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RASSEGNA STAMPA

MARZO 2016

 
Marida Caterini, 1.3.2016
Il commissario Montalbano, la recensione
Atmosfere da provincia addormentata, ritmi lenti, personaggi imbalsamati nei propri stereotipi, timorosi di cambiare il pur minimo atteggiamento per non deludere il proprio pubblico. Eppure ad uno sguardo attento molto, tanto è mutato rispetto al passato. Queste le prime sensazioni che ha suscitato Una faccenda delicata, primo dei due tv movie della serie Il commissario Montalbano andato in onda lunedì 29 febbraio su Rai1 in prime time. Una malinconia strisciante, simile alla consapevolezza della irreversibilità del tempo trascorso, pervadeva la storia, tra l'altro, abbastanza ingarbugliata e poco lineare.

Su tutti svetta il protagonista, Salvo Montalbano sul quale gli anni hanno lasciato una visibile impronta. Non fisica ma caratteriale: il poliziotto di Vigata ha assunto un atteggiamento meno aggressivo e, apparentemente, più disponibile. Non grida più con la sua squadra, mostra comprensione per Mimi Augello (Cesare Bocci) il suo vice, "il femminaro", scoperto in casa di una testimone in una palese situazione amorosa, non lo rimprovera quando si accorge che le sue indagini percorrono una pista sbagliata. Anche con il surreale Catarella (Angelo Russo) ha un approccio meno invasivo e lo gratifica in maniera più evidente rispetto al passato. Montalbano sta invecchiando male: perchè questi "piccoli particolari" tolgono smalto alla sua immagine e lo fanno somigliare ad un anonimo commissario di mezza età in crisi esistenziale, magari prossimo alla pensione.
In quest'ottica è come se fosse passato sulla serie un rullo che ne ha compresse le emozioni e i sentimenti, ha normalizzato il vigore e la forza propulsiva dei protagonisti appiattendone la "vis spettacolare" e la forza comunicativa. Persino il fedele Fazio è diventato malinconico, pervaso da un'assuefazione che mai gli avevamo visto in precedenza.
Siamo in presenza di un Montalbano dimezzato. Anche nel suo rapporto con Livia la storica fidanzata. Interpretata da Sonia Bergamasco, Livia è diventata una partner qualsiasi, si è spogliata del suo carattere libero e deciso, si è "imborghesita". L'abbiamo persino trovata ai fornelli di casa Montalbano a cucinare per il suo uomo, intrisa di una normalità che ha tolto spessore e vigore alla sua presenza. E a sottolineare definitivamente il cambiamento della coppia arriva anche il cagnolino, adottato da Livia, a scorazzare nella casa di Salvo e ad impossessarsi del telecomando proprio nei momenti determinanti. Insomma, scene di normale quotidianità, disturbate dagli impegni professionali di Salvo che deve persino giustificarsi con la fidanzata per le continue interruzioni della loro intimità.
Inoltre, sono mancate le lunghe soste di Montalbano al ristorante di Vigata mentre assapora con piacere quasi sensuale i suoi piatti preferiti. Una costante delle stagioni passate. Restano il paesaggio dalla bellezza struggente, la natura dai colori vivi e reali, il mare della Sicilia a far da sottofondo alle indagini del commissario. Il tutto sottolineato dalla regia quasi letteraria di Alberto Sironi che riesce a salvare Salvo dalla monotonia in cui sta rischiando di sprofondare.
Marida Caterini
 
 

Corriere di Ragusa, 1.3.2016
Spettacoli - La Bergamasco non convince del tutto nel ruolo dell´eterna fidanzata del commissario
Montalbano non delude, la cagnetta ruba la scena a Livia
Sceneggiatura solida e ritmo incalzante soprattutto nel finale. Ottima la regia del collaudato Sironi

La faccenda è delicata ma Salvo Montalbano è sempre all’altezza della situazione. Con arguzia, furbizia e molta umanità risolve il caso e ritrova la sua Livia. Non delude "Una faccenda delicata", prima puntata inedita della fiction del Commissario Montalbano che lunedì prossimo sarà seguita da «La Piramide di fango» sempre su Rai Uno. Andrea Camilleri, creatore del commissario, riesce a stare sorprendentemente sul pezzo, in piena sintonia con la cronaca visto che nella articolata storia viene narrato anche il dramma di un bambino nato da un «utero in affitto», quello di una prostituta di paese, il cui assassinio dà il là alla storia. Il pubblico ritrova un Luca Zingaretti in vena, seppur con qualche chilo di troppo, e una nuova Livia (Sonia Bergamasco) con accento non più nordico ma fascino e curve mediterranee. Una Livia però un po´ troppo "oca" e sempre relegata ad un ruolo di comprimario senza né arte né parte. Ci si attendeva maggiore spessore, magari con qualche consiglio in più al commissario sulla complessa indagine. E invece niente: le solite scenate un po´ sceme e la stucchevole nuova mania della cucina francese, che peraltro non le riesce per niente bene, al punto che pure la cagnetta (che ruba la scena alla Bergamasco grazie ad una espressività di gran lunga maggiore) preferisce "spazzolarsi" la "pasta incasciata" di Adelina, la "tuttofare" e cuoca sopraffina di Montalbano. La crisi è sempre in agguato tra i due perenni innamorati ma ci pensa la neo arrivata cagnetta di cui sopra ad allentare le tensioni. Un Montalbano dunque sornione, più intimista ma sempre acuto in una Sicilia luminosa, esaltata dalla regia di Sironi con location sempre pertinenti e mai ridondanti o peggio di maniera. Il pubblico ritrova così il suo Montalbano di sempre (o quasi) e non ci sono stati tradimenti di sorta in «Una faccenda delicata», ma solo rassicuranti conferme. Delude Mimì Augello, ormai ridotto ad un ruolo di macchietta goffa e pure un po´ imbecille nelle sue deduzioni, troppo preso dalla sua passione per le donne, al punto da farsi scoprire dallo stesso Montalbano mentre va a puttane (con una vicina di casa e "collega" saltuaria della prostituta ammazzata).
Un plauso alla sceneggiatura: solida, coinvolgente e serrata soprattutto nel finale, quando si deve attendere fino all´ultimo per scoprire il vero assassino della vecchia prostituta amata da tutti. E, come nel miglior giallo che si rispetti, dopo tanti "sospettati" (anche da parte dei più arguti fans) il colpevole è davvero chi meno te l´aspetti.
Duccio Gennaro
 
 

RagusaNews, 1.3.2016
Montalbano, recitato male e di una noia mortale
Una delusione

Sia chiaro. L'audience e gli ascolti daranno ragione alla nuova puntata del Commissario Montalbano, in onda stasera, su Rai Uno.
La prima puntata della decima serie.
"Una faccenda delicata" è un episodio lento da morire, senza tensione, privo di mordente, costruito intersecando due storie che in alcun modo dialogano fra di loro. L'omicidio di una anziana prostituta e un presunto caso di pedofilia.
Recitato male, il montaggio è impreciso. Almeno due i casi in cui si vede la scena partire: "ciak, motore, azione!"
Ci manca poco che si veda il regista dare il via. Nella scena girata al Liceo Classico di Modica il problema è evidentissimo. E così in una posa di poco precedente.
Ridotto a macchietta il Cesare Bocci-Mimì Augello, caricaturale e innaturale.
Non convince la nuova Livia: sembra un'imitatrice di Ornella Vanoni.
Ma, nel mare magnum di mediocrità televisiva che va in onda, domani farà comunque il record della serata.
 
 

Funweek, 1.3.2016
Al commissario Montalbano Livia piace, al web meno
La fidanzata del commissario Montalbano Livia divide il popolo della rete sconvolto anche dalle novità riguardanti Angelina, la storica donna delle pulizie nella fiction

E' tornato a tre anni di distanza il poliziotto più amato della tv a risolvere “Una faccenda delicata” in quel di Vigata, paesino conosciuto ormai in tutto il mondo dato che ‘Il commissario Montalbano' è esportato in 65 paesi.
Accanto al commissario Montalbano Livia, la storica fidanzata che a partire da quest'anno ha il volto di Sonia Bergamasco, venuta in Sicilia per far conoscere a Salvo la nuova arrivata, Selene, una cagnolina appena adottata.
Se al commissario Montalbano Livia piace, il popolo del web ci va più cauto e come sempre, quando avvengono cambiamenti così sostanziali, si spacca in due tra chi la apprezza e chi, per contro, è assolutamente convinto non sia la scelta giusta.
Scorrendo la valanga di commenti piovuti su Twitter, alcuni utenti ritengono che la nuova Livia abbia la voce molto simile a quella di Ornella Vanoni e che l'accento del nord sia troppo pronunciato (“Comunque Sonia Bergamasco mugola #Montalbano”); altri invece la ritengono la miglior Livia di sempre (“Penso che #soniabergamasco sia la Livia più azzeccata per #montalbano Complimenti”).
Il rapporto tra i due è moderno, sono complici e allo stesso tempo indipendenti: gli utenti, però, sono stati messi a dura prova quando si sono accorti che anche l'interprete di Adelina, la donna delle pulizie che cucina degli arancini spettacolari, è cambiata e che, ancor più inverosimilmente, va d'accordo con la fidanzata del commissario Montalbano.
“Non c'è più religione.. Adelina e Livia che cucinano insieme... #montalbano” ha infatti commentato incredulo un ragazzo.
Le due, in precedenza, erano acerrime nemiche, vista anche la scarsa dimestichezza di Livia con tutto ciò che riguarda fornelli e faccende di casa, ma d'altronde – come anticipava il titolo della puntata – la faccenda è piuttosto delicata.
 
 

ANSA, 1.3.2016
Montalbano torna e fa boom, quasi 11 mln
Oltre il 39% su Rai1, il 7 marzo l'altro nuovo episodio

Roma - Il Commissario Montalbano senza rivali: il primo dei nuovi episodi diretti da Alberto Sironi dedicati alla "creatura" di Andrea Camilleri, "Una faccenda delicata", andato in onda ieri in prima serata su Rai1, ha registrato 10 milioni 862 mila spettatori e il 39.06%.
La serie prodotta da Rai Fiction e dalla Palomar di Carlo Degli Esposti torna il 7 marzo con un nuovo episodio. Ad affiancare Luca Zingaretti-Salvo Montalbano c'è Sonia Bergamasco, nel ruolo della storica fidanzata Livia.
 
 

L’Huffington Post, 1.3.2016
Il Commissario Montalbano, ascolti boom: quasi 11 milioni di telespettatori e il 40% di share

Non delude Montalbano che al debutto in prima serata sulla rete ammiraglia fa 11 milioni di telespettatori, sfiorando il 40% di share. Un successo che la stessa Rai in una nota definisce "strepitoso". E non c'è da dar loro torto dal momento che la prima puntata delle serie ha registrato ascolti che si avvicinano a quelli del Festival di Sanremo 2016.
La kermesse canora, infatti, nella serata di apertura aveva fatto registrare poco di più, attestandosi sugli 11 milioni di telespettatori e arrivando al 49.5% di share. Puntuale il commento di Giancarlo Leone che su Twitter si complimenta con tutto il team de "Il commissario Montalbano".
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Il Fatto Quotidiano, 1.3.2016
Il Commissario Montalbano è da record: ecco i 5 motivi per cui il poliziotto di Vigata piace a tutti
Forse lo sapevamo già, ma a leggere i dati Auditel relativi al ritorno del commissario più amato nella storia della televisione italiana (e forse della letteratura) c'è da restare sbigottiti. La serie si afferma come il Sanremo della fiction, il “Mondiale della serialità made in Italy”

Parliamoci chiaro: Il Commissario Montalbano non è più soltanto una fiction tv o la riduzione televisiva delle splendide storie di Andrea Camilleri. Il Commissario Montalbano è un evento, è il Sanremo della fiction, il “Mondiale della serialità made in Italy”.
Forse lo sapevamo già, ma a leggere i dati Auditel relativi al ritorno del poliziotto più amato nella storia della televisione italiana (e forse della letteratura), c’è da restare sbigottiti: 10.862.000 spettatori, share del 39,06%, 25,5 punti di distacco dal secondo programma più visto del prime time, il film American Sniper su Canale5.
È record in valori assoluti (il precedente era dell’episodio Una lama di luce, che nel 2013 aveva superato i 10,7 milioni), ma il trionfo di Montalbano e di Luca Zingaretti non è soltanto una questione di numeri.
Cosa piace agli italiani delle sicule vicende del commissario di Vigata? Innanzitutto, come tutti gli eventi che si rispettino, Il Commissario Montalbano si dosa sapientemente: dal 1999 ad oggi, sono state prodotte dieci stagioni, per un totale di 28 episodi. Serialità ma anche no, insomma, perché Montalbano non è Un medico in famiglia e Camilleri non è uno scrittore compulsivo da discount.
Montalbano piace anche perché è umano, troppo umano. E perché Luca Zingaretti è riuscito a dare al personaggio uno spessore clamoroso, anche a rischio di vedere annullata la propria personalità attoriale, sacrificata sull’altare dell’identificazione totale col personaggio.
Zingaretti lo sa, e magari non è sempre contento di essere considerato solo e soltanto Montalbano, ma il legame tra l’attore e il personaggio è ormai totale, indissolubile, grazie a Zingaretti e forse nonostante lui.
Ma è ovvio che l’origine di un successo così clamoroso è da ricercare tra le pagine di quel monumento nazionale che è Andrea Camilleri. Un uomo che per gran parte della sua vita ha fatto cultura (popolare e non, bassa e alta) dietro le quinte e che poi ha deciso che era arrivato il momento di fare un passo avanti e godere finalmente delle meritate luci della ribalta.
Il primo romanzo con Salvo Montalbano come protagonista è del 1994, quando Camilleri aveva quasi 70 anni. E in poco più di vent’anni, l’ex uomo Rai diventa il vate della letteratura, riuscendo nell’impresa di mettere d’accordo critica e pubblico. Il rischio di diventare una sorta di Madonna Pellegrina, un feticcio per salottini chic, è sempre dietro l’angolo, ma grazie al cielo Camilleri è dotato di una ironia rara, di un approccio alla vita che ne ha conservato spirito e mente.
L’approdo televisivo del poliziotto di Vigata è datato 1999, con l’episodio “Il ladro di merendine”, trasmesso su RaiDue, che aveva ottenuto più di 6milioni di spettatori e il 24,45% di share. Da allora, e fino a “Una faccenda delicata”, andato in onda lunedì sera su RaiUno, è stata una cavalcata trionfale, un crescendo inarrestabile di fronte al quale viene meno persino un approccio critico al prodotto televisivo.
Beninteso, Il Commissario Montalbano è una signora serie televisiva, realizzata come Dio comanda, ovviamente nel suo genere e con il linguaggio che deve essere proprio di un prodotto di così larga fruizione. C’è un equilibrio virtuoso tra alto e basso, ed è qui che la vera essenza di Camilleri è stata rispettata maggiormente, ed è grazie a questo che quasi undici milioni di persone guardano la fiction diretta da Alberto Sironi e prodotta magistralmente da Palomar.
Pur rivolgendosi principalmente al target classico di RaiUno, Il Commissario Montalbano unisce i pubblici televisivi: dal “salottaro de sinistra” alla casalinga dursiana, tutti lo amano e tutti lo guardano.
Ed è questo, ancor più dei clamorosi dati Auditel, a certificare il trionfo di un prodotto televisivo che resterà nella storia del piccolo schermo e della cultura popolare italiana.
Domenico Naso
 
 

La Repubblica, 1.3.2016
Montalbano da record, il Commissario torna e batte se stesso
Ascolti da record per il nuovo episodio Una Faccenda Delicata trasmesso il 29 febbraio in prima serata su Raiuno: oltre dieci milioni di spettatori e share del 39%

Un copione ad orologeria, infallibile e perfetto, ed un finale quasi annunciato: sono stati 10.862.000 gli spettatori che hanno visto ieri su Raiuno il nuovo episodio della serie de Il Commissario Montalbano, Una Faccenda Delicata, pari al 39,06% di share. Ascolti quasi da Festival di Sanremo o da Nazionale di calcio per il poliziotto siciliano nato dalla fantasia del novantenne Camilleri. Evidenza, nel giorno dell'Oscar a Ennio Morricone, che la creatività non ha limiti anagrafici.
Gli spettatori hanno trovato Salvo Montalbano in visita all'amata Livia, in Liguria. Livia ha un nuovo volto, quello di Sonia Bergamasco, la terza attrice a impersonare l'eterna fidanzata, bionda e paziente, del commissario ed è raggiante di avere il suo uomo tutto per sè, almeno per un po'. Ma come sempre il dovere chiama: una telefonata costringe Salvo a rientrare a Vigata e Livia, ancora una volta, ad essere tollerante. Lei arriverà dopo qualche giorno a Vigata, con una cagnetta, Selene, che getterà allegro scompiglio nella quotidianità del Commissario. Una nuova dimensione per una coppia divisa nella quotidianità, che cerca di ritrovare le radici del proprio rapporto e forse una nuova dimensione.
Il caso di omicidio è a tinte fosche, come sempre. Una prostituta settantenne, che esercita ancora la professione con il consenso del marito. Un personaggio singolare e benvoluto nella comunità. Secondo Mimì Augello vittima di un maniaco gerontofilo nel corso di una bizzarra pratica erotica. Si intreccia una storia di molestie a bambine della scuola. Il Commissario Montalbano dovrà capire e scagionare colpevoli in realtà innocenti. Smascherare realtà nascoste e smontare finte verità. Un caso sempre più complesso, che mette a dura prova il commissario Montalbano e che ha convinto e avvinto schiere di spettatori.
Il Commissario interpretato da Luca Zingaretti è abituato ai record. L'ultima stagione, che andò in onda nella primavera del 2013, fu un susseguirsi di recond, come potete leggere in questa top ten. Il piacere del pubblico, del resto, si manifestò sin dagli esordi: la serie tv ebbe ottimi risultati da quel 6 maggio 1999 in cui andò in onda per la prima volta, registrando 6.251.000 telespettatori e uno share del 24,45%. Nel frattempo il personaggio è diventato una storia popolare, al di là e oltre il fenomeno editoriale, grazie alla capacità degli attori, degli sceneggiatori e dei registi dell'opera televisiva. Persino le repliche vincono la serata in tv, segno evidente che di Montalbano non ce n'è mai abbastanza.
Anna Lupini
 
 

Corriere della Sera, 1.3.2016
Su Rai1
Il record di Montalbano: torna e fa quasi 11 milioni di spettatori
Il risultato più alto di sempre per la fiction di Luca Zingaretti: eroe positivo, paesaggi da cartolina, finale consolatorio e quel che di inspiegabile alla base di ogni successo tv

Quasi 11 milioni di spettatori (a esser pignoli 10 milioni 862 mila), quasi il 40 per cento di share (a fare i precisi 39,06 per cento). Il Commissario Montalbano è tornato su Rai1 lunedì (con l’episodio «Una faccenda delicata») a tre anni di distanza dall’ultima apparizione e ha portato a casa i soliti ascolti strepitosi. Di più. Un record, vero. Perché è il risultato più alto mai raggiunto dalla fiction con Luca Zingaretti. La ricetta sembra semplice — un eroe positivo, i paesaggi da cartolina, il the end consolatorio — con l’aggiunta della qualità letteraria della scrittura che nasce dai romanzi di Camilleri che fanno da canovaccio portante alla sceneggiatura. Fosse così però basterebbe trasportare qualunque libro ben scritto sul foglio digitale dello schermo tv per avere un prodotto di successo. Invece no. C’è sempre quel che di insondabile e impalpabile, quell’inspiegabile e indefinito che è nella sostanza aleatoria e volatile di molti best seller televisivi (vedi alla voce Don Matteo).
«Montalbano sono», la risposta a James Bond
Rimane immutata l’unicità e riconoscibilità del personaggio interpretato da Luca Zingaretti: quel «Montalbano sono» che è la risposta sicula e meno glamour a «Il mio nome è Bond, James Bond» in un contesto da poster che ha permesso al Commissario Montalbano di superare le frontiere e raggiungere 60 Paesi, quando sono pochissime le fiction italiane in grado di oltrepassare la barriera delle Alpi (vedi alla voce Gomorra). In questa nuova stagione — fatta di due soli episodi, il prossimo il 7 marzo — c’è pure una «nuova» fidanzata accanto a Montalbano, ovvero la stessa ma con una faccia (ancora una volta) diversa: la storica Livia infatti è ora interpretata da Sonia Bergamasco (nelle prime otto stagioni era Katharina Böhm, quindi Lina Perned). Montalbano è pure meglio dell’addizione: pur cambiando gli addendi il risultato non cambia.
Renato Franco
 
 

Corriere della Sera, 1.3.2016
A fil di rete
Il ritorno di Zingaretti, il commissario dal volto umano
Il successo dell’unica fiction di Rai1 capace di oltrepassare i ristretti confini nazionali e ispirata ai gialli di Andrea Camilleri

È tornato Salvo Montalbano, il protagonista della fiction più celebre di Rai1, l’unica capace di oltrepassare i ristretti confini nazionali per circolare anche a livello internazionale (qualche tempo fa è diventata un vero e proprio caso sulla Bbc). Per questo bisogna riconoscere tutti i meriti di Palomar che l’ha prodotta e fatta crescere, anche se la concorrenza, almeno nel panorama di titoli della fiction generalista, non è stata tra le più agguerrite. Dopo una pausa necessaria per far riposare il mondo narrativo della serie senza esporlo all’usura, Luca Zingaretti è tornato a vestire i panni del poliziotto di Vigata, con tutte le sue manie e idiosincrasie, con il suo intuito di poliziotto d’altri tempi, restio alla tecnologia delle indagini moderne ma tutto votato alla logica deduttiva (lunedì, 21.20).
Quello di Montalbano è un mondo consolatorio e rassicurante, uscito già così dalla penna di Andrea Camilleri e poi consolidato dalla firma di Alberto Sironi, il regista della serie. La Sicilia da cartolina spiega in parte il successo della fiction all’estero: luoghi immersi in un tempo immobile, caratterizzati da un eterno ritorno dell’identico. I personaggi, con quella lingua retrò, un siciliano artificiale animato dai vezzi di Camilleri, non evolvono mai e la fiction neanche. Può cambiare il loro volto, come nel caso della fidanzata di Montalbano Livia che è ora interpretata da Sonia Bergamasco, ma non la loro «persona».
In «Una faccenda delicata», il primo dei due episodi inediti previsti da Rai1, coesistono tanti aspetti: si coltivano non poco il tormentone lessicale e lo stereotipo, del maschio «femminaro», delle donne procaci e generose di forme, ma ci sono anche toni cupi e scuri perché al centro del racconto c’è una brutta storia di prostituzione e maternità surrogata. Salvo è sempre il poliziotto buono, dal volto umano. La fiction Rai non è ancora matura per il trionfo dell’antieroe.
Aldo Grasso
 
 

SiciliaInformazioni, 1.3.2016
Il miracolo Montalbano: “Pochi paragoni a livello europeo”

“L’accoglienza che il pubblico televisivo ha dato al nuovo film del commissario Montalbano dimostra che la fiction è riuscita ancora una volta a soddisfare le attese di un pubblico sempre più esigente e amante della qualità”. Lo ha detto il direttore di Rai Fiction, Tinni Andreatta, esaltando il grande successo ottenuto da ‘Il commissario Montalbano’, andato in onda ieri sera su Raiuno.
“Montalbano – ha continuato Andreatta – si basa su alcuni fattori di eccellenza: la scrittura di Camilleri e degli sceneggiatori, la regia di Alberto Sironi, il team produttivo della Palomar e di Rai Fiction, e naturalmente l’interpretazione sempre più coinvolgente di Luca Zingaretti, accompagnato questa volta, oltre che dalla sua squadra, da una Livia impersonata da Sonia Bergamasco”.
“‘Una faccenda delicata’ è il Montalbano più visto di sempre – ha sottolineato il direttore di Rai Fiction – in assoluto la fiction più seguita degli ultimi anni, con una platea ampia e varia. Il siciliano di Vigata ha conquistato tutta Italia, dal 41% del Nord Ovest fino al 49% delle Marche, dal 45% del Lazio al 48% della sua Sicilia. Hanno scelto Montalbano il 47% dei laureati, il 34% tra i titolari di abbonamento alla pay-tv. Sono cifre – ha concluso Andreatta – che hanno pochi paragoni a livello europeo“.
 
 

Lettera43, 1.3.2016
Montalbano siaaamo: il perché di un boom
Nel Commissario Montalbano c'è una sorta di eccedenza estetica ed è l'agrodolce sicilianità del prodotto

Solo un numero per dire tante cose: Trentanove(per cento), e lo si scrive in lettere cosi che faccia più impressione: è il numero di share (per certi versi prevedibile) del successone del commissario più famoso della televisione, prodotto da Rai-Palomar salito in questi anni nell'olimpo dei record catodici accanto - per ricordare il passato - ai colleghi Corrado Cattani-Michele Placido (La Piovra) e Giovanni Rocca- Gigi Proietti .
Dai dati sugli ascolti non c'è storia ne concorrenza: il serial nato dalla penna di Camilleri raccontati da Sellerio, non solo batte muri di gradimento simili alle partite di Champions League o al festival di Sanremo ma tiene sul divano varie fasce di pubblico.
Insieme a Don Matteo, il Commissario made in Vigata possiede quella forza narrativa rassicurante tipica della favoletta della buona notte (Aldo Grasso) per cui alla fine il bene trionfa sul male, il nero del crimine apparentemente vinicitore lascia spazio al giallo oro della giustizia. La ripetitività - titpica del serial - consente allo spettatore di auto-somministrarsi questa dose di speranza contro il logorio della vita politica (mio lapsus pensando ai talk show?)
Del perché di un boom del genere credo si possa dire che nel Commissario Montalbano c'è una sorta di eccedenza 'estetica' quale è la sicilianità spiccata del fenomeno, il sapore agrodolce di tutto il prodotto con giochi di contrasto sociali e morali davvero interessanti. Montalbano poi è attualmente l'unico esempio di 'strana serialita'', un ibrido riuscito di film (girato in qualità a 35 millimetri come un lungometraggio) e con gli elementi dello storytelling seriale (attorno a Montalbano e al delitto di turno galleggiano personaggi surreali dai tratti manieristi)
In questo microcosmo di barocco siciliano, con il mare agitato, il sole caldo, seduti a tavola davanti agli spaghetti allo scoglio e il fritto di calamari con il limone e mai separati da un calice di vino bianco (un must senza citare le etichette), tutti i co-protagonisti si permettono di rimanere placidamente se stessi, funzionano diciamo anche da fermi - come dormire in una pennica del meriggio siculo, appunto.
Ad agitarsi solo l'animo di Montalbano, l'uomo votato al bene che offre persino i sentimenti, tormentato, adrenalinico, in un va e vieni dal commissariato, al telefono con la questura, confuso e felice in macchina mentre si sposta, cerca, trova, perde magari un pezzo ma lo ritrova, costruisce il mosaico del delitto, lo risolve. Un tormento continuo e allo spettatore basta così sia leggendo i racconti del Camilleri che ammirando la regia di Alberto Sironi.
E questo contrasto di quiete turistica dalle infinite stelle trivago opposto all'agitazione emotiva di Montalbano ci viene offerto in ogni stagione in tutta la sua barocca bellezza: e noi come putti serafici sappiamo di vincere le insidie dei demoni. E' il miracolo di Vigata, ragazzi!
Giuseppe Trapani
 
 

BlogSicilia, 1.3.2016
La ritica alla prima puntata
Sbanca tutti negli ascolti ma il nuovo Montalbano non convince nessuno

Montalbano è tornato. E’ un po’ come rientrare a casa dopo una lunga assenza e ritrovare i nostri amuleti, le piccole cose di tutti i giorni ma anche qualche crepa nelle pareti.
Andrea Camilleri assomiglia a se stesso ma è un se stesso un po’ stanco.
Questo suo “Una faccenda delicata” sta in piedi per il mestiere sotteso: la scrittura non possiede i guizzi a cui eravamo abituati, i dialoghi sono in parte retorici e soprattutto virano spesso sullo scontato andante e sull’abuso del dialetto, l’impianto della storia sarebbe accettabile ma i limiti di scrittura lo penalizzano.
Nel tentativo di rimescolare un po’le carte la sceneggiatura sposta i pesi di alcuni interpreti regalando a Catarella uno spazio eccessivo che il personaggio utilizza unicamente in chiave surreale (la sua). In questo racconto Catarella non rimane più appeso alla porta dell’ufficio di Montalbano ma in compenso dilaga fino a mettere lingua (la sua) nell’indagine. Una centralità forzata a scapito, ad esempio, della riduzione del ruolo dell’ispettore Fazio o di quello del vice commissario “Mimi” Augello ridotto a dare corpo e voce alla sessuomania macchiettistica del suo personaggio.
Sergio Albergoni
 
 

Cinematographe, 1.3.2016
Il Commissario Montalbano: il ritorno da record del poliziotto di Vigata

Le molteplici produzioni di fiction poliziesche italiane come Squadra Antimafia, RIS, Non uccidere o l’Ispettore Coliandro, hanno fatto ben capire quanto il pubblico italiano sia affezionato a questo genere cinematografico. Prima che diventasse un fenomeno di tendenza, però, nel 1998 nasceva il Commissario Montalbano, basato sui romanzi del noto scrittore Camilleri.
Le vicende del Commissario Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, si svolgono a Vigata, un piccolo paesino immaginario della Sicilia, i cui abitanti parlano un dialetto inventato a metà tra l’italiano e il siciliano. All’interno dell’apparentemente tranquilla cittadina, in un commissariato, lavora Salvo, un uomo diviso tra rapporti lavorativi e confidenziali con i suoi colleghi in particolar modo con Mimì e con la fidanzata Livia.
Il segreto del successo di questa fiction, amata da quasi 10 milioni di spettatori, è la semplicità della figura di Montalbano, in grado di coinvolgere gli spettatori attraverso la sua curiosità e il suo stile di vita abitudinario composto da un piccolo mondo perfetto.
Nonostante l’aumento costante del successo, tre anni fa la serie venne interrotta. Lo scorso anno la Rai Fiction propose Il Giovane Montalbano, interpretato da Michele Riondino.
La serie è un tuffo nel passato del commissario siciliano: dai suoi primi sogni alla frastornata relazione con Livia, rappresentato nella solita trama classica caratterizzata da un ritmo eccessivamente sostenuto e un ottimo cast, proprio come in ‘Montalbano Senior’.
Elementi presenti anche in Il Ritorno del Commissario Montalbano, andato in onda il 29 febbraio alle 21:10 su Rai Uno.
Parlare di ritorno per le serie televisive spesso è significativo perché stabilisce una rottura di qualcosa e l’inizio di un’altra, ma non si può parlare di questo per il nuovo commissario Montalbano. Certamente Salvo è cambiato poiché è meno aggressivo e più pacato sopratutto con i suoi colleghi, maggiormente gratificati, ma la ricerca di una famiglia resta. Il rifugiarsi dopo il lavoro nella sua casa, tra le braccia sempre presenti di Livia, designano l’atmosfera provinciale tipica. La stessa Livia (Sonia Bargamasco) nonostante sia più sensuale, ha rimosso il suo carattere indipendente e forte, ora è semplicemente al servizio di un uomo a cui badare e da proteggere.
Neanche lo stile narrativo riesce a movimentare la malinconia che incombe sui personaggi. I casi trattati nei primi episodi sono a sé stanti e privi di azione, pur trattandosi di temi attuali come la pedofilia e prostituzione.
Peccato che le nuove location scelte, le varie inquadrature dal basso verso l’alto e il montaggio ritmico non servino a introdurre novità per una serie italiana quasi storica ma troppo conservatrice.
Giulia Meucci
 
 

La vita in diretta, 1.3.2016
Montalbano, il record storico
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Universidad de Málaga, 2.3.2016
IV Seminario sobre la obra literaria de Andrea Camilleri

La realización conjunta del IV Seminario sobre la obra literaria de Andrea Camilleri en secciones distintas, pero coordinadas en un único programa que tendrá lugar en las ciudades de Cagliari, Barcelona y Málaga (entre febrero y mayo de 2016), vuelve a proponerse con la intención de reunir a expertos de reconocido prestigio alrededor de la obra literaria de Andrea Camilleri (Porto Empedocle, Italia, 1925). Por su alto valor literario y lingüístico, por sus constantes referencias a la realidad histórica, cultural y civil de la isla de Sicilia, y de Italia, por la globalidad que atrae a muchos lectores de todo el mundo, por sus interesantísimos valores etnológicos y antropológicos, la obra de Camilleri es sin duda merecedora de estudio e investigación continua. Los resultados que de ella se desprenden podrían orientarse también hacia diferentes campos, tales como la filología, la literatura, la lingüística, la historia del arte; y además, la historiografía, la geográfica y por último, pero no por ello menos importante, la sociología y la traductología.
En este sentido, hemos considerado oportuno repetir un seminario camilleriano en la capital de la Costa del Sol, en la Universidad de Málaga, por segundo año consecutivo. Es nuestra intención proponer un encuentro que sea la continuidad de la experiencia de 2015, pero al mismo tiempo también ocasión para nuevas reflexiones, nuevos conocimientos, en la medida en la que podamos seguir uniendo cuantas más disciplinas posibles alrededor de la figura y de la obra literaria de Camilleri.
La edición del IV Seminario sobre la obra literaria de Andrea Camilleri de 2016 quiere ofrecer, en definitiva, una visión interdisciplinar, quiere poner en contacto diferentes aproximaciones, como las que aportan el cine y de las ciencias forenses y criminalísticas, quiere extenderse, quiere asomarse a límites hasta ahora inexplorados de la lengua, de la cultura y de la literatura europea, todo ello en un contexto amplio, sin perder de vista a Andrea Camilleri, sus enseñanzas, en una óptica mediterránea y en el intento de construir sólidos puentes entre culturas.
Lugar: Salón de Actos del Rectorado
Fecha: del 3 al 5 de mayo de 2016
Programa
Inscripción
 
 

La Repubblica, 2.3.2016
Il commento
“Montalbano sono...”
Il padrone della tv

Piace perché imperfetto
Il commissario sfiora l'audience di Sanremo
Ma quale tv del futuro lui piace così

Avvinti a Montalbano, in undici milioni — di media. Il Commissario dei sogni torna in tv e la platea televisiva perde ogni ritegno. Tutti addosso a Luca Zingaretti e ai suoi, per il più alto ascolto di sempre della serie tratta da Camilleri — che è iniziata nel 900, per dire, anche se era l'ultimo anno del secolo. Tutti vorrebbero tornare e trovare un'accoglienza simile: e in Rai, a RaiUno soprattutto, prendono atto, Sanremo, Don Matteo e Montalbano: per un grande ascolto ci vuole un grande appuntamento, che sia fatto in quel modo, popolare, rassicurante, fedele, amico. Con tanti saluti alla tv che cambia, o dovrebbe.
Era, peraltro, Una faccenda delicata, uno degli episodi più aggrovigliati di sempre. C'era dentro una storia parallela di finta pedofilia che passava spegnendosi e basta.
Il ritmo era tirato per le lunghissime. E infine si cedeva anche alla tentazione dei molti sottofinali con più colpevoli possibili - che sai benissimo che non può essere quello l'assassino perché sono ancora le 23 e manca mezz'ora alla fine.
Niente, Montalbano è: quindi il popolo tv si assiepa e non vuole sentire ragioni. Che poi le ragioni girano semmai in favore del successo: episodi centellinati, stavolta soltanto due, nessuna sorpresa spiazzante, al massimo cambia l'attrice-fidanzata e arriva un volto molto conosciuto come Sonia Bergamasco - dai dieci milioni al cinema con Checco Zalone agli undici milioni in tv. Catarella è tutti noi, fessacchiotto ma che risolve il caso, Fazio è tutti noi - saprebbe sbrigarli in due minuti questi omicidi con il suo puntiglio, ma esigenze superiori lo collocano in seconda fascia - Mimì Augello è tutti noi, ha messo la testa a posto certo, come no, e al primo stormir di sottana chi lo tiene più. E lui, il Commissario più improbabile del mondo, nello scenario più irresistibile e impossibile del mondo, mare, terrazze: va in vacanza e la stanza d'albergo è uguale a casa sua, con terrazza, l'auto sgomma dentro vie deserte e parcheggia dove gli pare, sempre, lui Zingaretti che di nuovo nuota - e forse è la prima nuotata ripresa una volta sola anni fa, ma conta quanto è sexy uscendo dall'acqua a caccia di asciugamano: appunto Zingaretti, che gli vuoi dire?
Il resto lo fa il clima in giro, segnalato da mesi: tutti che si affannano a rinforzare la tv del futuro, cose stra-glamour in giro, esibizioni twittatissime ovunque, per non dire delle serie tv Usa da urlo, bellissime, clamorose. Quando sono in un milione e mezzo di fronte, è tanto: mentre invece il tempo incerto là fuori, le ansie, le frustrazioni e le paure, il credere o non credere a chi ti vende un futuro decente, creano un casino emotivo che reclama rassicurazioni per il grande pubblico che alla fine conterà pure qualcosa. E allora, per compattarlo tutto intero, basta un Sanremo centralizzato su Carlo Conti, basta Don Matteo che la fa in barba ai Carabinieri, fermo restando che anche i carabinieri scoprono il colpevole, ma il Don - come dice Frassica - ha agganci in alto e lo scopre un minuto prima. E basta l'epopea di Montalbano che hai letto nei libri del Camilleri che sa anche intrigare assai e che approda in tv nella versione che tutti vogliono e aspettano. Quelli della nuova dirigenza Rai dicono: il pubblico ha esigenze nuove, bisogna cambiare parecchio se non tutto. Andarglielo a spiegare agli otto milioni, undici milioni, quindici milioni che si radunano solo per queste cose non sarà semplicissimo.
Antonio Dipollina
 
 

La Repubblica, 2.3.2016
Batte ogni record d'ascolto, ha un pubblico fedele, piace alle donne. Il commissario creato da Andrea Camilleri, interpretato da Luca Zingaretti, ha conquistato gli italiani. Sarà perché ha tutti i pregi e tutti i difetti di chi lo segue, perché si accontenta di quello che ha ed è un uomo di legge fuori dagli schemi
Fenomeno Montalbano
Leale con i suoi uomini innamorato del lavoro pensò di lasciare la polizia dopo il G8
Ha sedotto il pubblico femminile anche se è un po' orso, sceglie di stare solo, tiene Livia a distanza

