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RASSEGNA STAMPA

LUGLIO 2019

 
MilanoNera, 2.7.2019
Il cuoco dell’Alcyon – Andrea Camilleri

Bih…che grannissima camurria! Montalbano è proprio pigliato dai turchi dall’inizio alla fine di questo libro, tanto che in chiusura non riesce neppure a ricordarsi quello che capitò in quella manciata di giorni febbrili, tra complotti, delitti, tragedie, viaggi e intermezzi ironici o umoristici in cui gli succede di tutto, dai grattacapi domestici e sentimentali al rischio di perdere il lavoro, la reputazione, la dignità, la casa, perfino la vita. Ed è meglio non ricordare alcune cose orrende, cancellarle del tutto. Eppure, all’inizio del libro sembrava che da tempo al commissariato di Vigata non ci fosse nulla da fare e il commissario si annoiava a morte…
Montalbano sogna spesso, ma è anche trascinato in una situazione che sembra o è paradossale: è realtà o incubo?
È un momento della sua vita come un’eclissi di luna: quando il disco luminoso scompare nel buio e la Natura si ferma immobile, come morta, ad aspettare il ritorno della luce. Ma, in agguato, compare una goletta fantasma, pronta a investire il commissario che non si sente più forte come un tempo, quando le vecchiaglie da sessantenne non l’avevano ancora un po’ indebolito (ma non tanto come si sente lui!).
L’Alcyon, è un veliero molto sospetto, che si ferma nei porti solo poche ore, circondato dal mistero, con guardie armate: una bisca per miliardari? un bordello con escort da urlo? O qualcosa di peggio?
Il questore di Montelusa Bonetti-Alderighi sembra deciso a far scomparire il commissariato di Vigata e soprattutto lui, Montalbano. Pura cattiveria?
Vendetta? Chissà…Compare un nuovo commissario, compare pure l’FBI…e la storia si fa sempre più intricata, Montalbano e Fazio dovranno travestirsi e agire come infiltrati in una situazione molto pericolosa, mortale.
Salvo non ama le storie di spionaggio, di cui non riesce a capire nulla, né si sente in grado di imitare i poliziotti delle pellicole miricane che sparano e uccidono senza pensarci, corrono a destra e a manca con una velocità incredibile. Eppure per una volta si troverà costretto dalle circostanze a fare cose che mai avrebbe immaginato, che lo spaventano o gli fanno firriare i cabasisi.
Come ci informa lo stesso Camilleri in una nota, quest’avventura di Montalbano è nata una decina d’anni fa come soggetto di un film italo-americano che non è stato mai prodotto. Ora è stato ampliato e diventa un romanzo, diverso dagli altri per il ritmo accelerato dell’azione “all’americana” che si alterna ai momenti in cui Montalbano si sente preso in una rete ingarbugliata che solo il suo cervello sopraffino, come ci ha abituato, potrà districare.
Speriamo che diventi presto quel film! Nel frattempo godiamoci questa avventura insolita, la trentesima del commissario più amato d’Italia, come sempre all’altezza di un mito.
E un abbraccio affettuoso al Maestro Andrea Camilleri.
Tiziana Viganò
 
 

Teatro dell'Opera di Roma, 3.7.2019
Annullato lo spettacolo di lunedì 15 luglio ‘Autodifesa di Caino’ con Andrea Camilleri

In considerazione delle condizioni di salute del maestro Andrea Camilleri, il Teatro dell’Opera di Roma ha deciso con molto rammarico di annullare lo spettacolo Autodifesa di Caino previsto alle Terme di Caracalla lunedì 15 luglio prossimo.
Nel dare questa comunicazione il Teatro coglie l’occasione per inviare al maestro Camilleri i più cordiali auguri di ristabilirsi quanto prima e di tornare presto all’affetto dei suoi moltissimi ammiratori.
Coloro i quali avessero già acquistato i biglietti per la serata del 15 luglio potranno chiederne il rimborso secondo le seguenti modalità:
a) chi li avesse comprati on line sul sito ufficiale www.ticketone.it riceverà il rimborso sulla carta di credito adoperata per l’operazione;
b) chi invece li avesse acquistati in un’agenzia Ticketone potrà recarsi, entro il 25 luglio, per il rimborso presso il medesimo sportello dove ha operato l’acquisto;
c) la biglietteria del Teatro dell’Opera sarà disponibile, entro lo stesso 25 luglio, per il rimborso dei biglietti ivi acquistati (orario da lunedì a sabato tra le 10 e le 18 e la domenica dalle 9 alle 13.30).
 
 

Blog de L'Eco della Stampa, 4.7.2019
Le avventure del borgo di Vigata narrate da Camilleri approdano in teatro ad Alassio

Se dovessi descrivere Andrea Camilleri lo farei con un sonetto. Mi ricorda “Il vecchierel canuto e bianco” di Francesco Petrarca. Una storia semplice, ambientata tra sacro e profano, che ha per protagonista un anziano che si reca a Roma per contemplare il volto della Veronica – la reliquia che riporta i lineamenti del volto di Cristo.
Camilleri è un po’ l’Omero dei giorni nostri. Essendo uno degli ultimi cantori, il mondo ha bisogno di lui e delle sue storie.
Nello spettacolo teatrale “Conversazioni su Tiresia” Camilleri ha messo in scena un confronto con il padre della cultura greca a proposito di Tiresia, l’indovino cieco dell’Odissea. Portando in scena il suo vero io, i suoi dubbi e il suo modo di percepire la vita da quando ha perso la vista.
Ho definito Camilleri un cantore perché è riuscito a tessere una storia e un personaggio che tutti gli italiani conoscono: il Commissario Montalbano. Le gesta di un salvatore di uomini che tra vizi e virtù racconta le bellezze del suo popolo e della sua terra.
Una Sicilia d’altri tempi fa da sfondo alle avventure del commissario. Vigata è infatti un luogo immaginario ma che allude a tanti altri paesaggi che sono esistiti. Montelusa è Agrigento, nome fittizio inventato da Pirandello, Vigata invece rappresenta Porto Empedocle. Fela è Gela, Fiacca è Sciacca e Sampedusa è Lampedusa.
In pochi però conoscono la storia che lega il Commissario Montalbano a Sellerio, la casa editrice che ha creduto in Camilleri permettendogli di dare libero sfogo alla sua creatività innata. In questo modo, Sellerio si è anche garantita un notevole successo editoriale che la vede ancora in testa alle classifiche di vendita di libri.
Come cambia l’editoria negli anni ’90
Se facciamo un passo indietro, durante gli anni ’90 le grandi case editrici si trovano di fronte a un bivio: concentrazione o frammentazione. Cioè, bisogna decidere se restare indipendenti o unirsi ad altri editori rischiando di perdere il proprio marchio storico.
Avevamo già accennato a questo tema durante la Social Media Academy con Adelphi Edizioni.
Nei mercati esteri assistiamo ad una fusione tra i diversi media: in America infatti nasce Random House, mentre in Francia diversi marchi si fondono in un’unica grande famiglia.
Le strategie commerciali e i bisogni del cliente cambiano proprio in questi anni. Tra le varie trasformazioni c’è lo sviluppo delle nuove tecnologie che portano un cambiamento nelle abitudini e nei consumi del lettore: nascono infatti i primi ebook e le prime librerie online che rivoluzionano l’approccio alla lettura.
La maggior parte dei grandi gruppi editoriali assorbono i piccoli e al comando arrivano i manager. Ma ci sono alcune realtà che desistono e resistono a questa trasformazione affermando il proprio nome anche in campo internazionale
La rivincita di Sellerio Editore
Tra gli editori che resistono alla rivoluzione editoriale troviamo quindi il nome di Sellerio che decide di giocarsi l’ultima carta e di puntare tutto su un nuovo genere: il giallo all’italiana (che poi prenderà le forme del giallo alla siciliana).
La casa editrice Sellerio nasce nel 1969 da un’intuizione di Elvira ed Enzo Sellerio assieme a Leonardo Sciascia e Buttata (sociologo). Il problema iniziale era scegliere tra l’adozione di una filosofia editoriale essenziale oppure puntare tutto sulla forza di un nuovo genere.
Nel 1990 si inizia a sperimentare: viene pubblicato il primo romanzo giallo. Si chiama “Carta bianca” ed è scritto da Carlo Lucarelli. Carta bianca racconta la storia di un commissario di polizia che indaga su un delitto durante il passaggio dalla repubblica di Salò a quella italiana.
Seguiranno poi altre pubblicazioni tra cui quella di Glauser, sostenitore del genere poliziesco. Glauser considerava questo genere di libri in grado di diffondere idee ragionevoli.
Dopo queste uscite si stabilisce il nuovo genere che farà scoprire all’Italia intera, ma non solo, il filone del poliziesco della scuola siciliana avente come maestro Andrea Camilleri e come protagonista Salvo Montalbano.
L’arrivo del Commissario Montalbano
Nel 1999 esce “La forma dell’acqua” il primo di una lunga serie di romanzi che regalerà successi all’autore e all’editore. Con l’arrivo del nuovo millennio Sellerio e Camilleri hanno raggiunto successi straordinari tra cui la vendita di cinque milioni di copie dei libri sul Commissario Montalbano.
I romanzi vengono da subito adattati come fiction sulla Rai già dal 1999. Da allora Montalbano – interpretato da Luca Zingaretti – diventa uno dei volti più amati della televisione italiana. Il segreto del successo risiede nella capacità dell’autore di passare dall’ironia al dramma, dalla comicità alla riflessione permettendo allo spettatore di conoscere e affezionarsi ad ogni personaggio.
Il Commissario Montalbano è stato acclamato da importanti uomini di critica letteraria tra cui Aldo Grasso.
"Vigata resta placidamente adagiata nella sua dimensione a-storica, senza tempo, dove lo spettatore può ogni volta ritornare per ritrovare un mondo immutato e trovare conforto nell’incessante ritorno dell’identico.
Livia continua a prendere la solita corriera d’altri tempi che la riporta al nord, Salvo continua a guidare la sua Fiat Tipo scura, il siciliano immaginario di Camilleri non subisce mai i nuovi ingressi e le varianti dell’uso comune che agitano le lingue vive."
Il personaggio di Camilleri è riuscito sempre a conquistare l’audience della prima serata registrando risultati non indifferenti per la televisione italiana. È un personaggio familiare e riesce a far sentire ognuno a proprio agio.
Prima di concludere, non ci resta che fare un in bocca al lupo al papà di Montalbano sperando che torni presto a raccontarci qualche nuova storia.
Marilisa Laviola
 
 

Savonanews.it, 4.7.2019
Le avventure del borgo di Vigata narrate da Camilleri approdano in teatro ad Alassio
Spettacolo ad ingresso libero in piazza della Libertà lunedì 8 luglio alle 21

Protagonista da oltre vent'anni delle serate genovesi di luglio e agosto, il Festival In una notte d'estate di Lunaria Teatro è pronto a debuttare ad Alassio dove lunedì 8 luglio, alle ore 21 in piazza della Libertà, verrà rappresentata "Maruzza Musumeci", spettacolo tratto dall'omonimo romanzo del maestro Andrea Camilleri e interpretato da Pietro Montandon.
La storia raccontata è quella dell'amore impossibile tra Gnazio - migrante di ritorno che, lasciata alle sue spalle l'America, decide di coltivare la terra senza più volgere lo sguardo al mare -, e Maruzza, ragazza bellissima che scopriremo essere, in realtà, una sirena. Il tutto ambientato a Vigata, borgo di fantasia reso celebre per essere diventato il teatro delle avventure del commissario Montalbano, qui rappresentanta però in un'ambientazione a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Grazie al sostegno del Comune di Alassio, l'evento è a ingresso libero.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.7.2019
“Stregati” ma non troppo

Mentre la Sicilia trepida per Nadia Terranova, scrittrice messinese finalista alla settantatreesima edizione del premio Strega con "Addio fantasmi" (Einaudi: stanotte si conoscerà il verdetto), riavvolgiamo il nastro del riconoscimento letterario più ambito in Italia a caccia di siciliani.
[…]
Nel 1992 è la volta di Vincenzo Consolo, insignito per "Nottetempo, casa per casa" (Mondadori), romanzo difficile e perturbante. Ma se si allarga lo sguardo in direzione dei finalisti di quell'edizione viene da saltare sulla sedia: a concorrere assieme a Consolo vi fu Andrea Camilleri, il suo " avversario" letterario, che in quel 1992 figurò tra i finalisti con "La stagione della caccia" (Sellerio), uno dei romanzi del ciclo storico, ambientato tra le brume del Risorgimento siciliano. Tre anni dopo Camilleri, come una specie di ritorno del rimosso, comparve di nuovo tra i concorrenti con "Il birraio di Preston" (Sellerio), uno dei suoi capolavori. Niente da fare: lo scrittore empedoclino non riuscì a lambire nemmeno la cinquina. Per Camilleri davvero questo riconoscimento è risultato "stregato".
[…]
Salvatore Ferlita
 
 

La Sicilia, 5.7.2019
Agrigento: il culto di San Calogero e la devozione di Andrea Camilleri
Segnalazione e foto inviati a Lo dico a La Sicilia su Whatsapp 349 88 18 870

Nel momento di apprensione che ognuno di noi sta vivendo per le condizioni precarie di salute del Maestro Camilleri, ci è cosa cara, nell'imminenza della festività calogerina che si terrà a giorni in quel di Agrigento, affidare alla protezione e cure del Santo taumaturgo il nostro amato scrittore, più volte dichiaratosi "ateo ma devoto a San Calogero". Il giorno della nascita di Andrea Calogero Camilleri (06/09/1925) difatti, avvenuta in uno dei dì settembrini in cui si celebra San Calogero nella cittadina di Porto Empedocle, la madre lo votò al Santo, imponendogli il secondo nome, appunto Calogero.
In particolare la devozione al Santo nero, da sempre nutrita e manifestata dallo scrittore, è altresì testimoniata in molti suoi scritti e in dichiarazioni da Lui rilasciate al riguardo: "Diciamo che io ora, da sempre, dall'età della ragione, ho un paradiso deserto di santi, privo di tutto. C'è solo San Calogero al quale sono legatissimo, al quale ogni anno faccio la mia offerta. Se guardate bene, troverete immagini e statuine in questa mia casa, a cominciare da questo studio. Credo che il mio legame con San Calogero, un santo che mi sta enormemente simpatico e del quale ho narrato la festa nel mio primo romanzo "Il corso delle cose, rimarrà fino a quando camperò". "Culti pagani e culti cristiani: San Calogero di Agrigento e l'Ercole di memoria ciceroniana"
Rosamaria Rita Lombardo
 
 

Giornale Ibleo, 5.7.2019
Scicli racconta… Maruzza Musumeci. Omaggio ad Andrea Camilleri

Si apre il sipario della rassegna teatrale estiva “Villeggianti”, organizzato dall’Associazione Officinoff, con uno spettacolo teatrale itinerante che vuole essere un tributo ad Andrea Camilleri, maestro della sicilianità e cantore dell’ethos della nostra Terra: appuntamento venerdì 5 luglio alle ore 21.00 (ci sarà un secondo spettacolo alle 23.00) alla Cava di Santa Maria la Nova per “Scicli racconta… Maruzza Musumeci”.
Una “favola” leggera, tagliente e che induce alla riflessione ambientata nella Vigata di fine Ottocento, in cui sono presenti motivi classici come quello delle sirene e del loro canto suadente e mortifero e quello della vendetta, covata per millenni contro un Ulisse dedicato ai campi.
Il protagonista ‘Gnazio Manisco (una sorta di anti-Ulisse) ritorna dall’America senza mai guardare il mare, per dedicarsi a coltivare la terra. Acquista un campo che è come un’isola sull’acqua e decide di sposarsi. La donna di cui si innamora perdutamente è bellissima e canta canzoni meravigliose che solo lui comprende. Da qui si dipanano una serie di eventi sorprendenti che coinvolgono personaggi radicati nella cultura siciliana, dalle più diverse caratteristiche, creati dalla maestria illuminante di Andrea Camilleri.
Con il susseguirsi frenetico degli eventi, il pubblico verrà condotto in un viaggio attraverso una mitologia autentica e sensuale, mitigata dalla poeticità della storia d’amore di ‘Gnazio e Maruzza.
La regia è di Germano Martorana, l’adattamento di Simonetta Cuzzocrea. In scena ci saranno Gisella Burderi, Luca Burgio, Irene Cascone, Simonetta Cuzzocrea, Alida Di Raimondo, Vania Orecchio, Pino Migliorisi, Giovanni Peligra e Carla Schembari. Luci e fonica: Baglieri Service.
Punto di concentramento presso la Cava di Santa Maria La Nova a Scicli (inizio Cavuzza di San Guglielmo). Lo spettacolo (con orario 21.00 e 23.00), dopo la prima di giorno 5, verrà replicato nelle giornate del 12 e 19 luglio e del 2-9-24 e 30 agosto.
Prevendite presso la Libreria Don Chisciotte (via Aleardi 4 – Scicli) 0932-842674 – 3474999096
Posti limitati – Trattandosi di spettacolo itinerante, si raccomandano abbigliamento pratico e scarpe comode.
 
 

Rai Italia, 5.7.2019
I programmi di Rai Italia
Il Commissario Montalbano | La vampa d'agosto
Regia: Alberto Sironi
Interpreti: Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Davide Lo Verde

Il piano interrato – e nascosto – della nuova, favolosa villa di Mimì Augello restituisce il corpo mummificato di una ragazzina violata, sgozzata e occultata con fin troppa attenzione in una vecchia cassapanca. Le indagini del commissario inciampano presto in un costruttore corrotto e colluso, in un capocantiere bugiardo, in un custode che molto sa e poco dice, e nella bellissima gemella della ragazza uccisa, che sembra sospesa tra vecchio rancore e una nuova, ardente passione. Il calore del mese più caldo dell’anno bagna protagonisti, comprimari e scenografie di un dramma in cui ben poco è come sembra. E intanto la vita di Salvo Montalbano incespica tra l’amore di sempre, lontano non solo per geografia, e un nuovo, ardente sentimento. Legge e giustizia, giustizia e vendetta: sono tanti gli spettri con cui fare i conti, per un poliziotto che ancora prima è un uomo che ama.
Tratto dal romanzo La vampa d’agosto di Andrea Camilleri edito da Sellerio Editore.
 
 

Rai Italia, 5.7.2019
I programmi di Rai Italia
Il commissario Montalbano | Le ali della sfinge
Regia: Alberto Sironi
Interpreti: Luca Zingaretti, Katarina Bohm, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta

La spiaggia restituisce il corpo nudo di una donna dell'est con una farfalla tatuata sulla spalla e il volto devastato da un proiettile di grosso calibro. Le indagini portano il commissario vicino ad un'associazione di volontari che ha protettori molto in alto, e l'obiettivo dichiarato di salvare ragazze in difficoltà da un destino di strada. Almeno quattro di loro hanno lo stesso, misterioso tatuaggio. Una strana figura di prete - pugile sembra sulla via giusta per scoprire la verità, e restituire libertà a giovani tristemente abituate a collezionare schiavitù.
 
 

Meteo Web, 5.7.2019
Cinema: morto il noto regista e attore Ugo Gregoretti, amico storico di Andrea Camilleri

E’ morto oggi nella sua casa di Roma, Ugo Gregoretti, regista e attore. Era nato il 28 settembre 1930 a Roma. Gregoretti aveva iniziato a lavorare in televisione nel 1953, anno della sua assunzione in RAI. Poi passò al cinema. E’ stato autore di satire pungenti ma dai toni garbati che hanno messo in risalto i difetti della società italiana. Nel corso della sua carriera si è dedicato prevalentemente alla regia televisiva. Fu da sempre grande amico e prezioso collega di Andrea Camilleri, insieme al quale ha scritto il testo “Pinocchio (Mal) Visto dal Gatto e la Volpe“, interpretato dai due anche a teatro.
[...]
Monia Sangermano
 
 

Adnkronos, 5.7.2019
A Hornby, Terranova e Picozzi il 'Premio 'A tutta donna'

Palermo - Successo di pubblico per il la prima edizione del premio 'A tutta Donna', che si è svolto all’Aqua Selz, in riva al mare di San Leone e a due passi da Agrigento. Il premio è stato organizzato dalla redazione, tutta al femminile, del giornale online www.atuttamamma.net, diretto dalla giornalista Maristella Panepinto, che ha moderato il dibattito. Premiate sei eccellenze femminili: la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, la professoressa Rosaria Cascio, la dottoressa Maria Rosa D’Anna, l’avvocato Tina De Michele, il giudice Anna Maria Picozzi e la giornalista Elvira Terranova. "L’importanza di fare squadra, di crederci sempre, di sfatare il luogo comune che tra le donne ci sia competizione, facendo invece prevalere l’idea della collaborazione, sono stati i temi cardine della serata, affrontati dalle sei premiate, che hanno raccontato le loro esperienze di vita, gli esordi, la gavetta, fino al successo", spiegano gli organizzatori.
Commosso il ricordo di don Pino Puglisi, di cui Rosaria Cascio, una delle premiate, è stata allieva e di Andrea Camilleri, di cui ha parlato con emozione e forza Simonetta Agnello Hornby: “oggi, che forse è troppo tardi, forse potrebbe muoversi qualcosa per il Nobel, un premio che Camilleri meritava da tempo”.
[...]
 
