fatto anche quando fece la prima regia teatrale e su un giornale apparve una recensione positiva.
No, non posso dire come Flaubert “Madame Bovary c’est moi”.
Il giro di boa ha un finale aperto: Montalbano finisce in ospedale e non conosciamo né la diagnosi né la prognosi. Già allora lei pensò forse a un sequel che ora sarebbe La pazienza del ragno?
No. È andata così: per me Il giro di boa finiva lì; poi bisognava vedere come se la risolveva Montalbano. La ferita comunque non era grave. Semmai è più grave la crisi che sta attraversando. Vennero quelli della Mondadori: “Ce lo dai un altro libro di racconti di Montalbano?” Io l’anno scorso, da febbraio in poi, stetti male e scrivevo poco. A luglio, quando venni qui a Porto Empedocle, mi portai il computer (ciò che quest’anno non ho fatto) e presi l’impegno con la Mondadori più che altro per vedere se ero capace di mettermi all’opera. I racconti che do alla Mondadori diventano sempre più lunghi perché in sette o dieci cartelle non ce la faccio a starci e mi ci trovo a disagio. Quindi mi dissi che in linea di massima dovevo preparare tre racconti lunghi. Uno l’avevo scritto tempo addietro ma era tutto da rivedere, quello della cabala e del pesce: lo feci e attaccai col secondo, “La prima indagine di Montalbano”, e lo portai a termine. Restava il terzo e cominciai a scrivere “La pazienza del ragno”, ma mi resi presto conto che non ci stava nemmeno nella lunghezza delle cento pagine. La cosa era seria. Lasciando perdere il terzo racconto per la Mondadori, cominciai a scrivere quest’altro che diventava sempre più romanzo. Ora, siccome per i tre racconti mondadoriani mi ero proposto di escludere ogni fatto di sangue, La pazienza del ragno sarà privo di morti e feriti. Però mi venne come dire quasi naturale riattaccarlo ai momenti immediatamente successivi al ricovero di Montalbano. E infatti tutto il primo capitolo è un seguito de Il giro di boa: una lunga notte che Montalbano passa in ospedale pensando a quello che gli sta succedendo. Ma stavolta la sua posizione è marginale: lui è in convalescenza e Livia viene a trovarlo, ma è pregato di prestare il suo appoggio a un collega impegnato in un’indagine su un rapimento. Si trova perciò dentro e fuori l’indagine, ma quando l’inchiesta ufficiale si conclude, lui svolge un’indagine personale.
Entra in azione o fa lavoro di deduzione da fermo?
Entra in azione. Trova la conferma di una sua supposizione, saluta e ripiglia la sua convalescenza lasciando le cose come sono state messe dall’indagine ufficiale.
Diciamo allora che è il più irregolare dei romanzi di Montalbano.
Totalmente irregolare. Ma anche qui troviamo il Montalbano contrario a intervenire in una situazione illegale.
Sta per caso cadendo in depressione?
Non è depresso. E’ invece una persona che comincia a chiedersi troppo spesso il perché del continuo contrasto tra la sua coscienza e la legge. E questo pensiero a un certo punto lo logora.
Ne Il giorno della civetta compare alla fine una Livia parmense che dice di amare la Sicilia ma di non esserci mai stata. La sua Livia ligure invece non ama la Sicilia ma viene spesso. Uno strano caso di omonimia che integra anche un rovesciamento della stessa figura femminile.
Probabilmente è stato un transfert inconscio. Sa che me ne sono accorto dopo? Rileggendomi Il giorno della civetta mi sono detto: “Mannaggia, potevo cambiarle il nome!”. Devo dire però che la Livia di Sciascia non mi aveva colpito particolarmente forse perché scorciata e finale. Mi colpì di più quanto dice in tre frasi la moglie dell’eccellenza, nuda e bellissima, quando zompa fuori dal letto scocciata dalla telefonata notturna che riceve il marito.
In realtà, ancorché non si dica altro, lei è il meno sciasciano di tutti.
Non ho niente della lucidità razionale di Leonardo. Semmai sono più cardarelliano che sciasciano, un cinico che ha fede in quel che fa, distante rispetto a Sciascia, del quale comunque condivido il 90 per cento delle posizioni morali e civili: rimango sempre ammirato da questa sua lingua affilata come un bisturi.
Però ha detto che quando comincia a scrivere un libro non può fare a meno di leggere prima qualche pagina di Sciascia.
Sì, ho bisogno di una carica. Difficile che io vada a caricarmi con autori che magari leggo più di Sciascia. Mi carico più su una tensione dialettica che non consolatoria. Come in un buon matrimonio, gli sposi devono essere diversi per amarsi davvero.
A La pazienza del ragno dovrebbe fare seguito, secondo il suo rituale, un romanzo storico. Che, per quanto se ne sa, cade all’inizio del Novecento con un impegno di tipo sperimentale?
Preferirei non parlarne perché può darsi che l’idea abortisca e rimanga sulla carta.
Ma la sperimentazione resta un suo banco di prova irrinunciabile.
Assolutamente sì. Che cosa ho fatto quando ho scritto La concessione del telefono? Non ho che evitato il romanzo tradizionale scrivendo qualcosa che attiene più che altro al teatro, senza passaggi temporali e senza descrizioni. Quando ho scritto La scomparsa di Patò come autore mi sono completamente chiamato fuori dalla narrazione, per quanto ciò sia possibile. Come dire, sto cercando di portare ancora più a fondo un tipo di ricerca strutturale all’interno del romanzo.
È da tempo in realtà che lo fa, diciamo da sempre. Ma a me pare che non sia per niente soddisfatto dei risultati ottenuti e che stia provando a rompere il romanzo al suo interno.
Non credo al romanzo tradizionale, pur piacendomi. Del resto anche un romanzo che può sembrare tradizionale qual è Il re di Girgenti trovo che abbia una struttura squilibratissima.
Già. Mentre i gialli di Montalbano seguono un andamento paratattico con uno svolgimento più cronologico e ordinato, tranne forse Il cane di terracotta.
La scommessa era questa: avendo scritto solo romanzi storici, sono capace di scrivere un giallo? Ma attenzione: è vero che c’è un momento nel quale fai impazzire la maionese, ma è anche vero che dopo la puoi rendere immangiabile. Quindi se scrivi Montalbano non puoi permetterti di fare sperimentazione.
Il re di Girgenti romanzo tradizionale, ha detto? Beh, lo volle indietro dopo averlo dato a Sellerio per riscriverne metà. Anche lì giocò con la maionese eccome.