Come le grandi partite della Nazionale, come il festival di Sanremo, il commissario Montalbano unisce l'Italia davanti alla tv: quasi 11 milioni di spettatori, lo share che sfiora il 40%. Batte se stesso: il record - del 2013 - lo ottenne con Una lama di luce: 10 milioni 715 mila spettatori e il 38,13% di share. Pubblico femminile in prima linea, 44%, gli spettatori della serie diretta da Alberto Sironi sono di tutte le fasce sociali, ma spiccano la classe impiegati e professionisti, oltre il 40%. La carta geografica non ha confini se la percentuale del Nordovest è il 40% e il Sud il 42%, e pazienza se in molte case, in Brianza, seguono le avventure del commissario sulla pagina 777 di Televideo coi sottotitoli.
Nei pregi e nei difetti, il commissario interpretato da Luca Zingaretti è un italiano in cui milioni di italiani si riconoscono, da Nord a Sud. «Il segreto del racconto televisivo» dice il produttore Carlo Degli Esposti, che realizza la serie con Rai Fiction «nasce dalla letteratura. Con la scrittura di Andrea Camilleri e il suo eroe ci sovrapponiamo a Maigret, al tenente Sheridan, e raccontiamo l'evoluzione del paese. Esattamente come Don Matteo si sovrappone a Padre Brown, a Peppone e don Camillo. Zingaretti come Gino Cervi, dà vita a un grande personaggio letterario sbarcato in tv. Vince la serenità della fruizione collettiva, quando una serie è vista da tante persone parla a una community, è come far parte della stessa fila fuori da un museo». La serie è curata nei minimi dettagli, Sironi sceglie gli attori - anche per i piccoli ruoli - a teatro, i dialoghi sono perfetti. Riassumiamo in sette punti i segreti di un successo da record.
SALVO, L'UOMO IDEALE (E IMPERFETTO)
Il fascino del commissario sta nella sua solidità, nel suo essere siciliano, macho vecchio stile e un po' micio, all'occorrenza. Uomo medio che piace, deciso e sornione allo stesso tempo, Zingaretti è rassicurante: desidera quello che ha, non sgomita sul lavoro, non sogna l'ultimo cellulare che fa il caffè. Lo tentano vedove fascinose e stangone svedesi, tiene la fidanzata Livia (Sonia Bergamasco) a distanza, corteggia le donne - tutte - senza cedere fino a La vampa d'agosto. Dopo 14 film, otto anni fa, s'invaghisce di una ventenne. Appare così turbato che il fido ispettore Fazio (Peppino Mazzotta), lo mette in guardia: «Commissario, ci pensasse buono, in tutti i sensi». Montalbano ci pensa buono dieci minuti, poi si tuffa in acqua e raggiunge la sirena. Se nei libri Montalbano è un uomo stanco, invecchiato e fa i conti col pensiero della morte, in tv non invecchia ma fa i conti con se stesso. L'unico punto fermo della sua vita è Adelina, la governante cuoca. Nella migliore tradizione meridionale.
LA SQUADRA
Forse per un commissario è più un guaio che una benedizione avere come braccio destro Mimì Augello (Cesare Bocci), fiuto investigativo non pervenuto, femminaro impenitente, prototipo del Don Giovanni. Ma l'uomo è simpatico e Montalbano è al fianco dei suoi, sempre. Sia quando copre Mimì che s'infila nel letto delle testimoni, che quando cerca di decodificare gli improbabili messaggi di Catarella (Angelo Russo). Fazio, con le sue tasche piene di pizzini, è l'unico su cui può contare, a cui non ha bisogno di spiegare niente. Montalbano non esisterebbe senza i suoi uomini e loro, senza di lui. «Ha due coscienze» dice lo scrittore «una è rappresentata da Catarella - non pare ma Catarella ha un peso affettivo e effettivo su Montalbano - e la coscienza vera è Livia. Come si fa a sposarsi con la propria coscienza? Meglio svegliarla a tratti, per telefono».
LIBERO CITTADINO
Montalbano è un uomo di legge, un commissario innamorato del suo lavoro, ma non è servo in testa. Non s'inchina davanti al potere (memorabili le liti col questore) e ha un forte senso di giustizia: è forte con i forti, debole con i deboli. Come la pensa, Camilleri lo fa capire chiaramente nel Giro di boa. Un poliziotto che ha visto quello che è successo a Genova durante il G8 «che fa, può far finta di niente?». E Montalbano annuncia a Livia di volersi dimettere. «Io non mi sento tradito. Io sono stato tradito». Catarella è agitatissimo quando trova i muri del commissariato coperti di insulti: «Hanno scritto sbirri farabutti. Mi arrabbio perché nessuno, qui dentro, è farabutto o assassino. A cominciare da lei e per finire con me, che sono l'ultima ruota del carretto». Montalbano si sfoga: «Me ne voglio andare. Ad assaltare la scuola, in quella caserma, a fabbricare prove false, false!, non c'è stato qualche agente isolato, ignorante, violento... no! C'erano questori, vicequestori, capi della Mobile e compagnia bella.... Mi sono amminchiato ». Sì, è avvilito. Ma non lascia.
I LUOGHI
I paesi del ragusano, giardini di pietre bianche, fanno da sfondo ai film: luoghi metafisici, svuotati dalle auto. Dal 1999 a oggi è nato un turismo intorno Montalbano. I luoghi immaginari creati da Camilleri (Vigata, Marinella, Montelusa, la Mannara), sono stati ricreati da Sironi e dalla scenografo Luciano Ricceri nella provincia di Ragusa, Scicli, Modica, Comiso, Vittoria, Ispica e Santa Croce. Ma altre scene sono state girante a San Vito Lo Capo e alla Riserva dello Zingaro (Trapani), a Tindari (Messina), Favignana e Siracusa. Nel 2002 otto comuni del Val di Noto sono stati inseriti dall'Unesco nella lista dei beni Patrimonio dell'Umanità. E chi vuole può dormire a casa Montalbano e fare colazione sulla terrazzetta a Marina di Ragusa.
LE DONNE
«No, non è misogino». Camilleri lo ripete alle lettrici che gli chiedono spiegazioni. Ma il dubbio resta. Montalbano non sceglie e non scegliendo, in realtà, sceglie di stare solo. Sembra essere intimorito delle donne, da cui è irresistibilmente attratto e che attrae come una calamita. Livia è lontana, non avranno figli, e forse segretamente ne soffre. Nell'Età del dubbio è il tenente Laura Belladonna (Isabella Ragonese) a farlo vacillare. Intelligente, sensibile, lo colpisce al cuore. Nel dubbio che Salvo possa cedere, Camilleri la fa morire.
LA CUCINA
Per Montalbano il cibo è vita, amore, cultura, puro piacere. Dagli arancini ai pruppiteddi alla caponatina è un buongustaio coccolato dalla cammarera Adelina; da Calogero in trattoria («Un diavolo in cucina, mi costringe a peccare») e dal successore, l'oste Enzo. Quando Livia tenta esperimenti gastronomici lui dà appuntamento a Adelina che gli porta una bella teglia di pasta ‘ncasciata. Non è mancanza di fiducia, ma meglio andare sul sicuro.
I GIALLI
Non sono solo gialli. È vero sì, Montalbano indaga, ma Camilleri racconta un mondo: mafia, intrecci sentimentali, segreti di famiglia, scelte sbagliate pagate a caro prezzo. La vita, come viene, e la Sicilia misteriosa dei racconti che si tramandano. Una lingua meravigliosa, storpiata da Catarella che ripete «di pirsona pirsonalmenti». «La nascita del commissario Montalbano è del tutto casuale...» ha spiegato lo scrittore «Feci una scommessa con me stesso: "Ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z come Dio comanda... trecento pagine o quelle che sono, e poi la fine?". Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi, a ricercare una gabbia. Ricordavo che Sciascia aveva scritto: "Il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore possa mettersi, perché ci sono delle regole"». Seguendo le regole, è nato il mito. Elvira Sellerio ebbe l'intuizione che i gialli sarebbero stati perfetti per la tv: il fenomeno Montalbano dalle pagine prendeva vita, diventando un fenomeno televisivo unico in Europa.
Silvia Fumarola
 
 

La Stampa, 2.3.2016
Montalbano, la "Pretty Woman" d'Italia

Undici milioni di telespettatori, 40 per cento di share. Cifre d’altri tempi. O dell’ultimo Festival di Sanremo. La vecchia tv generalista, che tutti davano per morta, era evidentemente solo svenuta. Quando si incrociano storie, protagonisti, interpreti, abitudini e professionalità, è possibile (non sicuro, ma possibile) che si acchiappi un pubblico trasversale, il colto e l’inclita, e arrivino questi risultati. Due le nuove avventure del commissario Montalbano: nella prima, «Una faccenda delicata», introdotta l’altra sera su Rai 1 dallo stesso Camilleri, viene uccisa un’anziana prostituta: con calma ritmata il poliziotto Luca Zingaretti e la sua squadra risolvono il caso. In fretta e piano, svelti e lenti, l’espressione stessa della contraddittorietà della vita che il regista Alberto Sironi sa ben rendere.
E’ arrivata un’altra fidanzata Livia, Sonia Bergamasco, e lo spettatore assiste a un ammorbidimento dei rapporti: come se le «vecchiaglie», che nei libri Montalbano detesta e paventa, lo avessero invece reso più malleabile. La fidanzata si mette persino a cucinare con l’acerrima nemica, la cameriera Adelina. E si presenta con un cagnolino, Selene (nome vero, Polpetta): gattini e cagnetti del web ci dicono quanto attirano gli animali, ed ecco che qui ne compare uno, da compagnia, mica Rex. Il commissario accompagna lo spettatore dal 1999, successo porta successo, anche le repliche sono sempre le prime in classifica: Zingaretti è la vera «Pretty Woman» italiana.
Alessandra Comazzi
 
 

La Sicilia, 2.3.2016
Ascolti al top, secondo dopo Sanremo
Montalbano torna, fa record e batte pure se stesso
Boom. Quasi 11 milioni di italiani hanno ritrovato il commissario

Roma. Un eroe vecchio stampo, modi spicci e ironia ficcante, stazza mediterranea e gambe arcuate, che ha a malapena imparato a inviare le foto con lo smartphone. Una perfetta macchina macina-ascolti, complici la terrazza sull'infinito di Marinella, la pasta 'ncasciata di Adelina, i pizzini minuziosi di Fazio, l'inguaribile passione per le donne di Mimi Augello, l'irruenza pittoresca di Catarella. E il fascino aristocratico di Sonia Bergamasco nei panni dell'eterna fidanzata Livia.
Montalbano torna e fa record superando se stesso: quasi 11 milioni di italiani (10 milioni 862 mila), pari al 39.06% di share, hanno ritrovato lunedì su Rai1 il commissario ideato da Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti nel primo dei due nuovi episodi, Una faccenda delicata.
Un risultato che unisce l'Italia (si va dal 41% del Nord Ovest al 48% della Sicilia) e premia la fiction prodotta dalla Palomar di Cario Degli Esposti con Rai Fiction in tutte le fasce di pubblico, con punte del 47% tra i laureati, del 34% tra gli abbonati alla pay tv e del 40% sui giovanissimi (4-7 anni) grazie al tam tam sui social network.
Il record proietta Montalbano nell'olimpo Auditel di quest'anno - considerando la migliore performance di ciascun titolo - dietro soltanto alla finale del Festival di Sanremo.
La classifica dei programmi più visti, infatti, vede al primo posto Sanremo (su Rai1 la serata del 13 febbraio), con 11.222.828 spettatori (52,5% di share), al secondo posto Montalbano, Una faccenda delicata (Rai1, lunedì 29 febbraio), 10.861.599 (39,1%); quindi un'altra serie molto amata, Don Matteo 10, La colpa (sempre Rai1, picco d'ascolti lo scorso 7 gennaio), 9.7676.956 (33,9%) 4); lo sport con la Coppa Italia, Juventus-Inter (Rai1, 27 gennaio) 7.859.340 (27,7%); ancora una fiction Luisa Spagnoli (Rai1, 2/2), 7.773.037 (29,8%).
Questa invece la top ten degli episodi di Montalbano più visti, in milioni di spettatori, dalla prima puntata del 6 maggio 1999 su Rai1 : 1) Una faccenda delicata (2016), 10.862.000 (39,06%); 2) Una lama di luce (2013) -10.715.000 (38,1%); 3) Una voce di notte (2013) - 10.223.000 (36,43%); 4) // gioco degli specchi (2013) - 9.948.000 (35,17%); 5) Gli arancini di Montalbano (2002) - 9.892.000 (34,44%); 6) Il gatto e il cardellino (2002) - 9.795.000 (32,83%); 7) Il sorriso di Angelica (2013) - 9.630.000 (34,2%); 8) Il campo del vasaio (2011) - 9.561.000 (32,61%); 9) Il senso del tatto (2002) - 9.352.000 (33,52%); 10) L'età del dubbio (2011) - 9.295.000 (32,46%).
Lunedì prossimo andrà in onda La piramide di fango, una storia di corruzione nel settore dei lavori pubblici, poi ai primi di aprile Zingaretti tornerà sul set per girare i due nuovi episodi, Come voleva la prassi e Un covo di vipere.
Intanto Degli Esposti gongola: «Sarò megalomane, ma mi aspettavo questo risultato. Sono convinto che Montalbano sia eterno. E vado fiero anche del risultato industriale: Rai Pubblicità ha pianificato ieri oltre 13 minuti di spot in quattro break, un carico ben superiore a quello di altri titoli, che probabilmente ci ha tolto uno o due punti di share. Eppure abbiamo fatto record lo stesso, e gli investitori continueranno a cercare Montalbano in qualsiasi spazio del palinsesto».
Angela Majolo
 
 

Il Giornale d’Italia, 2.3.2016
Montalbano sono. Ma un po’ invecchiato
Esordio col botto. Però Zingaretti e Bocci paiono svogliati e la nuova Livia non convince del tutto

Subito una partenza con il botto per il commissario Montalbano: “Una faccenda delicata”, il primo dei nuovi episodi andato in onda lunedì scorso, ha fatto quasi 11 milioni di spettatori su RaiUno (10.862.000 per l’esattezza). Ma in verità sarebbe stato strano il contrario: da tre anni del commissario di Vigata andavano in onda solo repliche e, se hanno successo queste, figuriamoci gli attesi, nuovi episodi. Per dire: anche se Angela Lansbury-Fletcher avesse voglia di tornare a 91 anni davanti ad una macchina da presa, pure i nuovi episodi della signora in giallo farebbero faville.
Ma ovviamente qui non si vuole sminuire la potenza di Montalbano. E soprattutto la sua efficacia sul piccolo schermo (dei libri in verità non sapremmo dire: Camilleri non è in cima alle nostre simpatie da lettori) e anche la trama di questo primo dei nuovi episodi ha tenuto sapientemente incollati davanti alla tv, tra continui colpi di scena e una regia solo apparentemente soporifera, per non parlare poi dei soliti fantastici paesaggi della Trinacria ragusana.
Piuttosto, è l’incedere del tempo che un po’ va segnando attori e personaggi. Il che, per carità, li rende anche più credibili. Però, insomma: si sentono tutti i sette anni passati dai primi episodi (compreso l’intermezzo altrettanto interessante del ‘Giovane Montalbano’ con Riondino e la Felberbhaum) sulle spalle e le gambe larghe, da calciatore anni Settanta, di Luca Zingaretti: un po’ imbolsito, dalla recitazione a tratti anche un po’ svogliata. Come dire: tanto il personaggio Salvo va avanti da solo, e se anche dicessi una serie di ‘minchiate’, al pubblico andrebbe bene lo stesso.
Così succede anche per Mimì Augello, il vice di Montalbano, amico e collega perennemente sfotticchiato dal capo: Cesare Bocci – che pure è caratterista niente male, come palesato anche nella fiction “Un’altra vita” - continua ad impersonarlo, ma televisivamente ci pare anche lui ‘appesantito’, anche lui svogliato, sempre più succube del commissario capo e costretto nel solito ruolo di belloccio che oramai deve aver passato tutte le fanciulle in fiore e signore in carne di Vigata e dintorni.
Nel commissariato, poi, si agita sempre il simpatico Catarella: ma anche in questo caso, potremmo chiamarlo pure noi “Catarellaaaa” dal salotto di casa, e sentirci rispondere con le solite battute, divertenti finché non stancano.
Igor Traboni
 
 

Il Fatto Quotidiano, 2.3.2016
Sciò Business
Il commissario Montalbano, 39% di share: record tra le donne. E così scende Quinta Colonna

Come ha scritto Domenico Naso su Il Fatto.it, il risultato ottenuto da Montalbano al suo rientro su Rai 1 è notevole oltre ogni misura e palesemente deriva dalla “perfezione” del personaggio scritto, sceneggiato e recitato. Basti guardare all’indice della “fedeltà d’ascolto”, da cui apprendiamo che ogni spettatore si è visto in media due terzi delle due ore di durata complessiva del programma, nonostante i varchi pubblicitari pronti a far fuggire chi si fosse appena un po’ annoiato.
Il record c’è tutto, non nel numero degli spettatori, che anzi, a voler pignoleggiare, i 10,862 milioni dell’altra sera sono pari, anzi, sono di un soffio al di sotto (-17.000) rispetto a quelli ottenuti a maggio 2013 dall’episodio “La lama di luce“. Ma la percentuale sul totale della platea serale della tv è invece aumentata dal 38,2% al 39,1%, quasi un punto, che in prime time vuol dire parecchie centinaia di migliaia di spettatori in più. È successo in sostanza che il già fortissimo Montalbano ha trovato al suo rientro un contorno concorrenziale indebolito. Chi ci ha rimesso di più è stato il talk show politico versione Del Debbio (Quinta Colonna) che dinanzi al Commissario ha arretrato dall’usuale 6 e passa per cento a un pallido 4 virgola. E qui il nazional popolare ha battuto il nazional populismo.
Il di più di ascolto del Montalbano più recente è dovuto nel complesso alle donne. Ma nel pubblico femminile si è verificata una radicalizzazione generazionale: nonne e nipotine più piccole, che spesso sono complici nella manovra del telecomando, aumentano parecchio, mentre le generazioni intermedie, dagli otto ai 44 anni, registrano qualche flessione, anche marcata. E comunque si attestano su share del 25% mentre le altre si piazzano dal 40% al 55%. Sarà che questo Montalbano, che non solo è un maschio alfa, ma che fa sentire le compagne tanto seduttive quanto pazienti, rappresenta davvero il marito ideale che ogni madre avrebbe voluto per la propria figlia in luogo di quello esistente, per non dire di quello sprofondato nella poltrona accanto. E i maschi se ne sono accorti, tanto che non c’è fascia d’età che non conceda al Montalbano ultimo un po’ meno che a quello precedente.
Sottigliezze, si dirà, rispetto alla conferma di un successo clamoroso. Ma ogni viaggiatore di statistiche sa che quel che conta non è la dimensione, ma la differenza; non il totale, ma la tendenza. E dunque qui il senso è che i maschi rispetto a questo Zingaretti (oltretutto, da ultimo, a torso nudo e abile e deciso nello sfilare i pantaloni alla partner, ma senza in realtà dipenderne tant’è che sa volgersi immediatamente ad altro) cominciano ad essere un po’ seccati. Forse gelosi, forse invidiosi.
Stefano Balassone
 
 

Leggo, 2.3.2016
Montalbano vola, alla decima stagione sfiorati gli 11 milioni di spettatori

Roma - Un successo senza paragoni, che non conosce flessioni ma anzi cresce con il tempo.
Mentre gli altri programmi tv devono fare i conti con la frammentazione degli ascolti determinata dal moltiplicarsi dei canali free del digitale terrestre, Il commissario Montalbano è riuscito lunedì scorso, con il primo dei due episodi inediti di questa decima stagione, Una faccenda delicata, a battere se stesso: a seguire la nuova avventura del burbero poliziotto nato dalla penna di Andrea Camilleri e interpretato da Luca Zingaretti sono state ben 10.862.000 persone, pari al 39,06% della platea televisiva. «È un prodotto di alta qualità – spiega Giorgio Simonelli, esperto di tv – c'è il paesaggio che conta ancora molto, c'è Zingaretti e soprattutto c'è la storia: il segreto di questo successo è Camilleri, che riesce a fare un grande discorso filosofico sul male del mondo in maniera non noiosa e nemmeno pretenziosa come fanno gli americani, conservando una buona dose di ironia. E infine certamente è molto sapiente la distribuzione perché non c'è troppo ma allo stesso tempo quando non c'è non sparisce, perché vanno in onda le repliche».
«È molto bello vedere come un prodotto molto curato dal punto di vista della creazione, della qualità degli attori, della scrittura riesca ad avere una stagione che, pur non essendo certo la prima, registra il più alto risultato dagli esordi della sua storia – ha commentato il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto – Quando c'è qualità i prodotti hanno una vita molto lunga». Una vita lunga e, in questo caso, anche internazionale, se pensiamo che la Rai è riuscita ad esportare Montalbano in ben 65 paesi del mondo, tra cui gli Stati Uniti, di solito piuttosto chiusi nei confronti delle produzioni estere, l'Australia e persino l'Iran.
Donatella Aragozzini
 
 

Globalist, 2.3.2016
Le penne del pavone Rai per il successone di Montalbano
Quale sarà il futuro di una serie più di successo della Rai? Gli ascolti hanno raggiunto gli undici milioni

Il commissario di Vigata funziona talmente bene che ha costretto Luca Zingaretti a tornare sui suoi passi e a ricoprire nuovamente i panni dello straordinario personaggio creato da Andrea Camilleri. Sapiente e colto confezionatore di ruoli e di ambienti in cui anche i personaggi minori esprimono caratteristiche e suggestioni non comuni per ciò stesso subito popolari e accattivanti. Si pensi al mitico Catarella, al vice commissario Mimì "fimminaro" alla Brancati, continuamente alle prese con qualche nuova fiamma, al collaboratore più stretto e fidato del commissario, l'ispettore Fazio, che riceve le ricerche e gli incarichi più delicati e urgenti oltre a tutte le figure più o meno rilevanti che popolano e animano la fiction in modo sempre efficace. Il ritorno del bravo Zingaretti dopo tre anni di volontario "esilio", quasi non potesse più sopportare un ruolo divenuto faticoso e stereotipato, non è stato solo un successo ma un successone.
Gli ascolti hanno raggiunto gli undici milioni con recensioni e giudizi favorevoli da ogni parte, un risultato che non ha precedenti a livello europeo. Anche la nuova compagna, l'eterna fidanzata Livia si è incastrata benissimo nel nuovo ruolo. Oltre l'indiscutibile bravura di Luca Zingaretti c'è la maestria narrativa di Camilleri e la sua lunga esperienza di sceneggiatore tv fin dai tempi di Bernabei.
L'autore agrigentino conosce e ama la Sicilia come pochi, ha una cultura che fa riferimento soprattutto a Pirandello e Sciascia da cui trae ispirazione per costruire trama e personaggi e le stesse ambientazioni con il mare in qualche modo sempre protagonista. Se il ritorno di Zingaretti e Camilleri rappresenta un successo in termini senza precedenti, colpisce la contestuale dichiarazione dell'amministratore delegato Campo Dall'Orto in risposta a quanto dichiarato dal maestro Morricone in occasione dell'assegnazione dell'Oscar. In modo significativo Morricone aveva criticato l'azienda di viale Mazzini denunciando il difficile rapporto degli ultimi anni. Il nuovo direttore della Rai ha fatto proprie le critiche con un gattopardismo di maniera aggiungendo: "spetta al servizio pubblico promuovere il talento nazionale... perché lo ha scritto nel dna". Questo nuovo vertice Rai si riveste di continui richiami al ruolo di servizio pubblico che è solo espressione però di velleitarismo e di alibi.
Per un Montalbano - Camilleri - Zingaretti c'è lo squallore prevalente di una programmazione inadeguata e insufficiente proprio in quella che dovrebbe essere la sua responsabilità di servizio pubblico. Anche per la modestia della programmazione Rai news 24 e di Rai sport, ridotta mediamente a livello di una televisione regionale. Le nomine poi risentono tutte pesantemente di una eccessiva collocazione riconducibile alle esperienze della Leopolda fiorentina. Si salva una vecchia gloria come Antonio Di Bella conferma clamorosa che anche dall'interno della Rai ci sono energie professionali di tutto rispetto, che hanno sempre operato nella logica del servizio pubblico e che potranno egregiamente continuare a farlo.
Si è del resto in una fase in cui dalle unioni civili alle prossime amministrative, dalla Libia al dramma dell'emigrazioni, dalle adozioni ai problemi dell'economia e dell'Europa, dalla scuola all'università sino al delicatissimo referendum sulle riforme costituzionali, sono tutti terreni sui quali sarà chiamata a misurarsi la nuova Rai. Non basta insomma evocare con frequenza il servizio pubblico, ma cercare di praticarlo davvero e purtroppo da quando il nuovo vertice si è insediato non abbiamo assistito a fatti nuovi, significativi e rassicuranti.
NUccio Fava
 
 

Novella 2000, 2.3.2016
Ridotti all'osso
Montalbano is the new Sanremo

Scandalo in Rai: la celeberrima serie tv “Il commissario Montalbano” rastrella quasi 11 milioni di telespettatori, uguagliando il Festival dei record di Carlo Conti. A viale Mazzini non ci si capacita di come sia possibile ottenere un simile risultato senza neanche una bonazza impanata di lustrini, una polemica sull’ospite straniero e senza incespicare nel combinato disposto dei conteggi televoto-giuria di qualità.
Pare addirittura delinearsi all’orizzonte l’ipotesi che, facendo le cose bene, la gente a casa se ne accorga!
Matteo Osso
 
 

Nuovo Sud, 2.3.2016
Ha debuttato lunedì nella serie Tv
Solarino, Davide Amatore attore per Montalbano a 11 anni

È apparso sul piccolo schermo nella serie del commissario Montalbano ed è già una celebrità nel suo paese
Davide Amatore, un ragazzino di 11 anni è già una celebrità a Solarino. Il piccolo infatti ha debuttato nella serie televisiva del commissario Montalbano lunedì sera nell'episodio "Una faccenda delicata", che ha visto uno share del 39% con oltre 10 milioni di spettatori: ascolti da festival di Sanremo o da nazionale di calcio. Davide ha dimostrato un autentico talento nelle scene in cui è apparso, una in particolare, quella relativa al telefonino, dove chiama Montalbano per strada per fargli vedere l'apparecchio che conteneva importanti immagini per il caso che il commissario sta risolvendo.
Il piccolo attore solarinese si è mostrato sicuro e naturale allo stesso tempo, insomma un attore navigato ed abituato alla tensione della cinepresa.
Davide ha la passione del teatro e recita già da alcuni anni nella compagnia solarinese "Nino Martoglio Junior". Papa Salvo ne parla giustamente con entisiasmo e ci racconta anche un aneddoto che ha visto il regista Alberto Sironi chiamarlo direttamente al telefono e manifestargli il suo apprezzamento ed i complimenti per il piccolo Davide, raccomandandosi però simpaticamente di non farglielo sapere.
La comunità solarinese si è dimostrata particolarmente felice del debutto e stringendosi alla gioia della famiglia augura ogni bene e mille successi al piccolo grande attore Davide Amatore.
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Porta a porta, 2.3.2016
Montalbano il commissario dei record
In onda mercoledì 2 marzo 2016 alle 23:10 su Rai1

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A seguire parleremo del ritorno in tv e dell’enorme successo della fiction “Il commissario Montalbano”, giunta quest’anno alla decima stagione. Ospiti in studio gli attori Luca Zingaretti, Cesare Bocci e Peppino Mazzotta, il produttore Carlo Degli Esposti e il regista Alberto Sironi.
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Le avventure del commissario Montalbano
Cliccare qui per vedere il servizio di Paola Miletich
 
 

SiciliaInformazioni, 3.3.2016
La Sicilia di Montalbano ospite di Bruno Vespa. Presto a Scicli, si gira…

C’erano tutti nel salotto di Bruno Vespa a festeggiare il clamoroso debutto della nuova serie del Commissario Montalbano, dal produttore, Carlo degli Esposti, felice come una pasqua, a Luca Zingaretti, il protagonista, e il suo Vice, Mimì Augello, e l’ispettore Fazio, che ormai hanno perso i loro connotati reali, essendo ormai, nell’immaginario collettivo, “solo” i personaggi della serie televisiva di maggior successo di ogni tempo: diciotto anni, una audience strepitosa, nel piccolo schermo in 68 paesi.
Porta a Porta è la piazza, non solo il salotto, in cui si fa festa quando arriva il successo. Una specie di consacrazione, di riconoscimento. Si stappa lo champagne e ci si scambia i complimenti davanti al pubblico dei telespettatori. Con i toni giusti, tuttavia, senza strafare, ma con l’intento di “divertirsi” e divertire.
Carlo degli Esposti, il produttore, ha fatto degli annunci importanti. In primavera si girano altri due episodi del Commissario Montalbano, a Scicli. Il Commissariato, stavolta, torna nella cittadina iblea, dopo un esilio di alcuni anni, che ha costretto la produzione a ricostruirlo a Cinecittà “per la complessità delle cose siciliane”.
Serviranno dieci settimane per produrre due nuovi episodi. La Rai proporrà i due episodi inediti l’anno prossimo, nel 2017. Stesso programma il prossimo anno, altri due episodi inediti, e messa in onda l’anno successivo, il 2018.
Novità, nessuna? Albero Sironi, il regista, gli sceneggiatori, gli attori non cambiano. Squadra che vince non si tocca. “Non ti sei stufato di essere sempre e comunque Montalbano?”, ha chiesto Bruno Vespa a Luca Zingaretti. Quesito impegnativo, che ha provocato la trepidante attesa dei mpresenti. La risposta è arrivata presto. “Il personaggio mi piace, mi diverte, sono stato affascinato dai romanzi di Andrea Camilleri, i suoi gialli sono la metafora della vita…”
“Ti sei chiesto petché è così amato in tutto il mondo questo Commissario così particolare?”, ha incalzato Vespa. “Camilleri ha creato un personaggio cui vorremmo assomigliare tutti gli uomini, e che le donne vorrebbero avere accanto”, ha spiegato Luca Zingaretti. “Montalbano non è in vendita, conduce l’esistenza che ha scelto di avere, il baricentro della sua vita è dentro di sé. Non si può non provare una nostalgia struggente verso questo personaggio…”.
E l’eterna fidanzata, Livia? “Questo rapporto ha guadagnato la giusta dimensione, va bene com’è… Livia è anche la coscienza critica di Montalbano. Il commissario accetta rimproveri solo da lei”.
Alberto Sironi, come Degli Esposti, non ci stava nella pelle per la contentezza. Coccolava con lo sguardo tutti i suoi attori e sembrava pregustare “l’eternità” del Commissario. “I romanzi mi piacquero subito”, ricorda. “Ero a Palermo quando lessi il primo, giravo un film. Abbiamo avuto coraggio. Campi lunghi, senza primi piani. E commedia dell’arte. Fazio e Montalbano parlano come sentono ed io li lascio fare…”.
Proprio così’, sembra incredibile, ma Camilleri è entrato così tanto nel sangue degli attori che interpretano i suoi romanzi, che non hanno bisogno di un copione da seguire. Bisogna andare a Totò ed alla sua spalla storica, Castellani, per trovare un precedente simile.
Carlo degli Esposti ha volato alto. Dice che il Commissario Montalbano fa arrivare un sacco di gente in Sicilia, dà lustro alla cultura italiana ed alla Sicilia, e ci ripaga dei tanti poliziotti improbabili importati in Italia. “Nessuno è come il nostro Commissario, umano e credibile…”
E’ Sarah Scola, vice questore, siciliana, anche lei innamorata di Montalbano, ed ospite di Vespa, a raccontare che in polizia ci sono i Montalbano, ma con la differenza che a differenza del Commissario di Camilleri, non possono “svincolarsi dai pm”. “Nella realtà, la libertà d’azione di Montalbano non esiste, anche perché lui non è tecnologico, noi dobbiamo esserlo… E meno male che c’è Catarella”.
 
 

Corriere della Sera, 3.3.2016
A fil di rete
Recordi di ascolti per Montalbano
Ma nella vita non tutto è audience

La serie con Zingaretti su Rai1 sbanca l’Auditel con scelte rassicuranti, ma il Servizio pubblico dovrebbe essere meno omologato

Proviamo a ragionare su un apparente paradosso: la più modesta puntata di Montalbano finora trasmessa da Rai1 (il rischio che il personaggio interpretato da Luca Zingaretti sfiori la parodia è forte) ha raccolto ben undici milioni di spettatori. In questi casi — com’era già successo con il Festival di Sanremo e con Don Matteo — si dice che il prodotto è rassicurante (ma la bellezza di Montalbano stava proprio nel fatto che le sue indagini e prima ancora la sua scrittura, erano poco rassicuranti), che la tv generalista funziona quando volge il suo sguardo all’indietro, che certe offerte sono vissute come vere e proprie cerimonie sociali, dove non sfigura il prete zoppo (le fragilità estetiche e linguistiche sono assorbire dalla liturgia della visione e la ripetitività diventa un punto di forza).
Tutto vero, tutto giusto. E non saremo certo noi a cadere nell’errore di pensare che a ogni grande successo di pubblico corrisponda un fatale impoverimento dell’offerta (il caso Checco Zalone o il successo editoriale di Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli sono lì a testimoniare il contrario). I tre casi citati hanno comunque qualcosa in comune: sono capaci di creare un piccolo mondo antico, consolatorio; all’autorialità dello stile preferiscono il «brand name» (al pubblico vengono offerti tre marchi consolidati); si affidano all’alta leggibilità (scelta, per altro, non scontata). Ben vengano dunque questi successi di audience, nella speranza però che non costituiscano un alibi.
Perché il compito del Servizio pubblico non è solo quello di lisciare il pelo allo spettatore; questa incombenza spetta se mai alla tv commerciale. Alla Rai si chiede qualcosa di diverso da un secondo polo di omologazione; si chiede di avere «una cifra» che caratterizzi immediatamente i suoi programmi; si chiede di essere all’altezza delle nuove tecnologie e di un’offerta multipiattaforma. Non tutto, nella vita, è audience.
Aldo Grasso
 
 

Il Fatto Quotidiano, 3.3.2016
Televisione
Commissario Montalbano un altro record: Vigata come Sanremo

Gli ascolti non lasciano dubbi: dopo Sanremo c’è Vigata, e anche Montalbano è sempre Montalbano con la sua indolenza sorniona, maestro nell’arte di annacarsi e di incastrare chi deve esserlo. Anche il passaggio dai romanzi di Camilleri ai film diretti da Alberto Sironi funziona così bene perché si basa su granitiche certezze antiche: l’indivisibilità tra Salvo e il suo mondo, il più vero del vero di ogni creatura letteraria; la naturalezza assoluta di Luca Zingaretti; il cerchio magico dove il vice Augello vede più lungo di Alfano e il piantone Catarella è più fedele di Nardella, il tufo acceso e il mare di lapislazzuli, la luce di Sicilia dove è più fitto il buio dei sentimenti umani.
L’unico rischio è esagerare. In Una questione delicata (lunedì sera, Rai1) la ricerca dell’assassino di un’anziana prostituta è andata comprensibilmente per le lunghe tra figli veri e segreti, genitori adottivi, gerontofili, vecchi amori; altro che unioni civili, questa è la vita. A tratti il ritmo ne soffre, e Salvo ripara in famiglia; ma la Livia etno-chic di Sonia Bergamasco non è proprio quel che ci vuole per il riposo del guerriero. La sofisticata ragazza ha scoperto la cucina francese e si ostina a preparare la bouillabaisse. A Vigata. Lo spettro del sushi è dietro l’angolo, ma provvidenza vuole che Livia si sia presa anche una specie di Dudù, un cagnolino che della bouillabaisse non vuol saperne, ma si butta sulla pasta ‘ncasciata peggio di Salvo. Insomma, viene su bene.
Nanni Delbecchi
 
 

Italia chiama Italia, 3.3.2016
Paese mio
Montalbano, fenomeno televisivo non solo italiano
Un popolo di fedelissimi ammiratori. Fatti i conti, il commissario creato dal genio di Andrea Camilleri ha superato se stesso

Undici milioni di telespettatori, undici milioni di italiani incollati alla tv. Come il festival di Sanremo e le partite di cartello della nazionale di calcio. Pazzesco lo share, ha sfiorato il quaranta per cento: 39,1. Una faccenda delicata ha fatto boom, a conferma di una poderosa incontenibile escalation, cominciata con Gli arancini di Montalbano, meno di dieci milioni e il trentaquattro virgola uno di share, a novembre del 2002. Un fenomeno il Commissario Montalbano, calamita inconfondibile e inesauribile di un pubblico fedele.
Un popolo di fedelissimi ammiratori. Fatti i conti, il commissario creato dal genio di Andrea Camilleri ha superato se stesso. Sbriciolati i suoi record, l’ennesimo trionfo sulla prima rete della televisione di Stato. Gongola la Rai, entusiasta del nuovo record di inizio serie, diretta come le precedenti da Alberto Sironi. Montalbano sempre più su, più in alto del precedente primato, datato 2013: 10 milioni e 816mila 559 spettatori e il 39,1 di share con Una lama di luce. Piace a tutti, anche alle donne, soprattutto alle donne.
Luca Zingaretti nella parte del Commissario Montalbano ha conquistato il Paese. Come se l’eroe moderno, un poliziotto tutto sommato, andasse a sovrapporsi a mitiche figure televisivi e della letteratura gialla e noir. Come per dirne uno, Don Matteo si sovrappone a Padre Brown, a Peppone e Don Camillo. Luca Zingaretti sui testi di Camilleri fa tranquillamente paio con il commissario Maigret di Gino Cervi e il mitico tenente Sheridan interpretato da Ubaldo Lay. Gli italiani lo amano. Ma come spiegarlo quest’amore corroborato da numeri inequivocabili, testimonianze di affetto e simpatia infinite? Gli undici milioni di telespettatori si rivedono probabilmente nel commissario inventato da Camilleri. “Montalbano sono”, evidentemente, racchiude i pregi e i difetti di chi si siede sul divano di casa e ne ammira i gesti, le parole, la postura, i movimenti, le indagini, le conclusioni. In definitiva, i pregi e i difetti di Montalbano potrebbero essere quelli di ognuno di noi. Un uomo di legge fuori dagli schemi classici, leale con i suoi sottoposti, innamorato del lavoro che fa.
Salvo Montalbano dà l’idea di grande solidità. L’uomo medio che incanta il telespettatore e piace a tutti. Non sgomita sul lavoro, non è un maniaco delle novità della moda, non cambia il cellulare ogni mese. È fidanzato con Livia, interpretata da Sonia Bergamasco, genovese di Boccadasse. Un amore a distanza, mentre lui corteggia donne, evitando però di arrivare al dunque. L’unico punto fermo della sua esistenza è Adelina, la governante cuoca, particolarmente apprezzata ai fornelli dal commissario, insuperabile nella preparazione della pasta ‘nscasciata. E come collante di tutto, il mare di Vigata, paese dal nome inventato da Camilleri.
Apparso stanco negli ultimi libri editi da Mondadori [Sic!, NdCFC], il commissario Salvo Montalbano è più energico e vitale che mai anche in questa serie appena cominciata. Devo confessare che sono anch’io una sua preda e fan, vengo da lui e dalle sue storie catturato regolarmente e, di conseguenza, inchiodato al televisore. Mi è capitato pure lunedì: avevo dimenticato che la nuova serie sarebbe cominciata, me l’ha ricordato Bruno Vespa nel salutare dopo aver illustrato l’anteprima di Porta a Porta. “Vi lascio, ci ritroveremo dopo Montalbano”. Solo il cognome, la parola magica.
Potenza del telecomando, mi sono sintetizzato e ho apprezzato. Il Commissario Montalbano è la quintessenza della semplicità. Quella normalità che dovrebbe essere patrimonio di tutti noi. Alle indagini del commissario Salvo Montalbano sono interessate tutte le fasce di reddito. Sfatata nel tempo la leggenda che la serie di rivolgesse soprattutto, quasi in esclusiva, a telespettatori appartenenti ad un ingenuo proletariato. I numeri dicono questo: il quarantasei virgola sette dei professionisti vede Montalbano, il quarantuno è identificabile nella categoria degli impiegati, circa il trentacinque tra gli operai. Il punto più basso, a ben vedere, è rappresentato dai redditi bassi, il ventotto per cento secco.
Montalbano indaga, ma Camilleri non si limita a racconti che non sono solo gialli. L’autore racconta il mondo. Storie di mafia, scelte sbagliate pagate a caro prezzo, intrecci e intrighi sentimentali, segreti di famiglia, la vita come viene. La Sicilia dei misteri che si tramandano nel tempo. “La nascita del commissario Montalbano è del tutto casuale, feci una scommessa con me stesso”, confidò in occasione di una mia visita alla sua residenza estiva in Toscana. “Chiesi a me stesso: ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla a alla zeta come Dio comanda? Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi a ricercare una gabbia. Trovai soccorso nel pensiero di Sciascia, che soleva ripetere: il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore può mettersi, perché non ci sono regole”.
Usufruì di quelle non regole Elvira Sellerio, la creatrice di un mito. Una grande intuizione, la sua: i gialli sarebbero stati perfetti per la tv. Montalbano è diventato così un fenomeno europeo, non solo italiano. Il futuro della tv è questo, no di sicuro le esibizione urlate o twittate, le serie americane: roba da un milione e mezzo di telespettatori, quando va bene. I numeri di Montalbano sono altri, deprimenti e devastanti per la concorrenza. Montalbano piace così, è lui il futuro della televisione.
Franco Esposito
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 3.3.2016
Il caso. Il commissario torna in tv e fa record di ascolti: quasi 11 milioni
Il trionfo di Salvo Montalbano (e dei suoi grandi comprimari)

