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RASSEGNA STAMPA

GENNAIO 2013

 
Il Domenicale del Diritto, 2.1.2013
“Giudici”

Il volumetto “Giudici” è una raccolta agile di tre racconti a opera di altrettanti scrittori italiani ben noti al grande pubblico: Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo e Carlo Lucarelli. È stato pubblicato da Einaudi nel 2011, nella collana Stile Libero.
Tutti e tre gli Autori si sono proposti di narrare una storia che avesse come protagonista la figura del giudice: già questo punto di partenza dovrebbe interessare il giurista che sia attento al rapporto tra rappresentazione del processo (e dei suoi protagonisti) e fiction. Non sono molti, inoltre, i libri espressamente dedicati alla figura del magistrato quale “cuore” della trama.
L’immagine di copertina, si noti in primis, ha il bel tratto della matita di Lorenzo Mattotti: raffigura un magistrato apparentemente affaticato, con il capo leggermente chino e occhiali ampi e spessi, che si avvia al lavoro.
Prima di recensirlo per Il Domenicale del Diritto, ho riletto il libro almeno tre volte: la lettura è veloce, sono poco più di cento pagine scritte con grande cura (e “mestiere”) sia nella descrizione delle scene sia nel ritmo, e non annoiano di certo.
Faccio, però, una premessa, non polemica ma metodologica: nel risvolto di copertina si legge:
“Tre grandi scrittori di oggi mettono al centro della loro osservazione la figura, carica di conflitti e di tensioni, di chi ha scelto nella vita di amministrare la giustizia, per conto di tutti noi. E si collegano a una tradizione che va da Manzoni a Sciascia, da Dostoevskij a Kafka”.
In realtà, un’analisi abbastanza approfondita della figura (anche psicologica del giudice) mi pare di averla trovata solo nella prima storia, quella a firma di Camilleri. Le altre due narrazioni puntano più su colpi di scena e dinamicità, senza approfondire troppo quei caratteri del magistrato, e del suo lavoro, che, nel corso della storia della letteratura, sono stati sempre di peculiare interesse per i grandi scrittori citati nel risvolto. Voglio solo avvertire il potenziale acquirente che, pur nel pregio dei contenuti di questo libro, siamo ben lontani dalla profondità di analisi del “sistema giustizia” effettuata da Manzoni, Sciascia, Dostoevskij e Kafka.
Nel primo racconto, ambientato in Sicilia subito dopo l’Unità d’Italia, il giudice Efisio Surra, cinquant’anni, un poco al di sotto della statura media, elegante, paffutello e goloso, sposato e padre di un avvocato, giunge da Torino nell’immaginaria città di Montelusa e deve provvedere a una vera e propria “ristrutturazione” del Tribunale, del suo funzionamento e del personale di Cancelleria e giudicante, deve impegnarsi per il recupero di fascicoli misteriosamente scomparsi, deve evitare attentati e, soprattutto, deve relazionarsi con la mafia. Alle prese con soffiate anonime e rapporti di potere nuovi e consolidati, Efisio Surra fa, in uno dei passaggi più luminosi del libro, la “scoperta” dei cannoli (p. 9):
«Era una serata così bella che ebbe voglia di fare quattro passi al corso. Non s’aspettava di trovarvi tanta gente che passeggiava intrecciando un balletto continuo di scappellate, inchini, sorrisi e complimenti.
Ma quella che maggiormente attirò la sua attenzione fu la vetrina di un grande caffè che esponeva una variopinta pasticceria. Il giudice nutriva un unico vizio che poi non era tanto segreto: era un incontenibile goloso di dolci. Origine di frequenti liti con la moglie che temeva per la sua salute. Vide una pila di dolci di forma strana, dei tubi marrone fatti di pasta croccante lunghi una ventina di centimetri e ripieni di una crema bianca coperta ai lati da pezzetti di frutta candita».
Il suo “sincero, rispettoso amore per la giustizia”, e il fatto di essere così disincantato e, per certi versi, ingenuo, lo portano a sconvolgere l’ambiente giudiziario locale che non era certo in una situazione di armonia (“Saprete meglio di me che un tribunale funziona quando fra tutti i suoi componenti ci sono stima e rispetto reciproci. Qua, negli ultimi tempi soprattutto, hanno regnato disistima e arrivismo”) (p. 17).
I sapori che colorano il racconto sono quelli dei cannoli siciliani, della pasta con le sarde, della granita al limone (rigorosamente gustata al mattino, per colazione) e dei taralli: tutti piatti e specialità che connotano il percorso gastronomico del neo-giudice.
Il racconto di Carlo Lucarelli, La Bambina, compie un salto nel tempo rispetto al precedente e arriva sino agli anni Ottanta. Vi è molta più azione, come è nello stile dello scrittore bolognese, e un’attenzione agli eventi politici di quegli anni.
Lucarelli tratteggia molto bene Ferro, un poliziotto che apre il racconto e che sarà protagonista insieme al giudice.
L’azione e l’aura poliziesca mettono in realtà un po’ in secondo piano l’analisi “psicologica” della figura della giovane giudice istruttore trentenne, lasciando ampio spazio, si diceva, all’analisi caratteriale del poliziotto che le fà da scorta.
Anche il racconto di Lucarelli, come quello di Camilleri, rende felice il lettore con numerose citazioni (e “ricordi”) che caratterizzano immediatamente l’atomsfera e le vicende: i fumetti di Lanciostory (soprattutto le storie di Larry Mannino e Distretto 56) letti in macchina o usati, insieme a Il Resto del Carlino, per coprire le pistole d’ordinanza, la musica di Pino Daniele e dei Cure (con l’ascolto di A Forest, una canzone particolarmente misteriosa e cupa) ma anche Luna di Gianni Togni, il pastis marsigliese che diventa oggetto di ricerca sfrenata a Bologna nel baretto di via del Pratello o nei bar del Pilastro, affiancato al Cointreau con ghiaccio che beve, invece, il giudice e alla tragedia di Ustica che rimane minacciosa sullo sfondo.
Mi è piaciuto un passaggio, quasi poetico, che descrive in maniera egregia l’atmosfera notturna della periferia di Bologna:
«Avevano attraversato Bologna e Ferro aveva pensato che a quell’ora la città gli era sempre piaciuta. Sembrava una donna che si stirasse, morbida e sensuale, prima di alzarsi dal letto. Quando stava sulle volanti e rientrava dal turno di notte, faceva sempre un giro in più per godersi quella luce ancora umida e lucida, i rumori che risuonavano più forti, improvvisi, prima di scivolare in un silenzio che era ancora quello della notte» (p. 63).
Il racconto di Giancarlo De Cataldo, Il triplo sogno del procuratore, è quello più complesso e meno lineare, e chiude egregiamente la trilogia “giudiziaria”.
La scena oscilla dal 1966 ai giorni nostri, unendo ricordi, fatti e sogni con, alla base, un conflitto aspro, quasi un’eredità portata avanti sin dall’infanzia, tra un Procuratore della Repubblica e un politico.
Accanto ai numerosi riferimenti culturali e letterari, De Cataldo si diverte a inserire anche un po’ di tecnologia (segno dei tempi): Facebook come terreno investigativo, e indirizzi IP e tabulati per individuare e tracciare criminali.
Una delle parti più divertenti è un passaggio riferito all’abbigliamento del magistrato Ottavio (pp. 110-111):
«Prima di raggiungere l’auletta delle udienze preliminari, Ottavio si arrestò davanti a uno specchio. Il nodo della cravatta sembrava a posto. L’insieme, dignitoso e sobrio, mai eccessivo, e per amor di Dio senza alcuna concessione all’eccentrico, gli conferiva quel perbenismo un po’ coglione che la gente si aspetta da un magistrato. Quando aveva cercato di spiegarlo a Lucio, suo figlio l’aveva sarcasticamente rimbeccato.
- Ma papà, non è che ti vesti così per apparire, perché la gente te lo chiede. È che tu sei così: perbenista, e un po’ coglione».
Il racconto di De Cataldo copre i temi degli abusi edilizi, del rapporto col potere e con la politica, il problema della corruzione, della diffusione della droga e delle intercettazioni, dando un alone di grande attualità e, in un certo senso, “modernità”. È però, dicevo, forse il più complesso dei tre da seguire per un sovrapporsi di sogni (alla Inception) e per salti temporali che richiedono costante attenzione.
Il primo racconto mi ha ricordato molto le atmosfere del film In nome della legge di Pietro Germi del 1948. Il terzo racconto mi ha rammentato scene da In nome del popolo italiano e la “guerra” giudiziaria tra Tognazzi e Gasmann (film esplicitamente citato nel testo). Vi è anche un riferimento interessante a un film con Bill Murray, Ricomincio da capo, in cui il protagonista è costretto a “rivivere” sempre la stessa giornata.
In conclusione, a mio modesto avviso, il libro merita una lettura da parte del giurista interessato alla fiction e alla letteratura.
Si legge molto bene (le capacità di scrittura dei tre Autori sono fuori discussione), non si vuole proporre come un “classico” di analisi della figura del giudice ma come un insieme di tre sfaccettature (e tre episodi) collocate temporalmente in periodi diversi che beneficiano dell’abilità dei tre scrittori di tratteggiare atmosfere suggestive. Inoltre, come indicheremo qui di seguito, gli spunti di riflessione e di approfondimento e i camei che possono portare il giurista verso diverse direzioni sono davvero numerosi.
Coordinate, direzioni e contaminazioni
Fumetti: dicevo che Lucarelli, nel suo racconto, cita tanti fumetti. Dai classici a quelli del periodo storico in cui si svolge la vicenda. Tra tutte le citazioni, “pesco” i frequenti riferimenti al settimanale Lanciostory (il preferito del brigadiere Ferro), pubblicato dal 1975, in particolare il fumetto sudamericano Larry Mannino/Distretto 56 che ha come protagonista un tenente della divisione investigativa di New York raffigurato come un tipico anti-eroe sfortunato e nichilista.
Musica: sempre Lucarelli cita, tra le altre, la canzone dei Cure “A Forest”. La scelta è molto particolare e non solo (temporalmente) azzeccata: si tratta dell’unico singolo tratto dal secondo album della band inglese (Seventeen Seconds) che ha grande importanza in quanto segna un ingresso/passaggio in un momento dark, e oscuro, del gruppo. Il testo è di difficile interpretazione, e anche il video è molto complesso nella sua comprensione.  L’approccio alla musica dei Cure può muovere o, in sequenza, dai primi tre album in assoluto (lo stesso Robert Smith ha tenuto concerti in cui ha suonato in sequenza tutti i brani dei suoi primi tre album), Three Imaginary Boys, Seventeen Seconds e Faith, o partendo da album di grande successo quali Wish e Disintegration. I primi sono più malinconici, gli altri più complessi e con, anche, qualche segno di apertura e di luce. Di certo sono una band da tenere in grande considerazione.
Film: la storia di Camilleri, dicevo, ricorda le atmosfere di In nome della legge, di Pietro Germi del 1948. Il film è ambientato a Sciacca, e il lettore del racconto di Camilleri noterà tantissimi punti in comune: il problema del rapporto con la mafia, la solitudine del magistrato, la situazione dei fascicoli e lo stato del tribunale. Massimo Girotti, Jone Salinas, Camillo Mastrocinque, Charles Vanel e Saro Urzì sono i protagonisti del film, insieme a un pregevole Umberto Spadaro nei panni del maneggione Avvocato Faraglia. De Cataldo ricorda invece In nome del popolo italiano, un film del 1971 di Dino Risi: in effetti, il conflitto tra i due protagonisti del racconto ricorda molto la “guerra” tra Ugo Tognazzi/Giudice istruttore Mariano Bonifazi e Vittorio Gassman/imprenditore Lorenzo Santenocito. Infine, sempre citato da De Cataldo, Ricomincio da capo è un film del 1993 diretto da Harold Ramis con Bill Murray e Andie McDowell. Il titolo, Groundhog Day, è ormai utilizzato nei Paesi anglosassoni per indicare un giorno ripetitivo, e il tema è proprio quello di un soggetto che ogni mattina “rivive” la stessa giornata. Nel 2004 ne è stato fatto un remake con protagonista Antonio Albanese, dal titolo È già ieri.
Arte: De Cataldo cita, in un passaggio, un dipinto molto famoso, I falchi della notte, di Edward Hopper: in particolare, descrive una “brutta riproduzione” dell’opera che il giudice avrebbe nel suo studio. Consiglio al lettore di approfondire questo affascinante aspetto e questa opera, Nighthawks (o Night Hawks, come preferiva chiamarla lo stesso Hopper) del 1946, che non solo è uno dei più famosi dipinti americani (ritrae persone in un diner a tarda notte, i tiratardi del Greenwich Village, quelli che a Bologna chiamerebbero Biassanot) ma ha anche ispirato generazioni di artisti con le sue atmosfere uniche. Si pensi che Tom Waits dedicò un intero disco al dipinto, e il regista di Blade Runner, Ridley Scott, si narra ne tenesse una riproduzione sul set per cercare di imitare costantemente quelle atmosfere nel suo film (si rammentino i “bar” degli androidi nella pellicola).
Gusto: Camilleri cita, nel suo racconto, i tradizionali cannoli siciliani e la pasta alle sarde. Lucarelli cita, in un bel passaggio, il Pastis. Consiglio al lettore di approfondire la storia (e il gusto!) di questo liquore tipico di Marsiglia a base di anice che, si dice, abbia preso il posto, negli anni Trenta del secolo scorso, dell’assenzio. Il pastis fa tornare alla mente anche le atmosfere e i bar dei libri di Jean-Claude Izzo, soprattutto la cosiddetta Trilogia Marsigliese: letture gialle di grandissimo spessore, ed estremamente avvincenti.
Giovanni Ziccardi
 
 

Il Foglio, 2.1.2013
"Persone speciali" di Masolino d’Amico
Sellerio, 233 pp., 16 euro

Una quarantina di personaggi, di incantevoli ritratti, una galleria di fenomenali aneddoti. Sono davvero – per caratura, per bravura, a volte persino per antipatia, “persone speciali” queste che Masolino d’Amico aveva già raccontato nel corso degli anni sulla Stampa e che ora Sellerio ripubblica, in una sorta di antologia.
[…]
Scrive Andrea Camilleri, nella prefazione, che D’Amico riesce a sintetizzare benissimo tutti i personaggi raccontati con un sola parola: “Visconti, l’autorevolezza; Zavattini, la fantasia; Rossellini, il fascino; Lancaster, l’intelligenza e via di questo passo. Azzeccandoci sempre, in quest’arte difficilissima di condensare all’estremo”.
[…]
 
 

Dagospia, 2.1.2013
Tutti i Django del mondo

Il successo di "Django" di Sergio Corbucci scatenò una vera e proprio Django Fever tra gli spaghettari non solo italiani. Al punto che, come per il Ringo di Giuliano Gemma, non solo si arrivò a una corsa al sequel, vero o tarocco, ma qualsiasi film, anche se non c'entrava nulla col film di Corbucci, dovette avere un Django nel titolo (un titolo, allora, rappresentava il 50% del successo di un film) e qualsiasi pistolero, italiano, americano, finto americano, spagnolo, divenne Django.
[…]
Di seguito, tra figli e figliastri, i tanti Django del cinema.
I quasi Django
Col nome di Sean Todd ci prova a più riprese lo jugoslavo Ivan Rassimov (il vero nome era Ivan Dejerasimovic) a fare un simil Django. Prima in "Cjamango" (1967), diretto da Edward G. Muller, alias Edoardo Mulargia, ma scritto e prodotto dall'attore siciliano Vincenzo Musolino, che si nasconde sotto il nome di Glenn Vincent Davis. Poi nel più riuscito e poverissimo "Non aspettare Django, spara! (1967), sempre diretto da Mulargia, e scritto e prodotto da Musolino. E, ancora, nel sequel di "Cjamango, diretto dallo stesso Musolino, Chiedi perdono a Dio... non a me. Sembra che Andrea Camilleri abbia scritto un paio di film alla siciliana per Musolino. Non ricorda i titoli.
[…]
Marco Giusti
 
 

Radio3 Scienza, 3.1.2013
Conto alla rovescia?
Cliccare qui per scaricare il podcast

Nel 2011 avevamo toccato quota 7 miliardi. Nel 2050 arriveremo a 9 miliardi. Secondo alcune proiezioni, però, non andremo oltre. C’è chi, addirittura, prevede una contrazione della popolazione mondiale. Tra le cause, anche la diminuzione delle nascite, come ci spiega Giuliano Cannata, autore del “Dizionario dell’estinzione. Il mistero delle nascite nell’era della diminuzione” (NdA Press, 2012), con prefazione di Andrea Camilleri, anche lui ai nostri microfoni insieme al demografo Massimo Livi Bacci.
Al microfono Rossella Panarese.
 
 

La Sicilia, 4.1.2013
L'aneddoto
Il Pimpigallo di Camilleri diventa opera teatrale

E se la Sicilia ripartisse dai suoi personaggi: artisti, intellettuali, scrittori? E se la fantasia costruttiva traesse linfa vitale dalla realtà? Può apparire un gioco intellettuale, ma a volte le fiabe posson essere talmente reali da capovolgere il rapporto concretezza-fantasia.
La storia qui raccontata è sicula ed universale al tempo stesso. E seppur reale, non può che partire come una fiaba. L'incipit è che vi era un pappagallo che imitava Andrea Camilleri, sì proprio lo scrittore che ha inventato il commissario Salvo Montalbano. Il testimone diretto di questa storia è un regista romano (appassionato dell'isola del sole), Rocco Mortelliti, il primo ad aver portato un romanzo del narratore di Porto Empedocle sul grande schermo.
La premessa alla storia è che un giorno sul terrazzo romano di casa Camilleri apparve un piccolo pappagallo di colore giallo, era spaesato, sembrava in cerca di un luogo nel quale trovare riparo. Camilleri, come era capitato con altri animali, lo accolse subito, senza indugi. Dopo qualche giorno, il pappagallo trovò dimora nella casa adiacente della figlia dello scrittore, allora sposata con il regista Mortelliti. «Ebbene, ogni mattina Andrea, prima di andare a lavorare alla Rai, passava da casa nostra e si metteva a parlare con il pappagallo, ribattezzato da subito il "Pimpigallo". Era una scena originale, divertente, ma anche esteticamente surreale. Provate ad immaginare Andrea con il suo vocione dialogare con il piccolo Pimpigallo: "Ciao bello Pimpigallo, come stai? Mannaggia, mannaggia"'. Ed il pappagallo lo ascoltava, incuriosito, calmo, tranquillo».
Qualche tempo dopo la storia si sposta in Toscana. «La famiglia Camilleri durante l'estate soggiorna ad agosto in una villa di campagna» continua Mortelliti. «Andrea era partito da alcuni giorni, era in Sicilia per motivi di lavoro. Ad un certo punto sento la sua inconfondibile voce. Ma come è possibile - mi chiedo- che sia già rientrato? Ed il suo spettacolo teatrale? Eppure continuiamo a sentire la sua voce: "Ciao bello Pimpigallo, come stai? Mannaggia, mannaggia". Il mistero è presto svelato. Era il piccolo Pimpigallo che lo imitava alla perfezione, con la tipica intonazione camilleriana che Rosario Fiorello ha fatto diventare un cult. Abbiamo sorriso tutti assieme, ed allora quella storia è diventata uno degli aneddoti più simpatici di casa Camilleri».
Ma adesso la storia diventerà opera teatrale, con regia di Rocco Mortelliti, con Nino Frassica a interpretare il ruolo di Camilleri. Ed il luogo dove per la prima volta questa storia vedrà la luce dovrebbe essere Noto.
Mortelliti conclude: «E' un atto d'omaggio alla Sicilia, questa terra che adoro, questa terra che amo... ».
Salvo Fallica
 
 

La Stampa - Tuttolibri, 5.1.2013
Anteprima: il nuovo romanzo
Camilleri: nella vasca cantando Dies irae
“Il tuttomio”: il corpo incantevole di Arianna, una moglie sensualissima e bambina, fino all’ultimo segreto (e ricordo)
Esce l’8 gennaio il nuovo romanzo di Andrea Camilleri «Il tuttomio» Mondadori, pp.156, €16
Ne pubblichiamo in anteprima l’incipit.

