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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2017

 
La Stampa - TTL, 1.7.2017
Andrea Camilleri
Dai vecchi filmini in soffitta emerge un muro di sangue
Una fiction televisiva sugli Anni 50 mette in subbuglio Vigata: tra misteri del passato e bullismo su un genio del computer
Sei strani superotto, belle svedesi, vendicatori mascherati: per confrontarsi con Pirandello

I romanzi di Andrea Camilleri non sono solo una fonte di puro divertimento ma rimandano echi della grande cultura del '900. Forse questa è una delle ragioni del loro successo presso il pubblico dei lettori. Con La rete di protezione entriamo fin dall'inizio sul terreno dell'interpretazione dei sogni, dei gesti mancati e di quelli involontari, quando a guidare i nostri atti non è l'Io ma l'Es. Montalbano si sveglia dopo aver sognato Livia che gli raccontava un suo sogno. Un sogno al quadrato, come quelli narrati da Arthur Schnitzler, il «gemello di Freud». Montalbano è esortato da quello che succede attorno a lui e dentro di lui, a tentare di sciogliere «quella matassa intricata che è l'anima dell'omo in quanto omo». La commedia è assicurata dall'arrivo di una troupe metà italiana e metà svedese per realizzare una fiction ambientata negli anni '50: «Vigata non era più il suo paese, ma una Vigata inventata dalla televisione. Montalbano si sentiva impazzire».
Il confronto fra la presunta realtà e la sua rappresentazione ha un padre nobile e Camilleri lo segnala: la trama della fiction televisiva è un plagio della novella Lontano di Luigi Pirandello e allo scrittore è intitolata la scuola media teatro di una misteriosa irruzione di vendicatori mascherati. Non solo le attrici, ma anche le svedesi addette alla produzione esibiscono con naturalezza nordica una bellezza da schiantare, con tutto quello che ne consegue. Assistiamo all'immancabile cerimonia di gemellaggio fra la cittadina svedese di Kalmar e Vigata e mentre il sindaco di quest'ultima pronuncia il suo indirizzo di saluto dalla parete alle sue spalle si stacca l'arazzo che nascondeva l'affresco con Mussolini sul cavallo bianco.
Tutto è doppio in questo romanzo, non solo i sogni, anche le indagini che vedono impegnati Montalbano e la sua squadra, una rivolta al passato e l'altra al futuro prossimo venturo, dominato dalla rete impalpabile ma incombente del web. Il passato: un'emittente televisiva locale ha chiesto agli abitanti di Vigata di estrarre dai loro ripostigli i vecchi filmati superotto per riversarli e così ricostruire com'era il paese un tempo lontano. L'ingegnere Ernesto Sabatello (per Catarella «Stampatello») ha rintracciato sei bobine realizzate da suo padre, ora defunto, che per sei anni, dal '58 al '63, riprendono un rettangolo di muro, sempre lo stesso, ogni volta alle 10 e 25 del 27 marzo. Per chiarire il mistero chiede aiuto a Montalbano: proiettare più volte la sequenza dei sei filmati è come fare un esercizio zen davanti a un monocromo di Yves Klein, per scoprire come può essere abissale un amore fraterno.
L'altra indagine ha al centro un tredicenne, mago del computer, un solitario «numero primo» e, come tale, bersaglio ideale del bullismo di alcuni compagni. Come sempre in Camilleri, il lettore scopre i fatti e vede il mondo con gli occhi di Montalbano. Da lettore ho realizzato che il commissario è mio fratello quando, sulla strada per l'aeroporto di Punta Raisi e già in ritardo per imbarcarsi sull'aereo che dovrebbe portarlo da Livia, fora un gomma: «Gli venne da piangere, mai sarebbe stato capace di cambiare la ruota». E' invece francamente incredibile che un commissario di polizia non sappia navigare sul computer e debba farsi aiutare da Catarella per aprire un account anonimo. A meno che Camilleri non abbia voluto dirci: attenti, essere abili al computer non significa essere dei geni, anzi. L'autore, in un omaggio al suo passato di insegnante, mette in bocca al commissario una citazione da una commedia di Jean Giraudoux del 1935 che un tempo spopolava nei saggi finali dell'accademia: «La guerra di Troia non si farà». Questa volta non scorre sangue fresco e le due inchieste si concludono sotto la medesima insegna: il bisogno di protezione, facendoci riflettere su questo sentimento dilagante che non trova argini. Un tempo, in quegli Anni 50 ricostruiti a Vigata, non era così.
Bruno Gambarotta
 
 

La Stampa - TTL, 1.7.2017
Ai punti
L'archivista sfida il poliziotto

«Ancora e sempre Montalbano: per quanto scenda - i 100 punti quotano 11 mila copie - nessuno sembra in grado di soffiargli la vetta»: così si scriveva qui sabato 2 luglio 2016. Siamo sempre lì.
[...]
Luciano Genta
 
 

Teatri Online, 1.7.2017
Silvano Toti Globe Theatre di Roma, torna “Troppu trafficu ppi nenti”
La versione “messinese” di Molto rumore per nulla secondo Giuseppe Dipasquale e Andrea Camilleri. Fino al 2 luglio

La nuova stagione del Silvano Toti Globe Theatre di Roma si inaugura all’insegna di un mistero che corre da Messina a Stratford upon Avon sulla vera identità di William Shakespeare.
E se il Bardo fosse stato in realtà non inglese, ma siciliano e si chiamasse in realtà Michele Agnolo Florio Crollalanza?
Partono e giocano con questo mistero e da questo presupposto lo scrittore Andrea Camilleri e il regista Giuseppe Dipasquale che si sono “divertiti” a ri-scrivere in messinese Troppu trafficu ppi nnenti che inaugura la stagione 2017 del Globe (in scena fino al 2 luglio) come versione “originale” della celeberrima commedia del Bardo, Molto rumore per nulla.
L’operazione di Camilleri-Dipasquale (il secondo anche regista) risale a dieci anni or sono: lo spettacolo ha debuttato nel 2000 nella rassegna Sole-Voci Estate catanese per poi andare in tournée in Italia e all’estero e tornare a Roma dopo il debutto al Globe nel 2005.
Camilleri-Dipasquale partono dal presupposto che Troppu trafficu ppi nnenti sia stata scritta da Michele Agnolo Florio Crollalanza, di origine quacquera che per sfuggire alle persecuzioni religiose è passato da Messina a Venezia e Stratford e a Londra. Sarebbe lui quindi Shakespeare e Troppu trafficu ppi nnenti sarebbe la versione originale di Molto rumore per nulla apparsa 50 anni dopo.
L’ambientazione si colloca in una Messina dove la lingua siciliana si contamina con influenze arabeggianti e spagnole così come le scene (di Dipasquale) composte da uno stuolo di tappeti e i costumi di Angela Gallaro.
Restano inalterate le vicende di Eru (Roberta Andronico), figlia di Lionatu complotto di Don Giuvanni, fratello di Don Petru, fra schermaglie amorose e verbali, soprattutto fra l’ufficiale Binidittu (Ruben Rigillo) e della scaltra Biatrici (Valeria Contadino) e simbolo della guerra fra i sessi, fra amori contrastati, equivoci, duelli verbali, inganni e scherzi. Ma il lieto fine è assicurato.
Lo spettacolo è divertente e ricco di ritmo, dinamico e rispettoso del testo anche nei trascinanti e surreali i lazzi delle bislacche guardie della ronda guidati dal folle Baldassarre a sfiorare il nonsense: tutto appare vivace e giocoso, complice anche la prestanza degli attori.
Certo, la trama è nota e la commedia si segue con molta facilità, ma qualche minima conoscenza di siciliano aiuterebbe a capire meglio la brillantezza del testo e ad apprezzare ancor meglio i giochi linguistici. Poco importa perché lo spettacolo resta godibilissimo, la scenografia naturale del Globe si presta alla drammaturgia della commedia, perfetta per una sera d’estate.
Dal 7 al 16 luglio torna a grande richiesta Gigi Proietti in veste di attore e regista con Edmund Kean di Raymond FitzSimons monologo che racconta l’ascesa e la caduta dell’attore inglese alla scoperta dei testi di Shakespeare.
Fabiana Raponi
 
 

Tigullio News, 1.7.2017
Teatro: a Sestri trionfa Maruzza Musumeci, capolavoro di regia e recitazione

Grande successo per l’anteprima nazionale teatrale tratta dal romanzo Maruzza Musumeci di Camilleri. Bisogna dire che questa pièce teatrale è superiore al testo originale, tanto è ben orchestrata in ogni sua parte. In primo luogo per la recitazione di Pietro Montandon, che da solo troneggia in scena con 10 parti diverse, con un corpo che parla da solo (anche al femminile), con voce, movenze, prossemica che attraversano tutto il teatro, da quello greco ai pupi siciliani (dopo la prima genovese del 3, 5 e 6 luglio, la tournée porterà Maruzza, tutta Italia a partire dalla Sicilia, dove -tra le altre recite- ci sarà una rappresentazione all’alba al teatro greco di Segesta, che speriamo sia ripresa in video e trasmessa su Rai4 o su Sky arte). Un Teatro che ritrova la felicità del racconto e di una scenografia che a noi ha ricordato Lele Luzzati.
Montandon ha curato la riduzione teatrale del testo con la moglie, in maniera eccellente. Che dire di più retorico, se non che da tempo non vedevo all’opera un attore così bravo? Merito anche di Lunaria teatro, che sta rendendo allo spettacolo genovese e ligure molto di più di enti su cui noi avemmo e ancora nutriamo perplessità (la film Commission di Genova, ad esempio). Lunaria Teatro ieri ha anche portato (in sala e non in scena) la bravissima attrice -e cantante- Clara Costanzo, già presente al recente festival del cinema di Sestri Levante. Lo spettacolo tornerà in città il 18 agosto. Non mancatelo una seconda volta, se vi volete bene. A chi l’ha già visto, non diremo: “Tornate a vederlo”, perché tutti l’han già detto, con la voce a fine spettacolo e con gli applausi a fine recita.
Lo spettacolo era inserito nella rassegna Teatri di Levante, curata dall’associazione The Hub.
Paolo Della Sala
 
 

Genova Post, 1.7.2017
"Maruzza Musumeci", da lunedì in piazza San Matteo

Genova - Lunedì, mercoledì e giovedì, in piazza San Matteo "Maruzza Musumeci" di Andrea Camilleri. Spettacolo inedito che la direttrice artistica di Lunaria Teatro Daniela Ardini ha tratto dall’omonimo romanzo del maestro Andrea Camilleri, una ambientata dal padre di Montalbano nella sua immaginifica Vigata negli anni a cavallo tra '800 e '900 e che, senza scomodare il celeberrimo commissario, racconta piuttosto delle peripezie di Gnazio Manisco – interpretato dall’attore Pietro Montandon – uomo "terragno", legato cioè alla terra più che al mare che, in un mondo sospeso tra mito e realtà finirà però per sposarsi con Maruzza, misteriosa e bellissima giovane che scopriremo essere una sirena.
«Il mito – spiega la regista Daniela Ardini – è una fonte inesauribile di possibilità di interpretazioni del presente, delle relazioni tra le cose, i pensieri e il mondo. Anche in una “favola” strana, inquietante come quella raccontata da Andrea Camilleri nel suo romanzo Maruzza Musumeci, la nostra nuova produzione, ritornano i motivi classici della sirena: quello del suo canto che uccide e quello di una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi. Il protagonista Gnazio ritorna dall’America senza mai guardare il mare per dedicarsi a coltivare la terra, l’acquisto di un campo che è come un’ isola sull’acqua.
«Il lavoro sul testo procede nell’assoluto rispetto della parola di Camilleri, lasciando la fascinazione del racconto, di una lingua misteriosa (terragna e materica, velata e oscura) che dà forma alle cose, e suscita nella memoria di chi l’ascolta una serie infinita di echi e di rimandi. Il protagonista sarà Pietro Montandòn, attore di grande esperienza e capacità mimetica. Attraverso il susseguirsi incessante degli eventi vogliamo prendere idealmente il pubblico per mano e condurlo in un viaggio attraverso una mitologia rude, selvaggia, sensuale, popolata da Aulissi Dimare, Sirene Catananne, cani feroci ma anche attraverso la poesia, l’ironia e la levità della storia d’amore di Gnazio e Maruzza, fino al messaggio finale dell’immortalità del canto delle sirene racchiuso in una conchiglia che dona l’ultimo conforto a un soldato morente.
«Solo per il canto delle Sirene – conclude Ardini – non useremo nessun suono o canto per cercare di suscitare nel pubblico la percezione di una melodia che in realtà viene da dentro, come se ogni spettatore sentisse il “suo” canto, citando così il breve, ma intenso, racconto di Kafka Il Silenzio delle Sirene».
Biglietti: intero 12 euro; ridotto 10 euro (under 26, over 65, possessori di Green Card).
 
 

Il Giornale, 2.7.2017
Il giallo storico di Simoni debutta bene

Anche questa settimana Andrea Camilleri dimostra che quando si impossessa del vertice della classifica è difficile sloggiarlo.
La rete di protezione (Sellerio) si mantiene a quasi 12mila copie. Bei numeri per l'ennesima avventura del commissario Montalbano, che si candida ad essere il bestseller dell'estate.
[...]
Matteo Sacchi
 
 

Lunaria Teatro, 3-5-6.7.2017
Festival in una Notte d’Estate: percorsi e metamorfosi del Mito
XX edizione
Lunedì 3, mercoledì 5, giovedì 6 luglio ore 21.15 Piazza San Matteo
Maruzza Musumeci
di Andrea Camilleri
con Pietro Montandon
scene e costumi Giorgio Panni e Giacomo Rigalza
regia Daniela Ardini

Il mito è una fonte inesauribile di possibilità di interpretazioni del presente, delle relazioni tra le cose, i pensieri e il mondo. Anche in una “favola”, leggera, ironica, ma anche un po’ inquietante come quella raccontata da Andrea Camilleri nel suo romanzo Maruzza Musumeci ritornano i motivi classici della sirena – del suo canto che uccide – e di una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi.
Il protagonista Gnazio Manisco (una sorta di antiUlisse) ritorna dall’America senza mai guardare il mare, per dedicarsi a coltivare la terra. Acquista un campo che è come un’isola sull’acqua e decide di sposarsi. La donna di cui si innamora perdutamente è bellissima e canta canzoni meravigliose che solo lui comprende. Da qui si dipanano una serie di eventi sorprendenti che coinvolgono personaggi radicati nella cultura siciliana, dalle più diverse caratteristiche, creati dalla maestria divertita di Andrea Camilleri.
Il lavoro per l’adattamento del testo ha rispettato la parola di Camilleri, lasciando la fascinazione del racconto, di una lingua misteriosa (terragna e materica, velata e oscura) che dà forma alle cose e suscita nella memoria di chi l’ascolta una serie infinita di echi e di rimandi. Il protagonista è Pietro Montandon, attore di grande esperienza e capacità mimetica – interpreta tutti i ruoli! – avendo collaborato sia con primarie compagnie di prosa, sia, per otto anni, con la compagnia internazionale Mummenschanz.
Attraverso il susseguirsi incessante degli eventi vogliamo prendere idealmente il pubblico per mano e condurlo in un viaggio attraverso una mitologia rude, selvaggia, sensuale, popolata da Aulissi Dimare, Sirene Catananne, cani feroci ma anche attraverso la poesia, l’ironia e la levità della storia d’amore di Gnazio e Maruzza, fino al messaggio finale dell’immortalità del canto delle sirene racchiuso in una conchiglia che dona l’ultimo conforto a un soldato morente.
 
 

Stravizzi, 3.7.2017
Montalbano & Co: quando il pubblico s’innamora delle forze dell’ordine
Per un rassicurante Montalbano che ritorna, tanti detective inquietanti ma di successo

La lettura dell’offerta Rai per l’autunno 2017 ci conforta. Il commissario Salvo Montalbano tornerà nelle forme, gli autori e il cast che conosciamo in due nuovi episodi: “Amore” e “La giostra degli scambi”.
Alla conferma 11milioni (e più) di italiani, tirano un sospiro di sollievo, perché la serie del commissario interpretato da Luca Zingaretti è uno di quei “prodotti” che non inducono a recriminazioni sul pagamento del canone e fanno di più: mettono tutti d’accordo. Lo scorso marzo l’ultimo dei nuovi episodi “Come voleva la prassi” con 11.300.000 di telespettatori e uno share del 44,1% aveva segnato il record d’ogni tempo. “Solo” 10.674.000 spettatori (40,8% di share) aveva raccolto l’episodio precedente “Un covo di vipere”. Questo vuol dire che se Montalbano fosse un partito politico, con le attuali affluenze elettorali supererebbe il 40% dei voti, come la Democrazia Cristiana degli anni ’50.
Ma non faremo la fenomenologia di Montalbano nel tentativo di chiarire il perché di tanto successo. In estrema sintesi la spiegazione è univoca: qualità. E il buono è sempre riconoscibile.
E’ tuttavia innegabile una vecchia affezione del pubblico italiano per gli esponenti delle Forze dell’ordine, soprattutto quelli dotati del carisma della rassicurazione, dal sanguigno Maigret interpretato da Gino Cervi al più freddo tenente Sheridan di Ubaldo Lai. Con le dovute differenze – prima su tutte la questione linguistica – il siciliano Montalbano si pone in questo solco. E’ un uomo rassicurante, è tutto quello che vorremmo fosse un bravo poliziotto: giusto, integro ma non rigido, umano. Anche lui ha dei difetti, ad esempio è goloso, iracondo e non sempre riesce a resistere al fascino femminile, ma questi sono peccati capitali solo per il catechismo, nella realtà si tratta di “nei” che tutti sono disposti a perdonare.
[...]
Antonella Durazzo
 
 

Agrigento Notizie, 3.7.2017
Teresa Mannino in città, l'attrice pronta a "raccontare" Andrea Camilleri
L'artista palermitana torna ad Agrigento, nei suoi spettacoli l'ex Zelig ha sempre fatto registrare il tutto esaurito

“Teresa Mannino racconta Camilleri”, l’artista palermitana sarà ospite del tempio di Vulcano. Domenica 16 luglio dalle 20.30, l’attrice e conduttrice racconterà la sua esperienza accanto allo scrittore empedoclino Andrea Camilleri. Un incontro di risate e cultura pronto a conquistare tutti.
Non è la prima volta che Teresa Mannino sceglie Agrigento, l’attrice ha già recitato ai piedi della Valle dei Templi, i suoi spettacoli hanno sempre raccolto consensi, registrando in tutte le occasione il sold out.
Federica Barbadoro
 
 

SicilyMag, 4.7.2017
Montalbano, il web e Einstein risolvono il cold case di Vigata
Libri e fumetti. Un giallo non giallo e vecchi fatti che vengono letti col senno di oggi, stanno alla base de "La rete di protezione" ultimo romanzo di Andrea Camilleri con protagonista il noto poliziotto. Un racconto dove il novantenne Camilleri cala il suo celebre personaggio nella realtà virtuale di oggi convinto che le verità vadano interpretate e colte nel suo contesto

Un giallo non giallo, un romanzo che gioca su diversi piani interpretativi ed interseca il racconto narrativo alla dimensione esistenziale del poliziotto letterario più amato d'Italia. L'invenzione scritturale è legata alla riflessione su aspetti sociali della contemporaneità. Ne La rete di protezione, pubblicato da Sellerio, Andrea Camilleri fa confrontare Salvo Montalbano con i new media ed i social network, tramite il supporto operativo e concreto del suo fidato e divertente Catarella. E non è solo un confronto, per giungere a far emergere la verità su una strana vicenda di spari in una scuola media di Vigàta, spari senza delitto, Montalbano utilizza in maniera cinica la tecnologia digitale. In realtà nell'indagine, lo spunto per capire ed entrare nel mondo hi-tech della rete e dei social gli giunge dal dialogo con Salvuzzo, il figlio del suo collega Mimì Augello, che ha assistito assieme a suoi compagni all'irruzione in classe di due strani personaggi armati e mascherati. Irruzione conclusa con una minaccia sui generis.
Il romanzo ha il suo incipit in una Vigàta particolarmente caotica, lo è perché nella cittadina viene girata una fiction ambientata nel 1950. E sembra che nulla venga lasciato al caso, perché la produzione italo-svedese vuol ricostruire con un certo rigore filologico i costumi dell'epoca. Ed ha stimolato gli abitanti a cercare vecchie foto e filmini. Vigàta set da fiction televisiva non è cosa di tutti i giorni, molti vigatesi fanno le comparse. E delle bellezze scandinave stanno facendo breccia nei cuori di parecchi abitanti locali. E non solo nel cuore. Nel caso di Mimì Augello, il poliziotto seduttore, una nuova conquista sensuale gli crea qualche problema con la moglie. E crea parecchio malumore anche nel marito della bella scandinava affascinata da Augello. Il caos travolge i ritmi quotidiani di Montalbano, che vede a rischio i suoi pranzi silenziosi nel suo ristorante preferito, invaso da molti di coloro che gravitano attorno alla lavorazione del film. Strade e piazze chiuse dove si girano scene della fiction, i vigatesi accalcati a scrutare le riprese. Montalbano non vede l'ora che tutto finisca, è costretto a partecipare anche a cene ufficiali ed assaggiare cibi che solitamente non degnerebbe di uno sguardo.
Nel suo risvolto di copertina, che in realtà è sciascianamente un saggio critico del romanzo, lo studioso e critico letterario Silvano Nigro sintetizza con ironia: “Una quotidianità sventatamente rapinosa, da fiera o luna park, sconcia Vigàta. Il villaggio è diventato il set di una fiction prodotta da una televisione svedese. Per falsare il paesaggio urbano e riportarlo indietro, fino agli anni Cinquanta, i tecnici si sono ispirati ai filmini amatoriali recuperati dalle soffitte. La mascherata cinematografica prevede di coinvolgere persino il commissariato, messo a rischio di subire l'oltraggio di un'insegna che lo dichiara 'Salone d'abballo'. Un'eccitazione pruriginosa monta attorno alle attrici svedesi e minaccia gli equilibri coniugali. Durante il ricevimento per il gemellaggio tra Vigàta e la baltica Kalmar arriva anche il finger food. Montalbano ribolle d'insofferenza; gli appare 'tutto fàvuso'. Temperamentoso com'è, cerca luoghi solitari. E tiene testa alla situazione”.
L'attenzione di Montalbano, oltre che dalla vicenda dell'irruzione armata nella III B di una scuola media locale e da un caso di bullismo, si concentra su una storia che emerge dal passato, apparentemente senza senso. Durante una ricerca tra carte varie l’ingegnere Ernesto Sabatello ha trovato alcune pellicole, che erano state girate dal padre anno dopo anno sempre nello stesso giorno, il 27 marzo, dal 1958 al 1963. La cosa curiosa è che in tutte le riprese si vede sempre e soltanto un muro, sembra l’esterno di una casa di campagna. Non vi compare nessuna figura umana, non vi è alcun altro segno significativo. Od almeno così appare. Ma non sempre le cose sono come appaiono. Giocando con l'interpretazione dei segni, con le ombre, emergeranno altre verità. Una storia drammatica del passato riemergerà con un ribaltamento della verità. Ed ecco un tema filosofico che ritorna nella narrativa di Camilleri, presente nei romanzi su Montalbano sin da 'La forma dell'acqua'. L'interpretazione della verità, la pluralità delle verità, ma Camilleri-Montalbano è convinto che le verità con l'illuminazione dell'intuizione e l'incrocio dei metodi logici, deduttivo ed induttivo, vadano colte nel contesto.
In questo Camilleri è più vicino al concetto di verità einsteiniana, ovvero la verità legata al contesto che non è affatto il trionfo della soggettività come in molti hanno creduto. Ma è una interazione fra soggetto ed oggetti, anche perché lo stesso soggetto che osserva ed agisce nella realtà fa parte dello spazio-tempo. Camilleri che non lascia nulla al caso, fa in modo di costruire passaggio dopo passaggio nella narrazione, con un filo che lega tutto. Nel romanzo la vicenda della fiction fa da elemento di connessione e da incipit, ma i passaggi essenziali sono nella cronologia interpretativa che vi stiamo narrando. Camilleri in realtà utilizza tutti gli spunti scritturali del romanzo per analizzare tempi psicologici, sociali, filosofici, ed in questo caso multimediali. L'autore anche quando sperimenta, e lo fa spesso, non lo fa solo per il gusto della sperimentazione ma per trovare nuovi modi e metodi del racconto. L'origine e la dinamica della sua scrittura stanno nella sua dimensione di narratore, di cantastorie della letteratura, unione raffinata di mondi culturali diversi, alti e popolari.
Questo romanzo ha una sua originalità ma non raggiunge le vette più alte della vasta produzione narrativa che sono condensate nei romanzi storici quali “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “Il re di Girgenti”, la trilogia del genere fantastico e per tornare alla serie incentrata su Montalbano a romanzi quali “La forma dell'acqua”, “Il cane di terracotta”, “La voce del violino”, “La luna di carta”, “Una lama di luce” (altri meriterebbero di essere citati ma l'elenco sarebbe lungo). "La rete di protezione" è un romanzo interessante che mostra la vitalità scritturale di Camilleri, il suo saper creare nuove storie, fare nuovi esperimenti. E vi è come sempre uno spessore culturale che diversi critici sottovalutano e che invece lo storico della letteratura Silvano Nigro ha colto ancora una volta in pieno: “Fra argute intemperanze e astuzie varie, Montalbano riafferma le sue qualità rabdomantiche che lo fanno archeologo di trame sepolte e di esistenze nascoste, oltre che sottile e lucido analista di quella 'matassa 'ntricata che è l'anima dell'omo in quanto omo'. Irritato dalla volgarità geometrica e aggressiva del falso, si prodiga per risolvere due casi delicatissimi collocati in quella plaga morale, labile e sfumata, che non rende mai del tutto colpevoli o del tutto innocenti ed esige indagini riguardose ed emozionalmente partecipi: tra 'protezione' e verità rivelata (ovvero scoperta e di nuovo velata, per non renderla insopportabile o sconvenientemente perniciosa)."
E Nigro chiosa: “Non stupisce che Montalbano, in questo grande romanzo dell'introspezione, e del confronto pensoso con il disagio, si dichiari lettore e ammiratore della commedia di Jean Giraudoux, La guerra di Troia non si farà; e citi la battuta con la quale Ulisse si congeda da Ettore, ricordando le rispettive mogli per rendere intimamente credibile la solidarietà data affinché la guerra non ci sia: non è questione di semplice 'noblesse', di generica nobiltà d'animo, dice; e tira fuori la carta segreta: 'Andromaca ha lo stesso battito di ciglia di Penelope'».
Salvo Fallica
 