Si sa ma non si dice.
Si sa che, fin dal primo episodio del 1999, che fu il brillante, calibrato, appena in odore di Simenon, "Ladro di merendine", Le avventure del Commissario Montalbano (nell'adattamento televisivo non c'è solo il "creatore", Andrea Camilleri, ma l'ottimo artigiano di sceneggiature, Francesco Bruno) sono entrate di peso in televisione. Che è ormai obesa di fiction maldestre e digiuna di sani "sceneggiati" (in cui già si muoveva con sapienza la mano di Camilleri, "mastro di li mastri" nei trattamenti da romanzi di Greene e Simenon) che hanno emozionato ed educato gli italiani della Prima Repubblica. Montalbano, dunque, la serie, s'intende -che ieri l'altro è tornata con il n. 27, "Una faccenda delicata" - ha stuzzicato, come gli arancini di Adelina, anche i più "tele-inappetenti". Si sa.
Ma non si dice che il successo dei "montalbani" - confermato da dati d'ascolto abbacinanti: quasi 11 milioni di spettatori con 39,06 di share, il che ha fatto di RaiUno la più seguita in prime time (29,38%), in seconda serata (31,76%) e nelle 24 ore (22,62%) - non è dettato dal commissario nudo e crudo (più che il costume da bagno sono pantaloni e giacca a render giustizia al volto bellissimo). Per carità, Zingaretti risulta, alla lunga, prepotentemente gradevole benché sia "altro" dal Montalbano dei libri Sellerio e, absit iniuria verbis, l'abbiamo apprezzato in prove assai più convincenti, "Perlasca" in testa.
Tuttavia ad accendere la miccia sono stati e sono, a parte il set d'assoluto incanto, tutti coloro che ruotano intorno a "Montalbanosono" e che fanno la storia, le danno alito, anima, colore.
Non parliamo tanto dei compagni "fissi" come Cesare Bocci-Mimì Augello o Peppino Mazzotta-Fazio quanto della folta e cangiante squadra d'attori siciliani, sempre in parte, che alla vicenda e alla sua "rappresentazione" restituiscono credibilità imperiosa e urgente.
Si ha l'impressione (ma certo non è così o così speriamo) che, una volta fissati i chiodi sui cosiddetti protagonisti (in realtà sono solo personaggi che ritornano in ogni episodio), per gli altri ruoli viga il criterio di ramazzare manovalanza "locale". Peccato, cioè per fortuna che in questi ruoli "secondari" o comprimari nella migliore delle ipotesi, ci siano fior d'attori e attrici di teatro o attori tout court. In testa - ma lui, per la verità, c'è sempre, gloria in excelsis deo - lo strepitoso Marcello Perracchio (dottor Pasquano), monumento di talento, autentica "classe di ferro" del teatro siciliano e non solo. E, giusto per restare su "Una faccenda delicata", non può dirsi che bene della misura espressiva di Ileana Rigano (Maria Castellina) che sta inscena "solo" da quarant'anni e con lei, Sebastiano Tringali, attore di solida esperienza, e l'umanità naturale e non naturalistica di Lollo Franco non meno veterano del mestiere di Paolo Graziosi, lui non siciliano, artista che non ha bisogno di presentazioni. Non sono da meno il giovane nisseno Liborio Natali, gran bella pasta d'attore, Ketty Governali, Miriam Dalmazio e gli altri.
Che non suoni, però, come difesa rionale, è solo perché il respiro plurale dei racconti non appiattisca o ghettizzi in un folclore di comodo un coro d'interpreti che sanno essere solisti. Nessun campanilismo, nossignore. Per il ragusano Angelo Russo-Catarella, per esempio, non gridiamo al miracolo. Nell'impeto e nell'impegno al ruolo e soprattutto in pericolosa, inutile emulazione di Franco Franchi la cui unicità resta intoccabile, Russo calca la mano su una macchietta esasperata che è ben lontana da stupire e vicinissima a stancare.
Per il resto, si dice ma non si sa, vinca il migliore.
Carmelita Celi
 
 

La Sicilia (ed. di Siracusa), 3.3.2016
Noto sul piccolo schermo
In onda la prima puntata della nuova serie dedicata al commissario Montalbano
Tra le location dell'episodio "una faccenda delicata" uno scorcio di corso Vittorio Emanuele, la loggia del mercato di via Rocco Pirri, un bar del cento storico e piazza San Camillo. In alcune scene girate nella città barocca anche comparse del posto

Sprazzi di Noto sul piccolo schermo, lunedì sera nella prima puntata della nuova serie dedicata al commissario Montalbano. Il personaggio creato dalla penna di Andrea Camilleri è ormai protagonista da anni di una delle serie televisive più seguite. Famosa perché girata interamente al Sud, nel ragusano, l'anno scorso tutto rischiò di saltare e il trasferimento del set televisivo in Puglia per volontà della produzione sembrava cosa ormai fatta. Fu merito anche del sindaco di Noto, Corrado Bonfanti, se poi fu scongiurato. Bonfanti. in qualità di presidente del Distretto turistico del Sud-Est. riuscì a con-vincere i vertici Palomar, società che produce la fortunata serie tv, e le 2 puntate furono girate in Sicilia, tra Scicli, Ragusa Ibla, Punta Secca e... Noto.
Nella puntata di lunedì sera dal titolo "Una faccenda delicata", si sono visti uno scorcio di corso Vittorio Emanuele e la loggia del mercato di via Rocco Pirri. Un bar del centro storico che, ai tempi delle transenne post terremoto di Santa Lucia aveva ospitato anche alcuni uffici comunali, è diventato il luogo di lavoro del marito di Maria, anziana donna la quale, per arrotondare, si lasciava andare alla compagnia di altri uomini, trovata morta in casa dopo un colpo al capo e dopo essere stata strangolata con una cintura da un individuo incappucciato sulle cui tracce si metterà subito il commissario Salvo Montalbano (Luca Zingaretti), rientrato in fretta e furia da un weekend d'amore con la storica com-pagna Lidia (Sonia Bergamasco), dopo la chiamata dell'immancabile agente Agatino Catarella (Angelo Russo).
Durante le indagini, Montalbano e il suo vice. Mimi Augello, (Cesare Bocci), seguono diverse piste e una di queste li porta a verificare l'alibi di un sospettato fino a un circolo ricreativo, le cui attività si svolgono all'aperto, alla loggia del mercato di via Rocco Pirri In una scena in cui appaiono anche alcune comparse netine, Montalbano e Augello verificano l'alibi del sospettato mentre alcune signore sono impegnate in una seduta di aerobica all'aperto, sotto il sole di Noto e con alle spalle un luogo storico come la loggia del mercato. Luogo che, fino ad adesso, non è stato molto valorizzato nel corso degli anni ma che, nelle intenzioni dell'attuale amministrazione comunale, può diventare il punto di riferimento e di incontro per gli artisti della pietra e della pittura.
Alle spalle di Montalbano e Augello, appare pure un'altra piazza importante di Noto dimenticata: quella di San Camillo. Solitamente utilizzata come parcheggio per rispondere alle esigenze del centro storico, vista senza macchine è un salto nel tempo malinconico. Le indagini proseguiranno e si incroceranno anche con un falso caso di pedofilia scoperto da Montalbano mentre verifica un altro alibi, quello del preside di un istituto scolastico di Vigata. Alibi che regge, fino a quando una lettera lasciata dalla vittima Maria lo inchioda e l'uomo, pieno di rabbia, ammette di aver ucciso la donna per le minacce ricevute dopo che il loro rapporto è diventato più profondo. Noto sarà protagonista anche nella seconda puntata della serie tv. che andrà in onda lunedì, dal titolo "La piramide di fango".
Ottavio Cintoli
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.3.2016
Montalbano in tv è boom di turisti
Nel Sud-Est della Sicilia, tra Ragusa e Siracusa, la fortuna porta il nome del commissario Salvo Montalbano. Gli esperti del settore stimano una ricaduta sul territorio della nota serie tv di circa 15 milioni l'anno. Dal 1999 quando è andata in onda la prima puntata della fiction ispirata ai romanzi di Andrea Camilleri l'economia di questa zona è cambiata. In quindici anni si è passati da 157 mila arrivi di turisti ai 226 mila del 2014. E ad ammirare il barocco e a cercare i luoghi del poliziotto più famoso d'Italia ci sono sempre più stranieri, grazie alla distribuzione della serie in 65 paesi.
Montalbano traina il turismo “Il commissario vale 15 milioni”

L'effetto Montalbano lo si vede nelle facce degli inglesi che si fermano davanti al municipio di Scicli, dove cercano il commissariato del personaggio interpretato da Luca Zingaretti. Lo si vede nel boom del piccolo aeroporto di Comiso, inaugurato soltanto tre anni e mezzo fa. L'effetto Montalbano lo certificano i numeri: la ricaduta economica della serie tv tratta dai romanzi di Andrea Camilleri è stimata in 15 milioni di euro all'anno dagli esperti del settore. E non è un caso che qui, in questo angolo di Sicilia, dove il barocco si sposa con un tessuto produttivo forte di 35 mila aziende, sono in molti a dire che «bisogna fare una statua al commissario Montalbano». Da Punta Secca dove vive il poliziotto nella fiction a Ragusa Ibla, set di tante puntate, non c'è ristorante, albergo, bottega che non registri un incremento nel bilancio da quel 1999, anno della prima puntata del telefilm. In quindici anni si è passati da 157 mila arrivi di turisti ai 226 mila registrati nel 2014 dall'ultimo report dell'ufficio statistico della provincia di Ragusa. E aumentano gli stranieri che alloggiano nei circa 19 mila posti letto diffusi nel territorio, da quando la serie è stata distribuita, tradotta o sottotitolata, in sessantacinque Stati: in tre anni si registra un più trenta per cento.
«A veicolare i flussi turistici qui non sono le istituzioni, ma i produttori di Montalbano. Il territorio, senza interventi dall'alto, si adegua e risponde bene alla domanda», ragiona Giovanni Ruggieri, docente di marketing del turismo alla Facoltà di Economia di Palermo.
L'aeroporto di Comiso nel 2015 ha registrato 370 mila arrivi e nel 2016 si aspettano 500 mila viaggiatori. C'è chi arriva dall'Irlanda o dall'Inghilterra, chi dal Belgio o dalla Germania. «Ed è chiaro che c'è un nesso con Montalbano. Atterrano soprattutto turisti che vengono da Londra, paese in cui ha ottenuto un grande successo il commissario, grazie alla Bbc», dice Rosario Dibennardo, il presidente della Soaco, la società che gestisce lo scalo.
L'effetto Montalbano è nelle strade, tra gli scorci barocchi e le spiagge rosse del Sud-est siciliano. È nelle piazze di Modica, Scicli e Noto. È nei numeri, ma anche nelle vetrine dei negozi: ci sono cartelli che promuovono le arancine del commissario, altri che invitano a gustare il menù dedicato al poliziotto più famoso d'Italia. Impazzano i tour nei luoghi del personaggio interpretato da Zingaretti, come i pellegrinaggi davanti alla casa di Montalbano a Punta Secca. Qui c'è Ivana Micciché che da tredici anni gestisce un B & B proprio in questo luogo, diventato una miniera d'oro. I prezzi si aggirano tra i 90 e 160 euro a notte, la vista mozzafiato è assicurata. «I turisti appena entrano si precipitano sulla terrazza, poggiando le braccia nel parapetto per avere la stessa vista di Montalbano. Poi cercano la camera da letto che si vede nel film, ma nella realtà è il soggiorno », dice la Micciché. Fino a tre anni fa l'80 per cento degli ospiti era italiano, adesso la percentuale si è ribaltata: sono soprattutto inglesi a prenotare. Ezio Occhipinti, invece, ha ideato l'ospitalità diffusa, una serie di case destinate ai turisti nel barocco di Ragusa e Siracusa, proprio dove è girata la serie. «Funziona, sa perché? C'è l'effetto Montalbano», ammette il signor Occhipinti. Quando nell'autunno del 2014 si diffuse la notizia che la Palomar, la società che produce la fiction, potesse trasferire il set in Puglia, qui si alzarono le barricate. «Come si fa a girare una serie cosi piena di sicilianità in un altro luogo?», dice Corrado Bonfanti, sindaco di Noto e presidente del distretto del Sud-est che raggruppa i comuni della zona. Per fortuna l'abbandono fu scongiurato e adesso i sindaci del territorio non vogliono correre rischi: «Offriamo servizi alla produzione e qualche contributo economico. Ma vogliamo fare ancora di più per associare questo splendido angolo di Sicilia al celebre commissario: stiamo pensando a un museo di Montalbano», conclude Bonfanti.
I turisti regalano il sorriso agli albergatori e i ristoratori, ai proprietari delle botteghe di souvenir e dei lidi della costa. E se ne avvantaggiano anche le imprese di prodotti locali, dai formaggi alle bibite.
Giambattista Scivoletto è il proprietario del sito bed-and-breakfast.it, una delle piattaforme più note per prenotare i soggiorni sul web. «Quando in tv va in onda la serie noi investiamo in pubblicità, il ritorno dell'effetto Montalbano è sorprendente».
Giorgio Ruta
 
 

Marida Caterini, 3.3.2016
ll commissario Montalbano, repliche al lunedì e al venerdì
Deve ancora andare in onda il secondo tv movie, ma già la Rai pensa alle repliche. Salvo Montalbano infatti, il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, è già pronto per ritornare su Rai1. E siccome Mediaset schiererà le corazzate de L'Isola dei Famosi ( al lunedì dopo l'esordio di mercoledì 9 marzo) e di Ciao Darwin ( da venerdì 18 marzo) al personaggio nato dalla penna di Camilleri tocca raddoppiare proprio nella prima serata del lunedì e in quella del venerdì.
Il commissario Montalbano dunque, appena trasmessi i primi due tv movie inediti, tornerà a riempire i palinsesti della rete leader di viale Mazzini.

Il prodotto del resto, per la Rai costituisce l'usato sicuro che, pure in replica, rappresenta una garanzia in termini di ascolti e, di conseguenza, di fruttuosi investimenti pubblicitari. A distanza di 17 anni dalla sua prima apparizione sul piccolo schermo, il poliziotto di Vigata ha dimostrato di saper conquistare il pubblico televisivo come nessun altro: Una faccenda delicata, primo dei nuovi film tv, ha ottenuto uno share del 39,1% con 10milioni 862mila telespettatori. Dati pronti a ripetersi lunedì prossimo, quando toccherà all'episodio intitolato La piramide di fango.
Un successo che si rivela un' ulteriore conferma per quanto riguarda il gradimento dei telespettatori. Anziché attendere l'estate o periodi in cui le repliche sono il trait d'union della programmazione televisiva, l' azienda di Viale Mazzini ha deciso di ricorrere al poliziotto per fronteggiare due format su cui Mediaset punta molto. Andare a colpo sicuro senza ulteriori investimenti: la soluzione ideale in tempi di crisi. Una serie tv che si contrappone a un reality e all'intrattenimento capitanato da Paolo Bonolis.
Ciao Darwin è un ritorno molto atteso: non solo manca dallo schermo da sei anni, ma segna anche il ritorno del conduttore in prima serata dopo il breve esperimento di Scherzi a parte dello scorso anno.
Il commissario Montalbano ha debuttato su Rai 2 il 6 maggio 1999, per poi essere spostata su Rai 1. Ad oggi conta dieci stagioni per un totale di 28 episodi, tutti diretti dal regista Alberto Sironi. Complice la bellezza dei paesaggi, la recitazione di qualità e i soggetti tratti dagli scritti del maestro Camilleri, la serie è stata apprezzata all'estero: è stata infatti trasmessa in tutta Europa, ma anche in Russia, Stati Uniti, Argentina e Australia.
Sempre sull'onda del successo riscosso, è stato prodotto il prequel, che ha per protagonista un Montalbano ragazzo cui dà il volto Michele Riondino. La seconda stagione de Il giovane Montabano ha esordito lo scorso settembre.
Irene Natali
 
 

Il Giornale, 4.3.2016
Grasso: "Montalbano finanziato dalla Regione Lazio, cosa c'entra?"
Il dubbio espresso dal critico Aldo Grasso

Ad Aldo Grasso il ritorno del commissario Montalbano non è piaciuto molto.
Il critico del Corriere della Sera infatti ha scritto: "Queste storie appaiono consolatorie. Rassicurano ma emozionano poco. È l'eterno ritorno dell'identico. Sta diventando come Don Matteo. Spero non sia così".
Infine Grasso insinua un dubbio parlando dei titoli di coda in cui si legge che la fiction riceve i finanziamenti della Regione Lazio. "Difficile capire cosa c'entri. C'entra però che il presidente del Lazio è il fratello di Luca Zingaretti il protagonista. Soltanto una malizia, però era giusto dirlo", scrive il critico.
Luisa De Montis
 
 

Sicilia Journal, 4.3.2016
Agostino Zumbo tra “Pirandello” e “Il Commissario Montalbano”

Catania – È impegnato nella messa in scena di “Pensaci Giacomino”, in scena fino al 20 marzo al Teatro Brancati, e il prossimo lunedì su Rai Uno sarà tra i protagonisti dei nuovi episodi de “Il Commissario Montalbano”. Parliamo di Agostino Zumbo, attore e dicitore fra i più pregiati della nostra cultura. Poco prima che si alzi il sipario, con il pubblico fremente in sala, tra sarte e tecnici impegnati nel controllare tutti i dettagli di scena chiacchieriamo allegramente scoprendo tante novità sui suoi impegni lavorativi, senza tralasciare la bufera che si è abbattuta in questi giorni sul destino del nostro teatro.
Reciterà ne “La piramide di fango” il secondo episodio della nuova serie “Il Commissario Montalbano”. Quale sarà il suo ruolo?
“Interpreterò un avvocato corrotto e truffaldino, utile per capire alcuni passaggi intricati della storia”.
Ci racconta com’è arrivato Montalbano nella sua vita?
“Ho lavorato sia al Cinema che in Televisione, ma non sono stato io a cercare questi personaggi. Anche per “La piramide di fango” è accaduto lo stesso. Ho ricevuto una chiamata e il primo provino si è svolto a Catania, mentre quello definitivo per l’acquisizione del ruolo è stato fatto a Roma”.
Non è la sua prima volta nella fiction dedicata ai romanzi di Camilleri …
“È vero. Ho partecipato anni fa in una delle prime serie. Non nego che è stato davvero piacevole essere stati cercati. Recitare con Sironi e tutta la troupe significa lavorare in famiglia. Sul set si sta veramente bene ed è stata una vera gioia rincontrare tante persone care. Una delle forze di questa fiction sono gli attori catanesi, che continuano a dare quel tocco in più a tutta la storia amata in ogni parte del mondo”.
[...]
Elisa Guccione
 
 

5.3.2016
Quanto vale un uomo

Sarà in libreria il 10 marzo 2016 Quanto vale un uomo (Skira), volume a cura di Annalisa Gariglio che raccoglie i testi del trittico "Inedito d'autore", elaborati da Andrea Camilleri con Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini.
Il libro è corredato da un CD con le registrazioni audio degli spettacoli.
 
 

Corriere della Sera, 5.3.2016
A fil di rete
Montalbano, il commissario che piace (soprattutto) alle donne
Anche in tema di repliche il caso del Commissario ha del miracoloso: su Rai1 ne sono andate in onda più di cento, con una media di ascolto oltre 5 milioni di spettatori

Subito dopo Sanremo, arriva Montalbano. Si festeggia a Rai1 per gli ottimi ascolti della stagione (dal primo di gennaio la prima rete Rai torna sopra il 20% di share in prime time, sfiorando il 21). Si registra l’effetto del Festival, ma anche quello del Commissario, con la puntata record di lunedì scorso, e quella in onda domani sera. Una faccenda delicata ha raccolto il maggior ascolto fra i 27 tv-movie finora prodotti: la media degli episodi in onda su Rai1 — dal 2002 a oggi — è piuttosto impressionante: 9.267.000 spettatori, 33% di share. L’ultimo «capitolo», sia pur modesto, ha dunque superato questa media per oltre un milione e mezzo di individui, segno che ormai Montalbano è un rito come Sanremo. La fiction, però, a differenza dell’intrattenimento live, ha un’«utilità ripetuta», consente cioè non solo di proporre delle repliche, ma anche di sfruttare i diritti «secondari» (dvd, distribuzione internazionale…). Anche in tema di repliche il caso del Commissario ha del miracoloso: su Rai1 ne sono andate in onda più di cento, con una media di ascolto di 5.401.000 spettatori, e una share del 22,2%. Ma tornando a Una faccenda delicata, qual è il segreto di tanto successo? Per dare una risposta, è utile la scomposizione dei dati di consumo dell’episodio di lunedì scorso. Oltre sei milioni e mezzo di spettatori sono donne, ovvero circa il 60%. Il successo di Montalbano è senz’altro trainato dal pubblico femminile, che apprezza la declinazione nazional-popolare del «crime».
La platea cresce con l’età: oltre quattro milioni e 300 mila spettatori hanno più di 65 anni (il 40% del totale dei suoi spettatori), e la share supera il 50%. Ma Montalbano raccoglie ottime share anche fra i più giovani, e in particolare fra i 15-24enni (27% di share). La serie è poi molto trasversale: mitizzata dai laureati (47% di share), piace anche a chi ha un’istruzione elementare (42% di share).
Aldo Grasso
 
 

Sicilia Journal, 5.3.2016
Aldo Messineo: “Vi racconto il mio Montalbano”

Catania – “La prima puntata evento della nuova serie de “Il Commissario Montalbano” è stata superata in termini di ascolto solo dal Festival di Sanremo”. Dichiara con emozione e un pizzico d’orgoglio ai nostri microfoni Aldo Messineo il cuoco della serie tv più amata in tutto il mondo, la cui professionalità culinaria, grazie alla penna di Camilleri, è riconosciuta in oltre sessanta Paesi. Lo incontriamo pochi giorni prima della messa in onda su Rai Uno della puntata, “La piramide di fango”, scoprendo com’è nato il tanto amato ristoratore Enzo. “Da quando ho la fortuna di recitare nella fiction delle fiction mi sento, parafrasando Checco Zalone, come se avessi “il posto fisso” perché mi reputo un eletto”.
Lei è presente nella serie televisiva da sempre ci racconta la sua prima volta sul set?
“Dovevo interpretare un portiere di notte, un personaggio presente solo in un episodio. Ricordo con un po’ di commozione quando mi fecero diventare l’ormai famoso Enzo. Arrivato a Modica sono stato trasformato, tanto che dopo il restyling voluto dal regista nessuno mi ha riconosciuto, perché i miei capelli lunghi e la mia barba sono spariti tanto che neanche Zingaretti sulla scena mi riconobbe subito”.
Il successo della serie tv sui racconti di Camilleri ha in qualche modo trasformato la sua vita …
“Sono rimasto sempre lo stesso, il successo come direbbero quelli navigati (ride) non mi ha assolutamente cambiato. Aldo Messineo è l’amico, il vicino della porta accanto con tutti e odio chi si dà delle arie, soprattutto, se non può permetterselo”.
Cosa le dicono gli amici, i colleghi di lavoro o i semplici passanti che incontra quotidianamente?
“Una mia amica mi ripete sempre: “Tu non comprendi la fortuna che hai avuto nel far parte del cast fisso di Montalbano. Il tuo viso e la tua persona arriva ovunque e, probabilmente, non te ne rendi neanche conto”. Nella vita di tutti i giorni rispetto alla fiction esteticamente sono completamente diverso e spesso è difficile riconoscermi, ma non posso dimenticare cosa accadde un pomeriggio a Londra. Ancora se ci penso rido”.
In che senso?
“Mi trovavo con la mia famiglia ad Hyde Park e quando in situazioni tipicamente turistiche chiesi gentilmente ad una signora di fare una foto di gruppo, non potrò dimenticare cosa esclamò la signora quando le dissi: “I’m from Sicily”. Rispose: “Commissario Montalbano”. E guardandomi meglio: “Tu sei Enzo Fish”. Sono delle belle soddisfazioni”.
[...]
Elisa Guccione
 
 

Giornale di Sicilia (ed. di Ragusa), 5.3.2016
Montalbano si trasferisce nel Comune di Scicli, gli uffici ospiteranno le riprese

Dopo aver segnato il record storico negli ascolti di Rai Uno, adesso il Commissario Montalbano si sposta dentro il palazzo del Comune di Scicli. L'amministrazione comunale, infatti, ha deciso di trasferire uno dei suoi uffici per dare la possibilità alla casa di produzione Palomar di ospitare le riprese della fiction nel palazzo municipale.
Il trasferimento dell'ufficio di Protocollo al piano terra con accesso per i cittadini dalla via Nazionale è legato alla ricostruzione del set del commissariato di Vigata della fiction televisiva di cui nel mese di aprile verranno girati in provincia di Ragusa altri due episodi. Nelle ultime serie il commissariato di Vigata era stato ricostruito negli studi di Cinecittà dopo che il comune di Scicli aveva negato la concessione del palazzo di Città dove invece erano stati girati i primi episodi della fortunata fiction che continua a fare a distanza di anni il pieno di ascolti.
La prima puntata della serie tv, andata in onda lo scorso 29 febbraio, ha segnato infatti un record storico, incollando allo schermo quasi 11 milioni di italiani, pari al 39,06 per cento di share.
Un risultato che unisce l'Italia (si va dal 41% del Nord Ovest al 48% della Sicilia) e premia la fiction prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti con Rai Fiction in tutte le fasce di pubblico, con punte del 47% tra i laureati, del 34% tra gli abbonati alla pay tv e del 40% sui giovanissimi (4-7 anni) grazie al tam tam sui social network.
Un eroe vecchio stampo, modi spicci e ironia ficcante, stazza mediterranea e gambe arcuate, che ha a malapena imparato a inviare le foto con lo smartphone. Una perfetta macchina macina-ascolti, complici la terrazza sull'infinito di Marinella, la pasta 'ncasciata di Adelina, i pizzini minuziosi di Fazio, l'inguaribile passione per le donne di Mimì Augello, l'irruenza pittoresca di Catarella. E il fascino aristocratico di Sonia Bergamasco nei panni dell'eterna fidanzata Livia.
 
 

Siracusa News, 5.3.2016
Scorci di Noto nella prima puntata de "Il commissario Montalbano": "ad aprile e maggio possibile un nuovo set"

Un tratto del Corso Vittorio Emanuele, la Loggia del Mercato di via Rocco Pirri, un bar del centro storico e piazza San Camillo. La prima puntata della nuova serie del Commissario Montalbano ha messo nuovamente in risalto le bellezze di Noto, a conferma del legame tra la produzione cinematografica e il territorio barocco.
La Noto Film Commission e il suo consulente per l’Amministrazione comunale Corrado Di Lorenzo hanno sottolineato, oltre la propria soddisfazione per l’ennesima immagine positiva esportata in tutta Italia (circa 11 milioni di share per gli ascolti), anche la possibilità di nuove riprese ad aprile e maggio.
“Ne abbiamo parlato con lo scenografo Ricceri – dice Di Lorenzo – dopo accordi con il produttore esecutivo Gianfranco Barbagallo e il regista Alberto Sironi. C’era molta attesa per queste prime serate perché Noto ha avuto la possibilità di mettere in mostra ancora una volta alcuni scorci del suo patrimonio storico e architettonico. E gli ascolti, tra prime serate e repliche, testimoniano anche come questo grande fenomeno mediatico rappresentato dal commissario Montalbano sia un volano importante per la promozione del nostro territorio. Camilleri lo lanciò tanti anni fa – aggiunge Di Lorenzo – poi la casa produttrice della Palomar e il produttore Carlo Degli Esposti hanno fatto il resto. E se nelle prossime settimane ci sarà la possibilità di realizzare un nuovo set cinematografico, grazie alla sinergia fra produttori e amministrazione comunale sempre attenta alla valorizzazione del territorio con “formule” innovative e vincenti, la nostra Noto non potrà che beneficiarne”.
Anche il sindaco Corrado Bonfanti si è detto soddisfatto dell’ennesima visibilità e opportunità che ha avuto Noto, per la promozione della città barocca. Il primo cittadino infatti, circa un anno fa partecipò ad un incontro a Palermo sul rilancio del cinema in Sicilia, raccontando gli ultimi 60 anni di storia cinematografica maturata dal comprensorio.
“Esprimo tutta la mia grande soddisfazione per avere contribuito in maniera determinante alla scelta fatta dalla società Palomar di Carlo Degli Esposti di scegliere Noto tra le location nelle quali girare gli episodi de ‘Il commissario Montalbano’ tratta dai romanzi del maestro Camilleri – ha sottolineato Bonfanti -. Negli ultimi due episodi (“Una faccenda delicata” e “La piramide di fango”, ndr) la città presenta alcuni suoi gioielli monumentali che, insieme alle bellezze delle altre città barocche del sud-est, consegnano agli spettatori una meravigliosa immagine della nostra terra. A breve Noto ritornerà ancora protagonista con nuovi e intriganti episodi tratti dalla genialità del Maestro”
 
 

La Repubblica, 6.3.2016

Che cosa succede nel palcoscenico della letteratura? Sembra che un regista giustiziere abbia deciso di mettere mano alle storie, spingendo sul proscenio le comparse — quelle abituate alle panchine del backstage — oppure proiettando una luce diversa sulle figure malefiche, finalmente liberate da un ruolo ingrato.
[...]
E chissà cosa verrà fuori dal Pinocchio che Camilleri sta riscrivendo per Giunti [In realtà la riscrittura è per il Teatro Massimo di Palermo, in seguito il testo verrà pubblicato in volume, NdCFC]. Le voci narranti sono quelle del Gatto e della Volpe, che finalmente potranno vuotare il sacco. E appendere quel moccioso di Pinocchio al chiodo del backstage: per una volta la scena è soltanto loro. E nessuno potrà portargliela via, neppure i carabinieri a cavallo.
Simonetta Fiori
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 6.3.2016
Abbiamo esplorato tutta l'Isola per un mese poi abbiamo trovato l'oasi del Ragusano Un pezzo di Irlanda tra Ibla Scicli, Modica
“Così scoprii la Sicilia barocca per girare Montalbano”
È un lombardo legato alle sue radici, ma di quella parte di Sicilia che ha trasformato in boom turistico è ormai innamorato. Alberto Sironi, il regista del "Commissario Montalbano" e scopritore della bellezza del Ragusano, dove è ambientata la fiction, dice di sentirsi per certi versi un siciliano. "I siciliani mi hanno "pesato" — dice — hanno capito che non sono un quaquaraquà e adesso mi considerano un fratello". La scoperta televisiva del Ragusano, spiega il regista, avvenne dopo un mese trascorso a girare la Sicilia per cercare il set ideale per "Il commissario Montalbano". "I luoghi di Camilleri a Porto Empedocle non esistono più, e alla fine abbiamo trovato questo territorio che nel raggio di venticinque chilometri racchiude tanti paesi barocchi". Il miracolo di Montalbano sta nella pedonalizzazione di tante piazze di questi paesi grazie al successo della fiction, e nella salvezza della "Mannara", luogo che ricorre nelle riprese: "Doveva essere venduta, ma il sindaco ha detto che andava protetta per esigenze televisive e ha bloccato tutto"

Il lombardo che ha cambiato l'immagine del sud est siciliano dice chiaro e tondo che di quest'angolo della Sicilia si è proprio innamorato. «Sì, mi sono innamorato di quest'angolo di Sicilia, dei suoi muretti a secco, dei suoi colori. Un pezzo d'Irlanda nel Sud dell'Italia». Alberto Sironi, il regista del "Commissario Montalbano", ama stare tra i contadini e le trattorie del Ragusano. «I siciliani mi hanno "pesato", hanno capito che non sono un quaquaraquà e adesso sono diventati miei fratelli», racconta il regista che che con l'ultimo episodio in onda ha totalizzato oltre 10 milioni di telespettatori.
Andrea Camilleri ambienta i suoi romanzi nell'immaginaria Vigàta che rievoca Porto Empedocle: perché sedici anni fa avete deciso di girare nel Ragusano?
«Camilleri ambienta le storie nel suo passato, a Porto Empedocle, in luoghi che non esistono più. Così abbiamo girato tutta la Sicilia per un mese, fino a quando abbiamo trovato un territorio che ci permettesse di avere in un raggio di 25 chilometri una serie di paesi barocchi straordinari. Quello che abbiamo fatto è stato introdurre un personaggio che nei romanzi non c'è: il paesaggio».
Ci sveli il suggeritore: chi ha indicato il Ragusano?
«È merito del nostro scenografo, Luciano Ricceri. Non a caso ha lavorato con Fellini e Scola».
Il paesaggio ha fatto la fortuna della serie, ma la serie ha fatto la fortuna del territorio.
«Io sono contento per delle piccole cose che sono successe. Per esempio, alcuni sindaci hanno tolto le automobili dalle piazze. Un altro miracolo è successo a Scicli, in quella che nel film è la "Mannara", una fabbrica di mattoni incendiata. Doveva essere venduta per fare delle costruzioni, il sindaco ha bloccato tutto dicendo che era un luogo da proteggere per esigenze cinematografiche».
Si ricorda la prima volta che è arrivato nei luoghi del suo Montalbano?
«Mi ha colpito soprattutto una cosa: Ragusa sembra l'Irlanda, ma con il verde che dura per tutto l'anno. Poi ci sono i muretti a secco, altipiani straordinari. Io sono un provinciale lombardo e ho un occhio diverso da quello del siciliano: mi ricordo ancora lo stupore che ebbi a venti anni quando venni in Sicilia. Scrissi la mia prima sceneggiatura pensando a quest'Isola».
Due anni fa il produttore di Montalbano Carlo Degli Esposti aveva minacciato di trasferire il set in Puglia. Si alzarono le barricate.
«È stata una sceneggiata per cercare di scuotere la Regione che non rispondeva alle nostre telefonate. Un trabocchetto fatto da Degli Esposti, uno "sfunnapiedi" come direbbe Camilleri nei suoi romanzi».
Montalbano è Ragusa, ma è soprattutto Luca Zingaretti: come lo avete scelto?
C'erano tre attori, uno non poteva venire perché aveva litigato con la moglie e aveva un occhio nero, l'altro non ha fatto un ottimo provino, Luca invece è stato bravissimo. La scelta di mettere un poliziotto simpatico è ispirata dal poliziesco americano perché per noi, fino agli anni ‘80, la polizia era quella fascista con il manganello in mano. Io mi sono concentrato sulla figura privata del commissario».
Camilleri ha gradito Zingaretti?
«Lo conosceva perché era stato suo allievo all'accademia Silvio D'Amico. Ma quando gli dissi che la scelta era caduta su Luca, lui mi guardò e mi disse: "Io lo avevo immaginato diverso, ho scritto un'altra cosa". In effetti il suo personaggio era più simile al dottor Ingravallo di "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana": panciuto, più vecchio, lento e riccioluto. Poi quando ha visto la prima puntata si è ricreduto: "Mi sono piaciute anche le comparse"».
È molto presente Camilleri nella realizzazione della serie?
«Non è geloso dei suoi testi, dà fiducia. Controlla le sceneggiature, controlla questa finta lingua che si è inventato: parole che non stanno né in cielo né in terra come "me ne catafotto" [Sic!, NdCFC]. Noi abbiamo dovuto modificare la lingua per renderla comprensibile».
Un lavoro non facile per un lombardo come lei.
«Sono abituato a questo modo di lavorare. Io ero assistente di Strehler quando abbiamo fatto le Baruffe, siamo stati a Chioggia per imparare il chioggiotto. Quando abbiamo fatto i testi di Eduardo ho studiato il napoletano».
Ci dica la verità, nel 1999, il giorno prima della messa in onda della puntata d'esordio, si aspettava questo successo?
«Mi ricordo che durante la conferenza stampa di presentazione un funzionario Rai disse che questo era un prodotto bello ma di nicchia a causa della lingua. Io mi arrabbiai perché pensavo fosse una serie popolare. Ho avuto ragione io, abbiamo fatto 7 milioni di spettatori nella prima serata».
Montalbano ha unito l'Italia o ha reso la Sicilia una macchietta folkloristica?
«Senza dubbio ha unito. Il commissario ha una serie di difetti e qualità tipiche di tutti gli italiani: è un anarchico individualista che ragiona con la sua testa, gli piace mangiare bene, gli piacciono le belle donne. I dati dimostrano che c'è un ascolto trasversale, dal nord al centro al sud».
Dopo 16 anni di puntate girate nel Sud-Est della Sicilia, si sente un po' ragusano?
«Io sono legato alle mie origini, ma qui mi sento a casa tra la gente per strada o nelle trattorie, quando incontro i contadini e le maestranze locali».
Giorgio Ruta
 
 

La Lettura - Corriere della Sera, 6.3.2016
Programmi
Il successo del personaggio creato da Andrea Camilleri e di «Don Matteo» riflette u legittimo desiderio di intrattenimento. Ma forse c'è spazio per serie che tocchino temi di solito esclusi dai palinsesti
A Montalbano farebbe bene un tabù
Trame. Nelle storie interpretate da Luca Zingaretti e Terence Hill non c'è mai un vero assassino. Non conta l'indagine ma tutto il resto

Lunedì 29 febbraio la famiglia si è divisa, visto che per un'imprudente politica di comunicazione familiare abbiamo ridotto a uno (solo uno!) gli schermi televisivi in casa. Uno schieramento (il mio) voleva vedere il posticipo Fiorentina-Napoli, l'altro voleva vedere Montalbano. Alla nostra offerta, vediamo la partita e registriamo Montalbano, un'offerta basata sulla logica in quanto una partita registrata non ha senso vederla il giorno dopo sapendo ormai il risultato, l'obiezione è stata: impossibile, domani in ufficio tutti parleranno di Montalbano e inevitabilmente verrebbe fuori il nome dell'assassino.
Questa frase contiene una verità e una bugia. La verità è che Montalbano (come il suo alter ego in abito talare Don Matteo) è ormai un fenomeno popolare ben più di una partita della Na-zionale di calcio (colpa anche delle ultime Nazionali). Non solo finzione visiva che tocca share mai raggiunti prima ma addirittura argomento di conversazione per il giorno dopo, come e più di una partita di calcio.
La bugia è il nome dell'assassino. Perché non c'è un vero assassino in Montalbano e Don Matteo. Cosa tiene gli spettatori (avvinti e sopiti) davanti allo schermo? I personaggi e l'ambientazione. La sensazione di ritrovarsi in famiglia con le gaffe di Catarella, i pizzini di Fazio, le sottane di Augello, le mangiate e la terrazza di Montalbano. L'identità dell'assassino è irrilevante, nell'episodio di lunedì 29 febbraio poteva essere chiunque. Anzi, un'eccessiva tensione in tal senso sarebbe di disturbo a quella progressiva sensazione di rilassamento che ci accompagna dolcemente per due ore. Con buona pace della vecchia zia Agatha che su quel mistero, chi è stato?, costruiva tutta la suspense (e del resto, con quel manico di scopa coi baffetti al posto di Montalbano e l'uggiosa campagna inglese al posto della meravigliosa Sicilia, che altro poteva fare?).
Resta da chiedersi se è questo (Montalbano, Don Matteo ecc.), e solo questo, che vogliamo. Gli share rispondono da soli alla prima domanda. La ripetuta (e certamente voluta) banalizzazione della realtà piace perché arriviamo a casa la sera stravolti da mille piccoli e grandi problemi quotidiani e con la gran voglia di cenare e accasciarci di fronte a qualcosa di familiare e immutabile. Sappiamo benissimo che purtroppo la Sicilia reale non è quella, che una vera indagine è tutt'altra cosa (comunque in tal senso mille volle meglio Montalbano di Don Matteo), insomma, che la vita reale è ben altro. Non siamo mica scemi, ma abbiamo la sacrosanta voglia di stinnicchiarci sul divano, passare due ore tranquille e da lì direttamente al sonno. Tutti? Non tutti, ma sicuramente tanti: quattro persone su dieci vogliono questo.
Resta la seconda domanda: e le altre persone, quelle che di fronte a Montalbano e Don Matteo si appisolano non dopo ma prima della fine? E forse anche alcune di queste quattro su dieci, se gli venisse offerto anche altro? Visto che la Rai è servizio pubblico perché non provare a produrre fiction anche per loro? Qualcosa che somigli un po' più alle straordinarie serie, non solo le americane, anche Romanzo criminale e Gomorra? Un barlume di speranza ce l'ho, e non per i nomi nuovi (in Rai ne sono passati tanti) ma per qualche recente segno di cambiamento concreto e positivo, ad esempio il modo in cui è stato trattato al Tg1 l'Oscar a Spotlight.
In conclusione: è troppo sperare in un futuro in cui su Rai (e anche su Ramiuno) vedremo, accanto a Montalbano, anche una fiction un po' più noir, in cui le indagini non riguardino solo casi familiari con personaggi belli ma finti ma vadano a toccare (almeno lambire) anche gli argomenti tabù che sono però quelli della realtà? Per magari scoprire poi che fanno anch'esse un ottimo share e che il popolo non diventa per questo sovversivo ma solo un po' più consapevole?
Lo so, lo so, quest'ultima cosa fa un po' paura...
Roberto Costantini
 
 

Il Giornale, 6.3.2016
Montalbano, il commissario che fa evadere
L'Italia vera è così noiosa nella sua rappresentazione televisiva da costringere la gente a preferire le vicissitudini di un poliziotto che vince sempre

Quasi tutta la stampa italiana ha commentato con ammirazione lo strabiliante successo riportato da un programma televisivo storico: Il commissario Montalbano, interpretato da Zingaretti.
L'ultima puntata ha battuto ogni record di ascolto, undici milioni di persone inchiodate davanti al teleschermo per assistere alla fiction tratta dalle magiche pagine di Camilleri, scrittore siciliano inesauribile, abile come nessuno nel creare trame ordinarie eppure in grado di appassionare una quantità sterminata di famiglie italiane. L'autore è un genio. Si è addirittura inventato un linguaggio siciliano domestico che non si parla da nessuna parte, ma comprensibile in ogni luogo italiano, inclusa la Valle d'Aosta. Un lessico pieno zeppo di espressioni efficaci senza essere volgari: riflettono semplicemente la banalità delle conversazioni correnti, ricche di ammiccamenti, mezze frasi che alludono, dicono tutto e niente. Il telespettatore ascolta rapito, vuole capire cosa c'è dietro ma, in realtà, non c'è un tubo neanche davanti. Montalbano e i personaggi che lo contornano parlano come gli avventori di un qualsiasi bar nostrano, dove la comunicazione verte maggiormente su ciò che non è detto che non su quello che viene detto. Il margine lasciato all'immaginazione di chi ode le chiacchiere è ampio e ciascuno lo riempie con la propria fantasia. La forza del commissario consiste nell'incertezza dei fatti che egli deve affrontare, gialli, morti ammazzati, vicende oscure nelle quali si perdono tutti tranne lui, poliziotto atipico che si comporta come un vicino di casa, un uomo qualunque, onesto e incorruttibile come non ne esistono. Le puntate di Montalbano piacciono perché sono una fuga dalla realtà vissuta e offrono la visualizzazione, in forma credibile, dei nostri sogni: quelli di campare in una società elementare nei sentimenti e complicata nelle situazioni. Zingaretti è perfetto nella sua recitazione apparentemente dozzinale, ma non povera di umanità né di quest'astuzia che il popolo accredita agli investigatori arguti. Gli episodi si intrecciano al punto che coloro i quali li seguono perdono il filo logico che li connette. Nel groviglio degli accadimenti emerge il fascino irresistibile esercitato dai protagonisti della storia, che induce il pubblico a tenere gli occhi aperti e a rimanere in tensione con l'ansia di verificare come andrà a finire. Suppongo che siano soprattutto le donne ad amare Montalbano, che identificano in lui l'uomo del Sud virile e possessivo, un amante che popola le loro elucubrazioni erotiche inconfessabili (al marito), ispira desideri di evasione molto più del classico idraulico di matrice lombarda. Montalbano che abbraccia la bella Bergamasco in terrazza, che guarda il sottostante mare calmo o che nuota incurante delle onde minacciose: sono proiezioni oniriche che fanno vibrare l'essere femminile e lo inducono a considerare un uomo così adatto per evadere dal tinello, dai pannolini sporchi del bimbo, dai fornelli e dalle bollette dell'energia elettrica e intraprendere avventure eccitanti sulla spiaggia, lontano dalla squallida routine che abbruttisce le donne condannate a sbrigare le faccende domestiche. Rimane da capire - ed è più difficile - cosa trovino di interessante i signori maschi in uno sbirro dall'esistenza banale, impegnato a risolvere casi giudiziari distanti centinaia di chilometri da casa loro e dalla loro mentalità. Un mistero. Come è un mistero la folla impazzita per Don Matteo e per il Festival di Sanremo. Ipotesi: l'Italia vera è così noiosa nella sua rappresentazione televisiva da costringere la gente a preferire le vicissitudini di un poliziotto che vince sempre.
Vittorio Feltri
 
 

RTVS, 6.3.2016
Komisár Montalbano: Vôna noci
Pondelok 7.03.2016
Kriminálny seriál.