Giulio la sveglia sfiorandole appena un orecchio con le labbra e le sussurra:
«Ari, ti saluto, devo andare.»
Ha sentito, ha capito, ma non è in condizione di rispondere.
[...]
Trattiene un poco il respiro per continuare a immaginarsi morta dentro la bara del sonno. Ma è un tentativo inutile, è stata irrevocabilmente richiamata in vita.
E quindi deve fare le cose che fanno i vivi.
Inspira profondamente, si riempie i polmoni dell’odore notturno di se stessa che il lenzuolo ha trattenuto.
Deve avere sudato molto per il caldo e lei ama il suo sudore.
Ha scoperto di avere due tipi di sudore, ognuno dei quali ha un odore diverso.
Il sudore dovuto al caldo odora di colonia d’erbe e ha un colore verde smeraldino, quello dovuto all’amore ha invece un odore forte di muschio e un colore verde scuro.
Solleva un braccio sino a che l’ascella viene a trovarsi all’altezza del naso, lo lascia così per un poco, respirandosi.
Ora è tornata a essere compiutamente viva.
Sente il cuore che pulsa forte e ritmico – FUNF FUNF FUNF – e risuona dentro alle sue orecchie come la caldaia di una locomotiva in sosta.
Piega e raddrizza ripetutamente le dita del piede sinistro.
«Ciao, piede, come stai?»
Fa lo stesso con l’altro.
«E tu?»
Ora una mano scende a carezzare il polpaccio sinistro.
«Ciao, polpaccio.»
Da adolescente aveva la fissazione che i suoi polpacci fossero troppo grossi, come quelli di quasi tutte le contadine delle sue parti, e ogni volta, appena sveglia, passava almeno una mezzoretta a lisciarseli nella speranza di riuscire ad affusolarli.
E prima aveva patito la paura che le venissero tette troppo grandi. Di nascosto da nonna se le fasciava strette strette con un fazzolettone che a momenti non le riusciva più di respirare. Per strada camminava con le spalle curve nel tentativo di farle sporgere di meno.
A convincerla che aveva delle gambe splendide e delle tette da antologia era stato il professore di filosofia, al terzo liceo, quello col nome buffo, Adelchi, che spesso interrompeva la ripetizione e la faceva mettere nuda davanti allo specchio.
Quando Elena bussa discretamente alla porta, lei è riuscita a dare il buongiorno al suo corpo fino alla gola.
«Entra.»
«Dormito bene, signora?»
Non risponde.
Parlare senza prima avere bevuto il caffè le è praticamente impossibile. Già rispondere a Giulio è stata una fatica improba.
Elena poggia il vassoio con la tazzina sul comodino.
«Le apro di più la finestra?»
«No.»
«Le preparo il bagno?»
«Sì.»
Appena Elena è uscita, riprende la cerimonia dei saluti.
«Ciao, mento.»
Quando finisce di salutarsi anche i capelli, si tira su a mezzo, sistema meglio i due cuscini dietro la schiena, prende la tazzina di caffè amaro, se la porta alle labbra.
Dopo si accende la prima sigaretta della giornata.
Aspira lentamente, distanziando una boccata dall’altra e trattenendo dentro di sé il fumo il più a lungo possibile.
«Il bagno è pronto, signora.»
Spegne la sigaretta, scende dal letto, attraversa lo spogliatoio, entra nel bagno che ha tutte le luci accese.
Si leva la corta camicia da notte trasparente, si guarda nello specchio grande quanto mezza parete.
Niente male, proprio niente male per una che ha compiuto 33 anni quattro giorni prima.
Flette i muscoli delle gambe, fa delle mezze torsioni, piega ripetutamente il busto avanti e indietro, ma non sta facendo ginnastica, non l’ha mai fatta, è una sorta di controllo generale del suo corpo.
È soddisfatta, si sente snodata, flessuosa, sciolta, un meccanismo di precisione ben costruito e ben tenuto, pronto a mettersi in moto appena lei lo chiede.
Va a sedersi sulla tazza. Tutte le sue funzioni si attivano alla perfezione.
Canticchia.
In vita sua, non ha mai saputo tenere a memoria il motivo di una canzone.
E dire che ha passato notti intere a ballare, ascoltando e riascoltando la stessa musica.
Conosce un solo motivo, lo sentì una volta alla radio, poteva avere una dozzina d’anni o poco meno, non se l’è mai più scordato, ed è quello che sempre canticchia a bassa voce quand’è sola, è un suo segreto, lo cucina in tutte le salse, anche in salsa jazz, tanto si presta benissimo, le parole fanno pressappoco così:
Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla...

Poi va a infilarsi dentro alla Jacuzzi. Vi si allunga con un sospiro di felicità.
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.1.2013
Un anno da leggere

Da Mondadori a Bompiani, da Feltrinelli a Rizzoli, passando ovviamente per Sellerio. La grande editoria scommette sulla Sicilia, sul suo bacino di storie e sui suoi autori. A tenere a battesimo il nuovo anno letterario dei siciliani, che si annuncia ricco di storie e personaggi, è il solito, immancabile Andrea Camilleri: in questa prima decade di gennaio approderà, infatti, in libreria il suo nuovo romanzo, "Il tuttomio" per Mondadori: al centro delle vicende narrate, una giovane donna bella e affascinante, di nome Arianna, segnata da un'indole infantile, lolitesca verrebbe da dire; per le sue abitudini irragionevoli e regressive, che per il marito Giulio sono insieme croce e delizia; per i risvolti amorosi, erotici che contemplano (una sintassi di giochi e complicità sensuali e perigliosi), mettendolo però in sospetto quando le bizzarrie si coprono di mistero. Trai segreti custoditi da Arianna, infatti, c'è il "tuttomio" del titolo: una sorta di rifugio, di "tana", di antro materno, ricavato in un angolo del solaio, sul modello della piccola grotta in cui si ritirava in campagna, dove l'unica ospite ammessa è Stefania, una bambola parlante. Ma non sarà il solo colpo assestato dall'autore de "Il re di Girgenti" in questo inizio di anno: di qui a poco il commissario Montalbano farà l'ennesima sortita questa volta però sotto le specie del fumetto targato Disney. La grande casa americana, infatti, ha contattato Camilleri per chiedergli l'autorizzazione a realizzare una storia ispirata al commissario di Vigàta. Pare che lo storyboard sia pronto: lo spunto nasce da una gita che Topolino e Minnie fanno in Sicilia. Da alcune indiscrezioni, pare che Topolino diventerà Topalbano e si troverà a indagare in un paese chiamato Vigatta. C'è pure un'altra versione: nel corso di un viaggio di Topolino e Minnie in Sicilia, quest'ultima viene rapita. Al fianco di un Topolino apprensivo e preoccupato, ci sarà Salvo Montalbano, impegnato nelle indagini.
[...]
Salvatore Ferlita
 
 

La Repubblica (ed. di Genova), 6.1.2013
Il racconto
Credevo di abitare a Ventimiglia invece ero in un racconto di Camilleri

[...]
Mi accorgo gradualmente di non vivere in una cittadina del nord, anche se geograficamente è così, ma in una del sud, trasportata qui, non in un racconto di Calvino, ma nelle pagine di Camilleri... Un giornalista di Nice Matin, Guillaume, mi ha detto che la mafia non si può essere arrestata al confine, ingenuo crederlo. L'ombra nera che ha offuscato la nostra terra di ponente dilaga anche verso la soleggiata Costa Azzurra.
Lilia De Apollonia
 
 

ANSA, 7.1.2013
Libri, Camilleri e Tamaro aprono 2013
In arrivo anche Mastrocola e ritornano Lucarelli e Comencini

Roma - Un Camilleri inedito, che trascina nel cuore dell'amore e della perdizione.
[...]
Parte con grande vitalita' la narrativa italiana nel 2013.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 7.1.2013
Teatro Spettacolo

Sabato 12 alle 21.30 IL COMMISSARIO MONTALBANO: LA LUNA DI CARTA di A. Camilleri, regia di M. Bigai (Giallo).
 
 

La Voce di Pistoia, 7.1.2013
Libri novità
“I segreti della tavola di Montalbano” di Stefania Campo

Con I segreti della tavola di Montalbano pubblica un libro, visto che ci occupiamo di poliziotti, che è un’indagine sull’universo gastronomico di Andrea Camilleri e di riflesso del commissario più popolare d’Italia, Salvo Montalbano. Si parla quindi di un grande mangiatore, di un eccellente buongustaio, un uomo dotato di un grande appetito (“pititto”). E ne esce una sorta di antologia divisa in tanti capitoli, con protagonisti da una parte Camilleri e Montalbano, dall’altra alimenti e pietanze di Sicilia. Il cibo ha una sua importanza universale, è sinonimo di vita, è una passione e certo Montalbano è preda di questa passione. Qualcuno arriva a dire che tra una sana mangiata e un viaggio dalla sua donna in Liguria lui non esita, sceglie la tavola a Vigata…. Per lui una scala di piaceri, di desideri, il cibo è al primo posto. E il pregio di questa pubblicazione è di svelare i segreti delle gustose ricette tipiche di queste storie, ma anche di approfondire il rapporto di Camilleri e di Montalbano con il cibo.
I segreti della tavola di Montalbano ci fa scoprire uno dei lati meno consistenti ma riteniamo di assoluta importanza nello spiegare il successo delle avventure del commissario siciliano, o meglio ancora come recita il sottotitolo, il lato è Le ricette del commissario Montalbano . Montalbano è un fanatico del cibo, per lui il momento più bello è quando lo gusta, guai a chi chiacchiera mentre mangiano, le prelibatezze meritano, anzi impongono, di essere consumate in religioso silenzio. E del resto chi divide il desco con il commissario viene avvisato che le discussioni sono rinviate a dopo il caffè. E l’autrice stessa a rivelarci di avere scritto questo libro per la grande attenzione che i lettori di Camilleri portano a tutto quanto ruota intorno alla figura del protagonista. Molte persone quando visitano la Sicilia cercano non soltanto i luoghi dove opera Salvo Montalbano ma vorrebbero anche mangiare come quel che mangia lui. In questo libro sono state raccolte le tante ricette con cui il commissario soddisfa...l’appetito, e il lettore o la lettrice avranno anche la possibilità di provare essi stessi a cucinare una delle tante ricette. E per venire incontro alle esigenze del lettore, sia semplicemente un curioso o un cuoco in pectore, le ricette sono divise per genere, antipasti, primi piatti, carni e lumache ( già ci sono gli attupatreddi o lumache)al sugo, pesce, verdure e dolci. Ma queste ricette compaiono sempre in coda a dei capitoli che introducono il pensiero di Camilleri e il modo con cui lui ha fatto parlare e agire il suo personaggio di carta.
Con un numero sempre più grande di romanzi dedicati a Montalbano Camilleri, anche grazie alla televisione, ha creato un personaggio-mito, un siciliano con i suoi vizi e le sue virtù, le sue manie, ma fondamentalmente ha dato vita a una ottima persona e a un grande poliziotto. Il pregio di Montalbano è di essere autentico, vero, spontaneo. Il suo rapporto con il mare, la sua donna, il lavoro e, perché no, il cibo ne fanno una figura che… esce dalla dimensione cartacea. Vive sul mare, consuma quando è a casa i suoi pasti in veranda, secondo un vero e proprio rituale che non si limita al gustare ma invece considera il cibo come una espressione di vita, di storia, di tradizione, e per il rispetto e l’amore che gli porta ecco l’esigenza di gustarlo in silenzio. Aria buona, cibi freschi, tanto pesce, questo è uno degli aspetti della vita di quest’uomo, con un solo debole, comune del resto a tanti, la gola. E molte volte ritarderà i suoi appuntamenti per non perdere una buona mangiata, clamoroso ne Gli arancini di Montalbano è che lascia Livia sola a Parigi per una fine d’anno per correre da Adelina che ha preparato in suoi famosi arancini. Da aggiungere anche che nei romanzi di Camilleri il cibo è funzionale al muoversi di Montalbano, a pancia piena è assai più determinato nel condurre le indagini. L’abilità dell’autore Camilleri sta nell’aver dato un tono di universalità al personaggio Montalbano, pur collocandolo in una dimensione assai localizzata, Vigata e dintorni. Il commissario è profondamente siciliano , mangia pesce, nuota in qualsiasi stagione.
E’ un personaggio fortemente caratterizzato e legato al territorio, persino gli orari e la durata del pasto sono strettamente legati alle abitudini siciliane. Tutto questo per dire che il personaggio di carta è talmente ben definito che va oltre l’immaginario per divenire uno di noi. Un uomo che è molto profondo, Camilleri l’ha costruito più come un “raddrizzatore” che come un “punitore”, non sempre seguendo la legge ma agendo secondo coscienza, e in questo somiglia molto a Maigret. E quante volte supera il disgusto del mestiere sedendosi a tavola, o, chiusa una indagine, lo vediamo solo e silenzioso festeggiare con una squisita mangiata. Uno dei pregi della letteratura gialla è di raccontarci cose avvenute realmente e di riflettere la quotidianità dei nostri atti.
E va citato il profondo legame tra letteratura gialla e il cibo perché il cibo equivale alla vita e i romanzi gialli ci raccontano la vita. Succede anche che la collocazione geografica degli autori si riflette sui singoli investigatori pur se poi si possono trovare dei legami tra gli stessi. Manuel Vazquez Montalban è ad esempio il grande cultore della cucina catalana mentre Camilleri valorizza il ruolo della sicilianità. Per dovere di cronaca ricordiamo che Montalbano è un omaggio di Camilleri al grande autore spagnolo. Montalbano e Carvalho sono accomunati dalla passione per la buona tavola, anche se ad onor del vero una differenza c’è , Carvalho è un grande cuoco, Montalbano non cucina we si limita a mangiare. La letteratura gialla ha sempre avuto un rapporto particolare con la vita quotidiana e quindi con il cibo, la tavola, ovviamente con differenze a seconda dell’origine dello scrittore. Da tutto discende un collegamento tra l’investigatore e lo’atto del mangiare, del bere, del cucinare.
E sempre più nel tempo si è manifestato questo abbinamento tanto che molte delle scene-crimine dei gialli si svolgono di fronte a un piatto. Se si va invece indietro nel tempo questo non si verificava per l’ascetico Sherlock Holmes che non mescolava mai il cibo alle sue performances investigative. Ma di contro ci sono i Nero Wolfe, i Maigret, i Pepe Carvalho che legano il momento del pasto all’occasione di una pausa riflessiva sulle indagini che li impegnano. E’ chiaro che ciascun poliziotto e di conseguenza ogni autore hanno un approccio diverso. Nero Wolfe è un raffinato buongustaio, Maigret ama i cibi forti e una buona birra, Carvalho è per una cucina addirittura “seduttiva”. Montalbano invece ha un rapporto fortemente connotato con la sua origine siciliana. Lui predilige i piatti più semplici e tradizionali della sua regione, ricordando molto i piatti dell’infanzia. Confrontandolo con i suoi colleghi Camilleri in Il cane di terracotta dice che come gusti il più vicino a Montalbano era Maigret. Tra i due però esistono delle differenze notevoli, Maigret mentre mangia pensa, lavora con la mente, Salvo invece bada solo ad assaporare il gusto. Poi, Maigret ha una moglie che è un a ottima cuoca, Salvo invece ricorre spesso alla cucina di Adelina, la sua domestica. Camilleri parla di cibo per presentare meglio il personaggio, approfondendone il profilo psicologico. Per Montalbano l’atto del mangiare è uno spazio di serenità, anche di allegria, una occasione anche per sfuggire alle pesantezze delle indagini.
Molte volte esagera con le pietanze, sta male quando un caso è particolarmente difficile o qualcosa non lo convince. Lui può mangiare solo quando è sereno o si possono affermare i valori della giustizia. Significativo in La gita a Tindari il fatto che lui vomiti perché non riesce a risolvere il caso. Montalbano a tavola è uno che non si modera, consumando anche quantità…notvoli. Mangia voracemente, il suo rapporto con il cibo è passionale, simile a quello che congiunge un uomo a una donna. Passione che può essere di tipo appunto amoroso/carnale o spirituale.Lui arriva a paragonare il cibo a una ispirazione divina, alla sublimazione dei sensi (vedi La forma dell’acqua nella scena del pranzo a casa del questore). E cibo e religione finiscono per assumere un’unica funzione purificatrice, anche certe sue espressioni sono tipiche della sua sfera religiosa. Ma Camilleri usa il cibo anche simbolo della sensualità femminile.
Detto questo ritornando al personaggio Montalbano e al suo “silenzio” a tavola, visto che il commissario ha una doppia vita, letteraria e televisiva, questo invito a..cibarsi in religioso silenzio è più rispettato nel libro che non nelle fiction televisive dove le esigenze sono obbiettivamente diverse. Camilleri ha connotato il mondo di Montalbano con una valenza fortemente siciliana, mettendo in risalto le passioni, l’ironia, il gusto verso la buona cucina degli abitanti dell’isola. Tutti questi elementi opportunamente combinati rappresentano la Sicilia di oggi e compaiono poi nelle varie storie. Nella storia e nella cultura siciliana , terra vessata da tante privazioni, il cibo assume un valore particolare, anche di memoria storica oltre che di nutrimento. E c’è un forte legame tra passato e presente. Camilleri conosce a menadito la Sicilia e tutte le sue tradizioni culinarie e indugia volentieri nei suoi racconti a parlarci di odori e di sapori ricorrendo anche ai suoi ricordi di bambino. Basta leggere Arancini di Montalbano La voce del violino L’odore della notte Il ladro di merendine.
Ogni suo romanzo è ricco di pietanze legate alle tradizioni gastronomiche dell’isola. Molte ricette l’autore le ha copiate da un vecchio libro di sua madre. Montalbano fa uno strappo a questo bagno culinario di sicilianità preferendo due bevande come il caffé e l’whisky . Lui beve un caffè raffinato, la miscela viene addirittura da Portorico(La voce del violino ). Anche se poi Montalbano evidenzia che questa bevanda non sempre ha effetti positivi, è stata usata anche come arma di un delitto. Ed ecco il caffè usato come metafora, da una parte rigeneratore, dall’altra simbolo del male. Il whisky nei romanzi di Camilleri è inteso come suggell0 di amicizia, di confidenza (L’orrore della notte ), di condivisione di pensieri e di discussioni, infatti lo vediamo bere con Mimì Augello e con Ingrid. Quanto alle donne di Montalbano, Livia, l’eterna fidanzata, non è una grande cuciniera ( La pazienza del signore), mentre Adelina pur restando un personaggio secondario, è invece importante perché oltre ad essere colei che fa la spesa e fa da mangiare, è anche quella che ne capisce meglio gli umori e cucina quel che sa che è adatto a lui (Il cane di terracotta ).
E la cucina di Adelina è una vera fonte oltre che di piaceri anche di possibilità di imparare a cucinare certi manicaretti. Montalbano frequenta un po’ per ragioni di servizio un po’ per amicizia altre donne, ma avranno la sua amicizia sole se brave…cuoche, e lui accetta volentieri i loro inviti a pranzo o a cena a patto che quanto cucinano sia in armonia con il suo umore. Se non mangia a casa il commissario va al San Calogero di Vigata. Ci va quando ha avuto una giornata pesante, li si distrae, torna euforico non solo per le prelibatezze che vi mangia ma anche per il rapporto speciale con l’oste, Calogero, che ormai lo capisce a volo e sa cosa dargli. (L’odore della notte ). Veramente buffo in questo libro un colloquio tra due, Calogero sta…recitando il menù quando Salvo lo ferma e gli chiede una cotoletta alla milanese. Un attimo di gelo, l’altro trasecola e Salvo: ” E tu pensi che io la cotoletta vengo a domandarla a tia?” Il commissario è un tradizionalista, il suo piatto preferito, come da tradizioni dell’isola, è il pesce, figuriamoci se mangiava una milanese. Ma il legame tra Calogero e Montalbano è profondo perché lui è un cliente che sa apprezzare il cibo e il ristoratore lo ospita sempre volentieri, e non esita, dato ormai il rapporto di amicizia, a rimproverarlo quando mangia troppo di furia. Verrà il momento in cui Calogero chiuderà il ristorante per ragioni d’età e per Montalbano sarà un dramma finché non scoprirà ” Da Enzo “. E magistrale è il primo incontro tra i due, andate a leggervelo su Il giro di boa . Come si vede il libro della Campo è una miniera di informazioni e aneddoti, non solo di…ricette, e da come se ne parla, e lo stiamo facendo anche noi, sembra proprio che si stia parlando di una persona in carne e ossa.
Montalbano ormai è un mito, una di quelle figure tipo Maigret, Sherlock Holmes e pochi altri che hanno travalicato la pagina letteraria venendo quasi a ” far parte di noi”. Mito che ormai è andato oltre i confini, esiste un ristorante Casa Vigata dove si gustano i cibi tipici dei romanzi di Camilleri. E anche in Sicilia si è creata una nuova forma di turismo legata ai luoghi di Montalbano e ai suoi cibi.
Giuseppe Previti (Presidente del Club del Giallo di Pistoia)
 
 

La Sicilia, 8.1.2013
Il «Tuttomio» di Camilleri
Oggi lo scrittore ritorna in libreria con un romanzo toccante

Torna oggi in libreria lo scrittore empedoclino Andrea Camilleri, leader incontrastato del Natale con vendite record del suo lavoro sul Commissario Montalbano. Stavolta invece, Camilleri ritorna al romanzo storico [Sic!, NdCFC] «Tuttomio», edito dalla Mondadori.
Un romanzo ricco di colpi di scena come ci ha abituato da sempre lo scrittore di Vigata. «Un lavoro molto particolare che catturerà il lettore, una storia da leggere tutta d'un fiato», ci ha tenuto a precisare dalla sua abitazione romana.
La trama è avvincente: Arianna ha appena compiuto 33 anni, ma il suo temperamento è ancora deliziosamente infantile.
Quando Giulio la incontra, in un giorno triste per entrambi, è subito conquistato da questa creatura smarrita, selvatica come una bimba abbandonata eppure bellissima e sensuale. Arianna entra nella sua vita con una naturalezza che lo strega, e dal giorno in cui la sposa Giulio cerca di restituirle la luce che lei gli ha portato offrendole tutto ciò che potrebbe desiderare: anche quello che lui, a causa di un grave incidente, non può più darle... Così della loro routine entrano presto a far parte gli appuntamenti del giovedì, meticolosamente organizzati da Giulio in persona: in un pied-à-terre appartato o in una cabina sulla spiaggia, secondo la stagione, gli uomini destinati a incontrare Arianna sono tenuti a rispettare poche regole inviolabili. Nella vita di questa coppia, dunque, segreti non ce ne sono. Ogni tanto, però, Giulio è attraversato dalla consapevolezza che qualcosa gli sfugge: «Tu non mi hai detto tutto di te» le sussurra mentre non riesce a fare a meno di viziarla. È così. Di segreti Arianna ne ha molti, e brucianti - tanto che forse nemmeno lei ne conserva un ricordo nitido. Ma quello che custodisce più gelosamente è il «tuttomio»: una «tana» tutta sua, ricavata in un angolo del solaio, come la piccola caverna dove si rifugiava da bambina.
Gaetano Ravanà
 
 

Panorama, 8.1.2013
Dieci libri belli in uscita a gennaio: i bestseller delle prossime settimane
Nuovi romanzi da Wilbur Smith, John Grisham, Andrea Camilleri e...