 

Il Secolo XIX, 4.7.2017
San Matteo, in scena il “cunto” tratto da Camilleri


Pietro Montandon in "Maruzza Musumeci"

Genova - Un “cunto” di mare, di uomini, di sirene e di paesaggi mozzafiato, che porta la brezza della Sicilia nel centro storico di Genova: lunedì 2 luglio piazza San Matteo ha ospitato la prima genovese di “Maruzza Musumeci”, lo spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri in cui l’iconico creatore del commissario Montalbano ricostruisce, nel suo modo ironico e istrionico, il mito di Ulisse e delle sirene.



Firmata dal teatro Lunaria, la produzione fa parte del ricco calendario del Festival di una notte d’estate, e ha debuttato a Genova dopo l’anteprima andata in scena lo scorso 30 giugno a Sestri Levante: a interpretare Gnazio Manisco, un “terragno” che verso il mare e le sue creature nutre una vera e propria avversione, è l’attore catanese Pietro Montandon, che dopo essersi innamorato del romanzo di Camilleri ha deciso di proporre a Daniela Arditi, direttrice del festival, l’idea di portarlo in scena.
Il risultato è una sorta di “one man show” in cui l’attore 63enne, formato allo Stabile di Catania, dà il volto a tutti i personaggi di quella che è poi una fiaba moderna, che ha trasformato San Matteo nell'immaginaria Vigata, tanto amata da Camilleri: «In questo spettacolo si parla di tante cose, di mare, di terra, di stelle, di un ulivo saraceno, tutti elementi che in Liguria ci sono tutti, da qui riesco a sentirne l’eco - sorride Montandon a pochi minuti da debutto - Rivivo qui tutta la mia Sicilia, sento le voci di Gnazio, di Maruzza, di Gnapina, della “catananna”, la bisnonna. Insomma, di tutti i protagonisti di questa favola “affatata”.
Ad assistere alla rappresentazione, nella piazza davanti alla chiesa trasformata in teatro a cielo aperto (ridotto in dimensioni, perché, come spiega Daniela Arditi, «quest’anno è venuto meno il finanziamento di uno dei nostri principali sponsor, a e abbiamo dovuto adattarci, pur senza rinunciare a questa esperienza»), decine di persone curiose di conoscere una delle opere meno note e più caratteristiche di Camilleri.
«Il pubblico ha risposto molto bene, sia qui sia a Sestri Levante - conferma Montandon - Avevo un po’ di timore soprattutto in riviera, perché ho deciso di rispettare il linguaggio camilleriano, anche perché sono orgoglioso della mia Sicilia, e mi piace l’idea di esportarne il suono. A Sestri Levante però il pubblico è formato da turisti, persone che arrivano da Milano, da Torino, e avevo paura che avessero difficoltà a seguire lo spettacolo. Invece hanno capito tutto, erano molto contenti».
La Liguria, d’altronde, ben si presta a rappresentazioni “fatate”, complici i paesaggi da sogno che spesso rendono superflue elaborate scenografie. Da San Matteo, dove gli unici elementi scenici sono stati un albero di legno - l’ulivo saraceno tanto caro a Gnazio - e un telo azzurro a rappresentare il mare, a uno degli angoli più incantevoli di Sestri Levante: «La baia del Silenzio mi ha subito conquistato, mi ha fatto venire in mente il silenzio delle sirene e il racconto di Kafka. Che sostiene che le sirene in realtà non cantano, stanno in silenzio, ma siamo noi a evocarne il canto nella nostra memoria».
Andrea Barsanti
 
 

Sipario, 4.7.2017
Maruzza Musumeci - regia Daniela Ardini
di Andrea Camilleri
Regia: Daniela Ardini
Scene e costumi: Giorgio Panni e Giacomo Rigalza
Interpreti: Pietro Montandon
Produzione: Lunaria Teatro
Genova, Piazza di San Matteo, 3, 5 e 6 luglio 2017


Pietro Montandon in "Maruzza Musumeci" - regia Daniela Ardini

La sezione genovese del XX Festival in una notte d'estate del Lunaria Teatro si è aperto con la rappresentazione di Maruzza Musumeci, per la regia di Daniela Ardini e tratto dall'omonimo romanzo del 2007 di Andrea Camilleri. Il romanzo, che vede presenti più personaggi, è trasposto nello spettacolo in forma di monologo, o meglio di cunto, e con Pietro Montandon unico attore in scena. All'attore sono affidati quindi il ruolo di narratore, del protagonista Gnazio e di tutti i personaggi restanti, compresi quelli femminili. L'elemento chiave della rappresentazione si rivela la capacità di Pietro Montandon di alternare con capacità e grande energia i personaggi che si alternano in questa vicenda epica e popolare. Montandon si dimostra un vero mattatore, capace di riportare in scena gli accenti ironici e poetici del testo camilleriano e, nonostante l'oggettiva difficoltà per quello che è un vero e proprio dispendio fisico, molto rari sono i momenti di cedimento del flusso narrativo. Pietro Montandon riesce a supplire con la fase mimica ed espressiva i passaggi nei quali il testo scenico può farsi maggiormente difficile. Questa caratteristica vira episodicamente in accenti grotteschi che dipingono alcuni personaggi secondari con i tratti di una particolare commedia dell'arte. L'attore in scena si dimostra convincente e ispirato da un testo che sente proprio ed interpreta non solamente parole e gesti dei personaggi ma anche la parte vitale del testo, che ha nella resa del sensuale, emotivo e carnale un aspetto importante. All'attore in scena spetta anche l'interazione con una scenografia quanto mai dinamica e agita come un ulteriore personaggio dello spettacolo. Gli elementi presenti sono la stilizzazione dell'ulivo saraceno, la mula e soprattutto la casa, realizzata come un grande cubo e le quali dimensioni vengono modulate nel corso del testo scenico dall'attore e rimandano, fedelmente al testo originale, all'architettura Bauhaus. Quella che è la casa di Gnazio muta, cresce, cambia prospettiva e infine diventa un supporto per il fondale stellato e quello marino simboli di Cola e Resina, figli primogeniti di Gnazio e Maruzza e incarnazioni degli elementi naturali ai quali appartengono. In questo modo sia la recitazione che l'azione scenica mantengono alto il livello di dinamicità, sorpresa e coinvolgimento. L'epica classica, filtrata dal lessico e l'ironia di Camilleri e la recitazione di questa emozionante drammaturgia popolare viene così in maniera eccezionale rielaborata e offerta sotto una nuova luce. Mirabile la regia di Daniela Ardini e grande successo di pubblico per questa resa scenica di Maruzza Musumeci, apprezzato anche per una soddisfacente adesione al testo camilleriano.
Gabriele Benelli
 
 

Action Suspense, 4.7.2017
Andrea Camilleri: Une voix dans l’ombre (Fleuve Éd., 2017)

Le jour de son anniversaire, voilà une farandole de tracassins pour le commissaire Salvo Montalbano. Ça commence chez lui, à Marinella, entre un poulpe menaçant et un coup de ‘tiliphone’ orageux avec sa fiancée Livia. Ça continue en route vers Vigàta, quand il se fait agresser par un jeune conducteur nerveux. Ce Strangio, il est le fils d’un politicard de la région. Alors, forcément, il y a un avocat qui vient le défendre presto. À peine arrivé au commissariat que Montalbano doit s’occuper d’un cambriolage dans un supermarché. On y a volé la recette de la veille, mais d’effraction sur les locaux, il n’y en a pas du tout.
Le directeur semble franchement inquiet. Il est vrai que ce supermarché, il appartient à une famille mafieuse, les Cuffaro. Vraiment anxieux, le directeur devait l’être, car il se suicide le soir-même. Bonne occasion pour certains médias proches du pouvoir d’accabler Montalbano et les policiers. Quand même officieusement, le docteur Pasquano, le légiste, il pense que le directeur a été étranglé avant d’être pendu, et que c’est donc un meurtre. Le Questeur, chef de la police, est contrarié par la tournure de cette affaire. Il peut imaginer le poids de la mafia. La disparition du gardien de nuit de la banque à côté du supermarché confirme, sans doute, que le cambriolage ne s’est pas déroulé comme on le leur a dit.
Calmé depuis leur altercation, le jeune Strangio contacte Montalbano. À son retour de Rome, il vient de découvrir sa fiancée assassinée chez eux. L’assassin s’est acharné sur cette séduisante étudiante. Il ne l’a pas violée, mais il lui a asséné quarante-sept coups de couteau. L’irascible docteur Pasquano apprend à Montalbano que la victime était enceinte de deux mois. Il apparaît qu’elle recevait un amant, lorsque son fiancé Strangio était en déplacement. Quant à l’alibi du jeune homme, il est assez relatif. Le compétent policier Fazio note des approximations dans les horaires. Mais il y a sûrement une explication.
Si l’agent de police Catarella est la maladresse incarnée, il se débrouille correctement en informatique. Malgré tout, il y a une embrouille entre les deux ordinateurs du directeur du supermarché. Par contre, Catarella saura peut-être décrypter son enregistreur numérique. Le ‘catafero’ du vigile de nuit de la banque, on le retrouve abattu façon mafia. L’affaire est de plus en plus sensible, c’est pourquoi Môssieur le Questeur fait preuve d’une courtoisie exceptionnelle envers Montalbano. “Cet homme était prêt à tout pour sauver ses fesses”, ‘se pinsa’ le commissaire, se méfiant de son attitude.
De son côté, le procureur en est plus que sûr: c’est le jeune Strangio qui a assassiné sa fiancée. Montalbano est perplexe quant au scénario du crime, lui. Le témoignage de la meilleure amie de la victime va offrir des indices capitaux au commissaire…
“Au lieu de retourner à son bureau, il préféra rester dehors à se fumer une cigarette. Le geste de Strangio ne l’avait nullement perturbé. Il avait très bien compris qu’il ne s’agissait pas d’une impulsion soudaine, dictée par la douleur, le désespoir ou le remords, ou allez savoir quel autre motif.
Non, ça avait été un geste exécuté de sang-froid, ‘pinsé’ et calculé au millimètre. À ce moment-là, Strangio n’avait pas perdu la tête, même s’il voulait apparaître dans cet état. Il avait à l’évidence l’intention d’obtenir un certain effet. Lequel?
C’était le geste typique du coupable qui veut paraître innocent. C’était comme mettre sa signature sur un assassinat. Il soutiendrait avoir voulu se jeter sous la voiture par désespoir d’avoir perdu sa fiancée. Néanmoins, il décida d’arrêter d’y réfléchir, pour ne pas se faire d’idées préconçues.”

Salvo Montalbano a-t-il pour tous les lecteurs le visage du comédien Luca Zingaretti, qui l’a incarné dans les adaptations télévisées? À dire vrai, chacun se forge une image de ce commissaire sicilien. S’il se montre quelquefois grognon, c’est qu’il supporte mal l’idée de vieillir. Ses houleux échanges téléphoniques avec son éternelle fiancée, ça le maintient en forme, certainement. Les humeurs du légiste joueur de poker Pasquano, ça le ferait plutôt rire. Et les bévues patronymiques de ce brave Catarella, tout autant ! Quoi qu’il en soit, l’âge ne fera pas renoncer Montalbano à ses plaisirs de gastronome. La cuisine de son employée Adelina ou la trattoria chez Enzo, c’est un bon moyen de marquer une pause au milieu d’enquêtes énigmatiques, même lorsque plane l’ombre de la mafia.
C’est un bonheur renouvelé que de suivre Salvo Montalbano à Vigatà, entouré de son adjoint Mimì Augello, de l’enquêteur chevronné Fazio qui a “déjà fait” d’avance ce que va lui demander son supérieur, de l’irrésistible Catarella, et de tout ce petit monde. L’intrigue énigmatique est de forme classique, mais c’est évidemment la tonalité du récit qui ravit les lecteurs. Comment ne pas se sentir proches de ces personnages ? Et puis, on retient ce langage sicilien si particulier, qui nous charme toujours. Avec “Une voix dans l’ombre”, le maestro Camilleri fait mouche une fois encore.
 
 

Les Inrocks, 4.7.2017
Les portraits de Renaud Monfourny: Andrea Camilleri

Devenu romancier sur le tard, à 57 ans, il a aujourd’hui, à 91 ans, plus de cent livres à son actif. Il est notamment l’auteur de romans policiers mettant en scène le commissaire Montalbano. Le dernier, Une voix dans l’ombre (Fleuve Noir), vient de paraître.
 
 

Il Libraio, 4.7.2017
“Magarìa”, “Topiopì” e i libri per bambini di Andrea Camilleri
Non tutti lo sanno, ma il prolifico e amato inventore del commissario Montalbano ha scritto anche opere per i più piccoli: ecco i libri per bambini di Camilleri: da "Magarìa" a "Topiopì", accomunati dalla presenza dei nonni e della campagna siciliana, oltre che dalle illustrazioni di Giulia Orecchia

Andrea Camilleri, giallista che ha inventato il Commissario Montalbano, oltre che regista teatrale e di serie tv e insegnante, è anche un autore per bambini. Come conferma Magarìa, fiaba per bambini da poco ripubblicata in versione illustrata.
Il grande scrittore siciliano, che nel 2016 ha raggiunto le 100 opere con il romanzo L’altro capo del filo, in Magarìa (Mondadori) racconta la storia di Lullina e del suo nonno. Nel libro la bambina è pensierosa perché in un sogno le è stato svelato un incantesimo per far scomparire le persone. Ovviamente lei non vede l’ora di recitarlo, così Lullina scompare e il nonno fa di tutto per ritrovarla.



La storia ha tre finali differenti, per stuzzicare la fantasia dei più piccoli, e ora la nuova edizione è anche illustrata da Giulia Orecchia (alcune tavole dell’artista per Magarìa accompagnano l’articolo).



Questa però non è l’unica e nemmeno la prima volta che Camilleri si dedica ai libri per bambini. Anche Topiopì (Mondadori), ad esempio, è pensata per un pubblico di giovanissimi. Al centro dell’opera c’è la storia di Nenè che ogni estate va in campagna dai nonni e di un pulcino che lo segue dappertutto. Anche questo libro è illustrato da Giulia Orecchia.



L’autore novantacinquenne [In realtà novantunenne, NdCFC], nonno di sei nipoti, nelle sue opere per i più piccoli si concentra proprio sulla relazione tra nonni e nipoti: sia Lullina che Nenè trascorrono il tempo con i nonni. Inoltre, i bambini trascorrono il tempo con i nonni all’aperto, in campagna, in un mondo senza tempo in cui entrare in contatto con gli animali, ma anche con la magia.
Anche nelle sue opere per bambini Camilleri non dimentica la natia Sicilia e il dialetto, che inserito anche nelle sue opere per adulti, emerge anche in queste storie.



Andrea Camilleri è un autore che non smette di sorprendere i suoi lettori, nemmeno i più giovani a cui ha dedicato opere intime e casalinghe.
 
 

Nuovo Sud, 4.7.2017
Dal set di Montalbano a Siracusa, parla l'attrice Carmelinda Gentile

Carmelinda Gentile, la nota attrice di origini siracusane, è in questi giorni a Siracusa, dopo alcuni anni di assenza. Ha appena terminato le riprese della nuova serie de “Il commissario Montalbano” in cui interpreta il ruolo di Beba, la moglie di Mimì Augello, il vice del noto commissario della Vigata di Camilleri. Ieri, dopo nove anni, le è stato consegnato dal Commissario Straordinario della Fondazione Inda Pier Francesco Pinelli e dal segretario provinciale Assostampa Prospero dente, il premio Stampa Teatro per la sua interpretazione di Ismene ne ”Edipo a Colono” rappresentato nel 2009.
[...]
L’amato personaggio di Beba della serie televisiva “Il commissario Montalbano” tornerà nella prossima stagione… ce ne parli magari con qualche anticipazione.
Beba è un personaggio che mi diverto moltissimo ad interpretare sul set è sempre come tornare a casa, per il resto… top secret!
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Anita Crispino
 
 

Malgrado Tutto, 4.7.2017
L’intervento di Gaetano Savatteri al master di scrittura in corso alla Fondazione Sciascia.

Da Leonardo Sciascia ad Andrea Camilleri, la Sicilia è stata anche terra di giallisti. Ne è certo Gaetano Savatteri, giornalista e scrittore, relatore al master di scrittura promosso dal Distretto Turistico Valle dei Templi in collaborazione con l’Associazione “Strada degli Scrittori” e la Fondazione Sciascia, con il coordinamento scientifico dell’Associazione Treccani Cultura e con il patrocinio della Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana, in svolgimento in questi giorni nei locali alla Fondazione Sciascia di Racalmuto.
“Andrea Camilleri -ha spiegato Savatteri- ha aperto la strada in tal senso, perché con lui il “giallo siciliano”, il “giallo sotto il sole”, è diventato un genere di grande successo. Questo naturalmente è avvenuto in un posto come la Sicilia dove il giallo è nato, in un certo senso, con un libro – seppur atipico – come Il giorno della civetta”.