Emanuelle Gargano zmizne aj s úsporami, ktoré mu zverili ludia z Montelusy. Nikto nevie, ci ušiel, alebo sa stal obetou mafie. Komisár Montalbano sa pri vyšetrovaní spojí s Garganovou asistentkou Mariastellou a krásnou Michele, ktorá mu prezradí, že Gargano bol gay a žil s dalším ich zamestnancom Pellegrinom, ktorého telo nájdu o pár dní v potopenom aute. Všetci predpokladajú, že oboch mužov zabila mafia, až kým si Montalbano nezacne znovu preverovat Garganových zamestnancov...
 
 

Rai 5, 7.3.2016



Inaugurazione
Regia di Andrea Camilleri
In onda: 22:48 - 23:11

L'incidente
Regia di Andrea Camilleri
In onda: 23:11 - 23:26

La cicaliera
Regia di Andrea Camilleri
In onda: 23:52 - 00:35

Le più grandi pieces teatrali riprese dalla Rai nelle stagioni più recenti e una selezione ragionata del miglior repertorio teatrale presente nell'archivio della Rai.
 
 

La Vanguardia, 7.3.2016
El escritor siciliano publica en abril en castellano la entrega número 24 de la serie del comisario Montalbano
“Soy un empleado de la escritura”
Andrea Camilleri, escritor
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Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925), el escritor más popular de Italia, con decenas de millones de libros vendidos en todo el mundo, está casi ciego, pero sigue dictando a su asistente las aventuras del comisario Montalbano que imagina su mente, aún extraordinariamente lúcida. El próximo 1de abril se publica en castellano (Salamandra) la entrega número 24 de la serie. En su piso de Roma, entre cigarrillo y cigarrillo, el autor siciliano explica a La Vanguardia su método de trabajo, qué piensa de la Italia y la Europa actuales, su recuerdo del fascismo y cómo encara la vejez.
¿Cómo se ve el mundo desde sus 90 años?
Lo veía mejor cuando tenía 25. No por una cuestión de juventud sino porque salíamos de la guerra. Italia estaba destrozada y había que reconstruirla. Había un grandísimo entusiasmo, una grandísima vitalidad. Sucedía en todo el mundo, en Estados Unidos, en Japón, en Inglaterra. Veníamos de una guerra que había sido desastrosa, también para los vencedores. Había, pues, un gran deseo de vivir, de reconstruir y de hacer cosas.
¿Y cómo ve ahora Italia?
Italia está un poco hecha trizas. Hay demasiadas divisiones, un futuro oscuro. Me sabe mal dejar a mis nietos, en herencia, un fracaso.
¿Qué piensa de esa prisa de Matteo Renzi por reformar el país? ¿Lacomparte?
Comparto la idea de la necesidad de las reformas. Peronocreo en las reformas hechas a golpe de moción de confianza (parlamentaria), de la prevalencia ocasional de unas mayorías forzadas y temporales. No soy renziano sino más bien lo contrario. Más que en Renzi confío en los italianos. En general, cuando se les pone entre la espada y la pared, tienen capacidad de reacción.
Usted siempre ha sido un hombre de teatro. ¿Qué le parece Beppe Grillo, un actor convertido en político?
Grillo siempre ha sido un cómico de monólogos, nunca un verdadero hombre de teatro. El teatro es una triangulación entre el autor, los actores y el público. Su mérito es haber reunido en su movimiento las exasperaciones sociales que podrían haber tenido salidas peligrosas. Ha sido una válvula de escape muy importante. Pero ahí se acaba todo, porque en cuanto conquista un municipio entra en colisión con el alcalde de su propio partido. E nel momento de gobernar se ponen de manifiesto todas las dificultades de falta de preparación política.
En su serie sobre Montalbano hay pocas alusiones políticas, pero sí algunas ironías sobre la burocracia, la evasión fiscal, los “parlamentarios complacientes”, la mafia y hasta el estado deplorable de las carreteras. ¿Le gustan esas ironías?
Sí, me gustan, porque Montalbano es un hombre de su tiempo. Vive como cualquier otro ciudadano italiano y topa con los mismos problemas. ¿Por qué no hablar de ellos? Él tiene el arma de la ironía.
También sobre la corrupción.
Sí, la corrupción se extiende con rapidez. A veces se dice que Roma es corrupta, pero que Milán tiene anticuerpos. ¿Pero cómo puede afirmarse eso cuando, ayer mismo, 21 personas, entre ellas un importante consejero regional (en Lombardía), fueron detenidas? Todo el país está infectado. Acabemos con las subdivisiones regionales. Todo el país está en fermo.
Su Sicilia vuelve a ser una frontera muy viva, con el problema de la inmigración. ¿Sigue este asunto?
Claro que sí. He presenciado desembarcos. Siempre digo que hay que poner atención porque lo que ocurre es sólo la punta de un iceberg y estamos destinados a tener el iceberg en casa. Es una migración bíblica. Europa ha permanecido sorda. Hemos sido los países del sur, como Italia, España y Grecia, los que comprendimos lo que estaba sucediendo. Y ahora Europa se arriesga a disgregarse, a romperse, a desaparecer. Si empezamos a cerrar fronteras, ¿qué nos une, el euro? Seamos serios. Una Europa sin ideales no es Europa. No podemos poner alambres de espinos porque los saltarán. La desesperación, el miedo y el instinto de supervivencia son más fuertes.
En un libro escribió que “todo llega al sur con mucho retraso, como una ola perezosa”.
Es así. Sucedió con el fascismo. Tuvo su epicentro entre Milán y Roma. Después, a medida que descendía, llegaba una ola cada vez más lenta. Luego vino el boom económico de los años sesenta. Al sur llegó sólo un riachuelo, un poco sucio. El sur siempre ha vivido como de reflejo. No se le ha dado nunca la posibilidad de vivir él mismo.
¿Cómorecuerda el fascismo?
Hasta los 16 años fui un joven fascista totalmente convencido. Piense que con 10 años, durante la guerra de Abisinia, escribí una carta ofreciéndome voluntario a Mussolini. Y me contestó diciendo que era demasiado joven para ir a la guerra, pero me deseó que creciera sano y fuerte por el bien de Italia, porque probablemente me necesitaría en el futuro. La firma tenía la M de Mussolini. Pero a los 16 años comencé a cambiar mi opinión sobre el fascismo. Volví transformado de Florencia, donde asistí a la asamblea mundial de la juventud fascista. Era la primavera de 1942. Éramos jóvenes de todos los países conquistados por Alemania. El jefe de las juventudes hitlerianas pronunció un discurso de dos horas sobre lo que sería la Europa del futuro. Mientras lo escuchaba me sentí morir. Pensaba en todos uniformados leyendo un solo libro, Mein Kampf. Yo tenía muchas pequeñas patrias. Leía como un loco. Tenía mi Gogol, mi André Gide. Volví a Sicilia aterrorizado. Y luego tuve la suerte de encontrar un libro, La condición humana, de André Malraux. Desde entonces cambié por completo.
Usted ha dicho que aprendió mucho de su abuela Elvira, que aprendió a narrar.
A narrar y a fantasear. A veces íbamos al campo y veía un grillo. “Ves, este Grillo se llama Giovanni, salúdalo”, medecía. Se inventaba historias espontáneamente y también palabras. Ella me abrió la mente a la fantasía, a la invención.
¿Cómo logra ser tan prolífico?
Siendo sistemático. Yo soy un empleado de la escritura. Durante años me levanté a las 6.30 de la mañana. Ahora, no tan temprano. Noto la pesadez de la edad. A las 7.30 estaba aseado, afeitado, vestido y listo para salir. Sin eso no conseguía escribir. Entonces me ponía delante de la máquina y trabajaba sin interrupción tres o cuatro horas. Si uno espera la inspiración para escribir una página, tarda cinco años para un libro. Yo, como George Simenon, estoy seguro de que la narración nace de la misma narración, de escribir.
En la serie de Montalbano hay amor, sexo. Montalbano es fiel, pero a su manera.
Sí, a su manera. Digamos que se concede ciertas libertades. Pero es fiel, no hay duda. Ella (Livia), la novia, es la mujer de su vida.
¿Cree que la fidelidad es una virtud importante en la vida?
Según lo que se entienda por fidelidad. La fidelidad ciega de creer, obedecer y combatir es absurda. Hay que ser fiel con raciocinio, saber que aquella es la boya fundamental de tu vida. Puedes abandonarla y agarrarte a otra boya más pequeña por poco tiempo, pero el sostén central es uno.
¿Cuánto refleja Montalbano su propia personalidad? La mía, nada. Pero mi mujer, en el quinto libro de la serie, me dijo: “¿Te das cuenta de que estás haciendo un gran retrato de tu padre, através de Montalbano?”. Era cierto. Para mí fue una revelación. No me había dado cuenta. Las relaciones de Montalbano con sus colaboradores en la comisaría, su modo de mantenerse leal a la palabra dada, la ironía, esas cosas eran de mi padre.
¿Por qué le gusta al público leer sobre delitos graves?
¡Como si no hubiera bastantes en la realidad! La ficción literaria siempre está por debajo de la realidad. La realidad siempre es peor de lo que uno puede contar. Quizás el que se resuelva un caso es una especie de compensación. Quizás en la novela estamos obligados a vivir cotidianamente. En la novela hay una solución, una salida.
Su éxito le llegó a una edad avanzada. ¿Fue menor el impacto que si hubiera sido joven?
A mí me llegó a una edad verdaderamente madura. Así que no ha cambiado ni un milímetro mi vida. Tampoco la vida de mi mujer. ¿Qué ha traído de más? Ha traído dinero. Pero mi mujer nunca ha querido joyas ni abrigos de pieles. Me ha permitido comprar pisos para las hijas, para los nietos. Eso es bellísimo. Mientras los bancos italianos no quiebren, viviremos con tranquilidad. Y si quiebran, paciencia. Ja, ja. Ni Rosetta (su esposa) ni yo hemos dado nunca importancia al dinero.
¿Es difícil aceptar la edad?
No. Pero sí dan fastidio las enfermedades de la edad, el hecho de quedarse ciego, por ejemplo. Cuando naces te dan un billete, un ticket, y allí está todo incluido: la juventud, la vejez, la enfermedad, la muerte. Es inútil desesperarse porque todo llega. La mejor manera de afrontar la vejez era prepararse a renunciar a algunas cosas. Punto y basta. Yo no he entrado en una crisis. ¿Por qué debería hacerlo? Intento cuidarme lo mejor que puedo, eso sí.
Eusebio Val


Análisis
Siciliano, gastrónomo, lector
¿Cómo resistirse al hechizo de un personaje, policía, que rompe toda suerte de moldes?
En algún momento impreciso descubrí la estupenda serie de la RAI dedicada a los casos de Montalbano

¿Cómo saber cuándo empieza una adicción? No es posible precisarlo. Y tampoco creo que importe demasiado. El caso es que de buena gana me declaro adicto al puñado de novelas y relatos cortos que desde 1994 el autor siciliano Andrea Camilleri ha hecho protagonizar al comisario Salvo Montalbano. No recuerdo los libros que habré leído con creciente fruición, ni desde cuándo el personaje me atrapó para no soltarme hasta hoy mismo. Tampoco me atrevo a concretar qué rasgos o atributos suyos llamaron mi atención. Quizá el hecho de leer que Camilleri eligió el apellido Montalbano –el nombre, Salvo, es muy habitual en Sicilia– en homenaje a nuestro Manolo Vázquez Montalbán y que construyó a Salvo Montalbano con la mente puesta en el Pepe Carvalho de Manolo: aunque pertenece al cuerpo de policía estatal, Montalbano es heterodoxo en sus procedimientos cuando le conviene, se deleita con la buena mesa (pasta y salmonetes recién pescados), rehúye los compromisos emocionales duraderos (con Livia), engulle libros con avidez de vicioso, acepta retos mentales, con cierta frecuencia, desde lo alto de una roca en el puerto de Vigata, frente al mar de los griegos, reflexiona y filosofa. ¿Cómo resistirse al hechizo de un personaje, policía para ser más exacto, que rompe toda suerte de moldes y cuyas aventuras son publicadas en Italia por un editor selecto de la talla de Sellerio? Pero mi confesión no acaba ahí. En algún momento impreciso descubrí la existencia de una estupenda serie de la RAI dedicada a los casos del comisario Montalbano, una treintena de capítulos rodados bajo la supervisión de Camilleri en maravillosos y desolados parajes sicilianos y protagonizada por un actor romano, Luca Zingaretti, capaz de mezclar en pantalla el italiano y giros sicilianos, que desde la primera vez que lo ves asumes que él y sólo él es la imagen única y ya incuestionable de Montalbano. Algunos episodios los habré visto tres y cuatro veces –entre ellos El perro de terracota– y, sin embargo, no me resultan fatigosos. Y es que cada uno contiene un mundo en la historia que desarrolla. El mundo circular y provinciano de Vigata, en la provincia de Montelusa –ambos espacios imaginarios–, el mundo personal de Montalbano y de su equipo de agentes, algunos con biografías definidas; la burguesía local, los dominios de la mafia, la omnipresencia del mar desde el momento en que la casa de Montalbano se abre directamente a la playa, él suele nadar todas las mañanas y deja que sus pensamientos vuelen sobre la línea del horizonte al alba o al final del día, cuando el sol se hunde en las aguas. Lo tal vez más difícil de comprender es que con el tiempo he dado con varios amigos que comparten con migo el culto a Montalbano-Zingaretti-Camilleri, la mayoría a partir de la lectura de los libros, pero –he aquí lo curioso– sin darles prioridad absoluta. Pocas veces ocurre algo así. Pienso que a Andrea Camilleri tal vez le gustaría saber que aquí, en esta Catalunya mediterránea de su recordado Vázquez Montalban, hay una pequeña comunidad de gente que tienen por denominador común, al margen de la amistad, el seguimiento de unas novelas de género que superan los tópicos del género, y de una serie televisiva con personalidad propia que impone su ley más allá de lo previsible. Por fortuna es como es. ¿Para qué intentar razonarlo?
Robert Saladrigas
 
 

La Sicilia, 7.3.2016
Gli “omaggi” di Camilleri a cinque giallisti
Montalbano duro come Marlowe, goloso come Maigret

Succede non di rado che scrittori, sceneggiatori, registi, facciano riferimento nelle loro opere, in segno di omaggio, a illustri colleghi per sottolinearne l'ingegno. E' capitato per esempio a Quentin Tarantino di rivolgere un "ossequio" a Dario Argento e a Lucio Fulci così come lo stesso director di "Profondo rosso" si dichiara riconoscente epigono di Fritz Lang e Pasolini attinse a piene mani da De Sade (in "Salò o le 120 giornate di Sodoma"). Anche il nostro Andrea Camilleri, nei romanzi e nei racconti dei quali è protagonista il commissario Montalbano ha voluto far richiamo, in segno di affetto e riguardo, a ben cinque qualificati autori di gialli, noir, mistery. I cinque sono Manuel Vàzquez Montalban, Raymond Chandler, Giorgio Scerbanenco, Georges Simenon e Renato Olivieri. Cominciamo dal primo, lo spagnolo di Barcellona Vàzquez Montalban. scrittore, poeta e gastronomo (ecco un primo accostamento al celebre Carvalho e molto amico di Camilleri che, in suo onore, ha chiamato il funzionario di Polizia siciliano Montalbano. Salvo Montalbano. Cos'è che invece lega quest'ultimo al private eye Philip Marlowe creato dalla penna di Raymond Chandler? Il carattere. Entrambi sono due duri, maniere spicce e forte determinazione, senza tuttavia abusare della qualifica per infierire sugl'indiziati E qui la citazione si estende pure ad altri esponenti della cosiddetta hard boiled school, la scuola dei duri e cioè scrittori come Ed McBain, Dashiell Hammett e Mickey Spillane. I loro policemen sono rigorosi e senza paura come il burbero, coriaceo Montalbano. La cui eterna fidanzata si chiama Livia Burlando. Livia, come la compagna di Duca Lamberti, l'investigatore inventato dall'italo-ucraino Giorgio Scerbanenco. Lamberti non è poliziotto ma ex medico, radiato dall'Albo per aver praticato l'eutanasia a una sua paziente malata terminale. Deposto definitivamente il camice bianco, diviene detective e la sua donna, per l'appunto, è la modella Livia Ussaro, apparsa nel best seller "Venere privata". Questo dunque il riferimento a Scerbanenco, prolifico autore di innumerevoli gialli metropolitani. I cenni a Simenon e Olivieri riguardano... le delizie del palato. L'eroe del francese, il commissario Maigret, vorace come Montalbano, ama frequentare, anche nel bel mezzo di un'indagine, bistrot e brasserie dove divora uova sode, salumi, formaggi e altre ghiottonerie francesi, amando al contempo gli italianissimi spaghetti al pomodoro. Pure Montalbano mangia a quattro ganasce ed è talmente ingordo da rinunciare a trascorrere a Genova il Capodanno con la sua Livia pur di assaporare, a Vigàta, i magnifici arancini preparati dalla cammarera Adelina. E infine tanto Montalbano quanto Maigret e Ambrosio, il commissario di Renato Olivieri, amano i vini. Maigret, quando va in pensione, addirittura la produce, mentre è il padre di Montalbano a produrlo per rifornire la cantina del figlio, che predilige i rossi siculi, mentre Maigret pasteggia con Beaujolais e Bordeaux Prestige. Ambrosio propende invece per i bianchi, in particolare per il Custoza freddo ma non ghiacciato e con una scorza di limone che ne accentua l'aroma fruttato. Tutti buongustai, insomma, come del resto il buon epicureo Camilleri...
Mario Bruno
 
 

La Sicilia, 7.3.2016
Montalbano, inchiesta con Teresa Mannino
Stasera su Rai1 "La piramide di fango"

Catania. Beddu, masculu, solido, coraggioso e tenerone, Montalbano è l'uomo ideale, sempre uguale a se stesso, rassicurante, sornione, onesto, non è il solito vanesio sciupa-femmine, si gode la vita a modo suo. Montalbano non tradisce e il pubblico vuole tuffarsi in quella sicurezza, «l'eterno ritorno dell'identico» ha scritto il critico televisivo Aldo Grasso. La scrittura di Camilleri trova sempre spunti, intrighi, sfumature, racconta un mondo, vite che sembrano vere e che diventano familiari. La Sicilia bellissima e senza tempo, immersa in una luce magica, fa il resto: lascia senza respiro, riempie lo schermo anche se i personaggi sbrodolano o si disperdono. Montalbano è tornato, con numeri che incutono soggezione, e torna attesissimo anche stasera - su Rai1 alle 21.20 - con il secondo nuovo episodio La piramide di fango.
Non importa che la critica si lamenti, che s'interroghi su questo appuntamento così amato e popolare che inchioda davanti alla tv come le partite della Nazionale o Sanremo. Non importa che la scorsa puntata fosse lenta, con i personaggi ormai quasi caricature di se stessi, con un siciliano sempre più improbabile, con Mimi Augello ridotto a scemo del villaggio, Catarella sempre più maschera, al limite della parodia, la nuova Livia stroncata dal web, così magra e raffinata, che ornellavanonineggia, la trama complicata. Resta il cast di attori e caratteristi che il siciliano ce l'ha nel sangue, a partire nella scorsa puntata dall'attrice Ileana Rigano, e che dà spessore anche ai personaggi più piccoli.
In questa puntata sarà Teresa Mannino, nei panni di una giornalista, il personaggio che farà da spalla a Montalbano in una nuova avventura. Tra gli attori di questo episodio oltre a Roberto Nobile, il medico legale Marcello Perracchio, il poliziotto Davide Lo Verde, presenti fin dalla prima puntata, e a Ketty Governali nuova "cammarera" Adelina, ci sono anche gli attori catanesi Mimmo Mignemi, volto noto dello Stabile etneo, c Agostino Zumbo in queste ultime stagioni impegnato nella compagnia del Teatro Brancati.
È notte fonda e piove a dirotto. Un uomo, in mutande e canottiera, gravemente ferito, sanguinante, corre disperatamente su una bicicletta, fino a entrare in un cantiere che ormai è tutto un pantano. Con le ultime forze che gli restano, va a infilarsi in una grossa tubatura della condotta idrica in costruzione. È là che viene trovato cadavere, la mattina seguente. È stato ucciso con un colpo di arma da fuoco. Montalbano capisce che quell'uomo deve essere stato sorpreso nella notte, mentre dormiva; l'assassino gli ha sparato, lui ha cercato di fuggire con la bicicletta, si è nascosto in quella tubatura, ma la ferita era troppo grave ed è morto. Quindi doveva vivere nelle vicinanze del cantiere.
Il commissario riesce dunque a trovare la sua abitazione e a identificarlo: si tratta del trentacinquenne Gerlando Nicotra. contabile della stessa impresa edile di quel cantiere dove è morto; viveva con la bellissima moglie tedesca, Inge. È un caso assai complesso, e strano, il commissario se ne rende subito conto: tanto per cominciare di Inge non c'è più nessuna traccia, sparita, il caso Nicotra s'intreccia ben presto col tentato omicidio subito da Saverio Piscopo, un muratore che aveva cominciato a parlare con la giornalista Lucia Gambardella delle irregolarità commesse dall'impresa presso cui lavorava. La Gambardella è una cronista coraggiosa e combattiva e da tempo lavora a un'inchiesta sugli appalti truccati a Vigata.
Per fan appassionati e curiosi nessun pericolo di crisi di astinenza. Da lunedì prossimo saranno riproposti i quattro episodi del 2013 a partire da Il sorriso di Angelica con Margareth Madè. l'attrice e modella siciliana, nata a Paternò e cresciuta a Marzamemi lanciata da Tornatore nel film Baàrìa. E ad aprile si riparte a girare nel Ragusano i nuovi episodi.
Ombretta Grasso
 
 

Punto TV, 7.3.2016
VIDEO - Il Commissario Montalbano torna in onda stasera. Tra gli sceneggiatori il barese De Mola
L’episodio si intitola ‘La piramide di fango’. Tutte le anticipazioni a Punto Tv

Prosegue con un secondo attesissimo episodio dal titolo “La piramide di fango” la saga televisiva de "Il commissario Montalbano", in onda su Rai1 stasera alle 21.20. lunedì scorso erano undici milioni gli italiani inchiodati davanti al teleschermo. Abbiamo parlato con Salvatore De Mola, barese, uno degli sceneggiatori della serie.
Negli ultimi episodi del Commissario Montalbano c’è una nuova attrice che interpreta Livia, la compagna di Salvo. Molti hanno apprezzato l’ingresso di Sonia Bergamasco nel cast, più vicina sia al personaggio che all’ambientazione in generale.
Salvatore De Mola oltre ad essere nel cast degli sceneggiatori di tutti gli episodi, firmerà personalmente, ad aprile, due nuove puntate che andranno in onda presumibilmente l’anno prossimo.
 
 

Vanity Fair, 7.3.2016
La piramide di fango: l'ultimo Montalbano in tv («Minchia, di già?»)
La fiction italiana dei record torna su Raiuno lunedì 7 marzo, in prima serata, con il secondo e ultimo episodio dell'anno, La piramide di fango. Ai fan sedotti e abbandonati (ecco, come deve sentirsi Livia...), non resta che confidare nelle repliche

Ma come, è appena cominciato ed è già finito?. Siamo certi che almeno dieci milioni di italiani reagiranno così, lunedì 7 marzo, nell'apprendere che La piramide di fango, secondo episodio della nuova serie televisiva del Commissario Montalbano, in onda su Raiuno in prima serata, di fatto è già l'ultimo.
Anche se è passata solo una settimana, solo una puntata, da quell'«inizio» col botto che ha tenuto incollati allo schermo il 39% di telespettatori, realizzando il miglior risultato di sempre («come sempre»), e confermando che il più amato della televisione italiana - anche all'estero - continua a essere lui, l'irriverente commissario di Vigata, nato dalla penna di Andrea Camilleri e portato felicemente in tv da Luca Zingaretti.
Un successo che dura da diciassette anni e non conosce logorio del tempo, forse perché innovativo lo era già in origine e del tempo se n'è sempre infischiato (o se preferite fottuto), viaggiando a bordo di una Fiat Tipo che resiste traballante, ostinata e senza età. I colori vivaci di una terra (e di un mare) da fiaba, personaggi bizzarri che risultano credibili pur essendo macchiette, scenari idilliaci dove succedono cose tragiche, talvolta grevi, ma che la giusta dose di sagacia e ironia rende perfettamente e perfidamente umane.
Scrittura, regia, ambientazione e recitazione: nel Commissario Montalbano non c'è nulla che non funzioni, e non si capisce perché bisognerebbe chiedergli di essere altro. Di essere diverso. Più «americano». Montalbano è bello perché è italiano e Montalbano, e (ci) piace così. E non è un caso che anche l'innovativa Netflix lo corteggi, mentre la Rai giustamente resiste.
Eppure anche stavolta il commissario è pronto al congedo. A lasciarci un po' più tristi e soli ai nostri desolati palinsesti generalisti. Dopo mesi di attesa, gioia per il nuovo appuntamento, ansia per l'incontro Salvo Montalbano ci lascia così: sedotti e abbandonati. Come una "Livia" qualunque (ah, ecco come deve sentirsi la poveretta!).
Ma, si sa, in amor vince chi fugge, e Montalbano questo lo sa bene, lui che la sua Livia la lascia sempre sul più bello. Un po' come noi, spettatori fedelissimi dell'eroe di Vigata, che, però, a differenza della sventurata potremo sempre consolarci nel rivederlo in replica. Per la gioia della Rai, e con buona pace (per ora) di Netflix.
 
 

TV Sorrisi & Canzoni, 7.3.2016
«Il commissario Montalbano»: parla Cesare Bocci, che interpreta Mimì Augello
L'attore scherza sul «benedetto e maledetto vizio» del suo personaggio: «Lui ama le donne. Scivola, ma...è sempre provocato».

Va in onda stasera il secondo dei nuovi episodi di «Il commissario Montalbano»: «La piramide di fango» e Cesare Bocci, interprete del vice commissario Mimì Augello, assicura: «Dopo tre anni di pausa ci siamo ritrovati sul set con una grande voglia di fare e questi due nuovi film lo testimoniano: hanno se possibile una forza ancora maggiore rispetto ai precedenti, si percepisce chiaramente quanto il nostro gruppo fosse unito e affiatato».
E Mimì Augello? «Lo ritroviamo con qualche capello bianco in più» spiega l'attore. «Ma con quel benedetto e maledetto vizio di amare le donne, di cui proprio non riesce a liberarsi. Però bisogna dire che è sempre provocato...!».
Stefania Zizzari
 
 

Ragusah24, 7.3.2016
Montalbano (come Peppino) sfida la ‘montagna di merda’ che uccide la Sicilia
L'indagine della seconda puntata della decima stagione, porta a un'organizzazione criminale e a un viaggio tra i paesaggi delle campagne iblee

La Piramide di Fango propone un Salvo Montalbano incentrato non solo sulla conduzione delle indagini, ma anche sullo sviluppo del proprio personaggio. Così come nella prima delle due puntate della decima stagione, dirette da Alberto Sironi, il commissario pare abbia superato la sua frenesia, sembra aver acquistato una gestione del commissariato o meglio del suo rapporto con Mimì, Fazio e anche Catarella, più serena, ironica, leggera.
Si stanno definendo in maniera sempre più netta i vari personaggi: Mimì, il vice-commissario impulsivo e facilone, Catarella, sempre più ‘lanciato’ sul piano investigativo e non solo informatico, e Fazio, che è ormai organicamente cresciuto, è diventato l’ombra di Montalbano, rendendolo quasi un suo doppio.
Breve ma convincente l’interpretazione della comica palermitana Teresa Mannino, nel ruolo di una giornalista, Lucia Gambardella , che indagava su una serie di appalti truccati a Vigàta.
Poco presente invece, la nuova Lidia, interpretata da Sonia Bergamasco, che nella puntata precedente aveva diviso il pubblico, tra coloro che erano già rimasti affascinati dalla sua interpretazione e da chi invece la trovava troppo fredda.
Non sono mancati poi, le tradizionali inquadrature, dal mattino al tramonto, su Vigata, l’irrinunciabile nuotata del commissario nel mare di Punta Secca, fino al solito pranzo con ‘vista mare’.
Non molte scene, in realtà, sono state ambientate a Vigata (alcune sono girate a Noto), ma tante nelle nostre campagne. Protagonisti de La Piramide di fango sono stati infatti, le “trazzere”, i muri a secco, i casali, e tutto il panorama offerto dai nostri stupendi paesaggi.
Pochissime le comparse, appena qualcuna. A differenza di altre puntate.
Alessia Metastasio
 
 

ABCSicilia notizie, 8.3.2016
Secondo Andrea Camilleri il potere è in mano agli analfabeti


 
 

RagusaNews, 8.3.2016
Buttafuoco si schiera: il giovane Montalbano meglio del vecchio
«’Ncanciati canali!»

Roma - Su Il fatto Quotidiano di oggi Pietrangelo Buttafuoco si schiera a favore delle qualità attoriali di Michele Riondino.
Così: "Non c’è dubbio che Il Giovane Montalbano, quello con Michele Riondino, sia più bello de Il Commisario Montalbano che andrà in onda stasera con Luca Zingaretti e che stravince sempre negli ascolti.
Vecchio chiama vecchio, si dirà; la televisione ha un bacino di pubblico sempre più anziano. Le serie tivù, si sa, hanno un codice speciale – l’alchimia particolare che decreta il successo – ma vale sempre lo schema duale di Luigi Pirandello, I Vecchi e i giovani, laddove sono sempre questi ultimi a capitolare rispetto ai leoni accasati che la sanno sempre lunga.
Un Antonio Campo Dall’Orto, bravo per quanto possa essere, se ne andrà. Un’Antonella Clerici, invece – giusto in tema di Rai – resterà comunque.
I vecchi sono pur sempre quelli che hanno capito il gioco. E’ “il demoniaccio beffardo”, scriveva Pirandello, “che si spassa a rappresentarci come realtà ciò che poco dopo egli stesso ci scopre come nostra illusione”.
Non c’è paragone, infatti, tra la maschia sfrontatezza di Riondino, forte di segno attoriale, e la sgamata declamazione di Zingaretti, fatta tutta di calate.
Zingaretti – se anche si mettesse il ciuffo di Pappagone in testa – ha la faccia di quello che potrà fare solo una cosa, quella. Riondino – picciottazzo – ha il ventaglio d’espressione con tutte le sfumature.
Non c’è, appunto, gara tra i due commissari. Ma il “demoniaccio beffardo” – spegnendo le illusioni dei giovani – va ad albergare nella palpebra calante. Quella del ritmo lento.
Riondino che dice «‘ncanciari canali!» è un soprassalto. Zingaretti che, con improbabile sex appeal, prende tra le braccia Sonia Bergamasco (Livia), si fa largo tra le gambe di lei e poi – «l’indagine!» – se ne va al mestiere suo di sbirro per fare basta più, raddoppia in calata.
Tutta la lentezza di recitazione del vecchio, si sa, avvince. La lesta lettura del giovane – ormai s’è capito – inquieta.
Il vecchio vince sul giovane. Naturalmente si sta parlando di due modelli, belli entrambi, generati dalla stessa casa – la firma di Andrea Camilleri e la produzione, Palomar, di Carlo Degli Esposti – ma dover registrare che il vecchio tira mentre il giovane arranca certifica più un catenaccio all’immaginazione che un’opera aperta.
Il vecchio vuole solo il vecchio. E un Commissario così, nel gioco di specchi dell’Italia davanti al televisore, s’assegna un ruolo di retroguardia: la sottomarca è il vecchio, il giovane è il ben più smagliante brand ma per arretrare davanti alla cieca legge del successo dove il vecchio trova la strada a un altro vecchio.
Inutile dire quanto è perfetto Alessio Vassallo – il giovane – nel ruolo di Mimì Augello: “Sono femminaro, ebbene sì. E’ vietato?”. Nello stesso ruolo, invece, Cesare Bocci – il vecchio – cala di registro. Vederlo in mutande, al balcone, col pistolone abbandonato sotto il cuscino del divano, è stato come ritrovarselo in un frame di “Scherzi a parte”.
Certo, Angelo Russo – il vecchio – nel ruolo di Agatino Catarella, non si discute. Anche Roberto Nobile – il vecchio, nella parte di Nicolò Zito, il giornalista – è superbo. Non c’è dubbio che senza Il Commissario Montalbano non sarebbe venuto, dopo – in un viaggio al contrario – Il Giovane Montalbano. Assai troppo più bello è nella versione picciottazza, è vero. E comunque, stasera, «’ncanciati canali!».
 
 

Leggo, 8.3.2016
Montalbano fa il bis: 10 milioni di spettatori e 40% di share per la seconda puntata

Super bis per il Commissario Montalbano: la seconda puntata della nuova serie diretta da Alberto Sironi dedicati alla «creatura» di Andrea Camilleri, «Una piramide di fango», andato in onda ieri in prima serata su Rai1, ha registrato 10 milioni 333 mila spettatori e il 40.95% di share (la settimana scorsa erano stati 10 milioni 862 mila spettatori con il 39.06%).
 
 

Adnkronos, 8.3.2016
Il produttore: "Al via l'11 aprile le riprese di due nuove puntate di Montalbano"
'Stesso cast artistico e tecnico, tratte da 'Il covo di vipere' e 'Come voleva la prassi''

Squadra vincente non si cambia. E così, dopo il successo delle due nuove puntate de 'Il Commissario Montalbano', andate in onda su Rai1 ieri sera e lo scorso 29 febbraio con quasi 11 milioni di telespettatori e uno share che ha superato il 40%, Luca Zingaretti & co sono pronti per girarne altre due. "Le riprese partiranno l'11 aprile, gli sceneggiatori sono sempre gli stessi di 'Una faccenda delicata' e 'La piramide di fango' (Francesco Bruni e Leonardo Marini con la supervisione di Andrea Camilleri, ndr), il regista continua ad essere Alberto Sironi e il cast resta immutato, inclusa Sonia Bergamasco nei panni di Livia", spiega all'Adnkronos il produttore Carlo Degli Esposti, patron di Palomar.
"Le due nuove puntate - chiarisce Degli Esposti - che andranno in onda su Rai1 nel 2017, sono tratte dal romanzo 'Il covo di vipere' e dal racconto 'Come voleva la prassi' entrambi di Camilleri che - scherza il produttore - resta sempre il nostro 'lider maximo'. Poi ne abbiamo altre due in cantiere da girare l'anno prossimo, sempre con la stessa squadra".
Degli Esposti è soddisfatto degli ascolti ottenuti dagli ultimi episodi, che hanno ottenuto uno share secondo solo a quello del Festival di Sanremo: "Siamo soddisfatti, ma si può fare meglio, Sanremo non è un obiettivo, potremmo anche puntare più in alto. Montalbano - sottolinea - è un prodotto che è durato tanto (ben 28 puntate realizzate fino ad ora, ndr) perché è stato fatto con calma, meticolosità e precisione, seguendo i tempi di Camilleri". La location principale "resta sempre Ragusa, dove facciamo più ore di riprese, ma non risparmiamo incursioni nelle cittadine che stanno nel raggio di 50 chilometri, da Scicli a Noto", conclude il produttore.
 