[...]
Il tuttomio, di Andrea Camilleri (Mondadori) - Il 2012 è stato un altro anno di grandi successi per Andrea Camilleri. Ora lui, infaticabile, a meno di tre mesi da Una lama di luce (Sellerio) inaugura il 2013 con un nuovo titolo. Ma stavolta non si tratta di un giallo bensì il raffinato e ironico romanzo con protagonista una trentenne molto avvenente e un po’ selvatica, Arianna, alle prese con un moderno Minotaturo...
[...]
 
 

Il Piccolo, 8.1.2013
Susanna Tamaro si racconta con "L'angelo"

Un Camilleri inedito, che trascina nel cuore dell’amore e della perdizione. [...] Camilleri apre invece il 2013 senza Montalbano, con “Il Tuttomio” (Mondadori), storia della capricciosa, bellissima e infantile Arianna, 33 anni, sposata con Giulio che la vizia ma vuole scoprire i segreti del “Tuttomio”, il rifugio segreto della moglie. [...]
 
 

VignaClaraBlog.it, 8.1.2013
Per la prima volta Montalbano va a teatro

Il Teatro Stabile del Giallo di via al Sesto Miglio, 78, sulla Cassia, ospiterà dal 12 gennaio al 10 marzo “Il Commissario Montalbano - La Luna di Carta”, il secondo spettacolo della nuova stagione che, tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri e diretto da Maria Luisa Bigai, presenterà per la prima volta a teatro il celeberrimo investigatore nato dalla fantasia dello scrittore siciliano.
Nono romanzo della serie dedicata a Salvo Montalbano, pubblicato nel 2005 da Sellerio Editore, “La Luna di Carta” ci restituisce un poliziotto nostalgico e pessimista, un funzionario di pubblica sicurezza che, invecchiato e tentato da due donne bellissime, deve risolvere l’intricato caso relativo all’omicidio di un noto “femminaro”.
Sul palco del peculiare teatro con base sulla Cassia, Nino D’Agata (bravissimo in “Misery non deve morire” lo scorso anno) interpreterà Montalbano e sarà affiancato dalle straordinarie Anna Masullo e Linda Manganelli. Completano il cast Andrea Ruggieri, Giovanni Rizzuti, Franco Sciacca, Gaetano Lizio e Maria Teresa Pintus.
A proposito di questa rappresentazione, che prende “le tinte del noir per snodarsi fra ombre, malumori, e subitanee brevi accensioni”, la regista Maria Luisa Bigai, della quale ricordiamo l’eccellente messa in scena di “The Hollow”, ha avuto modo di dire che: “questo libro trova la via del palcoscenico non come ricostruzione realistica di ambienti, vicende e personaggi, ma avvalendosi della radice più antica e propria del Teatro: La Memoria”, aggiungendo che “i personaggi trovano lo spazio per evocazione. E come accade nel ricordo i dati perdono linearità, i contorni si sfumano, o assommano, o stilizzano, in base allo sguardo di chi li vide.”
“Questo Montalbano” - conclude la Bigai - “che sente l’incombere della mezza età, coi suoi passaggi fisici ed emozionali, vive tutta “in soggettiva” la vicenda. La intride della propria esistenziale malinconia, accentua lineamenti e osservazioni. Si lascia - come suo solito - trascinare dagli aspetti umani della vicenda, stordito dal fascino femminile e rischia di mancare il bersaglio..”
Giovanni Berti
 
 

Reader's Bench, 9.1.2013
Il tuttomio, l'ultimo romanzo di Camilleri

Quando Camilleri deve pubblicare qualcosa del suo immenso carteggio, badate bene che non sia Montalbano (dominio assoluto della Sellerio), si affida alla Mondadori che lo ha tradotto in tutto il mondo e con il quale ha potuto inaugurare le sue Libellule con il capolavoro Il diavolo certamente.
Ora é il momento di un altro appuntamento in libreria per tutti gli appassionati e per quelli, come me, in attesa di leggere qualcosa di Camilleri che non sia l’avventura del commissario o un lungo e tormentato romanzo in cui racconti ancestrali e le lunghe riflessioni dell’autore la facciano da padrone.
Camilleri realizza un romanzo glamour, incentrato o, meglio, ispirato a vicende realmente accadute, in grado di conquistare anche quelli che con sospetto hanno sempre guardato il maestro, tanto più che accantona, per un momento, la lingua siciliana.
Un copertina curata ed ammiccante, un titolo enigmatico ed il gioco é fatto! Un libro di tendenza che troneggia sugli scaffali e promette di intrattenerci e perché no anche di farci riflettere.
Lo spunto, il fatto di cronaca a cui é ispirato, é solo un pretesto per quello che sembra un romanzo che mantiene, ben salde, alcune caratteristiche dell’autore: una realtà che spesso é differente da come appare, dinamiche di coppia torbide e un certo incidere sul sesso e sulle sue perversioni di cui Camilleri non riesce a fare a meno.
Gli ingredienti ci sono tutti per fare di questo romanzo un altro grande successo e per confermare l’autore il protagonista assoluto di un mercato editoriale tuttosuo.
Arianna ha trentatré anni, un corpo per il peccato, un passato misterioso a cui Giulio non sembra fare caso, innamorato com’é di quella donna così riservata che ha incontrato in un giorno triste ma che é stata in grado di illuminare la sua esistenza. Poco tempo e i due sono marito e moglie ma a causa di un grave incidente che ha coinvolto Giulio, i due non possono avere una vita sessuale normale.
Inizia così uno strano gioco tra i due che vede il marito organizzatore degli incontri clandestini della moglie e Arianna pedina e vittima di un gioco molto più grande di lei. Ma c'é una regola che nn può essere violata: tra gli amanti non può nascere alcun sentimento. Lo sguardo di un ragazzo focoso ed il cuore di Arianna romperanno questo tabù ed apriranno la strada alla tragedia.
Il tuttomio, ispirato alla vicenda dei marchesi Casati Stampa, é la grande scommessa per un nuovo Camilleri pronto a raccontare tutti i misteri dell’amore e dell’eros.
E voi Readers che cosa ne pensate, vi piace questo nuovo Camilleri?
Clara Raimondi
 
 

Tutto news, 9.1.2013
Il tuttomio di Andrea Camilleri

Il tuttomio, l’ultimo romanzo di Andrea Camilleri,  edito da Mondadori trae ispirazione dalla vicenda dei marchesi Casati Stampa, che lo scrittore infittisce facendo largo uso di rimandi ai classici come Santuario di Faulkner e L’amante di Lady Chatterley di Lawrence. Questo romanzo ha come protagonista una giovane donna misteriosa ed inquietante “splendente di una luce nerissima”. Camilleri si serve di una scrittura magistralmente essenziale che a tratti cede all’ironia, per far scoprire i percorsi tortuosi dell’eros, che sembra muoversi all’interno di un labirinto, facendo pensare al mito di Arianna e del Minotauro. Non a caso la protagonista di Il tuttomio si chiama Arianna, una donna che ha compiuto trentatré anni, nonostante il suo carattere sia invece infantile. In un giorno triste Giulio incontrala donna, e rimane affascinato dal suo proporsi come una creatura smarrita, come una bimba indifesa ma estremamente sensuale. Dal giorno in cui la sposa Giulio cerca di restituirle la luce che lei gli ha portato, offrendole tutto ciò che potrebbe desiderare: anche quello che lui, a causa di un grave incidente, non può più darle. Giulio organizza per questo “gli appuntamenti del giovedì: in un pied-à-terre appartato o in una cabina sulla spiaggia, gli uomini che incontrano Arianna devono rispettare delle regole. Giulio però è consapevole che qualcosa gli sfugge: “Tu non mi hai detto tutto di te” le sussurra, mentre le concede tutto ciò che desidera. Arianna ha molti segreti nascosti, ma quello che custodisce più gelosamente è il “tuttomio“: un rifugio in un angolo del solaio, come la piccola caverna in campagna dove si rifugiava da bambina. In questo luogo segreto Arianna si confida con la sua unica vera amica, Stefania. I giochi di Arianna e Giulio si fanno pericolosi, soprattutto perché la donna non ha la coscienza del confine che separa il gioco dalla realtà. Lo sguardo di un ragazzino ingenuo e impetuoso, può far rischiare che le regole vengano infrante sconvolgendo la realtà che la coppia si era costruita.
 
 

Leggo, 10.1.2013
"Tuttomio": romanzo erotico inedito di Andrea Camilleri

Romanzo inedito per Andrea Camilleri che lascia il commissario Montalbano per perdersi e soprattutto far perdere il lettore nelle fitte e oscure trame di una relazione erotica.
È “Tuttomio”, ultimo romanzo dello scrittore, pubblicato da Mondadori, labirinto – non a caso la protagonista si chiama Arianna – di sensualità e mistero.
Arianna ha trentatré anni ma un’anima bambina, che con la sua innocenza la rende ancora più seducente. Giulio se ne innamora a prima vista, la sposa e si impegna per renderla felice in ogni momento di vita e giornata, perfino laddove lui, vittima di un grave incidente, non può più essere partecipe.
Il giovedì, organizza per lei, appuntamento erotici in un pied-à-terre appartato o in una cabina sulla spiaggia. Nessuna gelosia, ma regole precise per gli uomini invitati. Arianna è sua e tale deve rimanere.
C’è qualcuno però che minaccia il suo possesso ed è la stessa Arianna che ha voluto mantenere per sé un posto segreto, un rifugio nell’angolo del solaio, che chiama appunto “Tuttomio”.
Qui incontra la sua migliore amica, qui racconta i suoi segreti, qui è se stessa. Lontana da sguardi indiscreti.
La “macchina” è ben congegnata ma qualcosa rischierà presto di farla saltare.
Valeria Arnaldi
 
 

Il Giornale, 11.1.2013
Cinquanta sfumature di Camilleri
A 87 anni il grande don Andrea si dà al porno passando dalla consueta ironia alla comicità. Ma involontaria

Certo, i maestri vanno rispettati. Ma anche loro devono rispettarsi, se no, che maestri di vita sarebbero? Se buttano via le loro esperienze e i loro talenti scrivendo robe del tipo «Mario non è né un uomo né un animale.
È una forza della natura, uno tsunami, uno sconvolgimento tellurico» o, peggio ancora, cavalcano l'onda della moda, loro che le mode dovrebbero dettarle con l'esempio quotidiano e non subirle, meritano ancora il rispetto dei più giovani? Formalmente sì, ma con un velo di tristezza.
Tristezza suscita la lettura di Il tuttomio di Andrea Camilleri (Mondadori, pagg. 147, euro 16). Nei suoi 87 anni, Camilleri ci ha dato molto, moltissimo. E non parliamo soltanto del suo figlio letterario e televisivo prediletto, Salvo Montalbano. Parliamo anche del lavoro di sceneggiatore per il teatro, della lunga carriera in Rai (Il tenente Sheridan, La donna di quadri, Le inchieste del commissario Maigret...), dei romanzi pre, durante e dopo Montalbano che sono piatti prelibati in cui la sicilianità diventa, come in tutti i «provinciali» di comprovato valore, centrale per non dire capitale, nel narrare l'Italia e l'italianità. E anche le sue uscite politiche, che alla parte avversa non vanno giù, se considerate con occhio freddo non ne scalfiscono l'immagine, al contrario, la rafforzano, proprio alla luce dell'ecumenicità della sua prosa.
Ma da qualche anno don Andrea si sta buttando via, sta sperperando il patrimonio d'autorevolezza accumulato in decenni di successi. Un po' di acredine nei confronti del mondo che non va come dovrebbe andare è normale, nei venerati maestri (almeno in quelli che, come il Nostro, ci fanno la grazia di non sospirare ogni due per tre «eh, ai miei tempi...»). E anche quel pizzico di ebbrezza, quel leggero frisson nel sentirsi vate servito e riverito nei salotti e nelle librerie è nell'ordine delle cose. Però l'oste che annacqua il proprio vino non rende un buon servizio né ai clienti né a se stesso.
Quando poi un maestro di finezza e ironia arriva a essere involontariamente comico come qui, in Il tuttomio, bisogna dirlo, a malincuore ma bisogna dirlo. Le esibizioni erotiche della protagonista Arianna, condite da sudore «verde scuro» (!), da pisciate a letto, da sogni che potrebbero essere sceneggiature alla Riccardo Schicchi (pace all'anima sua) fanno impallidire le 150 sfumature, sfornate in tre tranche, della signora Erika Leonard alias E. L. James. Fra uno zio che la violenta da ragazzina, un avvocato maniaco, un uomo dei boschi che la fa abortire e che è la brutta copia di Oliver Mellors, il guardiacaccia in L'amante di Lady Chatterley, un compagno impotente che le procura minchia (pardon, carne) fresca e poi si mette a guardare l'effetto che fa, un ragazzino di terza liceo che se ne innamora quando lei ha 33 anni e va a suonare la tromba (tromba, voce del verbo «trombare») sotto casa sua, questa Arianna, che ha tanta nostalgia per la saggezza popolare della nonna, fra un amplesso e l'altro si ricava un angolino domestico, il «tuttosuo», dove rifugiarsi e sottoporsi a sedute di psicanalisi con le bambole. Si ride ma si dovrebbe piangere quando uno come Camilleri scrive: «Lei ha una voglia matta di morderlo, ha assaggiato già la sua carne croccante come un biscotto, ma non può, teme di lasciargli i segni», oppure «Quel ragazzino, va bene che stimolato giusto rende assai, ma è complicato ed esasperante. Uffa!», o ancora «le lecca la nuca, spinge il sesso in resta contro le sue natiche, sbuffa d'impazienza come un torello».
Poi, a pagina 147, Camilleri torna per un attimo Camilleri, e scrive nella «Nota» d'essersi ispirato a Santuario di Faulkner e a «un tragico fatto di cronaca successo a Roma molti anni fa che coinvolse una coppia aristocratica e un giovane studente». Ma ormai la frittata è fatta. Cotta male, quasi cruda, rancida. E difficile da digerire per chi è abituato bene con il vero Camilleri.
Daniele Abbiati

Omicidio Casati Stampa. Quando il sesso malato diventa l'arma del killer
In «Il tuttomio», Andrea Camilleri si è chiaramente ispirato a un celebre caso di cronaca nera della Roma bene risalente al 30 agosto 1970: un duplice omicidio con suicidio dell'omicida. L'omicida era il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, il quale uccise la moglie Anna Fallarino e lo studente universitario Massimo Minorenti che aveva avuto una relazione amorosa con la donna. Era stato inizialmente lo stesso marchese Camillo a spingere Anna fra le braccia del ragazzo (come molte altre volte era accaduto in passato con altri giovani pagati alla bisogna dal nobiluomo), per surrogare con il suo voyeurismo la sua impotenza. In «Il tuttomio» altre suggestioni letterarie confessate dall'autore sono «Santuario» di William Faulkner e «L'amante di Lady Chatterley» di David Herbert Lawrence.
 
 

The Telegraph, 11.1.2013
The Age of Doubt by Andrea Camilleri: review
Terry Ramsey looks at a new Inspector Montalbano novel by Andrea Camilleri.
The Age of Doubt by Andrea Camilleri, translated by Stephen Sartarelli (Mantle, £16.99) * *

A new story featuring the wonderfully sardonic, irascible and devious Inspector Montalbano is usually something of a treat, and The Age of Doubt (his 14th outing) finds him in fine form.
Now in his 50s and not so sure of himself as he used to be (hence the title), Montalbano's latest adventure starts when a storm washes away part of the harbourside road in Vigata and he comes to the rescue of a damsel in distress. She tells him she is in town to meet her aunt's yacht, but things start to get complicated when the boat turns up along with a murdered man whose face has been so badly disfigured that he can't be recognised. And the owner of the yacht baffles Montalbano by saying she doesn't have a niece...
As is customary with Camilleri's novels, the delight is not in the crime plot - which is just as well, as most of the exposition comes in a rush at the end - but in the character of Montalbano.
It is hard not to like a man whose main loves are wry humour, eating and womanising - even though his advancing years are causing him some self-doubt with the latter. And, as always, his next favourite pastime is antagonising his superiors.
There are some deliciously humorous moments, such as his dealings with a furious police commissioner; a passionate affair of the heart (at least on Montalbano's side); and a cast of eccentric Sicilian colleagues. All told in Camilleri's wonderful featherlight prose. It's just a shame about the plot.
Terry Ramsey
 
 

El Cultural, 11.1.2013
La danza de la gaviota
Andrea Camilleri, Traducción de Teresa Clavel. Salamandra. Barcelona, 2012. 221 páginas. 15 euros


Foto: Andrea Sabbadini

A sus 57 años, el comisario Salvo Montalbano ha llegado a la conclusión de que alguien debería revisar la Constitución italiana y sustituir el primer artículo por este otro: “Italia es una República basada en la venta de droga, el retraso sistemático y el parloteo vano”. Porque todo el mundo parlotea sin parar pero nadie mueve un dedo para cambiar nada; porque si sospechas que vas a encontrar otro cadáver en uno de los pozos secos de la montaña Scibetta más vale que no mandes de vuelta a los de la Científica (tardarían más de la cuenta en regresar) y porque cuando el propietario de cinco pesqueros asegura que uno de ellos acostumbra a llegar tarde, lo más seguro es que su tripulación esté traficando con droga, como ocurre en la última entrega de la serie que protagoniza el siempre airado y entrañable comisario de Vigàta, La danza de la gaviota. Trepidante como pocas (ni de dormir tiene tiempo Montalbano y mucho menos de llamar a Livia, aunque, un momento, ¿no tiene tiempo o no se acuerda de hacerlo? Y si no se acuerda, ¿qué demonios está pasando definitivamente con lo suyo? ¿Se habrán cansado de discutir?), la última aventura de Montalbano pone en jaque la vida de uno de sus colegas, el diligente inspector Fazio, en este caso, un tanto desmemoriado, y rinde homenaje, a su peculiar manera, al voyeur protagonista de La ventana indiscreta, de Hitchcock, añadiendo a los prismáticos un telescopio con el que avistar aún más lejos.
Obviando el homenaje, lo cierto es que, Andrea Camilleri (Sicilia, 1925), en plena forma narrativa a sus 87 años, lleva un paso más allá a su querido comisario en una entrega (la 16) aparentemente anecdótica que, sin embargo, juguetea con la idea del principio del fin, deteniéndose a observar el último baile de una gaviota que no es una gaviota cualquiera (¿es una gaviota detective?). El episodio de la gaviota sirve, por cierto, a Camilleri, para disparar en todas direcciones el humor malhumorado del cáustico Montalbano, al que siguen poniéndole de los nervios el italiano torpe de Catarella, las exigencias de su jefe (el bueno de Luca) y la manía del secretario de su jefe, Lattes, de preguntarle por los numerosos hijos que no tiene, se teme lo peor cuando el único rastro del inspector Fazio le lleva a uno de los pozos que sirven de tumba anónima a cadáveres incómodos. ¿Un nuevo Montalbano? No, el Montalbano de siempre, el Montalbano harto de todo, mostrándose como nunca, esto es, vulnerable.
Así, La danza de la gaviota no es sólo un eslabón más en la cadena de casos que conforman la carrera del comisario sino un minúsculo punto de inflexión en la vida del hombre que almuerza cada día en la trattoria de Enzo. Camilleri ha vuelto a hacerlo. Ha extraído un pequeño diamante de una noticia de periódico. Y ya van muchos.
Laura Fernández
 
 

La Sicilia, 11.1.2013
Porto Empedocle compie 150 anni
Il Comune prepara grandi eventi

IL FATTO. Mostre, convegni e da New York arriverà la statua del filosofo che dà il nome alla città