“Adesso -ha proseguito Savatteri- ci sono tantissimi scrittori siciliani di gialli: mi vengono in mente Salvo Toscano, Riccardo Arena, ma potrei aggiungerne molti altri in diverse province dell’Isola. Oggi il giallo è un modo per raccontare il presente. Al di là dell’intreccio letterario, dell’assassino e del detective e delle altre tipicità di questo genere narrativo, credo che il giallo sia il romanzo sociale che forse meglio di altri riesce a raccontare il nostro tempo, le sue difficoltà, i suoi lati oscuri e anche le sue bellezze”.
La “sfida” che Savatteri ha lanciato agli iscritti al master è la creazione di un ‘giallo’ ospitato proprio all’interno dei locali della Fondazione Sciascia.
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 5.7.2017
Teatro

ORTO BOTANICO
Dalle 21 all'Orto Botanico, via Foria 223, per la rassegna "Brividi d'Estate", lo spettacolo "La scomparsa di Patò" di Andrea Camilleri, con Andrea de Rosa, Renato De Simone, Fabio Rossi, per la regia di Paolo Cresta.
Ingresso 16 euro. Le cene con delitto avranno un costo di 30 euro. Info 081 542 2088.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.7.2017
La Cecla: “Un evento costruito sugli stereotipi come il mito del West”

«Dolce e Gabbana fanno parte di una lunga tradizione di sfruttamento con successo degli stereotipi della Sicilia, che non aiuta a capire l'Isola, ma rischia di essere solo una pubblicità per loro stessi». Così, secondo l'antropologo Franco La Cecla, la kermesse dei due stilisti rischia di essere solo un evento commerciale.
Dolce e Gabbana hanno scelto Palermo per una grande sfilata di moda e da sempre utilizzano il brand Sicilia nelle loro creazioni: come valuta questa scelta?
«Ho affrontato questo argomento in un articolo che fa parte del mio ultimo libro "Jet-Lag" e che si intitola ‘Antropologia terrona'. La scelta degli stilisti rientra ancora una volta nella lunga tradizione dell'utilizzo dell'immagine della Sicilia come stereotipo che fa tendenza. Il primo esempio risale all'utilizzo che fece Mascagni della ‘Cavalleria Rusticana' di Verga. La Sicilia è l'unico luogo geografico, assieme al Far West, in cui un territorio diventa un ‘genere' da cui si ricavano romanzi, opere e film. Da Mascagni fino a Camilleri e anche a Dolce e Gabbana. Ma il genere purtroppo non corrisponde alla realtà, spesso la copre. Semmai, fa moda, vende».
Ma come si legano il folklore, la tradizione e la storia della Sicilia all'alta moda?
«Nulla di diverso da coloro che indossano il cappello da cowboy. Non c'è nulla della tradizione popolare, è un'invenzione filmica. Dolce e Gabbana si collocano in una tradizione di successo, che non aiuta però a capire la Sicilia e Palermo, che rimangono uno stereotipo. Motivo per cui Camilleri vende moltissimo, Sciascia meno. E ragione per cui è difficilissimo parlare di Sicilia al di fuori degli stereotipi».
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Tullio Filippone
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 6.7.2017
“Dionisiache” fa 50 anni albe teatrali e musica fra i ruderi di Segesta

Festeggia cinquant'anni "Dionisiache — Calatafimi Segesta festival 2017" diretto da Nicasio Anzelmo: 40 spettacoli, cinque concerti, altrettante Albe teatrali e musicali al Teatro Antico e 20 laboratori.
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Tra le albe, si comincia il 29 luglio alle 5 del mattino con un appuntamento dedicato all'autore di Montabano: Pietro Montandon porta in scena con la regia di Daniele Ardini "Maruzza Musumeci" di Andrea Camilleri.
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Laura Nobile
 
 

La Repubblica (ed. di Napoli), 6.7.2017
Maurizio De Giovanni: "Fra due anni smetto e Ricciardi con me"
Parla lo scrittore. Esce "Rondini d'inverno", il suo nuovo romanzo. Protagonista il celebre commissario, le cui storie finiranno con la Seconda guerra mondiale: "È bello chiudere quando il pubblico ha ancora voglia di te. Di Camilleri ce n'è uno"

Napoli. Il tavolino numero dieci all'interno del Caffè Gambrinus è inaccessibile. "Riservato al commissario Ricciardi", c'è scritto sulle due facce di un segnaposto plastificato. Oggi, domani e nei secoli dei secoli. I clienti s'accostano, scattano una foto e vanno via. È qui che Maurizio De Giovanni porta il suo personaggio a fare colazione da undici anni e undici libri, dodici con il nuovo, "Rondini d'inverno", che Einaudi fa uscire in centomila copie: lunedì nel cortile del Maschio Angioino il primo incontro fra l'autore e quelli che non sono più lettori ma fans, se è vero che quattro associazioni organizzano tour guidati sui luoghi dei romanzi. "Fans dei personaggi, non miei", mormora lui, 59 anni, una delle voci più presenti della città, ora anche autore di teatro e sceneggiatore per la tv. Il telefono che squilla, un tifoso che domanda del Napoli, un'ammiratrice che gli stampa un bacio. "Oggi concedersi a un selfie è parte dell'attività, eppure io non credo che uno scrittore debba avere una sua rilevanza personale. Ne hanno i suoi personaggi. Sono contento che sia conosciuto Ricciardi e che il tassista citi le sue frasi. Mi piacciono queste gioiose manifestazioni. Ma io cosa c'entro? Se a suo tempo avessi incontrato García Márquez, lo dico da lettore forte, credo che non lo avrei riconosciuto". Eppure, tutto questo finirà. Presto. "Nel 2020 smetto".
De Giovanni, calma. Lei è celebre per avere una prolificità degna di Simenon. Che sta succedendo?
"Vorrei semplicemente andarmene in pensione. Ancora due libri di Ricciardi fino al 2019 e due del ciclo I Guardiani che Cattleya porterà in televisione. Altri quattro dei Bastardi di Pizzofalcone perché preparano una seconda serie tv, e dopo basta. Di Camilleri ce n'è uno".
Anche lei, come Camilleri con Montalbano, conserva da qualche parte la pagina finale?
"Non l'ho scritta ma la conosco. So già cosa accadrà a Ricciardi. Noi scrittori non siamo proprietari dei personaggi. Loro esistono. I miei non sono maschere, invecchiano, e nei seriali non succede spesso. Montalbano e Maigret hanno sempre gli stessi anni [Non è vero: Montalbano invecchia, NdCFC]. Ricciardi è un uomo in cammino, la sua educazione sentimentale non si arresta. Attualmente è nel 1933, con i prossimi due romanzi aggiungerà ancora un anno e mezzo alla sua vita. Così finiamo a ridosso dell'autarchia, dell'impero, quando comincia una fase politica che condurrà l'Italia alle leggi razziali e alla guerra. Ecco, Ricciardi in guerra io proprio non riesco a immaginarlo, alla luce di ciò che so gli capiterà nei prossimi romanzi".
[…]
Angelo Carotenuto
 
 

Quotidiano.net, 7.7.2017
Libri, quattro gialli italiani per l'estate
Camilleri, Macchiavelli, De Giovanni e Del Vecchio. Una lista di consigli di lettura pieni di suspense e mistero made in Italy per le vacanze

Estate, tempo di vacanze e relax, al mare, in montagna o anche a casa. E certamente uno dei passatempi più gettonati per godere del dolce far niente è rappresentato dalla lettura, soprattutto se ricca di trame misteriose e avvincenti.
Proponiamo qui una piccola selezione di gialli nostrani, usciti proprio in questo periodo, da portare con sé in vacanza.
'La rete di protezione', di Andrea Camilleri
Può forse mancare in una lista del genere Andrea Camilleri? Certo che no. Ecco dunque la più recente avventura del tanto amato commissario Montalbano. Nella Vigata dei giorni nostri si sta girando una fiction ambientata nel 1950: il paese è tutto in subbuglio. Agli abitanti è stato chiesto dalla produzione di cercare vecchie foto e filmini, per riprodurre il più fedelmente possibile l'epoca. Uno dei cittadini, tale ingegnere Ernesto Sabatello, trova alcune pellicole girate dal padre sempre nello stesso giorno in anni diversi, il 27 marzo, dal 1958 al 1963. Il soggetto è sempre lo stesso, solo un muro, forse di una casa di campagna, senza persone o azioni intorno. Sabatello consegna tutto a Montalbano, il quale, incuriosito, inizia la sua indagine. Ciò che emerge sembra grave: un fatto di sangue di molti anni addietro e mai svelato da nessuno. Nel frattempo a Vigata degli uomini armati fanno irruzione nella scuola media, sparando qualche colpo (senza vittime), scomparendo poi velocemente. Il questore pensa a terroristi, ma Montalbano, indagando fra le pieghe dei social network, capisce che c'è ben altro. Il solito gustoso e divertente intreccio del maestro siciliano.
(Edito da Sellerio)
[...]
 
 

Rai Radio 1, 8.7.2017
Sciarada
Le parole dello spettacolo

Cliccare qui per ascoltare la puntata
Cliccare qui per il podcast della puntata
Andrea Camilleri racconta il suo Montalbano ne "La rete di protezione"; Joe Barbieri, cantautore napoletano presenta il suo ultimo lavoro "Origami"; la mostra a Roma di Luigi Ontani

MURO
(sostantivo maschile)
Struttura edilizia verticale, con funzione portante o divisoria; in senso figurato, ciò che costituisce un ostacolo, un intralcio ma anche una protezione o una difesa, in senso sia concreto che astratto.
“La rete di protezione” di Andrea Camilleri, è un altro avvincente episodio su Vigàta, dove questa volta il bravo commissario Montalbano si troverà a risolvere un doppio mistero… Andrea Camilleri, lo ha raccontato ad Anna Maria Caresta.
[...]
 
 

la Lettura - Corriere della Sera, 8.7.2017
Maestri. Lo scrittore e regista Giorgio Pressburger ricorda i suoi anni da allievo dell’Accademia nazionale d’Arte drammatica di Roma con un insegnante d’eccezione, l’autore siciliano
A lezione dal mio maestro Camilleri
L'arte dello sguardo. Andrea seguiva la famosa poesia di Eduardo De Filippo: la fantasia «fa tà-tì, tà-tì, nun fa tì-tà…». Bastano piccoli spostamenti dell’osservazione


Massimo Uberti, «Drawing of a drawing» (2014, installazione luminosa)

Non molti dell’immenso numero di lettori di questo gioviale, rigoroso autore di bestseller sanno che egli fin da giovanissimo si era dedicato al teatro, alla sua prassi, al suo insegnamento, alla sua esplorazione in esperimenti comprensibili e accessibili a tutti. Eppure, prima di diventare l’autore italiano primo in tutte le classifiche di vendita di opere letterarie, Andrea Camilleri è stato studente e poi per decenni insegnante all’Accademia nazionale d’Arte drammatica, alla sua epoca unica scuola di teatro in Italia.
Molti dei migliori attori del nostro Paese l’hanno avuto come insegnante, molti dei registi più noti come loro maestro. Ma non si tratta di un professore, di uno scrittore qualunque, tutti lo sanno e tutti lo riconoscono. La nostra letteratura di romanzi polizieschi deve a lui alcuni dei libri più divertenti e profondi, condotti da novità linguistiche e tecniche della narrazione grazie ai quali quelle opere presto si sono diffuse in numerosissime nazioni del mondo. Quanto al teatro, oltre alle messe in scena di molte commedie dobbiamo a Camilleri la produzione per la televisione di alcuni capolavori del nostro teatro, come la serie dei lavori teatrali di Eduardo De Filippo. E poi c’è la presenza nella nostra vita quotidiana dell’intramontabile commissario Montalbano. Questo mitico e amatissimo personaggio deve il suo nome all’omonimo autore spagnolo di romanzi polizieschi, il quale lo ha prestato a Camilleri. Forse un giorno quel vero fantasma televisivo si chiamerà come l’attore italiano Luca Zingaretti che lo interpreta. Insomma, Camilleri e il suo personaggio oggi sono parte insostituibile della nostra cultura popolare ma senz’altro, semplicemente, della nostra cultura. E sicuramente anche dell’attuale cultura mondiale.
Ma Andrea Camilleri appare qualche volta anche in televisione come personaggio importante della sinistra italiana, schieramento politico a cui appartiene fin da ragazzo. Egli parteggia con passione e con competenza alla costruzione del possibile futuro del nostro Paese, come hanno fatto tanti artisti e intellettuali lungo il secolo passato ma non è un retore presuntuoso e vuoto, narciso al pari di tanti uomini nella sua posizione: è un uomo misurato e obbiettivo, però inflessibile. Nonostante questo, quanti lo conoscono sanno che è estremamente gioviale, amante della compagnia anche dei suoi numerosi allievi, e di tutti i giovani, in generale, oltre che dei propri amici, compagni e colleghi. L’immancabile bicchiere di whisky in mano, la sigaretta accesa tra le dita (ultimamente non più) , Camilleri è riconoscibile a prima vista da chiunque, come lo è per la sua dizione particolare, dalla voce bassissima e chiaramente articolata. Questo regista di talento è rispettoso degli autori di teatro vivi e morti, non sovrappone le sue idee a quello dell’autore e nemmeno degli attori, invece cerca la verosimiglianza e la verità dei testi. Cosa che per trent’anni è stata assente dal nostro teatro di prosa, fino a causarne il tramonto.
Camilleri ha aiutato nei suoi lunghi anni di insegnamento molti giovani attori e attrici, introducendoli nelle istituzioni, nelle compagnie teatrali, nella Rai, dando consigli e indicazioni. Così ha fatto anche con me e gliene sarò sempre grato. Come regista all’opposto dei suoi famosi contemporanei, non si esibiva salendo sul palcoscenico sostituendosi agli attori per far vedere quanto era più bravo di loro: più intelligente, più acuto. Camilleri usava invece poche parole, sussurrava due, tre idee e poi tornava al suo posto. Come del resto faceva Eduardo De Filippo. Camilleri seguiva la famosa poesia proprio del grande maestro napoletano: la fantasia «fa tà-tì, tà-tì, nun fa tì-tà…». Non occorrono invenzioni gigantesche, basta un piccolo spostamento nell’osservazione della nostra ineffabile realtà per rappresentarla in modo critico e veritiero.
Camilleri ha superato i novant’anni ma è tuttora pienamente attivo e attento alle vicende del secolo a cui vuole bene.
Giorgio Pressburger
 
 

dramma.it, 8.7.2017
Maruzza Musumeci

Tratta dall’omonimo racconto di Camilleri questa messa in scena di Daniela Ardini manifesta un profondo lavoro drammaturgico di amalgama tra matericità della parola e presenza attoriale, amalgama costruito sul suono di quella lingua calda e pastosa che è il siciliano, un suono che si fa personaggio che transita tra musicalità intima e pesantezza petrosa e fisica come di un corpo che si disvela. È una drammaturgia che trasfigura e va oltre la narrazione per accedere al territorio del mito e del sogno che da sempre lo alimenta, ma nel contempo non perde di vista la concretezza delle relazioni umane che nel mito si rispecchiano traendo da esso senso e prospettiva. Sospesa tra mare e terra come una Sirena ne rivisita l’inesausto e infinito desiderio che talora riposa tra le braccia e nel petto di uomini e donne apparentemente semplici, la cui ingenuità è come una radice forte che preserva il loro breve transito esistenziale mentre l’orizzonte si allarga oltre il nostro stesso sguardo.
Andrea Camilleri incista e mescola il suo racconto di emigranti che tornano, di vecchie sensali di matrimonio, di contadini piegati alla loro fatica, di marinai in mezzo ad un mare che non gli appartiene, un mare quasi violentato e che pretende per questo vendetta, con l’antico mito delle sirene che Omero trasse direttamente dal sangue caldo di quell’isola che, tra Scilla e Cariddi, incontrò Ulisse, non amandolo e non essendone amata.
Gnazio Manisco, emigrante di ritorno, uomo terragno che fugge il mare, torna a Vigata e paradossalmente si innamora ricambiato di una sirena spiaggiata, Maruzza Musumeci, che invece lo sguardo volge perennemente al mare. Con lei ha figli sospesi tra stelle e pelago che segnano il loro apparentemente tragico destino.
Dentro questo nucleo la vendetta delle ancelle dell’oceano, sanguinosa ma come abbandonata nel luogo che fa da confine tra sogno e realtà, e che fa quasi da contrappunto sintattico alla narrazione di quelle due vite che s’incontrano, evocando l’universalità di un mito fondativo.
Una drammaturgia fedele ed insieme trasfigurante che la bella regia di Daniela Ardini ancora al palcoscenico come ad un approdo sicuro. Un ottimo, per mimica, gestione della voce e movimenti recitativi, Piero Montadon è Gnazio Manisco e tutti gli altri personaggi. Scene e costumi di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza.
Nella affascinante Piazzetta San Matteo, centro storico di Genova, il 3, 5 e 6 luglio tra gli appuntamenti dell’edizione 2017 del “Festival in una notte d’estate” di Lunaria Teatro, dedicata appunto ai percorsi e alle metamorfosi del mito. Uno spettacolo interessante che ha riscosso un notevole successo.
Maria Dolores Pesce
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.7.2017
Ristoranti e vini, la "buona" Sicilia nella guida di Repubblica
Nel volume 905 locali 77 cantine 600 botteghe del gusto e 107 dimore di charme
La guida, in edicola e in libreria dal prossimo 15 luglio, sarà presentata domani a Palermo

È iniziato il countdown per la presentazione della nuova edizione della "Guida ai Sapori e ai Piaceri della Sicilia". Nell'introduzione Giuseppe Cerasa, direttore delle Guide di Repubblica, spiega che questo volume aggiorna una geografia di esperienze e sapori che fanno della Sicilia un luogo unico da visitare e da amare.
Tra le novità di quest'anno, alcuni testimonial d'eccezione. Tra questi Andrea Camilleri, che ci conduce in un itinerario intimo e personale attraverso i suoi ricordi legati alla Sicilia: la scuola elementare di Porto Empedocle, dove le chiacchierate con i compagni di classe diventeranno materiale fertile per le vicende dell'immaginaria Vigata dei suoi romanzi, i pranzi in famiglia tra prelibatezze e gli odori mai dimenticati, il rapporto speciale con San Calogero, le mille contraddizioni della "sicilianità", le nottate di pesca con il padre alla luce della lampara o il profumo della campagna che si risveglia, all'alba di una battuta di caccia.
E se Camilleri ci parla di una Sicilia ancora attuale e riscontrabile per molti versi nei romanzi e nelle fiction del commissario Montalbano, ci sono tante altre Sicilie, passate e ancora attualissime, raccontate seguendo i luoghi di nove grandi scrittori siciliani. Una nuova sezione dedicata agli Itinerari letterari ci porta, infatti, alla scoperta della Modica di Gesualdo Bufalino o quella di Salvatore Quasimodo, la Catania nobiliare di Federico De Roberto, la quiete della villa a Capo d'Orlando dove Lucio Piccolo passò buona parte della sua vita, l'Agrigento di Luigi Pirandello. Si va tra i caffè e i circoli della Racalmuto di Leonardo Sciascia, nei palazzi storici della Palermo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, arrivando fino ad Acitrezza, Catania e Vizzini nel segno di Giovanni Verga o nell'elegante Ortigia di Elio Vittorini.
[…]
Maria Antonietta Pioppo
 
 

La Repubblica, 9.7.2017
Le sirene di Camilleri

[…]
TEATRO
Fiesole (FI), via Portigiani 1. Teatro Romano. Alle 21.15 Il viaggio con Ulisse è iniziato il 22 giugno e, dopo Moni Ovadia, Amanda Sandrelli e Vinicio Capossela, tocca a Maddalena Crippa cimentarsi con Odissea — un racconto mediterraneo e con il Canto XXII, dedicato a Penelope e alla sua tela senza fine. Il 20 luglio, poi, Giuseppe Cederna ci porterà sull'isola dei Feaci, mentre il 27 sarà Piergiorgio Odifreddi a raccontare i buoi e Archimede del canto XII. Il progetto è di Sergio Maifredi.
Realtà e leggenda, amore e vendetta si intrecciano in "Maruzza Musumeci. Una storia di terra, di mari, d'ulivi (e di sirene!)". Lo spettacolo, ideato e interpretato da Pietro Montandon, è tratto dal romanzo di Andrea Camilleri. Una favola poetica e seducente per riscoprire il fascino del mito. Alle 21.
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La Repubblica - Affari & Finanza, 10.7.2017
Paillettes

Li leggiamo avidamente, rapiti dalle storie che ci raccontano e dai personaggi cui danno vita e carattere usando solo le parole. A volte li leggiamo per semplice dovere, o per imposizione scolastica. Di alcuni di loro facciamo i nostri maestri di vita, capaci di illuminarci con il giusto motto, di indicarci la via con pensieri brillanti, di intrattenerci con sagaci e salaci motto di spirito. Spesso, però, non sappiamo nemmeno come sono fatti — una assurdità, quasi, in quest’epoca di streaming continuo e visibilità assoluta. Ancora meno sappiamo delle loro predilezioni in materia di stile e di abbigliamento. Per sciogliere il mistero, mantenuto fino a questo punto come si addice ai gialli e alle spy story, stiamo parlando degli scrittori, e del loro rapporto con la moda. Associazione non immediata, in effetti. Ad eccezione di filosofi di bell’aspetto come Bertrand Henry Levi, o di gentiluomini d’antan come Andrea Camilleri, il quale ha dichiarato che per scrivere si veste sempre di tutto punto, anche se l’attività letteraria si svolge tra le pareti di casa, gli scrittori li si immagina in genere vestiti come capita, chiusi in stanze nascoste e per questo non bisognosi di un look, o di qualcosa di simile.
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Alberta Marzotto
 
 

TV spored - SiOL, 10.7.2017
FOX Crime
10. 07. 2017
12:45 - 14:40
Inšpektor Montalbano
Nadaljevanka / Kriminalka, 9. sezona, 3. del, Italija
115 min | IMDB: 8,5
Montalbano je inšpektor v kraju Vigata. Je grob clovek, odgovoren in resen pri delu, hkrati pa odprt in prijazen do ljudi, ki jih pozna in jim zaupa.

Montalbano mora na svojem obmocju preiskovati številna kazniva dejanja, ki mu jih vedno - po zaslugi izjemne inteligence in pomoci številnih asistentov, tudi zunaj policije - uspe natancno rekonstruirati in rešiti. Med njegovimi sodelavci so namestnik Mimi Augello, inšpektor Giuseppe Fazio, nerodni policist Agatino Catarella in drugi policisti na postaji. Med njegovimi zunanjimi sodelavci so prijateljica Ingrid Sjostrom, novinar Niccolo Zito in, bolj redko, Adelina, njegova kuharica. V zasebnem življenju je Salvo v razmerju na daljavo z Livio Burlando. Z njo ima burno zvezo, v kateri vedno prevlada ljubezen. Kriminalno serijo so posneli po romanu italijanskega pisatelja in scenarista Andrea Camillerija.
 
 

Fondazione Pergolesi Spontini, 7.2017
Workshop Corpo, luce e movimento per il Colore del sole
XVII PERGOLESI SPONTINI FESTIVAL
“FALSO D’AUTORE”

Hai più di 18 anni? cerchiamo 30 attori, danzatori, mimi, acrobati professionisti e non professionisti per un WORKSHOP gratuito
CARAVAGGIO IN SCENA
CORPO, LUCE E MOVIMENTO PER IL COLORE DEL SOLE
Opera in un atto liberamente tratta dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri e la musica di Lucio Gregoretti con il regista Cristian Taraborrelli
a Jesi, presso il Teatro Studio V. Moriconi, dal 17 al 31 luglio 2017
Il diario di Caravaggio, che Camilleri dichiara aver avuto tra le mani in circostanze misteriose e da cui ha copiato alcune, preziose pagine, diventa un’opera in scena venerdì 8 settembre 2017 alle ore 21 al Teatro Pergolesi di Jesi nell’ambito della XVII edizione del Pergolesi Spontini Festival. Un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con il Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena in prima rappresentazione assoluta.
La prima settimana consisterà in un lavoro di sperimentazione e di ricerca propedeutico alle riprese video previste nella seconda settimana. Sarà un lavoro sul corpo e sulla luce per raccontare ciò che vive nel “buio”, in ciò che non è visibile, nelle tele del Caravaggio.
Condizioni di partecipazione:
• partecipazione gratuita;
• forte motivazione personale;
• impegno giornaliero (prima settimana: ore 14.30-20.30 circa; seconda settimana: orario da definire in base alle esigenze di ripresa video);
• obbligo di presenza a tutte le sessioni dell’intero workshop.
Compila il MODULO ONLINE e invia la tua candidatura entro il 16 luglio.
INFO:
Fondazione Pergolesi Spontini
Largo F. Degrada, 5 – 60036 Jesi (AN)
Tel. 0731 202944 – 338 7107269
workshop@fpsjesi.com
In caso di adesioni in esubero la sessione del 17 luglio sarà utilizzata come selezione.
 
 

LiveUniCT, 11.7.2017
UNICT – Porte aperte: al Monastero in scena “Maruzza Musumeci” di Camilleri
Continuano gli appuntamenti con Porte Aperte, il programma di iniziative promosso dall’Università di Catania.