 

Corriere di Ragusa, 8.3.2016
Spettacoli - La fiction riscuote un successone
Ancora un pieno di ascolti per Montalbano immerso nel fango
Il commissario assurge al ruolo di eroe immaginario nazionale

Ancora un pieno di ascolti per Montalbano: oltre 10 milioni di telespettatori hanno seguito lunedì sera sulla rete ammiraglia Rai "La piramide di fango", la seconda e ultima puntata inedita della fiction (da lunedì prossimo ripartono le repliche con "Il sorriso di Angelica"). Da punto di vista narrativo ancora una volta la storia è solida, coinvolgente, forse a tratti un po´ confusa, ma comunque avvincente. Più a loro agio ed in sintonia gli attori rispetto alla precedente puntata, mentre un sorriso l´hanno strappato l´anziana "sboccata" che gestisce un agriturismo e il figlio tanto grosso quanto "bamboccione". Molto belle le location esaltate dalla regia di Sironi, sobria e senza sbavature o eccessi. La storia "ad incastro" con falsi colpevoli e vere vittime, congetture e flashback e colpi di scena in stile "scatole cinesi" innesca un lento ma godibile succedersi di eventi fino alla inevitabile quadratura del cerchio, ad opera dello stesso Montalbano con le sue solite trovate d´ingegno. Delude ancora Livia. L´eterna fidanzata del commissario, che in questi due nuovi episodi avrebbe dovuto rivestire un ruolo di maggior peso, stavolta compare in appena due minuti, di cui uno di spalle. Praticamente un record. Convincente, anche se breve, l´interpretazione di Teresa Mannino nei panni della giornalista d´assalto minacciata perché disturba gli interessi forti, ovvero quel connubio tra politica e mafia, metafora fin troppo scontata della "Piramide di fango" che dà il titolo all´episodio. Che altro aggiungere? Montalbano assurge al ruolo di eroe immaginario nazionale, un tempo appartenuto all´inossidabile, anche se tedesco, ispettore Derrick.
Antonio Di Raimondo
 
 

Il Giornale di Vicenza, 8.3.2016
«Il dono più grande per una donna? La libertà di scelta»

Vicenza. Il talento, il fascino e la comicità di Teresa Mannino arrivano al Teatro Comunale, questa sera alle 21 (fuori abbonamento), con l’unica tappa veneta del suo tour “Sono nata il ventitré”.
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Dopo la sua intervista ad Andrea Camilleri per lo speciale Rai “Il Maestro senza regole” le vostre strade si re-incontrano: lei è nel cast della puntata del “Commissario Montalbano” trasmessa il 7 marzo. Cosa apprezza maggiormente dello scrittore agrigentino?
"Su tutto la sua ironia. E poi è una persona che non ti giudica mai. Questo perché si tratta di un uomo sapiente e non dotto. Quando si trova davanti persone meno colte o comunque diverse da lui le ascolta con grande curiosità come se gli potessero insegnare qualcosa d’importante."
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Filippo Bordignon
 
 

La Sicilia (ed. di Siracusa), 8.3.2016
Davide Amatore da Solarino nella prima puntata del Commissario Montalbano
Casimiro, star del piccolo schermo

Appassionato di teatro, disinvolto e abituato alla tensione della macchina da presa il piccolo Davide Amatore ha riscosso numerosi consensi per la sua apparizione nella prima puntata del "commissario Montalbano". Dopo aver già partecipato al film di Ficarra e Picone "Andiamo a quel paese", per la fiction di Rai 1 ha interpretato Casimiro ed è già una celebrità nel suo paese. Davide ha solo 11 anni e vive a Solarino, dove lo hanno accolto come una star.
Il piccolo attore ha debuttato nella serie televisiva del commissario Montalbano lunedì scorso nell'episodio "Una faccenda delicata", che ha fatto registrare oltre 10 milioni di spettatori. Davide ha dimostrato un autentico talento nelle scene in cui è apparso, una in particolare, quella relativa al telefonino, dove ferma Salvo Montalbano per strada per fargli vedere importanti immagini per il caso su cui il commissario stava indagando. Il piccolo attore, originario di Solarino, si è mostrato sicuro e naturale allo stesso tempo, quasi un attore navigato e a suo agio nonostante la giovane età. Eppure è stata un'avventura nata quasi per caso.
"Abbiamo visto sulla pagina facebook - racconta papà Salvo Amatore - il link dove inviare le candidature per i provini. Purtroppo, lo abbiamo visto tardi ed erano già terminati. Ma non ci siamo persi d'animo e abbiamo comunque inviato una mail a cui hanno risposto dopo due ore informandoci che i provini stavano proseguendo a Catania. Ci siamo subito messi in macchina per le selezioni regionali. Certo non potevamo immaginare che il bambino avrebbe fatto il provino proprio con il regista Alberto Sironi. Davide è entrato e gli hanno fatto provare una parte, come ci ha raccontato lui stesso all'uscita. Noi abbiamo aspettato fuori e, quando è uscito con questo signore che abbiamo capito solo dopo si trattasse del regista, gli abbiamo chiesto come fosse andato. Ci ha risposto che potevamo andare tranquillamente. Mentre io avevo pensato che la sua avventura terminasse a Catania, mia moglie si è convinta da subito che lo avrebbero preso. E così è andata".
Davide ha la passione del teatro e recita già da alcuni anni nella compagnia "Nino Martoglio Junior" di Solarino. Papà Salvo ne parla con entusiasmo e racconta questi episodi con grande soddisfazione. Alberto Sironi lo ha poi chiamato al telefono e gli ha dimostrato la sua ammirazione e il suo apprezzamento per il piccolo Davide, raccomandandosi però simpaticamente di non farglielo sapere.
"Dopo solo una settimana - continua Salvo Amatore - il produttore esecutivo ci ha comunicato che Davide aveva superato i provini e ci ha spiegato cosa sarebbe successo in seguito. Ad aprile 2015 sono iniziate le riprese tra Ragusa Ibla, Scicli, e Noto. Sironi lo chiamava "u prufissuri", per la sua concentrazione durante le prove. Si è trovato a suo agio anche col resto della compagnia". Tutto il paese ha mostrato grande interesse peri il piccolo Davide. Erano tutti davanti allo schermo per vedere la puntata.
"Quando si è visto in tv - racconta il papà - ho visto che si è emozionato ancora di più rispetto alla sua prima apparizione nel film di Ficarra e Picone. Si è anche commosso".
I compagni di scuola lo hanno accolto felici per la sua performance, e anche gli insegnanti non si sono persi la prima puntata del commissario. Per Davide è solo l'inizio. Vuole continuare a studiare seguendo le orme della mamma Carmela Sorrenti, anche lei attrice della scuola "Nino Martoglio" di Solarino.
Mariolina Lo Bello
 
 

La Repubblica (ed. di Milano), 9.3.2016
Il clochard che ama Montalbano. Camilleri: “Gli regalo i miei libri”
Walter, 53 anni faceva il barista prima di essere licenziato. Poi si è separato e da tempo vive in strada. La sua foto mentre legge è diventata virale nel web.
"Spesso mi chiedono a che serve la letteratura Ecco questo è un bellissimo esempio Serve a trasportarti in un'altra dimensione" (Andrea Camilleri)

Sarebbe un bellissimo titolo per un libro: «Il clochard che leggeva i romanzi di Camilleri». Ma questa non è una storia inventata. Il senza tetto che ama le avventure del commissario Montalbano esiste davvero. Vive su un foglio di cartone, avvolto in un sacco a pelo, sotto un portico nel centro di Milano, a due passi dal Duomo. Lo salutano i tanti che frequentano il vicino cinema Arlecchino. Persone che conoscono la sua passione per la lettura e gli regalano continuamente nuovi volumi, perché riempia le sue notti solitarie.
Il clochard di via San Pietro all'Orto ha il diploma di terza media, ma in strada ha scoperto la gioia di leggere. «Qualche tempo fa, ho trovato su un marciapiede un libro di Camilleri — racconta mentre chiude il volume che ha in mano, illuminato dalla luce della vetrina davanti a cui si sdraia ogni sera — Non lo conoscevo come autore. Anzi, prima di quel giorno non avevo mai letto un libro tutto intero. Ho cominciato a darci un'occhiata. La storia mi ha preso subito. E da allora non mi sono più fermato. Ne leggo almeno uno al giorno. Il tempo non mi manca ».
Il clochard si chiama Walter e ha 53 anni. Una bella faccia segnata dal tempo, un maglione di lana a righe colorate, la barba di qualche giorno e due occhi attenti, che inchiodano chi si avvicina senza motivo. Non parla volentieri con gli estranei, soprattutto perché è molto preso dalla lettura. Ma qualche parola la concede: «Facevo il barista, mi hanno licenziato, poi mi sono separato. E così da tre anni vivo in questo posto. Mi trovo abbastanza bene, la gente mi conosce e mi porta da leggere ».
Si lascia fare una foto, senza staccare gli occhi dalla pagina, regalando giusto qualche altro piccolo frammento di vita. «Certo che ce l'avevo, la casa. Fino a tre anni fa. Ma ho avuto i miei problemi. E se rimani senza lavoro e poi senza famiglia, il percorso è segnato. La strada ora è casa mia. Ci sto più o meno bene. Non ho bisogno di molto, io. Non ho grandi pretese».
Si vede che al signor Walter non interessa farsi nuovi amici. Ma la sua immagine messa su Twitter con l'hashtag Camilleri, attira l'attenzione dell'agenzia letteraria che segue l'inventore della serie ambientata a Vigata e di mille altri successi. Il grande scrittore siciliano non segue certo Twitter, ma la sua agente gli parla di questo senza tetto che a Milano divora i suoi romanzi.
Camilleri, che di pubblicità e di rumore attorno ne vorrebbe il meno possibile, sorride. Poi dice una frase. «Mi hanno raccontato di una foto che mostra un clochard che legge un mio romanzo. Spesso mi chiedono a cosa serve la letteratura. Ecco questo è un bellissimo esempio. Serve, almeno per un momento, a far dimenticare il mondo che sta attorno, e a trasportarti in un'altra dimensione ».
A mille chilometri di distanza, il clochard ancora non sa niente, non immagina che attraverso una foto si sia messa in moto una catena di idee sul suo conto. L'agenzia letteraria parla con la casa editrice, pensano a come fare per far avere a quel senza tetto altri libri della collana blu. Anche Antonio Sellerio aveva notato il tweet: «Appena lo abbiamo visto, mi sono emozionato — dice l'editore — Ci siamo chiesti come metterci in contatto con il ragazzo ritratto nel post. Grazie per avercelo fatto conoscere e per la disponibilità che ci ha dato per fargli avere altri nostri libri».
A questo punto, l'uomo che legge sul marciapiede viene informato di quel che è successo nell'arco di un giorno. Sorride anche lui. Per un secondo mette giù il nuovo libro che ha iniziato: «Camilleri vuole regalare dei libri a me? — chiede sorpreso — Mi sembra una bellissima cosa. Ma è vero? Proprio a me? si stupisce - Il problema è che io non ho casa, quindi leggo volentieri. Ma quando ho finito, li devo lasciare in giro. Non ho certo posto per tenerli. Ma così almeno, qualcun altro avrà lo stesso piacere che ho avuto io».
Detto questo, il vagabondo si immerge di nuovo nelle pagine, come se entrasse in un suo mondo protetto, come se quelle fossero le pareti di casa sua. Fuori è buio e fa freddo, ma Walter non ci fa caso. Di fianco a lui c'è un altro senza dimora, con un cane biondo al guinzaglio, un cartone di vino rosso e nessun libro per le mani. «Guardi, qui si sta bene. È sicuro, non mi disturba nessuno. Vengono quelli del Comune a portarmi coperte e cose calde da bere», insiste Walter, liquidando chi va avanti a fargli domande.
E se gli si parla del dormitorio pubblico, allora sì, che si irrigidisce. «Io in quella gabbia di matti? Non scherziamo. Io sto bene per strada. Libero, senza orari, i miei libri da leggere. Senza nessuno che mi spegne la luce quando mi mancano poche pagine per finire una storia ».
Zita Dazzi
 
 

La Sicilia, 9.3.2016
Un tris d'assi
I "re Mida" degli ascolti rassicuranti, normali, buoni raccolgono il testimone della televisione generalista

Si parla di talent, di reality. Di X Factor e Masterchef. Ma a fare il pieno di ascolti sono Sanremo, Don Matteo e Montalbano. I primi fenomeni mediatici di nicchia, i secondi di massa, con ascolti quasi da Prima Repubblica, quando ancora non esistevano le decine di canali digitali e la pay-tv.
Quindici, dieci, undici milioni di spettatori, Sanremo, Don Matteo e Montalbano, tre grandi trionfi dell'inizio 2016 che hanno tutti in comune una caratteristica fondamentale: riportano la televisione alla sua forma tradizionale. Dopo anni di commistioni di linguaggi, di contaminazioni, di esperimenti, la tv generalista riscopre la sua forma primigenia e il motivo è semplice: ci sono tanti nuovi media che fanno il loro mestiere innovando. C'è la tv satel-litare, quella on demand, quella del web e via discorrendo, spazi in cui c'è lobbligo di innovare. La tv generalista, proprio perché generalista, questo bisogno lo ha di meno. Così come il pubblico che la segue e che premia, costantemente, indefessamente, le fiction tradizionali e con buoni sentimenti, senza violenze, parolacce, sorprese, che fa trionfare Don Matteo e Montalbano da tanti anni, e che probabilmente punirebbe negli ascolti proposte come House of Cards o Breaking Bad.
Sanremo, Don Matteo e Montalbano ristabiliscono l'ordine delle cose, visto che gli altri si occupano di innovazione, tanto vale incarnare la tradizione, restaurando le vecchie logiche che, seppur superate, ancora funzionano. Perché rassicuranti, accettabili, normali. Perché puntano su meccanismi legati alla memoria, al passato, al repertorio storico della televisione italiana.
Gli antichi avevano ragione, reperita juvant. Ripetere giova. E difatti Conti si è limitato a mettere insieme i cocci dei Festival targati Pippo Baudo con formati che si basano sull'imitazione, sul remake di storici programmi tv di successo, come Tale e Quale show e I Migliori Anni, che gli hanno permesso di diventare il dio unico della televisione pubblica.
Montalbano è il risultato della commistione di altri storici indagatori del piccolo schermo, dal leggendario commissario Maigret interpretato da Gino Cervi al Nero Wolfe nella memorabile versione di Tino Buazzelli. Come i suoi antenati, anche Montalbano è un burbero dall'animo gentile e si lascia andare davanti al buon cibo, non ha un buon rapporto con le nuove tecnologie. Un eroe vecchio stampo, modi spicci e ironia ficcante. Montalbano si confonde con i protagonisti dei noir americani e della storia del giallo (il vero romanzo popolare secondo Gramsci). Il personaggio modellato da Andrea Camilleri sulla carnalità dell'investigatore privato Carvalho di Manuel Vázquez Montalbán non sembra un poliziotto, veste in borghese (l'unico in divisa, Catarella, è fonte di risate) e opera come un detective da telefilm americano.
E chi è più rassicurante di un prete? Perfino una recente ricerca del Cnr lo ha confermato: "affidabili", "amicali", "coscienziosi", così i sacerdoti sono considerati dagli italiani anche nell'era di Spotlight, il film premiato con l'Oscar sullo scandalo dei pedofili in tunica. Don Matteo vince facile, anche perché si mostra più intuitivo dei carabinieri, protagonisti di un vasto campionario di barzellette.
In una tv nella quale il trash imperava (e continua ancora a condurre le danze del gusto), Sanremo, Don Matteo e Montalbano incarnano, in maniera complementare, il tanto vituperato genere nazionalpopolare. Sono facili perché utilizzano strumenti della letteratura e della cultura popolare, sono dotati di una narrativa scorrevole, sanno parlare alla maggioranza. Danno un messaggio positivo, fanno ridere, magari dopo aver versato una lacrimuccia, ma pur sempre nella bonarietà rassicurante del "piccolo mondo antico".
Giuseppe Attardi
 
 

La Repubblica, 9.3.2016
E ora Montalbano riparte dalle repliche

E ora, le repliche. Si parte lunedì prossimo con Il sorriso di Angelica (2013), Livia è quella di prima ma c'è caso che farà ascolti pari a qualunque fiction nuova originale e in prima tv. Ovvero Montalbano, che con il secondo episodio inedito – La piramide di fango – ha sbancato di nuovo, lasciando per strada qualcuno ma in misura fisiologica e, già che c'era, aumentando lo share al di sopra del 40 per cento. E stavolta eravamo in dimensione quasi hard-boiled, con vicenda strettamente poliziesca di morti, mafie ed efferatezze: ovvero, non si fa in tempo a dire quanto conti il lato sentimental-ambientale che arriva subito il Montalbano in missione per conto dei buoni – e speriamo che lo siano almeno tutti i dieci milioni di cui sopra. Alla fine di questa nuova tornata, l'unico dato lampante è quello di un sacco di gente che ritiene inconcepibile perdersi l'appuntamento col Commissario. Non è un risultato qualsiasi, in effetti.
Antonio Dipollina
 
 

Il Fatto Quotidiano, 9.3.2016
Sciò Business
Delitti in tv: come il “metodo Leosini” e Camilleri affrontano il lato oscuro

La decisione della Rai di eliminare la cronaca nera da Domenica In non ci fa certo soffrire perché il genere ci annoia fin da quando, eravamo molto piccoli, ci hanno rivelato quel che aveva combinato nonno Caino. Sicché da allora ogni delitto ci sembra un dejà vu, sappiamo che non siamo “buoni”, ma ci siamo anche convinti che ci conviene esserlo, altrimenti la vita diventerebbe un costante inferno.
Quando l’equilibrio si rompe, magari con la spinta di droghe, succede quel che è successo un paio di giorni fa, con quel “delitto per provare”, parente stretto di tanti episodi simili come l’uccisione di Meredith a Perugia o le imprese di Ghira e soci nella villa al Circeo. Fra l’altro, “delitto chiama delitto” perché ne fa venire a galla la propensione nelle persone più diverse sotto forma di invocazioni alla pena di morte, che non è vendetta (la capiremmo) ma mansione affidata alla burocrazia in funzione di scongiuro. Per cauterizzare “fuori di noi” un problema che in realtà ci spaventa tanto perché, in fondo in fondo, sappiamo che è in noi, anzi (misteri della selezione naturale che ci ha formati) è “noi”.
Materia, come è evidente, altamente e facilmente infiammabile, che pervade la vita sociale, che occupa i pensieri delle persone, che ne condiziona il reciproco rapportarsi.
Ovvio quindi che un editore televisivo (anzi, come s’usa dire oggidì, multimediale) debba occuparsene. Tutto sta a vedere “come”. Di certo non surfando le onde della meraviglia e dell’orrore, a base di “signora mia che mi dice!” e “a che punto siamo arrivati!”. Non, insomma, facendo l’ufficio stampa di chi commette delitti. Ma esplorandone le condizioni e le motivazioni per irrobustire i contenitori culturali che tengono a bada le forze (o le debolezze) che ci espongono al commetterli noi stessi, quegli orrendissimi delitti.
Esempi di trasmissioni che sanno cimentarsi con il nostro lato oscuro ce ne sono e ne citiamo due, uno giornalistico, ed è il metodo Leosini, l’altro narrativo, e ci riferiamo a Camilleri e al suo Montalbano.
Leosini de-mostrizza quelli che nella fase della cronaca abbiamo conosciuto come “mostri”. Ce li fa apparire normali e, quindi, ci fa capire che mostri si diventa. Montalbano (a proposito, nella seconda puntata quasi un milione di spettatori in meno, ma un paio di punti di share in più), si sa, è infallibile con gli autori dei delitti innanzitutto perché li comprende, ancora prima di scovarli. In entrambi i casi, altro che lanciare gridolini in un talk show, prima di arrivare alla trasmissione c’è un grande lavoro sulle carte istruttorie, nel caso di Leosini, nella scrittura di trame, personaggi e motori delle azioni, da parte di Camilleri. Messa così, rassegniamoci al fatto che in tv il delitto paga. Tutto sta a non ridurlo a cronaca, ma metterlo in modo che il gioco valga la candela.
Stefano Balassone
 
 

TvZap, 9.3.2016
Montalbano le nuove puntate con Mimì Augello, Cesare Bocci: ‘Diventiamo adulti’

Archiviati i due ultimi episodi con record d’ascolti, la troupe è pronta a girare nuove scene in onda nel 2017 e nel 2018. Al fianco di Luca Zingaretti da 18 anni, l’attore racconta il ‘suo’ commissario
Montalbano è finito, Montalbano sta per tornare. Andate in onda le due nuove puntate “Una faccenda delicata” e “La piramide di fango” dopo una astinenza durata quasi tre anni, da quel maggio 2013 in cui andò in onda “Una lama di luce“, i telespettatori possono stare tranquilli. Non rimarranno per troppo tempo in astinenza da Montalbano. La Rai infatti manderà in onda sei repliche (si comincia da “Il sorriso di Angelica” lunedì 14 aprile) e nel frattempo cominceranno le riprese per i 4 nuovi episodi che saranno poi trasmessi nel 2017 e nel 2018. Una cosa è certa, al fianco di Luca Zingaretti ci sarà sempre lui, Cesare Bocci che da 18 anni interpreta Domenico Augello, detto Mimì, il numero due del commissariato di polizia di Vigata.
Bocci, non si è ancora stufato dopo tanto tempo?
«Per nulla. Anzi, non vedo l’ora di girare la nuova serie, ad aprile. Abbiamo iniziato che eravamo bambini, ora debuttiamo nel mondo degli adulti (ride, ndr). Per un attore è sempre bello cambiare, ma Montalbano fa eccezione, perché i dialoghi sono scritti talmente bene che basta cavalcarli. E poi siamo diventati una famiglia, dentro e fuori dal set: tra di noi non ci si annoia mai».
Quest’anno avete avuto ospiti: Sonia Bergamasco, la nuova Livia.
«Sonia è un’amica, avevamo già lavorato insieme nella serie tv “Una grande famiglia”. Poi è una professionista eccellente e una donna straordinariamente intelligente, che è riuscita a integrarsi perfettamente in un meccanismo già rodato. Abbiamo fatto un gran lavoro di forchetta: per compensare le poche scene che dovevamo girare insieme, ci abbiamo dato sotto con le cene. In Sicilia si mangia proprio bene».
Dica la verità, è diventata un po’ una seconda casa, o no?
«Sì, proprio così. Tutti noi fan di Montalbano siamo fieramente siciliani d’adozione. È una terra di grande cultura e storia. Ci ha dato tanto».
La vostra squadra ha ricambiato egregiamente. Grazie a Montalbano c’è stato un incredibile boom turistico.
«Vero. Hanno montalbanizzato tutto. Sono nati perfino molti tour operator che organizzano gite nei luoghi dei ciak. E poi, solo nel ragusano puoi mangiare una pizza Augello o bere un amaro Catarella».
Una soddisfazione.
«La più grande è essere presi d’assalto, quando siamo sul set, da gruppi di emigranti italiani che cercano di scavalcare le transenne e di bypassare la security per conoscerci, perché in questa serie tv ritrovano i simboli del Paese che anni prima hanno dovuto abbandonare. Qualche tempo fa fui circondato da alcuni italo-australiani che mi dissero: “Mimì, siete l’orgoglio dell’Italia. Grazie a voi possiamo far vedere le nostre bellezze e i nostri valori anche agli amici stranieri”. I siciliani sono così. La loro fiducia te la devi conquistare con impegno, ma dopo sanno essere capaci di una generosità straordinaria. Una peculiarità che riconosco anche a Luca Zingaretti, benché sia nato a Roma e, purtroppo per lui, sia anche romanista (Bocci è laziale, ndr)».
Si è montalbanizzato o se lo ricorda così fin dall’inizio?
«Luca è sempre stato così, integerrimo, onesto, gran lavoratore. Un mediano, direbbe Luciano Ligabue: ha giocato a calcio per lungo tempo e gli è rimasta dentro quella forza del combattente, che lo rende perfetto per incarnare l’eroe di Camilleri. Compreso il suo essere “fumantino”».
A proposito di Camilleri, vi viene mai a trovare sul set?
«In passato è venuto e ho avuto il privilegio di imparare una cosa preziosissima da lui».
Di che cosa si tratta?
«La pausa dell’attore. Lui ce l’ha innata. Collega il cervello alla parola e inizia ad affabulare. A quel punto, la platea è tutta e solo sua».
Barbara Cangiano
 
 

Tagadà - La7, 10.3.2016
Walter, il clochard che ama leggere Montalbano
Cliccare qui per vedere il servizio in video

Walter, il clochard ormai famoso in tutta Italia per via della sua passione per i libri di Andrea Camilleri che narrano le storie di Montalbano, vive da tre anni sotto un portico a Milano. L'autore siciliano appresa la notizia gli ha fatto recapitare un suo libro autografato. Walter ha apprezzato ma ha inviato un messaggio a Camilleri: 'Non ho casa, leggo volentieri ma quando ho finito lo lascerò in giro così qualcuno avrà lo stesso piacere che ho avuto io...'
 
 

La Sicilia, 10.3.2016
SMSicilians
Montalbanaggine

A Milano c'è un povero cristo, uno dei tanti, che dorme per strada a due passi dal Duomo. Qualcuno ha notato che, mentre se ne sta sdraiato sul suo letto di cartone, accanto alla vetrina illuminata che gli fa da lampada sul comò, non solo tiene in mano un libro ma soprattutto lo legge. E' una delle avventure di Montalbano, caspiterina. Un passante incuriosito, che poi è uno dei quarantadue milioni di giornalisti più o meno professionisti attualmente in servizio permanente effettivo e sociale in Italia, gli chiede vita morte e miracoli: 53 anni, ex barista licenziato, quando si è separato è finito per strada e sono già passati un paio d'anni. L'autore dello scoop - cavoli che scoop - aggiunge che il clochard non socializza e non si distrae "perché è tutto preso dalla lettura" e che la gente che lo conosce gli regala libri che lui legge e poi ovviamente abbandona. La storia (insomma, storia: 140 caratteri) diventa un tweet che poi diventa un caso che poi dà modo ad Andrea Camilleri di parlare di trionfo della letteratura, o qualcosa di esageratamente simile. Annuncia pure, il papà di Montalbano, l'intenzione di donare i suoi libri "a quel ragazzo che dorme per strada". Bell'idea. Non casuale nei giorni di trionfo d'ascolti in televisione. Magari adesso al "ragazzo" regalano anche una biblioteca da trolley, la collana completa delle avventure di Montalbano in Dvd e quindi con un tablet e quindi con un caricabatteria ricaricabile con l'energia solare. Il povero cristo avrebbe detto che per vivere non gli serve molto. Il libretto che teneva in mano e che una volta finito mollerà chissà dove, lo dimostra.
Michele Nania
 
 

Panorama, 16.3.2016 (in edicola 10.3.2016)
L'intervista
«Degli Esposti sono. E di Montalbano ho fatto un divo tv»
È il produttore del commissario dei record. Ma non solo: suo il fenomeno Braccialetti rossi e molti film da botteghino. Per la prima volta ammette pregi e difetti. Suoi, della Rai e di Zingaretti. E del suo successo dice: «Seguo la pancia».
«Non sarò mai abbastanza grato a Elvira Sellerio che mi obbligò a leggere i romanzi di Andrea Camilleri»

Alla fine, neppure Carlo Degli Esposti, che del Commissario Montalbano è il padrino spirituale oltre che produttore, riesce a capire come faccia quel maschio alfa siciliano, solitario, perbene e sciupafemmine a essere così impermeabile a mode tv, trasformazioni della società, decadi (il primo episodio è del 1999). Ogni volta che il poliziotto di Vigata va in onda supera se stesso, stabilisce un nuovo record di audience. È la finale di Champions dell'evasione intelligente, il Festival di Sanremo della fiction. Due figlie, una moglie paziente, 62 anni e 40 mila follower su Twitter, Degli Esposti è uno che parla raramente.
E dire che nel suo carnet, commissario a parte, ci sono altri titoli che hanno fatto il botto: Braccialetti rossi, fenomeno sociale oltre che televisivo, I delitti del BarLume con Filippo Timi, la web serie Lontana da te e naturalmente II giovane Montalbano; non solo, ci sono anche i film: Perlasca, Noi credevamo, Il giovane favoloso. Intendiamoci, non che gli sia andata sempre così bene, ha i suoi bei flop nel curriculum, ma è da una quindicina di anni che vola alto. E la metafora non è casuale: «Il mio mantra è sempre stato: "Contano le ore di volo, come per i piloti". Cioè, l'esperienza, l'aver rischiato, imparato e sbagliato, volando».
Bisogna sapere stare alla cloche, però.
Ho la terza media. Sono stato bocciato in prima e in seconda liceo. Non me ne sto vantando, al contrario, ho faticato per farmi le basi culturali che avrei dovuto capitalizzare a scuola. Ho letto però tanto. Di notte.
Un incipit da romanzo, quasi un po' da Charles Dickens.
A 38 anni ero amministratore unico di Cinecittà: fu l'unico periodo in cui si chiuse il bilancio in attivo.
Poi è arrivata la Palomar, la sua casa di produzione: ha rubato il nome al romanzo di Italo Calvino?
Il nome, beh, ce lo suggerì Giorgio Manganelli.
Manganelli lo scrittore: che c'azzecca?
Un giorno passò dall'ufficio, gli chiedemmo: «Tu che sei bravissimo con le parole, dacci un'idea». Si mise a pensare, e con la sua erre moscia rispose: «Chiamatela Palomar, come il monte, l'osservatorio da cui si guarda lontano e dall'alto. E così Calvino s'incazza».
Lei ha visto lungo con i romanzi di Andrea Camilleri.
A un certo punto della mia vita, ho smesso di pensare e di ragionare sull'audience, ma ho ascoltato l'emozione che mi nasceva leggendo un libro o ascoltando un progetto. Una sicurezza che arriva dalle ore di volo.
Che cosa vuol dire?
L'organo che ascolto di più è la pancia, da cui faccio transitare le emozioni a cuore e cervello. Faccio solo ciò che non posso non fare.
Un gioco di parole? Ma il trucchetto sta funzionando: la reclamano in Rai, a Mediaset, a Sky. Troppi allori: sveli la lista dei suoi difetti.
Essere incapace di coltivare un minimo di ipocrisia.
Non suona proprio come un difetto.
Eh sì, che lo è. In tante occasioni non sono riuscito a stare zitto mentre avrei dovuto tacere.
In passato, a certe riunioni Rai, si dice.
Sì. Ma anche in generale, nella mia vita.
Un altro tallone d'Achille?
Non distinguo la vita privata dal lavoro.
Le più grandi soddisfazioni?
La più vicina è di pochi giorni fa: una ragazza mi scrive su Twitter, «Grazie signor Carlo. Lei è una di noi». Una di noi !?! Un'altra grande emozione fu quando mia moglie mi disse di essere incinta. La più lontana soddisfazione invece risale a un lunedì mattina, ore otto: squilla il telefono in ufficio, rispondo io perché la segretaria non era ancora arrivata; dall'altro capo del filo c'è Sergio Silva, supercapo della fiction e del cinema Rai. Mi dice: «Ho letto i libri di Camilleri, bellissimi». Dieci minuti dopo ero da lui: quella fu la data di nascita del Commissario Montalbano tv. Non sarò mai abbastanza grato a Elvira Sellerio che mi obbligò a leggere i romanzi. Era il 1998, giusto? Avrebbe mai scommesso su una simile tenuta del suo Salvo?
Un successo così, no, non l'avevo previsto, sia per come è stato accolto in Italia, sia per essere stato venduto in 65 Paesi. Però, quando ho letto Camilleri, ho sentito un'emozione fortissima.
Al solito, la pancia. Immaginava che quest'anno superasse gli 11 milioni di spettatori?
Era da 15 giorni che giravo dicendo: «Se non fa il 40 per cento, cambio mestiere».
Le è andata bene. Le tocca fare ancora il produttore. Cos'ha Montalbano per bucare lo schermo?
Richiama l'identità sana degli italiani, l'Italia giusta.
Luca Zingaretti ha un po' polemizzato sulle infinite repliche. Sostiene che il personaggio perda freschezza. È d'accordo?
Luca è uno stupendo attore che interpreta Montalbano benissimo: ne fa un uomo tutto di un pezzo e mai soddisfatto. Ci sta che anche nella vita Luca abbia qualcosa per cui protestare.
Lo sa che a Porto Empedocle c'è una statua che rappresenta il «vero» Montalbano, con barn' e capelli, come descritto da Camilleri. Non il vostro calvo e un po' tarchiato...
Calma, Luca è... molto snello. E siamo stati fedeli all'anima del personaggio. È questo che conta.
Ammetta: Braccialetti rossi le è esploso in mano. Non si aspettava un simile fenomeno.
Sbaglia. Il libro di Albert Espinosa mi ha dato un pugno nello stomaco: mi ha «obbligato» a girare la serie.
Si è fatto un'idea di cosa funziona?
I miti classici: quando in scena ci sono i grandi temi, l'onore, l'amicizia, il rapporto vita-morte. Anzi, le dirò di più: vorrei essere la sommatoria dei miei personaggi.
Spieghi meglio, per favore.
Vorrei avere il senso di giustizia di Montalbano, il coraggio di Giorgio Perlasca, la forza per lottare dei ragazzi di Braccialetti e lo sguardo lontano di Giacomo Leopardi.
In queste settimane si parla tanto di tv del futuro. La sua opinione?
Non esiste un prodotto vecchio o nuovo: è una pippa degli analisti. Casomai, bello o brutto, emozionante o freddo.
E della «nuova Rai» cosa dice?
Ho trovato geniale la mossa di mettere Rai4 sul satellite. E sulle scelte dei dirigenti, beh, perché non scommettere sui giovani? Anch'io fui subissato di critiche quando arrivai neanche quarantenne alla guida di Cinecittà.
E il suo futuro invece cosa prevede?
Ancora Camilleri e una fiction per Mediaset.
Che ne è del suo sogno di girare un Conte di Montecristo tv?
Le pare che vi abbia rinunciato? No! Quello è stato il mio romanzo di formazione e prima o poi lo produco.
Niente altro?
Palomar è una delle pochissime case di produzione dove non è presente capitale straniero. Mi piacerebbe creare un gruppo tutto italiano, che si faccia onore anche all'estero.
Ci metterebbe la faccia, «di persona pirsonalmenti», per citare Catarella?
Naturale! A patto che la pancia mi dica di farlo.
Stefania Berbenni
 
 

Il Foglio, 10.3.2016
Montalbano è
Dieci cose notevoli sul perché il commissario di Rai Uno è un grande successo di nicchia dilatata

Elenco delle cose notevoli e peraltro già note per le quali Il commissario Montalbano è un gran successo della televisione pubblica da 17 anni.
1. Il protagonista è ben stondato, ma non troppo, se no diventerebbe un personaggio letterario (vedi Simenon su Maigret). Il merito è dello scrittore.
2. L’attore è bravo e azzeccato (per quanto Camilleri non approvasse). Piace alle donne, 60 per cento del pubblico, ma non trasmette agli uomini ansie da confronto prestazionale. Il fatto che sia andato benissimo anche Il giovane Montalbano dimostra che è più merito del personaggio.
3. Le trame complesse quel tanto da gratificare la media intelligenza (l’effetto Mike Bongiorno di Eco), ma alla fine a prova di cretino.
4. La lingua. Come sopra: il siciliano artificiale di Camilleri sembra ignoto ma è comprensibilissimo, ciò gratifica anche lo spettatore del Triveneto.
5. La Sicilia immota, da cartolina ma non troppo, come tutti amano sognare che sia. Da lombardo, a scrivere della Sicilia rischio l’effetto Luchino Visconti quando scoprì Acitrezza: “A me lettore lombardo, pur così affezionato al bel cielo di Lombardia, così bello quando è bello…”. Però ha fatto lo stesso effetto ad Alberto Sironi, regista lombardo della serie: “Mi sono innamorato di quest’angolo di Sicilia, dei suoi muretti a secco, dei suoi colori… Camilleri ambienta le storie nel suo passato, a Porto Empedocle, in luoghi che non esistono più. Quello che abbiamo fatto è stato introdurre un personaggio che nei romanzi non c’è: il paesaggio”. Il barocco, il mare: quel che lo spettatore compra è une certaine idée de la Sicile.
6. Un rassicurante senso di immobilità. Mai un’auto parcheggiata, strade vuote, vagamente metafisiche, il tempo assente. La Fiat Tipo è stata prodotta dal 1988 al 1995, ne avranno vendute quattro, ma tutte a Vigàta, che appunto è immaginaria. Il primo romanzo di Camilleri è del 1994. Ma la Fiat Tipo convive con telefonini di un decennio più giovani, con calici da vino che in una trattoria siciliana non si sono mai visti prima degli anni Zero del Terzo millennio (metà anni Zero).
7. Riti e repliche. L’ultimo episodio, lunedì sera, ha raccolto il maggior ascolto fra tutti i 27 finora trasmessi: 10 milioni 333 mila spettatori, 40 per cento di share. In più di cento repliche, la media di ascolto è stata di 5 milioni, share del 22 per cento.
8. La vampa d’agosto. Montalbano è stato il primo tv movie a introdurre una dose costante di erotismo non castigato nella prima serata di Rai Uno. Diciassette anni dopo non c’è partita, un tv movie come Non uccidere, una serie americanizzante e ben fatta, ha una serializzazione del sesso più esplicita. Ma fa ascolti minimalisti: la vampa, a Torino non accende.
9. La mafia esiste ma poco. Nessun raffronto con le Piovre o Squadra antimafia. Qui è sempre un sentore, sfumato e di maniera. La dimensione politica è ovattata. Ma più che la mafia, a non esistere è l’antimafia (vedi: retorica dell’antimafia).
10. Con i suoi trionfali numeri, Montalbano resta un prodotto di nicchia dilatato, non un prodotto di tendenza. Il pubblico che si appassiona alla quarta stagione di House of cards ha un rapporto magari nevrotico con il mondo e il potere, ma molto contemporaneo. Il pubblico di Rai Uno ha un rapporto sentimentale (il sentimentalismo è un’altra forma di nevrosi, non la sua assenza) più che altro col passato. Anche i bambini, in Rai, sognano soprattutto nonni. L’isola che non c’è è come una casa al mare.
Maurizio Crippa
 
 

TVBlog, 10.3.2016
La squadra di Montalbano alla quarta di Ballando con le stelle 2016 (Anteprima Blogo)
Anticipazioni sulla quarta puntata di Ballando con le stelle 11

In principio doveva essere Conchita Wurst, poi fu Valerio Scanu, che interpretò in maniera superlativa la vincitrice dell'Eurosong 2014. Poi arrivò Alessandro Del Piero che stupì pubblico in studio e a casa con un grandissimo tango. Nella terza puntata, andata in onda lo scorso sabato, è arrivato Morgan ed ora chi ci sarà nel delicato ruolo di ballerino per una notte alla quarta emissione dell'undicesima edizione di Ballando con le stelle?
Ebbene, non sarà solamente uno il ballerino per una notte di sabato 12 marzo, ma almeno due. Si tratta di Mimì Augello e Agatino Catarella, all'anagrafe rispettivamente Cesare Bocci e Angelo Russo, direttamente dalla fiction di grande successo di Rai1 Il Commissario Montalbano. Saranno loro due a danzare sulle tavole del palcoscenico dell'auditorium del foro italico in Roma per guadagnare punti per la coppia in gara scelta da Carolyn Smith.
Nei due episodi inediti la fiction interpretata da Luca Zingaretti ha ottenuto altri due "ascoltoni" superando la barriera dei 10 milioni di telespettatori, con il 40% di share. Numeri davvero d'altri tempi, sopratutto con l'attuale panorama televisivo pieno di nuove realtà. Ebbene, direttamente da questa fiction, sabato prossimo su Rai1 vedremo Bocci e Russo ballare e chissà che insieme a loro non ci possa essere una sorpresa. Il menu della serata prevede la gara fra i concorrenti reduci dalle due eliminazioni che hanno visto uscire dallo show di Rai1 prima Lando Buzzanca e poi Pierre Cosso.
Non resta che attendere la puntata di sabato prossimo, la quarta, di Ballando con le stelle 2016.
Hit
 
 

La Repubblica, 11.3.2016
Da Mehta a Pollini l'appello: aprite gli archivi Verdi e Puccini

Maurizio Pollini, Zubin Mehta, Riccardo Chailly, e poi Barenboim, Pappano, ma anche Fo, Camilleri, Arbasino, Bertolucci: 50 intellettuali in una lettera al presidente Mattarella e al ministro Franceschini, domani su denunciano la chiusura degli archivi privati di Giuseppe Verdi a Sant'Agata e di Giacomo Puccini a Torre del Lago e chiedono che siano resi consultabili.
 