Le racconto tutta la storia. A settembre esce il secondo Meridiano e Silvano Nigro ha voluto i documenti non pubblicati del Re di Girgenti, da mettere in appendice. Dico di che si tratta. Quando scrivevo il romanzo mi trovavo davanti a un problema: “Come faccio a raccontare i fatti di Zosimo da quando ha 16 anni fino a 38 anni? Sono fatti privati ma anche avvenimenti internazionali.” Bisognava fare un libro di 1800 pagine, perlopiù noiosissime. Mi venne allora in testa di occupare questa parte centrale scrivendo tutta una serie di documenti finti, cambiando stile: dalla lettera privata alla nota ufficiale al documento. Mi trovai perciò con circa cinquanta documenti, che erano una meraviglia perché mi risparmiavano spazio e mi evitavano la caduta nella noia. Una volta scritto il romanzo, che mi portavo dietro da anni, fui ben felice di darlo alla mia lettrice primaria che è mia moglie, la quale mi disse: “Il racconto mi piace, però quelle pagine di documenti sono una mazzata in testa al lettore perché interrompono bruscamente il filo narrativo e dopo non lo riprendi”. Mi arrabbiai perché non convenivo. Mandai il libro a Elvira Sellerio: “Bellissimo, però…” Anche lei trovava pesanti i documenti centrali. Allora mi cominciai a preoccupare. Lo feci leggere a mia figlia Elisabetta: “Papà, ci sono quelle cinquanta pagine centrali che…” Va be’, mi sono detto, non è cosa. E lì il romanzo si fermò perché non sapevo trovare una soluzione. Finché la trovai. “Ma perché - mi dissi - mettere tutti i documenti? Metto quello che mi interessa”. E così ho fatto. Quando Nigro ha saputo che c’erano questi documenti espulsi me li ha chiesti per il Meridiano. “Non ce l’ho” gli dissi. Io non lascio tracce, butto via tutto quando un libro è finito. Il Fondo manoscritti di Pavia non avrà mai niente di mio. “Ma Elvira deve averli” dissi a Nigro. Elvira Sellerio li aveva ma aveva strappato le pagine per cui mancavano frasi e parole che Nigro si è messo a ricostruire e che ora escono in appendice.
Bene. Si ha la prova che Il re di Girgenti è anch’esso di tipo sperimentale.
Le dico una cosa. Nel Re di Girgenti il buon Zosimo copia le regole dell’abate Meli sul buon governo, sicché la mia sperimentazione non sarà mai come quella del Gruppo 63, anche perché non ho l’età, ma è una ricerca sulla struttura. Io ho rubato a tutti. E dico che è un mestiere di ladri il nostro. Non può essere diversamente: perché a me viene da ridere a scrivere Il re di Girgenti perché uno si trova di fronte alle tragedie greche e vede che tutto è stato scritto. A questo punto su che lavori? Sugli scampoli, sulle mollichine. <
Senza evocare Saint-Beuve né gli strutturalisti, secondo lei un suo romanzo può essere letto senza conoscerla? Un suo testo richiede o no che sia nota la biografia dell’autore per essere compreso a fondo?Il testo non ha niente che fare con l’autore, mi deve credere.
Ma nei suoi libri lei è presentissimo.
Certo, ma Il processo non riguarda la vita di Kafka. Io adopero materiali, che rivolto e riciclo.
Diciamo che più esattamente sperimenta. In realtà, a stare ai risultati utili, lei è andato ben oltre il Gruppo 63.
Piano, piano. Io ai lettori ci tengo e non faccio niente che non capiscano. Il massimo mio azzardo - e sapevo che avrebbe avuto reazioni negative - è stato La presa di Macallè, ma riguardava i contenuti e non il linguaggio.
Questa vocazione all’azzardo non le viene forse da Pirandello che innovò il teatro con la trilogia? E quella trilogia fu una proposta di teatro-verità o un gioco di astrazione? Alla stessa maniera, la sua ricerca tende al romanzo-verità o ne prefigura la rottura?
Allora. Nel momento in cui irrompono i sei personaggi che nella didascalia entrano in scena da un luogo terzo che non è né quello degli attori né quello del pubblico, abbiamo una finzione di irruzione della verità. La ricerca della massima verità è inevitabilmente la ricerca della massima astrazione, a mio avviso. Ma non scriverei mai una cosa che non avesse un relativo consenso. È il caso dell’autore teatrale: vuole che il pubblico capisca quello che sta dicendo, che dissenta o approvi non importa perché conta per lui stabilire la comunicazione. Per lo scrittore è la stessa cosa.
Ma dopo 110 regie teatrali, un migliaio di regie radiofoniche e un centinaio di regie televisive, lei ha maturato una capacità di comunicazione che le permette di rivolgersi a un pubblico dal target diversissimo. Come fa a cambiare così facilmente abito?
Non so spiegarmelo. Forse la lunga militanza teatrale mi ha dato la misura della destinazione di ciò che faccio. Quindi ne consegue che se faccio una cosa televisiva so che sarebbe un errore di comunicazione mettermi a fare sperimentalismi troppo azzardati. Tanto è vero che quando mi trovo tra le mani una sceneggiatura di Montalbano, io intervengo nel dialogo: primo, per evitare che uno degli attori non siciliani parli scorrettamente il siciliano; secondo, per rendere appunto più comprensibile quanto viene detto. Il senso della destinazione di ciò che scrivi ne importa anche un adeguamento.
L’oralità, ha detto, è per lei fondamentale. Oralità è soprattutto estemporaneità ma anche studio, copione, ciò che nel romanzo è stesura. Lei, che è autore di cento stesure, in che senso ritiene fondamentale l’oralità?
È una questione di tecnica. Io scrivo una pagina e naturalmente poi la revisiono. C’è dunque un primo grado della scrittura: cambio una frase, la esprimo meglio, e vado avanti così per diverso tempo. Quando penso di avere raggiunto quello che volevo dire scatta in me un secondo piano che è la lettura ad alta voce del testo. Leggendo, prendo un certo ritmo, do un certo colore, tanto che potrei raccontarla quella pagina come se l’avessi inventata in quel momento. L’inceppamento nel racconto orale è pregiudizievole sicché riscrivo tutto.
Le è capitato di scrivere un testo currenti calamo?
Mai. C’è sotto sempre una forte applicazione. Il mio ideale di scrittura è da trapezista: al circo lei vede eseguire un triplo salto mortale da parte di un acrobata che sorride e che non dà alcun segno di fatica mentre è chiaro che è stata grande la fatica cui si è sobbarcato per realizzare quel numero. La sua è una leggerezza sudata. Com’è la mia: mai fare capire al lettore che un libro trasuda di fatica.
a cura di Gianni Bonina
 