Il mito è una fonte inesauribile di possibilità di interpretazioni del presente, delle relazioni tra le cose, i pensieri e il mondo. Anche in una “favola”, leggera e ironica – ma anche un po’ inquietante – come quella raccontata da Andrea Camilleri nel suo romanzo “Maruzza Musumeci” (Sellerio, 2007) ritornano i motivi classici della sirena, del suo canto che uccide, e di una vendetta covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi.
L’Ulisse (l’anti-Ulisse, in questo caso) disegnato dallo scrittore agrigentino, è Pietro Montandon, attore di grande esperienza e capacità mimetica, che giovedì sera (13 luglio), alle 21, nel Chiostro di Ponente del Monastero dei Benedettini, vestirà i panni di Gnazio Manisco e di tutti gli altri personaggi della storia, nella messa in scena di “Maruzza Musumeci – Una storia di terra, di mari, d’ulivi (e di sirene!)” per la regia di Daniela Ardini (produzione Lunaria Teatro), con le scene e i costumi di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza.
Lo spettacolo fa parte del ciclo “Nuovo Teatro” organizzato a Catania dall’associazione Teatro della Città e inserito nel calendario di eventi “Porte aperte Unict 2017” che fino al 31 luglio ospita concerti, proiezioni, spettacoli teatrali e letture negli edifici storici dell’Università di Catania.
Gnazio, un contadino che ritorna dall’America per dedicarsi a coltivare la terra, acquista un campo che è come un’isola sull’acqua e decide di sposarsi. La donna di cui si innamora perdutamente è bellissima e canta canzoni meravigliose che solo lui comprende. Da qui si dipanano una serie di eventi sorprendenti che coinvolgono personaggi radicati nella cultura siciliana, dalle più diverse caratteristiche, creati dalla maestria divertita di Andrea Camilleri.
Attraverso il susseguirsi incessante degli eventi, lo spettacolo prende idealmente il pubblico per mano e condurlo in un viaggio attraverso una mitologia rude, selvaggia, sensuale, popolata da Aulissi Dimare, Sirene Catananne, cani feroci ma anche attraverso la poesia, l’ironia e la levità della storia d’amore di Gnazio e Maruzza, fino al messaggio finale dell’immortalità del canto delle sirene racchiuso in una conchiglia che dona l’ultimo conforto a un soldato morente. Il lavoro per l’adattamento del testo ha rispettato la parola di Camilleri, lasciando la fascinazione del racconto, di una lingua misteriosa (terragna e materica, velata e oscura) che dà forma alle cose e suscita nella memoria di chi l’ascolta una serie infinita di echi e di rimandi.
Biglietti: 10 euro / ridotto personale universitario: 7 euro / ridotto studenti 5: euro.
 
 

SicilyMag, 11.7.2017
Salvatore Silvano Nigro: «Camilleri scrittore di Vigata, la sua è lingua letteraria italiana»
Libri e fumetti. La letteratura fra passato e presente, la narrativa e la storia d'Italia, la dimensione della creatività culturale e la vita quotidiana, il fenomeno Camilleri ed il panorama italiano contemporaneo, la rilettura di Manzoni, la grande tradizione scritturale siciliana ed il rapporto con l'Europa, sono alcuni dei temi del nostro dialogo con il critico letterario e saggista

La letteratura fra passato e presente, la narrativa e la storia d'Italia, la dimensione della creatività culturale e la vita quotidiana, il fenomeno Camilleri ed il panorama italiano contemporaneo, la rilettura di Alessandro Manzoni, la grande tradizione scritturale siciliana ed il rapporto con l'Europa, sono alcuni dei temi del nostro dialogo con il professore Salvatore Silvano Nigro. Natìo di Carlentini, laureatosi all'università di Catania, allievo del grande Carlo Muscetta, Nigro ha insegnato per molti anni nell'ateneo etneo, per poi giungere alla Normale di Pisa, ed in seguito allo IULM di Milano Ha insegnato e tenuto corsi anche in alcune delle più prestigiose università estere: dalla Sorbona di Parigi, alla New York University, alla Yale University (solo per citarne alcune). Tutt'ora tiene corsi al Politecnico di Zurigo. Il filologo Nigro è fra i maggiori conoscitori viventi di letteratura italiana e di quella francese. E continua a tempo pieno la sua attività di critico letterario e di saggista. Da molti anni è consulente editoriale della casa editrice Sellerio.
Professore, invece di partire da Verga e Pirandello facciamo un percorso inverso nel nostro dialogo. Una operazione sui generis, partiamo da Andrea Camilleri, dunque dal presente. Lei è stato fra i primi nel mondo accademico - si può dire che lo ha consacrato in vita nella storia della letteratura con i volumi dei Meridiani Mondadori - ad accorgersi della importanza del fenomeno Camilleri e soprattutto della sua qualità narrativa. Può raccontarci sinteticamente come venne a conoscenza della sua produzione narrativa?
«Il mio primo incontro con la narrativa di Camilleri avvenne nel 1984, quando apparve La strage dimenticata. Il libro mi venne regalato da Leonardo Sciascia. E non a caso. Sciascia sapeva che mi occupavo di Manzoni e voleva che leggessi il saggio narrativo di Camilleri in quanto opera che, nella struttura e nell’impegno etico, si ispirava alla Storia della Colonna Infame. Sciascia mi lesse il risvolto di copertina che in parte aveva scritto lui. E i suoi interventi riguardavano proprio i rapporti con Manzoni. Conobbi Camilleri anni dopo. Insegnavo alla Yale University e dovevo rientrare in Italia, per qualche giorno, perché il mio libro La tabacchiera di don Lisander, pubblicato da Einaudi, per volontà di Cesare Garboli era entrato tra i finalisti del Premio Viareggio. Era il 1996. Camilleri aveva appena pubblicato il romanzo Ladro di merendine; ed Elvira Sellerio mi chiese di presentare il romanzo a Palermo, nella libreria della casa editrice. Da allora è nata una affettuosa amicizia tra me e Camilleri.
Nel 2001, Elvira Sellerio mi chiese di scrivere il risvolto di copertina del romanzo di Camilleri intitolato Il re di Girgenti. Da allora in poi ho accompagnato tutte le uscite Sellerio dei romanzi di Camilleri, firmando le bandelle. Tre anni dopo ho curato per I Meridiani della Mondadori la raccolta dei Romanzi storici e civili di Camilleri. Aggiunsi al volume un’appendice di inediti: erano i documenti in italiano secentesco, in latino e in spagnolo, che lo scrittore, aiutato dalla moglie, aveva inventato di sana pianta per dare una biografia 'documentata' al protagonista del Re di Girgenti. Quella di Camilleri era stata una trovata geniale, degna del romanziere Vella (così lo definiva Sciascia) del Consiglio d’Egitto, e del suo aiutante che, guarda caso, si chiamava Camilleri».
Dunque fu tra coloro che consigliarono ad Elvira Sellerio di puntare su Camilleri, nonostante Leonardo Sciascia non nascondesse le sue perplessità sulla lingua intrisa di dialettismi e neologismi dello scrittore di Porto Empedocle?
«Camilleri è uno scrittore intimamente selleriano. Nasce da una costola di Leonardo Sciascia, con l’assistenza di Elvira Sellerio. All’inizio Sciascia pensava a una lettera di Verga a Luigi Capuana. Verga diceva che uno scrittore siciliano deve avere 'i polmoni larghi'. E per essere tale, deve pensare e scrivere in italiano. Non si può scrivere come un 'turco', pensando in italiano e 'traducendo' in dialetto sulla carta. Successivamente Sciascia capì che Camilleri aveva voluto essere il cronista dell’inventata Vigàta: un villaggio-mondo che aveva una sua lingua, il vigatese. E in questa lingua inventata per un villaggio inventato, Camilleri ha sempre pensato e scritto in vigatese. Non ha mai tradotto. Camilleri è il grande scrittore di Vigàta. E la sua grandezza è tale che la sua lingua, grazie all’ampiezza del bacino dei lettori, si è imposta come lingua letteraria degna della variegata tradizione letteraria italiana».
Una breve parentesi, lei ha più volte sottolineato la genialità delle intuizioni di Elvira Sellerio. Può sinteticamente farci un ritratto di questa figura fondamentale della storia editoriale italiana del Novecento ed inizi del nuovo secolo?
«Elvira Sellerio, prima di essere la signora dell’editoria italiana, era stata una lettrice d’impegno e passione: qualità che riversò nel lavoro editoriale. Non era soltanto un editore, era l’amica degli autori che sceglieva e accompagnava nei loro percorsi letterari e nella vita. Per lei l’editoria non era un’industria. Era un incontro di destini umani».
Qual è a suo giudizio il segreto del successo dei romanzi incentrati su Montalbano?
«Montalbano è diventato per i lettori un amico di famiglia, un vicino di casa, l’uomo della porta accanto. Voglio dire che Montalbano vive giorno dopo giorno, matura e pensa, insieme ai suoi lettori. Non è un 'eroe', un mostro sacro, un divo. Non si dà arie. Semplicemente cammina per le strade che qualunque lettore percorre, cercando di capire il mondo che gli gira attorno: la cronaca, la storia, gli entusiasmi e le delusioni che condivide con tutti. E come a tutti, gli anni sempre più gli pesano addosso».
Fra i più importanti romanzi di Camilleri vi sono quelli storici, da “La stagione della caccia” ad “Il Birraio di Preston”, da “Il re di Girgenti”, a “La scomparsa di Patò”. E va ricordata anche la trilogia dedicata al genere fantastico: “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il sonaglio”. Può dirsi che alcune delle sue pagine più profonde si trovano in questi libri?
«Camilleri non è soltanto l’inventore di Montalbano. È uno scrittore di romanzi storici e di racconti fantastici. È autore di teatro. Ed è anche un saggista. Non è possibile fare una gerarchia di valori. Camilleri è uno scrittore di qualità in tutti i generi nei quali si prodiga».
Come si pone Camilleri rispetto alla grande tradizione letteraria siciliana, che ha assurto a dimensione nazionale ed internazionale? Partiamo dal rapporto con Verga, evidente ne La stagione della caccia, ma dal quale Camilleri prende poi progressivamente le distanze sino a giungere alle forme per alcuni aspetti surreali del genere fantastico...
«Camilleri ha assimilato tutta la tradizione letteraria siciliana, persino quella più periferica. Certamente un rapporto con Verga c’è. Ed è più di quanto non si creda. Penso ai Malavoglia, romanzo nel quale il villaggio viene raccontato dal di dentro dei proverbi e dei modi di dire. È, questa, una tecnica che Camilleri ha più volte sperimentato».
Altro passaggio fondamentale, sul quale lo stesso Camilleri si è soffermato in più interviste sulla stampa nazionale, il rapporto con Pirandello.
«Camilleri è nato, come dicevo, da una costola di Sciascia. Ma è figlio anche di Pirandello. Con i due scrittori, Camilleri non finisce mai di fare i conti».
Pur con le differenze notevoli, vi sono delle similitudini con Brancati, l'ironia critica, l'attenzione alla dimensione sensuale ed erotica. Può sintetizzare ai nostri lettori similitudini e differenze?
«Brancati, con il suo umorismo gogoliano, è anch’egli presente a Camilleri. Ma Brancati è riletto da Camilleri attraverso Pirandello».
Più volte Camilleri ha mostrato la sua grande ammirazione per Leonardo Sciascia, sul piano dell'impegno intellettuale, sociale, etico. Vi è una radice sciasciana nell'opera camilleriana?
«La vena civile è tra le più evidenti in tutta la produzione camilleriana. Talmente evidente che non importa delucidarla. Del resto Sciascia, anch’egli maestro di Camilleri, era la coscienza critica e morale dell’Italia dei suoi anni. Come Pasolini, Sciascia seppe essere anche uno scrittore corsaro».
Cambiamo registro geo-culturale e d'ambito narrativo. Ma è un registro anch'esso molto importante e che spiazza chi legge Camilleri attraverso occhiali stereotipati. In realtà nei romanzi storici di Camilleri vi è anche la grande lezione del Manzoni, e non solo nell'utilizzare il passato per riferirsi al presente. Importante è stata la rilettura de “I Promessi Sposi” da parte di Camilleri attraverso la reinterpretazione de “La colonna infame”. Può spiegare con sintesi giornalistica ai nostri lettori questo passaggio sui generis?
«Con un paradosso, Camilleri ha sostenuto che Manzoni è uno scrittore contemporaneo. La storia della Colonna Infame, per Camilleri, come già per Sciascia, è un romanzo inchiesta di ambientazione giudiziaria: un modello per la letteratura novecentesca e post-novecentesca. Non solo. È pure la chiave di lettura dei Promessi sposi. Mi vanto di aver invitato Camilleri a parlare di Manzoni, nella casa dello scrittore lombardo a Milano. Voleva essere, il mio invito, un omaggio al manzonismo camilleriano. La conferenza fu una stupenda lezione -critica e persino filologica- sulla grandezza e sull’attualità di don Lisander».
Parliamo adesso di altri grandi protagonisti del Novecento. Uno scrittore che ha toccato alte vette sul piano della creazione scritturale è stato senz'altro Gesualdo Bufalino? Qual è la sua opinione?
«Bufalino è un grande scrittore e un grandissimo saggista. Dispiace che sia stato quasi del tutto dimenticato. Ci vorrebbe un rilancio della sua opera».
Come giudica sul piano della storia della letteratura italiana contemporanea il ruolo di Vincenzo Consolo? La sua memoria continua ad incidere nel presente?
«Come Camilleri, Vincenzo Consolo è nato come scrittore dal Consiglio d’Egitto di Sciascia. Ma Consolo e Camilleri sono due scrittori diversi. Il primo ha guardato soprattutto al Barocco, a quello italiano del Seicento e a quello caraibico novecentesco. Camilleri si è mantenuto soprattutto nel cono d’ombra di Pirandello».
Fra i suoi tanti libri, ne Il principe fulvo si è occupato ampiamente di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. E' stato un caso letterario del Novecento ed ancora oggi crea dibattito. Non crede che spesso nella lettura critica dell'opera di Tomasi in molti si siano dimenticati del contesto storico ed il mondo nel quale viveva, della sua formazione personale, e questi elementi abbiano contributo (compreso il mito della reinterpretazione cinematografica) ad alimentare una visione stereotipata de 'Il Gattopardo'?
«Quando pubblicai Il principe fulvo (edito da Sellerio), qualche critico accademico si lamentò perché non avevo citato i suoi scritti su Tomasi. Questo qualcuno neppure s’era accorto che io avevo scritto un romanzo critico su un romanzo, nel quale dialogavo solo con gli scrittori (della levatura di Vargas Llosa o Javier Marías) e con il mio amico Edward W. Said, di cui avevo seguito le indimenticabili lezioni sul Gattopardo alla Columbia University. In Italia, in Germania, in Inghilterra e in Francia avevo pubblicato, insieme a Gioacchino Lanza Tomasi, le lettere di viaggio di Lampedusa che dello scrittore davano un ritratto tutto nuovo e una documentazione inedita che costringeva a ripensare Il Gattopardo. Gli accademici italiani neppure se ne erano accorti, e continuavano a ripetere le solite pastette fatte di luoghi comuni ormai improponibili. Preferii allora dialogare con i miei amici scrittori, molto più avveduti dei burocratici professori».
Quanto Andrea Camilleri ha contributo a mutare l'immagine della Sicilia nel mondo, che ovviamente come tutte le realtà storiche è in continuo cambiamento (a volte in meglio, a volte in peggio)?
«Non credo che Camilleri abbia mai inteso cambiare l’immagine della Sicilia nel mondo. Piuttosto ha contribuito non poco a far riflettere (senza noia e supponenza) il cosiddetto mondo sulla perenne e italianissima tragedia vigatese. E nello stesso tempo ha contribuito ad accrescere all’estero la 'gloria' della letteratura italiana».
Lei è anche un raffinato studioso del Rinascimento e del Barocco. E si è occupato anche del Medioevo. Quanto Dante continua ad incidere sulla storia letteraria e sulla lingua italiana?
«Dante è l’unico vero poeta ecumenico della letteratura italiana. La sua lingua, la sua visionarietà, il suo furore politico, appartengono al patrimonio della cultura mondiale. Si pensi a Milton, Shakespeare, Goethe, Pound, Mandel’štam. ecc. Una sera a cena, un ambasciatore cinese mi disse timidamente: "Sa, professore, ho sponsorizzato una piccola tiratura della traduzione cinese della Divina Commedia. Abbiamo fatto un’edizione di appena otto milioni di copie"».
Può anticipare ai nostri lettori il suo prossimo libro? O conoscendo il suo dinamismo intellettuale, i suoi prossimi libri?
«Sto scrivendo un nuovo libro su Manzoni: su una storia che Manzoni si proibì di raccontare, permettendo però agli illustratori del suo romanzo, da lui stesso scelti, di raccontarla nelle loro vignette. Ma prima uscirà per Adelphi, il 14 settembre, la mia edizione del Discorso dell’ombra e dello stemma di Giorgio Manganelli».
Salvo Fallica
 
 

La Folla.it, 11.7.2017
Fondazione Pergolesi Spontini
Workshop gratuito

Un nuovo workshop gratuito della Fondazione Pergolesi Spontini, aperto a 30 attori, danzatori, mimi, acrobati professionisti e non professionisti, che abbiano compiuto 18 anni di età, per raccontare il mistero delle tele di Caravaggio.
Dopo il grande successo, lo scorso anno, del workshop gratuito con Franco Dragone e Giuliano Peparini, la Fondazione Pergolesi Spontini propone per l’estate 2017 una nuova, preziosa, occasione di formazione: il workshop “Caravaggio in scena. Corpo, Luce e Movimento per Il colore del sole”, tenuto dal regista Cristian Taraborrelli.
L’iniziativa si lega alla prima rappresentazione assoluta de “Il colore del sole”, l’opera in un atto liberamente tratta dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri con la musica di Lucio Gregoretti e la regia Cristian Taraborrelli, ed ispirata al diario di Caravaggio, che Camilleri dichiara aver avuto tra le mani in circostanze misteriose. L’opera andrà in scena venerdì 8 settembre 2017 alle ore 21 al Teatro Pergolesi di Jesi nell’ambito della XVII edizione del Pergolesi Spontini Festival, in un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con il Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena.
Il workshop “Caravaggio in scena. Corpo, Luce e Movimento per Il colore del sole” avrà luogo a Jesi, presso il Teatro Studio V. Moriconi, dal 17 al 31 luglio 2017. La prima settimana consisterà in un lavoro di sperimentazione e di ricerca propedeutico alle riprese video previste nella seconda settimana, e che entreranno nella messa in scena dell’opera. Sarà un lavoro sul corpo e sulla luce per raccontare ciò che vive nel “buio”, ciò che non è visibile, nelle tele del Caravaggio.
L’evento è aperto a tutti e a partecipazione gratuita; è richiesta una forte motivazione personale e assicurare la presenza costante a tutte le sessioni dell’intero workshop. L’orario giornaliero prevede una sessione di lavoro al pomeriggio nella prima settimana, dalle ore 14,30 alle ore 20,30, mentre per la seconda settimana l’orario è da definire in base alle esigenze delle riprese video.
Per partecipare occorre inviare la propria candidatura entro il 16 luglio, compilando il modulo online sul sito della Fondazione Pergolesi Spontini. https://www.fondazionepergolesispontini.com/festival-pergolesi-spontini/pergolesi-spontini-festival-2017/workshop-corpo-luce-movimento-colore-del-sole/
 
 

Panini Comics, 7.2017
Anteprima


 
 

Francesco Artibani, 12.7.2017


 
 

La Repubblica, 14.7.2017
Andrea Camilleri: “La mia terra tra i ricordi dei compagni di scuola e gli arancini di nonna Elvira”
Il padre di Montalbano racconta memorie e sapori della sua regione in un'intervista che qui anticipiamo e che uscirà sulla guida di "Repubblica" alla Sicilia in edicola da domani

Dall'immaginaria Vigàta al reale e inspiegabile sentimento di insularità. Andrea Camilleri racconta la sua Sicilia tra sapori, ricordi, aneddoti di un'isola che forse non c'è più, ma che non smette di vivere e far vivere attraverso i suoi libri. Un catalogo infinito di storie. Così il paese di Montalbano trae ispirazione dalla piazza dove, da studente, si incontrava con gli amici e raccontava i fatti accaduti nei rispettivi paesi. Siamo andati a casa sua per incontrarlo, ne è uscita fuori un'intervista informale e appassionata, ironica e profondamente umana.
Maestro, lei è venuto via dalla Sicilia molto presto. Da allora ci è tornato con frequenza regolare oppure soltanto per caso?
"Io me ne venni via nel '49, avevo 24 anni. I primi anni ci sono tornato solo durante le vacanze, diciamo scolastiche, perché ero impegnato all'Accademia di Arte drammatica e quindi potevo andarci durante l'estate o durante le vacanze natalizie. Poi, chiù passava il tempo e chiù mi era difficoltoso il viaggio in Sicilia per fatti di lavoro o di ricerca di lavoro. Quando, in un certo senso, mi sono stabilizzato a Roma, allora cercavo tutti i più bassi pretesti per tornare in Sicilia, come la morte di un cugino di quattordicesimo grado o altre facenne di questo tipo. Perché, in verità, diciamo che più passava il tempo e più aumentava lo spinno di andarci. Però, dal momento in cui principiai a scrivere romanzi, la Sicilia è tornata prepotentemente se non altro a vivere dentro di me. In un certo senso, la vivo più intimamente e meno geograficamente ".
Quando pensa alla Sicilia, la prima immagine che le viene in mente, qual è?
"Familiare! Cioè la Sicilia per me è mia nonna, mio nonno, miopatre, capisci? Poi l'allargo, ai compagni di scuola, ma non ai compagni di scuola dell'università, sono assai più importanti quelli che vanno dalla scuola elementare al ginnasio. I miei compagni, ai quali sono sempre rimasto affezionato, erano figghi di carrettieri, di operai portuali, e tutti avevano già, che so, alla terza, quarta elementare, una esperienza di vita rispetto a me che ero figghio di un burgisi; una cosa che tu non hai idea...".
Il ricordo si perpetua anche attraverso l'olfatto...
"Se è per questo, tra i ricordi ci sono anche il sapore degli asparagi selvatici, della cicoria, quello del cardo, che aveva un gusto pungente".
Stiamo parlando di quei sapori ormai introvabili...
"Ma sì, persi ormai per sempre. Ogni tanto tento di ricostruirmeli ma non ce la faccio. Il pesce era così fresco che friggerlo era un problema, perché si arrotola su se stesso, sai, e quindi bisognava con la forchetta tenerlo dritto. Era bellissimo... una facenna meravigliosa... ".
Visto che abbiamo affrontato l'aspetto gastronomico, oltre il pesce, ovviamente c'è l'arancino.
"Eravamo una famiglia numerosa, non meno di dieci, dodici persone a tavola e quando arrivavano, piombava il silenzio. A me capitò una volta che nonna fece arancini di una bontà che se morivi un attimo dopo eri soddisfatto, morivi bene. E stavo per dire alla nonna Elvira "nonna, stavolta..." quando sotto il tavolo mi raggiunse un calcio di suo figlio, mio zio Massimo. Allora chiesi: "Perché? Stavo dicendo che sono una meraviglia". "Questo è l'errore - mi rispose zio Massimo - non le devi dire niente, anzi devi trovare qualcosa che non va perché accussì lei migliora, vasannò riposa sugli allori".
Quando è stato l'ultima volta in Sicilia?
"Due anni fa. Andare ora in Sicilia per me ha solo il senso di andare a respirare un odore, perché, a 91 anni, io sono un superstite. E quelli con i quali parlo hanno 40 anni, 50 anni, ma non hanno con me quella confidenza che poteva avere un mio coetaneo".
Vuol dire che quando ci è stato le ultime volte, ha avuto una sensazione amara, di solitudine?
"No. No, questo no. È una sensazione curiosa, sentivo la gente accanto a me quindi la solitudine non l'ho mai provata giù. Non so, che ti posso dire, per esempio, vado a mangiare al ristorante, no? Ora io non vedendoci, è difficile pulire la triglia, beh, accanto a me si siede il proprietario, me la pulisce, tutta accuratamente e poi mi dice "se la può mangiare a occhi chiusi". Allora non hai il senso di solitudine, hai il senso di un affetto. L'affetto di cui io mi sento circondato mi salva dall'idea di solitudine; sento proprio questa sorta di calore accanto a me".
Francesco De Filippo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 14.7.2017
Nei luoghi degli scrittori per scoprire la bellezza
Il padre di Montalbano racconta memorie e sapori della sua regione in un'intervista che qui anticipiamo e che uscirà sulla guida di "Repubblica" alla Sicilia in edicola da domani

Dall'immaginaria Vigàta al reale e inspiegabile sentimento di insularità. Andrea Camilleri racconta la sua Sicilia tra sapori, ricordi, aneddoti di un'isola che forse non c'è più, ma che non smette di vivere e far vivere attraverso i suoi libri. Un catalogo infinito di storie. Così il paese di Montalbano trae ispirazione dalla piazza dove, da studente, si incontrava con gli amici e raccontava i fatti accaduti nei rispettivi paesi. Siamo andati a casa sua per incontrarlo, ne è uscita fuori un'intervista informale e appassionata, ironica e profondamente umana.