 

L’Eco di Bergamo, 11.3.2016
Montalbano vincente in un mondo senza stress

Una delle cose più sorprendenti delle tante che si vedono in una puntata del Commissario Montalbano è che ha ancora una Fiat Tipo. Una Fiat Tipo blu per l’esattezza, e verrebbe quasi da scrivere bleu, come si faceva fino a qualche decennio fa, tanto è vintage. La Tipo è un’auto che ha almeno una ventina d’anni, essendo stata prodotta tra il 1988 e il 1995, e da qualche mese la casa madre ne sta proponendo un nuovo modello che di quella conserva solo il marchio.
Quando sulle nostre strade sfrecciava la Tipo, il Muro di Berlino era appena caduto e l’euro era fantascienza. Perciò si stenta a dire se quella del commissario sia euro 2 o 3 o, più probabilmente, non contempli nemmeno questo genere di parametri. Anche perché, a Vigata, più che le polveri inquinanti, di sottili ci sono certe lame che di tanto in tanto fanno secco qualche povero diavolo, e le targhe alterne sono un grattacapo sconosciuto.
Dunque, quella del poliziotto più amato dagli italiani (ascolti oltre i dieci milioni di spettatori, in quota Sanremo o partite serie della Nazionale di calcio) non può che essere una macchina un tantino sgangherata e con i cerchioni ammaccati. Il padrone non è tipo che si formalizza e bada al sodo. Però, questa cosa della Tipo è divertente perché dà l’idea del successo della serie di Raiuno, tratta dai libri di Andrea Camilleri e prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti.
Si fa presto a dire «Montalbano è rassicurante». In realtà è molto più di questo. Possibile che riusciamo a invidiare una Tipo blu senza chiusura centralizzata e finestrini elettrici? Possibilissimo, prigionieri come siamo di una tecnologia più croce che delizia. Quella Fiat Tipo è uno status symbol al contrario, sinonimo di indipendenza dalle tendenze, del farsi i fatti propri, di modi spicci ma giusti. Il suo padrone vive in un tempo e in un luogo particolari, quasi una dimensione sospesa tra sole, mare e una schietta cucina mediterranea. Soprattutto, vive senza l’urgenza della contemporaneità: per la critica televisiva categoria discriminante delle fortune di una serie o di un film. Paradossalmente, proprio la non ricerca dell’attualità è uno dei principali segreti del successo della fiction. Tanto più se consideriamo che il vintage non è mai stato così di moda.
Per intenderci, arriva la prima interruzione pubblicitaria e siamo bombardati di spot dei nuovi modelli di Suv e Crossover che sfrecciano tra i grattacieli, con il sistema uconnect e i portelloni che si aprono con un battito di ciglia. Si è da poco concluso il Salone di Ginevra e il settore dell’auto è tra quelli che trainano la ripresa. Ma di tutto ciò, giustamente, Montalbano se ne «strabatte i cabbasisi». Anche perché a Vigata le strade sono semideserte, i semafori non esistono, la Tipo mai che finisca in una coda o incroci un’auto che procede in direzione opposta, nelle indagini spesso si deve avventurarsi su strade sterrate e il doppio bluetooth sarebbe francamente superfluo. Per la verità, serve pochino anche il cellulare. In casa, più spesso a torso nudo in terrazza, il commissario usa un avveniristico cordless, in ufficio un fisso, e dello smartphone non si intravedono neanche gli antenati.
Beato Montalbano. Fa il lavoro che gli piace, mangia, dorme e ogni tanto quella terza cosa con l’eterna fidanzata. Invidia: molto anche per quel vivere con lentezza, per quell’assenza di stress, per il tempo sospeso, i ristoranti in riva al mare con i tavoli sempre liberi e nessuna ressa, le nuotate con l’acqua tutta per lui. Come le strade.
Maurizio Caverzan
 
 

Il Sussidiario, 11.3.2016
Spillo TV
Don Matteo e Montalbano, la fiction che batte la "morbosità" di Quarto grado e co.

La seconda puntata inedita de Il Commissario Montalbano ha realizzato un ascolto record: 41% di share con 10.300.000 telespettatori. La prima era arrivata al 39% con più teste, 10.700.000. Ascolti da tv unica della Corea del Nord. C'è anche un'altra fiction targata Rai giunta alla sua decima edizione che non ha gli stessi numeri, ma si assesta a una media del 30% con 7.500.000 spettatori, Don Matteo. Ergo, le due fiction piacciono al pubblico. Perché questo enorme successo?
Hanno due stili completamente diversi. Montalbano è girato in Sicilia, mare, silenzio, immagini da cartolina, cielo sempre azzurro. Inquadrature fisse, movimenti lenti così come lo sono le scene. Una regia pulita e ferma. La scrittura è tratta da Camilleri, ma sicuramente Zingaretti è un fenomeno, ed è entrato nell'immaginario dei telespettatori così come l'inesistente Vigata.
Aldo Grasso ha scritto che la prima puntata della nuova serie ritraeva un commissario buonista, ma questo non ha allontanato nessuno, anzi, visti gli ascolti della seconda puntata. Così come hanno spopolato nei periodi estivi le repliche.
Don Matteo, ha meno share di Montalbano, ma è arrivato alla sua decima edizione e… non è paglia! Anche qui siamo in luogo a misura d'uomo molto ridente e accogliente, la regia è più movimentata, ma non asfissiante. Terence Hill, famoso con Bud Spencer, impersona il prete investigatore ricordandoci il Renato Rascel di chestertoniana memoria. Anche Terence è insuperabile, tanto che ha già fatto tre edizioni di Un passo dal cielo, una versione senza tonaca con ambientazione in Alto Adige che però non ha avuto i fasti del sacerdote umbro.
Sono due fiction semplici ma ben definite: c'è il cattivo, il buono, la legge. Due parole sui personaggi non protagonisti di entrambe le serie. Sono tutti azzeccati, il casting è stato fatto in maniera oculata, precisa e attenta ai dettagli. Le caratterizzazioni sono ben definite, ma non mettono in ombra le due star, sono di contorno, ma non sono un di meno. Anche se la Belen di Don Matteo potevano pure lasciarla a casa. Poi gli attori in questione sanno recitare, non come Garko e compagnia nelle serie targate Mediaset.
Veniamo al tema. Sono due programmi che raccontano storie di crimini. Ormai siamo subissati dalla tv del dolore e del sangue: Pomeriggio 5, Domenica Live, Quarto Grado, Chi l'ha visto? Storie maledette, i telegiornali, ecc., tutti affrontati, chi più chi meno, in maniera morbosa. In Montalbano e Don Matteo tutto è più lieve, sfumato, ci sono anche qui i morti ammazzati, però mai fatti vedere in maniera truculenta e horror.
L'italiano medio arriva a casa dopo una giornata di lavoro, subissato da far quadrare il bilancio familiare, stanco della politica e degli orrori della cronaca nera dei tg, si mette in poltrona e vuole rilassarsi. Ci sono un prete e un commissario entrambi vecchio stile, che ci riportano a una tradizione passata, ma che ci danno sicurezza senza esasperarci con interpretazioni sopra le righe. Con una regia discreta e non nevrotica, in luoghi ameni e rilassanti.
Gianni Foresti
 
 

La Repubblica, 11.3.2016
È ora di ricreazione con l'Isola dei Famosi

È partita l'annuale ricreazione dell'Isola dei Famosi (Canale 5 il mercoledì, ma solo questa settimana per non finire contro Montalbano, si riprende lunedì contro le repliche di Montalbano, uno che se capitasse lì farebbe una strage vera). Aspettando che si alzino voci contro il trashume intollerabile, meglio registrare tecnicamente l'accaduto. Nell'esordio, molto visto e da quasi tutti quelli che animano il web, ci sono stati momenti clou del genere "Mamma gli ho visto il pisello", riferito alla nobile parte di Giacobbe Fragomeni, ex pugile campione del mondo quando la boxe era finita da vent'anni. Succede sulla spiaggia dove girano nudi, invece sulla spiaggia nobile ci sono concorrenti nobili, tra cui Simona Ventura. L'insieme rimane sospeso tra la tentazione di chiamare la Polizia e il divertimento sganasciante da festa delle medie al villaggio turistico. Ma chi si scandalizza vuol dire che la guarda, e quindi sono fatti suoi.
Antonio Dipollina
 
 

La Repubblica, 12.3.2016
"Ispirati dagli archivi 2016". Alla scoperta dei documenti che non ti aspetti
Dal libretto universitario di Umberto Eco, ai gattini di uno storyboard di cinema. Sarebbero migliaia di chilometri di carte, se fatte uscire dai faldoni e messe in fila. Ora in mostra, durante una settimana di eventi organizzati in tutta Italia dall'Associazione nazionale archivisti

"Archiviare è uguale a dimenticare. Ecco cosa significa questo verbo nel linguaggio comune, oggi. Eppure, gli archivi sono esattamente l'opposto". Le parole di Andrea Camilleri, testimonial dell'evento "Ispirati dagli archivi 2016" dal 14 al 19 marzo in tutta Italia, aprono uno spiraglio di luce su quelle pagine preziose che custodiscono la storia del Paese e del suo patrimonio artistico e culturale. Spesso relegate al buio degli scaffali, a quello della segretezza di Stato o, più spesso, solo a quello dell'ignoranza.
L'associazione nazionale archivisti italiani (Anai) promuove una settimana di eventi in tutta Italia per non dimenticare la ricchezza del patrimonio archivistico del nostro Paese e sensibilizzare cittadini e istituzioni sull'importanza della sua tutela. Per alcuni di loro gli archivi pubblici dello Stato, circa ventimila, sono già un bene prezioso, il principale strumento di lavoro e un luogo di inesauribile fascino: storici, giornalisti, ricercatori. L'invito ora è rivolto a tutti, perché gli archivi parlano di ciascuno, essendo la memoria di tutti. Secoli di sapere, vite, storie.
[...]
Gli archivi sono l'opposto del dimenticare. "Sono eternamente vivi. Memoria palpabile del nostro passato", ribadisce Camilleri. In un paese dove le stragi degli anni di piombo non hanno colpevoli e la trasparenza dell'Amministrazione pubblica è ancora una chimera, l'archivio resta l'ultima speranza di scrittori, storici, giornalisti, ricercatori. E si fa studiare, proprio da un gruppo di ricercatori italiani a Londra, che hanno ricevuto un finanziamento Erc per approfondire la storia degli archivi italiani. Almeno quelli, per ora, non si muovono.
Alessandra Borella
 
 

UnoMattina in famiglia, 12.3.2016
Omaggio ad Andrea Camilleri
Cliccare qui per vedere la puntata integrale (vedere dal minuto 1:03:25 al minuto 1:14:50)
 
 

L’Osservatore laziale, 12.3.2016
Soldi pubblici
Commissario Montalbano, Assotutela: "Finanziamenti in odore di conflitto di interessi"
Il 27 febbraio 2014 i consiglieri regionali del Lazio del Movimento 5 Stelle interrogarono il governatore del Lazio Nicola Zingaretti in merito ai finanziamenti elargiti alla serie

Regione Lazio - 400 mila euro per il Commissario Montalbano. Questa la cifra stanziata dalla Regione Lazio, per l'esattezza 399.559,37 euro, con la determina del 10 dicembre 2013, n. G0397. A beneficiare dell'intervento regionale per il cinema e l'audiovisivo la società Palomar SpA, che insieme a Rai Fiction è stata la produzione della famosa serie ispirata al personaggio di Camilleri.
Ma, oltre al finanziamento della Regione Lazio, anche la Regione Sicilia è intervenuta con il così detto "DDL Montalbano", a sostegno della fiction. Il "ddl Montalbano" ha previsto, infatti, l’istituzione di un "Fondo produzioni audiovisive seriali con carattere ciclico e continuativo", partito con una dotazione di 200 mila euro allo scopo di offrire un sostegno ai film che abbiano un pregresso di produzione e programmazione almeno triennale e che siano già inseriti nei palinsesti di emittenti televisive aventi una diffusione almeno nazionale. Per ciascun singolo episodio, non inferiore ai 45 minuti, l’aiuto economico sarà di 50 mila euro.
Conditio sine qua non per accedere al sostegno economico regionale la presenza di location siciliane pari ad almeno il 51% del montato definitivo di ogni singola serie (e non necessariamente di ogni singolo episodio) e che impegnino un cast tecnico composto almeno dal 51% di maestranze siciliane.
"Zingaretti finanzia Zingaretti - commenta il presidente di AssoTutela e candidato sindaco di Roma Michel Emi Maritato - Il commissario Montalbano - prosegue - prodotto con contributo regionale. Ci auguriamo di aver preso un abbaglio, di avere letto male mentre i titoli di coda scorrevano velocemente ma ci sembra proprio che la nuova serie del commissario Montalbano, in onda il lunedì su Rai 1 con protagonista principale Luca Zingaretti, abbia ricevuto il contributo che la Regione Lazio riserva alle produzioni audiovisive. Siamo d’accordo con gli aiuti che un ente territoriale riserva a settori produttivi tanto importanti per il nostro territorio, - evidenzia Maritato - opportunità vorrebbe però che una serie in cui recita il fratello del presidente dell’ente finanziatore non ricevesse fondi dallo stesso. C’è vago odore di conflitto di interessi… Chi non ricorda - continua Maritato - nella campagna elettorale per le regionali del 2013 le migliaia di manifesti che hanno tappezzato Roma, con il faccione sorridente di Nicola che sembrava la fotocopia di Luca? Secondo noi, - conclude Maritato - senza tale facilitazione, l’attuale presidente regionale difficilmente sarebbe al suo posto. Fama volat. Per questo chiediamo di rescindere tali vischiose compromissioni, non sono salutari per nessuno".
La questione "conflitto di interessi" fu sollevata precedentemente il 27 febbraio 2014 dai consiglieri regionali del Lazio del Movimento 5 Stelle che interrogarono il governatore del Lazio Nicola Zingaretti in merito ai finanziamenti elargiti alla serie del Commissario Montalbano, chiedendo quali provvedimenti si intendesse adottare per evitare ipotesi di conflitto di interessi, evidenziando quindi lo stretto rapporto di parentela tra l'attore principale della serie Luca Zingaretti e il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
 
 

L'Indipendente di Sicilia, 13.3.2016
Libri&Vita. “Quanto vale un uomo” di Andrea Camilleri. Un libro che intreccia storia, teatro e narrativa

Un libro che unisce storia, teatro e narrativa. Un nuovo esperimento di Andrea Camilleri che coglie nel segno, che fa emergere l’importanza di storie dalla valenza culturale, etica, simbolica. Tre storie, che in realtà si potrebbero definire delle idee di storie o ispirandosi al dibattito contemporaneo epistemologico della filosofia della scienza, tre nuclei di idee, sviluppate in maniera originale. Da semplici canovacci ad elaborazioni più strutturate, ideate dalla maestria scritturale e narrativa di Camilleri e portate in scena da tre prestigiosi interpreti contemporanei, protagonisti del calibro di Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini. Stiamo parlando del libro, edito da Skira, dal titolo emblematico, “Quanto vale un uomo”, un testo che mette assieme i testi originali ed i monologhi rielaborati dai tre attori teatrali.
Nel libro si coglie non solo la tensione autentica dell’ispirazione intellettuale, l’umanità profonda delle storie, ma anche il confronto fra gli interpreti e le vicende, il tutto in una dimensione dialettica di interazione. Un lavoro intellettuale colto nelle fasi di sviluppo, nelle contraddizioni insite nell’esistenza umana, dunque non nell’ottica di una logica dialettica hegeliana che sintetizza ed armonizza gli opposti inglobandoli in una visione razionale ma astratta e lontana dalla vita. Qui invece la vita fluisce nelle sue contraddizioni, a volte antinomiche, vi è l’esistenza con i suoi drammi ed anche i suoi slanci.
Il libro è nato dalla collaborazione fra l’inventore del commissario Montalbano ed Annalisa Gariglio (il testo è a sua cura). E’ lo stesso Camilleri in una nota a spiegare la filosofia del testo: “Filo conduttore delle tre storie è stato l’uomo e il valore della sua esistenza. Abbiamo inteso svolgere una piccola indagine attraverso gli occhi della letteratura e la lente d’ingrandimento del teatro utilizzando dei racconti che hanno come protagonisti personaggi meno noti alla grande storia. Una riflessione sull’esistenza alla luce di esperienze realmente accadute. Una nuova narrazione a partire dalla quale è nato uno spunto di riflessione sulla società contemporanea. La coniugazione della storia con la letteratura e il teatro. Da qui è nato ‘Inedito d’autore’, una piccola rassegna di tre appuntamenti col teatro di narrazione andata felicemente in scena presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma nel mese di marzo 2014”.
Le trame delle tre storie sono incentrate su di un geniale ingegnere siciliano che costruì il primo monoplano per la trasvolata dell’Atlantico; sulla strage di civili compiuta dai nazifascisti nel borgo di Niccioleta in Val di Cecina; sulla drammatica spedizione del generale Nobile al Polo Nord. I diritti editoriali del libro saranno donati a Emergency e destinati alla cura delle vittime della guerra e della povertà.
Camilleri torna a pubblicare per Skira, casa editrice con la quale ha pubblicato suggestivi ed originali libri di storia ed arte, ed ancora una volta è una operazione culturale ben riuscita.
Salvo Fallica
 
 

LaPresse, 13.3.2016
Beatrice Benvenuti: Rugby? Anche per ragazze, piace pure a Camilleri
[Non risulta assolutamente che Andrea Camilleri sia interessato al rugby, né che sia "amico di famiglia" della persona intervistata, NdCFC]

Abbiamo incontrato Maria Beatrice Benvenuti, 22 anni, la più giovane arbitro federale del mondo, nel backstage di 'Rugby Social Club', il programma live di DMAX (canale 52) dedicato al Sei Nazioni, in cui commenta i fischi del direttore di gara.
[...]
Benvenuti conosce lo scrittore Andrea Camilleri, amico di famiglia.
"E' uno sport che lo affascina molto e lo segue quando può. Lui è abbastanza riservato, ma ne ha sempre una da raccontare. È molto socievole. E, quando si è in gruppo, è molto, molto piacevole".
Rossi
 
 

Wuz, 14.3.2016
Quanto vale un uomo - Andrea Camilleri
128 pag., 18, 00 € - Skira
Quanto vale un uomo di Andrea Camilleri, M. Baliani, A. Celestini, M. Paolini
L'epoca che stiamo vivendo ci chiede di comprendere e aprirci a destini che non sono i nostri oggi, ma che lo sono stati ieri, qualche pagina di storia fa.
È necessario riportare alla luce le vite e le imprese di uomini che, per qualche strana congettura del destino, sono state relegate ai margini della "Grande Storia" e della conoscenza. Solo volgendo il nostro sguardo al passato avremo l'opportunità di costruire il ponte verso il futuro che ci attende ed è già qui, parte dei nostri giorni.

Tre storie dimenticate dalla memoria breve degli italiani. Storie di uomini e della grandezza delle loro esistenze rimaste sepolte sotto il pesante sipario della "Grande Storia". Storie piccole, ma dal grande valore umano, lasciate vagare nel passato, ma ancora legate alla nostra contemporaneità. Forse perché ci siamo dimenticati come si ascolta la voce delle nostre radici che tanto ci parlano degli sbagli di un popolo. Era la storia di chi partiva dalla rurale Sicilia per approdare dall'altra parte dell'Atlantico nella speranza di costruire un sogno; era la storia di un paese di lavoratori che furono vittime di un eccidio nazi-fascista, solo per difendere il proprio diritto al lavoro. Era la storia di chi partì per conquistare il Polo Nord, ma finì per conquistare una delle più grandi imprese di resistenza umana mai tentate prima. Sono storie che portano addosso dei nomi, nomi che oggi pesano come macigni perché è stato tolto loro il diritto di essere custoditi, indelebili, sui libri. E allora diciamoli a voce alta, questi nomi, scriviamoli, perché da qualche parte possano essere segnati e costuditi per chi, un giorno, voglia raccontare queste storie, così come hanno fatto Andrea Camilleri, Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini in questa opera scritta a parole e raccontata a teatro.
Il primo nome è quello di Giuseppe Mario Bellanca, ingegnere aeronautico e progettista del primo monoplano a cabina chiusa realizzato negli Stati Uniti e, per una serie di sfortunati eventi, il secondo a compiere la storica traversata atlantica via cielo. Giovane ingegnere aeronautico, Bellanca partì nel 1911 alla volta di New York per non fare più ritorno nella sua terra natia, terra egoista e priva di prospettive, buona per Bellanca solo per far volare gli aquiloni nel cielo di Sciacca, solo per sognare a occhi aperti sotto le ali di un falchetto di mare. Arrivato nel nuovo continente, lavora come macellaio di giorno e di notte lavora al suo progetto. Grazie alle collette dei compaesani emigrati, riesce a progettare il primo monoplano a cabina chiusa e capace di trasportare due passeggeri a bordo, entrando in prima fila tra i pionieri dell’aviazione americana e dando le basi per la costruzione dei futuri airbus. Mentre il «Time» gli dedica la copertina riconoscendogli il ruolo di massimo progettista dell’epoca, l’Italia si dimentica del suo cittadino che cambiò la storia del mondo. Il nome di Bellanca è il nome di tutti quei giovani che ancora oggi, come allora, fuggono. La valigia non è più di cartone, ma la speranza dentro quella valigia non ha cambiato nome.

Giuseppe Mario Bellanca

Quanto vale uno uomo costretto a scappare dal proprio Paese che non ha intenzione di aiutarlo, finanziarlo, tutelarlo, promuoverlo? Quanto vale il sacrificio della lontananza dalla propria terra e dai propri affetti, la frustrazione per non avere un nome in patria? Chiediamolo alle migliaia di giovani su cui l’Italia continua a non in vestire, già da quel lontano 1911, alla moderna emigrazione verso l’estero, all’eterna fuga dei cervelli. Chiediamolo a quella determinazione, a quella fiducia che non appanna questi desideri di esistenze che vogliono farcela. Chiediamolo direttamente alla storia di Peppino Bellanca, riprendiamoci quel nome, aggrappiamoci alla sua figura positiva “con i piedi staccati da terra” per cambiare una mentalità che poco impara dai grandi del suo passato:
Giuseppe Mario Bellanca è un sognatore. Bambino arroccato in cima alle Stufe di San Calogero di Sciacca, osserva il mare solcato dalle navi, gli uccelli e gli aquiloni fendere il cielo. Immagina che esista un’analogia tra gli elementi e, mentre sogna di costruire navi per il cielo, progetta un aquilone che vola in orizzontale.
Sono i nomi delle 77 persone massacrate nel comune di Nicioletta e dei 21 giovani deportati, nomi cancellati dai libri di storia. Nicioletta è un villaggio della Val di Cecina sorto per ospitare i minatori che lavorano la pirite in quelle terre. Quando, il 9 giugno 1944 i partigiani arrivano al villaggio – Nicioletta è abitato per lo più da lavoratori apolitici e da qualche fascista, ma non rappresenta un fortino partigiano – danno fuoco a qualche camicia nera e agli emblemi della repubblica si Salò, requisiscono le armi e se ne vanno, senza muovere alcuna violenza fisica. La tensione nelle strade di Nicioletta è altissima. I minatori temono che i fascisti possano vendicarsi su di loro per non essere intervenuti alla “punizione” partigiana, temono per la loro miniera, per il loro lavoro. I turni armati alla miniera non servono a molto: gli uomini vengono presto fucilati da un gruppo di soldati nazisti, e da qualche italiano fascista. Si sparge settantasette volte il sangue rappreso, non per un ideale, né per la lotta di classe. Si sparge il sangue per orgoglio ferito, per uno stato animalesco che acceca l’uomo, perché la guerra li ha trasformati in “sadici in preda agli istinti”.

Eccidio di Niccioleta

Quanto vale un uomo disposto a morire per la “religione del lavoro”? Quanto valgono i minatori di Nicioletta sterminati senza ragione, per una pura furia dettata dall’odio? E quanto valgono, dieci anni dopo, a venti chilometri da Nicioletta, i minatori di Ribolla, 43 morti, senza ritegno né dignità, causati da un’esplosione e dai dirigenti sordi al pericolo? Valgono un processo per disastro e omicidio colposo alla Montecatini, che cade nel nulla; valgono i licenziamenti dei figli delle vittime, solo cinque anni dopo, e la chiusura delle miniere. Valgono quanto i morti dell’Ilva che cadono come mosche, valgono quanto i tumori che stanno sterminando la popolazione tarantina, valgono 688 tonnellate di polveri immesse ogni anno nell’atmosfera, quanto la polvere rossa che ricopre le lenzuola stese nel cielo di Taranto:
Lavorano
Lavorano tanto
Il lavoro è la loro fede
Per il lavoro
Non pretendono più una vita dignitosa
Chiedono solo di morire con dignità.
Sono i nomi della tragica impresa del generale Nobile al Polo Nord con il dirigibile “Italia” che si schiantò sul pack facendo disperdere un gruppo di uomini in mezzo al nulla. Sono i nomi di Zappi, Mariano e Malmgren e della loro spedizione partita per cercare soccorso, per loro e per i compagni lasciati in balia del gelo, in una tenda rossa. Spedizione di quaranta giorni nel nulla, alla quale sopravvissero solo i militari Zappi e Mariano.
Quanto vale un uomo quando non viene creduto dalla stampa? Quanto l’accusa di omicidio e di cannibalismo fa gola sulle pagine di un giornale e si spartisce, a brandelli, tra l'opinione pubblica? Questo accadde nel 1928, ma anche in tempi più recenti, quando Reinhold Messner si trovava sul Nanga Parbat con il fratello che morì nell’impresa, o quando Ambrogio Fogar subì sorti simili. Vale la facilità con cui si preferisce speculare sulla notizia, fino alla diffamazione, senza indagare realmente, senza provare un sforzo d’immaginazione che ci rende omuncoli limitati. Vale la diffamazione di Mariano (e Zappi) che onorò il nome dell’amico Malmgren, offrendolo a suo figlio nascituro.

La tenda rossa della spedizione Nobile sul pack

Storie di ieri e di oggi che sono state riprese da Andrea Camilleri e che ci presentano quell’Italia che aspetta il suo spazio per essere conclamata. Storie raccontate per non essere più abbandonate nel granaio ammuffito del nostro Bel Paese, per ricordarci quanto vale un uomo e, quanto invece voglia farlo valere la nostra società amnesica.
Per volontà degli autori i diritti editoriali dell’opera saranno donati a Emergency e destinati alla cura delle vittime della guerra e della povertà; anche la casa editrice partecipa a questa iniziativa.
Jessica Chia
 
 

Il Fatto Quotidiano, 14.3.2016
LaLibromante. Pesci, abbi pazienza e "La sesta beatitudine" arriverà anche per te insieme con la primavera
Leone, ricordati: "Primo non nuocere"
Vergine: fai la "Girl runner" di Snyder

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CAPRICORNO -
Quanto vale un uomo non lo decide la mole di ore sgobbate.Smettila di fare come i personaggi di Camilleri, Baliani, Celestini e Paolini (Skira): "Avevano fede in Dio, ma la loro fede più grande era il lavoro. Il lavoro era la loro religione". Convertiti all'ateismo.
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Camilla Tagliabue
 
 

l'Unità, 14.3.2016
Dal palcoscenico al libro
"Quanto vale un uomo", tre testi di Camilleri per SKira

L'eccidio nazifascista del 1944 di Niccioleta in Val di Cecina; la tragica spedizione di Nobile al Polo Nord con il dirigibile "Italia"; la "nave volante" di Bellanca, ingegnere siciliano che costruì il primo monoplano per la trasvolata dell'Atlantico. Tre canovacci scritti da Andrea Camilleri e ripresi, ampliati e portati sulle scene da tre grandi interpreti: Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini. Quanto vale un uomo riunisce i testi originali e i monologhi rielaborati dagli attori, in un appassionante work in progress.
 
 

Vero (in edicola 23.3.2016)
In libreria. Un perfetto lavoro di squadra, che ha dato vita a un libro a 4 mani a tre spettacoli teatrali
Uno scrittore e tre (bravissimi) attori
Andrea Camilleri ha abbozzato i canovacci, poi riscritti e raccontati da Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini. Tre storie di uomini di valore, di cui si è parlato poco. I diritti vanno a Emergency

Cosa succede se si mettono insieme un vecchio e grande scrittore e tre protagonisti del teatro italiano di narrazione? Si ottiene un libretto intenso e denso che, come un piccolo scrigno, racchiude tre gioiellini. Lo scrittore è Andrea Camilleri, che ha tessuto tre canovacci partendo da tre storie vere che lo hanno incuriosito. Poi questi intrecci sono passati nelle mani dei tre attori abituati a raccontare storie, affabulatori per eccellenza. Al fantastico Marco Baliani è toccata la storia di Giuseppe Mario Bellanca, siciliano emigrato negli Usa all'inizio del '900, ingegnere aeronautico, progettista del primo monoplano a cabina chiusa, pioniere della costruzione degli aerei, di cui pochissimi conoscono l'istenza. Al visionario Ascanio Celestini il compito di riscrivere, così come lo avrebbe raccontato, un episodio drammatico della Seconda Guerra Mondiale: l'eccidio nazifascista del 1944 nel borgo di Niccioleta in Val di Cecina. Ultimo Marco Paolini. che si sofferma sulla tragica spedizione al Polo Nord del generale Nobile con il dirigibile Italia. Insieme al libro, il cd con i tre spettacoli che sono andati in scena a Roma nel 2014. Filo conduttore dell'opera è l'uomo e il valore della sua esi-stenza. Anche per questo, i diritti del libro verranno devoluti a Emergency.
Il giudizio di Vero ****
Andrea Camilleri, Quanto vale un uomo, Skira, 147 pagg., 18€
Irene Claudia Riccardi
 
 

TV Sorrisi & Canzoni, 15.3.2016
Montalbano in replica fa oltre 8 milioni e mezzo di spettatori
Il Commissario di Raiuno batte tutti, ma «L'isola dei famosi» ottiene comunque il 21% di share

Enorme successo, anche in replica, de «Il commissario Montalbano» su Raiuno: la puntata «Il sorriso di Angelica», andata in onda ieri, è stata vista da una media di 8.695.000 spettatori (34,15% di share).
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TvZoom, 15.3.2016
Ascolti Tv: Zingaretti tradisce Livia, ma non Leone. Crolla Rai 3, che non azzecca i film. L’Isola prima si ammoscia e poi si ripiglia
Lunedì 14 marzo vola anche il terzo passaggio de Il Sorriso di Angelica e rispetta la tradizione de “Il commissario Montalbano”. Contro la fiction di Rai Uno cala “L’Isola dei famosi”, che fa il picco del 33% con la Ventura che determina le nomination di Jonas Berami, Enzo Salvi e Mercedesz Henger.

È andato forte. E questo nonostante fossero soltanto due gli episodi freschi a trainare la terza replica de Il Sorriso di Angelica, episodio storico della saga de Il commissario Montalbano perché si racconta del tradimento di Salvo, sedotto come l’Orlando dell’opera dei pupi dalla bella Angelica Cosulich (Margareth Madè). Il nove settembre del 2014, trasmesso in seconda visione, aveva ottenuto 5,3 milioni ed il 22,3%, lontano dal risultato del primo passaggio del 2013 (9,6 milioni e 34,2%). Non era scontato che la storia con Luca Zingaretti protagonista facesse meglio della volta precedente, ma il miracolo auspicato dal coordinatore Giancarlo Leone si è puntualmente avverato.
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Emanuele Bruno
 
 

Wired, 15.3.2016
Montalbano e la sindrome di Homer Simpson
Un grande personaggio incastrato nella rappresentazione di se stesso, delle cifre di genere e dei luoghi comuni. Ce la farà il commissario a ribellarsi e crescere, finalmente?

Nell’Italia sempre incerta sul se, come e quanto investire nella produzione di serie tv degne di queste nome, Il commissario Montalbano è simbolo di eccellenza dal 1999 a oggi. I numeri parlano: episodi ormai ultraclassici come Il ladro di merendine incollavano circa sei milioni di spettatori alla tv mentre La piramide di fango, puntata nuova di pacca andata in onda la scorsa settimana, si è tarata oltre i dieci milioni (come del resto Una faccenda delicata, che l’ha preceduta).
Una crescita distinta che non conosce oscillazioni, insomma, e lustra la maschera di un personaggio pazzesco che mette d’accordo tutti: uomini d’affari, casalinghe, trentenni, quarantenni, cinquantenni, ragazzi, appassionati di show americani, fan di CentoVetrine, genitori, nonni.
A distanza di diciassette anni dall’esordio di uno degli export di massimo successo del made in Italy, però, la sensazione è che Montalbano resti incastrato in una sorta di limbo da cui potrebbe (e forse vorrebbe) uscire.
E tanto vale scomodare uno dei numi tutelari dell’arte siciliana, Pirandello, per descrivere l’asfissia che si prova assistendo alla corsa in cerchio di alcuni personaggi potenzialmente giganteschi mentre lottano per uscire dalla forma a cui sono stati costretti, in un mondo immobile dove le possibilità di espressione restano perennemente razionate.
Perché Montalbano non riesce a modificarsi per assomigliare un po’ di più a una società in evoluzione dal punto di vista della rappresentazione, quando ne avrebbe – con ogni evidenza – la possibilità?
Possiamo chiamarla la sindrome di Homer Simpson: è la malattia che colpisce una creatura di finzione a cui viene vietato di crescere e modificarsi nonostante i molteplici accadimenti che si susseguono di puntata in puntata, spesso nella cornice di una sit com o di un procedurale a episodi autoconclusivi. Accadimenti spesso di ampia portata, che (pure) non intaccano mai nessuna parte del sistema di valori nel quale un personaggio è calato e vengono semplicemente lavati via dal tempo, dal susseguirsi di altri accadimenti che potrebbero evidenziare delle rivoluzioni interiori ed esteriori ma finiscono per implodere nel silenzio. Senza intaccare il soggetto agente né il soggetto osservante.
Montalbano e tutto il suo contesto soffrono di questa sindrome, ma le ragioni dietro la cristallizzazione di un mondo che sembra aver rinunciato a raccontarsi nei suoi cambiamenti sono rizomatiche e vanno cercate nella natura del prodotto, che da sempre soffre di una contraddizione interna.
Sareste in grado di rispondere se vi chiedessero se La luna di carta o L’odore della notte assomigliano di più a Don Matteo o Sherlock? Noi, probabilmente, no. Perché il cuore della questione batte nella mancanza di un reale posizionamento che stabilisca una volta per tutte la natura di prodotto alto o basso de Il commissario Montalbano.
Perché è facile ipotizzare che nel bel mezzo di questa crepa di assesti proprio il successo ecumenico della trasmissione, nata per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, per accontentare tanto i paganti del canone Rai che vogliono restare assuefatti a un microcosmo sempre identico a se stesso e, contemporaneamente, ai curiosi lettori di Camilleri e appassionati di televisione che si divertono a perdersi nei grandi, intricati e imperscrutabili labirinti costruiti dalle indagini dell’ispettore.
Ma il rischio è alto: è proprio questo atteggiamento democristiano a tenere Montalbano sulla corda sottilissima che separa la qualità dall’immondizia. E così facendo, al giro di boa del decennio, si finisce per mantenere una coerenza interna che strizza l’occhio ai tradizionalisti scontentando la fascia di pubblico che l’ha elevato dall’inferno delle fiction in prima serata ed eletto a show di culto.
È lo stesso pubblico che chiederebbe una tregua dalla sindrome di Homer Simpson. Quello che vorrebbe, per cominciare, che venissero finalmente esplose le contraddizioni interne di un detective dal respiro shakesperiano i cui bizzari risvolti psicologici da disadattato (lo diciamo con grande affetto) vengono tenuti sommersi come un iceberg di cui si può vedere soltanto la punta, sempre in nome di quel pazzo desiderio di non turbare nessuno.
E si può andare avanti. Perché Montalbano, proprio come tutte quelle brutte fiction a cui ci rifiutiamo di accomunarlo del tutto, in realtà è tenuto in piedi da un mucchio di stereotipi che finiscono per confondere (anche nelle menti più accorte e illuminate) gli stilemi di genere con luoghi comuni beceri.
Un paio di esempi non casuali: Mimì Augello e la tipica donna apparentemente fragile ma in realtà diabolica che appare in episodi come Il sorriso di Angelica o La vampa d’agosto. Entrambi sono cifre del noir da cui Montalbano, da sempre e generosamente, prende a piene mani e con una grossa generalizzazione possiamo accomunarli al poliziotto sciupafemmine e alla femme fatale.
Fino a qui tutto bene, se non fosse che Augello e il personaggio femminile di turno sono poi costantemente assimilati, nella traduzione di un testo che vuole radicarsi nel nostro paese con tutte le sue storture, a figure del discorso come il maschio cornuto e la puttana. Uno a zero, dunque, per una rappresentazione di genere che andrebbe decisamente corretta con un poco di progressismo, o di semplice varietà.
A prescindere dal discorso di genere e generi, però, resta anche la stanchezza di una serie di personaggi di sfondo abbandonati a se stessi e alle loro caricature. Certo, il povero Catarella continua a fare sorridere, è familiare come un piatto di pasta al sugo in una domenica assolata, ma anche la carbonara è buona, anche il sushi va provato, e sarebbe forse arrivato il momento di rompere la creta sulla faccia del tenente mostrandone qualche sfumatura più autentica.
Idem per Fazio: gentile, gregario, tutto d’un pezzo, il grillo parlante del burrascoso Montalbano quando gli sale dentro la furia di un Bud White (il personaggio di L.A. Confidential di Ellroy) che, però, non sembra mai uscire da un’uniforme stretta al punto di essere facilmente scambiata per la sua pelle.
E Livia. Certo, alla fine c’è Livia. Una donna indipendente che con Montalbano ha istituito un rapporto abbastanza paritario, e probabilmente non pecca dal punto di vista della rappresentazione se non fosse che anche a lei sembra negato il diritto di un’esistenza al di fuori della villetta di Punta Secca.
Mentre scriviamo la decima stagione della serie tv si è conclusa, ma altri due nuovi episodi sono in programma per il 2017. Avremo un anno in più, allora, e ce l’avrà anche l’Ispettore. Vorremmo vederlo compiere un atto di ribellione, vorremmo vedere la sua maschera andare in pezzi. Vorremmo poter dire senza dubbi che, sì, non assomiglia né a Sherlock né a Don Matteo, ma solo a Montalbano. E quindi a noi.
Marina Pierri
 
 

ArticoloTre, 16.3.2016
Andrea Camilleri: “In Italia il potere è in mano agli ignoranti”

Andrea Camilleri, scrittore, sceneggiatore e regista italiano, spiega perchè in Italia il potere è in mano agli analfabeti.
Secondo Camilleri, infatti, sulla base di uno studio molto serio di due anni fa, in Italia ci sono due milioni di analfabeti totali, tredici milioni di semi-analfabeti, cioè gente che sa fare la propria firma ma non capisce ciò che legge, ed altri tredici milioni di analfabeti di riporto ossia quelli che hanno perso l'uso della scrittura e della lettura.
Se facciamo la somma ne deduciamo che metà degli italiani sono analfabeti. Ora la domanda sorge spontanea: queste persone quando si recano a votare su che cosa hanno basato le loro convinzioni? Su quanto hanno visto in televisione.
 