 

l’Unità, 27.10.2011
Andare a teatro stando a casa? Ascolta Radio 3 tutto novembre

Andare a teatro stando a casa? A novembre, perché ve lo porta a domicilio Radio 3: trenta giorni di ascolti tra dirette, brani storici di repertorio e radiodrammi ad hoc.
[…]
Tra i brani ripescati dall’archivio spicca un Pinter di Camilleri dove un giovanissimo Carlo Cecchi declinava le sue prime prove d’attore.
[…]
Rossella Battisti
 
 

Corriere della Sera, 27.10.2011
Top ten
Tripletta italiana in classifica Carofiglio e Camilleri volano

Tripletta italiana in vetta alla top ten. Davanti c'è il fenomeno Fabio Volo che consolida la leadership. Subito dietro a Le prime luci del mattino (Mondadori), arrivano due new entry di lusso, Gianrico Carofiglio e Andrea Camilleri, a sorpresa con romanzi lontani dal genere (il giallo) con cui sono diventati famosi. Un successo che arriva senza la spinta dei loro personaggi più noti, l'avvocato Guerrieri e il commissario Montalbano. Il silenzio dell'onda (Rizzoli) del magistrato e senatore barese è una vicenda di padri assenti e figli sfuggenti, un intreccio di identità in fuga giocato con maturità narrativa. Camilleri, invece, si tuffa nel passato, la Sicilia di inizio Novecento, alla sua maniera. La setta degli angeli (Sellerio) è un graffiante romanzo storico che parla al presente; lo spunto è una cronaca di don Luigi Sturzo su alcuni preti più inclini alla cura di corpi - di giovani fedeli - che di anime. [...]
Severino Colombo
 
 

Adnkronos, 27.10.2011
Letteratura: Guglielmo Petroni, due libri e un convegno per centenario nascita

Lucca - Ricorre domenica 30 ottobre il centenario della nascita dello scrittore e poeta Guglielmo Petroni (1911-1993), sempre rimasto legato a doppio filo con la sua citta' natale, Lucca, sebbene l'abbia lasciata quando era molto giovane per trasferirsi a Lucca. In occasione dell'anniversario sono state ristampate due delle sue opere piu' famose: ''La morte del fiume'', il romanzo con cui vinse lo Strega nel 1974, che l'Accademia Lucchese di Scienze Lettere e Arti ha rieditato per i tipi di Maria Pacini Fazzi Editore in un'edizione a cura di Paolo Vanelli, e ''Il nome delle parole'', ripubblicato da Sellerio con un'introduzione di Salvatore Silvano Nigro e con un ricordo di Andrea Camilleri. Entrambi i volumi saranno presentati in prima nazionale sabato 12 novembre nell'ambito di una giornata in onore dello scrittore di origine lucchese per i cento anni dalla nascita, organizzata dall'Accademia Lucchese di Scienze Lettere e Arti.
[...]
Salvatore Silvano Nigro, professore di Letteratura Italiana presso l'Universita' IULM di Milano, presentera' il libro ''Il nome delle parole'' (Sellerio Editore) con la relazione dal titolo ''I giocattoli di Parpignol''.
 