 

Live Sicilia, 6.7.2019
Lo scrittore
Ad Andrea Camilleri
L'Isola dorme con te

Un pensiero al grande narratore, ancora ricoverato, da parte di chi lo conosce bene
Riceviamo e pubblichiamo un pensiero della scrittrice Cetta Brancato ad Andrea Camilleri, ancora oggi ricoverato in gravi condizioni. Un pensiero all'amico, prima ancora che all'intellettuale.

Gli uomini di Sicilia hanno l’anima negli occhi, mai nella gola: ciò che si dice è, irrimediabilmente, perduto in parole insicure di vocazione e tempra.
Nutriti da magma lavico, dall’inaffidabile azzurro del cielo hanno sguardi normanni, greci, corsari così densi d’immaginario da vomitare pietre. Sono creature sconfitte dal peso inafferrabile di ogni relazione. Navigano in muta genesi, ma per la morte trovano sponde e argini.
I più tristi chiamano memoria il loro sentire, mentre i figli vivi dell’isola hanno proprietà d’amore, con ossa in un profondo senso della fine.
In questi giorni densi d’agonia, in questo limbo doloroso e pieno, guardando questa foto scattata a Roma, alla libreria Fandango, per la presentazione del mio ’19 luglio 1992’, mi sono chiesta dove sia l’anima di Andrea e se, dalla sua soglia incerta, stia ancora narrando la nostra terra. Lì, da uno scoglio di sole, su cui sirene cantano, ora in pena.
Mi è sembrato che il suo oblio sia l’ultimo incanto, una stazione in cui si stia acclimatando in un passo nuovo d’eterno.
Ho immaginato che chiedesse tempo per lasciare i giardini di Sicilia, il nostro paradiso, che raccogliesse piano i suoi segreti e il temerario amore per la penna.
O che, ancora nella casa, sistemasse i suoi libri, ne valutasse il peso, ne componesse i margini per portarli al padre sul cui letto di morte decise di diventare uno scrittore. Che sia, invisibile, nel suo studio col salottino verde menta, buono per il narrare lento di certe conversazioni del mattino. O dietro lo scrittoio con la testa leggermente inclinata fra le mani come se avesse il pensiero sulla nuca.
C’è stato un lungo sguardo fra me e Andrea, durato molti anni, in cui è passato il senso del sentire: un patrimonio silente di abitudini, d’irrequietezza, di stanze vuote e piene.
E con la stessa lingua di provincia ci siamo confessati poche cose: una messa in scena, uguale fatica per la pagina, le lunghe passeggiate, il gioco astuto dei nostri personaggi, i pranzi nelle domeniche d’inverno.
Si nascondeva in un riserbo suo, in sigarette smezzate, in un sorriso virile che sapeva di scorza dura d’ulivo.
Mai incline al dolore, mescolava pentole di storie profumate, magiche o ciniche, agganciandomi gli occhi dentro ai suoi.
Eppure, quello che dovevamo dirci lo abbiamo reso con uno solo sguardo su quella vita interiore che, in fondo, non possiamo che ammansire raccontandola.
Adesso dorme con lui la nostra isola.
Che un risveglio, dovunque esso maturi, sia di parole libere, parole nuove d’anima.
Cetta Brancato
 
 

Il Friuli, 6.7.2019
Lignano Noir rende omaggio al padre del commissario Montalbano
Domenica 7 luglio, a Terrazza a Mare, appuntamento con 'Un libro, un caffè con… Il caso Camilleri'

In un momento difficile per il papà del commissario Montalbano, ricoverato all'ospedale Santo Spirito di Roma dallo scorso 17 giugno, Lignano Noir gli rende omaggio con un appuntamento a lui dedicato. Il nome di Camilleri è conosciuto a livello mondiale soprattutto per le vicende che hanno per protagonista Montalbano e il volto dell’attore Luca Zingaretti.
La decennale carriera di scrittore per il teatro traspare anche nella produzione narrativa di Camilleri: i suoi personaggi sono resi in modo realistico ed estremamente caratterizzato, tanto che per ogni lettore diventano indimenticabili e quasi amici che si ritrovano ad ogni nuova trama. La particolare lingua, che alterna italiano, siciliano e invenzione lessicale, esprime appieno i pensieri e i sentimenti dei protagonisti e insieme il costume sociale della Sicilia con i luoghi, i profumi, il sole, il mare, i piatti tipici, ma anche la mentalità, a volte cruda e violenta.
Nell’amplissima produzione letteraria dello scrittore, il 2019 ha visto la pubblicazione, nella collana de Il giallo Mondadori, di “Km 123”, un romanzo che inizia come una commedia rosa ma ben presto assume la tinta del giallo, con un tentato omicidio, questa volta lungo la via Aurelia, e, nella collana La Memoria (Sellerio), di “Il cuoco dell’Alcyon”, un giallo d’azione, nel quale si intrecciano agenti segreti, FBI e malavita locale, con situazioni che Montalbano saprà affrontare con sangue freddo e perspicacia.
Nell’incontro lignanese di domenica 7 luglio, alle 11, l’opera di Camilleri verrà indagata da esperti in una conversazione domenicale nell’accogliente sala della Terrazza a Mare dove lo sguardo può spaziare sull’azzurro dell’orizzonte.
 
 

La Repubblica, 6.7.2019
Gregoretti il genio dell'ironia

Ugo Gregoretti era un uomo colto, gentile, dotato di eleganza naturale e di un'ironia in cui mescolava giudizio e affetto. Un intellettuale che ha rivoluzionato il linguaggio televisivo e che per colpa del piccolo schermo, diceva lui («per molti ero un miserabile rospo che usciva dal pantano maleodorante della disprezzatissima tv»), non era stato accolto dal cinema. È morto nella sua casa a Roma, a 88 anni, e ci mancherà il suo sguardo mai banale sulle cose del mondo.
[...]
Da sempre amico di Andrea Camilleri, si erano prestati a girare il documentario Ugo & Andrea ideato dalle figlie d'arte Andreina e Orsetta, in cui — in auto, spinta a mano per il finto viaggio visto che nessuno dei due ha la patente — raccontavano le loro vite straordinarie. E insieme, qualche anno fa, il gentiluomo rivoluzionario e lo scrittore siciliano, da allegri bastian contrari, avevano interpretato a teatro la fiaba di Pinocchio finalmente dalla parte del Gatto e la Volpe, stanchi della cattiva fama. Irresistibili, impellicciati, a ritmo di rap. Liberi, come hanno vissuto.
[...]
Silvia Fumarola
 
 

TRM Radiotelevisione del Mezzogiorno, 8.7.2019
Dal 12 al 14 Montalbano Jonico (Mt) Capitale Europea della Cultura per un giorno

Dal 12 al 14 luglio 2019 la città di Montalbano Jonico sarà Capitale Europea della cultura per un giorno, nell’ambito del progetto di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 “Capitale per un giorno” rivolto ai comuni lucani.
La Città di Montalbano Jonico, tra mura cinquecentesche, scorci suggestivi e affascinanti vicoli, ha un centro storico puntellato di antichi palazzi e cappelle gentilizie, con una storia millenaria caratterizzata soprattutto da uno dei cittadini più conosciuti ed autorevoli, Francesco Lomonaco, al quale la stessa è intitolata.
La programmazione delle tre giornate è finalizzata alla diffusione della città di Montalbano Jonico quale destinazione turistica a livello regionale ed interregionale e ad accrescerne la competitività sui mercati nazionali e internazionali attraverso la valorizzazione delle risorse culturali e naturali. È una programmazione variegata, rivolta ad un pubblico e ad un numero di partecipanti di qualsiasi fascia di età.
L’Amministrazione Comunale ha colto subito questa occasione poiché l’evento rappresenta per la suggestiva e caratteristica un’occasione che rafforza le iniziative culturali e di promozione del territorio e del patrimonio, della cittadina dedicata all’illustre Francesco Lomonaco.
Saranno ben tre giornate intense di eventi co-prodotti con Fondazione Matera Basilicata 2019 per Capitale per un giorno con la realizzazione di un progetto “BorgArtFest”, un festival d’arte pubblica nel centro storico di Montalbano Jonico, consistente principalmente nel riqualificare alcune aree del borgo in forte stato di degrado e abbandono al fine di rigenerare spazi urbani attraverso interventi artistici di “street art” come i murales e la trasformazione di arredi urbani. Il tutto diventerà un’occasione di grande creatività personale e condivisa, dove il vecchio ed il nuovo si accostano, il grigio ed il colorato, le crepe sono riempite e valorizzate con il colore.
Al centro delle giornate un congresso internazionale presso Palazzo Rondinelli, volto a celebrare la figura di Andrea Camilleri, famoso per i suoi scritti sul Commissario Montalbano, scrittore ed intellettuale, con la presenza di rappresentanza accademica ed appartenenti al mondo camilleriano, chiedendo all’Università di Malaga-Facultad de Filosofia Letras. Campus de Teatinos E-29071 Màlaga (Spagna) l’organizzazione dello stesso. A queste attività artistiche e culturali si alterneranno anche la presenza di concerti, esposizioni, degustazioni e diverse attività per tutti. Sarà inevitabile lasciarsi catturare dalle meraviglie paesaggistiche, artistiche e culturali del territorio, correlate alle tradizioni locali, con il coinvolgimento di tutte le realtà territoriali.
 
 

SicilyMag, 9.7.2019
Andrea Camilleri e la verità indecidibile di Montalbano
Filosofia, thriller e psicologia, azione e riflessione, attualità e memoria si intrecciano in "Il cuoco dell'Alcyon", il nuovo romanzo dello scrittore empedoclino che vede protagonista il Commissario Montalbano. Scrive Salvatore Silvano Nigro nel risvolto di copertina: «Tutti si acconciano a recitare, nel romanzo. Tutto è indecidibile, sogno e realtà, vero e falso, farsa e tragedia»

Un romanzo sorprendente ed avvincente che mostra ancora una volta la capacità di Andrea Camilleri di sperimentare e trovare nuovi spazi creativi. E di raccontare le vicende di Salvo Montalbano in maniera diversa. Stiamo parlando de “Il cuoco dell'Alcyon”, edito da Sellerio, l'ultimo romanzo di Camilleri incentrato sulle vicende del poliziotto più amato d'Italia, e che è arrivato nelle librerie prima del grave problema di salute che vede allo stato attuale combattere lo scrittore di Porto Empedocle la sua battaglia più difficile, fra la vita e la morte. Sono in tantissimi, noi fra questi, a sperare che Andrea possa superare positivamente questa complessa sfida.
Torniamo all'ultimo romanzo su Montalbano che è uno dei migliori di Camilleri nell'ultimo lustro. Rispetto ai libri più recenti con protagonista Montalbano è quello che ci ha convinto di più, per struttura, per ritmo narrativo, per lo snodarsi della trama.
Per meglio comprenderne la natura sui generis bisogna capirne le scaturigini, ed è lo stesso Camilleri in una delle note conclusive del testo, a pagina 249, a specificare: “Questo racconto è nato una decina di anni fa non come romanzo ma come soggetto per un film italo-americano. Quando è venuta a mancare la coproduzione, ho usato quella stessa sceneggiatura, con alcune varianti, per un nuovo libro su Montalbano che, inevitabilmente, risente, forse nel bene, forse nel male, della sua origine non letteraria”.
La natura non “letteraria” delle scaturigini dell'idea dà invece ancor più ritmo narrativo al romanzo, pieno di colpi di scena e di azione, soprattutto nei capitoli conclusivi. Il tutto sempre filtrato dallo stile ironico di Camilleri che rende esilaranti anche le più dinamiche e decisive scene di azione. Come è noto, la scrittura di Camilleri è cinematografica ma in questo caso lo è ancor di più.
Vedere il sessantenne commissario muoversi con la stessa grinta ed energia di un ventenne, con il commento del “regista” Camilleri, che sottolinea come la vecchiaia incomba egualmente, è divertente e nel contempo fa riflettere con leggerezza.
In questo romanzo Andrea Camilleri, così come nel suo primo libro su Montalbano di ben 25 anni fa - “La forma dell'acqua” -, affronta il concetto della pluralità delle verità, ed ispirato dalla teoria della meccanica quantistica mostra la complessa sfera della indecidibilità della verità. Viene in mente il principio di indeterminazione di Heisenberg. Con la consueta lucidità critica, il fine studioso di letteratura e di filologia, Salvatore Silvano Nigro, nello sciasciano risvolto di copertina del romanzo scrive: “Tutto è indecidibile, sogno e realtà, vero e falso, maschera e volto, farsa e tragedia, allucinazione e organizzata teatralità di mosse e contromosse beffarde, in questo thriller che impone al lettore, tallonato dal dubbio e portato per mano dentro la luce fosca e i gomiti angustiosi dell’orrore, una lettura lenta del ritmo accanito dell’azione”.
Filosofia, thriller e psicologia, si intrecciano profondamente in questo romanzo, un testo che interseca azione e riflessione, attualità e memoria. In questo contesto narrativo sostiene Nigro: “Tutti si acconciano a recitare, nel romanzo: che si apre drammaticamente con i licenziamenti degli impiegati e degli operai di una fabbrica di scafi gestita da un padroncino vizioso e senza ritegno, detto Giogiò; e con il suicidio, nello squallore di un capannone, di un padre di famiglia disperato. Da qui partono e si inanellano le trame macchinose e la madornalità di una vicenda che comprende, per 'stazioni', lo smantellamento del commissariato di Vigàta, la solitudine scontrosa e iraconda del sopraffatto Montalbano, lo sgomento di Augello e di Fazio (e persino dello sgangherato Catarella), l’inspiegabile complotto del Federal Bureau of Investigation, l’apparizione nebbiosa di «’na granni navi a vela», Alcyon, una goletta, un vascello fantasma, che non si sa cosa nasconda nel suo ventre di cetaceo (una bisca? Un postribolo animato da escort procaci? Un segreto più inquietante?) e che evoca tutta una letteratura e una cinematografia di bucanieri dietro ai quali incalza la mente gelida di un corsaro, ovvero di un più aggiornato capufficio dell’inferno e gestore del delitto e del disgusto”.
L’Alcyon appare e scompare, resta poco tempo nei porti in cui approda. Il mistero da disvelare nella storia è legato alla goletta. L'invenzione del Montalbano “cuoco”, stratagemma per salire sulla nave, è fra le più interessanti del romanzo. Ma su questo non aggiungiamo altro, perché la trama di un 'giallo' va accennata non svelata, deve invitare alla lettura non sostituirsi ad essa. Tornando più strettamente all'analisi critica, Camilleri è riuscito ad esperire in questo romanzo un nuovo percorso narrativo con diverse tecniche e modalità di racconto, ma l'impianto strutturale generale, la visione d'insieme, la sua verve scritturale ed il suo linguaggio sono immutati. Sono il Dna della sua letteratura. In realtà anche il tema del sogno ritorna più volte nella sua ampia storia narrativa, così come le tante citazioni di grandi della letteratura. E nulla è causale nei suoi romanzi, è tutto strutturato in maniera organica e razionale, ogni citazione culturale rimanda sempre ad un passaggio del racconto, ad un meccanismo che aiuta a comprendere lo snodo della storia o ad illuminare il pensiero od i comportamenti di un personaggio.
Nigro coglie anche questo aspetto quando sottolinea: “Il romanzo ha, nella suggestione di un sogno, una sinistra eclisse di luna che incombe (detto alla Bernanos) su 'grandi cimiteri'. La tortuosità della narrazione è febbrile. Prende il lettore alla gola. Lo disorienta con le angolazioni laterali; e, soprattutto, con il tragicomico dei mascheramenti e degli equivoci tra furibondi mimi truccati da un mago della manipolazione facciale. Sorprendente è il duo Montalbano-Fazio. Il commissario e l’ispettore capo recitano come due 'comici' esperti. 'Contami quello che capitò', dice a un certo punto Montalbano a Fazio. E in quel 'contami' si sente risuonare un antico ed epico 'cantami': 'Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei [...]'. Il cuoco dell’Alcyon è 'una Iliade di guai'".
Il romanzo intreccia anche collaborazioni fra la polizia italiana e l'FBI statunitense. Non è la prima volta di Montalbano alle prese con i servizi segreti, Camilleri vi ha scritto pagine di notevole suggestione su questi temi, ma in questo caso lo scenario ha tratti di comicità autentica, anche per via della trasformazione estetica del commissario. Un passaggio del romanzo è illuminante in merito: “Tutto 'nzemmula gli vinni un pinsero spavintoso. E se sto Santo come minchia si chiamava era un chirurgo plastico? Gli voliva fari un'operazioni alla facci? Babbiavano? Ma lui si sarebbi arribbillato, avrebbi mittuto a ferri e a foco tutta la quistura! Arriniscì, con una certa faticata, a tinirisi, aspittanno gli sviluppi. Po' finalmente il mago parlò: 'Guardi, ho deciso che ai capelli darò un colore biondo grigio, adatto all'età che ha'. Da 'na parti fu contento, non era un chirurgo plastico ma 'na speci di varberi, dall'autra arraggiò: per quelle ultime paroli, Montalbano gli avrebbi sparato. 'Ma i baffi devono assolutamente sparire'. A 'sto punto, il commissario scatasciò: 'Ma non dica minchiate! Non se ne parla!”. Come è noto il commissario Montalbano personaggio del romanzo inventato da Camilleri ha i capelli e pure i baffi, mentre il commissario televisivo interpretato dall'ottimo Zingaretti è calvo e decisamente differente sul piano estetico. Una statua del Montalbano letterario si trova a Porto Empedocle. Tornando al romanzo, oltre al finale vi incuriosisce anche la vicenda della trasformazione estetica? La soluzione è nel romanzo...
Salvo Fallica
 
 

Eccellente, 9.7.2019
“Montalbano sono io”: quando Marci dichiarò di essere il commissario
Pubblichiamo parte di un intervento orale reso nel 2004 a un seminario di Cagliari dedicato a Camilleri. Marci vive a Cagliari, dove insegna Filologia italiana all’università. Si occupa delle letterature in zone di forte stratificazione culturale e linguistica. È autore di studi sulla letteratura italiana e sarda dal Settecento in poi.