 

LineaDiretta24, 16.3.2016
Montalbano stravince in replica: ecco perché

Lunedì 14 marzo alle ore 21:20 è andata in onda su Rai 1 la replica di un episodio de Il Commissario Montalbano, trionfando con il 34,16% di share: 8.695.000 telespettatori sono rimasti incollati davanti alla tv, soggiogati dal fascino e dalla simpatia di Luca Zingaretti, alias Salvo Montalbano. L’Isola dei Famosi, alla seconda puntata dell’undicesima edizione, si è invece fermata al 21,19%. Oltre 10 punti di gap rispetto a Montalbano, è vero, ma questo comunque non ne ha determinato il crollo: il reality di Canale 5 con Alessia Marcuzzi come padrona di casa è stato scelto da 4.138.000 telespettatori, resistendo dignitosamente al colpo incassato.
Resta da chiedersi quale sia il segreto del successo del commissario più famoso d’Italia, nonché il più amato dal pubblico. Sarà forse per l’umanità e la credibilità dei suoi personaggi, che mostrano un profondo rispetto nei confronti della legge e della giustizia, nonostante tutto; o forse per la bravura e la teatralità degli attori o per le splendide location scelte. La combinazione è, in ogni caso, vincente.
Il personaggio romanzesco di Montalbano è stato forgiato dal genio di Andrea Camilleri, nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, il 6 settembre del lontano 1925. Nel 1994 fu pubblicato il primo romanzo de Il Commissario Montalbano, La forma dell’acqua, che sancì l’inizio dell’interminabile successo del suo autore, suggellando anche l’immortalità dei suoi testi. La prima puntata della fortunata serie televisiva, Il ladro di merendine, risale al 1999.
La produzione di Camilleri è molto copiosa, con oltre settanta libri editi tra gialli, romanzi storici e scritti di diversa natura. Lo scrittore ha sempre dimostrato di possedere uno straordinario gusto storico, oltre che narrativo e squisitamente letterario. Il suo approccio storicistico è visibile ad esempio quando, nell’episodio Il giro di boa del 2005, prendendo le mosse da un’inchiesta giornalistica al vetriolo, parlava espressamente dei fatti del G8 di Genova del 2001 e dell’assalto alla scuola Diaz. In quell’occasione, Salvo Montalbano si era sentito tradito dallo Stato che aveva servito fino a quel preciso momento con grande dignità e rigore, e aveva manifestato al suo collega “femminaro” Mimì Augello la volontà di dimettersi.
Altrettanto importanti si rivelano le scelte linguistiche adottate da Camilleri, che ci dimostrano quanto l’italiano standard sia sentito come lingua dello Stato ed espressione della borghesia altolocata, percepito come una realtà “altra” rispetto al popolo, del tutto estranea ad esso. La vox populi infatti adotta il dialetto siciliano che, come tutti gli altri dialetti presenti in Italia, si è sviluppato dalla frammentazione romanza, a seguito della cessazione dell’uso del latino.
Valentina Perucca
 
 

Cinque Quotidiano, 16.3.2016
Rai Uno, Il commissario Montalbano è una garanzia di ascolti
Altre due repliche in onda venerdì 18 e lunedì 21 marzo. Regia di Alberto Sironi, con Luca Zingaretti e Cesare Bocci

Montalbano è sempre Montalbano, e per la Rai è una garanzia. O meglio una scommessa vincente a prescindere. Se infatti i due nuovi episodi de Il Commissario Montalbano andati in onda su Rai Uno il 29 febbraio e il 7 marzo avevano fatto il botto con oltre 10 milioni di spettatori, le repliche non sono da meno.
IL COMMISSARIO MONTALBANO ASCOLTI
È una marcia inarrestabile quella de Il Commissario Montalbano, e a dirlo sono proprio i numeri. La replica dell’episodio “Il sorriso di Angelica”, andata in onda il 14 marzo, ha ottenuto uno straordinario risultato, vincendo il prime time con 8 milioni 695 mila spettatori e uno share del 34.16. La puntata fu trasmessa per la prima volta il 15 aprile 2013 in cui ottenne 9 milioni 630 mila spettatori e lo stesso share di lunedì sera, il 34.20.
I due nuovi episodi invece hanno ottenuto un successo strepitoso: “Una faccenda delicata” ha sfiorato gli 11 milioni di telespettatori (10.862) con uno share del 39.06; “La piramide di fango” ha ottenuto 10 milioni 333 mila spettatori e uno share record del 40.95.
LA SCOMMESSA DI RAI UNO
Sarà che proprio sull’onda di questi successi la Rai ha deciso di trasmettere anche delle repliche, quella di lunedì che ha già fatto davvero un risultato eccezionale, e quella che andrà in onda venerdì in prima serata. Si tratta dell’episodio intitolato “Il gioco degli specchi”, quindi due appuntamenti settimanali visto l’alto gradimento.
Sempre per la regia di Alberto Sironi, con Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Andrea Renzi, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Barbora Bobulova e Pietro Masotti, l’episodio vede la vicina di casa attivare Montalbano in un’indagine disseminata di bombe carta e lettere anonime. Se verrà confermata anche la programmazione delle prossime settimane, lunedì 21 marzo in prima serata la Rai manderà in onda “Una voce di notte”, l’incontro con un pirata della strada e un furto in un supermercato portano Montalbano a scontrarsi direttamente con il potere politico.
Gianna De Santis
 
 

Giornale di Sicilia, 16.3.2016
L'intervista
Sabatini a Palermo: la lingua cambia ma con giudizio

Palermo. Un gruppo di amici, a Firenze, che decidono di chiamarsi «brigata dei crusconi», fa pensare ad Amici miei. Invece qui, nella seconda metà del XVI secolo, si giocava con le parole: e quei giocherelloni, affibbiandosi quel nome, manifestarono la volontà di differenziarsi dalle pedanterie dell'Accademia fiorentina, alle quali contrapponevano le cruscate, cioè discorsi giocosi e conversazioni di poca importanza. Come simbolo dell'Accademia scelsero il frullone, lo strumento che si adoperava per separare il fior di farina dalla crusca, e come motto il verso del Petrarca «il più bel fior ne coglie». Da secoli i cruscanti, i guardiani della lingua, separano la buona lingua (la farina) dalle impurità (la crusca). Ieri Francesco Sabatini, linguista e presidente della Crusca dal 2000 al 2008, ha presentato il suo libro Conosco la mia lingua (Loescher) ai docenti, con il testa il dirigente scolastico Iole Ciaccio e la professoressa Maria Greco, e agli studenti dell'Istituto «Buonarroti».
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«Il commissario Montalbano» inchioda milioni di telespettatori, da nord a sud, davanti al video, nonostante il dialetto.
«I dialetti rappresentano una realtà storica importante, sono parlati da metà della popolazione, hanno funzioni limitate dal punto di vista pratico, mentre da quello espressivo possono avere una vita lunghissima, attraverso il teatro, le canzoni, la poesia, i racconti. L'operazione di Camilleri è stata intelligente ma a un certo punto è diventata ripetitiva. Un amico linguista mi ha chiesto una volta cosa significava “viddraano” in siciliano. Non ho saputo rispondere, poi ho capito che stava lì per «villano». La colpa non è di Camilleri, è il limite del dialetto che si parla ma è difficile da scrivere a meno che non si trascriva foneticamente. “Viddrano” è il tentativo di rendere una pronuncia, ma così si tradisce il siciliano, lasciando circolare una parola inesistente».
Per restare nell’Isola: la sua posizione sul genere di arancino/arancina.
«Non sapevo nulla di questa competizione. Se devo schierarmi, preferisco un uso al maschile, come Gli arancini di Montalbano. Provo a riflettere: viene da arancia, è vero, ma i diminuitivi diventano maschili».
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Antonella Filippi
 
 

Panorama, 18.3.2016
Libri
'Quanto vale un uomo', il teatro di Andrea Camilleri
Un volume per tre opere da palcoscenico ideate dal maestro siciliano e portate in scena da Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini

I diritti editoriali di Quanto vale un uomo saranno tutti devoluti a Emergency, destinati alla cura delle vittime della guerra e della povertà. Del resto non poteva avere obiettivo più azzeccato questo nuovo volume edito da Skira che raccoglie tre noti testi teatrali ideati da Andrea Camilleri e ampliati e portati in scena in altrettanti spettacoli da alcuni dei più importanti interpreti contemporanei, Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini.
Quelle raccolte in Quanto vale un uomo sono storie molto diverse tra loro. Una racconta dell’eccidio nazifascista avvenuto nel piccolo borgo di Niccioleta, in Val di Cecina, vicino a Grosseto, nel 1944. La seconda parla della drammatica spedizione al Polo Nord del generale Umberto Nobile, a bordo del famoso dirigibile Italia. L’ultima porta il lettore a conoscere Giuseppe Bellanca, ingegnere italiano naturalizzato statunitense, progettista del primo monoplano a cabina chiusa realizzato per le trasvolate oceaniche.
Nonostante la distanza tra queste vicende, tutte e tre scatenano una comune e profonda riflessione: quanto vale l’esistenza di un uomo di fronte alla storia?
Il volume, curato da Annalisa Gariglio, è accompagnato da un cd audio dei monologhi.
Andrea Bressa
 
 

L’Huffington Post, 18.3.2016
Aforisma: forma di pigrizia cronicamente sentenziosa. Dal piccolo dizionario delle malattie letterarie

Kafka [disfunzione di]: dolcezza della paura.
Il volume "non è un libro umoristico, non è un dizionario medico" afferma nella sua prefazione Edoardo Camurri: è invece "un libro di spettri. Rossari è uno zombie. Rossari è tutti noi". Marco Rossari, traduttore e grande conoscitore della letteratura anglofona, ha pubblicato con Edizioni E/O le raccolte di racconti Invano veritas e L'unico scrittore buono è quello morto. Ha avuto un'idea deliziosa - un vocabolario di malattie letterarie - e l'ha sviluppata in maniera originale, traendo spunto un po' dalla sua dannazione, un po' dal suo lavoro e da molti brainstorming nei bar. Il resto ce lo racconta lui stesso in postfazione:
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Il piccolo dizionario delle malattie letterarie, edito da ItaloSvevo Edizioni, contiene una serie di voci che coinvolgono celebri autori - da Salinger a Baricco, da Proust a Kafka, da Camilleri a Saviano, etc. A una lettura superficiale questo libretto sembrerà una burla: in parte lo è davvero. Ma una burla serissima, che parte dal dato reale per costruire un percorso diagnostico esatto. Così la poetica di ciascun autore - o il suo dato biografico - diviene spunto per decifrare una patologia ad esso legato, come chiarisce la seguente citazione:
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Marilu Oliva
 
 

Reality Show, 19.3.2016
Ascolti: Ciao Darwin 7 a 5,4 milioni (25,31%), Montalbano in replica a 5,9 (24,61%), TIMmusic Onstage Awards al 5,45%
Ascolti tv di venerdì 18 marzo 2016: vince in share il varietà di Canale 5, in valori assoluti la fiction di Rai1, non sfonda la serata musicale di Rai2, bene il programma di Rete 4 e il one man show de La7.

ASCOLTI TV La prima puntata dello show antropologico con categorie contrapposte, la serata musicale che premia i concerti live, la fiction in replica del commissario che indaga in Sicilia, il one man show di satira politica, il programma di cronaca giudiziaria, due telefilm e un film: questa l'offerta televisiva delle reti generaliste nella prima serata di venerdì 18 marzo 2016. Ecco come è andata dal punto di vista dei dati Auditel.
Su Rai1 5.985.000 spettatori (24,61% di share) per Il Commissario Montalbano-Il gioco degli specchi (voto: 7,5) con Luca Zingaretti (8).
[...]
Fabio Traversa
 
 

Libri come, 20.3.2016

Sala Sinopoli ore 18:00
Una produzione Fondazione Musica per Roma
Andrea Camilleri
Le mie città (e quelle di Montalbano)

Andrea Camilleri
con
Marino Sinibaldi

Cliccare qui per scaricare il podcast

Ogni volta che scrive, ogni volta che parla Camilleri, noi lettori ci sentiamo di fronte a un patrimonio collettivo. Si tratti dei racconti del nostro adorato Salvo, dei romanzi storici o dei ricordi di una vita, ogni incontro è un momento prezioso. Lo scrittore più amato d’Italia stavolta ci porta in viaggio con sé alla scoperta delle sue città, quelle letterarie, scoperte attraverso i grandi romanzi o inventate dalla scrittura, come la Parigi di Simenon, o la Vigàta di Montalbano, e quelle della sua storia personale: Agrigento, Il Cairo, e Roma, soprattutto, dove vive fin dagli anni ’50, di fronte agli studi Rai di Via Asiago, la strada che pochi mesi fa è stata invasa dai lettori per festeggiare i 90 anni del caro Maestro Andrea Camilleri.
 
 

La Repubblica, 20.3.2016
Bonolis, in tv il bestiario del secolo scorso

Bonolis: «Sei arrivato da Tivoli? Ma eri a piedi. Come hai fatto?». Laurenti: «Eh, con l'autostrada è un attimo…». Detto che era la battuta migliore della settimana televisiva, e detto che Bonolis si è anche concesso la cinquantennale gag su come è morto Capitan Uncino, c'è effettivamente da ribaltarsi dalle risate. Bonolis è tornato per il giro celebrativo di Ciao Darwin (Canale 5, venerdì). A RaiUno si sono spaventati e hanno spostato di corsa una replica di Montalbano. Avevano ragione entrambi, successone di pubblico di qui e di là. E sono due programmi del 900, seppur di poco. Siccome è tutto molto divertente (soprattutto pensando alla figura che fa la tv del Duemila) non si cadrà nella trappola di far divertire vieppiù Bonolis con le accuse sul pecoreccio del programma, il cattivo gusto, i "diversi" in scena. Avanti un altro, più gente entra più bestie si vedono, per essere all'altezza del repertorio comico d'epoca.
Antonio Dipollina
 
 

Télécâble Sat Hebdo, 20.3.2016
lundi 21 mars 2016 21h20 Rai1
Il Commissario Montalbano
Una voce di notte
Téléfilm policier de Alberto Sironi.
Tous publics.
Durée: 135 mn.
Titre original : Il commissario Montalbano: Una voce di notte
Année de réalisation: 2016 (Italie)
 
 

FunWeek, 21.3.2016
Libri come, grande successo all'Auditorium Parco della Musica
Libri come si conferma uno dei Festival più amati dai romani.
Grande successo e sale affollate all'Auditorium Parco della Musica

E' successo di nuovo! Libri come si conferma tra i Festival più amati dai romani.
Si è conclusa ieri sera, domenica 20 Marzo 2016, la settima edizione di Libri come: tre giorni di incontri, discussioni aperte, mostre sul tema 'Roma e le altre città'.
Grande partecipazione all’Auditorium: affollatissimi e quasi sempre sold out, gli appuntamenti hanno richiamato appassionati di libri e curiosi.
Oltre 20.000 spettatori hanno seguito i circa 150 eventi in programma, che hanno visto la partecipazione di oltre 400 autori, professionisti e operatori del settore e che hanno avuto al centro il tema di Roma e delle città contemporanee.
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Tutto esaurito registrato anche per Andrea Camilleri, Jonathan Coe, Sophie Kinsella, Javier Cercas, Adam Gopnik, Chigozie Obioma e Atticus Lish.
Libri come vi dà appuntamento all'edizione 2017.


 
 

Dagospia, 21.3.2016
Cafonalino - All'Auditorium Baricco, Siti, Camilleri, Veltroni, Corrias, Pennacchi provano a raccontare Roma - Camilleri: “UNa citta’ sporca e decaduta. E i romani sono diventati piu’ irascibili”

 

«La città in cui mi sono sentito immediatamente a casa è Il Cairo. Lì ho conosciuto persone ben diverse da quei luridi assassini che hanno ucciso il nostro compatriota ricercatore Giulio Regeni».
Il giro del mondo di Andrea Camilleri parte dalla capitale egiziana («Sono certo di avere antenati cammellieri», cognomen omen) passa da Parigi («una grande delusione»), Dublino («Un pezzo di Napoli portato in Irlanda»), Vigata, la Macondo del commissario Montalbano, e approda a Roma.
La settima edizione di “Libri come”, la festa del libro e della lettura che ha portato oltre 20 mila persone nel fine-settimana all’Auditorium, scivola via tra i racconti e le suggestioni offerte dal tema scelto quest’anno: “Roma e le altre (città):
«Quando arrivai nel ’49 – ricorda lo scrittore siciliano - questa era una città aperta, magica». L’amicizia col pittore Mario Mafai, lo sguardo metafisico di Alberto Savinio («il brutto addormentato nel basco»), i colori dell’amarcord dalla terrazza del Pincio. «Oggi Roma la trovo molto decaduta, è una città sporca e i romani sono diventati più irascibili. Fare il sindaco della Capitale è la cosa più difficile del mondo».
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Francesco Persili
Foto di Luciano Di Bacco
 
 

Cinematographe, 21.3.2016
Andrea Camilleri, viaggiatore seriale e inusuale
Le città del cuore del papà del Commissario Montalbano

Andrea Camilleri è uno scrittore seriale. Uno dei pochi in Italia che lascia a bocca aperta il lettore e lo spettatore. Un uomo dalla vivacità intellettuale spiazzante. Coinvolgente e spiritoso più di molte altre giovani penne e menti. Camilleri, ospite sempre gradito della festa del libri e della letteratura, Libri Come, ha raccontato le città della sua vita, offrendone uno sguardo informale e antropologico, perché come dice lui stesso “è l’uomo la parte più interessante”.
Andrea Camilleri ha trascorso tutta la vita tra arte e cultura, incontrando e conoscendo personaggi importanti e determinanti del 900 italiano. Tutto ha avuto inizio quando appena vent’enne, nel ’49, arriva a Roma per studiare recitazione e regia all’Accademia d’Arte drammatica fondata e allora presieduta da Silvio D’Amico. Sono gli anni di “Roma Città Aperta, del film ma anche di un’apertura magica verso il prossimo. Una Roma molto diversa da quella di oggi, troppo decaduta”. Andrea Camilleri ha dato vita al “figlio maschio” proprio a Roma, non dimenticando mai le sue origini, la sua gente, la sua Sicilia. È il papà e il creatore di Salvo Montalbano (interpretato da Luca Zingaretti), il commissario più amato dagli italiani e tornato in tv a fine febbraio con due nuovi episodi: Una faccenda delicata e La piramide di fango. Il Commissario Montalbano è la serie tricolore dei record – prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti -, per ascolti (più di 10 milioni di spettatori) e per paesi conquistati (ben 65, dagli Stati Uniti d’America all’Australia.
Il Camilleri de Il Commissario Montalbano è conosciuto e assai noto. Mentre il Camilleri uomo, curioso e divertente è forse ancora da scoprire del tutto. Intervistato da Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 e ideatore della rassegna Libri Come, ha offerto un’immagine inconsueta del mondo e di alcune città, quelle che per un motivo di lavoro, di famiglia o letterario, lo hanno spinto alla scoperta e alla sorpresa. Come dice lo stesso Andrea Camilleri, “è bello guardare la città con gli occhi di un altro”. Se Roma resta il punto fermo e la sua seconda casa, il Cairo “lo tiene in pugno” senza se e senza ma. Più volte in Egitto per lavoro, Camilleri è stato conquistato da una città e da un popolo povero, poverissimo. “Forse in un’altra vita sono stato un cammelliere”, scherza lo scrittore siciliano, che sente più vicina a se una città come Cairo e non Parigi, “che mi ha deluso”. Deluso perché sin troppo descritta nel dettaglio in tanti libri letti, e quindi poco possibile da scoprire. Da qui la scelta di Camilleri di non andare alla scoperta delle città, ma delle persone. E a stupirlo più di tutti sono stati gli abitanti di Dublino, quelli veri e puri e non solo i personaggi dei Dubliners di Joyce. “Sono persone allegre e calorose, sono persone come me: meridionali piacevoli da frequentare”.
Andrea Camilleri non è un uomo “di mondo”. Ha viaggiato tanto, ma solo per lavoro. Non si è mai spostato da casa sua per altri motivi. E se lo ha fatto, è stato per un viaggio “sensoriale”, attraverso le pagine e i racconti di donne e uomini che hanno lasciato un segno nella letteratura mondiale.
Margherita Bordino
 
 

Il Fatto Quotidiano, 21.3.2016
TeleDipendenti
Il Commissario Montalbano e l’obbligo di piacere per forza
È tornato il commissario più amato dagli italiani. Tra record di ascolti e recensioni trionfalistiche, è però possibile non farsi entusiasmare dalla serie? O va detto a bassa voce?

Riccardo Marra
Ok vado, con tutta la prudenza che serve in queste circostanze: il Commissario Montalbano non mi piace. Non sono mai riuscito a seguirlo fino in fondo e non mi forzerò ulteriormente. Bestemmia? Irriverenza? Può darsi, i dati auditel stanno stracciando ogni record possibile. Ma per me è così e naturalmente provo a motivarlo. Ecco, lo trovo un prodotto poco accattivante, con pochi colori: poco giallo, poco nero. Un minestrone insipido. Certo che lo so che è la serie di tutti e per tutti: rassicurante come un Sanremo, abituale come un talk, dal linguaggio semplice e quotidiano. Certo che lo so che a Zingaretti è difficile non volere bene e che Camilleri è un totem letterario. Ma è proprio questo il punto: perché dovrebbe prendermi un prodotto televisivo così confortante? Da quando è andato in onda il primo episodio, nel 1999, il mondo delle fiction TV si è popolato di tante altre storie con grado di complessità e di racconto straordinarie. Perlopiù dall’America (ma non solo). Personaggi imprevedibili, colori forti, dinamiche sorprendenti. Storie meno artigianali, ma non per questo meno empatiche. E la domanda che ti faccio, dunque, caro Venturi è questa: perché il Commissario Montalbano deve piacermi per forza?
Davide Venturi
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che è forte. Ma non per forza. A me piacque Montalbano. Rappresentava l’esotico fatto in casa. L’agro e il dolce del Made in Italy. La sicurezza della distanza e l’insicurezza di un realismo costruito da pochi colori. Perché la realtà siciliana non è patinata e accecante come il mondo raccontato dalla Fox. E non necessariamente la detective fiction italiana per diventare più bella si deve colorare di un rosso acceso come il sangue incellofanato da Dexter. E poi, non scherziamo, il giallo e il nero sono solo un contorno in Montalbano. E il contorno (soprattutto il setting) sono più misteriosi dell’intrigo stesso. Sì, a me piacque Montalbano. Uso il passato. E pure remoto. Perché, in tutti questi anni, il mio Montalbano televisivo è cambiato: il luogo del suo racconto e quello della mia vita, ora, coincidono. La Sicilia mi ha adottato e ora abito nell’isola. Le storie esotiche e barocche di Montalbano non fanno più vibrare le corde del mio divano come una volta. Potrò anche sbagliami, ma quello che penso è semplice: il Commissario Montalbano sarà anche la serie più amata dagli italiani, ma non sono sicuro che lo sia per il pubblico siciliano. Ti lascio con un’ulteriore confessione: leggendo i libri di Camilleri ho scoperto che il commissario va dal barbiere. Da allora il Montalbano/Zingaretti ha perso ogni credibilità!
Riccardo Marra e Davide Venturi
 
 

Il Messaggero, 21.3.2016
«Io e Luca, Totò e Peppino», ecco Angelo Russo, l’agente Catarella ne “Il commissario Montalbano”

Siamo tutti Catarella. Pasticcioni, sgrammaticati, goffi ma buoni, sinceri e con un tocco di genialità. Forse il segreto del successo incredibile del personaggio uscito dalla penna di Camilleri, sta nel coniugare la commedia all'italiana con una forte dose di umanità. Ormai si guarda Il Commissario Montalbano (questa sera va in onda la replica Una voce di notte, film del 2013), non solo per partecipare alle indagini ma anche per ritrovare i siparietti dell'agente Catarella, il suo sbattere le porte, il linguaggio, una sorta di grammelot in salsa sicula, le sue smorfie, i cognomi sbagliati e le sue telefonate che annunciano l'ammazzatina di turno. Dal 1999 ad interpretare Catarella c'è Angelo Russo.
Si è ispirato a qualcuno in particolare?
«A Franco Franchi. L'ho sempre amato come attore, ma non potendone usare la voce, ho preso la mimica. Davanti alla telecamera è come se mi sdoppiassi, mi sento in trance e pensare a Franco mi aiuta. C'è poi la vocale aspirata che ho rubato a Nino Terzo, caratterista palermitano delle commedie italiane anni Sessanta».
Che effetto le fa essere la variabile comica del Commissario Montalbano?
«È una bella soddisfazione aver reso umano un personaggio che già esisteva. È bello farsi amare dalla gente. Lo stesso Andrea Camilleri per primo me lo ha detto: "Giuseppe [Sic!, NdCFC] Catarella sei tu! Ormai quando scrivo, lo immagino con le tue sembianze”. Quando si pensa a Catarella si visualizza il mio volto, [...]
Valentina Venturi
 
 

Società Dante Alighieri, 22.3.2016
Intervista in esclusiva per la Dante ad Andrea Camilleri
Il grande scrittore siciliano, creatore del "Commissario Montalbano" e di tanti bellissimi romanzi, ha risposto alle nostre domande sui temi della lingua, della letteratura, delle sue fonti di ispirazione (come l'Orlando Furioso), del ruolo dello scrittore, dell'inserimento di parole dialettali nei racconti, di aneddoti inediti e di tanto altro. Buona lettura!

REDAZIONE: Spiegando il suo omaggio alla figura di Angelica dell’”Orlando Furioso” nel romanzo “Il sorriso di Angelica” racconta come quel personaggio letterario sia stato il suo “primo amore”, una donna che, pur vivendo solo nella finzione letteraria, le è rimasta dentro per tutta la vita. Da scrittore, cosa crede che conferisca a quest’opera, di cui quest’anno ricorrono i 500 anni dalla prima pubblicazione, la straordinaria forza narrativa che ha?
Camilleri: Prima di tutto collegare ed intrecciare i molteplici complessi racconti che costituiscono l’Orlando, la capacità di guidare e controllare in ogni momento la tenuta e le azioni dei tantissimi personaggi, la chiarezza del racconto cui contribuisce incredibilmente la duttilità della metrica, pur rimanendo essa dentro rigidi canoni. Tutto questo concorre a far sì che le figure disegnate dall’Ariosto rimangano impresse nella memoria del lettore e credo che concorra ancora la sostanziale e basilare oralità di quella scrittura. A leggerlo hai l’impressione che una voce ti stia raccontando quelle vicende. Per quanto riguarda la suggestione di Angelica, mi nacque non solo dalla grande capacità narrativa dell’Ariosto ma soprattutto dalle magnifiche illustrazioni di Gustavo Dorè.
L'Orlando Furioso, come tutti i poemi cavallereschi, ha una struttura molto precisa: 46 canti, scritti in ottave, che si sviluppano a partire dal tema della fuga di Angelica. Ha tratto ispirazione anche da questo poema per creare la struttura metrica, stilistica, narrativa dei suoi racconti e romanzi?
Non direttamente. Di certo la lettura e il ritmo dell’Orlando si sono impressi in me assieme a tanti altri capolavori che ho avuto la fortuna di leggere. Sono come affluenti che concorrono a formare il fiume della mia narrativa, ma tutto questo inconsapevolmente. Voglio dire che fanno parte del mio patrimonio genetico.
A 500 anni dalla prima uscita dell'Orlando Furioso, ci spiega la differenza tra un 'contastorie', come lei stesso si è definito, e un 'cantastorie'? E, infine, con i 'cuntisti' dell'Opera dei pupi?
Diciamo che sono miei personali adattamenti delle tre definizioni.
Il ‘cantastorie’ canta proprio l’episodio che deve narrare, e più che un canto si tratta di una nenia fortemente ritmata.
Il ‘contastorie’ non canta, le racconta. Perciò io, che tra l’altro non so cantare, quando dico di essere un ‘contastorie’, intendo dire semplicemente che la mia ambizione di scrittore è la stessa di quella che ha un ‘cantastorie’. Cioè a dire di avere una vasta platea di ascolto, ma a differenza del ‘cantastorie’ non concedo assolutamente nulla per favorire l’allargamento della platea medesima. Cerco di non ‘tirare’ agli effetti che più possono piacere alla platea. Io invece voglio essere rigoroso con me stesso e con il mio racconto e non cerco gli applausi della platea.
Il ‘cuntista’ dell’opera dei pupi invece, appartiene più alla dimensione teatrale. Infatti egli è la voce dei paladini che non sono in grado di parlare perché fatti di legno e metallo. E’ una sorta di doppiatore.
Nel libro "La lingua batte dove il dente duole", scritto con Tullio De Mauro, si traccia il profilo delle lingue 'provinciali', come le chiamava Pirandello, e del loro ruolo. Sono più vicine al mondo delle emozioni, della prima infanzia, della famiglia, trasferiscono elementi storici e creano comunità e identificazione. Importanti elementi di unità, ma il mondo che conoscevamo fino a pochi anni fa sta cambiando e le culture delle comunità locali si confrontano anche con quelle dei 'nuovi italiani'. In che modo, quando scrive, considera il rapporto tra lingua italiana, lingue locali, dialetti e gli elementi culturali e linguistici portati dagli immigrati?
Vorrei cercare di spiegare che il dialetto siciliano da me usato opera nella mia scrittura una funzione pari a quella che vi compie la lingua italiana. Ora, si cade nell’equivoco di credere che il mio personale dialetto siciliano sia un dialetto puro. In realtà molto spesso soprattutto nei primi tempi i miei compaesani mi chiedevano spiegazione dell’uso di certe parole e io premettevo alla spiegazione l’avvertenza che quella parola, in dialetto, non l’avrebbero mai trovata in un dizionario o non avrebbero mai potuta sentirla pronunziare in quanto me l’ero inventata io. In altre parole adoperando la lingua e il dialetto ho cercato di inventare un linguaggio mio personale. Ad esempio la coniugazione dei verbi che è tutt’altro che ortodossa da tutti e due i punti di vista, quello dialettale e quello della lingua italiana, o l’allitterazione di alcune parole che per me funzionano sonoramente, ma che non hanno nessuna radice lessicale, la costruzione stessa della frase che da ritmo ai personaggi all’azione, l’uso della punteggiatura che risponde appunto a un’esigenza di ritmo piuttosto che alla regola grammatica …etc. Non oso chiamarlo idioletto perché sarei forse tacciato di superbia, ma devo confessare che questo era e rimane il mio intento.
L'inserimento di parole dialettali, 'spezzando' la continuità linguistica, induce il lettore a riflettere sul significato del testo e, dopo un po' di pratica, ad abbandonarsi al suono delle parole come se il testo fosse una partitura mentale. Possiamo pensare ai suoi racconti come a concetti musicali?
Sì. E’ molto giusto. In realtà nell’atto di scrivere oltre alla musicalità della parola che scelgo è il periodo, la frase che suona dentro di me come una sorta di movimento musicale. La lettura e la rilettura della pagina che ho scritto ad alta voce è proprio una verifica delle sue cadenze che appartengono propriamente alla musica. Vorrei ricordare che l’editore Garzanti che pubblicò il mio Filo di fumo, lo definì una partitura mozartiana.
Il ‘caso’ del Commissario Montalbano ha dimostrato di come la televisione aiuti la letteratura, intesa come testo scritto. Le avventure del commissario più famoso d’Italia in tv hanno portato tantissime persone finalmente a léggere. Tornando indietro negli anni, sinceramente se lo sarebbe mai aspettato?
Vorrei fare una precisazione: prima che Montalbano diventasse una fiction, mi capitò più e più volte di ricevere lettere di lettori, i quali mi dicevano che non avevano mai letto un romanzo prima di Montalbano e che da allora in poi avrebbero continuato a leggere i miei libri. Questo ci tenevo a precisarlo per onor del vero. E’ chiaro che poi le trasmissioni televisive hanno portato acqua a questo mulino. Naturalmente nulla di ciò era lontanissimo dall’essere previsto da me.
La bellezza dei luoghi descritti nei suoi libri ha portato tantissimi stranieri a scoprire quelle meraviglie della Sicilia. Un’operazione di valorizzazione e di promozione turistica che anche i Parchi Letterari Italiani (come il Parco Grazia Deledda a Galtellì, il Parco Levi ad Aliano), legati anche alla Società Dante Alighieri, svolgono da anni con successo. Il turismo letterario può contribuire ancora a far conoscere altri luoghi descritti dagli autori italiani?
Credo di sì se tanto mi da tanto. Cioè se il successo televisivo di Montalbano ha provocato la crescita del turismo nelle location della fiction, questo mi auguro che possa capitare ad ogni scrittore e luogo italiano. Vorrei infine precisare che da qualche tempo i turisti oltre a visitare il Val di Noto dove la fiction è stata registrata, vanno anche nell’Agrigentino dove sono ambientati invece i romanzi.
 
 

TV Sorrisi & Canzoni, 22.3.2016
Più di otto milioni di spettatori per Montalbano in replica
I dati Auditel di lunedì 21 marzo 2016

Su Rai1 «Il commissario Montalbano», con la replica di «Una voce di notte», è stato visto da 8.352.000 spettatori, pari al 32,95% di share.
[...]
 
 

Politicamentecorretto, 22.3.2016
Il Premio Letterario speciale “L’Anfora di Calliope” di Erice alla poetessa italo-francese Maria Salamone

Nuova affermazione di Maria Salamone, “poetessa senza frontiere” da anni in primo piano in manifestazioni letterarie internazionali.
[...]
Lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, in una lettera a lei indirizzata, dice che la poetessa ha “…un’energia straordinaria nella sua volontà di comunicare”.
[...]
(N.B.)
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.3.2016
"Arte e cultura in Sicilia: un disastro". Appello a Franceschini di Camilleri e Buttafuoco
Un grido d'allarme per la cultura siciliana. Ieri Andrea Camilleri e Pietrangelo Buttafuoco hanno incontrato il ministro Dario Franceschini e gli hanno consegnato un appello sullo stato di abbandono della cultura in Sicilia. L'appello prende spunto dall'inchiesta di Repubblica sullo stato dei siti archeologici nella regione. Ecco la lettera in versione integrale e le prime adesioni.

Gentile ministro,
mettiamo le mani avanti. Sappiamo che le possibilità che lei ha di potersi muovere istituzionalmente nello specifico caso di Sicilia sono poche. Le sue prerogative, infatti, in qualità di membro del governo – responsabile dei Beni Culturali e Artistici – sono ridotte in conseguenza dello Statuto Speciale ma ci rivolgiamo a lei come Dario Franceschini, cittadino italiano, scrittore e uomo di cultura.
Siamo un gruppo di siciliani, scrittori, poeti, artisti ma anche gestori di alberghi, locande e guide turistiche: gente che fa cultura, vive di cultura e fa vivere di cultura.
La situazione che si sta profilando in Sicilia è attualmente disastrosa e – con un degrado che non è solo imputabile solo alla scarsità dei bilanci – rischia di peggiorare di giorno in giorno.
I giornali hanno dato notizia dell’assurdo rischio miracolosamente scampato: quello della chiusura pasquale dei siti archeologici, dei musei e dei parchi perché considerati come lavoro straordinario. E anche se lo fosse? Come si fa già a concepire la chiusura in un periodo in cui l’affollamento dei turisti è maggiore del solito? Non è pensabile di affidarsi, di volta in volta, ai miracoli sollecitati dalle polemiche e dal clamore dei giornali.
Gli operatori turistici lavorano quando gli altri sono in vacanza, cosa ovvia dappertutto ma non in Sicilia dove – e su La Repubblica, edizione di Palermo, si è avuta notizia – i tour operator internazionali hanno dovuto cancellare dalle proprie offerte la tappa nella più importante isola del Mediterraneo per non essere riusciti a garantire ai propri clienti le escursioni nei siti archeologici, nei parchi e le visite ai musei.
La Settima Santa di Passione, coi suoi Riti e le sue Processioni, in Spagna è motivo di forte richiamo turistico ma non così in Sicilia dove pure è vissuta con lo stesso carico di storia e sontuosa bellezza, e i reportage di Leonardo Sciascia e Ferdinando Scianna, fino ad arrivare agli scatti di Peppe Leone, ne sono testimonianza.
Per un cittadino italiano è più facile raggiungere le Baleari che la Sicilia – tanto le compagnie aeree vampirizzano sulle rotte – e proprio adesso che la tensione militare porta i vacanzieri dalle coste del Nord Africa altrove, ma pur sempre nel Mediterraneo, la Sicilia riesce ad avere un calo di visitatori dell’8 per cento.
Uno dei problemi più gravi, perché meno venuto alla luce, è poi quello che riguarda i teatri. Su 182 teatri storici, nel breve volgere di un decennio, ne sono rimasti solo 59. Il teatro greco di Siracusa, le cui difficoltà lei ben conosce avendone giustamente deciso il commissariamento dell’Inda, deve tornare a essere “istituto Nazionale” e non può essere preda del più greve provincialismo così come il Teatro Stabile di Catania – un tempo il “terzo teatro d’Italia”, poi portato all’asfissia finanziaria dai vicerè della satrapia regionale – dove perfino Moni Ovadia (che già presta gratuitamente la propria competenza al Teatro Margherita di Caltanissetta) si vede cestinare il curriculum per garantire, pur in un ente pubblico qual è lo Stabile, la nomina di artisti locali.
Infine: secondo i dati Istat del 2015 la Sicilia è la regione d’Italia dove si legge meno. Da gennaio a oggi, infatti, sono state uccise dall’indifferenza e dalla cecità delle banche più di 30 librerie vere, non cartolerie, tra le quali le storiche vetrine di Flaccovio a Palermo (sei in tutto) e, a Catania, la libreria La Cultura. Sono notizie su cui lei, gentile Dario Franceschini, non può certo imporre la propria azione da ministro ma da scrittore e da cittadino, sì.
Andrea Camilleri
Pietrangelo Buttafuoco
Lello Analfino, musicista; Ivan Artolli, direttore Verdura Resort di Sciacca; Cristiano Barbera, agriturismo Canalotto di Leonforte; Mario Bevacqua, Federazione mondiale Associaz. agenzie di viaggio; Emma Dante, regista; Maurizio Erbicella, Ingegnere territorialista; Salvo Ficarra e Valentino Picone, attori; Gaetana Iacono, amministratore delegato Valle dell'Acate; Pinuccio La Rosa, Locanda don Serafino di Ragusa; Giusi Macchiarella, operatrice turistica; Salvatore Mancini, Eremo della Giubiliana; Carlo Ottaviano, direttore Food&Book; Francesca Planeta, cantine Planeta; Antonio Rallo, amministratore delegato vini Donnafugata; Ciccio Sultano, chef Il Duomo, presidente delle Soste di Ulisse

 
 

La Sicilia, 24.3.2016
Il caso Teatro Stabile
Una sentenza su un precario mette in dubbio anche le nomine
«Voci» di teatro: Camilleri e Buttafuoco avrebbero incontrato Franceschini

[...]
Sul caso Stabile inoltre si vocifera che lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, da noi intervistato poco tempo fa, avrebbe mantenuto la promessa e incontrato il ministro Francescini. Buttafuoco sarebbe stato accompagnato anche dalla scrittore Andrea Camilleri. I due esponenti della cultura siciliana avrebbero consegnato al ministro una lettera, sulle condizioni e la gestione dei siti culturali della Sicilia, che farebbe riferimento anche allo Stabile. Va detto che solo qualche mese prima, quando era in corso la polemica tra il direttore uscente dello Stabile, Dipasquale e il sindaco Bianco, Camilleri aveva scritto una lettera aperta, pub-blicata da «La Sicilia» nella quale rilevava che «da qualche tempo ormai, uomini che di teatro non possono dirsi, cercano di offuscare le luci di quella che è stata, ed è, una gloriosa ribalta», chiedendo quindi alla politica, non uno, ma due passi indietro sullo Stabile. Lo spunto per un nuovo caso del commissario Montalbano...
Giuseppe Bonaccorsi
 
 

La Sicilia, 24.3.2016
Su Rai1 dal 28
“Petrolio” sul set di Montalbano

Roma. Duilio Giammaria torna con la nuova stagione con la nuova stagione di "Petrolio" su Rai1 in seconda serata a partire dal prossimo 28 marzo. [...] «Il 13 aprile [in realtà l'11, NdCFC] saremo in Sicilia grazie alla Palomar sul set delle nuove puntate del Commissario Montalbano, da qui un'intera puntata sulla Sicilia».
 