«Io sono uno scrittore siciliano nato in Italia», in questa frase che Andrea Camilleri quasi per gioco ama ripetere c'è una traccia del suo anticonformismo, del suo essere siciliano fino in fondo, c'è uno scrittore che non ha mai tagliato i ponti con la sua terra, con la sua gente, con la sua storia, con la sua memoria. Che ricorda volentieri cosa faceva alle elementari, alle medie; che quasi si commuove pensando alle sfide culinarie tra la nonna la madre e la zia, tutte e tre impegnate in una gara infinita a chi sapeva preparare meglio gli «arancini». E sullo sfondo, quando parla e racconta, si intravedono in controluce tutti i movimenti, i tic, le passioni, la determinazione, la pulizia di Montalbano, il commissario che continua a trionfare in Tv grazie a Luca Zingaretti ma per merito dei racconti e della fantasia di Camilleri.
Noi in questa edizione della Guida di Repubblica dedicata alla Sicilia abbiamo voluto cambiare ulteriormente il modo di declinare i nostri prodotti editoriali e abbiamo chiesto ad un testimonial di eccezionale valore, Andrea Camilleri per l'appunto, di raccontarci gli aspetti inediti del suo essere siciliano, del suo rapporto con una terra che lo rapisce ancora e sempre più, fonte del suo pensiero e delle sue storie, una terra madre di una cultura sulle cui origini e modalità di espressione si sofferma volentieri lo stesso maestro in questa lunga chiacchierata con Francesco De Filippo. E per non lasciare Camilleri da solo abbiamo pensato di esagerare e di raccontare e far rivivere in chiave contemporanea i luoghi amati e vissuti dai grandi nomi della letteratura siciliana tra Ottocento e Novecento. Abbiamo messo così in sequenza Sciascia, Pirandello, Verga, De Roberto, Bufalino, Quasimodo, Piccolo, Tomasi di Lampedusa, Vittorini, immaginandoli nel loro mondo, ricordando i caffè, i ristoranti, gli alberghi, i luoghi del loro mondo. E aggiornando una geografia di esperienze e di sapori che fanno della Sicilia un luogo unico da visitare e da amare.
Giuseppe Cerasa
 
 

Teatro91, 16.7.2017
I Solisti del Teatro 24ª edizione 2017
24 luglio
Teatro Della Città presenta
La Camilleriana
Carlo
 
 

FAI - Fondo Ambiente Italiano, 16.7.2017
Teresa racconta "Il Maestro senza regole"
Domenica 16 luglio - Giardino della Kolymbethra, Valle dei Templi (Agrigento)
"Montalbano telefonò a Marinella. Livia era appena rientrata, felice.
“Ho scoperto un posto meraviglioso, sai? Si chiama Kolymbethra.
Pensa, prima era una vasca gigantesca, scavata dai prigionieri cartaginesi”
“Dov’è?” chiese Montalbano. “Proprio lì, ai templi.
Ora è una specie di enorme giardino dell’eden, da poco aperto al pubblico (…)
Promettimi che un giorno o l’altro ci vai”."

“La pazienza del ragno” di Andrea Camilleri

Uno dei luoghi più cari ad Andrea Camilleri e al suo Commissario Montalbano ospita un evento speciale che omaggia le meraviglie della Sicilia: un viaggio nella musica, nella letteratura e nella storia di questa terra affascinante che proprio nella Valle dei Templi e nel Giardino della Kolymbethra custodisce tracce imponenti del suo passato.
Voce narrante della serata sarà Teresa Mannino, l’attrice e comica palermitana che sempre riesce a trasmettere il calore di questa Regione. Dopo un concerto di musica tradizionale a lei dedicato, Teresa racconterà la sua straordinaria esperienza in compagnia di Andrea Camilleri, conosciuto sul set de “Il Maestro senza regole” di cui svelerà ricordi e retroscena introducendone la visione. Il film biografico, diretto nel 2004 da Claudio Canepari e Paolo Santolini, grazie alle interviste della Mannino allo scrittore e ad altri personaggi che lo hanno conosciuto, ricostruisce la carriera e la vita privata di Camilleri, svelando il narratore di Agrigento dagli anni dell’adolescenza a Porto Empedocle sino all’insegnamento all’Accademia nazionale di arte drammatica e alla scrittura dei suoi famosi romanzi.
L’evento è organizzato dal FAI in collaborazione con il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento.
Programma
Domenica 16 luglio 2017
Ore 19.00 – 20.00
Escursioni guidate da esperti speleologi all’Ipogeo Kolymbethra – Porta Quinta
Dalle ore 19.15
Degustazione di prodotti tipici locali
Ore 20.30 – 21.00
Area Tempio di Vulcano
“Bentornata Teresa!”
Le più belle canzoni della tradizione musicale siciliana dedicate a una grande amica del Giardino della Kolmbethra.
Canta: Debora Troìa
Alla chitarra: Tobia Vaccaro
Ore 21.00 – 21.30
Teresa racconta “Il Maestro senza regole”
Tra ricordi e citazioni, Teresa Mannino porta in scena i mille volti di Andrea Camilleri nel primo film biografico dedicato alla vita del grande narratore siciliano.
Ore 21.30 – 23.00
“Il Maestro senza regole”
Proiezione del film del 2004, diretto da Claudio Canepari e Paolo Santolini.
Per gentile concessione di Anele Srl e con un sentito ringraziamento alla Founder e CEO Gloria Giorgianni.
Ore 23.00 – 23.30
Intervento conclusivo di Teresa Mannino.
 
 

Teatro91, 17.7.2017
24 luglio | Camilleriana
Regia Giuseppe Dipasquale
con
Valeria Contadino, Mimmo Mignemi
Loredana Solfizi, Gian Paolo Poddighe
testi Andrea Camilleri

La Camilleriana è una cavalcata nell’opera letteraria e teatrale di Andrea Camilleri.
E’ un viaggio nella Vigata di Andrea Camilleri dalla porta del tempo: Da Un Filo di fumo a la Stagione della caccia; dalla Concessione del telefono alla Mossa del cavallo al Re di Girgenti alle Inchieste del Commissario Collura dal Birraio di Preston al Casellante.
La Sicilia narrata da Camilleri è una elaborazione storica del lutto con il quale è stata narrata finora questa splendida terra. Consumata definitivamente una geremiade antropologica e culturale di dannare e dannarsi per il proprio destino di vittime, Camilleri riprende il filo del discorso secolare sulla narrazione della Sicilia dal ‘riso’, dall’ironia. In un esempio sublime e divertito di narrazione dei caratteri, la Sicilia e il suo mondo, come i suoi personaggi, vengono narrati attraverso la lingua camilleriana sotto una luce solare, piena di nuances e vivida di colori. Non più la Sicilia delle madri, del dolore e della eterna dominazione dello straniero, ma quella del germe, futile e divertente ad un tempo, del paradosso siciliano: vivere della disdetta della propria natura, ed in più, riderci sopra. Non più la Sicilia delle lacrime che piange sulla sua inconsolabile tragedia, ma una Sicilia ironica e distaccata che riconosce finalmente di essere essa stessa causa del suo male, e di rintracciarne i germi in una prassi naturale al paradosso. Ciò non significa disconoscere il movente di un lutto legittimo e storico, ma, finalmente, non lamentarne più astrattamente la mancata soluzione. Con i personaggi di Camilleri spariscono di colpo gli adagi del mondo offeso, del siamo come dei e via discorrendo. Come se si fosse compiuta, sullo specifico tema Sicilia, grazie anche a scrittori come Vittorini e Tomasi di Lampedusa, una catarsi che, per corso naturale, ha illuminato il lato comico di quell’atteggiamento.
Carlo
 
 

Scrivo Libero, 17.7.2017
Teresa Mannino incanta la Valle dei Templi, raccontando il suo Andrea Camilleri – FOTO E VIDEO

La Valle dei Templi di Agrigento apre ancora una volta le porte allo spettacolo, alla musica, alla cultura.
E’ stato sold-out ieri sera per Teresa Mannino che con ironia, sagacia e la veracità che la contraddistingue ha raccontato se stessa ed il “Maestro senza regole”, conducendoci ancora una volta nella vita di Andrea Camilleri, con cui lei ha avuto la fortuna di condividere diverse ore pregne di racconti, umanità e di tutta la squisita intelligenza che si cela dietro il papà di Montalbano.
Un film, quello andato in onda due anni fa su Rai 1, che è stato particolarmente apprezzato dai tanti spettatori, che, nonostante le forti raffiche di vento, hanno rivisto o visto per la prima volta questo meraviglioso viaggio, questo pacco dono confezionato sapientemente dalla stessa Mannino.
A rendere ancora più gradevole la manifestazione, l’intervento iniziale del mezzo soprano Debora Troìa che, accompagnata dalla chitarra di Tobia, ha interpretato diverse canzoni della tradizione siciliana.
Un colpo andato a segno dunque, un orgoglio per il Fai, diretto dal capo delegazione di Agrigento avv. Giuseppe Taibi, per il direttore della Kolymbethra Giuseppe Lo Pilato che coadiuvati dal Parco archeologico Valle dei Templi, hanno dato vita ad una serata che difficilmente gli intervenuti dimenticheranno.
(Guarda le videointerviste)
Marcella Lattuca
 
 

CentroPagina, 18.7.2017
Festival Pergolesi Spontini, capolavori inediti e falsi da leggere
È dedicata al Falso d’Autore la XVII edizione del Festival. Dal 7 agosto al 17 settembre opere, concerti e spettacoli di teatro musicale, in piazze, in teatri e luoghi d'arte di Jesi, Maiolati Spontini, Ancona, Apiro, Loreto, Monsano, Serra De’ Conti, Ostra

Jesi – Trenta appuntamenti tra opere, concerti e spettacoli di teatro musicale per la XVII edizione del Festival Pergolesi Spontini, in scena dal 7 agosto al 17 settembre in teatri e luoghi d’arte di Jesi, Maiolati Spontini, Ancona, Apiro, Loreto, Monsano, Serra De Conti e Ostra. La presentazione del cartellone si è tenuta questa mattina a Roma nella sede della Stampa Estera, in via dell’Umiltà. Tra i presenti, l’amministratore delegato della Fondazione Pergolesi Spontini William Graziosi, il direttore artistico Vincenzo De Vivo, il presidente della Fondazione e sindaco di Jesi Massimo Bacci con l’assessore alla Cultura Luca Butini, e Umberto Domizioli, vice presidente della Fondazione e primo cittadino di Maiolati Spontini. Saluti istituzionali da parte della deputata jesina Valentina Vezzali.
Edizione dedicata al falso d’autore: un viaggio alla scoperta di false attribuzioni, travestimenti, parodie, biografie immaginarie di grandi artisti.
[...]
Dal 1 al 17 settembre Biografie immaginarie di uomini illustri; Travestimenti di musiche e testi dal sacro al profano; Falsi da leggere testi di illustri o anonimi falsari, costruiti ad arte per condizionare l’opinione pubblica o per ingannare il mondo letterario.
Il calendario.
[...]
Il colore del sole, con la musica di Lucio Gregoretti, in prima esecuzione assoluta, tratta dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri, andrà in scena l’8 settembre al Massimo jesino alle 21: al centro della vicenda il diario di Caravaggio, che Camilleri dichiara aver avuto tra le mani in circostanze misteriose e da cui ha copiato alcune, preziose pagine.
[...]
Eleonora Dottori
 
 

La Sicilia, 18.7.2017
Il commento
La Sicilia aiutata dall'amore degli artisti
Dalle guide agli appelli sulle battaglie civili

Scrittori e artisti siciliani in aiuto della propria terra. E’ un aspetto della nostra condizione che abbiamo sempre ignorato. Stavolta mi ha colpito una pubblicità in cui appare Andrea Camilleri il quale dice a proposito della Sicilia: «E’ il mio sangue, mio patre, mia matre, i miei avi, la mia cultura, la mia aria». Sì, proprio l’aria che respiriamo e che usiamo per dire una parola d’ amore: ciatuzzu,
Questa poesia di Camilleri appare sulla guida ai sapori e ai piaceri della Sicilia pubblicata da «Repubblica»: vi trovi l’elenco di 905 ristoranti con le ricette del mare, 107 dimore di charme, 600 botteghe del gusto, 77 cantine. Un modo intelligente di fare pubblicità, ma anche di promuovere il territorio.
E se ci pensi Camilleri, l’ultimo Pindaro siciliano, non è il solo artista-scrittore che abbia sostenuto questa terra nelle tante difficoltà. Ad esempio Fiorello di recente ha lanciato l’allarme per i roghi («Aiutate la Sicilia») e anni fa decise di rifiutare qualunque tipo di pubblicità della Fiat dopo la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. E ha mantenuto la parola rinunciando ai milioni di Marchionne. Una decina di giorni addietro anche Dolce e Gabbana hanno dato il loro contributo di bellezza per spingere Palermo capitale della cultura nel 2018. E sempre loro avevano fatto mettere sulle fiancate dai celebri autobus a due piani di Londra i tabelloni con «I love Siciliy» e un grande cuore.
Ecco la Sicilia ha bisogno di questi suoi testimonial conosciuti nel mondo per lanciare il suo marchio, le sue specialità e cancellare tutto quello di brutto che abbiamo avuto, non solo stragi di mafia, ma anche politica stolida, quella stessa che si è mangiata i miliardi europei per i depuratori. Abbiamo bisogno di dare un’altra immagine della Sicilia, quella entusiasmante delle Eolie che è l’arcipelago più bello del mondo, quello delle grandi spiagge di sabbia e di scogli, la Sicilia dal cuore grande e dall’economia piccola, la Sicilia senza ponte, chimera dell’aggancio all’Europa. Questa non è una terra normale, è un microcontinente dove è racchiuso il meglio e il peggio di tutto. Facciamo che possa esprimere soltanto l’aria pulita, ciatuzzu.
Tony Zermo
 
 

SiciliaInformazioni, 18.7.2017
“Aspettando Montalbano” , di Guglielmo Trincanato

Ironico, graffiante, sapido di quella cultura provinciale che mischia perle di saggezza ad antichi e radicati pregiudizi, “Aspettando Montalbano” , l’arguto divertissement di Guglielmo Trincanato, pubblicato da una piccola casa editrice di Favara, la Medinova, con la postfazione di Gaspare Agnello, fa lezione di quella ricca letteratura, tutta agrigentina, che da Pirandello a Camilleri, ficca il naso imprudentemente in un mondo piccolo borghese – proprio quel mondo che amava molto il catanese Brancati – fatto di uomini, quasi mai di donne, che immaginano di essere al centro della storia e come siciliani, perché no!, “il sale della terra”. Al centro della storia, una vicenda banale che assurge a casus belli e riesce a mobilitare la partecipazione popolare come solo il tifo calcistico riesce a fare, dalle nostre parti. La querelle, che scuote il sonno di una stanca e rituale quotidianità degli ora appassionati protagonisti, riguarda la provocatoria richiesta, avanzata da un gruppo di giovani soci, di intitolare lo storico “Circolo Luigi Pirandello“ di Porto Empedocle allo scrittore Leonardo Sciascia, cancellando il nome del Nobel alla cui eredità i “vigatesi”- la gran parte dei quali non ne ha mai letto una riga – sono morbosamente legati nonostante lo sgarbo che il grande autore fece loro nascendo in quel del Kaos che lo legittimò come agrigentino. Fra colpi di scena, esilaranti concioni, volgari insinuazioni, raffinati bizantinismi tipici di quella cultura legulea di cui la provincia si è sempre nutrita, la storia raccontata da Trincanato con evidente perizia descrittiva e dominio della parola scritta, va avanti assumendo contorni tragiocomici. Decidere, bisogna decidere sciogliendo il nodo per sbloccare la situazione, è questo il problema che assilla i nostri eroi. Ma decidere, assumere le responsabilità, non è facile per un siciliano, per decidere bisogna affidarsi alla ragione e proprio quella troppo spesso latitata perché soffocata dalle grandi passioni: i siciliani difficilmente scelgono o si compromettono. Ecco allora, come il coniglio cavato dal cappello, l’idea che dovrebbe mettere tutti d’accordo, affidare ad un autorevole terzo, in questo caso proprio allo scrittore Andrea Camilleri, particolarmente indicato perché ha avuto la fortuna di nascere e vivere nei luoghi di Pirandello e, nel contempo, di avere intrattenuto rapporti di amicizia col grande racalmutese. E Camilleri, un po’ imprudentemente accetta di fare da arbitro. Dunque, la patata bollente passa di mano, a scottarsi dovrà essere il padre di Montalbano, una sorta di deus ex machina che trova il consenso di entrambe le fazioni. Anche qui nuove complicazioni, altre figurine che entrano in scena, che rendono più intricato il garbuglio. Ma di tutto questo non ci pare giusto anticipar nulla per non guastare il gusto della sorpresa, perché sorpresa c’è e di quelle che, solo in una terra in cui ognuno spesso sente di recitare una parte in cui non crede, lasciano a bocca aperta.
 
 

Comune di Badolato, 19.7.2017


 
 

La Repubblica, 20.7.2017
Domani sul "Venerdì" Camilleri visto da vicino

Di persona personalmente, come direbbe l'impagabile agente Catarella: Andrea Camilleri si racconta a Marco Cicala nel servizio di copertina del Venerdì in edicola domani con Repubblica. Tema principale, il commissario Montalbano: La rete di protezione, il nuovo romanzo che lo vede protagonista, è come sempre in testa alle classifiche, ma naturalmente il novantaduenne scrittore ne sta già preparando un altro, ambientato nel mondo del teatro, in cui lui stesso ha trascorso gran parte della vita. E il prossimo inverno andranno in onda due nuovi episodi della serie interpretata da Luca Zingaretti.
Nell'intervista, Camilleri traccia il bilancio dei suoi ventitré anni di "convivenza" con un personaggio che spesso, racconta, «mi ha rotto i cabasisi». Spiega quanto debba Montalbano alla figura di suo padre. E gioca, tra detto e non detto, con il mistero che ormai da anni appassiona i camilleriani più accaniti: che fine farà il commissario? Si sa che l'ultimo romanzo della serie, più volte revisionato — «nel frattempo la lingua vigatese si è aggiornata» — è già stato consegnato all'editore Sellerio, che lo pubblicherà solo dopo la morte dell'autore: «Ma non è in cassaforte, solo in un cassetto».
Insomma, qual è il segreto di Montalbano? Maestro di suspense, Camilleri non lo svela completamente. Ma, sornione, dissemina qualche indizio per indovinarlo. Fino alla prossima sorpresa.
 
 

ModenaToday, 20.7.2017
Eventi / Corso Canalgrande, 85
Opera, tutti i grandi autori italiani nella stagione 2017-18 del Comunale

La stagione lirica 2017/18 del Teatro Comunale Luciano Pavarotti si inaugura venerdì 27 ottobre con Il Colore del sole, nuovo titolo in prima assoluta commissionato al compositore Lucio Gregoretti per il debutto al Festival di Jesi, coproduttore insieme al Comunale di Modena. L’opera è ispirata alla figura del Caravaggio, vissuta nel contesto di uno nuovo progetto di teatro musicale attraverso il testo omonimo firmato da Andrea Camilleri per Mondadori. Camilleri partecipa anche all’allestimento, in forma di un’azione in video condotta insieme a Ugo Gregoretti, storico protagonista del cinema italiano, che farà da cornice all’azione musicale sulla scena.
[...]
 