Il carattere di incontro amichevole fra colleghi che amano occuparsi di letteratura che abbiamo voluto assegnare al nostro seminario forse mi consente di cominciare con un aneddoto personale dal quale ritengo sia possibile ricavare alcune considerazioni di più generale interesse. Il fatto che mi riguarda è presto detto: ho conosciuto Andrea Camilleri nel 1996, quando ebbe la cortesia di rispondere al mio invito, venendo in Sardegna per una serie di incontri organizzati nelle università di Cagliari e Sassari. Camilleri non aveva ancora raggiunto la notorietà in seguito conquistata, la serie del commissario Montalbano era agli inizi e il protagonista cominciava ad assumere i tratti fisici e psicologici che sono andati via via definendosi fino a trovare un’ultima dimensione ne Il giro di boa. Qualche tempo dopo, divenuto Montalbano celeberrimo, e cominciando a profilarsi l’ipotesi di una riduzione televisiva dei romanzi di cui era protagonista, un giornalista chiese allo scrittore quale attore avrebbe secondo lui meglio potuto interpretare la parte del commissario di Vigàta, ed egli rispose indicando il nome di Jean Rochefort. Ma poi precisò che il vero commissario Montalbano l’aveva visto a Cagliari, incontrando il professore dal quale era stato invitato per una serie di conferenze all’università, e aggiunse una descrizione fisica di quel professore, condensandola nell’aggettivo stropicciati, riferita agli anni che gli attribuiva.
Anni stropicciati, dunque, a dire di una vita spesa intensamente, con pensieri diversi da quelli dedicati alla cura della forma fisica, con preoccupazioni che interamente assorbono la mente e i sentimenti, senza lasciare spazio ad altro. Non vi racconterei tutto questo, se pensassi che stiamo parlando di me; in realtà, come si è compreso meglio anche attraverso le altre numerose interviste nel corso delle quali Camilleri è tornato sul tema, egli non stava parlando del nostro incontro reale ma scriveva una storia per la quale forse il mio aspetto e il mio modo di essere gli avevano offerto uno spunto, ma che aggiustava, amplificava, coloriva, articolava in forma narrativa, come un vero scrittore sa fare.
È con questo gusto, di chi in certi momenti ha l’impressione di essere entrato in un romanzo, di essere traslato, di vedere in un personaggio letterario, come in una sorta di specchio (che a differenza di quello di Dorian Gray restituisce l’immagine perfettamente aggiornata con i segni dell’età) le inquietudini, i turbamenti, le saggezze, forse, di un cinquantino, con tutti questi sentimenti ho letto Il giro di boa.
Anche gli anni di Montalbano sono, come vedremo, stropicciati ma conservano un temperamento che deve cominciare a fare i conti, e non vuole, con il trascorrere del tempo: “Avanzò cautamente, patendo di tanto in tanto lungo la schina addrizzoni di freddo. Ma pirchì, si spiò a un certo momento, a cinquant’anni passati mi viene gana di fare queste spirtizze?”. Non che nei precedenti romanzi della serie non fossero presenti notazioni riguardanti l’uomo Montalbano, le sue visioni del mondo, i convincimenti morali, gli orientamenti politici, i modi di essere nella dimensione privata e nelle relazioni interpersonali, ma ne Il giro di boa è come se il personaggio compia una sorta di bilancio con la consapevolezza di essere giunto a un punto di svolta nella propria esistenza e che tale svolta coincida con un momento in cui si verificano trasformazioni importanti per l’intera collettività: la qual cosa rende tutto più complesso. Basterà valutare, per rendersene conto, lo spazio dedicato nel romanzo all’analisi dei fatti di cronaca e alla conseguente riflessione politica, al senso di amarezza che coglie chi constata l’inadeguatezza dell’agire umano nei confronti degli eventi grandiosi, e spesso tragici, che segnano il presente.
Un eroe moderno (ma, sotto il profilo della tipologia narrativa, anche antico, un Achille che nel momento dello sforzo supremo ha bisogno dell’intervento del fido Patroclo il quale praticamente ne assume il ruolo), il nostro commissario, un personaggio che compie imprese difficili e quasi estreme sapendo bene non solo di non essere invulnerabile (come ritenevano di essere molti eroi del buon tempo passato), ma piuttosto di essere, per età e per stile di vita, un soggetto a rischio che ha nel cuore, mai nominato ma evidentemente imputato per questo violento insulto, un organo bersaglio sul quale, mai Dio lo voglia, possono scaricarsi tutte le tensioni alle quali la vita ci sottopone. E allora piange, piange “un chianto di duluri e di malincunia”: non ha paura per il doppio pericolo rappresentato dalla possibilità di morire o di essere scoperto dal nemico, ma prova dolore e, insieme, una vaga tristezza che è legata all’idea del tempo passato, della giovinezza finita, di tutto ciò che poteva essere, non è stato, e forse non avrà più modo di essere. Momento supremo di dolore, ma anche di riflessione e di bilancio, di comprensione dell’essenza, di riconferma del voto pronunciato. L’eroe, insomma, è piegato nel fisico, ma è totalmente integro intellettualmente e moralmente: non a caso proprio ora riesce a comprendere il senso della scena cui aveva assistito vedendo in televisione la varca a vela che non compiva il giro di boa.
Ma, quella raccontata ne Il giro di boa non è solo una storia individuale, la vicenda di un uomo che, in un momento difficile della propria esistenza, riesce comunque a portare a termine il lavoro iniziato. I turbamenti di Salvo Montalbano, come già accennato, non si esauriscono nelle malinconie derivanti dalla percezione dell’invecchiamento e piuttosto riguardano il rapporto fra una sfera privata nutrita di convincimenti profondi e la dimensione pubblica, della vita sociale, del lavoro e della sfera politica. Sono i turbamenti di molti, oggi in Italia, che si interrogano, i più con angoscia, sul senso e sulla prospettiva degli avvenimenti cui assistiamo e dei quali, come cittadini, dovremmo essere protagonisti. Mentre non di rado ci pare di esserne travolti, ciascuno nel proprio campo, poliziotti, o magistrati o insegnanti che siamo. Non a caso Il giro di boa non tratta soltanto dell’indagine poliziesca ma si apre con un’altra vicenda, quella del G8 di Genova, prosegue con la “mezza rivolta di una parte delle forze dell’ordine” a Napoli e affronta, fino a farne parte decisiva della trama, il tema delle migrazioni verso l’Europa. Gli avvenimenti di Genova e Napoli colpiscono Montalbano per l’onta che ricade sulla sua istituzione: ne deriva un dolore profondo, accentuato dal fatto che non solo il governo di centrodestra, ma anche il precedente di centrosinistra ha la sua parte di responsabilità: il che significa che “questa lurdia è dintra di noi”. Il problema dei migranti e della reazione italiana che si concretizza nella legge Cozzi-Pini lo colpisce sul piano umano ma anche, se così possiamo dire, in una dimensione gnoseologica: “Si illudevano di fermare una migrazione epocale con provvedimenti di polizia e con decreti legge”. Nell’un caso e nell’altro è chiamato a rispondere di fronte alla coscienza, come uomo e come poliziotto.
La prima reazione è quella di dimettersi, di scindere la propria responsabilità e quelle dell’istituzione. Da qui le richieste di colloquio col questore, sempre annullate per la sequenza dei fatti legati alle indagini che gli impediscono di arrivare nella stanza del superiore e compiere il gesto definitivo. Ma è questa, se ci pensiamo, la dimensione salvifica del lavoro, quella che tutti ci riguarda, almeno quanti abbiamo avuto la fortuna di esercitare un mestiere che amiamo e che riteniamo utile alla collettività. Montalbano sprofonda nelle procedure d’indagine dalle quali ricava il doppio e confortante sostegno di chi si sente appagato intellettualmente nel seguire un processo di conoscenza volto a capire come si sono svolti i fatti, nell’osservare le persone e il loro modo di essere, nel fermare le immagini raccolte nella mente per rimetterle in moto come in un film che a poco a poco si costruisce in sala di montaggio fino ad arrivare alla necessaria conclusione, e di chi obbedisce a un imperativo morale che comanda di impedire l’esecuzione di atti criminosi spesso rivolti, come in questo caso, in danno di bambini che non hanno possibilità di difendersi.
Il mondo sembra aver perso il senso d’orientamento, e a portata di mano c’è una soluzione personale: dimettersi. Ci pensa a lungo, Salvo Montalbano, riverificando il proprio progetto di vita, i convincimenti etici e politici, l’aspetto, non secondario, di un temperamento positivamente individualistico e insofferente nei confronti di tutte quelle ottusità che fanno perdere di vista l’aspetto essenziale dei problemi. È difficile capire e decidere. In più c’è l’immagine della barca a vela vista in televisione, della quale vuol cogliere il senso. Finché giunge a quello che potrebbe essere un momento definitivo, l’improvviso malore che lo rende fisicamente inerme ma gli acuisce le facoltà della mente che ragiona con la lucida rapidità di un bilancio finale. “Fu allora che dintro alla sò testa si rappresentò la scena vista alla televisione, l’orgoglioso arrefuto di quella varca a vela che invece di fare il giro di boa e tornare narrè aviva preferito testardamente continuare ad andare avanti, fino a sfracellarsi ‘nzemmula alla varca dei giudici… E seppe accussì che il suo essiri fatto in un certo modo non gli concedeva nessuna possibilità di scelta. Non sarebbe mai potuto tornare indietro”. È un voto che si rinnova, dopo lungo travaglio e contrastanti riflessioni, riconferma la scelta compiuta negli anni della giovinezza, la rende più salda, distillandola nel filtro dei turbamenti che travagliano la mente e l’anima di un cinquantino.
Giuseppe Marci
 
 

Sololobri.net, 9.7.2019
Palinsesto Rai: Amica Geniale, Montalbano e Ricciardi tante serie tratte da libri
Il palinsesto della Rai per il 2019/2020 è stato svelato oggi e sono tante le serie tv tratte da libri che vedremo nei prossimi mesi. Di seguito scopriamo le prime anticipazioni.

Il palinsesto Rai per la stagione 2019/2020 è stato svelato e anche per i prossimi mesi gli amanti dei libri avranno delle belle sorprese. La televisione di Stato ha infatti deciso di mandare in onda tante proposte tratte dai libri.
[...]
Una bella notizia arriva anche per gli amanti di Camilleri e soprattutto del Commissario Montalbano: nel 2020 saranno prodotti altri episodi della serie dei record! Non sono ancora stati rivelati i romanzi da cui verranno tratte le trame delle puntate, ma si tratterà almeno di due nuove proposte, che si andranno a sommare alle tante puntate di cui è stato ed è ancora protagonista Luca Zingaretti.
[...]
Chiara Ridolfi
 
 

Il Secolo XIX, 9.7.2019
"Maruzza Musumeci", miti e leggende della Sicilia più tradizionale
Cliccare qui per il filmato
La Sicilia, i suoi miti e le sue leggende, nello spettacolo Maruzza Musumeci, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri.
Pietro Montandon e l'unico attore in scena in un turbinare di ruoli e colpi di scena che escono dalla penna del papà del commissario Montalbano.
Una storia d'amore tra un emigrante tornato a coltivare la terra e una bellissima donna che nasconde un segreto: è una sirena

Genova – La penna di Andrea Camilleri torna in scena, in piazza San Matteo, attraverso lo spettacolo “Maruzza Musumeci” tratto da una dei romanzi che lo scrittore siciliano dedica alla sua amata terra e ai suoi miti.
In scena l’infaticabile e poliedrico attore Pietro Montandon che, nell’ambito del Festival In una notte d'estate di Lunaria Teatro è solo sul palcoscenico in un divertente inseguimento di personaggi e di situazioni.
E’ la storia dell'amore impossibile tra Gnazio - migrante di ritorno che, lasciata alle sue spalle l'America, decide di coltivare la terra senza più volgere lo sguardo al mare -, e Maruzza, ragazza bellissima che scopriremo essere, in realtà, una sirena.
Il tutto è ambientato a Vigata, borgo di fantasia reso celebre per essere diventato il teatro delle avventure del commissario Montalbano, qui rappresentata però in un'ambientazione a cavallo tra Ottocento e Novecento.
La storia d’amore si tinge di giallo e di mistero perché Maruzza desidera portare a compimento la vendetta delle Sirene contro Ulisse, rappresentato nella storia da un “vicino di terra” del marito.
Nel susseguirsi di colpi di scena e di misteri svelati, Maruzza Musumeci ripercorre gran parte del mito e delle leggende della Sicilia, riscoprendo, nel gusto di Camilleri, tradizioni antiche, richiami alla mitologia classica e alle storie raccontate attorno al fuoco, d’estate.
[...]
Andrea Carotenuto
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 9.7.2019
Vent’anni di libri a San Vito Lo Capo "È nata una comunità"
La rassegna. Ieri a San Vito ha preso il via la ventesima edizione di "Libri, autori e bounganville" curata da Giacomo Pilati

Era una piccola pianta dai fiori fucsia, adesso che sono passati venti anni è cresciuta ed è una vera e propria cascata di petali, iconica, simbolo indiscusso di una rassegna letteraria che ogni estate raduna un pubblico numeroso nello slargo di via Venza a San Vito lo Capo. Ieri sera una torta con venti candeline ha festeggiato l'anniversario di "Libri autori e bouganville", la rassegna letteraria ideata e curata da Giacomo Pilati e sostenuta dal Comune e dalla Pro loco di San Vito con il supporto di albergatori e ristoratori.
[…]
«Non c'è un anno nel quale non avrei voluto come ospite Andrea Camilleri», conclude Pilati pensando già alle edizioni future.
Eleonora Lombardo
 
 

La Repubblica, 10.7.2019
E poi arriverà Montalbano a salvare gli ascolti
I nuovi palinsesti Rai

Gli ascolti li porteranno le fiction — in primis il Montalbano eroe d'accoglienza — o Fabio Fazio che puntellerà alla grande Rai 2, l'interesse arriverà da certe novità di Rai 3, vedi una nuova cosa di Serena Dandini, poi c'è Fiorello sul lato Raiplay: curiosamente tecnologico, magari non proprio per giovani ma pazienza.
[...]
Ma l'impressione, dopo una estenuante presentazione di palinsesti con rarissimi squilli, è che i nuovi capi abbiano facce serene e che la missione sia compiuta: se dieci milioni poi li farà solo il Montalbano che salva migranti, pazienza, l'importante è il giorno per giorno.
[...]
Antonio Dipollina
 
 

Rai Italia, 10.7.2019
I programmi di Rai Italia
Il Commissario Montalbano | La pista di sabbia
Regia: Alberto Sironi
Cast: Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Isabell Sollman, Angelo Russo, Mandala Tayde, Giovanni Moschella, Davide Lo Verde, Marcello Perracchio, Gigio Morra, Mimmo Gennaro, Mario Puglisi

La carcassa di un purosangue, massacrata, viene scaricata davanti a casa del commissario di Vigata. Che si trova coinvolto in un’indagine dai confini particolari, che sfumano tra le corse di cavalli della nobiltà siciliana e quelle clandestine della mafia, tra onore e vergogna, amore e sesso. Un’indagine nel corso della quale Montalbano scopre che dietro la maschera più rispettabile può celarsi uno scheletro così scabroso da giustificare qualunque patto con la coscienza. Così come un crimine veniale può coprirne uno più infame. E in un quadro sempre più complesso, riempito di misteriosi attori – ladri che entrano ed escono dalla tenuta alla Marinella senza rubare nulla, il processo a carico di un picciotto che conta di avere un alibi che ancora deve passare al vaglio degli inquirenti – Salvo Montalbano ha l’occasione di perdersi tra le braccia di una donna e ritrovarsi nell’intimità di scelte sofferte.
Tratto dal romanzo La pista di sabbia di Andrea Camilleri edito da Sellerio Editore.
 
 

Gazzetta del Mezzogiorno, 11.7.2019
Iniziative. Tre giorni con studiosi da tutta Europa nella città jonica e a Matera
E così Camilleri si “incontrerà” con Montalbano
Congresso internazionale di studi

Celebrare Andrea Camilleri e la sua opera e, allo stesso tempo, offrire nuovi e innovativi spunti sulla ricerca in ambito letterario. Sono gli obiettivi principali che si sono posti gli organizzatori del congresso internazionale intitolato "Montalbano incontra Camilleri: territorio, identità culturale e letteraria" in svolgimento da domani a domenica, con dibattiti e iniziative collaterali tra Montalbano Jonico (nel Palazzo Rondinelli) e a Matera (nella Biblioteca provinciale). Un titolo volutamente evocativo, un gioco di parole sulla coincidenza tra il nome della cittadina jonica e quello del Commissario Montalbano, il personaggio amatissimo, celebrato in libri e in televisione, nato dalla penna di Camilleri, l'affermato scrittore e non solo, amato e scoperto dal grande pubblico per la celebre serie di gialli pubblicati dalle Edizioni Sellerio.
L'iniziativa si inserisce quale attività di rilievo nel contesto di "Montalbano Jonico Capitale europea della Cultura per un giorno" della Fondazione Matera-Basilicata 2019.
Ma ad organizzare l'evento congressuale è un prestigioso Ateneo spagnolo, grazie anche alla lungimiranza e presenza di tre lucani che, in quella Istituzione iberica, portano alto il nome della nostra regione. Il progetto culturale è realizzato dall'area di Filologia italiana dell'Universidad de Màlaga e, in particolare, da Giovanni Caprara, che è professore associato di Filologia italiana. È aretino di nascita ma orgogliosamente lucano nel cuore: la madre è di Tursi, mentre suo padre è di Terranova del Pollino. Col docente collaborano le ricercatrici Filomena Anna D'Alessandro e Valentina Nesi, rispettivamente di Montalbano e di Scanzano. Alle tre giornate di studi in terra lucana, poi, contribuiscono anche l'Università degli Studi di Cagliari e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Montalbano. Il Congresso, poi, rientra nell'ambito dei Seminari sugli Studi Camilleriani, giunti alla settima edizione, che ogni anno si svolgono in alcune delle più importanti Università del mondo, come quelle di Città del Messico, Parigi, Varsavia, Málaga, Cagliari e Beirut. Nell'occasione di quello in Basilicata, era previsto un contributo in video di Andrea Camilleri, ma è ancora ricoverato in ospedale, dopo il malore dello scorso giugno. Non dimentichiamo, inoltre, che ha 93 anni e, nel centro jonico, avrebbe partecipato sua figlia, Mariolina Camilleri.
"L'evento di Matera 2019 credo sia una grandissima occasione di riscatto per il popolo e la cultura lucana, troppo spesso sminuiti e trascurati - afferma il prof. Giovanni Caprara -. Camilleri ha dimostrato tutto il suo spessore quando e riuscito in un'operazione complessa e che per certi versi mi ricorda un po' il caso di Matera: quella di dar vita a processi culturali che, prendendo il via dalla letteratura, hanno creato un'unione tra il recupero e la valorizzazione di luoghi (in particolare la provincia agrigentina) e l'identità di un popolo che per quanto culturalmente abbiano regalato tanto è stato spesso relegato ai margini".
Spiega la dottoressa Filomena Anna D'Alessandro che "nostro obiettivo è di andare oltre il Congresso, sia pure di spessore, per realizzare una esperienza culturale e interdisciplinare che coinvolga interamente i partecipanti. È il senso della mostra "Camilleri a prima vista", che si compone delle copertine dei romanzi, ognuna associata a un'opera d'arte, dalle quali è possibile ricostruire gran parte della storia d'Italia. Il nesso tra territorio, storia e cultura sarà al centro del dibattito a partire dal manifesto sull'Importanza delle storia, "La Storia è un bene comune" scritto e promosso da Liliana Segre, Andrea Camilleri e Andrea Giardina". La dott.ssa Valentina Nesi, poi, evidenzia come "il sottotitolo "territorio, identità culturale e letteraria" riveste particolare importanza perché si vuole sottolineare come il territorio, nella sua accezione più ampia, sia fondamentale nel processo di costruzione identitaria e nella formazione culturale, adottando il pensiero del geografo Edward Soja che nello spazio non vede il semplice contenitore della storia la qualcosa di più".
Tra gli eventi "collaterali" al Congresso, ricordiamo, la citata mostra "Camilleri a prima vista" ideata dal giornalista Stefano Salis con i contributi critici di Salvatore Silvano Nigro e di Antonio Sellerio, dedicata alle copertine del libri di Camilleri. Domenica 14, a Matera, va in scena la prima del reading animato tratto da "Pinocchio (mal) visto dal Gatto e la Volpe", con la compagnia teatrale "Fondamenta Teatro e Teatri" e la supervisione artistica di Giancarlo Sammartano.
Enzo Fontanarossa
 
 

Girodivite, 12.7.2019
Camilleri ha deciso di non morire
“Non ho alcuna intenzione di farmi salutare da Salvini con un bacione”

Camilleri ha deciso di non morire: “Non ho alcuna intenzione di farmi salutare da Salvini con un bacione”, ha dichiarato all’infermiera Speranza. Molto preoccupati i suoi eredi.
 