 

Met, 28.10.2011
Premio letterario Chianti, arriva Camilleri
Iscrizioni chiuse per la 25 esima edizione. Ritorno dello scrittore siciliano che il 5 novembre incontrerà i lettori a Greve e riceverà la cittadinanza onoraria. Nove Comuni fiorentini e senesi insieme per il riconoscimento letterario. Da questo anno anche Castellina, Castelnuovo Berardenga e Gaiole

Nove Comuni del Chianti, sia fiorentini che senesi (con tre nuove "acquisizioni" nel senese), insieme per far crescere il Premio letterario Chianti, giunto alla 25 esima edizione e presentato stamani a Firenze dall'ideatore, scrittore e coordinatore Paolo Codazzi e dalla consigliera delegata per la Cultura del Comune capofila, Greve in Chianti, Lorella Rotondi.
La presentazione? In Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia di Firenze, che patrocina l'evento, ai nastri di partenza con un evento particolare: un incontro con un partecipante amato e grato, Andrea Camilleri, che sabato 5 novembre sarà a colloquio con i 350 lettori del Premio letterario presso la Fattoria Castello di Verrazzano (a Greve in Chianti, in via San Martino in Valle 12). In questa occasione il Sindaco Alberto Bencistà conferirà la cittadinanza d'onore allo scrittore. Sarà presente anche il Presidente della Provincia Andrea Barducci.
"Ebbi la percezione che il premio Chianti fosse qualcosa di completamente diverso dagli altri premi letterari fin da quando Paolo Codazzi mi telefonò per dirmi che ero entrato nella cinquina dei finalisti e che dovevo perciò trovare un sabato libero per andare a Greve a incontrarmi con la giuria - ha ricordato Camilleri, che partecipò al Chianti nel 1997, con 'Il cane di terracotta' - 'E perché devo incontrarmi con la giuria?'. 'Perché le faranno domande sul libro e lei dovrà dire le sue ragioni'. 'Ma da chi è composta la giuria?'. '“Da persone di Greve'... Ci andai, un sabato. E mi incontrai con la giuria. Una cinquantina di persone comuni, ma tutti lettori intelligenti, attenti, direi amorosi. Avevano verso il libro e il suo autore un calore contagioso".
[…]
Nel 2009 è stato pubblicato un libro, a cura di Claudio Molinelli, edito da Esuvia edizioni, “Premio Letterario Chianti, venti anni di libri e autori”, che raccoglie la storia e gli eventi dei primi venti anni, documentata da fotografie e rassegna stampa, e arricchito di significativi interventi degli autori vincitori, nonché di recensioni ai loro testi di Lettori.
[…]
 
 

Il Venerdì, 28.10.2011
L'Italia è razzista? Camilleri racconta la storia infame

Ma gli italiani sono razzisti? Siamo più Alberto Sordi o Mario Borghezio? Non è che in passato eravamo un po' simili a Sordi e oggi siamo diventati un po' uguali all'euroleghista?
Con quella faccia, l'Italia è razzista? Dove porta la politica della paura è il tema dell'annuale Almanacco Guanda 2011 (pp. 150, euro 25), curato da Ranieri Polese. Diviso in tre sezioni, l'albo raccoglie i contributi di Gian Antonio Stella, Luciano Canfora, Franco Cardini e Slavoj Zizek, mentre da Edoardo Nesi a Ferruccio Pinotti, scrittori e giornalisti si cimentano sulla Geografia dell'intolleranza. Infine, da Adriano Sofri a Marcello Fois, l'Almanacco si chiude con i Racconti del malessere. A introdurre tutti i contributi, un intervento inedito di Andrea Camilleri, che viene chiamato a rispondere alla cruciale domanda. Lo scrittore elenca una serie di episodi della cronaca recente e no. Un elenco di nefandezze degno di una borgesiana storia naturale dell'infamia, per concludere inequivocabilmente: "Mi pare di avere risposto alla vostra domanda".
 
 

La Repubblica, 28.10.2011
Volo, 43mila copie in una settimana

Roma - Un Volo da record. Questa settimana il suo libro Le prime luci del mattino (Mondadori) ha venduto 43mila copie (in totale è a 150mila), una cifra mai toccata nemmeno in tempi in cui i libri raggiungevano numeri molto più alti. Per dare un'idea il secondo che è Carofiglio con Il silenzio dell'onda (Rizzoli) sta sulle 12mila copie, comunque un gran risultato visto che appena un mese fa il primo in classifica non raggiungeva le diecimila copie. Ma Fabio Volo resta un fenomeno: persino più del Montalbano di Camilleri che toccò qualche anno fa le 38 mila copie in 7 giorni.
 
 

Corriere della Sera, 29.10.2011
Testimonianze. Andrea Camilleri ricorda l’amicizia con l’autore de “Il nome delle parole”, riedito da Sellerio a cent’anni dalla nascita
Ritratto del poeta da eroe
Guglielmo Petroni, la forza di continuare a scrivere anche dopo le torture