Porto Empedocle. Quello che era borgo marinaro, caricatore di Agrigento, poi paese e da un paio d'anni città con tutti i requisiti a essa conferiti dallo Stato, nel 2013 appena sbocciato compie 150 anni. Porto Empedocle si appresta a vivere dodici mesi che con il passare dei giorni saranno sempre più caratterizzati da appuntamenti, eventi di vario genere che certamente, richiameranno verso di essa l'attenzione dei media e, chissà, magari di qualche turista.
In questo senso, l'amministrazione comunale retta dal sindaco/deputato regionale Calogero Firetto sta «cucinando» già da diversi mesi quelle che vogliono essere prelibate pietanze.
Di ufficiale non c'è ancora nulla, nè tanto meno c'è un programma, ma a naso si intuisce come il clou degli eventi si snoderà a cavallo tra la primavera e l'autunno, con l'estate vero epicentro degli appuntamenti. Certamente verranno tenuti convegni, incontri e confronti con esponenti del mondo della cultura di livello non solo regionale, ma anche nazionale. Sarà ampiamente valorizzata la Torre di Carlo V, facendola assurgere realmente per la prima volta da quando è stata riaperta al pubblico al ruolo di spazio espositivo. In quello che fu bastione e carcere, verrà realizzata una mostra certamente a carattere fotografico, ma quasi certamente rivolta ad altri contesti, come quello storico ad esempio. La chicca dovrebbe arrivare da oltre oceano, dagli Stati Uniti.
Da New York arriverà la statua che raffigura l'immagine del filosofo Empedocle, la quale verrà posizionata in una zona centrale della città, diventando la terza statua di una certa importanza in bella mostra. Andrebbe a fare «concorrenza» a quella raffigurante Luigi Pirandello e a quella che immortala il Commissario Montalbano, nella versione letteraria e non in quella televisiva. E proprio su Montalbano e, ovviamente Camilleri, qualche evento verrà organizzato nel contesto di festeggiamenti per 150 anni di storia di una città i cui residenti meriterebbero davvero un grande regalo: il lavoro per chi non ce l'ha. Ma su questo aspetto la classe politica si dice impegnatissima a invertire un trend che da decenni è sempre più negativo.
Francesco Di Mare
 
 

l'Unità, 12.1.2013
Il segreto di Arianna
Un noir crudo per Camilleri che scandaglia le follie umane
«Il tuttomio» esplora le paure e le morbose contraddizioni della protagonista, bella affascinante e con un mistero chiuso in soffitta

Un Camilleri davvero noir quello del nuovo romanzo Il tuttomio, edito da Mondadori (pagine 156, euro 16,00). Lo scrittore di Porto Empedocle parte da un romanzo d'ambientazione borghese e lo trasforma in un noir duro, dai tratti terribili e crudi. Uno stile, che in parte si era palesato in un racconto con protagonista Salvo Montalbano, ma in quel caso era stato lo stesso commissario a interrompere l'esperimento di Andrea Camilleri, protestando duramente con una telefonata dai toni netti. Qui lo scrittore invece non si ferma, scandaglia l'animo umano nelle sue follie, nei suoi meandri più oscuri e segreti, svelando le paurose, morbose, dolorose contraddizioni della protagonista, Arianna. Una trentatreenne, bella, affascinante, «che aveva della gambe splendide e delle tette da antologia». Così Camilleri inizia a presentare la suggestiva sensualità di Arianna, sposata con un sessantenne ricco da generazioni, Giulio. Un uomo che l'ha conosciuta dopo la fine del funerale della moglie, in un cimitero di uno sperduto paesino fra montagna e campagna. Arianna era seduta accanto ad una tomba, con i capelli che le coprivano il volto, disperata, quasi immobile. Giulio rimane colpito da quella donna, da quella situazione, lei non riesce a nascondere la bellezza del suo corpo. Ma non è solo questo, è il suo atteggiamento fanciullesco che ancor più lo incuriosisce. Arianna non ha più una casa, né un posto dove andare a dormire. Giulio le apre le porte della sua villa ed anche quelle del suo cuore.
Nessuno ha mai accolto così Arianna, lei ne è certa, nessuno l'ha mai amata in maniera così profonda. Si sposano. Ma vi è un problema, dopo un incidente automobilistico di 5 anni prima, Giulio è diventato un eunuco. Giulio da subito le dice tutto, ma Arianna vuol vivere con lui. E non lo tradisce. Allora, le propone di incontrare altri uomini, il tutto alla sua presenza. L'incontro con un diciannovenne focoso e appassionato, rompe questa regola. Arianna lo vede anche fuori dai paradossali accordi concordati con il marito. La vicenda si complica, s'ingarbuglia, ma è proprio mentre Arianna tenta di risolverla, che ricorda il suo passato. Il romanzo corre infatti su due vie, il racconto della storia in fieri, ed il passato che riemerge con i suoi lati oscuri, drammatici, violenti. Vengono fuori anche delitti. Giulio intuisce la natura eufemisticamente complessa di Arianna, natura che ella nega, ma le sottolinea che nel suo labirinto non vuole entrare. Arianna nel solaio della sua villa, ha un posto tutto suo fra alcuni mobili, è «il tuttomio», un luogo segreto dove vive le sue contraddizioni profonde, dove crede di parlare con un'amica del cuore. All'entrata del suo luogo, vi è un macabro teschio di vacca. Un «tuttomio» che aveva anche da piccola, che cela un fatto di sangue. Lì vive un'altra vita. Ma è una doppia personalità? Oppure è lei medesima con le sue pulsioni di morte? Come quando per gioco, in passato, ha tenuto sott'acqua un suo amante nella vasca da bagno, quasi fino a soffocarlo?
La storia si snoda fra colpi di scena, ma anche situazioni ironiche, a volte persino goffe e divertenti. L'ironia camilleriana riesce ad alleggerire l'atmosfera, ma non sino al punto da nascondere gli angoli drammatici, truci della storia. L'autore sperimenta queste dimensioni sul piano scritturale, sul piano dell'analisi psicologica; in questo caso non è l'aspetto sociale, storico che gli interessa sviscerare, ma gli abissi dell'animo umano. Il suo linguaggio, come nei romanzi borghesi è un italiano senza influssi dialettali, si conforma all'ambiente. Ma in questo caso Camilleri alterna l'ambiente borghese a quello contadino, fra presente e ricordo del passato, adoperando la stessa lingua, lo stesso stile, con aderenza alle cose, con essenzialità concreta.
Salvo Fallica
 
 

La Sicilia, 12.1.2013
«Il tuttomio» nuovo romanzo dell'autore di Montalbano
Camilleri indaga sui misteri di Arianna

La nuova indagine camilleriana non la conduce il commissario Montalbano ma l'autore medesimo. E non si tratta di una investigazione poliziesca, ma di una vera e propria analisi del mondo interiore della protagonista del romanzo, «Il tuttomio» (edito da Mondadori, pagina 156, Euro 16,00). Il personaggio centrale della storia è Arianna, anzi per certi versi è lei la storia. Con la sua vita, le sue disavventure, le sue dicotomie interiori. Con abilità scritturale Camilleri alterna al racconto dell'esistenza attuale di Arianna, la narrazione della sua vita passata. Lo scrittore incentra la vicenda in ambiente borghese e colloca il passato delle rimembranze nel mondo contadino. Nulla di idilliaco, è solo il contesto duro e crudo nel quale si svolge la prima fase della vita di Arianna. Che dopo aver perso tutti gli affetti, rimasta sola a coltivare un piccolo possedimento, va in città a fare la cameriera. Poi perde anche l'uomo amato, è sola e disperata, si siede accanto alla tomba del suo amore. Quella donna disperata, che pur avendo un bellissimo corpo da adulta, ha atteggiamenti fanciulleschi, viene notata in quel piccolo cimitero da un uomo che è lì per l'ultimo saluto alla moglie. Ha fretta di tornarsene in città, nella sua bella casa, ma quella donna calamita la sua attenzione. Le da un passaggio in città, ma lei non ha più nulla. Giulio, un ricco sessantenne, decide di ospitarla, vuole semplicemente aiutarla in un brutto momento, ed invece la giovane Arianna diventa la sua sposa. La introduce in un mondo diverso, ma non pretende di mutarla. Anzi, pur intuendone la psicologia contorta, si rifiuta di scoprirne i segreti. Ama Arianna di un sentimento profondo, pur non potendo darle quell'amore sensuale che vorrebbe. Giulio non può più fare l'amore dopo un drammatico incidente nel quale è rimasto mutilato. Arianna sa tutto, vivono come se questo non fosse accaduto. Giulio ha una idea che la sconvolge, ma lei non rifiuta. La farà incontrare con degli uomini, e lui assisterà. Entrano in un gioco pericoloso, Arianna si infatua di un giovanissimo e sfugge alle regole di sincerità con il marito. Arianna, bellissima e affascinante, non è tenera, è una donna oscura e dura, che nasconde terribili drammi. L'aspetto più nero della sua storia non sta nelle assurdità del presente, ma nel suo passato pieno di violenze. Delitti, violenze fisiche. Arianna non è solo una vittima. Ha tendenze distruttive, la sua interiorità è tormentata sino all'eccesso. E con la figura di Arianna che Camilleri porta la sua letteratura in un genere diverso, che non è il classico giallo, va oltre il noir. E' il mondo profondo dell'io della protagonista, con le sue lacerazioni, che utilizzando la lingua italiana, senza alcun dialettismo, descrive in maniera chiara, con precisione chirurgica.
Salvo Fallica
 
 

La Sicilia, 12.1.2013
La riduzione delle nascite e il rischio estinzione

Nei paesi industrializzati c'è una drastica diminuzione delle nascite al punto tale che il rapporto tra morti e nuovi nati è in favore dei primi. Statisticamente oggi la media dei figli nati nel mondo è pari al 1.2-1.5. Le donne mettono al mondo poco più di un figlio a testa rispetto al tasso minimo del 2.2 che garantisce un pari equilibrio tra morti e nascituri. Questo significa che è iniziato il percorso che va dalla conservazione all'estinzione della specie. «Se questo è vero - scrive Andrea Camilleri nella prefazione - si tratta di un decremento generalizzato che riguarda tanto i paesi industrializzati, quanto i paesi più poveri.... Dal 2024 è facile che cominci a delinearsi il principio della sconfitta di una partita ultramillenaria ingaggiata fin da quando il primo uomo comparve sulla terra». Se n'è parlato nel corso della presentazione del libro "Dizionario dell'Estinzione" del prof. Giuliano Cannata, esperto d'Acqua e ambiente, docente all'Università di Siena di Pianificazione di bacino, che ha aperto un dibattito presso la libreria Cavallotto. Cannata ne ha discusso col prof. Carmelo Ferlito, docente di Vulcanologia e Scienze geologiche all'Università di Catania. L'autore ha spiegato quali potrebbero essere i motivi di questa drastica riduzione delle nascite, che sono di natura antropologica, culturale, psicologica, ambientale, economica e tecnologica. «Non sappiamo perché questa crescita si sia fermata - ha spiegato aprendo il discorso - ed abbiamo cercato di analizzare il fenomeno con l'aiuto di numerosi esperti». Secondo il professore anche con l'avvento del femminismo, che ha dato parità politica, sociale ed economica tra i sessi, la donna oggi, giustamente, sceglie quando e come concepire. Non è più condizionata come nel passato da fattori culturali, psicologici e ambientali quando, ad esempio, l'aborto, pur condannato dalla Chiesa, era considerato pratica della gente comune. Tra i fattori psicologici ambientali e culturali del passato c'è anche l'infanticidio, che raggiunse livelli preoccupanti tali da costringere nel ‘500 il Concilio di Trento a imporre ai genitori di tenere i neonati in culle sospese e non nel letto per evitare che il soffocamento volontario del figlio finisse con l'essere scambiato per una tragedia accidentale. Quindi, se prima era un problema come non fare figli, oggi è il contrario. «Lo scenario futuro, purtroppo - ha spiegato l'autore - è quello di un mondo che non cresce più. La diminuzione delle nascite può essere positiva per il benessere dell'umanità, per salvare il pianeta in pericolo per il riscaldamento, ma comunque, la prossima generazione dovrà confrontarsi con questa problematica».
Le parole del prof. Cannata hanno aperto un interessante dibattito in sala che, per dirla con le parole di Camilleri, spinge ad aprire incuriositi un «libro che va letto e ripensato a lungo perché non è solamente un manuale sulla possibile estinzione, ma un manuale di meditazione sull'uomo, sulla condizione umana e sul destino dell'umanità».
Elisabetta Monopoli
 
 

TG1, 13.1.2013
Il giallo erotico di Camilleri
Cliccare per vedere l'intervista

La prima volta di Camilleri. Lo scrittore siciliano lascia a riposo il celebre commissario Montalbano e nel suo ultimo libro si cimenta con un giallo erotico. L'ha incontrato Bruno Luverà
 
 

La goccia, 13.1.2013
Novità 2013: Il tuttomio di Andrea Camilleri

Una vera novità: abbandonato Montalbano, le opere teatrali, il nostro Camilleri si cimenta in un inedito romanzo erotico. Gia definito dai suoi detrattori le "Cinquanta sfumature di Camilleri", questo romanzo effettivamente stupisce i più, abituati alla sicilianità vera dei suoi personaggi ed all'acume nel descrivere la gente italiana. Ma a ben vedere anche questa opera si ispira ad un famoso caso di cronaca nera degli anni '70: il duplice omicidio, con suicidio dell'omicida, nella famiglia Casati Stampa. Il marchese Camillo Casati Stampa uccise la moglie ed il suo amante universitario, quando fu proprio lui a spingere la moglie nelle braccia del ragazzo per supplire alla sua impotenza e garantirsi la sua buona dose di voyeurismo. E troviamo, quindi, tutti gli ingredienti principali: Arianna ha trentatré anni ma un’anima bambina, che con la sua innocenza la rende ancora più seducente. Giulio se ne innamora a prima vista, la sposa e si impegna per renderla felice in ogni momento di vita e giornata, perfino laddove lui, vittima di un grave incidente, non può più essere partecipe.
Il giovedì, organizza per lei, appuntamenti erotici in un pied-à-terre appartato o in una cabina sulla spiaggia. Nessuna gelosia, ma regole precise per gli uomini invitati. Arianna è sua e tale deve rimanere.
C’è qualcuno però che minaccia il suo possesso ed è la stessa Arianna che ha voluto mantenere per sé un posto segreto, un rifugio nell’angolo del solaio, che chiama appunto “Tuttomio”.
Qui incontra la sua migliore amica, qui racconta i suoi segreti, qui è se stessa. Lontana da sguardi indiscreti.
La “macchina” è ben congegnata ma qualcosa rischierà presto di farla saltare.
Da leggere, senza ricordarne chi è l'autore...
Delia Adriani
 
 

La Voce d'Italia, 14.1.2013
Settimana dal 7 al 13 gennaio
Bookspot: e' di nuovo Cinquanta sfumature
Al primo posto Camilleri che firma per Mondadori

[...]
Il gradino più alto del podio è occupato da Andrea Camilleri che per Mondadori firma un non - Montalbano intitolato Il tuttomio, una storia d’amore che si trasforma in un labirinto di incomprensioni, sesso e segreti ma che i lettori giudicano mediocre. Sarà l'aria inquinata di Cologno?
Eva Massari
 
 

Alto Adige, 14.1.2013
Capodanno, l'arancino di Camilleri è più gustoso di quello di Malvaldi
Capodanno in giallo Autori vari Sellerio 272 pagine 14 euro

Un brillantissimo Camilleri, quello di Capodanno in giallo. Più brillante di quello di Una voce di notte" (Sellerio, 269 pagine, 14 euro), godibilissimo ma anche un po' cupo, evidentemente troppo turbato dalle disgrazie del nostro Paese, un Paese «indove uno che era stato ministro e presidenti del consiglio 'na gran quantità di vote, aviva riconosciuto in via definitiva, ma prescritto, il reato di collusione con la mafia e continuava a fari il senatore a vita». In effetti c'è poco da stare allegri, ma per la raccolta di racconti di fine anno il maestro siciliano ha accolto in pieno l'invito di Sellerio, confezionando un favoloso "arancino". Sì, un arancino. Perché, con la compagna Livia impossibilitata a raggiungerlo a Vìgata, l'unico desiderio del commissario più famoso d'Italia, per l'ultimo dell'anno, era abbuffarsi con le leccornie della signora Adelina, sfuggendo agli inviti del "signori guistori" e del resto dei suoi colleghi. Insomma, l'investigatore che – in occasione delle feste – si fa ancor più antieroe, ancor più uno di noi. L'arancino di Camilleri, che apre una raccolta impreziosita anche dai racconti di Aykol, Costa, Manzini e Recami, è molto più gustoso e brillante di quello di Marco Malvaldi, l'ultimo "campione" della casa editrice siciliana, che con Il Capodanno del Cinghiale consegna definitivamente il suo "barrista" Massimo alla commedia all'italiana stile Amici miei. È vero che tanto il Capodanno Pisano quanto la Loggia del Cinghiale esistono davvero, ma l'inverosimiglianza del caso forse è un po' eccessiva. Come il vernacolo.
Maurizio Di Giangiacomo
 
 

Il Tirreno, 15.1.2013
L’altro vocabolario
Salviamo il "passadondolo" e le altre parole dimenticate

Roma. Il “passadondolo” sembra una parola inventata, invece esiste ma è stata cancellata dai dizionari. Vuol dire trastullo, gingillo, un termine desueto che Elisabetta Sgarbi adotta per salvarlo dall’oblio della lingua che cambia. Il vocabolo dà il titolo a un libro scritto dalla giornalista di “Marie Claire” Enrica Caretta (edizioni Add), che ha raccolto le testimonianze di trentasei personalità della cultura sulle parole scomparse da fare rivivere. Il risultato, come scrive nella prefazione lo scrittore Andrea Bajani, è «uno dei ritratti più vividi dell’Italia».
Intellettuali, attori, docenti universitari e artisti, motivando le loro scelte, raccontano un pezzo della loro vita e qualcosa della visione che hanno del mondo. Dal “baciabasso” di Andrea Camilleri che dice «ormai si sono superati i limiti del baciar basso, non solo la veste ma anche i piedi e perfino la terra dove il potente li poggia», fino al “malaffetto” di Vladimir Luxuria, che afferma «mi piace perchè fa sembrare l’odio, il male e la cattiveria una malattia, un morbo della mente e del corpo dal quale è sperabile si possa guarire». Pupi Avati arriva a spiegare il proprio successo con la parola “accorazione”. «Devo tutto agli accorati, alle persone che vogliono bene alle persone, gli stessi - dichiara - che hanno popolato le mie storie». E Davide Scabin, re stellato della cucina di ricerca, illustra il suo trionfo gastronomico con il verbo “addoparsi”, mettersi dopo. «Addoparsi - argomenta - è saltare un giro, fare un passo indietro, appostarsi in seconda fila, accarezzare il risultato a distanza. Ti metti quieto, aggiungi lievito alla farina, aspetti che l’impasto cresca, e per un po’ ti addopi».
Il Passadondolo è un inno all’Italia, quella esistente, quella che non c’è più, e anche quella che si vorrebbe. I termini scomparsi che figurano nel volume di Enrica Caretta corrispondono a lemmi presenti nell’edizione 2002-2003 del Devoto-Oli ma soppressi nelle edizioni successive. Alcuni non hanno ancora trovato chi li adotti. Se volete che il gioco continui, si legge nel risvolto di copertina del Passadondolo, provateci voi scrivendo a: infoaddeditore.it. Corrisponde all’editrice torinese Add, fondata nel 2010 da Andrea Agnelli, Michele Dalai e Davide Dileo, il Boosta dei Subsonica.
 