 

La Repubblica (ed. di Genova), 12.7.2019
L’ascesa di Greg dal blog sul Corsera ai clienti vip

Nel percorso che porta dal lavoro in una pizzeria alla creazione di un colosso del settore della ristorazione e infine alla manette dopo un crac da 300 milioni, ci sono molte tappe e qualche punto oscuro mai del tutto chiarito.
Certo è che, anche se nel 2016 e 2017 i buoni pasto della Qui Ticket cominciavano ad essere rifiutati dai primi bar e supermercati perché i rimborsi avvenivano con ritardi infiniti, Gregorio Fogliani, riuscì anche a diventare un blogger sul sito del Corriere della Sera in una sezione che venne intitolata " Buone notizie" e aveva lo scopo di evidenziare ciò che di positivo e di solidale viene fatto in Italia.
Compagni di blog di Fogliani erano nomi illustri fra i quali Andrea Camilleri, Erri De Luca, Giobbe Covatta solo per dirne alcuni.
[...]
Marco Preve
 
 

Termoli Online, 14.7.2019
Generazione Camilleri: lettori e fan dello scrittore in ansia per la sua sorte

Termoli. L’Italia letteraria, l’Italia che ama uno dei maggiori esponenti letterari del ‘900, è con il fiato sospeso dal 17 giugno, data in cui il grande e famoso scrittore Andrea Camilleri ha avuto un malore e da quel giorno non si è più ripreso.
Camilleri, inventore del celebre personaggio “Montalbano”, è uno degli autori contemporanei più amati dai lettori italiani e non solo; numerosi i titoli che lo hanno reso famoso, non solo con i gialli ispirati al celebre commissario, ma anche testi di letteratura. Andrea Camilleri nasce in Sicilia, a Porto Empedocle, il 6 settembre del 1925. Dopo aver trascorso l’infanzia tra Roma e la Toscana, torna in Sicilia, dove nel 1943 consegue la maturità classica. Il suo esordio da artista, avviene già nel 1942, anno in cui inizia a lavorare come regista teatrale.
Si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia a Palermo, ma non arriverà alla laurea; in compenso però, nel 1949, viene ammesso all’Accademia nazionale d’arte drammatica, come allievo regista. I suoi primi racconti e poesie, vengono pubblicati tra il 1945 e il 1950, vincendo anche un Premio letterario, il Premio Saint Vincent. Il 1978 è l’anno dell’esordio in narrativa con “Il corso delle cose”, scritto addirittura dieci anni prima. Il grande successo, inizia ad arrivare dal 1980, con la pubblicazione di “Un filo di fumo”, primo di una serie di romanzi ambientati a Vigata, una cittadina siciliana immaginaria.Il primo romanzo poliziesco, con protagonista il famoso commissario Montalbano,“La forma dell’acqua”, è pubblicato nel 1994. Camilleri, oltre ad essere uno degli autori più amati della letteratura del ‘900, è anche uno di quelli più prolifici; i suoi libri, un centinaio, sono stati tradotti ed apprezzati in tutto il mondo.
La cosa che accomuna molti fan dello scrittore è che leggendolo per la prima volta, non solo non l’hanno apprezzato minimamente, ma addirittura ne hanno lasciato la lettura alle prime pagine. Ovviamente la maggior parte dei lettori ha letto i libri più famosi di Camilleri, ossia quelli ispirati a Montalbano, e come tutti sappiamo, la peculiarità che li contraddistingue è il linguaggio, una sorta di dialetto siciliano italianizzato. Ho chiesto ad alcuni di loro, cosa li avesse spinti a riprendere in mano quei libri, la risposta unanime è che, “un pilastro della letteratura contemporanea, merita necessariamente di essere letto”.
La maggior parte dei lettori da me intervistati, mi hanno riferito che a furia di leggerlo, quella scrittura dialettale, piano piano è diventata quasi familiare, tanto da immaginarsi un signore anziano siciliano, magari con un sigaro in bocca, intento a raccontare loro la storia. Molto apprezzata la credibilità delle storie, schiette e senza nessuna apparenza. Nonostante si percepisca la sofferenza di quella terra, c’è quella vena umoristica che rende piacevole e gradevole la lettura. Diciamoci la verità, non si possono immaginare le storie di Camilleri scritte in italiano, perderebbero non solo di fascino, ma anche di quella emozione che si ha nel leggerle; e poi non sarebbe stata la stessa cosa se al posto dei “Cardascioso”, “Cimiare”, “Garrusiare”, e tantissimi altri termini pittoreschiche abbiamo imparato a conoscere, ci fossero stati termini di linguaggio corrente. Gli ultimi aggiornamenti, parlano di condizioni stazionarie, tuttavia tempo fa, Camilleri aveva dichiarato che Montalbano avrà una fine.
Il tutto è già pronto, ma vedrà la luce solo quando Camilleri non ci sarà più, è sua volontà che debba uscire postumo. Incrociamo le dita che questo ultimo libro, possa uscire il più tardi possibile.
Chiara Gabriele
 
 

La Repubblica, 14.7.2019
Le tribù dei talk show Dimmi cosa guardi ti dirò con chi stai

Nelle botteghe dove nasce la tv si scrutano sempre gli indici d'ascolto perché vogliono dire soldi. Ma in quella immensa massa di scelte del pubblico sovrano è possibile anche ricercare "chi" siamo", trovare cioè nessi fra le scelte di tv e l'insieme delle idee che si agitano nelle teste. Guardando, a questo fine, a "chi" e non solo "quanti" scelgono tra i programmi.
Vediamo, ad esempio, com'è fatto il pubblico che comprende chi, come noi, più spesso si interessa ai talk politici in prima serata.
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Ed ecco i risultati. Chi segue con costanza Diritto e Rovescio di Rete 4, non solo si guarderà sulla stessa rete Quarta Repubblica e Stasera Italia, ma per passare ad altro corre su Canale 5 per Amici di Maria De Filippi, Live - Non è la D'Urso, oppure La sai l'ultima? con Greggio. Questi spettatori prendono solo saltuariamente qualcosa fuori dal perimetro di Mediaset, al massimo Ballando con le stelle e La Corrida. E quel che più colpisce è che trascurino del tutto, fra i venticinque titoli più visti, le avventure di Montalbano che pure è un mostro sacro dell'ascolto, una sorta di Sanremo della fiction.
Tutt'altra storia tra gli spettatori di La7. Quelli di Otto e Mezzo, Piazza Pulita, Dimartedì quando scelgono altro si volgono alla Rai e mettono in cima a tutto proprio Il commissario Montalbano, easeguire Che tempo che fa e Report. È totale l'assenza del mondo Mediaset.
Il pubblico di Cartabianca (Rai Tre) preferisce servirsi in casa Rai, mobilitandosi per Montalbano e Fazio, e aggiungendoci la Milly di Ballando con le stelle. E anche qui Mediaset non figura affatto.
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Stefano Balassone
 
 

Il Foglio, 16.7.2019
Piccola posta
Camilleri e Caino
Ieri a Caracalla, quello che doveva essere, quello che è stato

Ieri, 15 luglio, Andrea Camilleri avrebbe detto a Roma, a Caracalla, la sua difesa di Caino. Sarebbe stata una sera memorabile. Lo è stata anche così.
Adriano Sofri
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.7.2019
Quando Sciascia e Pirandello sentivano la voce della luna
E la luna bussò ispirando gli scrittori
Dal Ciàula di Pirandello alle "Esequie" di Piccolo: fascino e mistero secondo gli autori siciliani

Quando dall'immaginario collettivo la Sicilia trasloca nelle pagine degli scrittori, si mostra meno come "Isola del sole", per dirla con Luigi Capuana, assurgendo invece a terra della luna. A tal punto questo astro ha calamitato l'immaginario di poeti e romanzieri isolani da agevolare, in letteratura, la nascita di una vera e propria costellazione lunare, che a maggior ragione brilla meglio adesso, in prossimità del cinquantesimo anniversario del primo sbarco dell'uomo sul satellite più misterioso e contemplato della Terra.
[…]
Entrano a pieno merito in questa costellazione lunare almeno altri due autori, questa volta contemporanei: Silvana Grasso e Andrea Camilleri. […] Di Andrea Camilleri ricordiamo "La luna di carta" (2005) della saga di Montalbano: «Quann'era picciliddro, una volta so patre, per babbiarlo, gli aveva contato che la luna 'n cielu era fatta di carta» leggiamo a proposito del commissario di Vigàta, ingannato questa volta da due donne troppo fascinose; e poi "La rivoluzione della luna" (2013), romanzo sospeso tra realtà storica e invenzione che racconta di Eleonora di Mora, governatore donna nella Sicilia del Seicento, la quale mostrava una freddezza come di luna.
Non a caso rimase al comando per ventotto giorni, quanti ne impiega il satellite per compiere il giro dello Zodiaco.
Salvatore Ferlita
 
 

La Sicilia, 16.7.2019
Zingaretti si "sdoppia" per Montalbano
Protagonista-regista. L'attore prende per mano la fiction dei record e dirige gli episodi al posto di Sironi che ha dovuto lasciare per motivi di salute. La squadra è già al lavoro per girare nel celebre set del Ragusano
La produzione (Rai Fiction e Palomar) ha preferito giocare in casa per garantire una continuità

L'oleatissima macchina tecnico-artistica della fiction del commissario Montalbano non si può fermare, anche se manca il motore, cioè il regista.
Nella fattispecie Alberto Sironi, valoroso director della detective story più amata dagli italiani, ha dovuto lasciare per motivi di salute, sicché la produzione ha cercato un sostituto, un uomo di cinema e televisione all'altezza della situazione, uno che sapesse tenere le redini di un pur affiatato cast di attori e di tecnici; un professionista in grado di proseguire al meglio il lavoro certosino, intelligente, dalla perfetta "alchimia" di Sironi, certamente degno d'essere paragonato al suo maestro Mario Landi che negli anni '60 diresse con straordinario successo, fra gli altri, gli sceneggiati del commissario Jules Maigret creato dalla penna di Georges Simenon.
Invece di andare a cercare tra i registi emergenti e comunque più accreditati, la produzione (Rai Fiction e Palomar) ha preferito non allungare il passo più di tanto, restando in casa, ovvero nell'ambito del team, della "formazione" che ha saputo rendere celebre il poliziotto di Vigàta coniato dalla penna di Andrea Camilleri.
E così, dopo attenta valutazione dei papabili, la scelta è caduta su quello ritenuto maggiormente capace di continuare il magnifico operato di Sironi. Il quale ha ceduto il passo proprio al suo pupillo, un attore di solidissima formazione classica che ha fatto molto teatro, televisione e anche cinema (quest'ultimo in misura minore soltanto per via di numerosi impegni sul palcoscenico e sul piccolo schermo).
Il nuovo regista di Montalbano è proprio lui, Luca Zingaretti, quel Salvo Montalbano duro e rude ma con un'anima; quel golosone amante della buona cucina, della Norma gustata nella capiente zuppiera; ghiotto degli arancini della "cammarera" Adelina e non insensibile al fascino muliebre.
Di belle ragazze dai grandi occhi neri la Sicilia è piena, e il nostro sbirro dal fascino magnetico, non di rado cede alle malizie di procaci figliole e di irrequiete signore, tornando però sempre all'ovile, ovvero dalla bionda e passionale Livia, l'amore di sempre, l'eterna fidanzata.
La "squadra" di Montalbano ora capitanata dal severo quanto capace Zingaretti è al lavoro da mesi nelle location ben note del Ragusano, dove si stanno girando tre nuovi episodi della fortunatissima serie.
I commenti sul nuovo regista di Montalbano sono quasi unanimi: «Fuori dal set Luca è un compagnone, scherza, gioca a pallone, si gode il mare verde smeraldo, ma quando lavora non ammette negligenze, è rigoroso ed esigente».
E fa bene. Per realizzare un buon prodotto bisogna dare il massimo.
Mario Bruno
 
 

DavideMaggio.it, 16.7.2019
Rai 1 contro Canale 5, autunno 2019: le sfide sera per sera

I palinsesti sono stati presentati, la sfida è ormai lanciata. Rai e Mediaset da settembre torneranno a ‘battagliare’ per la leadership d’autunno, con Rai 1 e Canale 5 in primo piano a giocarsi il ruolo di rete più seguita. Il prime time sarà un ring particolarmente acceso e non si escludono ‘colpi bassi’. Uno su tutti? Lo strareplicato Montalbano piazzato contro la novità Amici Vip.
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Lunedì
Su Rai 1 troveranno spazio di lunedì, fin dai primi di settembre, le repliche de Il Commissario Montalbano. Poi, dal 25 novembre, l’esordio della serie Rocco Schiavone 3, promossa sulla rete ammiraglia da Rai 2.
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Fabio Fabbretti
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
È morto Andrea Camilleri, papà di Montalbano, scrittore e maestro nato per raccontare storie
Il grande scrittore siciliano, autore della fortunata serie di romanzi sul commissario di Vigata, è morto oggi a 93 anni. Dai romanzi al teatro fino alle prese di posizione sulla politica, l'Italia piange uno dei suoi più grandi autori contemporanei

E' morto Andrea Camilleri. "Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto passare tra il pubblico con la coppola in mano". Così rispondeva Andrea Camilleri a chi gli chiedeva come mai a 93 anni non si fosse ancora deciso ad andare in pensione, come mai nonostante gli occhi che da tempo si erano spenti, continuasse a impastare realtà e fantasia in quella sua lingua eccezionale, il vigatese, che non aveva alcun corrispettivo nella realtà ma che finiva per essere più concreta che mai. Non si può smettere di fare ciò per cui si è nati. E il Maestro siciliano, morto stamattina a Roma, era nato per raccontare storie.
Lo faceva a dispetto degli anni e della malattia, lasciandosi guidare sulla pagina bianca dalla sua fedele assistente, Valentina Alferj, depositaria della lingua e dei segreti di Montalbano. Lo faceva salendo sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa per impersonare Tiresia, l'indovino tebano cieco che compare già nell'Odissea per indicare a Ulisse la via del ritorno. Un personaggio scelto per affinità elettive, cieco eppure in grado di fare luce con le proprie parole. Lo faceva anche in questi ultimi giorni, mentre preparava il suo debutto alle antiche Terme di Caracalla, con lo spettacolo Autodifesa di Caino. E lo faceva, soprattutto, dando corpi e misteri in pasto a Salvo Montalbano, il personaggio che ha accompagnato i suoi ultimi 25 anni di vita.
Era il '94 quando Sellerio portava in libreria La Forma dell'Acqua, primo romanzo della serie incentrata sulle indagini del commissario siciliano. Romanzo dopo romanzo, ne sono usciti trenta, Montalbano - di cui Camilleri parlerà sempre come se fosse vero e vivente, quasi un suo alter ego - ebbe così tanto successo da spingere nel territorio del giallo anche chi, prima di lui, non aveva alcuna dimestichezza con il genere.
Ospite fisse del vertice delle classifiche librarie, deve il suo nome allo scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban che di Camilleri fu grande amico e la sua longevità a Elvira Sellerio: avrebbe dovuto terminare la sua carriera con il secondo romanzo, Il cane di terracotta, ma l'editrice richiamò lo scrittore per chiedergli quando sarebbe arrivato il terzo libro. Lui rispose mai, lei oppose il resoconto delle vendite. Fortunatamente per i lettori, l'ebbe vinta Sellerio e Camilleri continuò a scrivere. Conservò intatta la sua passione per le indagini mnemoniche, ma cambiò le carte in tavola, introducendo nuovi personaggi e iniziando a sporcare le storie con la realtà: il G8 di Genova, l'immigrazione, la corruzione sugli appalti pubblici... Ben poche miserie umane e italiane sono rimaste estranee alle indagini di Montalbano così come, un romanzo dopo l'altro fino a Il cuoco dell'Alcyon, uscito il 30 maggio e già in testa alle classifiche, si fece strada la paura della vecchiaia. Il commissario, appena cinquantenne, iniziò a interrogarsi sul mondo che lo circondava: era ancora in grado di comprenderlo? E fino a quando?
Dubbi che Camilleri ha condiviso con il suo personaggio, in una dialettica tra vita letteraria e reale che ha pochi uguali nella storia del giallo. Camilleri si interrogava sull'Italia e rispondeva senza sottrarsi ai temi politici più scottanti. Recentemente aveva criticato Matteo Salvini per il suo comizio con il rosario, sollevando uno scandalo tra quanti vorrebbero che uno scrittore si limitasse ai suoi romanzi, ma confermando quello che i suoi lettori sanno da sempre: il maestro scriveva e diceva solo ciò che pensava.
A testimoniarlo nella sua lunga bibliografia, anche un bellissimo libro-confessione affidato a Saverio Lodato - La linea della Palma - in cui si abbandonava ai ricordi di una vita, dalla Sicilia durante il regime fascista alla Liberazione, dall'impegno come militante del Pci all'opposizione morale a Silvio Berlusconi, dalla mafia - che ammetteva di tenere ai margini dei gialli per non eleggerla ad arte - ai problemi della giustizia.
Parlava anche dei suoi difficili esordi come uomo di spettacolo: prima aiuto-regista di Orazio Costa dopo un turbolento apprendistato all'Accademia d'arte drammatica a Roma, e in seguito regista in proprio, oltre che per trent'anni funzionario Rai addetto alla prosa radiofonica e produttore in televisione di pièces teatrali.
Quando parlava della sua vecchiaia, pur sottolineando le difficoltà di un corpo che non rispondeva più alla velocità della mente, non si lasciava mai andare a rimpianti o paure. Appariva sereno, la voce arrocchita dalle migliaia di sigarette fumate, i ricordi dell'infanzia nitidi davanti agli occhi. La chiamava presbiopia della memoria, diceva che con la vecchiaia l'infanzia precipitava addosso. Ricordava la grande casa dei nonni a Porto Empedocle, la solitudine di un bambino che cresceva coltivando un talento da affabulatore, il gusto per il dettaglio, l'attenzione al particolare. Caratteristiche che da adulto porterà nella sua professione - sceneggiatore, regista e drammaturgo, ben prima che giallista.
La sua carriera da scrittore iniziò infatti in sordina, con la pubblicazione de ll corso delle cose nel 1978 e continuò in tutti questi anni alternando ai romanzi storici, tra cui il formidabile Birraio di Preston, i gialli di Montalbano. Continuerà anche domani: c'è un altro Montalbano in attesa di essere pubblicato. Andrea Camilleri lo scrisse anni fa e lo consegnò a Sellerio perché lo conservasse in cassaforte con l'obbligo di pubblicarlo solo dopo la sua morte. L'uscita di scena del commissario, il suo addio definitivo alla vita letteraria, non avverrà con un colpo di pistola e neppure davanti all'altare, con buona pace di chi aspetta da un quarto di secolo che convoli a nozze con Livia.
Montalbano ci lascerà nel momento in cui comincerà a pensare al suo doppio, cioè a Luca Zingaretti l'attore che in vent'anni ha portato le sue indagini davanti a più di un miliardo di spettatori. Come questo avverrà è tutto da leggere. Nell'attesa non ci resta che ringraziare Camilleri per il suo ultimo colpo di teatro, il regalo di un uomo che ha sempre vissuto come voleva, circondato dalle parole. E che se ne è andato così come sognava: raccontandoci storie.
Stefania Parmeggiani
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
Addio Camilleri, maestro di ironia e sensibilità: per sempre giovane nel cuore dell'Italia
Lo scrittore è scomparso a 93 anni. Il mondo della cultura, dello spettacolo e dei tantissimi cittadini che sono cresciuti con i suoi racconti lo piangono

Lavorava nel suo studio, tra coppole, ritratti, omaggi, foto della famiglia Sellerio cui era legatissimo (il giovane Antonio ragazzino con la chioma rossa), lo sciroppo per la tosse sulla scrivania accanto al posacenere pieno di cicche. Andrea Camilleri non finiva di fumare una sigaretta che ne accendeva un'altra. La scorta era custodita in un armadietto nel corridoio. Era un piacere ascoltarlo. All'inizio incuteva anche un certo timore, il vocione e la risata piena, poi scoprivi una persona attenta, sensibile, curiosa. Giovane. Memoria pazzesca, ironia caustica. Quando ha compiuto 90 anni e lo hanno celebrato nella strada in cui abita, in Via Asiago a Roma, a due passi dalla sede degli studi radiofonici della Rai, era sceso accompagnato dall'ex presidente della Rai Monica Maggioni e dalla sua storica assistente Valentina Alferj. "Mi sembra troppo esagerato, non vi pare?". Prima richiamato a gran voce, tutti con il naso all'insù verso il balcone illuminato. "Ma lasciamo stare i discorsi dai balconi" scherzava, poi si era lasciato andare all'abbraccio della folla. "Il bene che mi volete è ricambiato". Era stata una festa pubblica e privata.
Ancora si poteva incontrare per il quartiere Prati, quando faceva la passeggiata fino al mercato per fare la spesa. "Poi quando ho perso la vista non ci sono più potuto andare" raccontava, "e mi dispiace, ma la gente per me ha un affetto commovente. Una signora che non mi ha più visto, mi lascia il ciambellone fatto in casa dal portiere. Una volta alla settimana un'altra mi porta la caponatina. Mia moglie Rosetta viene indicata: 'Vedi? Quella è la moglie di Montalbano'". Ridacchiava. La gratitudine per lo scrittore, creatore del commissario più amato e coscienza civile, era grande. La popolarità, spiegava, agli inizi lo sorprendeva "poi ho capito che è bello confrontarsi con i fan irriducibili che ne sanno più di te, anche se mi sono successe le cose più strane. Le donne sono lettrici avide, mi rimproverano per Livia. La situazione più curiosa? Una signora, dopo la presentazione di un libro, mi ha chiesto: 'Le posso accarezzare le sopracciglia?'". Rideva di gusto. "Cose dell'altro mondo". Con la moglie Rosetta, una vita insieme, aveva un rapporto di complicità. Quando la signora chiedeva: 'Posso offrire qualcosa?', lui strizzava l'occhio: 'Mai accettare caramelle dalle sconosciute'. Ci teneva a mantenere una certa autonomia, raccontava con orgoglio che nessuno doveva disturbarlo la mattina, quando si faceva la barba. "Mi devo radere da solo, quando esco voglio essere in ordine".
Venticinque milioni di libri venduti, per la serie di Montalbano su Rai 1, in vent'anni un miliardo di spettatori, ma la cosa che l'aveva reso "pienamente felice" era stato il debutto al teatro Greco, l'anno scorso - era l'11 giugno - quando portò in scena il mito di Tiresia. Aveva recitato come attore, da solo in scena. "Ora mi chiederanno di andare a Hollywood?", scherzava col produttore Carlo degli Esposti, suo complice in un'operazione che sulla carta sembrava complicatissima. Invece Camilleri non aveva perso un colpo, e Alferj, pronta a suggerire una frase, una parola, una battuta, non era mai dovuta intervenire.
La cosa che l'aveva colpito era stato il silenzio. "L'unico momento di vera tensione, quasi di spavento, è stato proprio quel silenzio iniziale in cui malgrado avessi un orecchio tappato dall'auricolare per ricevere i suggerimenti - di cui non ho avuto bisogno - sentii le cicale. Ho pensato: non è possibile, sto cominciando a dare i numeri. Quella sera gli animali hanno avuto una parte", spiegava. "In camerino ho sentito qualcosa che mi sfiorava le gambe: era un gatto, che poi ha attraversato il palcoscenico mentre parlavo ed è venuto a salutarmi alla fine. Quello per me era il Genius loci". Non aveva mai avuto dubbi sull'idea di andare in scena: "Quando Roberto Andò ha parlato con la mia curatrice Valentina Alferj ho detto subito di sì, l'ho considerata una sfida con me stesso, con la memoria e i miei 90 anni passati: è stato un modo per assicurarmi di essere vivo". Preparava il ritorno in scena con Autodifesa di Caino il 15 luglio alle Terme di Caracalla. Non ha mai avuto paura di vivere, diceva di non avere paura di morire. Ci mancherà.
Silvia Fumarola
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
Addio Camilleri, ogni nuovo Montalbano sarà sempre una festa in tv
Anche dopo vent'anni e 34 film qualcosa di soprannaturale accade con il commissario di Vigata. Chissà fra tre, cinque, dieci anni la festa si trasformerà in una celebrazione, sarà tre volte Natale o qualcosa del genere. E grazie a Camilleri anche per questo