 

Il Fatto Quotidiano, 25.3.2016
Andrea Camilleri, in viaggio con lui nelle città che più ha amato: “Roma? Era magica, ora è cambiata. Quel disgraziato che diventerà sindaco…”
Il viaggio con l'autore siciliano è lieve, fatto di ricordi "le città vanno viste con gli occhi degli altri" confida inanellando aneddoti che si rincorrono veloci nell'eloquio dello scrittore ironico sempre, soprattutto con se stesso: "Fare il sindaco della Capitale ritengo la cosa più difficile al mondo: non solo si deve essere un manager che sa come far funzionare tutto, ma si deve anche sapere di cultura per evitare quello che è successo quando venne in visita Charlie Chaplin per la prima volta...". E ancora, l'amore per Dublino ("Un pezzo di Napoli in Irlanda") e quello, grande, per il Cairo, dove ormai si sente a casa

Lo scrittore Andrea Camilleri sfoglia il suo atlante delle persone. Il viaggio con l’autore siciliano è lieve, fatto di ricordi “le città vanno viste con gli occhi degli altri” confida inanellando aneddoti che si rincorrono veloci nell’eloquio dello scrittore ironico sempre, soprattutto con se stesso. “Cammino lento per scelta – afferma – un segreto per prolungare il vostro applauso. Un po’ come riuscire a riempire questa grande sala; basta comprare e regalare biglietti. In effetti questa serata serata mi è costata tanto”. Il palco è quello dell’Auditorium del Parco della musica, l’occasione è la VII rassegna di “Libri come” curata da Marino Sinibaldi. La leggerezza del racconto verbale ha poco a che fare con i 90 anni dello scrittore che alterna il suo spartito di emozioni iniziando il suo viaggio dalla capitale alla quale si sente legato tanto da sentirsi come a casa: il Cairo. Prima però afferma: “Il popolo egiziano è ben diverso da quei luridi assassini che hanno ucciso il nostro ricercatore Regeni”. Prosegue raccontando di quando molti anni fa volle incontrare gli esponenti dell’allora nascente partito dei “Fratelli musulmani” che non rappresentava e neppure esprimeva nessun tipo di fondamentalismo e fanatismo rispetto alle violenze di oggi.
“Ero al Cairo per una serie di lezioni nella scuola della capitale che avevo conosciuto e vissuto per sei giorni rendendomi conto di quanto fosse un luogo povero, la città forse più povera che abbia mai visitato ma dove le persone sono così assuefatte da non sentirsi più neppure poveri – spiega -. Al termine della mia settimana chiesi di poter incontrare qualcuno dei capi della realtà politica di cui ancora si sapeva poco. L’autista che guidava l’auto mi portò in una zona che sulla cartina era delimitata dal colore rosso del pericolo. La macchina percorse una strada larga poco meno di due metri poi ad un tratto l’uomo mi fece cenno di scendere. Decisi di sedermi ed attendere anche se stava calando il buio. Arrivò un uomo che mi slacciò le scarpe riportandomele poco dopo pulitissime e lucide. Poi apparve un altro uomo che mi indicò la direzione da seguire”.
Camilleri descrive con dovizia di particolari il cortile interno di un edificio; di fronte a lui tappeti che coprono tre sedie. “Arrivarono tre uomini, anziani. Ci salutammo inchinandoci reciprocamente. Uno di loro mi chiese: perché hai voluto incontrarci? Perché ho sentito parlare di voi – replicai -. Ma tu sei cattolico? Sì, risposi. E vuoi sapere il pensiero di noi musulmani? Sì, confermai. Questo ti rende onore e ti fa nostro amico. Parlammo per diverse ore, ma quelle – ripete – erano persone ben diverse da quanti hanno ammazzato il nostro concittadino“.
Il viaggio con Camilleri è un album: scatti immortalati da una macchina fotografica come quella utilizzata dallo scrittore-padre del commissario Maigret. “Simenon girava per la città fotografandola poi quando scriveva un racconto partiva proprio dalla minuziosa descrizione di quel posto riprodotto nell’immagine che si teneva davanti. Quindi – prosegue - per me Parigi è stata una delusione perché era esattamente come quella che avevo letto nei suoi libri”. L’autore, secondo Camilleri, deve invece mettere degli “stracaggiamenti” (cambiamenti) come fece ad esempio Pirandello nel suo “Vecchi e giovani” nel quale addirittura “descrive due case l’una di fronte all’altra ma che nella realtà di Girgenti non lo sono semplicemente perché tra l’una e l’altra, fisicamente, c’è di mezzo una collina”. Il romanzo quindi per Andrea Camilleri deve essere “personalizzazione narrativa di una città”.
Una dichiarazione che naturalmente solletica la curiosità sull’origine della sua ormai nota Vigata che di fatto, rivela l’autore, è semplicemente il cortile del liceo Empedocle di Agrigento. “Essendo l’unico liceo, tutte le corriere vi arrivavano insieme alle notizie che si scambiavano tutti gli studenti che giungevano dai paesi della provincia”. La forma stessa di Vigata è la trinacria, prosegue ammettendo che i suoi personaggi stanno bene in quella piazza e in pochi ristretti altri luoghi perché in questo modo “riesco a controllarli meglio e poi quello che conta sono le persone non i palazzi. Anche perché sarebbe difficile immaginarsi un dialogo tra edifici”.
Piccoli, grandi o metropolitani i luoghi urbani sono il canovaccio di tante storie della letteratura in cui si snodano le vite delle persone, unico e vero interesse di Camilleri. “Ho sempre viaggiato per lavoro ma ciò che mi interessa è l’incontro con le persone. Amo sentire il loro odore, il rumore delle loro scarpe. I luoghi si conoscono attraverso le persone”. Lo scrittore siciliano sfoglia l’immaginario atlante catapultando il pubblico a Dublino “un pezzo di Napoli in Irlanda”, Vienna “ebbi un malore per strada e l’unico che mi venne in aiuto era uno straniero che sulla testa portava un’enorme cassetta” e il viaggio tra le città ci riporta a Roma dove Camilleri è arrivato nel 1949.
“Era una città davvero aperta e magica. La conobbi grazie all’amicizia con il pittore Mario Mafai e mi piaceva girarla la notte. Oggi è sporca e i romani sempre più irascibili. Se penso a quel disgraziato o disgraziata che diventerà sindaco di Roma, ritengo sia la cosa più difficile al mondo: non solo deve essere un manager che sa come far funzionare tutto, ma deve anche sapere di cultura per evitare quello che è successo quando venne in visita Charlie Chaplin per la prima volta. Davanti alla bellezza della piazza del Campidoglio chiese, ma chi l’ha fatta? Il sindaco Rebecchini, non sapendo rispondere affermò: un po’ tutti noi”.
Elisabetta Reguitti
 
 

SoloLibri.net, 25.3.2016
Quanto vale un uomo – Andrea Camilleri

Il volume “Quanto vale un uomo” (Skira, 2016) riunisce tre storie scaturite dalla fervida mente del Maestro siciliano Andrea Camilleri, i testi originali e i monologhi (raccolti in un CD audio) rielaborati a cura di Annalisa Gariglio, ripresi, ampliati e portati sulle scene da tre grandi interpreti contemporanei (Marco Baliani, Ascanio Celestini e Marco Paolini) per “Inedito d’autore”, progetto teatrale nato da un’idea di Camilleri, co-ideazione e cura di Annalisa Gariglio, prodotto da Fondazione Musica per Roma in collaborazione con l’Associazione Culturale 15 Lune.
La rassegna è andata in scena nel marzo 2014 presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma:
- lunedì 17 marzo: Marco Paolini in “Quanto vale un uomo”;
- sabato 22 marzo: Marco Baliani in “La nave volante”;
- sabato 29 marzo: Ascanio Celestini in “Niccioletta”.
Per volontà degli autori i diritti editoriali dell’opera saranno donati a Emergency e destinati alla cura delle vittime della guerra e della povertà, anche la casa editrice Skira partecipa a questa lodevole iniziativa.
Antonella Bellanca di origine siciliana e proprietaria di un’azienda agricola, nel corso di un raduno di coltivatori diretti, raccontò al creatore del commissario Montalbano la storia di suo zio Giuseppe Mario Bellanca (Sciacca, 19 marzo 1886 - New York, 26 dicembre 1960), ingegnere aeronautico italiano naturalizzato statunitense, progettista del primo monoplano a cabina chiusa realizzato negli Stati Uniti, fondatore nel 1927 della Bellanca Aircraft Company, uno dei pionieri dell’aviazione civile statunitense. Incuriosito da questa vicenda Camilleri, si fece mandare dalla signora Bellanca tutta la documentazione riguardante lo zio. L’autore siciliano scoprì “la straordinaria importanza” di questo personaggio, il quale emigrato negli Stati Uniti dalla Sicilia “grazie al suo eccezionale ingegno” era diventato uno dei protagonisti assoluti della storia dell’aviazione mondiale. Colpito dalla “mia personale ignoranza” come scrive lo stesso Camilleri nella Prefazione del volume, l’autore sentì il desiderio di raccontare la storia di Bellanca per farla conoscere anche agli altri. Partendo dalla domanda “Quanto vale un uomo?” con Annalisa Gariglio, il Maestro siciliano, scelse altri due episodi poco noti o sconosciuti al grande pubblico. Le altre due vicende selezionate riguardano l’impresa di Zappi e Mariano dopo il disastro del dirigibile “Italia” nel 1928 e la “strage di Niccioleta” in Toscana compiuta il 13 giugno del 1944 dai nazifascisti. La rappresentazione di questi tre emblematici episodi del passato fu affidata a tre grandi attori del teatro di narrazione. Andrea Camilleri possiede la grande capacità di stupire positivamente il lettore e ciò avviene anche in questo testo il cui filo conduttore è l’uomo e il valore della sua esistenza. Una lucida riflessione sull’esistenza umana che inevitabilmente conduce a una riflessione sulla società contemporanea. Perfetto esempio di coniugazione della storia con la letteratura e il teatro.
«Intelligenza, energia e spirito d’iniziativa mal si adeguano a una vita priva di prospettive offerta da un paese dominato dal tradizionalismo gerarchico, miope ed egoista, dove il privilegio soffoca qualsiasi tentativo di miglioramento. Bellanca, forte del suo “telos”, è un uomo con i piedi staccati da terra e non si accontenta di ciò che l’Italia può offrigli a quel tempo: per realizzare il sogno di volare rinuncia alla vita agiata che la laurea in Ingegneria gli avrebbe permesso in patria. Nel 1911 decide quindi di emigrare alla volta degli Stati Uniti...».
Alessandra Stoppini
 
 

Per un pugno di libri, 26.3.2016
Ore 18:00
"La stagione della caccia" Andrea Camilleri
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Sabato 26 marzo alle ore 18.00 andrà in onda la decima puntata della nuova edizione di Per un pugno di libri, il programma di Raitre che vede il confronto tra due classi scolastiche su un classico della letteratura.
A sfidarsi la 5 BR del Liceo Classico “Giacomo Leopardi” di Macerata e la 5 D del Liceo Scientifico “Ascanio Landi” di Velletri.
In questa puntata è il romanzo di ambientazione storica La stagione della caccia dello scrittore siciliano Andrea Camilleri il libro sul quale si confronteranno le due classi liceali.
Pubblicato nel 1992, la storia si svolge in Sicilia, a Vigata, nel 1880. In paese arriva un personaggio avvolto da un alone di mistero. Tutti, da subito, ne vogliono conoscere l'identità. Dopo un lungo indagare si scopre che il misterioso individuo ha intenzione di aprire a Vigata una farmacia e altri non è che Alfonso la Matina, detto Fofò, figlio di Santo il vecchio curatolo della famiglia del Marchese Peluso. Dall’arrivo di Fofò, il racconto di Camilleri inizia ad essere punteggiato da una serie di morti che sembrano dovute a cause naturali o a disgrazie accidentali.
In palio, come sempre tanti libri e la possibilità di accedere alla finale tra le due classi, che nel corso del programma si saranno meglio classificate.
A condurre il gioco, come sempre sarà Geppi Cucciari con il professor Piero Dorfles, Max Paiella, in ogni puntata, sarà protagonista del gioco Caccia al titolo.
Chiamando il numero 06-3723043 sarà possibile prenotarsi al gioco telefonico che come ogni anno mette alla prova i telespettatori che vorranno indovinare quale titolo si cela dietro una bizzarra definizione.
Giunto alla 16° edizione, Per un Pugno di libri è diventato un programma di culto. Davanti alle sue telecamere sono passate classi scolastiche di tutta Italia che hanno letto, discusso e anche criticato i libri di volta in volta oggetto del gioco.
 
 

Di Più, 4.4.2016 (in edicola 26.3.2016)
Il segreto di Andrea Camilleri
Un attentato della mafia lo portò a scrivere le storie di Montalbano
Abbiamo ricostruito la storia dello scrittore che con la sua penna ha dato vita al personaggio del commissario Montalbano, interpretato in TV da Luca Zingaretti in una serie TV che, anche in replica, fa record di ascolti

[L'articolo riporta diverse inesattezze, a partire proprio dal cosiddetto "segreto" citato nei titoli. Segnaliamo alcune di queste imprecisioni all'interno del testo, NdCFC]

Porto Empedocle (Agrigento), marzo
Dieci milioni di libri venduti, tradotti in centoventi lingue: numeri da capogiro, che nessun altro romanziere, nel nostro Paese, oggi può vantare. A detenere questo primato è Andrea Camilleri, novanta anni, il più famoso, il più venduto, il più letto degli scrittori italiani viventi.
Camilleri deve questo formidabile successo al fatto di avere inventato, nei suoi libri, il personaggio che è diventato l'eroe più amato della nostra TV: Salvo Montalbano, il commissario di polizia siciliano protagonista della fortunatissima serie TV di Raiuno II commissario Montalbano, in cui ha il volto dell'attore Luca Zingaretti. La decima stagione de Il commissario Montalbano è andata in onda il 29 febbraio e il 7 marzo scorsi e ha avuto ascolti da primato: dieci milioni e mezzo di telespettatori a puntata. E la popolarità di Montalbano è così inossidabile che la serie continua a fare record di ascolti anche in replica: proprio in questi giorni, infatti, sono in onda su Raiuno le repliche della nona stagione; e la prima puntata, lunedì 14 marzo, è stata seguita da otto milioni e seicentomila telespettatori.
È stata proprio la serie TV con Zingaretti, che ha debuttato nel 1999, a fare esplodere in quell'anno la popolarità di Montalbano e del suo "papà" Andrea Camilleri, che all'epoca aveva settantaquattro anni. Al momento del suo esordio in TV, questo commissario siciliano brusco ma dal cuore d'oro era una novità anche nel mondo dei libri: Andrea Camilleri aveva pubblicato la prima storia di Montalbano, il romanzo La forma dell'acqua, soltanto cinque anni prima. Ma, in realtà, nell'anima dello scrittore, Montalbano ha una origine antica. A spingere Camilleri a ideare la figura del suo eroe, infatti, è stata una tragedia in cui il futuro scrittore era rimasto coinvolto da giovane in Sicilia, la sua terra natale.
Quando aveva poco più di venti anni [In realtà l'episodio raccontato è avvenuto nel 1986, quando Camilleri aveva 61 anni, NdCFC], infatti, Camilleri era scampato per miracolo a una strage di mafia: una infernale sparatoria era divampata in un bar nel quale si trovava anche lui. Sei morti, crivellati di colpi, erano rimasti sul terreno. E solo un caso fortunato aveva impedito che, tra quei morti, ci fosse anche lui: «Mi sono salvato per un pelo», ha dichiarato lo scrittore in seguito. Quella terrificante esperienza, nell'animo di Camilleri, ha dato la stura a tante cose: l'indignazione per la prepotenza dei criminali, l'avversione per la violenza, il sogno di un eroe capace di combattere i malvagi con la forza della sua umanità e della sua intelligenza più che con la forza delle armi. E questo sogno, che Camilleri ha coltivato nella sua fantasia per tutta la vita, mezzo secolo dopo la strage ha trovato la sua "incarnazione" in Montalbano, il personaggio che gli ha dato la fama e che nelle sue storie, non a caso, affronta spesso boss mafiosi.
E, per vedere in che modo la tragedia alla quale Camilleri è scampato ha influito sulla nascita di Montalbano, raccontiamo, qui, la vita dello scrittore: una vita che, con il successo inaspettato che arriva a coronarla, dopo decenni in cui i suoi libri erano stati respinti dagli editori o ignorati dal pubblico, sembra anche essa quella di un personaggio da romanzo.
Andrea Camilleri nasce il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento: «Ero figlio unico», racconta lo scrittore. «Mio padre Giuseppe era un ispettore del lavoro nelle compagnie portuali. Mia madre Carmelina era stata costretta dalla sua famiglia a sposarlo: il loro eia stato un matrimonio combinato. Eppure si trasformò in un grande amore. Mia madre, prima di sposarlo, detestava mio padre. Ma, vivendo al suo fianco, cambiò presto idea: scoprì che lui era un uomo leale, ironico, coraggioso, generoso. Molto simile a Montalbano, insomma: Montalbano, per tre quarti, è un ritratto del mio papà».
L'adolescenza di Camilleri, che studia al liceo classico "Empedocle" di Agrigento, è segnata dalla angoscia dei bombardamenti nella Seconda guerra mondiale. Alla fine della guerra, il giovanissimo Andrea festeggia, convinto che, finalmente, non gli toccherà più vedere la morte in faccia. Non immagina che, di lì a poco, la vedrà ancora più da vicino.
Questo "incontro ravvicinato" con la morte avviene quando Camilleri, a poco più di venti anni, mentre studia Lettere e Filosofia all'università, si trova per caso in un bar che diventa teatro di un feroce "regolamento di conti" tra mafiosi, a raffiche di mitra.
Tanti anni dopo, lo scrittore racconterà quel giorno di terrore con queste parole: «E successo in un caffè, il Bar Albanese, dove ero entrato per bere un whisky. Un signore che conoscevo di vista, seduto al tavolo con altri due, mi ha fatto un segno, invitandomi a sedere. Ho fatto solo in tempo a dire: "Un momento, prendo da bere". Poi, il finimondo. Sarà durato trenta secondi, ma mi è sembrato eterno. Quando tutto è finito, i tre del tavolo, padre, figlio e guardia del corpo, erano morti, crivellati da una serie di raffiche di mitra. Fuori, per terra, ce ne erano altri tre. I feriti erano sei, gridavano. Io mi sono salvato solo perché ho indugiato un istante per prendere il mio bicchiere invece di avvicinarmi subito all'uomo che mi aveva invitato al tavolo e che è stato crivellato di colpi: era un capo mafioso e io non lo sapevo».
Questa strage, di cui per poco non è vittima lui stesso, lascia un segno profondo nella coscienza di Camilleri. «Ho capito presto», dirà in seguito «che la borghesia siciliana, con il suo silenzio, era complice della mafia, faceva finta di non vederla». Il futuro "papà" di Montalbano si rende conto, con dolore e indignazione, che la mafia è potente e radicata, e che conta sulla complicità di persone insospettabili. E proprio allora, in modo ancora vago, inizia a prendere forma nella sua mente una aspirazione: vuole raccontare storie di eroi che lottano con coraggio e intelligenza contro il male, in un mondo in cui il male, spesso, si ammanta di finta rispettabilità.
In questo momento, però, il giovane Camilleri non pensa di raccontare storie simili nei libri: vuole raccontarle a teatro. Il suo sogno, infatti, è quello di diventare regista. Ed è per inseguire questo sogno che nel 1949, a ventiquattro anni, lascia l'università a un passo dalla laurea e va a Roma, dove si diploma in Regia alla Accademia nazionale di arte drammatica [Lo stesso Camilleri ha più volte raccontato di essere stato espulso dall'Accademia per indisciplina, e quindi di non essersi mai diplomato, NdCFC]. Lavora nei teatri, ma la vita di artista, nei primi anni, per lui è spesso una vita da fame: «Nei miei primi anni a Roma sono stato povero», dice ora «e per questo, adesso, so dare il giusto valore al denaro».
La svolta arriva nel 1957, quando Camilleri, a trentadue anni, è assunto dalla Rai.«L'impiego alla Rai», dice ora lui «ha rappresentato la sicurezza economica che mi ha per-messo di sposare la donna che amavo: Rosetta Dello Siesto, mia moglie da quasi sessanta anni. Sono molto grato a Rosetta per questi bellissimi anni di vita insieme e per la famiglia che abbiamo costruito: abbiamo tre figlie e quattro nipoti, una delle quali ci ha già reso bisnonni».
Alla Rai, dove lavora come funzionario di produzione, sceneggiatore e regista, Camilleri non dimentica la vocazione che la strage alla quale ha assistito ha fatto nascere in lui. Negli anni Sessanta, infatti, scrive i copioni di fortunatissimi sceneggiati polizieschi [Degli sceneggiati di cui si parla Camilleri non è stato autore o sceneggiatore, ma delegato di produzione della Rai, NdCFC], come Il tenente Sheridan, interpretato da Ubaldo Lay, e Le inchieste del commissario Maigret, interpretato da Gino Cervi e basato sui romanzi dello scrittore belga Georges Simenon. A partire dal 1977, Camilleri affianca al suo lavoro alla Rai anche quello di professore: insegna Regia alla Accademia nazionale di arte drammatica. Tra i suoi allievi c'è un ragazzo di nome Luca Zingaretti: l'attore che, un giorno, darà volto e voce al "suo" Montalbano.
Camilleri, però, comincia a essere stanco dell'anonimato, di lavorare dietro le quinte, stimato dagli "addetti ai lavori" ma sconosciuto al pubblico. E dice a se stesso: "Voglio scrivere romanzi: è il modo migliore per raccontare le storie che ho in mente".
Nessuno, però, sembra credere nel Camilleri romanziere. Per anni gli editori respingono i suoi manoscritti dicendo: "Grazie, ma non ci interessa". Dopo dieci rifiuti consecutivi, Camilleri decide di pubblicare a proprie spese il suo romanzo di esordio Il corso delle cose [Il romanzo fu in realtà pubblicato gratuitamente dall'Editore Lalli, in cambio della citazione della pubblicazione nei titoli di coda dello sceneggiato Tv "La mano sugli occhi", tratto dal libro, NdCFC], che esce nel 1978 ma, all'inizio, passa inosservato. Negli anni Ottanta riesce a pub-blicale due libri, Un filo di fumo e La strage dimenticata, che sono premiati dalla critica ma trovano pochi lettori. Tutto cambia, però, quando Camilleri, a sessantanove anni, ha l'intuizione del "suo" personaggio, dell'eroe che ha sempre cercato di plasmare. Questo eroe, che "debutta" nel 1994 nel romanzo La forma dell'acqua, si chiama Salvo Montalbano ed è il commissario della immaginaria città siciliana di Vigata. E un poliziotto che combatte conto criminali infidi e crudeli, come la mafia che Camilleri, da ragazzo, aveva visto all'opera, con i suoi occhi, nella strage che stava pei- costargli la vita. Ed è un poliziotto "leale, ironico, coraggioso, generoso": gli stessi aggettivi con cui Camilleri descrive suo padre, che è stato il modello del suo eroe.
E il commissario Montalbano fa subito centro, "stregando" i lettori. Grazie al "passaparola", La forma dell'acqua diventa un successo, regalando per la prima volta la notorietà a Camilleri, che si mette a dare un seguito alle avventure di Montalbano con altri romanzi: Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino. Il successo è tale che la Rai, nel 1999, propone al suo ex dipendente Camilleri di trasformare le storie di Montalbano in una serie TV. «Ma l'attore chi sarebbe?», chiede Camilleri, un po' geloso della sua "creatura". E la produzione gli propone una sua vecchia conoscenza: l'attore Luca Zingaretti, suo ex allievo alla Accademia di arte drammatica. «All'inizio», confessa ora Camilleri «rimasi perplesso: Luca è calvo e io, invece, il "mio" Montalbano me lo immaginavo con tanti capelli e pure con i baffi. Ma, non appena ho visto recitare Luca e gli ho sentito pronunciare le frasi scritte da me, ho pensato: "Montalbano è lui"».
La serie TV Il commissario Montalbano ha un successo enorme. Camilleri, a settantaquattro anni, si ritrova famoso quasi da un giorno all'altro [Camilleri era già famoso prima della trasmissione della serie Tv, grazie al successo dei suoi romanzi, NdCFC], dopo decenni in cui era stato incompreso. E, come se volesse recuperare il "tempo perduto", si mette a scrivere a getto continuo, assistito da una ispirazione e da una capacità di lavoro sbalorditive: ha pubblicato centotredici libri, trentasette dei quali con Montalbano protagonista. Anche ora, a novanta anni, continua a lavorare a pieno ritmo. E, tirando le somme, commenta: «Ho avuto una vita fortunata, altroché».
Ha ragione. Oltre che al suo talento, e alla perseveranza con cui ha continuato a credere in se stesso quando nessuno voleva pubblicare i suoi romanzi, non c'è dubbio che Andrea Camilleri deve il proprio successo anche alla sua buona stella: se, da giovane, fosse stato ucciso nella strage di cui è stato testimone, i suoi libri non sarebbero mai esistiti. Invece è stata proprio quella strage, che gli ha riempito il cuore di indignazione, a ispirargli il personaggio più amato della TV. E cioè il commissario Montalbano, l'eroe che Camilleri ha "plasmato" pensando all'uomo che, come accade a ognuno di noi, è stato il suo primo eroe quando era piccolo: il suo papà.
Oliviero Marchesi
 
 

TV Sorrisi & Canzoni, 28.3.2016
Il commissario Montalbano, la parola a Catarella
A tu per tu con Angelo Russo, l'interprete dell'agente pasticcione della serie con Luca Zingaretti

Catarella non può farsi intervistare «di persona personalmente » perché è troppo stanco. Tra pochi giorni tornerà sul set de «Il commissario Montalbano», e dopo il successo dei due nuovi episodi e delle repliche tutti lo vogliono. Non ultimi, quelli di «Ballando con le stelle», dove Angelo Russo ha dimostrato di avere un grande e inaspettato talento.
Angelo, come mai sa danzare così bene?
«Non ho mai ballato in vita mia, nemmeno con mia moglie. Il merito è stato della ballerina che mi ha aiutato. Ci siamo capiti al volo e io sono un pappagallo: guardo e memorizzo subito. Abbiamo provato in tutto neanche un’ora: prima lentamente, poi velocemente».
Le piacerebbe partecipare come concorrente?
«Certo, perché no. Se in un’ora ho fatto così bene, chissà in una settimana!».
Ad aprile tornerà sul set di Montalbano. Come si sta preparando?
«Mentalmente mi sto infilando la divisa. Non ho ancora il copione ma mi basta leggerlo una settimana prima. Catarella è un personaggio che mi sono cucito addosso. Con Luca Zingaretti proviamo e a volte improvvisiamo. Ormai ci capiamo al volo, come Totò e Peppino».
Le repliche intanto continuano a fare ottimi ascolti. Lei le guarda?
«No. Già leggo il copione, giro le puntate e vedo la prima a Roma. Dopo voglio staccare la spina e riposarmi mentalmente. Così, mentre mia moglie e mia figlia mi guardano in tv, io faccio altro».
Le prossime riprese dureranno tre mesi. Durante il resto dell’anno cosa fa?
«Faccio cabaret, serate, teatro. Ho richieste per tutto l’anno, in Sicilia e in Calabria, tanto che a volte si accavallano e devo rifiutare. Mi guadagno la pagnotta facendo il comico e le imitazioni, dall’idraulico all’ubriacone, ma alla fine faccio pure un pizzico di Catarella, anche se non dovrei perché è un personaggio Rai, ma la voce è mia e il pubblico me lo chiede. Mi chiamano anche per i matrimoni, ma vado solo a quelli degli amici che meritano. Ci vado con la divisa e faccio l’irruzione. Ieri mi ha chiamato il comandante della polizia di Ragusa e Gela perché ci sarà una grande convention e mi vogliono come ciliegina per la serata. Ovviamente andrò. Al comandante non si dice di no…».
Sua moglie e sua figlia sono contente di vivere con una star?
«Io di natura sono un giocherellone, scherzo e prendo la vita con il sorriso, la monotonia non mi piace. Mia moglie Laura mi ha conosciuto così. Mia figlia Leandra è una Catarella in gonnella. Le battute le provo con lei: se ride funzionano, altrimenti no».
Sua moglie è gelosa?
«Ma no, ci siamo conosciuti il 18 maggio 1981 e da allora è stata un’unica giornata d’amore. Mi sopporta da 35 anni. Dice che il giorno più bello della sua vita è stato quello delle nozze. E il più brutto... quelli che sono seguiti » (ride).
E il suo, di giorno più bello, qual è stato?
«Forse quando è nata Leandra. Pensavo che non sarei mai diventato padre, ma quando l’ho vista ho capito che dovevo prendere le cose più sul serio».
Cosa pensa del Catarella giovane interpretato da Fabrizio Pizzuto?
«Siamo amici e lui è bravo, ma non capisco perché debba imitarmi. So che lo ha voluto il regista, però avrei preferito che facesse una sua versione di Catarella».
Non le propongono mai altri personaggi?
«Per ora no. Catarella mi ha aiutato tanto, ma un po’ mi ha bloccato la carriera. È un personaggio talmente grande che la gente pensa che non accetterei un ruolo piccolo, di poche pose. Ma non è vero!».
Chi vorrebbe fare?
«So fare qualsiasi cosa. Il comico, il tragicomico, nasco come attore di teatro serio. A volte mi arrabbio con chi si stupisce perché non faccio ridere come Catarella. E gli rispondo: “Sai, non sono solo un comico, sono pure inc... nero!”» (ride).
Solange Savagnone
 
 

Monreale News, 28.3.2016
Quasi 8 milioni di telespettatori ieri sera per il Commissario Montalbano con Dajana Roncione
La fiction ha fatto registrare uno share del 31,15%

Monreale – Un altro pienone di ascolti ieri sera per la puntata de "Il Commissario Montalbano", intitolata "Una lama di luce", andata in onda su Raiuno, nella quale ha recitato da protagonista la monrealese Dajana Roncione.
La fiction, che si è avvalso della regia di Alberto Sironi, si è aggiudicata il prime time della serata ed ha avuto un'audience di quasi 8 milioni di telespettatori (per la precisione 7.783.000), registrando uno share del 31,15%.
La puntata de “Il Commissario Montalbano”, nonostante fosse una replica (la prima visione tv era avvenuta il 6 maggio del 2013) ha nettamente distanziato quella de “L’isola dei famosi”, proposta dal Canale 5, che ha ottenuto poco più di 4 milioni di telespettatori (4.226.000) per uno share del 21,87%.
Nella puntata intitolata “Una lama di luce” Dajana Roncione, ha recitato la parte di Valeria Bonifacio, amica del cuore di Loredana Di Marta e diabolica protagonista della vicenda, corteggiata per scopi investigativi dal vice di Montalbano, il commissario Mimì Augello, che si presenta come l'avvocato Diego Croma.
Alla fine l'abilità e l'astuzia del commissario, interpretato come sempre magistralmente da Luca Zingaretti, si rivelano armi vincenti e Montalbano arriverà alla conclusione delle sue indagini, smascherando il disegno criminale proprio della bella Valeria Bonifacio, alias Dajana Roncione.
 
 

Corriere Quotidiano, 30.3.2016
Ciak ad Aprile
Si riparte con Montalbano, nuovo set a Marina di Ragusa
Il record della stagione televisiva per Il commissario Montalbano risale alla puntata del 7 aprile che ha registrato il 40.95% di share superando i 10 milioni di spettatori

Verrà battuto l'11 aprile il nuovo ciak della serie più amata della Rai, Il commissario Montalbano, record d'ascolti anche in replica. Le nuove due puntate verranno girate per nove settimane, fino a giugno, a Marina di Ragusa e dintorni. Il record della stagione televisiva per Il commissario Montalbano risale alla puntata del 7 aprile che ha registrato il 40.95% di share superando i 10 milioni di spettatori.
 
 

Corriere di Ragusa, 30.3.2016
Modica. Attualità - Le riprese cominceranno lunedì 11 aprile a Scicli
Montalbano cerca comparse: i casting a Ragusa e Modica
Possono partecipare uomini e donne dai 18 ai 70 anni

Montalbano cerca comparse. Per i nuovi episodi in fase di realizzazione de «Il commissario Montalbano» la produzione è alla ricerca di "attori provetti" desiderosi di cimentarsi in piccoli ruoli nella fiction. Ai casting possono partecipare uomini e donne dai 18 ai 70 anni. Bisogna presentare, in unico foglio, fotocopie di un documento di identità, il codice fiscale e l´iban del conto corrente per la liquidazione del compenso nel caso si venisse scelti. I casting si terranno a Ragusa lunedì 4 aprile alla Banca del tempo, in via Ercolano 26, dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.00, e a Modica al Palazzo della Cultura di corso Umberto I dalle 9 alle 18. Le riprese dei nuovi episodi cominceranno lunedì 11 aprile a Scicli.
 
 

Teatro Massimo Palermo, 31.3.2016
Comunicato stampa
Pinocchio (mal)visto dal gatto e la volpe
Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti reinventano Collodi al Teatro Massimo

In programma il 2,3,5 aprile: nei panni del burattino Pinocchio il musicista Piotta
Biglietti: 5-10 euro

 
 

Palermo. Stanchi della cattiva reputazione cui sono stati condannati da Carlo Collodi, il Gatto e la Volpe chiedono che, attraverso un processo, la loro posizione nella favola di Pinocchio sia riabilitata. Da questo spunto nasce Pinocchio (mal)visto dal gatto e la volpe, l’opera lirica multimediale scritta e interpretata da Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti, nei panni della Volpe e del Gatto, che propone un punto di vista insolito sulle vicende narrate nella favola di Pinocchio.
Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Massimo di Palermo sabato 2 aprile alle 11.30, domenica 3 aprile alle 11.30, martedì 5 aprile alle 9.30 e alle 11.30, inserito nei cartelloni “Il Massimo in famiglia – musica da ascoltare, vedere, narrare” e “0-18 – Musica per crescere fin dalla culla”. Libretto di Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti, musica di Lucio Gregoretti, regia del collettivo Shorofsky, supervisione di Francesco Prisco, scene e costumi di Alessandra Traina. Orchestra e Coro del Teatro Massimo, direttore Michele De Luca, maestro del Coro Pietro Monti.
Ambientata in un’aula di tribunale popolata di animali, la messa in scena si compone dell'interazione continua tra il palco e un grande schermo da cui si affacciano il professore Ugo Gatto (Gregoretti) e il dottor Andrea Volpi (Camilleri) che cercano di convincere i presenti della propria buona fede. Una nuova commissione della Fondazione Teatro Massimo di Palermo, in coproduzione con il Teatro Massimo Bellini di Catania e l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai di Torino.
Sulla scena, un’aula di tribunale che ospita il processo: un giudice Orango e due avvocati animano il racconto chiamando a testimoniare alcuni degli animali presenti nel libro tra cui il dottor Corvo, il dottor Grillo, il Serpentone, il dottor Civetta, la Faina, la Lumaca. Si susseguono le testimonianze dei protagonisti fino all'entrata in scena di un Pinocchio decisamente inedito: a vestire i panni del burattino, una volta cresciuto e diventato grande, è il musicista romano Piotta che, a tempo di rap, racconta la sua esuberante versione dei fatti.
Sullo schermo, la presenza di Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti fa da contrappunto all’azione scenica, talvolta assecondandola, talvolta disturbandola. Con l’utilizzo di animazioni digitali e il riferimento a elementi contemporanei, lo spettacolo ripercorre alcuni momenti salienti della fiaba di Collodi. Allo stesso modo vengono costruiti ambienti e suggestioni in cui agiscono il Gatto e la Volpe. In questa continua dialettica fra palco e schermo, finzione e realtà, verità e bugia, prende vita un crescendo allegro e visionario destinato a culminare in un rocambolesco finale a sorpresa.
Laura Anello, Responsabile delle Relazioni con la stampa: 335.1008603
 
 

Radio Web Italia, 31.3.2016
Piotta torna a teatro, questa volta un ‘Pinocchio rap’ per Camilleri

‘Il Pinocchio (mal)visto dal gatto e la volpe’, questo il titolo dell’opera teatrale di Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti che andrà in scena al teatro Massimo di Palermo dal 2 al 5 aprile, per poi proseguire in autunno.
Il musicista romano irromperà sul palco nelle vesti del leggendario personaggio ideato da Collodi con un brano rap inedito dal titolo “Bla Bla Bla”. Lo spettacolo vuole trasformare lo storico romanzo attualizzandolo ad oggi, anche grazie all’apporto del linguaggio moderno della musica rap e all’uso di social network e supporti multimediali. Andrea Camilleri (la Volpe) e Ugo Gregoretti (il Gatto) compariranno infatti in scena attraverso lo schermo di un grande video.
Non un battesimo a teatro per Tommaso Zanello in arte Piotta, che già nel 2014 aveva intrapreso un tour teatrale assieme all’ex giudice di Mani Pulite Gherardo Colombo, dal titolo “Freedom! Imparare la libertà”, lo spettacolo, in quel caso, era dedicato alla Costituzione italiana.
 
 

Il Giornale, 31.3.2016
Arriva il noir d'autore. Meglio un Moresco che cento Camilleri
Certo non vale Gadda e le sue pose da intellettuale impegnato sono trite e ritrite. Ma lo scrittore è un fuoriclasse. E "L'addio" è uno splendido racconto di genere

[...]
Eppure, in Moresco c'è sempre qualcosa di trascinante, di viscerale. La vera scoperta è che Moresco, finalmente libero dal dramma di dover dimostrare di essere un genio (si tranquillizzi, non ha la gestione narrativa di Mario Pomilio né la stazza teoretica di Hermann Broch), si dimostra uno straordinario narratore di genere, altro che Camilleri, meglio un giorno da D'Arco che cento da Montalbano.
[...]
Davide Brullo
 
 

Pianeta Tabacco, n.3, 31.3.2016
Tutto iniziò con... un filo di fumo
I novant'anni del fumatore più famoso d'Italia



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Nuovi Argomenti, n.73, 3.2016
I dialetti sono la nuova forza
[Trascrizione dell'intervista di Giuseppe Antonelli ad Andrea Camilleri per la puntata del programma di Radio 3 "La lingua batte" andata in onda l'11.05.2013, NdCFC]
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Cliccare qui o sull'immagine sotto per il video dell'intervista
 
 

 


 
Last modified Friday, February, 12, 2021