 

Scanner, 19.1.2013
Nella casa del Commissario Montalbano a Vigàta
Andrea Camilleri, Una voce di notte, Palermo, Sellerio, 2012; pp. 269

Ormai è un narratore instancabile, Andrea Camilleri da Porto Empedocle, classe 1925, capace di allietare i molti estimatori del commissario (letterario) più famoso d’Italia a più riprese nel corso dello stesso anno solare – e ricordiamo che nel 2012 lo scrittore siciliano ha pubblicato anche le raccolte di racconti Il diavolo, certamente e La regina di Pomerania e altre storie di Vigàta, oltre ad un libro atipico come Dentro il labirinto –. Così, dopo l’immancabile giallo estivo, Una lama di luce, è di recente approdato sugli scaffali delle librerie anche Una voce di notte, l’ultima fatica (del 2012) di Camilleri della serie (scritta però anni addietro, precisa la nota conclusiva), che prende avvio di primo mattino, alle sei e mezza, nella casa del Commissario Montalbano a Vigàta, un pezzo di Sicilia inventata, si sa, più realistica di quella vera. Gli anni passano anche per il protagonista, che all’inizio della storia è parecchio “nirbùso” per le cinquantotto primavere che ormai incombono sulla sua testa. A sottrarlo a siffatte ansie senili arriva puntuale un caso poliziesco apparentemente molto banale: in un supermercato di Vigàta è stato sottratto un incasso insolitamente corposo e senza segni di effrazione. Comprensibile che il direttore Borsellino sia un po’ stordito per l’accaduto, che non sa spiegare ad Augello e Montalbano, che annusano subito l’odore della paura nell’aria. Curiosamente il giorno dopo Borsellino viene ritrovato cadavere, impiccato nel suo ufficio: sarà un suicidio? Secondo il burbero Dottor Pasquano la faccenda è dubbia. E a Montalbano pare ambiguo anche il furto e viene da chiedersi cosa intendesse nascondere il direttore. Le cose, poi, si complicano quando in un appartamento di Vigàta viene ritrovata morta una ragazza, uccisa a coltellate: il fattaccio di sangue è stato denunziato dal di lei convivente, Giovanni Strangio, che però sembra in possesso di un alibi a prova di bomba. Tangenzialmente i due crimini lambiscono i nomi di due pezzi da novanta del posto: l’onorevole Mongibello infatti siede nel CdA dell’impresa proprietaria del supermercato (facente capo alla famiglia mafiosa dei Cuffaro attraverso una rete di prestanome), mentre il padre di Giovanni, Michele Strangio, è addirittura il presidente della provincia (ovviamente immaginaria) di Montelusa. Come spesso accade nelle indagini di Montalbano, anche stavolta i fili narrativi sono due, a volte corrono paralleli, altre s’incrociano per poi magari separarsi e intrecciarsi di nuovo in seguito. Stavolta però il gioco si fa più duro del solito per il maturo protagonista: la reticenza dei superiori, un giudice che la vede diversamente da lui, l’ostilità dell’opinione pubblica faziosamente orchestrata dall’emittente locale TeleVigàta sono elementi che lo inducono a mettersi in gioco in prima persona lasciando da parte perfino la voce della sua coscienza, fino al momento in cui il quadro sarà completo e la soluzione, anche se scomoda, desterà il nostro commissario come la voce di notte del titolo. L’ennesimo giallo intrigante e gradevole cui Camilleri ha abituato il gentil pubblico: difficile prescinderne…
Voto 8
Paolo Boschi
 
 

Il Centro, 20.1.2013
Erotismo e perversione nel perfido thriller di Andrea Camilleri
I vizi degli ambienti americani e il delitto Casati Stampa ispirano “Il tuttomio”, l’ultimo libro dello scrittore siciliano

Perché prendersela con Andrea Camilleri se “Il tuttomio”, il suo ultimo volume pubblicato da Mondadori (prezzo di copertina 16 euro), è un libro che ti disorienta, un universo massimamente erotico e perverso dal quale mancano Montalbano e le solite “camillerate”? Ché, ad essere sinceri, un po' ci hanno stancato. Eppure è andata così, dato che le prime recensioni dei quotidiani e dei blog letterari gridano al misfatto, delineano il ritratto di un Maestro stanco e a corto di inventiva, addirittura a ottantasette anni suonati immaginano il vegliardo in corsa per salire anch'egli sul carro delle “cinquantasfumaturedi”.
Ma di cosa? “Il tuttomio” è un libro di inedita perfidia morale, una macchina narrativa perfetta che fa coincidere nel giro di 156 pagine il respiro affannato del thriller con la fatalità degli eventi in esso precipitati; e la lingua è sciolta, quasi glamour, senza che manchi il virtuosismo descrittivo che solitamente nelle sue pagine annuncia la crucialità d'un evento. Ma c'è di più, perché se pensiamo che la morte del romanzo, tanto decretata quanto revocata, è da imputare all'incapacità degli scrittori d'oggi di creare personaggi e tòpoi memorabili, orbene non v'è dubbio che Camilleri in questo lavoro abbia invertito la rotta, tipizzando la figura di una donna che racchiude in sé il mistero arcano e mitologico del femmineo occidentale. Ma su questo punto torneremo più avanti. La storia prende le mosse da due occasioni storiche che l'autore, in postfazione, non manca di precisare: la prima è il libro che valse allo scrittore statunitense William Faulkner il successo, “Santuario” (1931), pentola bollente e pulp nella quale esplodono le depravazioni, i vizi degli ambienti malfamati americani; la seconda riguarda un celebre caso di cronaca nera della Roma aristocratica anni '70, il duplice omicidio con suicidio ad opera del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, che il 30 agosto 1970 fece irruzione nella propria abitazione in via Puccini, uccidendo la moglie Anna Fallarino e l'amante, lo studente universitario Massimo Minorenti. Un omicidio banale, diremmo, se non fosse per le abitudini della nobil coppia: a causa di una grave impotenza, il marchese Casati Stampa invitava la moglie a godere dei servigi sessuali di altri uomini (pagati profumatamente), a patto di essere sempre presente durante il rapporto; testimonianza di una degenerazione portata fino alle estreme conseguenze è il diario, ritrovato dopo la morte, dello stesso marchese, in cui vengono annotati il piacere, il dolore, l'esaltazione voyeuristica e addirittura l'intenzione omicida, poco prima del gesto estremo.
Camilleri modula il gotico di Faulkner applicandolo ad una storia che ristruttura dall'interno, preservando della vicenda Casati la sola intelaiatura documentale, con un finale terrifico. Protagonisti Arianna e Giulio, lei trentenne dal corpo zuccherino e irresistibile, lui sessantenne bonario e protettivo, ricchissimo erede della famiglia De Bellis; Arianna è una sorta di Alice nel paese delle aberrazioni, bambina viziata che riesce ad amare un solo uomo alla volta, pena l'esecuzione del sacrificio, amata follemente dal marito Giulio, che la conosce casualmente in un cimitero, disperata, e se la riporta a casa. Il tuttomio cosa c'entra in questa storia? Il tuttomio è il luogo per eccellenza di Arianna, l'alcova segreta che, sin dal suo lontano passato di contadina, ella ama ritagliarsi nei luoghi nascosti delle case che di volta in volta abita, dimore animate da inquietanti presenze la cui segretezza è garantita da una magia nera. Il tuttomio è la risposta cifrata che Camilleri offre al lettore disorientato e eccitato da un femmineo, quello di Arianna, che richiama alla mente la fecondità, la brutalità e la crudeltà di tutte quelle donne, muse, dee e ninfe legate alla mitologia greca. Elena, Diana, Selene, Circe, Ecate, Lidia e tante altre, figure femminili che ritroviamo in narrazioni atroci, amanti dello spargimento di sangue, figlie e madri della terra e del mare, solo ad esse fedeli, eterne ragazze che uccidono e godono e dopo, più che bambine, sorridono. Proprio come Arianna, e il tuttosuo «odore forte di muschio e un colore verde scuro».
Federica D’Amato
 
 
L’Incipit
Il romanzo comincia con il risveglio di Arianna
Pubblichiamo uno stralcio dell’inizio del nuovo romanzo dello scrittore Andrea Camilleri, Il tuttomio, pubblicato da Mondadori.

Giulio la sveglia sfiorandole appena un orecchio con le labbra e le sussurra: «Ari, ti saluto, devo andare.» Ha sentito, ha capito, ma non è in condizione di rispondere. Giulio ripete, credendo di non averla svegliata: «Ari, ciao, devo...». «Ma che ore sono?» domanda lei con la voce impastata e gli occhi tenuti ostinatamente chiusi. «Le sette e mezzo.» «Dio mio!» Per un istante continua a rifiutarsi alla coscienza, trincerandosi dietro lo schermo di un buio profondo.
Poi apre gli occhi, solleva un poco la testa. Gli scuri della finestra sono aperti a metà, lasciano entrare un fiotto di luce assassina. Lei è costretta a sbattere le palpebre per mettere a fuoco l’immagine della stanza. Giulio è in piedi accanto al letto, profuma di dopobarba. È completamente vestito, pronto per uscire. «Come restiamo d’accordo?» le domanda. «Vai avanti da sola o vuoi che passi a prenderti più tardi e andiamo con la mia macchina?» «Ma tu a che ora pensi di finire in ufficio?» «Non prima delle dieci, dieci e mezzo.» «Figurati! Come minimo ti presenteresti qua alle undici. No, faremmo troppo tardi. È meglio se mi ra ggiungi là.» «A lui a che ora hai detto di venire?» «Alle undici. Hai avvertito Franco?» «Gli telefono più tardi, verso le nove.» «Non è che te ne scordi? Che poi io arrivo là all’improvviso e quello...» «Tranquilla, l’avverto. Ciao.» «Ciao. Ah, per favore, di’ a Elena...» «Va bene.» Arianna riappoggia la testa sul cuscino, tira su il lenzuolo stropicciato sino a coprirsi la faccia, chiude gli occhi. Trattiene un poco il respiro per continuare a immaginarsi morta dentro la bara del sonno. Ma è un tentativo inutile, è stata irrevocabilmente richiamata in vita. E quindi deve fare le cose che fanno i vivi. Inspira profondamente, si riempie i polmoni dell’odore notturno di se stessa che il lenzuolo ha trattenuto. Deve avere sudato molto per il caldo e lei ama il suo sudore. Ha scoperto di avere due tipi di sudore, ognuno dei quali ha un odore diverso. Il sudore dovuto al caldo odora di colonia d’erbe e ha un colore verde smeraldino, quello dovuto all’amore ha invece un odore forte di muschio e un colore verde scuro. Solleva un braccio sino a che l'ascella viene a trovarsi all'altezza del naso, lo lascia per un poco, respirandosi. Ora è tornata a essere compiutamente viva. Sente il cuore che pulsa forte e ritmico - FUNF FUNF FUNF - e risuona dentro alle sue orecchie come la caldaia di una locomotiva in sosta.
Piega e raddrizza ripetutamente le dita del piede sinistro.
«Ciao, piede, come stai?»
Fa lo stesso con l’altro.
«E tu?»
Ora una mano scende a carezzare il polpaccio sinistro.
«Ciao polpaccio.»
Andrea Camilleri
 
 

SienaFree.it, 20.1.2013
'Il tuttomio' di Andrea Camilleri

Giulio conosce Arianna, giovane e bellissima donna, con tutte le fragilità di una bambina. Se ne innamora perdutamente e la sposa, ma non riesce a soddisfarla sessualmente. Allora sigla con lei un patto: può frequentare altri uomini, ma deve essere lui a sceglierli e anche loro devono rispettare delle regole precise. Nonostante tutto, Giulio sente che qualcosa sfugge al suo controllo: lui ignora che sua moglie ha ricavato una stanza segreta, nel solaio, che chiama il tuttomio. Ma non è l’unico segreto che la donna custodisce gelosamente e la situazione finisce per sfuggirgli di mano…
Annamaria Vanni
 
 

Il Sole 24 Ore, 20.1.2013
Andrea Camilleri
E la lingua «s'arrisbigliò»
Il suo tipico mix italo-siculo è in sintonia con le abitudini espressive degli italiani: dai dati Istat si vede che il ritorno soft al dialetto è coinciso con il successo dei suoi romanzi
Mariantonia Cerrato, L’alzata d’ingegno. Analisi sociolinguistica dei romanzi di Andrea Camilleri, Firenze, Cesati, pagg. 198, € 22,00.

Con la toga | Andrea Camilleri mentre riceve una laurea honoris causa in Storia europea all’università La Sapienza di Roma

«Che tramonto bello! - fece il maresciallo Corbo scostando per un attimo il fazzoletto che teneva premuto sul naso. - Ce ne sono, dalle parti tue, tramonti così?». «S’arrisbigliò che erano appena le sei e mezza del mattino, arriposato, frisco, e perfettamente lucito di testa. Si susì, annò a raprire le pirsiane, taliò fora». Dal tramonto all’alba è passato quasi mezzo secolo, ma la penna è sempre la stessa: quella di Andrea Camilleri, che così apre -rispettivamente- Il corso delle cose (scritto nel 1968 e pubblicato solo dieci anni dopo) e Una voce di notte (uscito nell’ottobre 2012 e subito balzato al primo posto delle classifiche).
In quel romanzo d’esordio che all’epoca nessuno volle pubblicare («furono dieci gli editori che dissero no», racconta Camilleri in una recente intervista), i primi sicilianismi arrivano solo alla seconda pagina, quando entra in scena un contadino. Nell’ultimo (penultimo, se si tiene conto del recentissimo Il tuttomio, appena uscito per Mondadori, che riprende la linea extrasiciliana dell’Intermittenza), si presentano da subito in una concentrazione molto alta. Sono ormai una cifra stilistica, un marchio di fabbrica: alcuni - come taliari - sono diventati a tutti gli effetti "camillerismi". La dialettitudine che all’inizio teneva ai margini lo «scrittore italiano nato in Sicilia» (come Camilleri ama definirsi, prendendo le distanze dalla sicilitudine di cui parlava Sciascia) ora lo tiene ben saldo al centro della scena.
In quel primo esperimento, però, la scelta sembra ancora risentire dell’idea neorealista del dialetto per difetto. «Lingua e dialetto non sono lessicalmente e sintatticamente fusi e, perciò, assumono funzioni distinte: con la lingua l’autore descrive paesaggi e stati d’animo, con il dialetto rappresenta la realtà locale», nota Mariantonia Cerrato, la giovane autrice del saggio L’alzata d’ingegno. Analisi sociolinguistica dei romanzi di Andrea Camilleri. Un lavoro attento di scrutinio e categorizzazione che - tratto dalla sua tesi laurea - non è esente da qualche acerbità, ma si rivela molto utile per fare il punto (anche bibliografico e sitografico) sulla lingua di Camilleri.
Innanzi tutto bisogna chiedersi: quale lingua? quella dei gialli o quella dei romanzi storici? quella delle "cose scritte" o quella delle "cose dette"? quella della voce narrante o quella dei personaggi? Ciò che colpisce nella scrittura di Camilleri, infatti, è la capacità di muoversi in un’ampia escursione linguistica modulata a seconda dei generi, dei contesti, degli effetti narrativi desiderati. Basta pensare a casi come Il re di Girgenti (definito da Camilleri la sua opera più impegnativa), in cui all’italiano si mescolano un siciliano antico reinventato e uno spagnolo e un latino pieni di errori e adattamenti («Voi, Capitano, siete un hombre che ha cerebro»). O alla Concessione del telefono, in cui trovano posto lettere che ricordano quella di Totò e Peppino alla malafemmena: «Datosi che i Sparapiano sono genti che nelli cose de la vita ci vanno di passo lento, pinsatocci e ripinsatocci, abbiamo ascritto al Tinenti dei Carabbinera».
Certo, almeno per quanto riguarda i gialli, «nelle pagine in cui parla l’autore, la lingua utilizzata ès empre la stessa, ovvero quel misto di italiano e dialetto che rappresenta la lingua familiare di Camilleri». Che è poi - più o meno - la stessa lingua usata nei dialoghi dal commissario Montalbano. Per il resto, quasi a ogni personaggio si associa una lingua con sfumature o caratteristiche diverse in base all’ambiente, alla cultura, alla classe sociale. «La lingua "fa" il personaggio», scrive Cerrato: distingue ed evoca l’individualità di ciascuno, come il tema musicale nei film. Prestandosi bene - il che non guasta - a effetti di tipo comico. Tipico il caso dell’appuntato Catarella, col suo italiano popolare pieno di approssimazioni e fraintendimenti: «S’arricorda che le dissi di quel concorso d’informaticcia?» (ovvero informatica).
È il dialetto per diletto. Una tecnica che si fa clamorosamente scoperta nel Birraio di Preston, in cui Camilleri mette in scena - ben rilevati sul fondale del suo dialetto materno - un mazziniano romano, un prefetto fiorentino, un questore lombardo e un colonnello piemontese. E ogni tanto cade nella trappola dell’ipercaratterizzazione: nessun fiorentino, ad esempio, "aspirerebbe" la c in espressioni come in ’aso di bisogno o qualhosa; nessun romano direbbe perché lo vor fare?. («Qualche anno fa», raccontava Camilleri in uno dei Posacenere scritti per questo supplemento, «in un liceo siciliano, venne deciso di far studiare il mio Birraio di Preston al posto dei Promessi sposi. Venutone a conoscenza, m’affrettai a pubblicare su un quotidiano una lettera a don Lisander nella quale mi dissociavo dall’iniziativa e mi proclamavo suo ammirato e fedele lettore»).
Proprio con Il birraio di Preston, Camilleri partecipò al premio Strega del ’95, classificandosi a uno degli ultimi posti, lontanissimo dalla cinquina dei finalisti. Poi - inopinatamente - l’esplosione, cominciata giusto quindici anni fa (tra la fine del 1997 e il 1998): successo retroattivo per tutti i libri precedenti e successo garantito per tutti i libri a venire. Che cosa era accaduto? Che intorno era cambiata l’Italia,o - per essere più precisi - il modo di parlare degli italiani.
Ancora nel 1997, alla pubblicazione dei dati Istat relativi a due anni prima, i quotidiani potevano titolare: Dialetti fuori moda («Il Corriere della sera»), Il dialetto piace sempre meno («Il Messaggero») o addirittura Addio dialetto («Il manifesto»). Non ci si era resi conto che la diffusione dell’italiano stava cambiando, insieme alla forma del dialetto (sempre più italianizzato), anche la sua percezione collettiva: non più marca d’inferiorità sociale, ma segnale di confidenza, emotività, ironia anche nell’uso delle persone colte. A confermarlo, le inchieste Istat del 2000 e del 2005, in cui un terzo degli italiani dichiara di usare abitualmente - in famiglia o tra amici - sia l’italiano sia il dialetto.
Quella mescolanza tipica della scrittura di Camilleri è diventata l’esperienza quotidiana di gran parte dei parlanti. Se ne sono accorti anche i vocabolari, sempre più aperti verso parole d’origine regionale o dialettale: nell’appendice 2008 del Grande dizionario italiano dell’uso, Camilleri raggiunge quasi Calvino per numero di citazioni. Il dialetto non è più un delitto.
Giuseppe Antonelli
 
 

Fahrenheit, 21.1.2013
Il libro del giorno
Andrea Camilleri, Il tuttomio, Mondadori
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Soul Food - Radio Capital, 21.1.2013
Andrea Camilleri “Il tuttomio” (Mondadori)
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Mario De Santis
 
 

Paper Street, 21.1.2013
Il tuttomio - Andrea Camilleri

Ci sono romanzi che cominciano dalla copertina.
Una foto che abitua inconsapevolmente il lettore al fascino della storia in cui sta per addentrarsi, per cui ogni parola che verrà letta rimanderà a quell’immagine in una maniera opaca, indiretta che diventerà eclatante solo a libro finito.
Il Tuttomio di Camilleri è nell’immagine della sua copertina. Quel fisico perfetto di donna, che lascia fuoricampo il viso, in primo piano su una spiaggia calda dal cielo limpido, ci sono altre donne sullo sfondo, anche loro, da quel poco che si può vedere, perfette, ma nessuna conserva stampata sulla pelle quella ruvidità che le gocce d’acqua le restituiscono. Arianna, la protagonista di questo romanzo breve, è esattamente come quel corpo in copertina raccomanda. Bella da non poter fare a meno di provare a toccare, ruvida e pericolosa nel baluginare degli elementi naturali sul suo corpo. Complicata, come ogni donna che porta un nome mitico.
“Intuisco in te come un continuo scontro contraddittorio che riesci a nascondere assai bene. Dentro di te c’è un vero e proprio labirinto, Arianna, pieno di angoli oscuri, di viottoli ciechi, d’abissi e di caverne”.
Un labirinto in cui tutti gli uomini che ci si sono ritrovati sono fuggiti, strappando violentemente ogni tenue speranza di ritrovare il filo, nel rifiuto e nella paura di addentrarsi in quel bosco selvaggio dove una Arianna incontra il suo lato infantile senza riuscire a districarsene e stravolgendo la sensualità in un gioco pericoloso e mortale. Lo stesso che avvolgerà in una stretta dolorosa quanto inaspettata anche il giovane Mario, imprigionato per sempre in una casa di bambola dove il grottesco si allinea allo sfarzo.
Il romanzo è ispirato alla vicenda dei marchesi Casati Stampa, una storia scandalosa e torbida di tradimenti concordati e segreti tremendi di una coppia dove i punti di contatto rimangono sospesi in un immaginarsi l’uno con l’altro senza rispetto della realtà.
Il Tuttomio è un romanzo dagli equilibri imperfetti, ma scritto in una maniera precisa che inganna il lettore, trascinandolo nel mistero di una donna che non distingue la realtà dalla finzione. Arianna è simile alla Chatryn di Images di Robert Altman, e la sua nevrosi colpisce anche la capacità di distinguere del lettore, a cui però vengono svelati alcuni tratti di quell’ erotismo che avvolge molte delle donne della narrativa di Camilleri, quel dondolare animale che circonda la preda e la annebbia in un misto di fascino e paura, di attrazione e repulsione.
E la sensazione di essere stato preda è quella che avverte anche il lettore nel finale, quando la sua mano sulla copertina si accorgerà per la prima volta di quanto è ruvida quella pelle che prima aveva tanto sognato.
Luca Ferrando
 
 

Solo Libri.net, 21.1.2013
Il tuttomio - Andrea Camilleri
Pareri discordanti dai nostri lettori per l’ultimo libro di Andrea Camilleri, pubblicato a gennaio 2013 da Mondadori