Montalbano, quello della tv, non finirà mai. Andrea Camilleri idem: 34 film-tv trasmessi finora dal 1999, Luca Zingaretti e l’intera banda in Sicilia a girare i nuovi episodi, Michele Riondino pronto a rivestire i panni del giovane Montalbano (forzatura? Per niente, film ben fatti e grandi ascolti anche in questo caso). Per tacere dei romanzi storici – l’ultimo è stato La stagione della caccia, Sicilia fine '800, attori non famosi, sette milioni di spettatori: è una magia che non ha senso interrompere, quella di Camilleri e della sua fluviale produzione pronta a essere portata in tv, negli anni, lustri, decenni a venire. E nessuno la interromperà: fanno fede i film-tv di Rai 1 in zona Vigata – volati anche a undici milioni di spettatori – ormai talmente collaudati nella struttura, ormai così da identificazione totale da parte del pubblico, da far funzionare, tramite adattamento, anche il racconto più breve e trasformarlo in appuntamento totale per i telespettatori.
Fanno fede anche certi episodi magari meno riusciti della sterminata produzione: affidati alla produzione Palomar, convocato Luca Zingaretti, rimessa la divisa addosso ad Angelo Russo (ovvero Catarella, uno che nella vita si veste con cose hawaiane e poi va a Ballando con le stelle) il più è fatto, la gente si fida a prescindere, sa che al momento giusto riderà per quella scena o vibrerà di indignazione per le malefatte dei cattivi, che solo Camilleri riusciva a tratteggiare cattivi in quel preciso modo. E poi le donne di Sicilia assolata, la fidanzata del commissario che cambia attrice, i paesaggi, la terrazza a mare e il caffè con la moka, le nuotate e così via.
E dire che all’alba del secolo, nonché millennio, ci si chiedeva se potesse durare, vista la scelta di prendere il commissario che sulla carta era sì il contrario dell’hard-boiled e ogni tanto impacciato ma mai come nella incarnazione tv di Zingaretti: e metterlo al centro di un impianto favolistico, in una Vigata inconcepibile, mai un automobile per strada, mai un estraneo che ti urta mentre cammini, solo gli attori che servono alla vicenda, come a teatro. Per non dire di lui, il commissario, che in lontani episodi da collezionista a un certo punto si pettina pure. E invece, anno dopo anno, si consolida il top assoluto di ascolti e affezione per il pubblico televisivo: non è esistito niente di lontanamente paragonabile, negli ultimi vent’anni da quelle parti.
E quando arriva l’episodio nuovo e inedito è anche facile: ma parliamo delle centinaia di repliche, più e più volte repliche, e ogni volta al massimo, ma proprio a essere precisini, si assentava al massimo il 10 per cento del pubblico? Qualcosa di soprannaturale, altroché.
E appunto, siccome bisogna consolarsi – eccome – per la perdita di una simile luce, di civiltà, gusto e intelligenza e soprattutto modo di porsi quando si offriva al pubblico, meglio farlo pensando alle prossime cose televisive. Come detto, non solo Montalbano, ma soprattutto Montalbano: finora, a ogni prima tv, era una festa per il popolo telespettatore. Chissà fra tre, cinque, dieci anni: c’è un nuovo Montalbano in tv, la festa si trasforma in una celebrazione, sarà tre volte Natale o qualcosa del genere. E grazie a Camilleri anche per questo.
Antonio Dipollina
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
Morto Camilleri, le lacrime per l'addio. Luca Zingaretti: "Addio maestro e amico"
Le reazioni alla notizia della scomparsa dello scrittore siciliano. Il dolore dell'attore che ha interpretato il suo Montalbano nella serie tv

La commozione per la notizia della morte di Andrea Camilleri si è subito trasformata in un fiume di reazioni. Eccone alcune, a partire da quella dell'attore che ha dato un volto al protagonista dei suoi romanzi, trasformando il commissario Montalbano in una figura familiare per milioni di italiani.
In un post su Instagram, Luca Zingaretti ha salutato così lo scrittore: "Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò, anche da solo, nella mia testa, 'Montalbano sono!' dovunque te ne sia andato sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l'occhiolino in segno di intesa, come l'ultima volta che ci siamo visti a Siracusa. Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve! Tuo Luca".
"Lo ricordo bene come era, già allora con un'eterna sigaretta in bocca. Il romanzo non ebbe bisogno di nessun editing particolare, Camilleri scriveva molto bene e fece tutto da solo", ricorda Fioranna Casamenti Lalli, anima della Lalli Editore che pubblicò nel 1978 il primo romanzo di Camilleri, "Il corso delle cose", diventato uno sceneggiato tv trasmesso l'anno dopo dalla Rai: "Ci venne presentato da una nostra collaboratrice e mio marito si entusiasmò, con lui si instaurò un ottimo rapporto".
"Un talento poliedrico, nato per raccontare storie e capace di spaziare dalla letteratura alla regia, dall'essere autore di primo piano tanto in ambito televisivo quanto teatrale. Per la cultura italiana una perdita immensa", dice Carlo Fontana, Presidente dell'Agis.
"Un affettuoso arrivederci ad Andrea Camilleri. Il commissario Montalbano ha svelato tanto del nostro lavoro mettendo in luce l'umanità dei poliziotti sempre al servizio delle comunità. Ci mancherà Maestro", twitta la Polizia.
"Grazie, Andrea Camilleri. La tua voce ci aiuta a vedere il nostro tempo e la tua passione ci accompagna nel fare la nostra parte perché il nostro mondo e la nostra Italia sia più sana, sia migliore", twitta il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro.
"Con la sua scrittura, la sua passione, i suoi racconti ha regalato a tutti noi memorabili, straordinarie e uniche occasioni di lettura appassionante e mai banale. Il mondo del libro e la cultura italiana perdono una grande e specialissima personalità. La sua curiosità dell'uomo resterà viva attraverso le sue pagine sempre intelligenti e cariche di umanità", lo ricorda Ricardo Franco Levi, presidente dell'Associazione Italiana Editori.
"Addio ad Andrea Camilleri, papà di Montalbano e narratore instancabile della Sicilia". Così, attraverso un tweet, l'ultimo saluto di Matteo Salvini allo scrittore siciliano.
"Una triste notizia per la Sicilia, che perde un suo figlio, e per l'Italia, che vede andarsene un suo magnifico maestro di vita. Addio Andrea Camilleri, ci mancherai", twitta il vicepremier Luigi Di Maio.
"Oggi scompare una voce unica e meravigliosa. Con i suoi romanzi e con la sua presenza pubblica, è stato capace di suscitare un sentimento di vicinanza quasi familiare in una moltitudine di persone, scrive in una nota il segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti.
"Con infinita tristezza scrivo queste parole per ricordare Andrea Camilleri. Un uomo gentile, coraggioso e generoso. Un intellettuale col cuore. Una persona limpida la cui onestà ci ha fatto da guida e ci ha consolato. Da oggi siamo tutti più soli", scrive Fabio Fazio su Twitter.
"L'italia perde uno dei suoi ultimi veri intellettuali, un uomo che leggeva e interpretava la complessa realtà contemporanea con gli strumenti creativi delle arti e della critica. Come tutti i grandi ha saputo creare un mondo e farne metafora universale. La potenza di Camilleri deve essere ancora recepita in tutta la sua coerenza, al di là delle opere che giustamente gli diedero larga fama di pubblico", dice la scrittrice Tatjana Rojc: "La sua lezione civile si è collocata nella grandissima tradizione dei maestri del nostro mezzogiorno, di cui ha definito la bellezza e le ombre, e da cui ha guardato il mondo cogliendone l'essenza tragica".
"Sgomento e dolore per la morte di una persona di famiglia", dice Ida Carmina, sindaca di Porto Empedocle, il paese della provincia di Agrigento di cui Camilleri era originario: "E' un paese piccolo, ma un mondo speciale che ha ispirato Andrea. E' la sua e nostra Vigata", città immaginifica del commissario Montalbano e secondo nome di Porto Empedocle.
"Un grande uomo di cultura che ha educato alla lettura donne e uomini di tutto il mondo. Un grande italiano", scrive Matteo Renzi su Twitter.
"Grande dispiacere per la scomparsa del Maestro. Raccontando la sua terra, la Sicilia, ha raccontato l'Italia intera, le sue contraddizioni e il suo immenso patrimonio di storia, cultura, umanità. L'abbraccio di Roma alla famiglia e a chi ha amato le sue storie", twitta la sindaca di Roma, Virginia Raggi.
"Andrea Camilleri è stato un grande uomo e un grandissimo scrittore di romanzi e ha avuto il meritatissimo successo della serie televisiva di Montalbano. Io l'ho conosciuto e la sua umanità, affetto e generosità non soltanto verso di me ma anche nei confronti di mio figlio Giorgio, che è disabile, sono state commoventi e costanti. E' stato un grande italiano e un grandissimo scrittore e un vero amico", dice la scrittrice Simonetta Agnello Hornby.
"La scomparsa lascia un grande vuoto nella cultura italiana. Montalbano, la Sicilia e non solo: grazie alla sua capacità di raccontare il mondo con ironia, dolcezza e spirito critico, ha avvicinato tanti italiani alla lettura. Alla sua famiglia il mio cordoglio", twitta il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli.
"Camilleri ci ha lasciato tutti orfani. Da oggi, il nostro Paese sarà più povero: ci mancheranno il suo genio letterario, la sua superiore intelligenza, la sua grande umanità. Ci resteranno per sempre le sue opere e il suo pensiero che hanno arricchito la cultura della nostra Italia e che ne rendono immortale la sua maestria e il suo valore", afferma il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.
"Addio maestro. Il commissario Montalbano oggi è rimasto orfano e tutto il Paese ha perso uno scrittore in grado di appassionare e divertire. Andrea Camilleri è riuscito a rispondere con ironia e schiettezza al bisogno di legalità degli italiani", twitta Mara Carfagna, coordinatrice nazionale di Forza Italia e vicepresidente della Camera.
"Ciao comandante. Hai condotto tante lettrici e lettori, tante cittadine e cittadini, su preziosi sentieri di cultura, passione democratica, partecipazione. Di vita civile. Ti terremo nel cuore e nella coscienza", scrive su Facebook l'Anpi, Associazione nazionale partigiani d'Italia.
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
Luca Zingaretti: "Addio Camilleri, maestro e amico"
Il post dell'interprete del commissario in tv: "So che ogni volta che dirò 'Montalbano sono' sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l'occhiolino in segno di intesa"

"Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò, anche da solo, nella mia testa, 'Montalbano sono' dovunque te ne sia andato sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l'occhiolino in segno di intesa, come l'ultima volta che ci siamo visti a Siracusa. Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve". Così Luca Zingaretti, da oltre vent'anni volto del commissario Montalbano nella serie più amata della tv italiana, saluta in un lungo post su Instagram lo scrittore Andrea Camilleri, scomparso oggi all'ospedale Santo Spirito di Roma dove era ricoverato da tempo.
"E alla fine mi hai spiazzato ancora una volta e ci hai lasciato" scrive Zingaretti. "Nonostante le notizie sempre più tragiche, ho sperato fino all'ultimo che aprissi gli occhi e ci apostrofassi con una delle tue frasi, tutte da ascoltare, tutte da conservare".
 
 

La Repubblica, 17.7.2019
Fiorello: "Voglio ricordare Camilleri con il sorriso"

"Buon viaggio Maestro. La voglio ricordare così, con il sorriso". Fiorello sui social sceglie di ricordare Andrea Camilleri pubblicando un video del 2008 in cui lo scrittore si era prestato a fare con lui e Marco Baldini un piccolo spot - all'insegna dell'ironia e del divertimento - per la trasmissione radiofonica Viva Radio 2.
Nel video, girato negli studi della Rai, Fiorello cerca di convincere Camilleri a girare lo spot, scatenando le risate della troupe e dello scrittore e mostrando anche lo spot poi girato in bianco e nero. Che si chiude con l'immancabile imitazione dello stesso Fiorello.
 
 

Repubblica Tv, 17.7.2019
Morte Camilleri, il cordoglio sui social. Luca Zingaretti: "Eri lo spirito critico del paese"
Morte Camilleri, il cordoglio sui social. Saviano: "Grazie per esserti sempre schierato"

Dai personaggi del mondo dello spettacolo fino al Teatro La Fenice: sui social sono in tanti a ricordare Andrea Camilleri, morto all'età di 93 anni dopo una lunga malattia. Uno dei primi a ricordare il Maestro siciliano è stato Fabio Fazio, che più volte lo ha ospitato a 'Che tempo che fa'. L'Italia piange il 'papà' del commissario Montalbano, uno dei suoi più grandi autori contemporanei.
 
 

Repubblica Tv, 17.7.2019
Addio Andrea Camilleri, De Cataldo: "I gialli, la lingua, la Sicilia di un grande 'cuntastorie'"

Andrea Camilleri è morto a Roma all'età di 93 anni. Raffaella De Santis e Giancarlo De Cataldo ricordano il grande scrittore siciliano, dal personaggio di Montalbano alla Sicilia, alla radio e al teatro. La lingua e il dialetto, il senso del ritmo e il racconto delle storie.
A cura di Alfonso Desiderio,
montaggio e musica di Gipo Gurrado

 
 

Repubblica Tv, 17.7.2019
Morte Camilleri, Don Ciotti: "Senza di lui il nostro cielo è un po' più buio"

"È stato un grande scrittore, uomo saggio, integro, di profonda e palpabile umanità. Ci mancherà la sua parola, il suo ragionare pacato e lucido, la sua fede incrollabile nella capacità umana di costruire bene e giustizia. Tanto più preziosi in questi anni di varia disumanità". Inizia così l'audio commosso di don Luigi Ciotti in ricordo dall'amico scrittore Andrea Camilleri morto al San Camillo di Roma dopo un infarto e un mese di rianimazione.
 
 

Repubblica Tv, 17.7.2019
Morte Camilleri, un minuto di silenzio nell'Aula del Senato

L'Aula del Senato ha osservato un minuto di raccoglimento in memoria di Andrea Camilleri. Il Maestro, ha detto la presidente Elisabetta Casellati, "ha voluto fino all'ultimo regalarci opere indimenticabili che rappresentano un'eccellenza assoluta della letteratura contemporanea. Nella sua vita è stato tante cose: scrittore, autore televisivo, sceneggiatore, insegnante, divulgatore. E sempre i tratti dell'unicità, della fantasia e dell'originalità ne hanno caratterizzato le opere. Ha fatto conoscere al mondo - ha aggiunto Casellati - la sua Sicilia. I profumi, i sapori, le atmosfere uniche di Vigata e del commissario Montalbano rappresentano un vero e proprio filone culturale che ha giustamente avuto negli anni un ineguagliabile successo, sia in libreria, sia in televisione. Le sue prese di posizione, anche relative al dibattito pubblico, hanno sempre messo in primo piano l'amore per l'Italia e per il suo territorio. A partire dalla difesa dell'ambiente e del patrimonio storico e culturale. E proprio la sua impronta costituirà un ulteriore tassello della cultura italiana". Al termine del minuto di raccoglimento c'è stato un lungo applauso.
Video: Senato Tv
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.7.2019
"Il futuro sotto l'albero Falcone", la firma di Camilleri nel nostro primo numero
Lo scrittore battezzò il 29 ottobre del 1997 l'edizione siciliana di Repubblica

"Un cambiamento sostanziale e fondamentale è in atto. Qualcosa capace di modificare carattere e comportamento di noi siciliani. Fenomeno che risulta più evidente a chi, non vivendo nell'Isola, vi ritorna dopo più o meno lunghe assenze. Difficile da spiegare, cercherò di farlo ricorrendo a un esempio, come dire, storico". Sono parole di Andrea Camilleri, che si riconoscono in un istante per il suo uso magistrale della memoria come chiave per spiegare, narrare e interpretare il presente che viene fuori nei suoi romanzi storici che confessò più volte di preferire al suo amato commissario vigatese.



Un fondo pubblicato nel primo numero dell'edizione siciliana di Repubblica che arrivò in edicola il 29 ottobre 1997. Palermo si era appena lasciata alle spalle la stagione delle stragi di mafia e Camilleri in quelle righe identificò nell'atteggiamento dei siciliani, della gente, nei confronti della mafia, il vero cambiamento che si stava registrando in Sicilia. Non solo nella lotta alla criminalità ma nella crescita complessiva della regione. Un diverso atteggiamento nei confronti di mafia e mafiosi simile a quello che lui utilizzò nel modo di trattarla proprio nei suoi romanzi di successo.
Nel suo articolo, sviluppò un ragionamento partendo dal ricordo diretto dei giorni successivi all'uccisione del bandito Giuliano per arrivare a quell'ottobre del 1997. Dopo vent'anni nel numero speciale del giornale il suo ricordo di quel primo numero. "Ricordo l'entusiasmo di quando seppi di questa nuova impresa e mi proposero di collaborare vent'anni fa. Ecco vi auguro di potere continuare a lavorare ancora a lungo con lo stesso entusiasmo".
Gioacchino Amato
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.7.2019
Palermo, Santo Piazzese ricorda Camilleri, l'audio intervista

Lo scrittore Santo Piazzese dice di aver dovuto prendere le distanze dal punto di vista letterario per cercare di differenziarsi e ricorda l'ultima volta che l'ha sentito.
Di Mario Di Caro e Silvio Puccio
Video Palermo

 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.7.2019
Palermo, Emma Dante ricorda il maestro Camilleri: "Mi manca la sua voce"
La regista fu sua allieva all'Accademia "Silvio D'Amico": "Mi ha insegnato il teatro"
Mario Di Caro

C'è un bel pezzo di teatro palermitano che è stato allievo di Andrea Camilleri all'Accademia d'arte drammatica di Roma, dove lo scrittore, ex regista, ha insegnato a lungo. Tra i "banchi" della "Silvio D'Amico" c'erano Luigi Lo Cascio e Emma Dante. Camilleri disse una volta che agli allievi più estrosi, come Emma Dante, lasciava "più corda per impiccarsi da soli", lasciandoli, cioé, più liberi di creare. Emma Dante dal canto suo si dice "tanto addolorata" per la morte del maestro.
"Per me Andrea è un parente - dice la regista - Mi ha insegnato il teatro e la vita. Ciò che mi manca più di tutto è la sua voce. Cavernosa. Ironica. Sincera. La voce di un grande poeta e intellettuale che con lucidità ci apriva gli occhi, lui che era cieco e sapeva guardare nel cuore e nella mente come nessun vedente".
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.7.2019
Porto Empedocle piange Nenè, il figlio che la trasformò in Vigata
Il sindaco Firetto: "Ci sentiamo smarriti senza la sua voce, senza il nostro Tiresia, capace di vedere molto più chiaramente nei fatti"