Verso la metà del 1942 (posso sbagliarmi, ma di poco, sulle date), un mio parente che abitava a Roma, lavorava alla segreteria dell'Accademia d'Italia ed era un gerarca fascista, saputo che scrivevo poesie, m'invitò a inviargliele.
Mi mandò, poco dopo, una lettera per dirmi che le aveva molto apprezzate «anche se lontane dallo spirito eroico dei nostri tempi», e che le avrebbe fatte leggere a qualcuno che se ne intendeva. Pensai che si sarebbe rivolto a un critico o a un poeta vero, invece non fu così.
Passato un po' di tempo, ricevetti una lettera inaspettata. Era firmata nientemeno che da Fernando Mezzasoma, allora sottosegretario del Minculpop, e mi comunicava d'aver dato tre mie poesie alla rivista «La Ruota» che le avrebbe pubblicate al più presto. Seguivano i saluti fascisti e l'immancabile «Vincere!» impresso con un timbro a stampatello.
Devo dire che, per mia fortuna o sfortuna non so, la rivista da lì a qualche mese cessò le pubblicazioni senza avere stampato le mie poesie. Ma la vergogna di essere stato imposto d'autorità da un gerarca fascista come poeta durò a lungo dentro di me.
«La Ruota» la conoscevo bene, la leggevo sistematicamente, era forse la più vivace e polemica e meno ossequiente al regime tra le riviste letterarie d'allora. Guglielmo Petroni non ne era il direttore, ma risultava evidente dai suoi scritti e dalle note che ne era magna pars. Doveva essere una specie di redattore capo. Di certo le mie poesie erano passate dalle sue mani.
Poi, finita la guerra, Alba de Céspedes pubblicò nel 1945 su «Mercurio» una mia poesia. Gliel'avevo inviata senza nessuna speranza. Ne provai un'emozione piacevolissima, subito annullata dal fatto che nello stesso numero c'era uno scritto di Petroni.
«Speriamo non si ricordi di me» mi augurai.
La vergogna continuava a cuocermi dentro.
Mi dissi: «Si chiederà di certo da quale potente democristiano mi sono fatto imporre, stavolta».
Poi, in un numero di «Botteghe Oscure», diretta da Bassani, lessi Il mondo è una prigione.
Ne rimasi preso e addirittura sconvolto. Quel racconto lo rilessi più volte di seguito. La statura morale di Petroni giganteggiò.
Il suo eroismo, la parola è quella giusta ma lui non l'avrebbe mai pronunziata, che gli aveva dato la forza di resistere alle torture senza tradire i compagni di lotta si fondava soprattutto sul rispetto di sé, del suo essere uomo. Prima ancora che un libro sulla Resistenza, era un'altissima lezione di dignità. De dignitate hominis.
Nella mia vita ci sono stati due libri che mi hanno formato non come scrittore, ma come persona. Il primo, in ordine di tempo, era stato, ancora negli anni del fascismo, La condizione umana di Malraux; il secondo indubbiamente fu Il mondo è una prigione.
Una sera, da tempo ormai vivevo a Roma, mentre mi trovavo a casa di Nicolò Gallo, arrivò un signore al quale Nicolò mi presentò.
«Questo è il mio amico poeta Andrea Camilleri e questo è Guglielmo Petroni».
Avrei voluto morire sul colpo. Era un uomo dal sorriso dolcissimo e mite, lo sguardo sereno. Ma per un attimo, a me sembrò che avesse assunto le fattezze del Grande Inquisitore.
Petroni intanto mi guardava socchiudendo gli occhi, come frugando nella memoria. Tremai.
«Bella la tua poesia su "Mercurio"» disse infine.
E poi continuò, ricordandosi: «Ma ne avevo lette altre, tempo fa».
Fece una pausa, aggiunse: «Anche quelle mi erano piaciute».
Non disse dove e quando le aveva lette. Io gli avrei baciato le mani.
Ebbi modo così di conoscere anche la sua generosità.
Diventammo amici, divennero amiche anche le nostre mogli. Cominciammo a frequentarci. Credo provassimo una pudica simpatia reciproca. Un'estate andammo assieme in vacanza in alta montagna. Lì ero come un pesce fuor d'acqua e mi rifugiai nella sua frequentazione quotidiana.
Ebbi modo di stimarlo sempre di più, come scrittore e come uomo.
Non lo sentii mai vantarsi anche minimamente di qualcosa di meritevole che aveva fatto.
Io ero curioso di lui, mi chiedevo come fosse riuscito da povero semianalfabeta com'era stato, a diventare uno scrittore della sua grandezza. Ma ogni volta che toccavo questo argomento, ottenevo risposte vaghe. Non gli piaceva parlare di sé.
Una volta, nel corso di quella vacanza, mi disse di via Tasso. Raccontava con un tono di voce piatto, oggettivo, quasi che la vicenda riguardasse un'altra persona. E fu un'altra lezione di vita.
In una sola occasione si mostrò un po' risentito con me. Avevo scritto il mio primo romanzo e l'avevo dato a leggere a un'unica persona, a quel critico cortese ma ferreo che era Nicolò Gallo. Qualche tempo dopo, eravamo a cena insieme, Memo a un tratto mi guardò con durezza.
«Nicolò mi ha detto che hai scritto un buon romanzo. Perché non l'hai fatto leggere anche a me? Non siamo amici?». Non mi diede il tempo di trovare una risposta, parlò subito d'altro perché, nella sua grande gentilezza d'animo, aveva capito il mio estremo imbarazzo. Come avrei fatto a dirgli che mai avrei osato far leggere il mio primo, incerto, romanzo all'autore de Il mondo è una prigione? Sarebbe stato come scrivere a quindici anni la prima poesia d'amore e mandarla a Montale per un giudizio.
Poi, molti anni dopo, quando partecipai al Premio Strega, presi solo cinque voti. Ma uno, quello che per me contò quanto vincere il premio, era di Guglielmo Petroni.
Mi scuso se ho dovuto parlare di me. Ma l'amicizia nasce e vive tra due persone. Io ho raccontato quello che lui rappresentò per me. E di cui gli sarò sempre grato.
Andrea Camilleri
 