 

Tempi.it, 20.7.2017
A Jesi la prima mondiale di un’opera tratta da un testo di Camilleri
Un’opera in un atto, Il colore del sole, tratta dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri avrà la prima assoluta l’8 settembre al XVII Festival Pergolesi Spontini a Jesi

Un’opera in un atto, Il colore del sole, tratta dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri avrà la prima assoluta l’8 settembre al XVII Festival Pergolesi Spontini a Jesi prima di andare a Modena (che la co-produce) ed in altre città. La musica è di Lucio Gregoretti, la direzione di Gabriele Bonolis e la regia di Cristian Taraborrelli. Il romanzo tratta di un “diario di Caravaggio”.
Il romanzo è, ovviamente, un giallo. Tutto nasce da un viaggio da Roma a Siracusa dove Camilleri mancava da molti anni, per assistere a una rappresentazione nell’antico teatro greco. Lo spettacolo non è stato molto soddisfacente anche perché Camilleri vi ha dovuto assistere strizzato da uno spettatore di ampie proporzioni seduto sul gradino accanto: un vicino poco gradevole, vestito alla buona e che puzza di pesce. Tornato in albergo per cambiarsi d’abito e recarsi a cena a casa di amici «grande fu la mia meraviglia quando, nel trasferire gli oggetti personali da un vestito all’altro, m’accorsi di avere dentro alla tasca sinistra della giacca indossata per andare al teatro un biglietto che non ricordavo d’averci messo». Da questo momento il racconto assume le tinte del giallo: Camilleri, ormai protagonista del racconto, per vie tortuose viene in possesso del diario autografo del Caravaggio scritto durante il soggiorno del pittore nell’estate del 1607 a Malta e in Sicilia. Dalla trascrizione di Camilleri del diario, scritto in una lingua seicentesca incolta e involuta, risalta l’ossessione dell’artista per il “sole nero” che caratterizza e illumina la travagliata vita di Caravaggio e la sua arte.
L’opera è lo spettacolo più atteso del Festival che dal 7 agosto al 17 settembre si svolge a Jesi, Maiolati Spontini e in altri luoghi d’arte della provincia di Ancona. Il Festival ha come tema il “Falso d’Autore”, un lungo viaggio alla scoperta di false attribuzioni, travestimenti, parodie, biografie immaginarie di grandi artisti, partendo da Giovanni Battista Pergolesi, morto ventiseienne, dopo pochi, geniali anni di febbrile attività, e immediatamente oggetto d’interesse e di mistificazione da parte dell’Europa musicale.
[...]
Giuseppe Pennisi
 
 

Il Venerdì, 21.7.2017
Il segreto di Montalbano



Tutto quello che so di lui
A chi somiglia Montalbano? "Pietro Germi e mio padre". La politica? "Salvo è molto più moderato di me. Io resto comunista". L'ultima, segretissima puntata della serie? "Lui non muore, sparisce soltanto, ma nessuno potrà farne un sequel". Andrea Camilleri ci racconta 23 anni in compagnia di un personaggio diventato di culto; "Non posso liberarmene, anche se spesso e volentieri mi rompe i cabasisi"


Andrea Camilleri (Paolo Pellegrin/Magnum/Contrasto)

Roma. L'ultimo Camilleri si intitola La rete di protezione. Da quando è uscito, a fine maggio, si è abbarbicato in cima alle classifiche. È ancora lì. Farlo scendere non sarà un giochetto. Con questo a quanti Montalbano siamo arrivati, Camilleri?
«Boh».
Come sarebbe "boh"?
«1 romanzi saranno un venticinque, più cinque raccolte di racconti».
Il personaggio debutta nel 1994. In 23 anni di convivenza Montalbano glieli ha mai rotti i cabasisi?
«Spesso e volentieri».
È diventato un incubo.
«Diciamo un ricattatore irresistibile».
Cioè?
«Vede, quando un eroe seriale ha successo, la tentazione di portarlo avanti su corsie prefabbricate si fa sempre più forte. Perché finisci col ritrovarti tra le mani dei meravigliosi punti d'appoggio. Nel caso di Montalbano sono la sua squadra - Augello, Fazio, Catarella - e i luoghi - il commissariatola casa di Marinella, la trattoria da Enzo... La cosa rischia di diventare automatica, troppo semplice. E allora io provo a complicarmi un po' l'esistenza lanciandomi in un nuovo romanzo senza Montalbano».
Pausa balsamica.
«Solo in teoria. I libri senza Montalbano sono tutti da inventare e le difficoltà aumentano. Ma mentre sto lì a scervellarmi sa che succede?».
Cosa?
«Succede che mi arriva in casa il commissario, mi si siede accanto e dice: "Lo vedi? Se invece di buttarti a scrivere 'sta cazzata ti fossi messo su un altro Montalbano in quattro mesi lo avresti già bello che finito e adesso saresti fuori dai guai"».
Ma al vile ricatto Camilleri resiste.
«Però è dura. Ci aggiunga che a vantaggio del commissario gioca pure un altro elemento. Ogni volta, dopo l'uscita di un nuovo Montalbano, Antonio Sellerio si diletta a mandarmi una specie di relazione. Un rapporto nel quale si elenca in dettaglio quanti miei romanzi senza il commissario si sono venduti grazie alla spinta dell'ultimo Montalbano».
Effetto traino.
«Un libro del commissario può far vendere duecento, duecentocinquanta copie di, che so, Il birraio di Preston. Montalbano permette che le mie opere, comprese le più vecchie, rimangano in catalogo. Lei capirà: in una situazione simile resistere è un'impresa».
È 'na catena ormai.
«Mi domando come abbia fatto Simenon a sopravvivere a 72 Maigret o quanti sono. Una tale mole di libri rischia di soffocarti. Anche come peso specifico intendo: se ti cascano addosso tutti insieme come niente t'ammazzano».
D'accordo ma ormai, complici la tv e l'ottimo Zingaretti, Montalbano è qualcosa di più di un personaggio di successo. Gli italiani se ne sono innamorati. Parlano, mangiano come lui, vanno in vacanza dalle sue parti... Tanto ardore collettivo lei come se lo spiega?
«E vuole che in tanti anni non me lo sia chiesto? Però la prego di credermi: una risposta non l'ho ancora trovata. Perché all'ultimo G7 di Taormina la moglie del leader polacco Tusk ha scritto sul libro degli ospiti: "Sono felice di trovarmi nella terra del mio amato Montalbano"? Mistero».
Andiamo, una vecchia volpe del giallo come lei se non una prova quantomeno uno straccio di indizio lo avrà scovato...
«Molto tempo fa Carlo Bo scrisse un articolo che mi colpì. Diceva: con Montalbano Camilleri è andato a occupare un posto che, a differenza dei Paesi anglosassoni o della Francia, nella nostra letteratura era rimasto vuoto, quello dell'intrattenimento medio-alto».
Perché lo avevano disertato?
«Perché in Italia la tentazione dello scrittore è sempre quella di creare un'opera che sconvolgerà per sempre la vita dei lettori, che si ergerà nella Storia come 'na cattedrale. Io questa ambizione non l'ho mai avuta. L'ho detto tante volte: al massimo io fabbrico chiesette di campagna».
Nella sua chiesetta si parla vigatese stretto. Una scelta linguistica che rischiava di non attirare molti fedeli...
«Infatti Leonardo Sciascia mi consigliò fraternamente di evitare quello strano dialetto».
Anche ai migliori capita di non azzeccarci. Oggi il vigatese è sotto la lente di filologi, glottologi...
«Per studiarlo si sono alleate dodici università. Pubblicano una rivista, i Quaderni camilleriani, dove Montalbano è analizzato fino al duecentesimo pelo sotto il ginocchio sinistro».
Come definirebbe il vigatese?
«Una lingua inventata, in continua mutazione, infedele a se stessa. C'è voluto un po' di tempo, ma alla fine ci si è accorti che non è siciliano. I primi a capirlo sono stati proprio i miei amici in Sicilia: Ma unni a pigghiasti 'sta parola? Non esiste!».
Di Maigret Simenon diceva che un giorno lo aveva visto in carne ed ossa, nella persona di un passante con pipa, bombetta e cappotto che gli ispirò fisicamente il personaggio. E lei, Montalbano lo ha mai incontrato?
«Quando scrissi i due primi romanzi, La forma dell'acqua e Il cane di terracotta, riuscivo a vederlo solo per frammenti: il taglio dei baffi, un porro sulla faccia... Non ero in grado di inquadrarlo nella sua interezza e la cosa mi dava un fastidio enorme. Poi alla fine degli anni Novanta mi telefonò il professor Giuseppe Marci, che insegnava Letteratura italiana all'università di Cagliari. Mi disse: "Quest'anno ho fatto il corso sul suo libro II birraio di Preston. Perché non viene lei a chiudere le lezioni?". Accettai, chiedendo: "Ma all'aeroporto come faccio a riconoscerla?". E lui : "Avrò in mano una copia del Birraio ". Quando sbarcai rimasi impietrito: davanti a me avevo finalmente il commissario Montalbano. E teneva sottobraccio una copia del Birraio di Preston! ».
E vabbè pazienza, anche se cagliaritano, sempre isolano era.
«Quando si cominciò a pensare di adattare Montalbano per la tv, il produttore Degli Esposti mi chiese se avessi in testa una figura ideale di attore che andasse bene perii personaggio. Dissi: di attore no, se però vuoi capire che tipo d'uomo ho in mente ti farò avere qualche foto di un mio amico professore a Cagliari. Alla fine un interprete che assomigliasse a Giuseppe Marci non lo trovammo. Avrebbe potuto essere Pietro Germi, ma era già morto».
Questo per il fisico. Invece per la personalità di Salvo Montalbano ha tratto spunto da qualcuno?
«Quando arrivai al quinto romanzo mia moglie mi disse: "Ti rendi conto che stai scrivendo la biografia di tuo padre?" Non ci avevo mai pensato. Però è vero, il coraggio di Montalbano è in parte quello di mio padre. Lo invidiavo: fu un uomo coraggiosissimo. Anche di fronte alla morte».
Le va di raccontarmela?
«Passai i suoi ultimi trenta giorni senza mai staccarmi da lui. L'ultima notte ebbe un delirio. Mi ero appisolato quando sentii una voce che diceva: "Tenente Camilleri ! Tenente C amilleri ! ". Era mio padre seduto sul letto. Ripeteva: "Tenente Camilleri, si defili! Non vede che è sotto tiro-oo??!". Non sapevo cosa rispondere. Lui insisteva: "Le ho detto di spostarsi! Si defili, cristo! Oppure crede di insegnarci il coraggio, coglione di un siciliano?". A quel punto capii. Durante la Prima guerra mondiale papà aveva combattuto nella Brigata Sassari agli ordini di Emilio Lussu, che in battaglia doveva avergli strillato in quel modo. Nel delirio lui era diventato Lussu e io il giovane soldato Camilleri».
Altri punti di contatto tra Montalbano e suo padre?
«Per esempio l'estrema prudenza nel ricorrere alle armi».
Giuseppe Camilleri le odiava?
«No, ne aveva, era cacciatore. Io lo seguivo, poi decisi che non avrei più sparato agli animali. Però a diciott'anni mi venne voglia di avere il porto d'armi. "Ah, ti sei infine convertito alla caccia?" disse papà. No, risposi, è solo che mi piacerebbe andare in giro col revolver. E lui: "Non c'è problema. Sali in camera da letto e prendi la mia Smith & Wesson nel cassetto. Attenzione perché è carica". Vado, torno e gliela do. Eravamo nel baglio di campagna. Ci spostammo nella stalla. Papà mi allungò il revolver: "Adesso tira all'asino" disse. Ma perché? "Ammazza l'asino, dai. Comincia a esercitarti con lui". Rifiutai. "Allora niente porto d'armi" disse papà. "La pistola si porta per legittima difesa. Ma a un certo punto devi tirarla fuori e sparare. Se non hai il coraggio di premere il grilletto, quelli che hai di fronte il revolver te lo faranno mangiare". Per questo alla fine del mio primo romanzo al protagonista lo ammazzano: gli rompono i denti con la pistola in bocca perché lui non ha osato sparare».
Per via della sua etica gli esegeti hanno definito Montalbano un «cristiano di sinistra», «anticlericale calvinista».
«Esagerazioni. Per quanto io ne sappia, Montalbano non parla con Dio. Quanto al calvinismo, è una posizione troppo estrema per uno come lui».
Politicamente è più moderato di lei.
«Certo, io resto comunista. Lui è accusato di esserlo, ma non lo è. Dice solo cose di buon senso che in un mondo stravolto come il nostro sembrano rivoluzionarie».
Ha fatto il '68.
«Sì, ma guardi che, come notava lo storico Giovanni De Luna, dalla contestazione sono venuti fuori dei meravigliosi funzionari. Pensi al commissario Ninni Cassarà che finì ammazzato dalla mafia a Palermo: anche lui veniva dal '68».
Vediamo Montalbano invecchiare. È diventato saggio?
«Non abbastanza per non perdere la testa e impazzire al momento opportuno. La sua saggezza non è d'acciaio, diciamo di marzapane. Montalbano si crede una zuppiera, invece è un colabrodo».
Si piace?
«Per niente. Quando si guarda allo specchio si sta antipatico. Non ha molta cura del proprio aspetto. È un uomo trasandato. Guardi come si veste: un giubbotto, un maglione, un paio di pantalonacci. Quando è costretto a imbellirsi si trova ridicolo, ripugnante. In questo assomiglia a mio zio Massimo: ogni volta che gli toccava Indossare un vestito nuovo, lui cominciava a rovinarlo. Munito di una forbicetta, tirava un filo in modo che al momento di uscire l'abito sembrasse usato. Il commissario farebbe lo stesso».
Salvo Montalbano teme i cambiamenti. L'idea di essere trasferito gli fa orrore, per lui il microcosmo di Vigàta è una corazza contro la Storia.
«Vigàta è come una famiglia. Ma la Storia preme sempre alle porte. Pensi solo ai migranti, ne ho parlato nel libro precedente, L'altro capo del filo: quelle persone diventeranno Storia. Lo sono già».
Camilleri, a questo punto posso confessarle il vero motivo della mia visita.
«Mi dica...».
Lo ha già annunciato qualche settimana fa, però me lo ripeta: mi giuri solennemente che non farà morire Montalbano.
«Non muore né va in pensione. Per l'ultima avventura ho trovato un'idea di cui vado orgoglioso. Mi sono detto: meglio scriverla subito che se arriva l'Alzheimer me la perdo. Con uno stratagemma Montalbano sparirà senza morire e non sarà più recuperabile in nessun sequel».
È l'ormai leggendaria, segretissima puntata finale che uscirà postuma e sta sigillata nella cassaforte dell'editore Sellerio?
«Quella. Ma non c'è mai stata nessuna cassaforte, solo un semplice cassetto. Ho scritto il libro undici anni fa, quando ne avevo 79. Un'opera giovanile, insomma. Di recente ci ho rimesso mano perché era invecchiata. Nel frattempo il vigatese è cambiato. Ho dovuto aggiornarlo».
Nel 2018 andranno in onda sulla Rai due nuovi Montalbano tratti dal romanzo La giostra degli scambi e dal racconto Amore. Ma in che rapporti è il personaggio letterario con il suo doppio televisivo? C'è rivalità?
«Quello della tv comincia a rompergli i cabasisi. Nel giallo che chiuderà la serie Montalbano viene chiamato perché uno è stato sparato per strada. La polizia ha sbarrato l'accesso ma non può impedire alla gente di guardare da finestre e balconi. Arrivando lui sente due del vicinato che dicono:
- U commissario arrivò...
- Cu? Chiddu da' televisione?
- No, chiddu vero.

Poi Salvo si mette a interrogare un testimone ma siccome la gente non riesce a sentire protesta: "Voceee!". A quel punto Montalbano s'incazza e porta via tutti al commissariato».
Marco Cicala
 
 

Il Venerdì, 21.7.2017
Così è nato il tango del commissario
Incontro con il compositore Franco Piersanti. Allievo di Nino Rota, è sua la colonna sonora dei Montalbano in tv. Ma anche quelle dei film di Moretti, Olmi, Crialese...

Roma. Nella serie tv del commissario Montalbano c'è un personaggio, o meglio, una presenza, che nei romanzi di Camilleri non c'è: la musica. Ricordate la sigla iniziale, con quel tango un po' sardonico grattato sul contrabbasso? O il sassofono vagamente orientale delle storie che guardano alla striscia di mare tra Sicilia e Africa, come II ladro di merendine? Oppure la chitarra sola che accompagna le riflessioni e i ricordi del commis-sario? L'autore si chiama Franco Piersanti, un artigiano schivo che da oltre quarant'anni scrive colonne sonore per il cinema italiano. La sua musica ha uno stile inconfondibile: nostalgia e tensione, echi di terre lontane e melodie chiare. La conosciamo fin da Ecce Bombo e Bianca di Nanni Moretti, da Colpire al cuore e Porte Aperte di Gianni Amelio, da II segreto del bosco vecchio di Ermanno Olmi o, più recentemente, Terraferma di Ema-nuele Crialese. La lista è lunghissima, supera i cento film tra cinema e tv. Oggi Piersanti si dedica molto anche all'insegnamento, specialmente con la Master-Class Sergio Miceli, per la quale ogni anno arrivano a Cagliari giovani musicisti da tutta Italia e dall'estero. Lo incontro in un caldissimo pomeriggio a Roma, la città dove è nato nel 1950. Sta lavorando proprio ai nuovi episodi di Montalbano, in onda la prossima stagione.
Ricorda come iniziò quasi vent'anni fa questa avventura?
«Si mosse tutto dalla sigla: Alberto Sironi, il regista, con cui lavoro da tre decenni, fu decisivo, perché il produttore Carlo Degli Esposti voleva fare dei provini a vari musicisti. Io risposi che il provino non l'avrei fatto e Alberto fece da mediatore: fai un pezzo, mi disse, poi son sicuro che la musica la fai tu. E infatti...».
Aveva letto i romanzi di Camilleri?
«No, l'ho letto quando ho cominciato a lavorarci e devo dire che la prima impressione è rimasta per sempre».
Quale è stata?
«Più che le trame - comunque interessanti perché hanno sempre a che fare con la coscienza - mi colpì il personaggio di Montalbano, la sua mediterraneità, la sua sensualità: per esempio il suo rapporto con il cibo. Tanto che ho scritto un brano ispirato a questo».
Come le è venuta l'idea del tango della sigla?
«Non lo so: pensavo a una cosa popolare, però volevo restare lontano dai generi e dai luoghi. La mia Sicilia è stilizzata, vado alla ricerca di un'emozione: non è un pensiero, è una suggestione. Vedendo la qualità del girato pensai che ci voleva una musica discorsiva, con molto più respiro. È una visione del personaggio che io mi creo, e che credo di vedere nel film».
Lavora sul personaggio, sulla sua psicologia?
«Sì, quando c'è un protagonista forte come Montalbano, oppure Camus bambino ne Il primo uomo di Amelio; anche lì c'era una solarità mediterranea. Altre volte invece inseguo il film nel suo insieme. Per Moltalbano comunque ho lavorato con la felicità della totale libertà».
Perché Montalbano ha così successo?
«Prima c'è la scrittura e il personaggio di Camilleri, poi la traduzione che ne ha fatto Sironi per la tv. È riuscito a conservarne tutta l'umanità, a orchestrare perfettamente un gruppo di attori bravissimi, a costruire un teatro: la sua regia esalta il palcoscenico siciliano».
[...]
Alberto Riva
 
 

ANSA, 21.7.2017
Sicilia set 'Il casellante' dal romanzo di Camilleri
Regista Rocco Mortelliti,tra interpreti anche Depardieu e Ovadia

Enna. Enna e Selinunte faranno da sfondo al film tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, "Il casellante" con la regia di Rocco Mortelliti. Due settimane di riprese ad Enna da 28 agosto al 9 settembre e tre a Selinunte, fino al 30 agosto [Probabilmente 30 settembre, NdCFC]. Il film, interpretato da Alessandra Mortelliti e Alessandro Rugnone, vede la partecipazione di Gerard Depardieu, di Moni Ovadia e del musicista e direttore del Teatro Garibaldi di Enna Mario Incudine. "Abbiamo già individuato i luoghi dove il film sarà girato - dice il regista Mortelliti nel corso della conferenza stampa che si é tenuta oggi nella stanza del sindaco di Enna, Maurizio Di Pietro - mentre a Selinunte, esiste un suggestivo casello dove passa l'unica tratta di ferrovia a scartamento ridotto. È idea del maestro Camilleri realizzare la trilogia di cui fa parte il Casellante, Maruzza Musumeci e Il sonaglio, proprio in queste zone". Dunque Enna diventerà la nuova Vigata di Camilleri come lui, che nella città ha vissuto da giovanissimo per tre anni, la ricorda.
 
 

ViviEnna, 21.7.2017
Enna: ciak si gira dal 28 agosto dal romanzo di Camilleri “Il casellante” regia di Rocco Mortelliti e con Gerard Depardieu
Enna e Selinunte faranno da sfondo al film tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, “Il casellante” con la regia di Rocco Mortelliti. Due settimane di riprese ad Enna dal 28 agosto al 9 settembre e tre a Selinunte. Il film, interpretato da Alessandra Mortelliti e Alessandro Rugnone, vede la partecipazione di Gerard Depardieu.

“Abbiamo già individuato i luoghi dove il film sarà girato – dice il regista Mortelliti nel corso della conferenza stampa che si é tenuta oggi nella stanza del sindaco di Enna, Maurizio Di Pietro – mentre a Selinunte, esiste un suggestivo casello dove passa l’unica tratta di ferrovia a scartamento ridotto. È idea del maestro Camilleri realizzare la trilogia di cui fa parte il Casellante, Maruzza Musumeci e Il sonaglio, proprio in queste zone”. Dunque Enna diventerà la nuova Vigata di Camilleri come lui, che nel capoluogo siciliano ha vissuto da giovanissimo per tre anni, la ricorda, mentre il museo del treno di Villarosa con il suo direttore, Primo David, fornirà la consulenza e oggetti d’epoca utili alla scenografia.
“Questo film é un’opportunità straordinaria per tanti motivi – dice il sindaco Di Pietro – intanto, sará uno strumento di propaganda del nostro territorio e poi perché questo ci consente di proseguire in un percorso di rilancio della cultura iniziato con il mio insediamento. Lo testimoniano le stagioni teatrali di pregio e le tante manifestazioni culturali che si moltiplicano in cittá”.
 
 

La Sicilia, 22.7.2017
La Camilleriana
Dipasquale porta inscena il mondo dello scrittore

Roma. Lunedì 24 luglio, in prima nazionale, al Festival I Solisti del Teatro di Roma andrà in scena "La Camilleriana" per la regia di Giuseppe Di Pasquale e con Valeria Contadino, Mimmo Mignemi, Gian Paolo Poddighe, Loredana Solfizi e le musiche di Germano Mazzocchetti. La Camilleriana è una cavalcata nell'opera letteraria e teatrale di Andrea Camilleri. È un viaggio nella Vigata di Andrea Camilleri dalla porta del tempo: da "Un Filo di fumo" a "La Stagione della caccia"; dalla "Concessione del telefono" alla "Mossa del cavallo", al "Re di Girgenti", alle inchieste del Commissario Collura dal Birraio di Preston al Casellante. Non più la Sicilia delle madri, del dolore e della eterna dominazione dello straniero, ma quella del germe, futile e divertente ad un tempo, del paradosso siciliano.
 
 

TV program iDnes, 22.7.2017
Komisár Montalbano
23. 7. 2017, 3:10 :1
Seriál Tal. (2001), 95 min.
stereo vysílání
Hrají: L. Zingaretti, K. Bohmová, C. Bocci, N. Bellomo, L. Burruano a další
 
 

la Lettura - Corriere della Sera, 23.7.2017
La pagella
Andrea Camilleri "La rete di protezione" Sellerio
VOTO Il solito
Eccellenza italiana (garantisce Clinton)
Cliccare per leggere l'articolo

Andrea Camilleri è uno scrittore professionista amato dai lettori (in Italia e all’estero) e primatista delle classifiche. Ispiratore, con Montalbano, di una serie tv che registra il boom di audience in prima visione e in replica. Il birraio di Preston, il più felice, teatrale e musicale dei suoi romanzi storici, è uno dei libri preferiti da Bill Clinton. L’ex presidente americano lo disse, a cena, all’allora presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e chiese di poterlo incontrare. Cosa mai successa a nessun vincitore dello Strega (nemmeno quando c’era Nixon). La rete di protezione è, in ordine di tempo (2015), la prima inchiesta di Montalbano dettata dall’autore a causa dei suoi problemi agli occhi, ma niente è cambiato rispetto alle inchieste «scritte». Anzi. Per l’originalità dello spassoso e metalinguistico — come direbbero i critici laureati — spunto iniziale; per gli sviluppi inattesi del personaggio di Mimì Augello; per il delicato trattamento del segreto (a volte tragico) patto che lega spesso i fratelli gemelli, questo romanzo, scritto nell’ombra, sta serenamente accanto alle sue massime e luminose imprese narrative. Andrea Camilleri, per usare il linguaggio di moda, è un’eccellenza del Paese. Ha sfatato una maledizione nazionale. Quella descritta da Umberto Saba con sette parole pesanti come macigni: «La letteratura italiana sono secoli di noia». E Clinton, che non è proprio il tipo da annoiarsi, deve averlo capito meglio di tutti. Eppure c’è chi muove a Camilleri accuse destituite di ogni fondamento (che nicchia sulla mafia, che fa politica). È un tipico comportamento italiano. Allora faccio anche io l’italiano e ritiro le dimissioni irrevocabili dalla rubrica (che avevo dato la puntata scorsa per protesta contro la pochezza dei testi presenti in classifica), per assegnare il solito 10 (di cui ha qui l’esclusiva) ad Andrea Camilleri, maestro, scrittore, gentiluomo di 91 anni e senza mai uno sbadiglio (record mondiale?).
Antonio D'Orrico
 
 

L’Espresso, 23.7.2017
In viaggio
Meraviglie a colazione
Arancini, sarde a beccafico, "munnizza". I sapori più amati da Camilleri in una Guida di Repubblica

Il piatto più succulento? "Arancini-arancine". Andrea Camilleri non entra nell'annosa diatriba che divide i siciliani, sulla parola al maschile o al femminile. Ma preferisce soffermarsi sui ricordi domestici legati alla sfera di riso impanata e fritta. «Ci volevano la nonna, la mamma, la zia e altre due donne di servizio per prepararli come si conveniva, e due giorni di travaglio, dopodiché uscivano queste meraviglie di Dio», racconta lo scrittore di Porto Empedocle, nell'intervista firmata da Francesco De Filippo per la Guida ai sapori e ai piaceri della Sicilia 2018 (Giuseppe Cerasa direttore delle guide di Repubblica), ora in edicola (552 pagine, 9,90 euro), insieme ai volumi dedicati alle altre regioni: periplo intorno alla gastronomia dell'isola, tra ristoranti, dimore di charme, botteghe del gusto, dolci, produttori di vino, piatti della memoria, itinerari letterari attraverso i locali, i caffè, gli alberghi del cuore di Sciascia, Pirandello, Tornasi di Lampedusa, Verga e altri grandi della letteratura. È ghiotto Camilleri, come quel commissario Montalbano che non può rinunciare a sedersi a pranzo anche se alle prese con il caso più spinoso, e assaporare le sarde a beccafico con un buon bicchiere di bianco. Il pesce era cosi fresco che friggerlo era un problema, dice lo scrittore frugando tra i ricordi, «perché si arrotola su se stesso, sai, e quindi bisognava con la forchetta tenerlo dritto. Era bellissimo... una facenna meravigliosa...». Affiorano frammenti di vita familiare, odori e sapori estinti o sopravvissuti per ostinazione come la "munnizza": delizia dal nome poco invitante, servita per la prima volta da nonna Elvira nel 1942, quando la famiglia si trasferì in campagna per i bombardamenti. «Non capii cosa fosse, sicuramente verdura, ma non la solita verdura: cavolfiore, radicchio, indivia cruda ma anche cotta, e poi scarola, olive nere, uova sode tagliate», dice lo scrittore. Sotto, gallette imbevute di verdure. Sopra questo sontuoso ziggurat «nonna Elvira aveva sistemato fette di patate, di uova sode, di barbabietole mentre alla base aveva sbucciato alcune arance e sistemato le fette rotone come se fosse stata una corona».
Emanuele Coen
 
 

DazebaoNews, 23.7.2017
I solisti del teatro. “La camilleriana”. 24 luglio
Roma - Prima nazionale dello spettacolo "LA CAMILLERIANA" regia di Giuseppe Di Pasquale con Valeria Contadino, Mimmo Mignemi, Gian Paolo Poddighe, Loredana Solfizi e le musiche di Germano Mazzocchetti che andrà in scena lunedì 24 luglio alle ore 21,30 all'interno della XXIV ed. del Festival I SOLISTI DEL TEATRO.