Porto Empedocle (Agrigento) - Porto Empedocle piange il suo “Nenè”. Nella sua Vigata, la notizia della morte di Andrea Camilleri arriva nel pieno della frenesia dell’estate e blocca tutto. Tutti vogliono ricordare il papà del commissario Montalbano, soffermandosi su quella statua situata nel corso principale della città marinara un tempo unita con Agrigento, che mostra il personaggio principe dei romanzi di Camilleri, così come esce fuori dalle storie.
Nei giorni scorsi era stato ricordato durante il master della Strada degli scrittori: il suo volto figura già nel grande tabellone all’ingresso della Statale 640 che annovera anche gli altri grandi romanzieri del Novecento, da Sciascia a Pirandello, ritagliandosi lo spazio meritato in una provincia che ha ispirato il cuore della letteratura novecentesca. A ricordarlo sono tutti a Porto Empedocle: "Il cuore più appassionato, sincero, autentico della Sicilia ha cessato di battere – ha scritto il sindaco di Agrigento ed ex primo cittadino di Porto Empedocle, Lillo Firetto - Ci sentiamo smarriti senza la sua voce, senza il nostro Tiresia, capace di vedere molto più chiaramente nei fatti del nostro passato, del nostro presente e nei rischi per il nostro futuro. Nostro dovere è conservarne la tenacia, la franchezza, la forza, la semplicità, l'onestà. Nello stile letterario, come nella vita, Andrea Camilleri è stato un uomo onesto. Ci mancherà – conclude - la sua amicizia e la nostra gioia di ritrovarci. Nenè, la tua opera ti ha reso immortale".
A Porto Empedocle proprio questa domenica si terrà la festa di San Calogero, una delle feste più amate dallo scrittore nato 94 anni fa proprio nella città marinara che oggi lo piange. Nonostante la sua vita a Roma, fino a qualche anno addietro, quando poteva, Camilleri ritornava sempre in quella Vigata cui teneva tanto e che lo ha ispirato per i suoi romanzi, dal mare alla Scala dei Turchi di Realmonte, negli ultimi anni set di alcune scene de “Il giovane Montalbano”. A ricordarlo sono anche gli amministratori della cittadina di Porto Empedocle: "Grazie di tutto maestro – scrive l’assessore Salvatore Urso – Buon viaggio nella luce".
Alan David Scifo
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 17.7.2019
Camilleri, da Ragusa a Vigata la Sicilia piange il suo scrittore
Il ricordo di artisti, scrittori e semplici cittadini. Il sindaco di Ragusa: "Siamo dispiaciuti e gli saremo sempre riconoscenti per ciò che ha fatto per noi". Il primo cittadino di Santa Croce Camerina: "Gli intitoleremo una piazza". Lutto cittadino in molti Comuni dell'Isola

Da Ragusa che ospita le riprese del Montalbano televisivo a Porto Empedocle che è la vera Vigata descritta da Andrea Camilleri e dove lo scrittore nacque, tutta la Sicilia si è fermata commossa alla notizia della morte del suo scrittore. A lutto anche il Ragusano, quel Sud est della Sicilia che deve tanto ad Andrea Camilleri. Infatti, è tra Modica, Scicli, Santa Croce Camerina e Ragusa che la serie tv di Montalbano viene girata. “Profondo cordoglio. Siamo dispiaciuti perché oltre a essere un grande scrittore, Camilleri ha lasciato una traccia importante per questo territorio. Per noi, grazie alla fiction basata sui suoi romanzi, ha rappresentato promozione è sviluppo”, dice il sindaco di Ragusa, Peppe Cassì.
C’è affetto, sicuramente. Ma anche un riconoscimento per le ricadute economiche che il territorio ha incassato: 15 milioni l’anno, secondo gli esperti del settore. E non è un caso che qui, in questo angolo di Sicilia dichiarato patrimonio Unesco, sono in molti a dire che “bisogna fargli una statua”.
Nel borgo di Punta Secca, dove c'è la famosa casa del commissario, si vivono momenti di “scoramento”, come dice il sindaco di Santa Croce Camerina Giovanni Barone: “Nel prossimo consiglio comunale affronteremo il tema. Sicuramente intitoleremo al maestro una via o una piazza”.
C’è un prima e dopo Montalbano nella storia recente del Sud est. Da Modica a Ragusa Ibla, set di tante puntante, non c’è ristorante, albergo, bottega che non registri un incremento nel bilancio da quel 1999, anno della prima puntata del telefilm. In venti anni è cambiato tutto a “Vigata”: si è passati da 157 mila arrivi di turisti agli oltre 300mila del 2018, certificati dall’ufficio statistico della provincia di Ragusa.
“Se adesso siamo conosciuti in tutta Italia e anche all'estero è grazie a Camilleri. Gliene saremo riconoscenti per sempre”, conclude il sindaco Cassì.
Artisti, scrittori e registi, allievi del maestro ricordano lo scrittore siciliano. "Il paese è in lutto. Andrea Camilleri era per tutti i cittadini una persona di famiglia, non il personaggio che si allontana:Porto Empedocle è Camilleri e Camilleri è Porto Empedocle.Perdiamo un grande scrittore ma anche una persona a noi cara. Ci stringiamo al dolore dei familiari". Con queste parole Ida Carmina, sindaca di Porto Empedocle, città natale di Andrea Camilleri, commenta la scomparsa dello scrittore siciliano preannuncia il "lutto cittadino il giorno dei funerali.Siamo in contatto con la famiglia, ma il giorno non è ancora stato fissato".
"Camilleri ha reso universali i sapori, gli odori, il mare, la spiaggia, il modo di essere di noi empedoclini. Ha vissuto e partecipato in 93 anni a tutti i nostri avvenimenti. Veniva regolarmente a Porto Empedocle, a parte l'ultimo anno". Sempre pronto per il suo paese natale "quando lo si chiamava rispondeva la segreteria ma non appena dicevo 'sono il sindaco' immediatamente la staccava ed alzava la cornetta". Non è un caso che "nasce (il 6 settembre 1925 - ndr) durante i festeggiamenti di San Calogero e sale al cielo il giorno della Madonna del Carmelo. Sono le feste storiche del nostro paese. Giornate di luminarie, processioni, clima particolare di partecipazione del Paese in cui da figli della Magna Grecia viviamo l'agorà"
Gioacchino Amato e Giorgio Ruta
 
 

L'Espresso, 17.7.2019
A L'Espresso Live il ricordo di Camilleri. Saviano: "Mi mancherà l'intellettuale che prendeva sempre posizione"

La terza serata dell'evento di L'Espresso si apre con l'omaggio ad Andrea Camilleri, che si è spento questa mattina all'Ospedale Santo Spirito di Roma. "Il ricordo di Andrea Camilleri per quanto mi riguarda è tutto dentro il suo ruolo di intellettuale, che è qualcosa di differente dal narratore, romanziere e sceneggiatore, anche grandissimo affabulatore", lo ricorda Roberto Saviano. "L'Andrea Camilleri intellettuale è uno che prende parte sempre, che non è neutrale, cosa che poteva benissimo essere, poteva conservarsi come spesso fanno gli artisti: "Io parlo con i miei libri", che è un modo di evitare di perdere copie, evitare di avere una vita in cui devi spiegare il perché di quella posizione. Camilleri questo non l’ha mai fatto e oggi manca terribilmente a me la certezza di avere un intellettuale, uno scrittore, un amico in grado di prendere posizione".
 
 

MicroMega, 17.7.2019
Andrea. Un amico, un compagno, un grande scrittore

Alcuni milioni di italiani piangeranno in modo sincero la perdita di Andrea Camilleri. Ma accanto al dolore autentico e grande, dovremo assistere anche al carosello delle ipocrisie.
A quanti lo hanno detestato innanzitutto come uomo e cittadino, e ora daranno la stura alle perifrasi, all’inzuccheramento dei veleni, alle acrobazie semantiche sugli specchi. A quanti poi, nella “repubblica delle lettere”, lo hanno considerato uno scrittore “di genere”, un “giallista”, non un grande scrittore tout court, i cui romanzi storici (e massime “Il re di Girgenti” che ho sempre considerato il suo capolavoro) non hanno nulla da invidiare a quelli di un De Roberto, anzi.
Andrea per me era prima di tutto un amico. Ma di questo, e delle nostre confidenze, e di quanto e come mi mancherà, non voglio parlare.
Andrea era per noi tutti un compagno, parola desueta che ha sempre amato, avendo rivendicato fino all’ultimo il suo essere comunista. Che, certamente, non aveva nulla a che fare, e da lunghissimo tempo, con il comunismo degli apparati, o dei residui ciarpami mini-partitocratici che ancora sequestrano quel nome. Per Andrea comunismo era una cosa assai semplice, ma inflessibile, e dunque grande: dalla parte degli sfruttati, degli ultimi, per realizzare nel mondo la più grande giustizia e libertà.
Su questa base non ha mai lesinato il suo impegno, pronto a spendere e rischiare la sua enorme popolarità per cause che andavano contro lo spirito dei tempi.
Perciò lo ricorderemo nel modo più semplice e autentico, mettendo a disposizione dei lettori che hanno amato Andrea grande scrittore e compagno tutti i suoi testi pubblicati sulla rivista. Un volume di MicroMega per tenere nei nostri scaffali, fisicamente, il ricordo e l’insegnamento dell’ultima grande figura di intellettuale impegnato che abbia avuto il nostro paese. E ripubblicando inoltre MicroMega 5/2018 (“Camilleri sono”), ricco delle testimonianze dei suoi editori, registi, sceneggiatori, attori, traduttori, produttori, studiosi.
Paolo Flores d'Arcais
 
 

Quirinale, 17.7.2019
#Mattarella: #Camilleri è stato un grande e moderno narratore, dotato di una scrittura coinvolgente e originale

Il messaggio alla famiglia:


 
 

Rai Ufficio Stampa, 17.7.2019
Rai, Direttore Fiction Andreatta: "Camilleri congeniale a idea di cultura che coincide con quella del servizio pubblico"

Andrea Camilleri ci consegna un’esperienza e un lascito unici, per tutti, per i lettori, per gli spettatori e, in particolare per la Rai il cui cammino che s’intreccia in modi diversi e sempre significativi con la sua vita. È giusto ricordare la sua capacità di essere trasversale ai mezzi della comunicazione, portandovi sempre l’istinto e la cultura del racconto, della storia che ha radici profonde, a cominciare da quella inconfondibile sicilitudine a cui apparteneva, e che ha in sé la qualità e i valori per diventare universale. Per Rai Fiction Camilleri è stata una fonte, una sorgente viva e vitale di storie, che hanno trovato un volto amatissimo nel Commissario Montalbano, venti anni di indagini segnate dal distacco, dal senso di giustizia, dalla compassione profonda verso l’umano che è in tutti e dall’ironia che mette in distanza le cose e assurge a una visione della vita. Un modo di essere, di parlare, amare, mangiare, vivere.
E poi con la produzione dei suoi preziosi romanzi storici, intrisi del passato della sua isola, ma in cui si rispecchia tutta la nostra italianità, i nostri difetti e la nostra grandezza, un racconto popolare che scava nella realtà ed entra in sintonia con il presente.
Camilleri è stato sempre congeniale a un’idea di cultura che non può che coincidere con quella del servizio pubblico e di chi in questa cornice ha la responsabilità di costruire storie e di dare forza e senso a un immaginario riconoscibile e condiviso. Restano le sue trame e i suoi personaggi e, nel suo nome, continuano. Grazie.
 
 

Rai Ufficio Stampa, 17.7.2019
Rai, Ad Rai Com Maggioni: "Camilleri, ciao Maestro"

“Il dispiacere per la perdita del grande scrittore, che ci ha regalato personaggi e racconti unici, diventa ancora più intenso ripensando all’amico, all’uomo di idee nette e racconti sfumati, alla persona che per ore poteva descrivere angoli di Sicilia e riecheggiare vezzi di inesplorata sicilitudine. Ciao Maestro, il mondo delle parole “che dicono la verità” è diventato più reale grazie a te.” Lo ha detto l’AD di Raicom Monica Maggioni ricordando il grande artista, l’intellettuale a tutto campo, l’uomo che tanta parte della sua vita ha percorso con Rai.
 
 

Rai Ufficio Stampa, 17.7.2019
La programmazione speciale in ricordo di Andrea Camilleri
L'impegno di tutte le reti Rai per l'omaggio al maestro scomparso

Tutte le reti Rai, a cominciare da Rai1, hanno modificato in corsa la loro programmazione, e lo faranno nel corso dell'intera giornata, per ricordare il maestro Andrea Camilleri, scomparso stamattina a 93 anni. Uno Mattina Estate e il TG1 hanno dedicato dalle 9 alle 11:30 una lunga diretta ed un’edizione straordinaria al ricordo dello scrittore scomparso, mentre Io e te, in onda alle 14:00, condotto da Pierluigi Diaco sarà interamente dedicato al ricordo di Camilleri. La Vita in diretta Estate, alle 16:50, riserverà ampio spazio al ricordo del grande scrittore. Subito dopo il Tg1, alle 20.35, andrà in onda uno Speciale Porta a Porta, seguito da Conversazioni su Tiresia. Scritto e interpretato da Andrea Camilleri, per la regia teatrale di Roberto Andò e la regia televisiva di Roberto Andò e Stefano Vicario, è lo spettacolo andato in scena al Teatro Greco di Siracusa lo scorso 11 giugno 2018, di fronte a 4mila spettatori nell’ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Conversazione su Tiresia è un racconto mitico, pensato, scritto e narrato da Andrea Camilleri che “cunta” la storia dell’indovino cieco, le cui vicende attraverso i secoli si intrecciano a quelle dello stesso scrittore. Alle 22.40 seguirà uno Speciale Tg1, dal titolo "Camilleri sono", mentre alle 00.15 andrà in onda il documentario“Andrea Camilleri – Io e la Rai”. Sottovoce, infine, sarà interamente dedicato al ricordo di Camilleri. Su Rai2 è andato in onda, alle 11.20, uno Speciale TG2 in omaggio al grande scrittore scomparso mentre Rai3 ha proposto, alle 12.45, Diario Italiano - Corrado Augias intervista Andrea Camilleri, una puntata speciale di "Storie". Alle 18.00 andrà in onda un collage di interviste di Bianca Berlinguer allo scrittore, ospite di “#Cartabianca” mentre Blob dedicherà a Camilleri l’intera puntata. A seguire, andrà in onda Che ci faccio qui – “Andrea Camilleri, vedere oltre” di Domenico Iannacone.
Rai Premium proporrà, alle 19.35, il documentario “Andrea Camilleri – il maestro senza regole”, mentre Rai Cultura, in omaggio al maestro scomparso, ha modificato la propria programmazione, per ricordarlo in particolare su Rai5 e Rai Storia. Già stasera alle 21.10 (e in replica giovedì 18 luglio alle 18.30 e venerdì 19 luglio alle 13.30) Rai Storia propone il documentario in prima visione tv “Biografie - Andrea Camilleri Vigàta nel cuore” di Flavia Ruggeri. Lo speciale è arricchito da interviste al maestro, anche inedite, e con brani tratti dalla sua produzione televisiva e teatrale. Lo speciale ripercorre la sua carriera da Le avventure di Laura Storm a Il Tenente Sheridan, da Le inchieste del commissario Maigret a Il commissario Montalbano. Alle 23.30 (in replica giovedì 18 luglio alle 18.00 e venerdì 19 luglio alle 13.00) Rai Storia ripropone una sua intervista esclusiva, realizzata nel 2004 con Cinzia Tani, per il programma Rewind – Visioni Private. Una lunga carrellata di ricordi, a commento di vari brani del repertorio Rai, in cui il grande scrittore siciliano (ma anche regista, autore e produttore Rai per molti anni), ripercorre l’intero arco della sua prestigiosa carriera artistica. Rai5 alle 20.05 (e in replica giovedì 18 luglio alle 15.45) ripropone Gli scrittori e la televisione: Andrea Camilleri (2014) di Gabriella D’Angelo da “Storie della Letteratura - I serie”. “Con la televisione non puoi fare come col romanzo, cioè tornare indietro di una pagina e controllare. In televisione quello che viene detto passa e non viene ripetuto”. Così Andrea Camilleri rievocava il suo lungo rapporto con la televisione, i suoi generi e i grandi personaggi che hanno fatto la storia del piccolo schermo. Nell’intervista rilasciata alla fine del 2014 in occasione del sessantesimo anniversario della nascita della televisione italiana, lo scrittore siciliano ripercorre le tappe cruciali del proprio lavoro artistico. Alle 20.35 su Rai5 (in replica giovedì 18 luglio alle 16.15) è la volta di Terza Pagina - Intervista ad Andrea Camilleri (2019) “Montalbano, per me, dopo vent’anni è un parente al quale voglio bene, ma nello stesso tempo è un personaggio scomodo. Perché il suo successo trascinava al successo anche gli altri romanzi, i miei romanzi storici, i miei romanzi civili. Quindi, lo odio e lo amo”. Così interviene Andrea Camilleri nell’intervista esclusiva a “Terza Pagina”, concessa in occasione dei 25 anni del primo libro di Montalbano e dei 20 anni del primo episodio televisivo. Nell’intervista, Camilleri dà voce alle diverse anime che incarna: scrittore, sceneggiatore, regista, autore di contenuti impegnati e popolari. Sabato 20 luglio alle 21.15 su Rai5 Pinocchio (mal)visto dal gatto e la volpe (2016) Spettacolo teatrale con Andrea Camilleri e Ugo Gregoretti. Questo inedito Pinocchio è un’opera multimediale per ragazzi prodotta dal Teatro Massimo di Palermo, scritta e interpretata da Ugo Gregoretti e Andrea Camilleri, accompagnati da Orchestra e Coro del Teatro Massimo nell’aprile 2016, con la regia televisiva di Marco Odetto. Alle 22.25, infine, “Camilleri e la felicità (2018). “La Felicità per me era aprire la finestra al mattino presto mentre la mia famiglia dormiva ancora, sentire l’aria fresca e guardare fuori”. Così risponde Andrea Camilleri a Marino Sinibaldi alla domanda cos’è la Felicità, durante l’intervista per la manifestazione “Libri come” tenuta nel marzo 2018 all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
La notizia della morte di Andrea Camilleri è stata data, per prima, nel corso del Gr1 delle 9. Da lì in avanti è cambiata la programmazione di RadioRai, dall’ultima parte di Radio anch’io che ha ricordato lo scrittore attraverso interviste di repertorio e le voci di esperti e colleghi, come Maurizio De Giovanni, Gaetano Savatteri e, come sempre, la voce degli ascoltatori. Anche la scaletta di Centocittà, il programma di Radio1 dedicato al territorio in collaborazione con la Tgr, è stata cambiata con le voci di Ida Carmina, sindaco di porto Empedocle, città di nascita di Camilleri, con l’amica, collega e conterranea Simonetta Agnello Hornby e con la voce del professor Giuseppe Antonelli che insegna all’università di Pavia per spiegarne lo stile e la potenza letteraria e linguistica. E ancora, in tarda mattinata, è andato in onda lo Speciale Gr1 Andrea Camilleri ricco di voci, testimonianze, ricordi. Il suo patrimonio letterario e il lascito per la lingua italiana. In tutte le edizioni del Giornale radio seguiranno gli aggiornamenti sulla scomparsa dello scrittore siciliano.
Anche Rai Radio2 ha omaggiato e omaggerà Andrea Camilleri. E lo farà ricordandolo all’interno del palinsesto, a cominciare da Non è un paese per giovani, dove Giovanni Veronesi lo ha ricordato alla sua maniera.
Anche nei programmi del pomeriggio e della sera si racconterà la vita di uno dei più importanti scrittori italiani, tradotto in oltre 50 paesi, mentre ai Lunatici spetterà il compito di chiudere la giornata con un ricordo speciale di Andrea Camilleri.
In uno dei numerosi incontri con Radio3, Andrea Camilleri confessò: “La radio è il mezzo grazie al quale, quando nessuno voleva pubblicarmi, ho coltivato il mio amore per la parola”. Questa sua citazione, trasmessa da RaiRadio3, è stato il primo omaggio allo scrittore siciliano originario di Porto Empedocle il cui rapporto con la Rai iniziò nel 1958 proprio col Terzo Programma (che sarebbe poi diventato Radio3).
RaiRadio 3, naturalmente, lo ha ricordato e lo ricorderà in tutte le trasmissioni, da Pagina3 a Tutta la città ne parla, da Radio3 Scienza a Fahrenheit che aprirà con un ricordo del direttore Marino Sinibaldi.
Anche sul proprio sito, infine, la rete lo ricorda con la sua ultima intervista, rilasciata al programma "Fahrenheit", trasmessa in occasione della presentazione dello spettacolo, recitato dallo stesso Camilleri sul palco del Teatro Greco di Siracusa, basato sul libro “Conversazione su Tiresia” edito da Sellerio e su altri materiali scelti, tratti dagli archivi.
Archivi da quali attinge Radiotecheté, che alle 17 trasmetterà "Outis Topos, ovvero un’ipotesi di radio futura, un radiodocumentario di Andrea Camilleri e Sergio Liberovici realizzato nel 1974 per il programma nazionale. Isoradio, infine, nel corso della sua programmazione di oggi, aprira’ finestre ed approfondimenti sulla figura di Camilleri, ricordando l'amore dello scrittore per i viaggi, non soltanto viaggi veri ma anche virtuali. Durante le ore notturne, quindi, nel corso di "Notte sicura con Isoradio", andranno in onda interviste con scrittori e uomini della televisione che hanno conosciuto Camilleri. Naturalmente, anche Rai Digital, rende omaggio al maestro scomparso: su Rai Play sono disponibili tutti gli episodi del il " Commissario Montalbano", e contributi speciali dedicati alla figura del grande scrittore.
 