Titolo davvero enigmatico "Il tuttomio" di Andrea Camilleri, un romanzo che desta interesse per il singolare personaggio femminile, “splendente di una luce nerissima”, che, sin dalle prime pagine, si mostra in uno scenario ricco di dati sensoriali così bene congegnati tale da esprimere la relazione di lei con la sua corporeità. Duplici strategie di scrittura s’intersecano e si integrano nella specificità dell’intreccio. Evocativi e retrospettivi sono i brani in corsivo allo scopo di fornire informazioni aggiuntive, perché la storia, che si svolge nel presente, possa configurarsi nella maniera più completa e, infatti, affiora grazie ad essi un contesto contadino dall’inquietante intrico psicologico. Prevalente è il gusto del dettaglio nella scrittura paratattica che si snoda lievemente, pacatamente animata da dialoghi brevi e incisivi.
L’ambientazione è borghese e la vicenda si svolge all’inizio della stagione estiva. Tempo di bagni, quindi. In una delle cabine (precedentemente anche in un pied-à-terre appartato), Arianna – questo il nome della protagonista trentatreenne – s’incontra, a turno, con dei giovani. Stavolta con Mario, un ragazzino che alla fine si mostra abbastanza intraprendente nel fare all’amore. Il rispetto delle regole, ancorché poche, è ineludibile: non possono essere violate e sono stabilite da Giulio, suo marito, il quale si mostra generoso nel compensare i possibili clienti amatori. Qual è il motivo che può indurlo a un comportamento tanto anomalo? L’interrogativo coinvolge e spinge il lettore a formulare avidamente ipotesi...
Nel capitolo “Tre” viene svelato il primo segreto del “Tuttomio”: “una specie di buca”, dove “l’entrata era invisibile perché completamente coperta da una macchia d’erbaspada”. Qui Arianna, ragazzina, aveva incontrato Bertoldo senza però che fosse successo qualcosa fra i due. Lo zio Arturo era stato il primo, nel bosco, dov’erano andati per funghi. Da quando è sposata con Giulio, il “Tuttomio” è ora un angolo particolare della casa, il solaio, attrezzato di bambole (Stefania è il nome della pupattola sua confidente, la migliore amica, si potrebbe dire, alla quale, a mo’ di seduta analitica racconta i vissuti, rivelando se stessa). E qui lei mette in atto riti magici, tipici di un animismo infantile connesso con una buona dose di sadismo. Del resto, a Giulio, che l’aveva conosciuta in un luogo insolito e in circostanze tristi per entrambi, era sembrata “una bambina abbandonata, sconsolata, spaventata”. Lo slancio incontrollato di Mario e l’irresistibile voglia di lei violano le regole a suo tempo concordate. Da qui, l’evolversi della trasgressione in tragedia: “un vento sinistro”, si legge nel risvolto di copertina, “porta scompiglio nella casa di bambola che Giulio ha costruito”. Sono evidenti nell’opera i rimandi a libri come "Santuario" di Faulkner e "L’amante di Lady Chatterley" di Lawrence.
Camilleri, accantonando l’uso della parlata agrigentina a favore dell’italiano, non rinuncia all’affresco erotico magistralmente rappresentato: egli, ispirandosi a un fatto realmente accaduto (la vicenda di una coppia aristocratica e di un giovane studente, spiega egli stesso in “Nota”) con raffinate e insinuanti dinamiche espressive fa anche dolorosamente viaggiare nel “labirinto dell’eros”, dove il Minotauro si nutre di appetiti “oscuri e inconfessabili”.
Federico Guastella

Ancora una figura femminile, al centro della storia de Il tuttomio, romanzo scritto in una lingua italiana controllata, formale, senza sbavature e piuttosto fredda ed impersonale. Se non si sapesse che questa vicenda è stata scritta da Camilleri, si penserebbe ad un autore anonimo, non ben identificato. Merito allo scrittore che si cimenta in svariati generi letterari, ma la dimensione del romanzo borghese tout court non è, a mio modesto parere, un suo valore aggiunto. Più che la trama, un cesello di parti diverse (A.C.nella nota finale parla di tessere per comporre il mosaico femminile) in cui si combinano (o scombinano?) elementi psicologici, cronaca nera in salsa anni 50/60 e altro non ben decifrabile, è lo stile che lascia perplessi. La lingua è usata senza fantasia e scardinamenti che fanno la differenza, la sintassi paratattica dà stilisticamente un ritmo monocorde e piatto. Già ne Il tailleur grigio e in Un sabato, con gli amici Camilleri aveva tentato la carta del dramma borghese, disegnando donne manieristiche, con basico scavo interiore, così cartonate da apparire finte e senza anima, belle di quella perfezione fumettistica e poco credibile, motivate da traumi o manie devianti, specchi fedeli di manuali psichiatrici, da risultare donne finte e improponibili, modelli femminili da riviste patinate, ma sporcate da recessi retroattivi.
In questo stereotipato quadro muliebre, il titolo Il tuttomio è l’antro segreto in cui si rifugiano le malefatte di Arianna, una sorta di nomen omen… il labirinto…Teseo…il Minotauro. È una giovane di trentatré anni, sposata ad un uomo più vecchio e con difficoltà sessuali, dotata di bellezza rovinosa, segnata da esperienze che ne hanno frantumato l’essere: una donna a segmenti, un assemblaggio difficile da ricomporre dietro la facciata del perbenismo e della solidità economica conquistata. Gli uomini che compaiono nella sua vita sono artefici del suo destino o marionette nelle sue mani; Arianna, nelle intenzioni dell’autore, dovrebbe apparire quel tipo di donna che irradia seduzione, ammalia e brama sesso compulsivo e selvaggio, misto ad un’innocenza fanciullesca, quasi disarmante, ma questo mix mal si concilia con il quadro d’insieme. Insomma, Arianna risulta un personaggio cartaceo insulso, le sue voglie così prevedibili che il lettore, presumo io, o a mio avviso, non solo non aderisce ad esso, ma se ne ritrae prendendone le distanze: questo non vuol dire che sia un personaggio negativo, è solo stampato sulle pagine come un disegno di linee senza profondità prospettiche.
Come migliaia e migliaia di altri lettori, amo Camilleri e leggo indiscriminatamente quasi tutto quello che produce, ma ho trovato questo suo lavoro irritante, brutto e inutile da leggere. Dies irae lectoris! Non voglio essere blasfema, ma il Maestro ci ha abituati a tutt’altra letteratura e si sa che le abitudini sono vizi perniciosi ai quali siamo abbarbicati e a volte, invece, di essere indulgenti verso chi si stima e si ammira, si è intransigenti e si pretende il meglio. Certamente il mio è un giudizio personale e opinabile.
Arcangela Cammalleri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.1.2013
Il nuovo romanzo senza il dialetto, il prossimo Montalbano senza gli amori e il governo Crocetta: parla lo scrittore
"Stavolta rinuncio al siciliano"
L'officina Camilleri

"Il Nobel? In Svezia sbagliano spesso, chissà"

È davvero uno "strano caso" quello di Andrea Camilleri: rispettabilissimo dottor Jekyll e, insieme, suo malvagio alter ego quale mister Hyde delle nostre patrie lettere. In grado di passare dalla pronuncia mescidata e pirotecnica dei romanzi storici e delle avventure del commissario Montalbano, il vigatese per intenderci, a quella cristallina ed essenziale di alcuni romanzi usciti in questi ultimi anni e tutti quanti editi da Mondadori. Scritti in un italiano talmente rigoroso e snello da non far sospettare quel sabba linguistico che invece ribolle nel calderone immaginifico isolano. Prendete la sua ultima fatica: si intitola "Il tuttomio" e racconta una storia tenera e insieme torbida, in cui innocenza e perversione si inseguono sino alla fine. Al centro, un'icona femminile, quella di Arianna, che sembra il precipitato delle più intriganti e scellerate figure letterarie in gonnella (Nabokov, Lawrencee Miller docunt ).
Abbiamo chiesto all'interessato cosa stia accadendo nella sua officina creativa.
«Il fatto è - risponde Andrea Camilleri - che mi sto esercitando nella lingua italiana». Segue una risata scrosciante e quasi bambinesca. «Che vuole che le dica: le mie storie vigatesi sono scritte in vigatese. Una storia come questa mi sarebbe stato impossibile scriverla con la mia solita lingua. Avevo bisogno di una pronuncia diversa, come del resto è accaduto per altri miei romanzi precedenti. Svelato l'arcano».
Si tratta di romanzi pubblicati da Mondadori: viene da pensare che lei, con l'editore milanese, sperimenti di più, si metta alla prova di volta in volta. È così?
«Perfettamente centrato: con Mondadori oso qualcosina in più. Alla fine, è come se avessi due categorie di lettori. Quelli di Sellerio sono più canonici. Non si tratta di un calcolo preventivo, voglio essere chiaro: è solo che a volte l'oggetto da raccontare è più sperimentale. Quindi, per me, Mondadori è diventato una specie di campo di sperimentazione».
Ci spiega come fa a reggere questa sua poligamia letteraria? Tra i suoi marchi editoriali, ci sono Sellerio, Mondadori appunto, Rizzoli, Bompiani, Minimum Fax, Skira, Einaudi. In che modo riesce a non scontentare nessuno?
«Le rispondo così: la moglie del dottor Jekyll non potrebbe essere gelosa perché non sa dell'esistenza di mister Hyde. Fuori di metafora, provo ad accontentare tutti con la diversità, ossia garantendo di volta in volta alle mie cose che propongo o che mi chiedono una precisa riconoscibilità».
Torniamo a "Il tuttomio": c'è chi ha malignato che questo suo romanzo orecchia in qualche modo le "50 sfumature", ossia il tormentone erotico-editoriale che tanto ha fatto parlare e vendere. A sua difesa cosa può dire?
«Che quando il giornalista cui lei fa riferimento ha insinuato una cosa del genere, mi sono imbestialito assai. Ma che sfumature e sfumature! Oltretutto, questo romanzo l'avevo consegnato più di due anni fa, ossia in tempi non sospetti, come si dice oggi».
Nella nota che chiude il romanzo, a proposito dell'eroina della storia, lei accenna a un incontro realmente accaduto...
«Sì, ho incontrato una similprotagonista, che mi ha posto il problema di come possa un assassino essere profondamente innocente. Si tratta di un tema difficile, che mi ha toccato, e allora ho provato a scrivere una storia che fosse un apologo sulla colpa e sull'innocenza».
I suoi rapporti con Montalbano, al momento?
«Sono rapporti cordiali ma distanti. Devo però confessare che sto scrivendo un nuovo Montalbano e anche in questo caso mi sto mettendo alla prova. Cioè mi trovo a sforzarmi per dare forma a un'indagine pura, al di fuori delle solite complicazioni sentimentali del commissario di Vigàta. Ci sarà quindi in azione un Montalbano coi paraocchi, preso solo dalla detection come si dice in inglese. In più, per questo romanzo mi sto occupando di due cose nuove: il mondo degli appalti edilizi, la giungla dei lavori pubblici, e poi sono alle prese con un personaggio che si dichiara colpevole e per questo rischia di essere condannato, e invece vuol coprire qualcuno. Ecco, voglio costruire questo giallo per raccontare come un poliziotto possa arrivare a scoprire lo strano e inquietante busillis. Eccole dunque serviti i temi del mio nuovo romanzo».
Grazie. E il giovane Montalbano, che fine ha fatto?
«È nelle mie intenzioni fare una nuova raccoltina di racconti: tutto sta se riesco a scriverli».
Crocetta è stato eletto governatore della Sicilia: lei si era espresso favorevolmente all'inizio...
«Certo, e ribadisco quanto detto».
E della giunta con Battiato e Zichichi tra le fila degli assessori?
«Le confesso che al momento ci sono cose più serie da prendere in considerazione, come le elezioni politiche nazionali. Bene, sono nomi importanti. Spero però che gli intellettuali al potere siano coi piedi per terra. Provvederà Crocetta a zavorrarli, ne sono sicuro».
In questi ultimi tempi, ha intravisto in Italia uno scrittore che possa essere considerato un suo erede?
«Un erede? Bah, non sono abituato ai figli maschi. Quello dell'eredità è un problema serio. Io sono dell'avviso che uno scrittore debba farsi da sé. Io non mi sono mai considerato figlio di nessuno. Magari nipoti sì».
Sente in giro odore di Nobel? Una volta disse che gli scommettitori l'anno scorso l'avevano messo in lista, assieme a Umberto Eco.
«Odore di Nobel? Nooooo. Non l'hanno dato a Luzi, nemmeno a Roth. Anzi, mettiamola così: visto che commettono questi errori, gli accademici di Svezia, forse c'è ancora qualche possibilità».
Lei ne ha avuti tanti di premi, riconoscimenti, lauree honoris causa. C'è qualcosa che non ha ancora avuto e si aspetta?
«A ottantotto anni, potrei benissimo rispondere di aspettarmi la morte, che è dovuta oltretutto. Facciamo così: non m'aspetto nulla».
Salvatore Ferlita
 
 

ANSA, 22.1.2013
'Il tuttomio' di Andrea Camilleri
L'animo umano tra eros, perdizione e segreti

Roma - La tenerezza dell'amore, i labirinti dell'Eros, i desideri e i segreti piu' oscuri, fino alla perdizione.
Sorprende Andrea Camilleri nel suo nuovo romanzo senza Montalbano, 'Il tuttomio' (Mondadori), un noir feroce e ironico in cui esplora l'animo umano e le sue contraddizioni attraverso la bella e affascinante Arianna, 33 anni ma ancora bambina, e Giulio, 60 anni, benestante da generazioni, che decide di occuparsi di lei ma non puo' soddisfarla pienamente.
 
 

F2 Radio Lab, 22.1.2013
Il tuttomio: Camilleri abbandona il siciliano e torna la dramma borghese

Uno dei primi successi editoriali del 2013 è firmato Andrea Camilleri. Subito in testa alle classifiche di vendita di questo mese, “Il Tuttomio” ha spiazzato e al contempo diviso i lettori più fedeli del narratore che ha dato vita alla popolarissima saga di Montalbano. Messo da parte il dialetto siciliano, Camilleri sceglie di scrivere una storia in un italiano che non lascia intravedere coloriture di sicilianità.
La trentareenne Arianna è protagonista del romanzo. Durante la stagione estiva la donna consuma rapporti sessuali con vari uomini in una cabina, secondo regole precise stabilite dal marito Giulio, il quale acconsente e regola questi incontri. Perché quest’uomo induce sua moglie a farlo e per quale motivo tutto questo viene vissuto in maniera ordinaria dalla coppia? Sono queste le domande a cui il lettore cerca di dare un senso durante la lettura di questo romanzo in cui Camilleri si misura con il dramma borghese. Lo fa dipingendo il profilo psichico di una donna che per le terribili esperienze maturate fluttua tra l’ingenuità fanciullesca e una visione psicologicamente violenta e distruttiva dell’eros, che appare dissonante nel perbenismo che permea la sua vita.
Un fatto realmente accaduto in una famiglia aristocratica, rivela l’autore in una nota, avrebbe ispirato la stesura di questo romanzo accolto tiepidamente da pubblico e critica. Al di là della scelta linguistica, lo stile di scrittura è apparso ad alcuni estremamente asettico nel suo andamento lento e paratattico, che restituisce con poca profondità l’universo psicologico particolarmente complesso dei personaggi protagonisti. Un romanzo che scardina i canoni ai quali Camilleri si è sempre attenuto sortendo trionfi editoriali, ma che, d’altro canto, non ha tradito l’aspettativa degli ottimi riscontri economici.
C. S.
 
 

Nuovo Paese Sera, 22.1.2013
Immagini di citta'/L'intervista
Francesco De Filippo, Roma vista da Sud

Qualche mese fa Francesco De Filippo ha lanciato insieme a Gioacchino Chirico un appello agli scrittori italiani, invitandoli a vivere una stagione di tempo ad Africo in Aspromonte, nella prima residenza italiana per scrittori, per raccontare la Calabria con gli occhi di chi l'ha vista, promuovere da uno dei luoghi simbolo della 'ndrangheta un messaggio contro la criminalità organizzata e tentare di superare le barriere che dividono Nord e Sud con un invito all'unità d'Italia che passi attraverso la cultura e la scrittura. Un progetto ardito che impasta la sua vita di scrittore di romanzi (molti tradotti in diversi Paesi del mondo: Una storia anche d'amore, Rizzoli 2001; L'affondatore di gommoni, Arnoldo Mondadori 2003, tradotto nella Repubblica Ceca e in Francia, dove è stato selezionato per il Supercampiello Europa e per il prestigioso premio Polar; Sfregio, Mondadori 2006, pubblicato anche in Germania e Francia; Monnezza, Infinito 2010) e di saggi o interviste dedicati all'attualità più stringente (Questo mondo un po' sgualcito, conversazione con Andrea Camilleri, Infinito 2010; Mafia padana. Le infiltrazioni criminali in Nord Italia, con Paolo Moretti, Editori Internazionali Riuniti 2011; Sull'orlo del baratro, intervista al vicepresidente del Parlamento Europeo Gianni Pittella, Infinito 2011; Scampia e Cariddi. Viaggio tra i giovani del Sud al tempo della crisi, con Maria Frega, Editori Internazionali Riuniti 2012).
[...]
Ci sono a Roma degli scrittori che apprezzi?
Apprezzo Camilleri. Per il resto conosco pochi scrittori, sono fuori dal “giro”. Non amo i corporativismi.
Camilleri è spesso presente come destinatario dei tuoi romanzi...
È il mio maestro. Sono arrivato a Roma a 35 anni, quando lui non era ancora famoso, non era nessuno, e gli è arrivato tra capo e collo questo mezzo scugnizzo napoletano... anche se non ero venuto come emigrante, avevo un lavoro. Ho conosciuto quest'uomo e fortunatamente l'ho conosciuto quando non era noto, se non nell'ambito del teatro. Da lui ho bevuto molte cose: Camilleri ha letto tutto, ha visto tutti i film del mondo, è una persona che, oltre ad avere una cultura enorme, ha uno spirito critico d'eccezione che lo caratterizza fortemente. Puoi anche trovare intellettuali che hanno visitato tutto il mondo e letto milioni di libri, ma non ne hanno tratto determinate conseguenze o sono comunque omologati alla massa. Camilleri non è assolutamente questo. Lo straordinario successo che lo ha colto non gli ha cambiato niente, fa la stessa vita che faceva 30 anni fa, mangia le stesse cose, la moglie ha sempre il solito maggiolone. Questo può avvenire soltanto a persone che hanno radici forti, che non serbano rancore, che non si sentono in credito con la vita, persone di grande equilibrio... ce ne sono pochissime. Lui è un campione. È una persona veramente al di sopra, io mi reputo un uomo veramente molto fortunato ad averlo incontrato.
Come vi siete incontrati?
Ero fidanzato con Elisabetta, la figlia. Quando sono arrivato a Roma ero un uomo volenteroso e curioso della vita ed è come se Camilleri avesse ordinato, dato una struttura, una cornice didattica a quello che io ero. Lui è una persona molto importante non solo per la mia vita ma anche per la mia formazione etica e culturale.
[...]
Cristina Guarnieri
 
 

Sanremo news, 22.1.2013
Pieve di Teco: sabato prossimo al teatro 'Salvini' appuntamento con la 'Serata Camilleri'
Con Simone Gandolfo, accompagnato dalle musiche dal vivo di Matteo Curallo.

L’associazione culturale 'Imperiateatro' e 'I Cattivi di Cuore', nell’ambito dell'8a edizione del 'Festival nazionale di Arte Drammatica - Questo piccolo grande teatro', propongono per sabato prossimo alle 21, al teatro 'Salvini' di Pieve di Teco, 'Serata Camilleri', con Simone Gandolfo, accompagnato dalle musiche dal vivo di Matteo Curallo.
'Serata Camilleri' è un percorso di parole e musica attraverso le opere di Andrea Camilleri. Una sorta di indagine che piacerebbe all’amatissimo commissario Montalbano, uno che non rinuncia a capire. "Il commissario era di Catania, di nome faceva Salvo Montalbano, e quando voleva capire una cosa, la capiva": da La forma dell'acqua. “La volontà di capire è qualche cosa di molto importante: significa una volontà di posizionarsi all'interno di se stesso e in rapporto con gli altri. Capire è comprendere e accettare cose a volte difficili da giustificare. È forse l'unico modo, serio e possibile, di resistere alla vita. Per arrivare a capire bisogna necessariamente fare un'indagine. Nella nostra esistenza quotidiana non passa momento che non siamo costretti a fare un'indagine, che va dal: "perché l'autobus ancora non arriva?" fino a "esiste Dio?". È un'indagine continua".
Al termine dello spettacolo, gli spettatori potranno incontrare gli artisti, nel corso di un rinfresco allestito presso l’adiacente Casa Sibilla.
 