 

ANSA, 29.10.2011
Grandi nomi per edizione 2011 del Noir in Festival

Aosta - Le grandi paure, la riscoperta di Charles Dickens, il regista Stephen Frears, Petros Markaris e Andrea Camilleri, i film e i libri del momento costituiscono il menu' della 21/a edizione del Noir in festival, rassegna dedicata al mondo 'mistery' in programma dal 5 all'11 dicembre a Courmayeur.
''Paint it Black cantavano esattamente 45 anni fa i Rolling Stones - si legge nella presentazione - e oggi quella canzone-simbolo potrebbe ben descrivere il mondo incerto, l'eclissi o apocalisse della societa' occidentale in cui siamo immersi. E 'Vedo Nero' e' dunque il titolo del tema dell'anno al Courmayeur Noir in Festival''. All'ombra del Monte Bianco si sono dati appuntamento scrittori, cineasti, saggisti che proveranno a raccontare la fine di un mondo e forse la suggestione del prossimo venturo, ''come in un'indagine in cui il colpevole e' noto''. A guidare la folta pattuglia di maestri del thriller letterario ci saranno i cinque italiani finalisti del Premio Giorgio Scerbanenco, un campione del best seller come Lawrence Block, il greco Petros Markaris e il collega Andrea Camilleri vincitori in coppia del Raymond Chandler Award per la letteratura ''per uno dei momenti piu' attesi di quest'edizione''.
[…]
 
 

Solo Libri.net, 29.10.2011
La setta degli angeli – Andrea Camilleri

Un fatto accaduto in un paese della Sicilia all’inizio del Novecento acquista notorietà nazionale al punto da coinvolgere esponenti politici e religiosi tra i quali Filippo Turati e Don Luigi Sturzo. A darne notizia è Camilleri nelle tre paginette alla fine de "La setta degli angeli" (Palermo, Sellerio, 2011), dove puntualizza il rapporto tra invenzione e realtà. L’introibo rappresenta una gustosissima scenetta nell’ambiente amato dagli scrittori siciliani: il Circolo con le sue insulsaggini, topos già utilizzato dal nostro autore in precedenti opere. La scrittura, scattante e surreale, inventa contesti e personaggi in un paese appena abbozzato: grandi latifondi e nobili, otto chiese rispetto ai settemila abitanti e rivalità attorno ad esse. Intanto al circolo viene rigettata la domanda di ammissione presentata da Matteo Teresi, il cui profilo di giornalista anticlericale, nutrito di socialismo umanitario che difende i morti di fame, viene scoperto via via dal lettore attraverso situazioni e dialoghi. Per questo il parroco tuona contro il “giornalucolo” di un avvocato dove “si irride al matrimonio e alla verginità”. Tante le microstorie intrecciate in un ampio affresco che, tra il grottesco e il gusto erotico, si susseguono dopo l’arbitraria diffusione della notizia concernente l’epidemia di colera. Additato come untore è Teresi. L’agitazione popolare, sostenuta da un sacerdote, non si fa attendere. Nel frattempo, il capitano Montagnet Eugenio, piemontese, è incaricato della tutela dell’ordine pubblico messo in pericolo dai saccheggi. Anche se l’intervento fa venire in mente l’anomalo comportamento di Bixio nella novella di Verga “Libertà”, il suddetto militare si mostra integerrimo nel condurre l’inchiesta su chi ha diffuso per primo la falsa notizia dell’arrivo del colera e sul prete responsabile della rivolta contro il Teresi. D’ora in poi la narrazione viene centrata sulla scoperta della vera epidemia: non causata dal colera, ma da un patto scellerato. L’andamento non dà tregua al lettore che resta sempre più coinvolto sia nei ragionamenti del Teresi sia nella sua scaltra indagine, svolta dapprima in parallelo a quella del capitano per poi sintonizzarsi con lui in stretta alleanza. L’attenzione alla teatralità del contesto è impareggiabile, mentre il tragicomico è la nota dominante. E già al Circolo, in seguito al suicidio di una donna e del parroco, la sentenza non si fa attendere:
“Santità e amuri terreno possono benissimo stari ‘nzemmula”.
In sostanza, simulando segretamente pratiche magico-religiose per scongiurare le tentazioni d’ordine sessuale, i parroci delle chiese del paese, associati con apposito statuto, profittano in modo orgiastico di giovani maritate o no, dai sedici ai venticinque anni. Lasciando ora al lettore il piacere di compartecipare all’investigazione, pare opportuno far parlare Camilleri, il quale nella presentazione-video al libro tiene a precisare che non è lo scandalo ad interessarlo, ma il ribaltamento delle posizioni: l’avvocato Teresi, che legge il Don Chisciotte, prima acclamato, è poi costretto a espatriare. Il vibrante epilogo induce a riflettere sull’oggi. Lo scritto racconta sì un fatto storico facendolo sconfinare nella fantasia, ma lo rende attuale per l’estrema attenzione al tema dell’occultamento della verità.
Federico Guastella
 
 

ALK Libri, 29.10.2011
Recensione
Gli arancini di Montalbano
Pagella. Scorrevolezza: 7 Valore artistico:8 Contenuti:8 Globale: 8