 

Rai Ufficio Stampa, 17.7.2019
RAI 1 17 LUG 2019, 02:00
Cinque indizi per il commissario- Alibi a doppio taglio
In ricordo di Andrea Camilleri

Stanotte Rai1, alle 02.00, in ricordo di Andrea Camilleri, presenta "Cinque indizi per il commissario- alibi a doppio taglio". Il commissario Lopresti si trova a dover risolvere il caso di un misterioso omicidio in una villa. Il marito della vittima non ha alibi né movente: non eredita nulla. Ma dovrà ammettere che la sera del delitto era in compagnia di una vecchia amica, che però nega tutto. Tra menzogne e reciproci sospetti, il quadro si fa sempre più complicato. Andrea Camilleri, che firma la regia, appare anche in un prezioso cameo, accanto a Lino Troisi, Mauro Avogadro, Ida Di Benedetto, Cristiano Censi, Fulvia Midulla, Mariella Lo Giudice e Adolfo Lastretti.
 
 

Rai Radio3, 17.7.2019
Grazie Andrea Camilleri per la compagnia: per la gioia dei tuoi libri, per la generosità, per l'amore per la radio che è stata e sarà sempre custode delle tue parole
 
 

Radio3 Scienza su Twitter, 17.7.2019
2011, CNR: #AndreaCamilleri e #MargheritaHack, insieme a @SerenaDandini, chiacchierano di scienza, tra Galileo, pesci rossi e l'eterna schermaglia tra classico e scientifico (a ruoli invertiti!). Il nostro modo, oggi, per ricordarli entrambi




 
 

TGR Sicilia, 17.7.2019
La commozione per Camilleri sul set di Montalbano
Cliccare qui per il video

A Scicli, l'immaginaria Vigata, si lavora ai nuovi episodi del "Commissario Montalbano".
 
 

TG1 su facebook, 17.7.2019
Andrea Camilleri di Vincenzo Mollica #AndreaCamilleri
 
 

Radio1 in viva voce, 17.7.2019
Cliccare qui per ascoltare la puntata

Con Ilaria Sotis e Claudio de Tommasi
È intervenuto Filippo Lupo, Presidente del Camilleri Fans Club
 
 

Caterpillar estate, 17.7.2019
Cliccare qui per ascoltare la puntata

Con Sara Zambotti e Laura Troja
Il tributo ad Andrea Camilleri con Filippo Lupo, presidente del primo Camilleri fans club e Salvatore Ferlita scrittore e docente universitario di letteratura contemporanea. Periodo di Lauree con gli ascoltatori; la moda lunare raccontata dalla direttrice del Cosmopolitan.
 
 

Radio Popolare, 17.7.2019
Giorni migliori
È intervenuta Nadia Trobia, Socia del Camilleri Fans Club
Cliccare qui per ascoltare la trasmissione - Si parla di Andrea Camilleri dal minuto 17:20
 
 

Radio Capodistria, 17.7.2019
"Camilleri è più vivo che mai"
I fatti del giorno

Parla Milly Curcio, esperta dell'opera dello scrittore e curatrice del volume "I fantasmi di Camilleri" (Edizioni L'Harmattan).
Cliccare qui per ascoltare la trasmissione
 
 

RSI Radiotelevisone svizzera, 17.7.2019
In ricordo di Andrea Camilleri

Una impronta unica e ineguagliabile nella storia della letteratura italiana, quella di Andrea Camilleri. Lo scrittore, regista, sceneggiatore teatrale e radiotelevisivo è morto il 17 luglio, all’età di 93 anni.
Mariarosa Mancuso la aveva incontrato a casa sua. Un ritratto sonoro che restituisce la grandezza e l’originalità dell’autore siciliano. L'intervistato parla del suo successo, della sua carriera di regista alla Rai, del suo esordio letterario, della serie del commissario Montalbano e del libro scritto con Carlo Lucarelli "Acqua in bocca". L'intervista è intercalata da brani tratti da film e da un'intervista d'archivio a Georges Simenon che parla del suo personaggio, il commissario Maigret.
Per ricordare il grande scrittore "Laser" ripropone, mercoledì 17 lugllio alle 22:35, la prima delle tre puntate realizzate da Mariarosa Mancuso nel 2011. 20 milioni di copie vendute in Italia, dove i non lettori, o quelli che leggono un solo libro all’anno, sono ancora moltissimi. Una scintilla è scattata, tra Andrea Camilleri e il suo pubblico: ogni volta che esce un titolo, e ormai sono quasi una decina l’anno, si precipitano in libreria. Tanto che gli altri scrittori controllano le date di uscita. Combattere contro Camilleri è praticamente impossibile, capita che un titolo dello scrittore siciliano faccia la guerra a un altro. In principio erano le storie del commissario Montalbano, che fece paragonare Andrea Camilleri a Georges Simenon. E i romanzi storici, come "La concessione del telefono". Poi sono arrivati i romanzi fantastici, i romanzi legati alla pittura, le storie contemporanee. Tutto questo, per Camilleri, è la seconda vita: nella prima lavorava in Rai come regista il regista televisivo. Mariarosa Mancuso ha incontrato lo scrittore a Roma, nella sua casa proprio di fronte alla Rai di via Teulada. In queste tre puntate di "Laser", si parla di Pirandello e di Durrenmatt, della lettura e della scrittura, di Caravaggio e di Tomasi di Lampedusa.
Mariarosa Mancuso incontra Andrea Camilleri (Archivi RSI, 2011)
Incontro con Andrea Camilleri (1./3)
Incontro con Andrea Camilleri (2./3)
Incontro con Andrea Camilleri (3./3)
Mariarosa Mancuso
 
 

TG La7, 17.7.2019
Vigata Italia, l'addio a Andrea Camilleri

Domani pomeriggio l'ultimo saluto al cimitero acattolico di Roma. La famiglia lo ricorda con le parole conclusive della sua "Conversazione su Tiresia": "Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni"
Simone Costa
 
 

TGS, 17.7.2019
Camilleri, il ricordo e il cordoglio da Sellerio
Il servizio di Salvatore Fazio
 
 

Radio RTM, 17.7.2019
“Camilleri è la Sicilia”. Il sindaco Enzo Giannone spiega cosa ha rappresentato Camilleri per la Vigata televisiva Scicli

“Camilleri è la Sicilia”. Il sindaco di Scicli Enzo Giannone esordisce così a pochi minuti dalla notizia della morte di Andrea Camilleri. “La cultura italiana deve molto a Camilleri, per quanto certi ambienti lo abbiano snobbato come intellettuale e come scrittore. Camilleri è stato un stato un grande scrittore per una ragione semplice. Se un romanziere riesce, con la propria opera, a raggiungere milioni di persone, invogliandole a leggere, significa che ha raggiunto il suo scopo. Camilleri era stato insignito del premio Scicli, per quello che ha fatto per la nostra città. Camilleri è la Sicilia, la Sicilia che riesce ad avere un afflato europeo, perché la cultura riesce a elevare questa terra, che per molti aspetti è ancora una terra maledetta. Camilleri è riuscito a innalzare la Sicilia e a portarla ai livelli della sua tradizione millenaria”. Lo scrittore siciliano era stato insignito del Premio Scicli nella sua casa romana di via Asiago nell’ottobre del 2010, quando il sindaco pro tempore gli consegnò il Leone di Bronzo, simbolo della città. Alla delegazione sciclitana Camilleri spiegò di essere stato lui, fra gli altri, a suggerire, nel 1998, Scicli come location per il Commissario Montalbano, facendo diventare la cittadina barocca la Vigata televisiva. La ragione era semplice: Scicli è stata in gran parte preservata dalla cementificazione selvaggia degli anni Settanta, che tanta parte di Sicilia e di Italia ha trasformato rovinandola. L’altro legame con Scicli di Camilleri è con Piero Guccione, scomparso lo scorso ottobre. Una delle figlie di Camilleri veniva a Scicli in villeggiatura e portava i nipotini da Piero Guccione. “Ho chiesto a Piero Guccione di fare il nonno supplente per me in Sicilia”, raccontò Andrea.
 
 

Il Sole 24 Ore, 17.7.2019
1925-2019
È morto Andrea Camilleri, il dono di incarnare la letteratura
Lo scrittore è morto stamani all'ospedale Santo Spirito di Roma dove era da tempo ricoverato. Il papà del commissario Montalbano aveva 93 anni. «Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali - si legge nel bollettino dell'ospedale - Per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio».

Aveva un dono, Andrea Camilleri. Non era solo la scrittura, non era solo la fervida immaginazione, non era nemmeno la capacità quasi unica di «mettere in scena», nei suoi romanzi, vite, parole, opere e omissioni dei suoi formidabili personaggi. Era capace, e non capita spesso agli scrittori (a quasi nessuno di loro), di “incarnare”, la letteratura. Aveva il dono di trasformare, letteralmente, tutto ciò che toccava e raccontava, in letteratura, come dimostra, da ultimo il suo libro più “intimo”, «La casina di campagna»: storia dell'abitazione dei suoi nonni e teatro di avventure d'infanzia. Sarebbe dovuta diventare la sede della Fondazione a lui intitolata: è invece andata travolta dal maltempo, ma, allo stesso tempo, consegnata dal suo libro alla memoria dei lettori. Ecco la sua capacità: fondere vita e letteratura in un unico racconto.
Aveva individuato, con molta precisione, Camilleri, da dove venisse, questa sua capacità: dalla fortissima qualità affabulatoria, dal sapore orale della sua scrittura, mai tradito, dalla caparbietà e dalla voglia di restituire a lettori e ascoltatori quello che hanno di più prezioso: il tempo e l'attenzione. Camilleri aveva un sacro rispetto per la gioia della narrazione (e lo si avverte ad ogni pagina) e mai avrebbe sottomesso questa istanza ad altre. Aveva scritto, con lungimiranza, in uno dei suoi primi libri, un saggio storico virato alla narrativa, «La bolla di componenda»: «È un mio difetto questo di considerare la scrittura allo stesso modo del parlare. Da solo, e col foglio bianco, non ce la faccio, ho bisogno d'immaginarmi attorno quei quattro o cinque amici che mi restano stare a sentirmi, e seguirmi, mentre lascio il filo del discorso principale, ne agguanto un altro capo, lo tengo tanticchia, me lo perdo, torno all'argomento».
I tre «fili» nella scrittura di Camilleri
Il filo della scrittura di Andrea Camilleri si è intrecciato mirabilmente con tre elementi: la lingua, prima di tutto. Questa sua lingua “inventata”, da taluni contestata, ma linfa vitale della sua scrittura: certamente modellata sul dialetto della sua infanzia, appreso a Porto Empedocle (la Vigata letteraria), dialetto che ha reso comprensibile ai suoi lettori e insegnato loro quale forza possa avere ancora oggi l'idioma locale, l'idioma degli affetti, del sentimento delle cose.Poi il giallo, genere usato “forzatamente”: lo ha detto più volte. Si era infatti costretto, con «La forma dell'acqua», la prima delle avventure del Commissario Montalbano (destinato a diventare, anche grazie alla fortunata serie tv, con il volto di Luca Zingaretti, il più noto e riconoscibile personaggio letterario italiano), per vedere se fosse capace di scrivere in una forma chiusa. Ne era nato un filone dal quale Camilleri era stato capace di raccontare l'Italia contemporanea sotto le mentite spoglie delle storie di un integerrimo rappresentante delle forze dell'ordine alle prese più che con i malviventi con la ricostituzione di un “senso” delle cose civiche.
Un tema questo, che gli era caro e, con il tempo, era diventato occasione per le sue ripetute sortite pubbliche: era uno dei pochi intellettuali che diceva le cose che sentiva, senza infingimenti, né addolcimenti. Schierato ma onesto: aveva la saggezza di guardare le cose dall'alto e la possibilità di permettersi di essere chiaro. Infine il romanzo storico, forse quello nel quale era riuscito, dal punto di vista della scrittura, meglio. Capolavori come «Il birraio di Preston» o «Il re di Girgenti» (che lui considerava la sua vetta letteraria) avrebbero assicurato fama e rispetto critico a qualsiasi autore; per lui erano la punta di un iceberg in un'opera che è confrontabile solo a quella di Simenon o, per altri versi, a quella di Graham Greene.L'opera di Camilleri è la risposta univoca all'eterna domanda: è possibile unire la popolarità, il successo, la fama alla qualità letteraria? In quaranta anni di carriera editoriale (dopo una vita trascorsa tra il teatro e la tv), non si può che dire sì. Certamente. Nessuno è in grado di dare la ricetta, ma, nel suo caso, aveva trovato la pietra filosofale.
Il successo oltre ogni attesa e il Camilleri pubblico
Il successo oltre ogni aspettativa, diciamo pure oltre il sogno di qualsiasi autore ed editore, ne ha fatto di gran lunga lo scrittore più noto e, in una parola che non si teme di usare nel suo caso, amato tra quelli italiani. Perché la storia letteraria dello scrittore siciliano si intreccia inevitabilmente con la sua figura pubblica: la posa ieratica, il volto iconico, la voce pastosa e grave, arrocchita da milioni di sigarette, la cadenza sicula, segno identitario anche della sua scrittura, le parole scandite con lentezza e precisione, la saggezza e la forza delle idee che negli anni ha potuto esprimere su tutti i media, il divertimento che portavano i suoi racconti, ne hanno fatto uno dei pochi (se non l'unico) scrittore in grado di instaurare con il pubblico una storia di simpatia, di complicità, di “tifoseria”, in alcuni casi, e sicuramente di affetto.
Per paradosso, la qualità letteraria di Camilleri, è addirittura passata in secondo piano da quando il successo lo ha travolto. Della sua felicità di scrittura si sono resi conto milioni di lettori, della qualità della sua prosa e della sua sapiente invenzione di una lingua resta testimonianza nei suoi libri. Il regalo che ha fatto Camilleri agli italiani è la sua opera, destinata ad accompagnarci ora per molto tempo e ad essere un punto di riferimento della letteratura italiana del secondo Novecento, anche all'estero, insieme a quella di Italo Calvino e Umberto Eco.
Stefano Salis
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
Morto Andrea Camilleri, «papà» del Commissario Montalbano
Aveva perso la vista da qualche tempo, ma aveva mantenuto intatta la capacità di raccontare — e di comprendere la realtà — con ironia e dolcezza. L’ultimo saluto giovedì dalle 15 al cimitero Acattolico a Roma, al Testaccio

Se ne è andato questa mattina alle 8,20 Andrea Camilleri, ad un mese esatto dal ricovero in rianimazione all’ospedale Santo Spirito per arresto cardiaco. Da allora non si era più ripreso e le sue condizioni sono andate via via peggiorando, la sua fervida mente danneggiata in modo irreversibile. Dal 21 giugno i medici avevano interrotto i bollettini. Il grande scrittore è stato assistito con immenso amore fino alla fine dalla moglie e le tre figlie che si sono avvicendate nel reparto al secondo piano del più antico nosocomio d’Europa. L’ultimo saluto sarà giovedì a Roma, dalle 15 in poi, al Cimitero Acattolico per gli stranieri nel quartiere Testaccio (via Caio Cestio 6).
Aveva 93 anni, da qualche settimana prima del malore si era fermato per una caduta con rottura di femore ma i suoi progetti non si erano arrestati tanto che Nene, come lo chiamavano gli amici, avrebbe dovuto esibirsi pochi giorni fa a Caracalla. Da qualche tempo aveva perso la vista, ma la capacità di raccontare era rimasta la stessa: ipnotica, teatrale, capace di mescolare ironia e dolcezza. Fino all’ultimo Andrea Camilleri, nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925, ha continuato ad affabulare: le avventure di Montalbano, le memorie dettate alla sua assistente e agente Valentina Alferj anche quando non poteva più scrivere, i ricordi di una vita lunga, affrontata sempre stando dentro le cose, vivendo appieno il suo tempo con consapevolezza e generosità.
Raccontava che il suo libro, «Esercizi di memoria», uscito nel 2017 da Rizzoli «aveva rischiato di rimanere nel cassetto» e non per via della cecità, ma perché, con umiltà, lui che aveva venduto milioni di copie ed era in grado di attirare folle a ogni incontro, si chiedeva a chi potessero interessare quelle storie private.
Andrea Camilleri è stato autore di oltre cento libri, tutti pubblicati in età matura. «Un filo di fumo», uscito da Garzanti nel 1980, fu il primo di una serie di romanzi storici ambientati nell’immaginaria cittadina siciliana di Vigàta a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a cui erano seguiti «La strage dimenticata», «La stagione della caccia», «La bolla di componenda». Erano libri di nicchia, che piacevano ai lettori più raffinati. Camilleri aveva portato a Leonardo Sciascia i documenti della «Strage dimenticata» perché gli sembravano molto in linea con il genere a cui l’autore del «Giorno della civetta» si dedicava in quegli anni, cioè la ricostruzione di vicende storiche emblematiche ma dimenticate. Sciascia lo invitò a scrivere quella storia lui stesso e lo presentò a Elvira Sellerio con cui Camilleri instaurò un lungo e affettuoso sodalizio durato fino alla fine.
Del 1994 è la nascita del commissario Montalbano con «La forma dell’acqua», primo libro della serie. Nel 1998, il fenomeno esplose con la serie televisiva interpretata da Luca Zingaretti imponendosi come uno dei casi editoriali più significativi degli ultimi vent’anni. Con le avventure del commissario e dei suoi colleghi Augello, Fazio, Catarella e gli altri, Camilleri è riuscito a portare tutti, anche i lettori del Nord, nella Sicilia bianca e azzurra, quella del ragusano, da cartolina, ma reale. Lo ha fatto con quel suo dialetto reinventato, solo apparentemente difficile da capire, costringendo tutti a imparare il significato di parole come cabasisi, spiare, cataminarsi.
Non aveva pose da grande saggio né da autore superstar, Camilleri. Non amava la solitudine e quando partecipava a un incontro pubblico, durante un festival o una presentazione, quando, magari forzando le cautele del suo entourage familiare, preoccupato che si stancasse troppo, si entrava nella sua casa romana per un’intervista, un servizio fotografico, un incontro, si abbandonava a una disponibilità senza condizioni.
Seduto nella sua poltrona, circondato dai libri, distillava il fumo della sigaretta sempre tra le dita e piccole gemme narrative: lo sbarco degli alleati in Sicilia, il padre, amatissimo, che aveva partecipato alla marcia su Roma, gli anni del liceo ad Agrigento, l’amore per i gatti. E poi il mondo del teatro (aveva iniziato a fare il regista negli anni Quaranta) e della tv (nel 1957 era entrato in Rai, aveva firmato, come sceneggiatore, alcune produzioni tra cui due serie poliziesche rimaste leggendarie, il Tenente Sheridan interpretato da Ubaldo Lay e il Maigret di Simenon con Gino Cervi), le vicende (romanzesche) della sua creatura più famosa, il commissario Montalbano.
Ma anche quello che definiva «il teatrino del mondo»: l’attualità, la politica, i cambiamenti sociali che fossero il ruolo dell’Europa, l’emergenza migranti o l’avanzata del populismo perché, come scrive in «Ora dimmi di te», libro- lettera alla bisnipotina Matilda edito da Bompiani nel 2018 «l’ultima cosa che ho imparato consiste nell’avere necessariamente un’idea, chiamala pure ideale, e a essa attenersi fermamente ma senza nessuna faziosità, ascoltando sempre le idee degli altri diverse dalle proprie, sostenendo le proprie ragioni con fermezza, spiegandole e rispiegandole, e magari perché no, cambiando la propria idea».
Era stato un meraviglioso Tiresia per una notte, nel giugno 2018, quando aveva tenuto in pugno i diecimila spettatori del Teatro greco di Siracusa raccontando le peripezie del mitico indovino accecato dagli dèi e poi adottato dalla letteratura di tutti i tempi, da Omero a Ezra Pound, da Giovenale a Virginia Wolf a Pier Paolo Pasolini. Un’ora e mezza di monologo diventato un film con la regia di Roberto Andò e Stefano Vicario che resta il testamento di un uomo che fino all’ultimo ha saputo guardare lontano.
Margherita De Bac e Cristina Taglietti
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
Lutto
Camilleri, il ricordo del nipote: «Sono fiero che mio figlio porti il tuo nome»
Su Facebook il ricordo commosso dei nipoti del Maestro, presenti anche all’ospedale«Ciao dolce, ciao nonno, ti amo tanto»