La Camilleriana è una cavalcata nell’opera letteraria e teatrale di Andrea Camilleri.
E’ un viaggio nella Vigata di Andrea Camilleri dalla porta del tempo: Da Un Filo di fumo a la Stagione della caccia; dalla Concessione del telefonoalla Mossa del cavallo al Re di Girgenti alle Inchieste del Commissario Collura dal Birraio di Preston al Casellante.
Non più la Sicilia delle madri, del dolore e della eterna dominazione dello straniero, ma quella del germe, futile e divertente ad un tempo, del paradosso siciliano: vivere della disdetta della propria natura, ed in più, riderci sopra. Non più la Sicilia delle lacrime che piange sulla sua inconsolabile tragedia, ma una Sicilia ironica e distaccata che riconosce finalmente di essere essa stessa causa del suo male, e di rintracciarne i germi in una prassi naturale al paradosso.
I Solisti del Teatro 2017 – XXIV Edizione
19 luglio – 8 settembre 2017
Giardini della Filarmonica Romana - Via Flaminia 118
Gli spettacoli serali inizieranno alle ore 21,30.
€ 15,00 prezzo intero;
€ 13,00 ridotto cral e associazioni;
€ 10,00 ridotto gruppi;
€ 5,00 ridotto studenti,
€ 2,00 biglietto cortesia
Info biglietti e prenotazioni:
06-4746390 – 3939753042 - 3491945453
prenotazionisolistidelteatro@ gmail.com
www.teatro91.com
 
 

Téléobs, 23.7.2017
Commissaire Montalbano
Sur FRANCE 3 dimanche 06 août 2017 à 20h55

20.55 Série TV
Commissaire Montalbano
Une affaire délicate
(95 mn)
Saison 10: Episode 1/2
Alors que Livia et Salvo passent quelques jours en Ligurie, celui-ci est rappelé d'urgence à Vigata : Maria Castellino, 70 ans, est retrouvée morte, étranglée à l'aide d'une ceinture. La victime, appréciée de tous, gagnait sa vie en se prostituant. Par ailleurs, elle formait un couple heureux avec son mari Serafino. Tandis qu'Augello soupçonne une affaire de gérontophilie, Montalbano tente de retrouver le propriétaire d'une alliance retrouvée dans l'appartement de Maria Castellino. Lors de son enquête, il va découvrir que la morte avait peur d'un client... Montalbano va devoir séparer le bon grain de l'ivraie et rapidement révéler le passé méconnu de la victime
22.30 Série TV
Commissaire Montalbano
La pyramide de boue
(95 mn)
Saison 10: Episode 2/2
Le corps de Giugiu Nicotra est retrouvé sans vie sur un chantier. La victime, expert-comptable, vivait avec Inge, une Allemande de 25 ans qui demeure introuvable. Il apparaît rapidement qu'un mystérieux troisième homme vivait également avec le couple. La journaliste Lucia Gambardella, qui se bat depuis des années contre les malversations à Vigata, révèle à Montalbano que son informateur, Saverio Piscopo, a réchappé d'une tentative de meurtre alors qu'il dénonçait des manoeuvres frauduleuses au sein de plusieurs entreprises de construction de la région. Montalbano soupçonne des délits de corruption entre plusieurs sociétés de travaux publics, impliquant la mafia
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.7.2017
L’intervista. Cesare Bocci
«Mi trovavo in Sicilia quando il magistrato Borsellino e la sua scorta vennero uccisi. Lavoravo come capo tecnico per una tournée musicale. Quel giorno dopo aver visto le immagini ai telegiornali mi sono detto: "È finita". Fortunatamente mi sbagliavo, con l'uccisione di Falcone e Borsellino la mafia ha commesso il suo più grande errore: i siciliani hanno alzato la testa». Cesare Bocci è marchigiano ma il suo legame con la Sicilia è ormai profondo. Ha interpretato Paolo Borsellino nella docufiction "Adesso tocca a me" trasmessa da Raiuno, e ha conquistato la notorietà interpretando Mimì Augello, il vice del commissario Montalbano nella serie tv tratta dai gialli di Camilleri. «Una terra fantastica che mi fa sentire a casa. Ho messo piede in Sicilia per la prima volta nel 1983 quando ho iniziato a fare l'attore. La prima tournée teatrale fuori dalle Marche fu proprio in Sicilia, prima tappa Marsala. E ogni volta che torno, appena vedo la costa siciliana dal finestrino dell'aereo, mi emoziono.»
Da Montalbano a Borsellino "Questa terra mi emoziona"
"Per il personaggio di Augello provo un grande affetto
Ritrovarsi sul set per nuove puntate è come trovare vecchi amici"

[…]
Lei ha fatto tanto teatro, film d'autore e varie fiction ma la notorietà è arrivata grazie al personaggio di Mimì Augello della fortunata serie televisiva "Il Commissario Montalbano". Che rapporto ha con questo vice commissario che invece di arrestare i delinquenti rincorre le sottane delle donne del paese?
«A volte lo bacchetterei anch'io ma provo solamente un grande affetto. Ogni volta che con tutto il cast torniamo in Sicilia per girare nuove puntate è come andare a trovare dei vecchi amici».
[…]
Il set di Montalbano si trova in quel lembo di terra dove ogni giorno arrivano barconi carichi di immigrati. Cosa farebbe Augello a una richiesta di soccorso?
«Sarebbe il primo a tuffarsi in mare per aiutarli insieme a Montalbano e a Catarella».
[…]
Giorgio Caruso
 
 

azione, 24.7.2017
Il camillerese al quadrato

Se non mi trovassi in Sicilia, non scriverei questo articolo. Ma mi trovo in Sicilia e mi capita tra le mani una «Guida ai sapori e ai piaceri della regione» (4–), pubblicato dalla Repubblica, e già il sottotitolo mi mette in allarme: «Le eccellenze». Nutro un grande sospetto per le cosiddette «eccellenze». Non mi piacciono. Con le eccellenze ci si riempie la bocca, ci si salva la faccia: quel che conta non sono le eccellenze ma la qualità media. Le eccellenze scolastiche di solito coprono le magagne dell’insegnamento, dei programmi, delle strutture; e così quelle universitarie, quelle gastronomiche, quelle sanitarie, eccetera.
La «Guida» segnala ristoranti, dimore di charme, botteghe del gusto, piatti della memoria, ricette del mare… Vado a cercare due o tre ristoranti e trattorie che conosco dalle parti di Siracusa e non li trovo. Non solo per spirito campanilistico, vado a cercare, nell’indice tematico, se in quasi seicento pagine è citata la mandorla di Avola, detta «pizzuta», da cui derivano i dolci migliori che io abbia mai provato, e non la trovo.
Ritorno deluso a sfogliare il volume dall’inizio e inciampo in un’intervista di Francesco De Filippo a (ovviamente) Andrea Camilleri. Quasi tutte cose già sentite, ma sarebbe irrilevante se non fosse presentata come un «contributo letterario di altissimo livello». Forse perché si arrischia nell’apprezzabile tentativo (2) di imitare – nelle risposte probabilmente ricostruite dall’intervistatore – la scrittura del Camilleri montalbanese. Per esempio, chissà perché non dice «quindi» ma «quinni», con pseudo-fonetica sicula applicata a una congiunzione che mai e poi mai verrebbe usata da un dialettofono. Idem l’improbabile «faccenna» per «faccenda»… che suona ridicolo a chi pratichi anche solo superficialmente il dialetto siciliano. È una coloritura qua e là: come il «chiù» alternato al «più». Un «arrinesci» al posto di «riesci», tanto per gradire. Quel saporino passepartout, come mettere una presa di origano su ogni pietanza, salata o dolce che sia, indiscriminatamente. Poi però ci sono tutti i congiuntivi al posto giusto… mai sentiti sulla bocca di un parlante in dialetto. Si sa che il camillerese non è il siciliano, ma una lingua inventata: però richiederebbe almeno quel poco di coerenza che nell’intervista della «Guida» manca del tutto fino a sembrare una involontaria parodia. Il mio paese diventa ogni tanto «il mio paisi» e «così» diventa ogni tanto «accussì». Si prende il camillerese e lo si fa diventare assurdo al quadrato mettendolo artificialmente in bocca al suo titolare probabilmente ignaro del risultato.
La tesi di Camilleri è che c’è un invisibile cordone ombelicale che tiene legati sempre e comunque i siciliani alla loro terra: anche quando abitano in luoghi lontanissimi (quante volte abbiamo sentito dire che ci sarebbero i «siciliani di scoglio», che si muovono sempre nei dintorni, e quelli «di mare aperto», che vanno via). Racconta, Camilleri, del suo rapporto con una città poco frequentata dalla letteratura, Enna, dove ha abitato per tre anni dopo la guerra. Enna si trova a 800 metri di altezza e all’epoca non conosceva il riscaldamento: c’era un «friddu terribile» (dire «freddo terribile» sarebbe stato meno letterario?), un paesaggio splendido e una biblioteca comunale meravigliosa dove il «diretturi» talvolta si levava la giacca sventolandola per alimentare il fuoco delle stufe a legna. In quella biblioteca il giovane Camilleri poteva stare al calduccio e aveva a disposizione fondi librari prestigiosi con importanti riviste del Novecento, compresa «l’Acerba»: clamoroso equivoco dell’intervistatore, poiché in realtà la famosa rivista di Soffici e Papini cui Camilleri allude è «Lacerba» (senza l’apostrofo). Insomma, un mezzo disastro che una redazione anche minimale avrebbe potuto per lo meno limitare.
Da straordinario fenomeno di letteratura popolare, Camilleri diventa, sfruttato malamente, una macchietta di se stesso, che risponde con inesistenti «sissi» e «nonsi» al posto di sì e no. E «insemmula» rende un pessimo servizio alla sua terra, che definisce «il mio sangue, mio patre, mia matre, i miei avi, la mia cultura, la mia aria». Il risultato è un artificio di pessimo gusto, dove la sicilianità linguistica diventa colore da negozio turistico come uno scacciapensieri («’a marranzana» di mafiusu), un pupo e una coppola. Un bravo scritturi comu Camilleri avissi dirittu assiri arrispettatu, ma accussì s’arrovina e s’arriddiculizza. A Sarausa e dintorni c’è un caudu terribbule in queste simane, ma a leggere certe interviste ti cala un friddu, un friddu che manco a Enna ndo ’nvernu…
Paolo Di Stefano
 
 

La Gazzetta di Parma, 25.7.2017
Romanzo. “La rete di protezione”, l’ultima indagine del commissario inventato da Camilleri
Quella crepa lungo il muro
Montalbano e il mistero dei vecchi filmini in super8 che riprendono la parete di una casa
Giallo siciliano. A Vigata si sta girando una fiction ambientata del 1950: finché non sbucano alcune strane pellicole
Cliccare qui per l'articolo in pdf
Francesco Mannoni
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 25.7.2017
La fatica per un'inquadratura senza contaminazioni
Ora inviate immagini dedicate alle "Notti d'estate"

Siete stati tutti quanti bravissimi, rigorosi e professionali. C'è di che rifarsi gli occhi: tramonti romantici, distese di mare cristallino, piccole baie di sabbia luccicante circondate da collane di scogli, foto d'epoca ingiallite che ritraggono una Mondello o una San Vito deserte - chissà a quando risalgono. Insomma, le classiche immagini che nel corso dell'estate tutti noi cerchiamo di ricreare, con filtri e altri artifizi, per rendere il nostro profilo Instagram molto interessante.
È dura per un siciliano avere un profilo Instagram. I nostri amici della penisola si aspettano vagonate di foto con spiagge selvagge, insenature rocciose coperte di fichi d'india, cespugli di bouganville che si sporgono su specchi d'acqua trasparenti: non vedono l'ora di inviarci i loro commenti invidiosi, carichi del rimpianto di chi è costretto a vivere nel continente urbanizzato. E dato che siamo educati, ci pare male deluderli. Però non è semplice, perchè ammettiamolo: le nostre coste le abbiamo sminchiate per bene, tra sversamenti fognari e colate di cemento scadente.
Fare una foto del mare invitante, in Sicilia, richiede solide qualità professionali e tantissima abnegazione. Vanno messe nel conto un paio d'ore di cammino sotto il sole spietato, attraverso un tappeto di carne umana abbronzata, per trovare un tratto di arenile non invaso da persone e da ombrelloni. Poi ci vuole una certa resistenza ai languori della fame, che inevitabilmente sorgono davanti a una guantiera di pasta al forno fumante o a un pezzo di pane cunzatu insivato nell'olio. Infine occorre scegliere con grande cura l'inquadratura adeguata: basta distrarsi un attimo ed ecco spuntare una villetta abusiva a tradimento (o lo scheletro di un grattacielo, se siete alla Scala dei Turchi). Pensate per esempio a quanto sono bravi i cameramen del Commissario Montalbano. Con quale maestria trasformano la spiaggia di Punta Secca nella baia deserta e incontaminata che il commissario osserva da casa sua al tramonto, intento a riflettere sulla soluzione del caso di turno. È bella, vero? Provate a immaginare cosa accadrebbe se il commissario fosse costretto ad affacciarsi sulla spiaggia vera, ingoiata da una distesa di palazzine anni Settanta ad un piano. Secondo me smetterebbe di trovare l'ispirazione. Non risolverebbe più nulla. Vincerebbero i cattivi. Chissà, forse è per questo che nella realtà finisce sempre così. Forse è per questo che hanno distrutto tre quarti di costa della Sicilia: per toglierci l'ispirazione.
Isidoro Meli
 
 

Le Nouveau Magazine Littéraire, 26.7.2017
Salvo Montalbano : Ô Commissaire ! Mon Commissaire !
Caro Montalbano, Lettres au commissaire, traduit de l'italien par Maruzza Loira, Jérôme Nicolas et Serge Quadruppani, éd. Institut culturel italien de Paris, 80p., 10 €.

Après avoir reçu il y a un mois le maestro du polar transalpin Andrea Camilleri, l’Institut culturel italien de Paris rend désormais hommage à son héros le plus célèbre, Salvo Montalbano, avec la publication de Caro Montalbano, Lettres au commissaire. Dans ce recueil de missives, treize écrivains de part et d’autre des Alpes déclarent leur flamme à leur inénarrable « Dottore ».
Il est des êtres de fiction auxquels on s’attache comme à des êtres humains. Avec lesquels on a grandi, vieilli, vécu. Des êtres de papier que notre imagination a portés, couvés et rêvés durant des années au point d’avoir, avec eux, tout partagé. Devenus indispensables à force de nous avoir énervé, ému ou simplement amusé, ils sont ancrés en nous. « Je devenais le personnage dont je lisais la vie » confiait Don Quichotte qui souffrait de se confondre avec les héros romanesques qu’il croisait dans ses lectures.
Salvo Montalbano est de cette trempe. Il est probablement le héros, ou plutôt l’anti-héros, le plus mythique de la littérature italienne contemporaine et le plus apprécié par nos voisins transalpins qui, pour la plupart, lui vouent un culte romanesque sans pareil. Une histoire après l’autre, il a su conquérir un public fidèle dans le monde entier.
Né en 1994 des mains démiurgiques du grand écrivain Andrea Camilleri, le légendaire commissaire accompagne, au quotiden, plusieurs générations d’italiens, en romans ou sur petits écrans. De La Forme de l'eau à La rete di protezione, en passant par La Voix du violon ou La Danse de la mouette, trente aventures de cette indémodable saga policière sont passés sans que rien n’échappe au flair d’Il commissario.
Au cœur du littoral sicilien, dans la bourgade imaginaire de Vigata – équivalent fictif de Porto Empedocle, ville natale de Camilleri –, Salvo Montalbano, infatigable mirador, veille. Dans cette Sicile provinciale piégée sous les tentacules de la mafia et en proie aux violences quotidiennes, il guette, traque et enquête pour ramener l’ordre. Assassinats ou larcins, il n’a que faire. « Moins intéressé par le fait de présenter un coupable à la Justice qu’à remettre un peu de justice dans le monde », le superflic n’a qu’un seul objectif : redorer le blason moral de sa région.
Au travers treize lettres plus poignantes les unes que les autres, des écrivains s’adressent directement à leur commissaire de cœur pour confier l’amour qu’ils portent à cet ami, ce cousin, cet oncle, ce frère ou ce père. Giancarlo de Cataldo, Gabriella Genisi, Hervé Le Corre, Gilles Perrault ou encore le fidèle traducteur de la série Serge Quadruppani, se passent la plume, avec pudeur et nostalgie, pour faire vivre leur héros, pourtant si allergique aux compliments.
Tous nous décrivent un commissaire modèle. Perspicace et malicieux, déterminé et incorruptible. Un franc-tireur humain qui, comme le dit si justement Serge Quadruppani, « préfère toujours l’amitié du vagabond à celle du Questeur. Qui a du mal à tendre la main à un puissant avocat mafieux mais qui prend volontiers celle d’un enfant migrant à peine débarqué d’une carcasse surpeuplée du port de la ville ». En fait, l’idéal d’un flic éclairé et démocratique empli de compassion.
Surtout, derrière cet inspecteur qui s’emmêle entre l’italien et le sicilien, apparaît au fil des confidences, un homme attachant et bon vivant. Un hédoniste séducteur qui, quand il ne se dispute pas avec sa volcanique fiancée Livia, est toujours partant pour une session arancini avec une suédoise aux jambes interminables.
Seulement disponible à l’Institut culturel italien de Paris pour le moment, ce recueil de lettres, vibrant hommage à l’éternel commissaire Salvo Montalbano, nous rappelle que les êtres tressés de mots ont parfois bien plus de chair que nos voisins humains.
Le livre est disponible sur le site de l'Institut Culturel Italien de Paris.
Ruben Levy
 
 

TrovaSicilia – La Repubblica, 28.7.2017
Da leggere
L'ultimo Montalbano

Il nuovo romanzo del Commissario Montalbano, La rete di protezione, è un libro importante. Non per la trama, ma per la scrittura: è infatti il primo libro dettato per problemi di vista, ma. È perciò interessante cogliere le inevitabili (per quanto sottili) differenze di stile fra questa anomala "opera prima" e i precedenti romanzi. Per il lettore abituale sarà un ulteriore motivo per appassionarsi alla lettura. Per i nuovi lettori di Camilleri, "Il birraio di Preston", per me il suo capolavoro assoluto, o "La forma dell'acqua".
Il consiglio di Filippo Lupo,
Presidente del Camilleri Fans Club

La rete di protezione di Andrea Camilleri
Sellerio Editore 2017



 
 

Il Mattino di Padova, 28.7.2017
Libri. Dentro e fuori classifica: perché leggere Camilleri e Amenta
Cliccare per il video

"La rete di protezione" di Andrea Camilleri, edito da Sellerio. E "Freak Out. Freak Antoni, psicofisiologia di un genio" di Daniela Amenta, edito per Compagnia Nuove Indye, con interviste di Ida Guglielmotti. Il primo libro, con protagonista Salvo Montalbano, è tra i più venduti in Italia; il secondo è il nostro "fuori classifica", cioè un testo suggerito dal critico letterario Giorgio Nisini
(rubrica a cura di Tecla Biancolatte, riprese di Silvio Falciatori).
 
 

RaiNews, 28.7.2017
E' morto l'attore Perracchio, il "dottor Pasquano" di Montalbano
Aveva 79 anni


Perracchio nei panni del medico legale in "Montalbano"

L'attore Marcello Perracchio, 79 anni, conosciuto come il 'dottor Pasquano', brontolone medico legale della serie tv sul commissario Montalbano, è morto a Ragusa. Perracchio era nato a Modica (Ragusa) il 16 gennaio del 1938. Protagonista in gioventù, in teatro, con la Piccola Accademia, venne segnalato a Turi Ferro e iniziò da quel momento la sua carriera. Perracchio è stato un punto fermo per il Teatro stabile di Catania, ha lavorato a Gibellina (Trapani) per le Orestiadi. Con alle spalle numerose partecipazioni anche sul grande e piccolo schermo, è con "Il commissario Montalbano" che è stato conosciuto a livello internazionale: un singolare, ma acutissimo medico legale, il 'dottor Pasquano', con il quale il commissario Montalbano aveva un rapporto di amore e odio.
 