Il commissario Salvo Montalbano non ha mai un momento di tregua, a Vigàta, piccolo paese nel cuore della Sicilia, sono tutti impegnati a tramare vendette familiari, furti, rapine, sequestri, come se si fossero messi d'accordo per rendere impossibile la vita del povero commissario che ogni giorno, appena sveglio, dovrà imbattersi nei casi più assurdi e misteriosi: omicidi nascosti da finti incidenti d'auto, una coppia di anziani attori che mettono in scena la loro prossima morte, bacheche con annunci di matrimonio sparite nel nulla. Montalbano deve districarsi fra questi casi all'apparenza impossibili da risolvere, sempre stanchissimo e stressato, perché nonostante l'appoggio di alcuni collaboratori deve fare tutto lui, e intanto portare avanti con enorme pazienza la relazione con la fidanzata che vive in Liguria e non vede quasi mai. Si presenta sempre dicendo "Montalbano sono!" frase che l'ha reso il commissario più famoso e simpatico d'Italia. La penna geniale di Andrea Camilleri ha fatto nascere questo personaggio cosi singolare, al quale lo scrittore stesso si rivela particolarmente affezionato, tanto che in uno degli episodi fa in modo che Montalbano lo chiami al telefono per dirgli che non gli piace il finale che vuol dare all'episodio stesso. Anche quando pare tutto tranquillo il commissario non si fa sfuggire niente, è come se avesse un "occhio clinico" che gli fa capire subito se una persona ha qualcosa da nascondere, e da particolari insignificanti nasce sempre un caso da risolvere, forse perché odia talmente tanto la burocrazia che piuttosto che stare in ufficio a firmare scartoffie, tenta sempre una finta paralisi alla mano per evitare questa noiosa procedura, preferisce indagare per conto suo su episodi che non hanno niente di particolare, o su persone che semplicemente fanno una passeggiata sulla spiaggia ogni mattina. Camilleri è uno dei più bravi in questo, nel ricreare quelle atmosfere particolari di un mattino di sole in una casa sulla spiaggia, come quella di Montalbano.
Denise Mereu
 
 

Tvblog.it, 29.10.2011
La fiction italiana? Sospesa tra paura, imbarazzo, eccezioni (ed il mistero di Don Matteo)
Speciale fiction italiana. Qual è lo stato della fiction nostrana? Sapendo che sabato 29 ottobre a Tv Talk se ne sarebbe parlato, abbiamo deciso di avviare, come facemmo già qualche tempo fa, un dibattito in merito, coinvolgendo anche i colleghi di Italiansubs, che di fiction se ne intendono proprio perché sono molto più orientati a quella straniera, e altri, per allargare il discorso al di fuori dei confini di TvBlog. Proporremo, pertanto, una serie di post a tema, con l’obiettivo di creare una serie di confronti allargati anche ad altre realtà che parlano di tv sul web e, perché no, agli addetti ai lavori. Purché disposti a mettersi in gioco, ovviamente, e non a parlare solamente dei loro successi (veri o presunti che siano). Cominciamo lo Speciale fiction italiana con questo pezzo di analisi di Paolino

Parlare dello stato della fiction italiana non è facile. E non perchè non si sappia da dove partire per elogiarne caratteristiche e pregi, piuttosto il contrario. La fiction italiana, negli ultimi anni, si è trovata a doversi confrontare con le produzioni statunitensi, inglesi e francesi, cercando un proprio posto nel mondo che, però, non è ancora stato trovato.
[…]
Le eccezioni
Ma ci sono le eccezioni? Certo, l’Italia ha le sue piccole perle nel mare piatto della serialità. Basta trovarle, e non solo sul satellite (“Romanzo Criminale”). Raiuno e Canale 5 si sono rese protagoniste di tre produzioni tra le più stimate dal pubblico, e tra le più coraggiose: “Il Commisario Montalbano”, “Tutti pazzi per amore” e “Squadra antimafia-Palermo oggi”. “Montalbano” non ha tradito il clima dei libri da cui è tratto, rendendosi autenticamente appassionante, grazie anche ad un lavoro sul cast che ha preferito puntare su un volto nuovo (Luca Zingaretti, quando ha girato i primi episodi, non era notissimo). Ed il riconoscimento è arrivato, anche dall’Inghilterra.
[…]
Paolino
 
 

Corriere del Mezzogiorno, 29.10.2011
Carofiglio in libreria legge le bonus track
Lo scrittore ha presentato il suo ultimo libro «Il silenzio dell'onda» leggendo brani tagliati dopo gli editing

Catania - «Il silenzio dell’onda» è arrivato anche alla Feltrinelli di Catania, insieme col suo autore, Gianrico Carofiglio. «Sono stanco di girare le librerie per promozionare i miei libri e parlare di me…», premette subito lo scrittore, fra il serio e il faceto, aggiungendo però di aver trovato una soluzione che accontenti la Rizzoli, i suoi lettori, e anche lui: alla tradizionale lettura di una parte del romanzo, sostituisce quella delle «bonus track», come lui stesso chiama le parti del romanzo che a seguito di numerosi editing sono state eliminate dall’opera perché, anche se qualitativamente valide, poco aderenti alla direzione della storia. Molto legato alla contraddizione, finisce per parlare comunque di sé, delle sue scelte e del suo pensiero riguardo la riscrittura e la pulizia di un testo. Parla della sua carriera, degli inizi, dell'approccio difficoltoso alla fama dura a venire, della maniacale osservazione dei lettori che finivano per deluderlo quando tenevano tra le mani quei libri Sellerio che però portavano sempre la firma di Camilleri.[…]
Asterischi.com
 
 

Cultura 2.0, 29.10.2011
Libri da leggere: "L'invenzione del Balcone" di Gene Gnocchi
In occasione dell'uscita in libreria di questi giorni, qui di seguito una scheda del nuovo libro scritto da Gene Gnocchi e edito da Bompiani, intitolato "L'invenzione del Balcone".