 

MessinaWebTv, 23.1.2013
Andrea Camilleri sostiene il teatro in Fiera Pinelli occupato

Cari amici, sono naturalmente con lo spirito accanto a voi e confido nella vostra giusta causa. Spero che questo movimento di recupero alla comunità di spazi culturali abbandonati si diffonda sempre più in Italia e che una nuova rinascita culturale avvenga, una volta tanto, “dal basso” e per iniziativa autonoma dei lavoratori dello spettacolo e della cultura.
Sono particolarmente legato al Teatro in Fiera poichè lo inaugurai nel 1977 con lo spettacolo Merli e malvizi di Biagio Belfiore, storia della guerra intestina tra le due opposte fazioni nella Messina del 1600. Si volle inaugurare l’attività del teatro proprio con uno spettacolo che riguardasse la storia della città e che fu appositamente scritto per l’occasione. Un impegno sostanziale poichè, non solo si affrontava una prima teatrale ma si trattava anche di inaugurare una struttura nuova con i problemi di rodaggio che questo comportava (illuminotecnica, montaggio e smontaggio etc..), oltre ad essere un allestimento notevole per ricchezza di costumi e scenografia. La compagnia venne formata da Massimo Mollica, all’epoca il numero uno degli attori messinesi.
Erano gli anni delle agitazioni studentesche. La sera della prima una folla di studenti contestava l’ingresso del pubblico, formato dall’alta società messinese e dalle autorità, rendendo il passaggio poco agevole e rischioso alle signore in pelliccia. Fortunatamente però il tutto si svolse senza sostanziali incidenti.
Ricordo con particolare commozione quella data: è sempre bello inaugurare un teatro, sentirlo vivere con i primi spettatori che mettono piede al suo interno. Così come è importante il legame che si forma con il suo territorio: alcuni tra i nomi che compaiono del vostro elenco lavorarono con me alla realizzazione di questo spettacolo.
Un affettuoso abbraccio e un sincero augurio di buon lavoro
Andrea Camilleri
 
 

TempoStretto, 23.1.2013
Da più fronti
Anche Andrea Camilleri solidale con gli occupanti del Teatro in Fiera
Lo scrittore, con una lettera, manifesta la solidarietà e la vicinanza agli occupanti. "Spero che questo movimento di recupero alla comunità di spazi culturali abbandonati si diffonda sempre più in Italia", scrive Camilleri, mentre gli attivisti preparano per sabato 26 una manifestazione aperta a tutte le vertenze cittadine

"Sono naturalmente con lo spirito accanto a voi e confido nella vostra giusta causa”. Così Andrea Camilleri, lo scrittore che ha dato vita al celebre personaggio del Commissario Montalbano, si rivolge agli attivisti che dal 15 dicembre scorso occupano il Teatro in Fiera ribattezzato Pinelli. Una lettera di solidarietà, sobria quanto affettuosa. Una nota positiva e un valido riconoscimento per gli occupanti del Pinelli, dopo un fine settimana vissuto con l'ansia dello sgombero.
Lo scrittore ricorda con commozione quando nel 1977 fu tra quelli che inaugurò il Teatro in Fiera con lo spettacolo Merli e Malvizi di Biagio Belfiore. La storia “della guerra intestina tra le due opposte fazioni nella Messina del 1600” racconta lo scrittore - “Si volle inaugurare l’attività del teatro proprio con uno spettacolo che riguardasse la storia della città e che fu appositamente scritto per l’occasione. Un impegno sostanziale poiché, non solo si affrontava una prima teatrale ma si trattava anche di inaugurare una struttura nuova con i problemi di rodaggio che questo comportava (illuminotecnica, montaggio e smontaggio etc..), oltre ad essere un allestimento notevole per ricchezza di costumi e scenografia. La compagnia venne formata da Massimo Mollica, all'epoca il numero uno degli attori messinesi. Erano gli anni delle agitazioni studentesche. La sera della prima una folla di studenti contestava l’ingresso del pubblico, formato dall’alta società messinese e dalle autorità, rendendo il passaggio poco agevole e rischioso alle signore in pelliccia. Fortunatamente però il tutto si svolse senza sostanziali incidenti”.
Un vero e proprio tuffo nel passato e nella memoria, ma al di là della nostalgia Camilleri si schiera a favore della lotta attualissima degli attivisti che hanno riaperto dopo diciassette anni lo storico palco del Teatro in Fiera, ancora intatto al contrario della platea abbandonata alla macerie e condannata all'indifferenza.
“Spero che questo movimento di recupero alla comunità di spazi culturali abbandonati si diffonda sempre più in Italia e che una nuova rinascita culturale avvenga, una volta tanto, dal basso” scrive Camilleri, auspicando che protagonisti di questa opera di rinascita siano proprio i lavoratori dello spettacolo e della cultura. Un’importante attestato di solidarietà che arriva cronologicamente dopo l’appoggio del Genio Civile alle istanze sollevate dagli occupanti, che chiedono con forza l’apertura del quartiere fieristico alla città, contro ogni ipotesi di privatizzazione dell’area.
Al Teatro in Fiera e nei locali recentemente riaperti - tra approvazione e scandalo- dell’ex Irrera a Mare continuano intanto le iniziative culturali e sociali che animano i padiglioni fieristici da più di un mese. E gli attivisti lanciano l’Occupay Waterfront, con una manifestazione prevista per sabato 26, a cui parteciperanno i rappresentanti di tutte le vertenze cittadine, tra cui gli orchestrali del Vittorio Emanuele.
Eleonora Corace
 
 

Il Secolo XIX, 23.1.2013
Arriva “Il caimano” de’ sinistra! - Raicinema ha deciso di anticipare al 14 febbraio, 10 giorni prima delle elezioni, “Viva la libertà”, il film di Roberto Andò su un segretario del Pd in crisi che scappa dall’amante e viene sostituito dal fratello gemello, appena uscito da una clinica per depressi bipolari - La metafora della sinistra italiana non è neanche nascosta con Tony Servillo a metà tra Veltroni e Bersani…

Immaginate che Pierluigi Bersani decida di rendersi irreperibile, all'improvviso, senza avvisare nessuno. Registrando sulla segreteria del cellulare una frase del tipo: «Sono assente. Non posso rispondere. È del tutto inutile che lasciate messaggi». Sconcerto nella sede di via Nazareno, preoccupazione al Quirinale, sorpresa negli altri partiti... Impossibile nella realtà, tanto più ora che il Pd viene dato, nei sondaggi, favorito in vista del turno elettorale del 24-25 febbraio. Ma al cinema, invece, tutto si può, anche raccontare sotto forma di apologo morale la crisi di una certa sinistra "di lotta e di governo".
Succede in "Viva la libertà", il film che Roberto Andò, siciliano, classe 1959, ha tratto dal suo romanzo "Il trono vuoto".
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Intanto però il film di Andò, evocando senza troppi veli la profonda crisi di leadership dello schieramento progressista, ha già trovato sostenitori illustri: da Umberto Eco ad Andrea Camilleri.
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Michele Anselmi
 
 

ARCI, 24.1.2013
Comunicato stampa
"Più cultura per lo sviluppo", presentato l'appello della coalizione Abbracciamo la cultura
Cliccare qui per leggere e firmare il testo dell'appello

La coalizione Abbracciamo la cultura, di cui l'Arci fa parte, ha presentato un documento programmatico, Più cultura per lo sviluppo, le cui parti essenziali sono sintetizzate in un appello indirizzato alle forze politiche che si presenteranno alle prossime elezioni politiche.
La Coalizione, nata per rispondere alle difficoltà di settori quali la formazione, la ricerca, la tutela, la promozione, la valorizzazione dei beni e delle attività culturali, la difesa e la valorizzazione dell'ambiente e del territorio, presenta quindi una serie di proposte concrete per le politiche culturali in Italia, affinchè siano inserite nell'agenda del prossimo Governo. L'appello ha lo scopo di dimostrare come la cultura rappresenti una scelta strategica per il futuro, per una comunità più consapevole della propria storia, della propria identità, che promuova creatività e innovazione.
I primi firmatari sono esponenti delle organizzazioni sociali, del mondo dello spettacolo, intellettuali, scrittori e docenti universitari. Fra questi: Susanna Camusso, Paolo Beni, Vittorio Cogliati Dezza, Federico Oliva, Tsao Cevoli, Alessandro Pintucci, Francesca Duimich, Carla Accardi, Bruno Cagli, Andrea Camilleri, Filippo Coarelli, Francesco Ernani, Ugo Gregoretti, Paolo Leon, Piergiorgio Odifreddi, Antonio Pappano, Giorgio Parisi, Giulio Scarpati, Ettore Scola, Paolo Virzì.
[…]
 
 

Finzioni, 24.1.2013
Andrea Camilleri | Il tuttomio

A volte le recensioni fanno arrabbiare. Come se un mucchio di energia in forma di parole si sprecasse ad annientarne o esaltarne altre per puro gioco intellettuale. Ho letto Il tuttomio di Camilleri e in particolare una recensione [quella de "Il Giornale" del 11.1.2013, NdCFC]. Il romanzo erotico dell’87enne Camilleri mi ha fatto divertire (e pensare), la recensione mi ha fatto annoiare (e ripensare). Quindi ho scritto una controrecensione. Che poi serve a niente, come la prima. Ma oramai è scritta. Ho deciso di difendere Camilleri e Arianna, il padre “rimbambito” e la “sorellina” strana di Montalbano. Questo “vecchietto” della letteratura è riuscito a dire un'infinità di cose in un romanzetto liquidato come “erotico” e “deviato”. Una frettolosa recensione non è riuscita a relegarlo nel reparto geriatrico per improvvisa e involontaria “demenza senile”. Vi consiglio di programmare l’approfondimento del caso Il tuttomio di Andrea Camilleri (Mondadori, 2013). Fatelo seguendo alcuni suggerimenti:
1.Leggete Il tuttomio.
2.Leggete ll tuttomio e non vi arrabbiate con Camilleri ma con Montalbano.
3.Non dimenticate la nota finale a Il tuttomio firmata da a.c.
Per le prime due cose siete da soli. Per la terza vi aiuto un po’. Il tuttomio non è il solito Camilleri che la gente ordina al bar-edicola. E’ un romanzo pulp, erotico e un po’ dark. Per averlo pensato (e scritto) Camilleri è improvvisamente diventato un assassino. Chi ha ucciso? Si tratta di un duplice omicidio: Montalbano e i suoi fan. Il tuttomio è un giallo siciliano. Ovvero privo di regole. Nel giallo senza regole a volte manca tutto: movente, vittima e pure l'assassino. Si condanna senza uccidere (troppo). Un esempio illustre, A ciascuno il suo di Sciascia. La giustizia è una donna senza testa, la Nike di Samotracia evocata dal professor Laurana, mentre desidera il corpo della vedova Roscio. Anche Arianna, la protagonista de Il tuttomio è una vedova; Giulio la raccoglie in lacrime (senza documenti, e dunque identità, come piacerebbe a Pirandello) sulla tomba del consorte estinto.
Nella nota finale, Camilleri dà al lettore qualche indizio utile alle indagini. Il tuttomio è il frutto di
almeno due suggestioni, la prima è di natura letteraria, e precisamente Santuario di Faulkner. L’altra è un tragico fatto di cronaca successo a Roma molti anni fa che coinvolse una coppia aristocratica e un giovane studente
Santuario è il romanzo “pulp” dello scrittore americano William Faulkner . Il tuttomio e Santuario sono simili per la forza carnale che sprigionano; sono materia imbarazzante per famiglia, amici e i lettori abituali degli scrittori. In una nota a Santurario, Fernanda Pivano scrive che
amici e parenti lessero il libro di nascosto, avvolgendolo in carte pesanti mentre lo portavano dal negozio di MacReed a casa, e subito andando a protestare dall'autore
Anche gli orfani del commissario Montalbano (e i critici) vanno a protestare. E avvolgono l’imbarazzante Tuttomio di Camilleri in carte pesanti. Camilleri cosa ne pensa? Lui che ammette di «leggere ad alta voce» a sua moglie quello che scrive. Perché hai scritto un libro imbarazzante Camilleri? Il tuttomio è carne nera, quella di Arianna, data in pasto da un marito impotente e voyeur. Nella nota Camilleri dice di essersi ispirato a un caso di cronaca nera della Roma bene . Negli anni '70 un ricco uomo spinge la moglie fra le braccia di un giovane amante, trasformando la sua impotenza in voyeurismo. Arianna è, nonostante le apparenze, un personaggio complesso. Prima di tutto legge molti libri e il primo è un giallo:
si mette comoda su una poltrona, ha un giallo nuovo da leggere. Guarda l’ultima di copertina. L’investigatore si chiama Yashim, ed è un eunuco
Chi è Arianna? Che ci fa con un commissario evirato, con un marito voyeur e impotente? Quale verità nasconde?
La verità è un ragno, scriveva Sciascia. E sta in un buco. Per comprenderla non basta osservare il mondo dal buco della letteratura, bisogna cavarla dal buco. Ne Il tuttomio troviamo sia il buco che il ragno. Il tuttomio di Arianna è
una specie di buca in un masso grossissimo, rotolato giù chissà quando dalla vicina montagna
Dentro ci vive Bertoldo, un ragno, appunto. Il suo nome evoca uno dei servitori di Enrico IV (Pirandello). Anche lui testimone di una verità mascherata da follia. Lo vedete? Altro che demenza senile. Il maestro Camilleri fa sfilare i grandi siciliani sul tappeto rosso: Pirandello, Sciascia (e mi fermo qui ma io ci vedo anche La lupa di Verga). Evoca, grazie alla cronaca, l’Italia degli anni ’70. Così facendo invita la letteratura (e i lettori) all’impegno. Il filo rosso di questo labirinto è nelle mani infantili di Arianna. L'oscurità del labirinto è tra le gambe di Arianna, nella buca del tuttomio, sull’asfalto in una “grossa macchia nera e rossa” di un corvo schiacciato. Illuminare il male. Ma questo romanzo è una scintilla d’ira, “dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla” canta Arianna che “conosce solo un motivo”. Il tuttomio è il Giudizio Universale degli impotenti e dei voyeur. Inquietante Requiem cantato da una donna.
Giovanna Iorio
 
 

La Stampa, 24.1.2013
Itinerario
I set di Montalbano per scoprire la Sicilia
I luoghi reali dei gialli di Camilleri sono nell’Agrigentino ma la fiction tv ha rilanciato Ibla e dintorni

Il luogo ideale per un incontro con Andrea Camilleri è il Circolo di Conversazione di Ragusa Ibla, il ritrovo dell’aristocrazia gattopardiana nella via principale della città barocca. In verità lo scrittore non parla mai di questo anacronistico club nei suoi romanzi, ma il Circolo è dove - nella trasposizione cinematografica - Montalbano (in L’odore della notte) va a cercare il dottor Pasquano, il medico legale, interrompendo le sue partite a carte. Perché la Sicilia del Montalbano letterario è diversa da quella del commissario televisivo.
Camilleri ha ambientato i suoi polizieschi nell’Agrigentino, tra Porto Empedocle e il litorale di Marinella. Mentre i set su cui si muove Zingaretti sono tutti nel Ragusano, da Ibla a Scicli, fino a Sampieri, Donnalucata, Monte Crasto e al Castello di Donnafugata. Ed è soprattutto su questo itinerario, costellato di meraviglie barocche e di irresistibili richiami gastronomici, che si è sviluppato il «turismo di Montalbano». Un fenomeno in continua crescita, alimentato dai cartelli installati dai comuni interessati con tanto di scene di film o citazioni dai romanzi. E codificato dalla guida «I luoghi di Montalbano» edito da Sellerio con dodici itinerari, uno per romanzo, tra Agrigentino e Ragusano, tra luoghi letterari e location cinematografiche. Realtà, o meglio finzioni, che si confondono ormai persino nell’immaginario di Camilleri, che si dice influenzato dal personaggio televisivo interpretato da Zingaretti.
Ragusa Ibla - ricostruita in stile barocco dopo il terremoto del 1693 con un gioco di scalinate, vicoli e piazzette su cui si affacciano 42 chiese - è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. E’ qui, davanti alla scalinata della monumentale San Giorgio, che Montalbano attraversa piazza Duomo per andare nel caffè dell’immaginaria cittadina di Vigàta. In realtà all’ombra della cattedrale c’è il Ristorante Duomo di Ciccio Sultano che «sperimentando ricette nel solco della tradizione» è diventato uno degli chef più affermati della Sicilia. A tavola il Montalbano televisivo è però meno raffinato, le croccanti triglie fritte le va a mangiare insieme a Mimi alla trattoria San Calogero: le famose mangiate di pesce sono state girate nel ristorante La Rusticana del centralissimo corso 25 Aprile. La stessa strada del Circolo di Conversazione, dello sperimentale quanto delizioso Gelati DiVini e della Salumeria Barocco di corso 25 Aprile, dove si trovano i più famosi formaggi del Ragusano. Sempre a Ibla, in piazza Pola di fianco della chiesa di San Giuseppe, è ambientato (in alcune puntate del serial) il commissariato.
A secondo degli episodi il set per la Vigàta di Montalbano si sposta da Ibla a Scicli, un’altra città capolavoro del barocco, anche questa ricostruita dopo il terremoto del 1693 e sotto la protezione dell’Unesco. Il set dell’ufficio di Montalbano è in via Francesco Mormino Penna dentro il Municipio, costruito a inizio Novecento al posto del Monastero delle Benedettine, annesso alla Chiesa di San Giovanni Evangelista. E sempre a Scicli, in piazza Italia tra i palazzi Penna e Iacono, c’è la sede della questura di Montelusa, un’altra città immaginaria creata dalla penna di Camilleri.
La casa di Montalbano a Marinella, dove il commissario si intrattiene in cene romantiche sul terrazzo davanti all’orizzonte blu del Canale di Sicilia, è un luogo mitico dalla geografia variabile. Punta Secca, frazione di Santa Croce di Camerina, nella versione letteraria: il cartello reca la scritta «Punta Secca, casa di Montalbano». Donnalucata in quella televisiva. Tra le due località c’è Marina di Ragusa, dove al chilometro numero 5 si è di nuovo catturati dal gusto, perché qui lo scorso gennaio ha aperto la Cacioteca regionale siciliana, dodici celle di stagionatura per pecorino siciliano, ragusano, tuma persa, provola dei Nebrodi, maiorchino, palermitano, piacentinu ennese e fiore sicano. E un Teatro del Gusto per ospitare eventi e percorsi golosi.
Sulla strada tra Ragusa e Santa Croce di Camerina, sul Monte Crasto, si incontra la Grotta delle Trabacche, la catacomba del IV secolo dopo Cristo dove Montalbano ritrova - in «Il cane di terracotta» - i cadaveri dei due amanti occultati nei sarcofaghi. A Nord di Santa Croce di Camerina c’è invece il Castello di Donnafugata, l’edificio in stile eclettico fatto costruire a inizio Ottocento dal barone di Arezzo, dove - in «La gita a Tindari» - vive il boss Balduccio Sinagra.
Impossibili invece da individuare i luoghi immaginari partoriti dalle finzioni di Camilleri tra Agrigento e Porto Empedocle, tra Siculiana e Palma di Montechiaro, nella Sicilia sudoccidentale dove lo scrittore è nato e dove ha ambientato le avventure dello sbirro Montalbano.
Marco Moretti
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.1.2013
Serata in giallo Il noir va in scena con quiz e ricette

Appassionati di gialli a raccolta con "Giallovedì", per scoprire le ultime novità e rileggere i grandi classici, per immergersi dentro un'atmosfera carica di suspense tra assassini e detective. Giuseppe Moschella ed Emanuela Mulé portano sul palco del ridotto del Teatro Savio di via Evangelista Di Blasi 102 un nuovo spettacolo dedicato ai romanzi gialli. Ogni giovedì alle 21,15 si alterneranno scrittori e musicisti leggendo, recitando, suonando brani e spartiti dedicati al mondo del poliziesco e del noir. Nato da un'idea di Nino Capitti e Giovanni Russo lo spettacolo è figlio dell'esperienza di Yellowjazz. Il duo Moschella e Mulè torna a parlare di delitti e investigazioni, assumendo il ruolo di veri e propri investigAttori che per la prima volta apriranno al pubblico le porte della loro rinomata agenzia. «Sarà un esperimento teatrale in cui il pubblico verrà coinvolto attivamente - spiega Emanuela Mulè - Nella prima parte verranno recitati, raccontati, interpretati tre brani scritti da Giuseppe Moschella, Giovanni Biondolillo e Giorgio Gaber. Poi, coinvolgeremo gli spettatori facendoli salire sul palco e interpretando con noi qualche pezzo. Anche qualche scena». Nella seconda parte dello spettacolo, via ai quiz: «Leggeremo solo uno stralcio della sinossi di un film oppure descriveremo uno dei personaggi e il pubblico dovrà indovinare di cosa si tratta. I generi spazieranno da Alfred Hitchcock con "La finestra di fronte" o "L'uomo che sapeva troppo" fino ad arrivare ai maestri del giallo siciliano, da Piergiorgio Di Cara a Andrea Camilleri». Una parte importante dello spettacolo sarà dedicata alle ricette, al cibo raccontato nei romanzi gialli: «Ci sarà il "pollo di Marrakech" oppure le "Cozze in bianco e nero" ma non vogliamo svelare dove e come vengono descritti - aggiunge la Mulè - Diciamo che prenderemo il pubblico anche un po' per la gola, offrendo pasticcini e qualche sorpresa». Questa sera il primo appuntamento della stagione che si concluderà anticipando con qualche indizio i gialli affrontati nella prossima puntata e gli ospiti (Rita Collura e Roberto Alajmo). Il biglietto costa 15 euro.
Adriana Falsone
 
 

Canicattì Web, 25.1.2013
Porto Empedocle, si ricorda “la strage dimenticata” del 1848

Sabato prossimo, 26 gennaio, alle 12.00 il sindaco di Porto Empedocle, on. Lillo Firetto presenzierà alla breve cerimonia di scopertura di una lapide marmorea, collocata nell’atrio della Torre Carlo V, a ricordo dell’eccidio di 114 forzati avvenuto il 26 gennaio del 1848 ad opera della guarnigione borbonica per soffocare una rivolta popolare. A ricordo di quel tragico episodio l’Amministrazione Comunale ha deciso di far imprimere nel marmo un passo tratto dall’opera “La strage dimenticata” romanzo storico dello scrittore Andrea Camilleri che ha ricostruito la vicenda in un volume edito da Sellerio nel 1984. La cerimonia di scopertura della lapide marmorea è la prima di una serie di iniziative storico – artistico – culturali che interesseranno la cittadina marinara e che verranno realizzate nel corso di tutto il 2013 in occasione della ricorrenza dei 150 Anni di Fondazione del Comune di Porto Empedocle.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 26.1.2013
Sellerio dopo Sellerio