 

MeridoNews, 28.7.2017
È morto il dottor Pasquano del commissario Montalbano
Se ne va a 79 anni l'attore modicano Marcello Perracchio
Costume e società – Per anni il teatro è stato un hobby, da coltivare dopo aver chiuso la sua scuola guida. Poi la svolta con l'incontro con Turi Ferro e la partecipazione a film importanti. Ma negli ultimi anni il volto di Perracchio è stato indissolubilmente legato alla fiction con Zingaretti. Al teatro di Modica la camera ardente

Marcello Perracchio se n’è andato. Il dottor Pasquano, complice di tante avventure del commissario Montalbano, sempre pronto, con il suo fiuto da medico legale navigato, a fornire alle indagini di Luca Zingaretti quel quid in più per arrivare alla soluzione dei casi più difficili, si è spento oggi all’età di 79 anni.
«Addio grande amico e maestro. RIP» così Angelo Russo, alias Catarella, ha salutato Marcello, modicano classe 1938, un talento forse scoperto troppo tardi da cinema e tv, tanto che Perracchio per molti anni il teatro lo ha coltivato solo come una passione, un hobby al quale dedicarsi dopo aver abbassato la saracinesca della scuola guida che ha gestito per decenni. Nel pomeriggio la notizia si era diffusa sui social, ma era stata smentita dal figlio. «Mio padre tiene duro», ha scritto. Ma in serata, intorno alle 19, l'attore ha smesso di vivere, circondati dai famigliari nella sua casa.
Era malato da tempo e tutti, dal momento in cui la notizia della sua morte è stata ufficializzata, lo stanno omaggiando e celebrando sul web. Marcello, infatti, amava molto la sua terra e la sua gente e non si tirava mai indietro quando attori e realtà locali gli chiedevano un consiglio o una partecipazione alle loro produzioni. Galeotto fu l’incontro con Turi Ferro, che lo fece approdare al teatro Stabile di Catania: «Basta un applauso per essere ripagati da un mestiere fatto con sacrifici e tanto amore», era solito ripetere.
Un maestro, approdato al cinema nel 1975 con Gente di rispetto, per la regia di Luigi Zampa e poi Pizza Connection, La donna della luna, Il giudice ragazzino, Nati Stanchi al fianco di Ficarra e Picone e Italo, in cui si è lasciato dirigere dalla giovane regista concittadina Alessia Scarso. In televisione lo abbiamo visto ne La Piovra, La voce del sangue, L’onore e il rispetto ed Eroi per caso, per la regia di Alberto Sironi, uno dei papà di Montalbano.
Il suo profilo Facebook, nel frattempo, continua a riempirsi di attestati di stima e di cordoglio. Ragusa amava immensamente il suo dottor Pasquano, almeno quanto lui amava quei cannoli ai quali, nonostante il diabete, non riusciva mai a dire di no e che hanno reso celebri anche alcune scene del commissario Montalbano. «Oggi abbiamo perso uno dei più importanti figli di Modica - commenta il sindaco Ignazio Abate -. Grazie alle sue interpretazioni ha portato il nome della nostra città in giro per il mondo come pochi hanno saputo fare prima di lui. Insieme al sovrintendente della Fondazione Garibaldi, Tonino Cannata, abbiamo scelto di mettere a disposizione della famiglia il teatro per allestire la camera ardente e permettere a tutti di portargli l'ultimo saluto. Pensiamo che sia giusto omaggiarlo all'interno di quel teatro che tanto ha amato durante tutta la sua vita».
Valentina Frasca
 
 

Corriere di Ragusa, 28.7.2017
Cronache - L’attore modicano è spirato a casa sua ieri sera, circondato dall’affetto dei suoi cari
E´ morto Marcello Perracchio: aveva 79 anni. I funerali domani alle 9.30 nella chiesa dei Salesiani di corso Italia a Ragusa
Le sue condizioni di salute erano peggiorate negli ultimi tempi

Ci mancheranno i simpatici battibecchi tra il dottor Pasquano e il commissario Montalbano. L´attore modicano Marcello Perracchio, che interpretava da sempre il caratteristico personaggio nella popolarissima fiction televisiva, è morto ieri sera, poco dopo le 19, all´eta di 79 anni. I funerali saranno celebrati domani alle 9.30 nella chiesa dei Salesiani, quella di Santa Maria Ausiliatrice, in corso Italia a Ragusa. Seguirà una commemorazione funebre al teatro Don Bosco.
Proprio nella sua casa del capoluogo ibleo Marcello Perracchio è spirato, circondato dall´affetto dei suoi cari. Ma anche se da anni viveva nel capoluogo, Marcello Perracchio era un modicano doc e la sua Modica la portava sempre nel cuore. Le sue condizioni di salute erano peggiorate negli ultimi ed era stato ricoverato all´ospedale Maggiore di Modica. Poi è subentrato il coma. Infine il decesso. Attore teatrale di lungo corso, apparteneva a quella vecchia scuola ormai quasi del tutto estinta. Era noto al grande pubblico anche per la sua interpretazione del burbero medico legale della fiction televisiva del commissario Montalbano.
Impossibile ricordare tutti i suoi lavori teatrali. Nel cinema era noto per Gente di rispetto, diretto da Luigi Zampa, e poi Pizza Connection, La donna della luna, Il giudice ragazzino. In televisione, oltre che nel Commissario Montalbano, ha recitato ne La Piovra, la "madrina" delle fiction italiane, La voce del sangue, L’onore e il rispetto ed Eroi per caso. Tra i primi colleghi a ricordarlo su Facebook (in verità, per un tragico lapsus, ancor prima che morisse) l´attore ragusano Angelo Russo, alias l´imbranato agente Catarella.
Innumerevoli i messaggi di cordoglio giunti ai familiari, a cui vanno anche le condoglianze di Corriere di Ragusa.
 
 

Il Fatto Quotidiano, 29.7.2017
Marcello Perracchio, morto il dottor Pasquano di Montalbano

È morto, all’età di 79 anni, l’attore siciliano Marcello Perracchio, noto al grande pubblico perché interprete del personaggio del dottor Pasquano nella fiction “Il Commissario Montalbano”. Perracchio, con una prestigiosa carriera teatrale alle spalle, era riuscito a raggiungere il pubblico nazionalpopolare grazie a uno dei personaggi più amati della saga poliziesca in salsa siciliana nata dalla penna di Andrea Camilleri. Un medico legale non convenzionale, spigoloso ma dall’intelligenza acuta, ghiotto di cannoli e in un continuo rapporto di benevola tensione con il poliziotto interpretato da Luca Zingaretti. Proprio commentando la passione sfrenata di Pasquano per i cannoli siciliani, l’attore qualche mese fa aveva rivelato che, essendo diabetico, i tipici dolci siciliani usati in scena erano rigorosamente senza zucchero.
Nel passato professionale di Perracchio, prima del boom con Montalbano, alcune parti in film e fiction importanti, sempre ambientati in Sicilia: Pizza Connection di Damiano Damiani, Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant, Gente di rispetto di Luigi Zampa, La Piovra, L’onore e il rispetto, Eroi per caso.
Alla notizia della sua morte, molti lo hanno voluto ricordare sui social network. Soprattutto i tanti fan della fictione e del suo personaggio, ma anche, tra gli altri, Carlo Degli Esposti, patron della Palomar che produce la serie su Montalbano (“Ci mancherai dott. Pasquano. Addio a Marcello Perracchio) e l’account ufficiale di RaiCom, la divisione Rai che gestisce la distribuzione dei prodotti di viale Mazzini (“Addio all’attore Marcello Perracchio, indimenticabile dottor Pasquano, l’acutissimo e indolente medico legale del Commissario Montalbano”).

Domenico Naso
 
 

RagusaH24.it, 29.7.2017
L'omaggio di Zingaretti a Perracchio: "Senza di te sarà tutta un'altra cosa"
Luca Zingaretti ha espresso il proprio cordoglio per la morte di Marcello Perracchio, il dottor Pasquano della serie Il Commissario Montalbano, su instagram

Luca Zingaretti ha espresso il proprio cordoglio per la morte di Marcello Perracchio, il dottor Pasquano della serie Il Commissario Montalbano, su instagram.
"Addio dolce amico. Nessuno più mi manderà a... come te! Sei stato un meraviglioso compagno di viaggio, un fenomenale interprete di un ruolo che hai fatto entrare nel cuore della gente e, last but not least, un grande e caro amico. Senza di te sarà tutta un'altra cosa. Riposa in pace".
 
 

RaiNews, 29.7.2017
Montalbano, Alberto Sironi ricorda Perracchio: il suo medico un personaggio perfetto
Cliccare per il video
Intervista a RaiNews24

Alberto Sironi, regista del "Commissario Montalbano", ricorda Marcello Perracchio, l'attore siciliano scomparso ieri, che ha "duellato" a lungo come medico legale, il dottor Pasquano, nella serie tv con Zingaretti. "Era una persona speciale", dice Sironi "e il suo personaggio era perfetto".
 
 

Corriere Tv, 29.7.2017
Addio a Marcello Perracchio, il dottor Pasquano del «Commissario Montalbano»
L'attore siciliano, 79 anni, è morto venerdì a Ragusa


 
 

ANSA, 29.7.2017
Morto Perracchio, 'medico legale' del commissario Montalbano
I social lo salutano, "Hai raggiunto la pace dei cabbasisi"

"Addio mio dolce amico. Nessuno più mi manderà a..... come te! Sei stato un meraviglioso compagno di viaggio, un fenomenale interprete di un ruolo che hai fatto entrare nel cuore della gente e, last but not least, un grande e caro amico. Senza di te sarà tutta un'altra cosa! Riposa in pace". Così Luca Zingaretti dice addio su Instagram a Marcello Perracchio, il burbero dottor Pasquano al quale il commissario Montalbano rompe puntualmente 'i cabbasisi' nella fiction tratta dai bestseller di Andrea Camilleri, morto ieri a Ragusa all'età di 79 anni.
Nato a Modica nel 1938, attore di grande umanità, ma prima ancora direttore di una scuola guida, squisito talento teatrale passato da una compagnia di dilettanti allo Stabile di Catania grazie a Turi Ferro, interprete di film (Gente di rispetto di Luigi Zampa, Pizza connection di Damiano Damiani, Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant) e serie tv (La Piovra, L'onore e il rispetto e Eroi per caso), Perracchio è arrivato al cuore della gente proprio grazie al ruolo del patologo sempre accigliato, acuto ma indolente, instancabile divoratore di cannoli.
E il pubblico lo saluta con affetto, invadendo la rete e i social di messaggi. "Dottor #Pasquano, anche lassù è pieno di gente... qualcuno che le scassa i #cabbasisi lo troverà di sicuro". "Rip dottor Pasquano, hai raggiunto la pace dei cabbasisi". Ciao dottor Pasquano, insegna agli angeli a scassare i cabbasisi". "Caro Marcello Perracchio, mi ero tanto affezionata. Non ci sarà più nessun dottor Pasquano, per me". "Adesso Montalbano con chi litigherà?". "Il dottor Pasquano? Temo sarà insostituibile", sottolinea Carlo Degli Esposti, che con la Palomar produce Il commissario Montalbano.
"Ne discuteremo con calma, adesso non ci vogliamo neanche pensare. Perracchio è stato un grandissimo attore, del resto il vissuto di Montalbano, le figure che lo circondano hanno pescato in uno dei più grandi bacini di attori, quello siciliano. E' stato un volto, più che una maschera, per dirla alla Pirandello. E ha fatto tantissimo per la sua terra". Anche il regista della fiction, Alberto Sironi, ricorda Perracchio come "una persona dolce, gentile, ma anche un vero mangione, goloso: si arrabbiava quando gli portavamo i cannoli senza lo zucchero", racconta a Rainews 24.
"Non credo che potremo sostituire il personaggio con un altro attore, almeno io come regista non me la sento. Il Pasquano di Perracchio era perfetto, anche il rapporto con Zingaretti è difficilmente ripetibile. Vedremo quello che dirà Camilleri e proveremo a trovare una soluzione: magari mandare Pasquano in pensione... Ma una cosa è certa, non lo dimenticheremo facilmente: era un uomo che riempiva le giornate, il lavoro, i momenti di pausa. Spesso gli attori sono solo attori - conclude il regista - Perracchio era un grande uomo".
 
 

Live Sicilia
Il ricordo
Il “giovane Pasquano”: ”Quel nostro incontro a Palermo”
Giuseppe Santostefano, che interpreta il medico ne "Il giovane Montalbano", ricorda Marcello Perracchio.


Perracchio e Santostefano nel 2015

Palermo – Un personaggio, due volti. Il mitico dottor Pasquano, medico legale nelle avventure del Commissario Montalbano, era noto e amato per l’interpretazione gustosa e irresistibile di Marcello Perracchio, l’attore modicano scomparso a 79 anni. Ma nella fiction “Il giovane Montalbano”, il ruolo di Pasquano è interpretato dall’attore e regista palermitano Giuseppe Santostefano. Che ricorda il collega scomparso, raccontando a Livesicilia un incontro avvenuto a Palermo nel novembre 2015. “Il mio incontro con Marcello Perracchio fu uno di quegli incontri che ti si vivono con l’animo da bambino, nel senso che sai che stai per stringere la mano a chi ti ha preceduto, in qualche modo, a chi è stato amato e seguito prima di te e perfino un ‘corazzato’ come io credo d’essere ha sentito l’emozione di quel momento. Di quell’incontro conservo un caro ricordo e un dono che il mio predecessore volle farmi, forse inconsapevolmente: mi disse che il personaggio che entrambi abbiamo interpretato in epoche diverse, il Dottor Pasquano è, tra i personaggi de ‘Il commissario Montalbano’ di Camilleri, il più conosciuto dopo lo stesso commissario. Oggi ripenso a quell’incontro e immagino che interpretare ancora questo ruolo in una terza edizione de ‘Il giovane Montalbano’ mi emozionerebbe certamente più che nel passato”.
Salvo Toscano
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 29.7.2017
"La nostra Sicilia tra Pantelleria vino e cinema"

Vestita in lino bianco, camicia e gonna-pantalone a grandi righe bianche, nere e azzurre, Carole Bouquet, da meraviglioso e oscuro oggetto del desiderio per Bunuel, Bondgirl di "Solo per i tuoi occhi", parla di uve, vino e del suo passito di Pantelleria "Sangue d'oro" con consapevolezza e precisione tecnica da enologa navigata. È arrivata a Taormina da Pantelleria, dove ritornerà subito dopo gli appuntamenti lavorativi, qui per la nuova edizione del recuperato Premio Cinematografico delle Nazioni, organizzato da Tiziana Rocca e Michel Curatolo con il Festival Belliniano.
[...]
Con Gerard Depardieu, suo compagno per nove anni, sono adesso insieme a Taormina.
[...]
Per Depardieu ci sarà ancora Sicilia, coniugata al cinema: è annunciato nel cast de "Il casellante" di Rocco Mortelliti, tratto da Andrea Camilleri. Si gira ad Enna, a fine agosto, e a settembre a Selinunte; nel cast anche Moni Ovdia e Mario Incudine.
[...]
Paola Nicita
 
 

La Repubblica, 30.7.2017
Addio a Perracchio il medico burbero di Montalbano
L'attore, 79 anni, era celebre per il ruolo del dottor Pasquano

Ironico e burbero, il dottor Pasquano, medico legale che tra un cannolo e l'altro duella col commissario Montalbano che gli mette fretta, è uno dei personaggi più amati dei libri di Camilleri. Nella serie tv ha il volto di Marcello Perracchio, morto venerdì a settantanove anni a Ragusa. Era nato a Modica ed era uno degli interpreti più prolifici del Teatro Stabile di Catania. Ha recitato tutta la vita — per trent'anni è stato proprietario di una scuola guida, ma la sera andava in scena — è apparso in Gente di rispetto di Luigi Zampa, Pizza connection di Damiano Damiani, Il giudice ragazzino di Alessandro di Robilant. E poi in tv: La Piovra, L'onore e il rispetto, Eroi per caso. Ma la grande popolarità era arrivata col ruolo del golosissimo dottore, capelli bianchi spettinati, un vassoietto coi cannoli in studio, medico che ne ha viste tante e che liquidava Montalbano con la famosa battuta: " Non mi rompa i cabasisi". Quel ruolo, che nei duetti con Luca Zingaretti arricchiva di sfumature da grande attore quale era, lo aveva conquistato per caso.
«Ero arrivato sul set e ho fatto un provino quando tutti i personaggi importanti erano stati assegnati » raccontava.
Il regista Alberto Sironi lo aveva preso subito. « Grazie a Pasquano mi riconoscono tutti poi mi chiedono di dire: " Non mi rompa i cabasisi". È una battuta che ha avuto effetto, prima la dicevo solo io, poi hanno iniziato a ripeterla tutti, da Montalbano a Mimì Augello e anche la troupe.
Con Zingaretti abbiamo sempre cercato di rendere le scene più divertenti » . Ammetteva di somigliare un po' a Pasquano.
«Anch'io sono antipatico, scorbutico e brontolone. Ma non con i miei nipoti, con loro sono sempre felice» . Perracchio aveva debuttato da bambino all'oratorio salesiano, nel 1981 era nato il sodalizio con Turi Ferro al Teatro Stabile di Catania. Sulla scena da oltre cinquant'anni, dal teatro dialettale ai classici, grande caratterista al cinema e in tv, raccontava di essere legatissimo ai lavori scritti da Pippo Fava. Tra tutti L'ultima violenza nel ruolo di emigrante ricattato dalla mafia che per proteggere la famiglia, si piega al volere dei boss.
Silvia Fumarola
 
 

negoziosolidarieta.mondoraro.org, 31.7.2017
Cappello originale stile Sherlock Holmes appartenuto ad Andrea Camilleri con foto autografata – Asta di beneficenza – Charity Auction
da History Life Onlus (http://www.historylife.org)


 
 

Lettera43.it, 31.7.2017
Montalbano, il dottor Pasquano e l'essenza della sicilitudine
Superstizioso, pigro, goloso, greve. Ma di un'umanità feroce. Il suo personaggio incarnava l'anima dell'Isola, tra fatalismo e surrealismo. E senza i suoi improperi benevoli anche il commissario muore un po'.

È morto il dottor Pasquano e Montalbano è morto un po' anche lui, perché non ha più nessuno che lo mandi a «scassare i cabbasisi» da un'altra parte. È morto il dottore largo e tozzo come un bulldog, ringhioso e goloso, che te lo compravi con un vassoio di cannoli, capace di perfida meschinità, superstizioso, pigro, ma dall'umanità feroce: «In tanti anni di travagghio non ho mai visto uno scempio simile: lo pigli, Montalbano. Lo pigli!» e gli scendevano le lacrime e parevano lacrime vere e magari lo erano perché Marcello Perracchio era più di un comprimario, un caratterista, una spalla.
UN PERSONAGGIO INSOSTITUIBILE. Da coprotagonista diventava, era Pasquano, nella vita parlava uguale, si muoveva uguale, lui ha preso di peso il personaggio e se l'è mangiato come un cannolo. Unico, insostituibile e davvero speriamo che al regista Sironi, a tutti gli altri non venga in mente di rimpiazzarlo perché il dottor Pasquano poteva avere solo quel fisico lì, quella maschera-volto lì, quella calata strascinata, affettata, che preparava la carogneria.
«Buongiorno dottore, che mi dice?». «E che le dico? Che è una bella ggiornata!» e sotto le mani ha un catafero stecchito. Una parte non secondaria dell'enorme successo di Montalbano si deve proprio a questi dialoghi di sicilitudine, di macabro surrealismo, come un Dalì precipitato a Vigàta e quegli scambi sul filo di un affetto mai ammesso, mai rinnegato, restano impagabili: questione di cellule, di mimiche, di pause, di maschere. Erano un frammento di remota eternità teatrale nel modernismo televisivo.
UNA UMANITÀ GREVE. «No, no: la prossima volta, Montalbano, mi mandi una sua foto formato cartolina. Con gli attributi virili di fuori, mi raccomando!». C'è quell'umanità canzonatoria, anche greve, anche ansimante, che solo tra uomini stanchi, gente che ha capito che la vita è tutta 'na farfantaria e non vale la pena pigliarla sul serio, può funzionare. Di Marcello Perracchio si può dire la carriera, dal dilettantismo regionale allo Stabile di Catania fino al cinema e alla televisione, alla Piovra. Ma alla fine quello che importa, quello che resta sono i cabbasisi, frantumati, triturati, scassati dall'implacabile Montalbano. È l'indolenza snob al tavolo di bridge, la voracità dolciaria (anche nella vita) che forse lo ha condannato prematuramente: 79 anni, neanche 80, è un'età troppo verde per andarsene quando la interpreta un attore, e adesso che Pasquano è morto anche Salvo si sente un po' meno vivo, perché per pigliarsi per i fondelli non gli è rimasto più nessuno: Mimì Augello è troppo in soggezione, Fazio troppo corretto, Catarella troppo nel suo pianeta fatto di adorazione e porte sbattute, «scusasse dottori, mi scappò».
Adesso i social scoppiano di saluti e commozione, in tanti lo mandano a spiegare agli angeli come si sbafano i cannoli, si scassano i cabbasisi o si manda qualcuno a fracassare la minchia altrove: e vedeste Youtube, quanti omaggi, quante clip in memoria. Coi semplici caratteristi non succede. E va bene che lui, il dottor Pasquano col camicione verde, se ne sarebbe strasbattuto i cabbasisi suddetti, magari con un ghigno impareggiabile: ma noi no. Noi, quando compariva lui, facevamo silenzio e alzavamo il volume, perché garantito che qualcosa di esilarante veniva fuori. O di straziante.
IL FATALISMO E LA SICILITUDINE. Pasquano aveva addosso la faccia tragica e fatale e fatalista della sicilitudine. Era un cannolo, un fico d'india, la rassegnazione e l'epicureismo, il cinismo di chi squarta un cristiano e ascolta la lirica (idea che era già dei patologi di Maigret). La carne è solo materia, come succede spesso in Sicilia, luogo dei sensi, carnale, carne che mangi carne che strazia carne, gli animali macellati alla Vucciria o al Ballarò, il carnazziere con la frusta di carta per cacciare le mosche. E dal pullman che arranca nel traffico, male supremo di ogni città siciliana, affiora la bancarella di un vecchio, consunto e rugoso e secco come un olivo, la cuffietta in testa: sorveglia una paccottiglia straziante di barattoli di semi, olive, acciughe, il mangiare povero che nessuno vuole più, una lampadina a difenderle dal nero della notte, il vecchio che guarda lontano, forse alla sua gioventù di pescatore come nei Malavoglia, forse al suo passato, uno sguardo di melanconia infinita che non chiede consolazione, uno sguardo siciliano. «Dio che pena», dicevano due turiste, «chi mai ci andrà a comprare quei vasetti?». Ma il vecchio non è lì per quello, lui è la Sicilia che non muore e che non vive, non spera, non chiede. Si lascia cadere addosso il cielo omerico, il mare immenso, la mafia, il giorno e la notte e un altro giorno, un altro sole atroce, un’altra benedizione da scontare.
L'AUTOPPISIA DELLA VITA. Pasquano era la parte più vera, più profonda di Montalbano. La più siciliana, la più matura. Io posso volerti bene solo così, nel mio modo ruvido, ma te ne voglio, e non ti lascio solo: quando non sai dove andare, tu sai che puoi sempre venire qui a fare provvista di anatemi, di sarcasmi, di autoppisia della vita. Perché è quella che ti manca, che ti serve. E quindi d'affetto, perché tu, Montalbano, sei un omo solo, e io quella solitudine la conosco ed è inutile che t'indoro la pillola, non è cosa, tu sei uno scassatore di cabbasisi più camurrioso dei morti e io ti voglio bene così. «La vita nonostante tutto è bella, e io che ne ho attraversate tutte le rughe, però dico che alla fine vince la gioia». Ecco l'autoppisia. Ecco il ricordo che Pasquano, il medico legale che squarta i morti e pensa ai cannoli, ci lascia. Un ricordo imbevuto nel sole e nelle spine della sicilitudine.
Massimo Del Papa
 
 

Gattopardo, 7.2017
Libri al gusto di Sicilia
La sindrome Camilleri
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Roberto Alajmo
 
 

 


 
Last modified Sunday, February, 26, 2023