Il libro: Nell'ultimo libro di Gene Gnocchi si pratica un genere non molto frequentato: la satira letteraria, se pur, come si conviene al suo stile, surreale e dark. Come avrebbe detto uno scrittore padano, limitrofo e somigliante a Gnocchi, Antonio Delfini, il tema è "il bluff artistico in quanto atteggiamento".
E così sfilano tutti, protagonisti di una battuta o di un intero capitolo, i miti della moderna società letteraria, da Erri de Luca a Michela Murgia, da Margareth Mazzantini a Fabio Volo, da Giorgio Faletti a Andrea Camilleri. Gli editori. Le più note firme del giornalismo italiano. Il Gruppo '63 e i suoi remakes. Italo Calvino e Alberto Arbasino. Tutti dentro un grande tic mediatico, dal quale non riescono a liberarsi.
[…]
Valentina Sansoni
 
 

La Sicilia, 30.10.2011
Chocobarocco a Modica
Prosegue fino al 1° novembre a Modica "Chocobarocco", la manifestazione enogastronomica sul locale cioccolato artigianale

Ragusa. [...]
Libreria Saltatempo
Venerdì 4 novembre ore 19.00 "Pomeriggi letterari" alla libreria Saltatempo. Ciccio Schembari: narra "Sostiene Pessoa" e "Un filo di fumo" di Andrea camilleri. In circa 40 minuti, Ciccio Schembari, in veste di "narratore", in parte riassume, in parte recita, in parte legge, il libro scelto.
[...]
(a cura di Antonio La Monica)
 
 

La Nuova Sardegna, 31.10.2011
La setta degli angeli
di Andrea Camilleri

Il realismo grottesco impregna il racconto di Camilleri che, nella «Setta degli Angeli» si fa contagiare dalle cronache novellistiche che seguono al Decameron e dai romanzi di Sciascia. Un romanzo d’invenzione quello nel quale è descritto un villaggio, anzi un rustico paesotto davvero singolare: otto chiese di cui sette per i ricchi e una per i contadini. Un circolo litigioso e scalmanato. Veri sono i fatti che qui si raccontano e vero è il personaggio, Matteo Teresi, giornalista e avvocato dei poveri e dei deboli. E’ il 1901 il villaggio è scosso da una forza misteriosa, si teme un’epidemia di colera, succede il finimondo. Un’occasione per accusare, infamandolo, Teresi.
 
 

La Nuova Sardegna, 31.10.2011
Tre scrittori per un giudice

In «Giudici» (Einaudi Stile Libero, 147 pp., 11 euro) Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo inventano tre personaggi di magistrato protagonisti di altrettante vicende. In una Montelusa della Sicilia post-unitaria il giudice Efisio Surra, torinese di origini sarde, arriva col duro compito di riorganizzare il tribunale locale, sepolto dalle macerie delle istituzioni borboniche.
Con sciasciano candore egli si ostina a voler riaprire un vecchio processo palesemente insabbiato, ignorando, letteralmente, gli atti intimidatori che don Nené - il capo della «fratellanza» - ordina contro di lui. Quando va a rendere visita al suo predecessore, un vecchio giudice filoborbonico costretto alle dimissioni, Surra riceve in cambio un libro: «la relazione di don Pietro Ulloa, procuratore generale a Trapani nel 1838», vertente sulla corruzione e sulla «maffia».
Ebbene, Surra omette, per i tre anni che rimarrà in servizio in Sicilia, di leggerla: mai inconscia omissione fu più tempestiva, secondo Camilleri, poiché il giudice, nel suo intimo, volle ignorare l’esistenza della mafia: «Agì come se non ci fosse e, così facendo, inconsapevolmente, l’annullò».
Con Lucarelli ci spostiamo avanti di un secolo, nella Bologna del 1980. Valentina - giovane procuratrice nota, nell’ambiente del tribunale, come la Bambina - sta conducendo un’indagine su un caso di bancarotta che intercetta, inaspettatamente, politica e terrorismo e che la porterà a vivere una paradossale esperienza di clandestinità.
Il più ispirato dei tre ci pare, senza dubbio, Giancarlo De Cataldo nel suo «Triplo sogno del procuratore». Ottavio Mandati, prima studente modello e oggi procuratore, soffre, soprattutto nella forma inconscia dei sogni, un’ossessione: il non essere mai riuscito a far valere le flagranti prove contro Pier Filiberto Berazzi-Perdicò, palazzinaro, imprenditore, sindaco.
Con formula di sicuro successo la raccolta affronta tre momenti nevralgici dell’Italia unita: l’apologo di Camilleri, il racconto storico con le consuete venature di inchiesta di Lucarelli e il fondo simbolico della narrazione di De Cataldo, dove, se è doveroso decifrare il parallelo con la nostra realtà, il valore non risiede certo nella scontata identificazione del politico-imprenditore: piuttosto nell’aver saputo evocare letterariamente la nostra percezione - il nostro incubo vissuto - del surreale ripetersi d’un canovaccio: una politica che si sottrae alla giustizia aggredendone, allo stesso tempo, i lavoratori e la sua essenza.
Alessandro Cadoni
 
 

 


 
Last modified Friday, August, 27, 2021