Un'investigazione all'inglese da risolvere con attenta deduzione ambientata a Montesodi Marittimo, paesino della Toscana. Il commissario Montalbano festeggia il cinquantottesimo compleanno con una serie di crimini uno più efferato dell'altro. Petra Delicado si trova a investigare in Italia, nella città eterna. Questa la sintesi minima rispettivamente del romanzo Milioni di milioni di Marco Malvaldi, Una voce di notte di Andrea Camilleri e Gli onori di casa di Alicia Gimènez-Bartlett. Tre gialli, tre edizioni Sellerio, tre titoli nella classifica dei più venduti, Malvaldi e Camilleri da ottobre e la Bartlett subito, non appena uscita è già alla terza settimana assestata sul secondo posto per la narrativa straniera.
Non si tratta di coincidenze, ma del lavoro scrupoloso e sentito della casa editrice palermitana, affermazione di una genealogia di razza che testimonia come per i libri di qualità i lettori non mancano, senza bisogno di ebook e di app.
A due anni dalla scomparsa di Elvira, a uno da quella di Enzo, fondatori della Sellerio, la tradizione continua, ma il successo non è più solo Camilleri quanto una serie di scelte azzeccate. «Il nostro lavoro è quello di cercare dei libri curati e non pensati in base a quello che possa o non possa andare - dice Antonio Sellerio commentando il successo consolidato di Camilleri e quello più recente di Malvaldi - i lettori ci danno numerosi feedback. È stato accolto bene Malvaldi perché scrive in modo molto coinvolgente, intelligente e allo stesso tempo semplice. Le sue doti sono state individuate e riconosciute in casa editrice, i commenti dei lettori che arrivano da più parti sono una conferma», continua Sellerio.
Se da un lato le nuove tecnologie insidiano il libro di carta, dall'altro consentono circuiti paralleli che affiancano e supportano l'editoria tradizionale. Non ci si accontenta più di andare fisicamente alle presentazioni dei libri per esprimere la propria opinione sulla storia e sull'autore: il lettore contemporaneo usa i social network o i blog per esprimere le sue preferenze. «Difficile fare il ritratto del lettore oggi, l'età, che prima era un parametro fondamentale non conta più perché la tecnologia ormai è alla portata di tutti», spiega Sellerio.
Tre titoli in classifica vuol dire sicuramente vendere di più, segnare una piccola risalita in un momento in cui non si può dire che il mercato di libro goda di ottima salute, anzi «il momento è durissimo, nel 2012 si è registrato un calo del 15 per cento rispetto a una situazione sicuramente non ricca», ammette l'editore. Ma una casa editrice indipendente, da situazioni come questa, in cui alla verifica del lettore si registrano conferme solide e prolungate nel tempo, trae la possibilità di andare avanti, ovvero cercare e scommettere su nuovi autori, in un momento in cui il terrore di sbagliare, di uscire dal seminato di nomi sicuri, rappresenta davvero un azzardo. «I nomi nuovi - dice Sellerio - li cerchiamo. È questo il nostro lavoro e cerchiamo di farlo nel modo migliore. Cerchiamo anche esordienti siciliani, ma se poi un buon manoscritto mi arriva dal Trentino tanto meglio. La ricerca di un nuovo autore non segue criteri scientifici, e cerchiamo davvero di preservare una linea editoriale indipendente che non si lasci influenzare dalle tendenze. Per esempio, per ora tutti cavalcano l'onda del libro erotico, noi no».
E i gialli, cavalli di battaglia della casa editrice? «Ecco, se dovessi pensare al romanzo che vorrei sulla scrivania domani, forse preferirei che non fosse un giallo, ma, anche qui, se si trattasse di un buon giallo con la sua precisa identità e scritto bene, non mi tirerei indietro».
Lo prova il successo a Natale della raccolta di racconti Capodanno in giallo nella quale sono stati riuniti i più famosi giallisti della casa editrice, oltre a Camilleri e Malvaldi, Esmahan Aykol, Gian Mauro Costa, Antonio Manzinie Francesco Recami. Ma la presenza costante nelle classifiche dei libri se da un lato pone in una condizione di maggiore comfort, dall'altro implica la responsabilità di avere gli occhi dell'intera filiera puntati addosso.
«Non vuol dire solo vendere di più, ma anche avere più attenzione. Da parte dei librai, per esempio, che ti guardano più favorevolmente e che magari ti accordano maggiore fiducia se gli proponi delle novità. Le piccole librerie, in questo clima di terrore economico, sono paralizzate dal timore di fare nuovi investimenti e cercano un minimo di garanzia. Ecco, la classifica, la solidità delle vendite ci consente, in questo momento difficile, di avere energia per lanciare cose nuove e di dare fiducia a chi decide di sceglierci».
Anche se Antonio Sellerio ci tiene a precisare che la sua casa editrice mantiene strenuamente l'identità costruita nel tempo dalla storia della sua famiglia, anche se Camilleri è un cavallo di battaglia da circa quindici anni, è innegabile che il successo recente è anche il successo della sua generazione, delle sue scelte prese in condivisione con la sorella Olivia, presidente della casa editrice: «Continuiamo a fare libri e a farli bene, cercando di seguirli con cura. Consapevoli che non se ne possono dare alla luce tanti, altrimenti non riusciremmo ad accompagnarli nelle varie fasi con l'attenzione e il lavoro che meritano. Diciamo che ci sottraiamo alla "tecnica dei girini" a cui tanti si affidano: lanciarne sul mercato tanti, quelli che sopravvivono bene e per gli altri amen».
Eleonora Lombardo
 
 

Ravenna24ore, 26.1.2013
Camilleri o Sciascia? Nuovo sondaggio per il circolo Sogni
CinemaCity, martedì “Quadrophenia”

Camilleri o Sciascia? Questo è il quesito per i partecipanti al sondaggio lanciato per il secondo contest di “Sogni on demand”, la rassegna proposta dal circolo Sogni con il Cinema City e il patrocinio del Comune.
Si può votare fino alle 20 di domenica 3 febbraio sul sito www.cinemacityravenna.it (Rassegne & promo) tra “La scomparsa di Patò”, giallo ambientato a Vigata tratto dal fortunato romanzo di Andrea Camilleri, e “Cadaveri eccellenti”, nato dal “Il contesto” di Leonardo Sciascia, incentrato sull’uccisione di alcuni magistrati.
Una sfida cinematografico/letteraria dunque, nel segno del giallo; il film vincitore sarà proiettato il 12 febbraio alle 21 al Cinema City.
Nell’attesa si ricorda che per il 29 gennaio alla stessa ora è in programma la proiezione di “Quadrophenia”, tratto dall’omonimo album degli Who del 1973, di cui ripercorre punto per punto le canzoni. E per non correre il rischio di lasciare fuori qualcuno, come purtroppo accaduto martedì scorso, questa volta il Cinema City metterà a disposizione la sala 11, da 230 posti. Ingresso 5 euro
R3
 
 

WakeUpNews, 26.1.2013
Il nuovo libro di Andrea Camilleri: Il tuttomio

E’ uscito in tutte le librerie il nuovo libro di Andrea Camilleri, Il tuttomio (Mondadori 2013, «Scrittori italiani e stranieri» 16,00 €).
Al termine del funerale della moglie, Giulio sta uscendo dal cimitero in cui è stata sepolta e si accinge a tornare in città per proseguire la propria vita d’ora in avanti solitaria. D’un tratto scorge una donna piangere e singhiozzare seduta su un sepolcro: vorrebbe ignorarla, ma la giovane è il ritratto della disperazione. Allora si avvicina e lei, quando smette di piangere, si fa caricare in macchina e lo segue docile, cominciando a narrargli le sue sfortunate vicende.
Arianna, così si chiama la donna, è poco più che trent’enne, ma è già rimasta vedova del primo marito. Ha un modo di fare infantile che attrae immediatamente Giulio: da quel primo incontro non si separano più e lei si trasferisce a casa di lui, prima come ospite, poi come fidanzata e moglie. Ma Giulio ha un segreto che si trova costretto a confessare non appena Arianna prova a entrare nel suo letto per fare l’amore: in seguito a un incidente è ridotto all’impotenza sessuale, è praticamente un eunuco. Lei accetta la situazione, tanto si è affezionata a quell’uomo così premuroso e che l’ha aiutata: ma il non avere una vita sessuale pesa come un macigno. Tuttavia decide di non parlarne al compagno.
Giulio però intuisce presto cosa si cela dietro il malumore della moglie. Ha un’idea: una volta alla settimana possono trovarsi in un luogo appartato e selezionare un partner che soddisfi le esigenze della donna. Lei accetta e cominciano così un gioco che dovrebbe essere controllato, ma che ben presto sfugge di mano a entrambi. Perché Arianna è fondamentalmente una bambina capricciosa e con gravi disturbi della personalità: lo dimostra il fatto che, come da piccola, ancora oggi si è costruita una stanza, il «tuttomio», in cui nasconde i suoi più turpi segreti, sfoga i suoi istinti sadici e omicidi e parla con la sua migliore amica Stefania, una bambola di porcellana. Non si può lasciare in mano a una persona così disturbata un gioco tanto delicato: il rischio di farsi male è troppo alto.
Andrea Camilleri cambia genere e si cimenta in un romanzo erotico, probabilmente sulla scia dei casi editoriali degli ultimi mesi, primo fra tutti Cinquanta sfumature di grigio (E. L. James, Mondadori 2012, «Omnibus» 14,90 €). La domanda che sorge spontanea di fronte a questa scelta è tanto scontata da essere banale: perché? Perché un Maestro della letteratura contemporanea ha scelto di dare vita a una storia squallida e morbosa come quella raccontata in questo romanzo di basso livello letterario e artistico?
L’uomo che ha sceneggiato Maigret per il pubblico televisivo, ha inventato lo straordinario personaggio del commissario Montalbano, ha regalato perle della letteratura come La scomparsa di Patò (Mondadori 2002, «Oscar Bestsellers» 9,50 €) e La concessione del telefono (Sellerio 1998, «La memoria» 10 €), decide di cimentarsi nel genere che nel 2012 ha riscosso maggior successo nelle librerie di un Paese culturalmente degradato: l’erotico. Ma esiste un equivoco di fondo da chiarire: la narrazione dell’eros, di giochi eccitanti e pericolosi, di relazioni conturbanti e spinte oltre i limiti è cosa ben diversa dal contenuto morboso e vagamente squallido di questo incomprensibile romanzo.
Anche la scelta di una protagonista femminile, a ben guardare una rarità nel panorama del grande scrittore siciliano, avrebbe potuto essere un’opportunità da cogliere per costruire un personaggio di rilievo letterario: invece il profilo psicologico di Arianna, per quanto indubbiamente preparato con cura, è in fin dei conti tanto squilibrato da risultare banale e semplicemente funzionale a un racconto morboso. La sua immaturità e i suoi disturbi sono portati all’eccesso, così come all’eccesso è trascinata tutta la storia narrata da Camilleri.
Infine l’autore compie un’altra mossa originale rispetto al resto della sua produzione: utilizza la lingua italiana, abbandonando il consueto stile misto italiano-siciliano. Non è una scelta sbagliata di per sé, stante la straordinaria capacità narrativa di Andrea Camilleri: ma, calato in questo contesto, è un elemento di nostalgia in più per le magnifiche storie che fino a oggi ci ha regalato.
In conclusione, Il tuttomio (Mondadori 2013, «Scrittori italiani e stranieri» 16,00 €) è solo un libro pornografico in più di cui non si sentiva la mancanza e che ha un solo tratto davvero positivo: aumenta l’attesa per il prossimo ritratto della Sicilia, o la prossima avventura del commissario Montalbano. Come se questa infelice parentesi non fosse mai stata aperta.
Daniele Leone
 
 

9colonne, 26.1.2013
Libri
Segreti e passione nel nuovo romanzo di Camilleri

Un raffinato gioco trascina i lettori di “Il Tuttomio”(Mondadori, pp. 147, 16 euro) attraverso i labirinti dell’amore e dell’eros. Arianna ha trentatré anni, ma il suo carattere è ancora infantile e selvaggio. Giulio, più grande e maturo, è affascinato da questa creatura sensuale e decide di occuparsi di lei. Dal giorno del matrimonio, Giulio ha il desiderio di accontentare in tutto e per tutto la moglie e offrirle tutto ciò che desidera, anche quello che lui non può più darle a causa di un grave incidente. Gli appuntamenti del giovedì diventano ben presto una routine nella vita della giovane coppia. Arianna incontra una volta a settimana un altro uomo, in un appartamento o in una cabina sulla spiaggia, sempre in presenza del marito. Questo accordo diventerà ben presto un gioco pericoloso. Le regole dettate da Giulio rischiano, ben presto, di essere infrante quando un ragazzo di diciannove anni si innamora della donna. Il segreto di Arianna è, però, un altro. Un segreto che la ragazza custodisce gelosamente: il “tuttomio”, un posticino ricavato in un angolo del solaio. Lì, dove nessuno può entrare, Arianna si confida con Stefania, una bambola di ceramica che considera la sua unica vera amica. Andrea Camilleri mette in scena, con un linguaggio limpido ed essenziale, una protagonista femminile straordinariamente inquietante.
 
 

La Sicilia, 27.1.2013
«Per non dimenticare»
Porto Empedocle. Una lapide nella Torre teatro dell'eccidio del 1848

Porto Empedocle. Sobria cerimonia di scopertura ieri mattina per iniziativa dell'amministrazione comunale, nell'atrio della ristrutturata Torre Carlo V.
A essere scoperta è stata la lapide marmorea a ricordo dell'eccidio di 114 forzati avvenuto il 26 gennaio del 1848 ad opera della guarnigione borbonica di guardia alla Torre. Torre che in quel tempo era adibita a impenetrabile e invalicabile carcere.
A scoprire la lapide è stato il sindaco Lillo Firetto alla presenza delle autorità locali, ma senza alcun rappresentante della Sovrintendenza, nè di alcuno storico.
Nella lapide è stato riportato un brano tratto dall'opera storica di Andrea Camilleri «La strage dimenticata», ma senza alcun tipo di indicazione cronologica sull'evento accaduto, ovvero ad esempio quando sia accaduto. La speranza è che il personale utilizzato sia tempestivo nel fornire ai visitatori i ragguagli su cosa faccia riferimento la lapide.
«Il turista che arriva non viene a conoscenza del periodo storico in cui avvenne il fatto», spiega lo storico Calogero Conigliaro, il quale evidenzia anche come «l'iniziativa del Comune sia da apprezzare perché punta a consolidare il rapporto della città con il proprio simbolo».
Da ricordare come la Torre di Carlo V dopo decenni di totale abbandono adesso è stata parzialmente riaperta, nella parte dedicata alla cosiddetta sala Cannoniera, per l'esposizione di alcuni cannoni di età borbonica recuperati nel corso degli anni, non solo a Porto Empedocle.
Ieri, con la scopertura della lapide il sito ha un'attrazione in più da offrire ai visitatori che si recheranno a toccare con mano la qualità del lavoro svolto.
f. d. m.
 
 

La Provincia di Cremona, 28.1.2013
Andrea Camilleri - Il tuttomio

La tenerezza dell’amore, i labirinti dell’Eros, i desideri e i segreti più oscuri, fino alla perdizione. Sorprende Andrea Camilleri nel suo nuovo romanzo senza Montalbano, ‘Il tuttomio’, un noir feroce e ironico in cui esplora l’animo umano e le sue contraddizioni attraverso la bella e affascinante Arianna, 33 anni ma ancora bambina, e Giulio, 60 anni, benestante da generazioni, che decide di occuparsi di lei. Fin dal primo incontro, nel cimitero di un paesino di campagna, qualcosa di inquietante accompagna la coppia.
Lasciando il campo santo, dopo la morte della moglie, Giulio «aveva visto con la coda dell’occhio una giovane donna seduta per terra, con le spalle appoggiate a una lapide, sola, il capo chino, i capelli a nascondere gli occhi, il busto scosso dai singhiozzi», racconta il sessantenne di Arianna, che diventerà sua moglie. Lui, però, non può soddisfarla fino in fondo.Acausa di un grave incidente, avvenuto 5 anni prima, è diventato un eunuco.
Ma Giulio vuole che a sua moglie non manchi nulla e così le propone di incontrare, lui presente, una volta alla settimana, un altro uomo, mai per più di due volte, in un appartamentino appartato o in una cabina sulla spiaggia. «Non è che io sia un voyeur, sia chiaro, ma non mi fido a lasciarti sola con uno sconosciuto». Un accordo che diventa un gioco pericoloso, difficile da gestire per una donna- bambina, soprattutto quando un ragazzo di diciannove anni si innamora di lei e le regole stabilite traballano.
Ma il vero grande segreto di Arianna è il ‘tuttomio’, una caverna dove nessuno poteva entrare che aveva creato da piccola, quando stava in campagna con la nonna, e che ora la donna ha ricavato in un angolo del solaio. Davanti all’ingresso una testa di vacca e all’interno una bambola di ceramica, Stefania, che Arianna considera la sua vera amica.
Davanti all’entrata un’altra bambola di pezza, Ornella «una tipa volgare», «invidiosa di Stefania» che farà una brutta fine, verrà smembrata e bruciata da Arianna. Qui si manifesta il lato più inquietanti di questa donna, la sua forse doppia personalità, il suo giocare con la morte, anche nella realtà, come quando stava per soffocare nella vasca da bagno uno dei suoi amanti.
 
 

Il salvagente, 24-31.1.2013
Camilleri sulle tracce della bella marchesa

Ottantotto anni e non gli è passata la voglia di sperimentare. Andrea Camilleri è di nuovo in libreria con Il tuttomio, un romanzo in cui fa a meno del commissario Montalbano, affrontando un genere completamente diverso (Mondadori, 147 pagine, 16 euro, ma si trova anche a 13,60 nei centri della grande distribuzione).
Nella trama, fin dall’inizio, sembra di riconoscere un duplice delitto accompagnato da un suicidio che fece scalpore nell’agosto del 1970: quello della marchesa Casati Stampa. Il marito, il marchese Camillo Casati, travolto dalla sua passione di voyeur, la introdusse infatti a giochi erotici perversi, spingendola ad accoppiarsi anche con diversi ragazzi contemporaneamente e poi la uccise insieme a uno di loro, di cui si era innamorata, e si suicidò.
Camilleri riconosce nella post-fazione questo suo debito alla cronaca di 40 e passa anni fa e ne ammette anche altri, letterari e non. Sta di fatto che il racconto che costruisce intorno alla sua protagonista, Arianna, è piacevole e di facile lettura.
Anche in questo caso c’è un marito ricco e avanti con gli anni, Giulio, che soffre di impotenza per un incidente che gli è capitato in passato, ma che si diletta nel vedere la giovane e bella moglie, incontrata per caso e salvata in un momento di difficoltà, alle prese con baldi ragazzi.
Tutto, però, deve avvenire secondo le sue regole: due incontri e poi basta, per evitare che dal sesso nasca un qualunque sentimento. Ma le gabbie, come si sa, sono fatte per essere rotte (come diceva un art director amico di Salvagente). E anche Arianna le rompe.
Camilleri arricchisce il plot con la fantasie folli da ragazzina della protagonista, che quando è disperata si nasconde nel “tuttomio”, un rifugio segreto da cui ha sempre escluso tutti. Eppure l’ultimo delitto avviene proprio lì.
Rocco Di Blasi
 
 

Paperblog, 31.1.2013
“Il tuttomio” di Andrea Camilleri

Una favola nera che scivola nello psicodramma è questo romanzetto di Camilleri, dichiaratamente influenzato da un sanguinoso fatto di cronaca nera a tinte rosso passione quando nel 1970 il marchese Casati Stampa sorprese la moglie Annamaria con il giovane amante, li uccise a fucilate e si suicidò. Il tutto a seguito di festini proibiti organizzati dal marchese stesso nei quali amava godere visivamente degli amplessi della disnibita consorte con dei gigolò ante litteram, reclutati un pò ovunque.
Camilleri cerca di trasferire la storia ai tempi nostri : lei, Arianna, è la moglie, capricciosa e infantile, con trascorsi burrascosi, mentalmente disturbata, lui, Giulio il marito che, non potendo farlo di persona a causa di un incidente, si accontenta di procurarle svaghi erotici ai quali assiste compiaciuto, pare. Qui è, però, la protagonista a macchiarsi del delitto passionale, l’ennesimo… e lo fa in un modo che oscilla tra il ridicolo e l’inverosimile.
Se il risvolto di copertina chiama in causa i personaggi di Faulkner e Lawrence a cui si sarebbe ispirato l’autore, il risultato lascia alquanto a desiderare. Speravo in qualche cosa di meglio. Il pruriginoso lascia spazio all’irritante dell’assurdo che impera in poco meno di 150 pagine, piene di spazi e rientri, pagate ben 16,00 euro.
Vivianap
 
 

Corriere di Novara, 31.1.2013
Ai fornelli con Montalbano
La curiosità: ad Omegna un corso di cucina letteraria

Omegna – Appassionati di cucina, chiudete il ricettario di Benedetta Parodi e quello di Antonella Clerici e provate, invece, a sfogliare i successi della letteratura contemporanea. L’originale suggerimento arriva dall’Enaip di Omegna, dove è appena cominciato un corso di cucina letteraria. Presso il ristorante “Cicin”, lo scrittore Matteo Severgnini e lo chef Alberto Savoini introducono ai segreti dei piatti citati nei best seller. Ai fornelli si preparano le ricette e, mentre le padelle sfrigolano, si leggono le pagine più belle del libro scelto. Poche mosse e sono pronti gli arancini siciliani di Montalbano o la quiche lorraine di Maigret: deliziosi non solo per il palato, ma anche per la fantasia di chi ha amato quei personaggi. Nel corso, tre lezioni a cui stanno partecipando una ventina di persone, sono stati proprio i “gialli” il tema conduttore. Oltre ai commissari di Simenon e Camilleri, ci sarà spazio anche per Nero Wolf e… per le sue ricette preferite.
Lucia Panagini
 
 

 


 
Last modified Saturday, April, 12, 2014