Massimiliano Rodi, compagno della nipote di Andrea Camilleri - l’attrice Alessandra Mortelliti - affida a Facebook il ricordo del Maestro, che lui chiama nonno: «L’ultimo ricordo che mi lega a lui è dell’ultima volta che abbiamo pranzato insieme, eravamo in un punto molto stretto perché eravamo tanti e ci siamo stretti un pochino, ero di fianco a lui e solo io arrivavo a servirlo, gli ho sbucciato le uova sode, servito la caponata, ne era molto ghiotto, ha mangiato di gran gusto ed ogni gesto che facevo per lui era sempre accompagnato da un grazie Massimiliano un grazie di una dolcezza infinita».
Lo gnometto Andrea
«Scontato dire la sua felicità quando è nato Andrea. Andrea che gli andava a rompere le scatole mentre lavorava, gli faceva gli agguati e lui rideva come un matto, divertito da questo gnometto che voleva giocare con lui». Massimiliano lo saluta postando la foto di Camilleri col cagnolino Cosmo: «Grazie nonno Andrea, te ne sarò riconoscente in eterno, te ne sei andato stamattina ma già da tempo sento la mancanza della tua voce così importante, la tua presenza così fortemente prepotente, i tuoi racconti che mi ipnotizzavano, ti avrei ascoltato senza fine».
«Nonno ti amo tanto»
«Grazie per la dedica a mio figlio sul tuo libro, grazie di tante cose che ora ci vorrebbero ore intere ad elencare, in tre anni sono state tante, tre anni... che in maniera diretta mi sento di dire... Mi sono goduto quest’uomo! È stato un privilegio per me, sono fiero che mio figlio porti il tuo nome e che scorra una parte del tuo sangue nelle sue vene». Sempre su Facebook scrive anche Arianna Mortelliti: «Signore e signori del pubblico, permettete che mi presenti: sono Caino. Ciao dolce. Ciao nonno. Ti amo tanto».
Erica Dellapasqua
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
L’intervista
Morto Camilleri, «Insegnò a tutti il valore della propria terra»
Maurizio de Giovanni: «Sono orgoglioso di sentirmi un suo allievo.
Ha lasciato la sua eredità al mondo. Con lui abbiamo imparato a sognare»

«Se ne è andato un maestro, uno che insegnava a tradurre il sogno». Maurizio de Giovanni non ha ancora assorbito la notizia, per lui Andrea Camilleri resterà sempre vivo nei cuori e nella mente dei lettori, non solo italiani ma di tutto il mondo.
Lei lo ha conosciuto?
«Ho avuto la fortuna di essere accolto nella sua casa di Roma. Diventare amico dello scrittore che si ammira è qualcosa di impagabile».
Chi era Andrea Camilleri?
«Era un uomo eccezionale, affabile e possedeva una grande memoria e un immenso fascino. E tante altre cose ancora, ma sicuramente è lo scrittore che ha cambiato la letteratura italiana. Prima di lui la narrativa era ombelicale, contorta su sé stessa, fin troppo riflessiva e riflettente degli autori. Lui l’ha riportata al senso primario, vero: quello di raccontare storie. Lo ha fatto con una capacità innata e raffinata. Utilizzando una lingua comprensibile a tutti, amata da tutti».
Ma nuova. C’è voluto tanto coraggio ad usare parole del dialetto siciliano.
«Cabasisi, macari, taliare. E chi di noi non ne ha imparato il significato? Ha rinnovato la scrittura rendendola vicina alla gente, alla sua gente. Che non è solo quella siciliana, ma è quella del mondo intero che ama ascoltare storie»
Ecco la Sicilia…
«Ha raccontato la sua terra e lo ha fatto in maniera delicata mettendone in luce la cultura, le contraddizioni, perfino la gastronomia. Ha insegnato a noi scrittori il valore del territorio. Io con Napoli, Carofiglio con la Puglia, Lucarelli con l’Emilia-Romagna e potrei citare tanti altri. Recepiamo la lezione di Andrea che le storie devono essere legate al territorio, senza pregiudizi, nella quotidianità. Lui parla della Sicilia senza raccontare la mafia e io narro Napoli senza mai nominare la camorra. Non perché non esistano, ma perché possono diventare un alibi, un luogo comune con il quale giustificare tutto».
Ma i Sinagra, i Cuffaro…
«Mai in primo piano, figure secondarie e qualche volta ridicole. Diceva spesso: vuoi o non vuoi, il romanzo finisce col nobilitare anche i personaggi più indegni».
Come lei, Camilleri si è adattato a cambiare un po’ i suoi personaggi per la televisione.
«Sì, Montalbano non ha certo le fattezze di Zingaretti. Lui lo immaginava un po’ maturo, con i baffoni. Quasi un Pietro Germi del Pasticciaccio redivivo. Ma ha lasciato fare con grande intelligenza perché ha sempre capito che la cosa importante era la storia, la sua diffusione e non la forma. A mio modo di vedere non erano i suoi libri a beneficiare della televisione ma la televisione a diventare importante con i suoi racconti».
Lei ha Ricciardi, lui Montalbano. Quale era il suo rapporto con il commissario?
«Lui aveva grande affetto per il suo Salvo, non ne è mai stato prigioniero né geloso. Era il suo strumento per andare in vacanza nella sua terra, per narrare la vita. Non gli avrebbe mai voluto fare del male, lui era oltre».
In che senso?
«Camilleri ha vissuto cento vite, mille situazioni. Dal fascismo ai Cinque Stelle. Ultimamente diceva che non capiva più gli italiani, che non sapevano più accogliere. Una cosa che deve farci pensare. Aveva una enorme cultura e non ne ha mai fatto sfoggio nei suoi racconti perché temeva che potesse appesantire la storia. Ma ugualmente ci ha detto ciò che era vero. Basti pensare alla Presa di Macallè, al Birraio di Preston, oppure alla Concessione del telefono. Libri che hanno svelato un mondo che pochi conoscevano. Stare con Andrea significava fare un viaggio nel tempo, vivere altre vite. Mi ha insegnato tanto e oggi sono orgoglioso di sentirmi un suo allievo».
Eredità pesante.
«Che non può essere raccolta da uno solo, ma da tanti perché lui l’ha lasciata al mondo. Ha insegnato a tutti a sognare».
Vincenzo Esposito
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
L’intervista
Morto Andrea Camilleri
D’Alema: «Gli feci conoscere Manuel Vázquez Montalbán»

L’ex presidente del Consiglio: «Uomo orgogliosamente di parte, con lui valori comuni
Il catalano era il suo autore preferito. Tanto da battezzare il Commissario in suo onore»

«Camilleri e Manuel Vázquez Montalbán, prima di quella sera, non si erano mai visti. Non si conoscevano. Dopo averli presentati, dissi loro che mi sarei limitato al ruolo di giornalista, di conduttore. Una folla oceanica aspettava solo che iniziasse quel dibattito su letteratura e vita, che poi sarebbe stato ripubblicato da alcune riviste letterarie. Dopo l’incontro, i due iniziarono un percorso che li avrebbe portati a pubblicare un libro a quattro mani. Se non fosse stato per la morte improvvisa di Vázquez Montalbán...».
Massimo D’Alema era amico di Andrea Camilleri. Lo aveva intervistato per «Italianieuropei» nel dicembre del 2017 e lo scrittore gli aveva affidato la sua critica nei confronti di un centrosinistra sempre più centro che tende quasi a destra e di sinistra aveva ormai nulla. «Per votare al referendum, essendo ormai cieco, disse che aveva dovuto sostenere un esame all’Asl ma che non avrebbe più fatto la trafila per votare alle elezioni, non avendo più per chi votare», ricorda D’Alema nel suo ufficio alla fondazione Italianieuropei dove stanno confezionando la rivista, in cui quel colloquio verrà ripubblicato. E gli aveva presentato Vázquez Montalbán. «Me l’ha ricordato Camilleri, quando l’ho incontrato nel 2017».
Il catalano era il suo scrittore preferito. Tanto da battezzare il commissario Montalbano in suo onore.
«Li presentai dietro le quinte prima di moderare un dibattito con loro due protagonisti alla festa nazionale dell’Unità a Bologna, nel 1998. Dissi che mi sarei limitato a fare il giornalista, la gente voleva sentire loro. E io anche».
Comunista l’uno…
«… iscritto al Partito socialista unificato della Catalogna l’altro. Vedo che da più parti è in corso un processo di beatificazione “politica” di Camilleri mentre è giusto che venga ricordato per quello che era: un uomo orgogliosamente di parte, che ha avuto il merito di offrire alta cultura a tutti. Sembra semplice ma è un’operazione difficilissima. Che riesce solo a pochissimi grandi».
Lei è un suo lettore?
«Ho letto tutto. Tutto. Il mio preferito rimane Un filo di fumo».
Un libro senza Montalbano, in cui molti vedono i tratti di quel leader della sinistra in grado di battere Salvini.
«Non so rispondere anche perché non ho una grande considerazione di Salvini. Ne ho, e tanta, per Montalbano, personaggio che vive solo all’interno della dimensione della sua grande moralità».
Non sembra granché dalemiano, Montalbano.
«Conosco Montalbano ma non so in che cosa consista la patente, da me tra l’altro mai attribuita, del dalemiano».
Sinistra e intellettuali, tema antico. I consigli di Camilleri non vi sarebbero stati utili?
«Parlare con gli intellettuali è difficile. Io, però, l’ho sempre fatto. Anche quando gli intellettuali li avevo contro. L’ho fatto anche con Camilleri e questa intervista (mostra il numero di “Italianieuropei”, ndr) ne è la riprova. Con lui ci siamo subito dati del tu, come con tutte le personalità in cui riconosci un patrimonio comune di valori».
Tommaso Labate
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
Addio allo scrittore
Camilleri, il monologo su Tiresia
Il dono di vedere con la mente

Uno studioso riflette sul lavoro dell’autore scomparso e la cecità nella tradizione greca

Camilleri e Tiresia. Per una volta non è il pennaiolo a corto di idee a inoltrarsi in paragoni borderline. È stato il Maestro stesso a stabilire il nesso. Proprio lui ha dedicato a Tiresia l’ormai celebre monologo andato in scena a Siracusa, mandato in onda dalla Rai e poi divenuto libro.
La cecità mi risparmia di vedere la mia faccia, così ha detto. La cecità fa risuonare le parole senza contorni, le riduce al grezzo, all’essenza. Theodore Roethke scrisse che è nel momento dell’oscurità che l’occhio comincia a vedere. È una grande verità. Che già gli antichi, come sempre, avevano anticipato. Il filosofo Democrito, dice la leggenda, si accecò da sé perché nulla lo distraesse dal puro pensiero. Edipo perdette il suo dark side nel momento in cui si privò della vista.
Ma Camilleri aveva proprio ragione: è la storia di Tiresia la più significativa. Il Pascoli nel suo poema conviviale più bello intitolato Il cieco di Chio contaminò la vicenda di Tiresia con quella di Omero e ne ricavò la struggente storia del cantore girovago che un giorno cercò di vincere con la sua cetra il suono di una fonte sacra. E la dea della fonte, irritata, lo punì rendendolo cieco, ma anche lo compensò con il dono di vedere con gli occhi della mente ciò che in genere sfugge alla comune rozza umanità: non le cose, ma l’ombra delle cose; e dunque l’arte della poesia, della conoscenza, il regard intérieur.
La dea toglie un dono, il più personale, il più prezioso, e ne dà un altro, destinato a tradursi non nell’utilità mia o tua, ma nell’utilità di tutti, nella gioia di tutti, quasi a dire che per chi non abbia più uno specchio in cui vedersi l’altruismo è non solo l’unica scelta umana possibile, ma anche l’unica plausibile. È così che gli dèi dei Greci sceglievano i loro profeti e i loro poeti: accecandoli. Siano per sempre lievi le palpebre sugli occhi del maestro Camilleri, che molto hanno visto, e da molto ci hanno salvati.
Walter Lapini
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
A Scicli (Ragusa)
Morto Camilleri, choc in Sicilia sul set di Montalbano
Smarrimento per la notizia che, pur attesa, veniva esorcizzata

Scicli (Ragusa) - Ciak, si gira. Nonostante il dolore, lo smarrimento per la notizia che, pur attesa, veniva esorcizzata. Fino a mercoledì, 17 luglio. Quando è cominciato il tam tam: voci, messaggi, commenti. Scicli, città barocca del Sud Est, è uno dei luoghi di Montalbano. Qui c’è il Commissariato, qui c’è l’ufficio del Questore. Ambienti che in realtà fanno parte degli interni del palazzo del Municipio, nella centrale via Mormino Penna (sito Unesco). In questi giorni le riprese della fiction giravano a pieno ritmo, sotto gli sguardi di centinaia di turisti, assiepati dietro le transenne, pronti a cogliere un passaggio del Commissario, una smorfia di Catarella.
Ora è diverso. Scomparso il «papà» di Montalbano, un velo di tristezza smorza gli entusiasmi. La notizia è uno choc che fa a un certo punto pensare di sospendere le riprese, poi ripartite in un clima turbato. Continua il lavoro della troupe e degli attori, a cominciare dal protagonista, Luca Zingaretti. Il tempo è tiranno, i ritardi accumulati. Anche ieri la macchina non si è fermata. Dunque, si gira in aree diverse della città: nella mattinata, il set è allestito in piazza Diaz dove palazzo Mormino diventa sede della Procura; nel pomeriggio, la troupe è nello studio di un fotografo. E gli sciclitani già pensano al futuro: la fiction del Commissario è per loro manna dal cielo. In pochi anni si sono moltiplicati i turisti, italiani e stranieri. Nuovi negozi, nuovi ristoranti, l’ufficio di Montalbano «cristallizzato», visitabile (a 3 euro) quando non ci sono riprese. «Il timore serpeggia — conferma Vincenzo Burragato, giovane operatore turistico di Ospitalità Diffusa —. Ma, considerando i nuovi romanzi di Camilleri, fino al 2021 il lavoro è assicurato». Ecco, sul banco della reception, un volumetto illustrato, Alla ricerca dei luoghi di Montalbano. Dice: «Ne vendiamo almeno 50 al mese».
Marisa Fumagalli
 
 

Corriere della Sera, 17.7.2019
L'editore Sellerio
Morto Camilleri, i libri che usciranno postumi: «Riccardino» e un saggio
L’accordo con Elvira Sellerio sul volume che contiene l’uscita di scena del commissario
E il volume sulla scrittura che sarà pubblicato dal suo editore di sempre

Era previsto in autunno il nuovo libro di Andrea Camilleri: non un Montalbano, ma un testo sulla scrittura per il suo editore di sempre, Sellerio. Proprio nei giorni prima del malore, lo scrittore stava ragionando sulle diverse opzioni di titolo con l’editore. Il progetto era ben avviato, la pubblicazione potrebbe slittare ma dovrebbe uscire entro l’anno. Non si sa, invece, quando potrebbe arrivare tra le mani dei lettori il famoso Riccardino, come lo aveva ribattezzato il suo autore che ne aveva parlato spesso: il volume che contiene l’uscita di scena (non la morte) del commissario Montalbano, custodito dalla casa editrice palermitana.
Un affettuoso accordo con Elvira Sellerio aveva sancito che sarebbe stato pubblicato postumo. Nessun altro lo ha letto, non ha voluto farlo nemmeno Antonio, il figlio di Elvira che ora guida la casa editrice con la sorella Olivia. I lettori sperano che prima dell’uscita di scena ci sia qualche altro Montalbano nei cassetti, anche perché Camilleri era uno scrittore molto prolifico.
Ieri il marchio palermitano ha dato l’addio al suo simbolo con una foto e un messaggio pubblicati sui social. Un volto sorridente e una frase — «Con immenso affetto e infinita gratitudine salutiamo Andrea Camilleri» — rendono omaggio a un rapporto lungo oltre 30 anni. A Sellerio infatti Camilleri è rimasto sempre fedele, a parte qualche concordata scappatella (con Mondadori, ma anche con Rizzoli, Skira, Bompiani e Salani) che sarebbe stata pericolosa se tra i due non si fosse instaurata subito, fin dal primo incontro a Palermo, quella sorta di «confidenza reciproca e spontanea» durata fino alla morte della Signora, nel 2010, e poi continuata con Antonio.
«È inevitabile che tu un giorno o l’altro finirai col mettermi le corna. Ma attento: posso perdonarti solo se mi tradisci con Marilyn Monroe e non con una donnetta qualsiasi»: è lo stesso scrittore a ricordare quell’avvertimento della Signora nel volume La memoria di Elvira (Sellerio, 2015). Quando lei pronunciò quella frase i libri di Camilleri avevano cominciato a vendere bene e a casa dello scrittore avevano iniziato a fioccare gli inviti, anche da parte di quegli editori che, per 10 anni, li avevano rifiutati perché scritti, a parer loro, «in un modo incomprensibile».
Elvira Sellerio e Andrea Camilleri si erano conosciuti nel 1983, grazie a Leonardo Sciascia, a cui lo scrittore aveva portato i documenti della Strage dimenticata. «Mi aspettavo di trovarmi di fronte, va’ a sapere perché, una sorta di virago, una donna dai modi imperiosi e sbrigativi. Senonché appena la guardai e appena mi accorsi di come mi guardava, mi resi conto che, in un attimo, ogni mio disagio era scomparso di colpo. Mi capitò di sentire una strana sensazione di familiarità, come se ci fossimo conosciuti da gran tempo e ora riprendevamo un discorso che era stato interrotto», scriverà Camilleri ricordando quel primo incontro.
La pubblicazione della Strage dimenticata segna l’inizio di un’amicizia rara anche se, per gli 8 anni successivi, Camilleri non darà più niente alla Signora per dedicarsi al suo «lungo addio» al teatro. Eppure la va a trovare anche tre o quattro volte l’anno, sempre nella sede di via Siracusa. Trascorrono il tempo a parlare non di letteratura ma di politica, avvenimenti, fatti privati. È quella che Camilleri definisce «l’amicizia siciliana» fatta anche di silenzi e occhiate, del «piacere di sentirsi l’uno accanto all’altro». Lui arrivava, percorreva il corridoio foderato di libri che conduceva al suo ufficio, entrava, lei lo accoglieva allargando le braccia e dicendo: «Mio amico del cuore». Lui ricambiava chiamandola «Elvirù».
Quando, nel 1998, Mondadori pubblica Un mese con Montalbano, Sellerio ha già mandato in libreria 4 volumi della serie del commissario di Vigàta e 5 romanzi storici. Sono anni difficili per la casa editrice, la fuitina di un autore che comunque vende 25 mila copie con il grande editore potrebbe essere fatale. Non sarà così: il passaggio con Mondadori (che venderà 100 mila copie di Un mese con Montalbano), insieme alla prima puntata della serie televisiva con Luca Zingaretti, trasmessa quell’anno, sdogana, anche presso il grande pubblico, uno scrittore fino a quel momento di nicchia. Il suo nome e il suo successo hanno contribuito a fare della casa palermitana un punto di riferimento, non solo per il giallo, non solo siciliano. È lui, per esempio, a consigliare la coppia svedese Maj Sjöwall e Per Wahlöö, anticipando il filone del thriller scandinavo.
Con Sellerio, Andrea Camilleri ha costruito una storia editoriale straordinaria, ma fino all’ultimo ha avuto diritto alle sue fuitine, come quella di Km 123, romanzo fatto di dialoghi, scritto per celebrare i novant’anni dei Gialli Mondadori.
Cristina Taglietti
 
 

Il Messaggero, 17.7.2019
Morto Andrea Camilleri, il papà di Montalbano. Domani l'ultimo saluto al cimitero acattolico di Roma
Sono pochissimi gli scrittori veri che, oltre a diventare popolari per i loro libri, riescono ad essere amati anche come personaggi. Andrea Camilleri, morto oggi a 93 anni, era uno di questi e ha usato questa sua forza mediatica per raccontare di sé e del suo amato commissario Montalbano, ma soprattutto per intervenire sul sociale, per cercar di far arrivare ai suoi lettori, che sono tantissimi, alcune idee base di democrazia e eguaglianza e dignità che sapeva bene oggi purtroppo non sono più da dare per scontate.

«Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni!». È con queste parole che concludevano la sua Conversazione su Tiresia, che la famiglia di Andrea Camilleri e le persone a lui care hanno voluto salutare e ringraziare tutti i suoi lettori e tutti i suoi amici di avergli voluto così bene. La moglie, le figlie, i familiari di Andrea Camilleri hanno quindi ringraziato il Dott. Roberto Ricci, il Dott. Mario Bosco, i medici, gli infermieri e tutto il personale del Reparto di Anestesia e Rianimazione e dell’intero Ospedale Santo Spirito di Roma «per la grande professionalità e il profondo affetto che hanno dimostrato nei confronti del loro caro». Sarà possibile salutare Andrea Camilleri domani 18 luglio dalle 15 presso il Cimitero Acattolico per gli stranieri al Testaccio in via Caio Cestio 6 a Roma.
Mattarella: grande vuoto. «Le traduzioni teatrali e televisive delle sue opere hanno conferito ulteriori dimensioni al suo patrimonio letterario, avvicinando, inoltre, al mondo dei libri un grande numero di persone». Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato alla famiglia Camilleri. «Andrea Camilleri - si legge nel messaggio - lascia un vuoto nella cultura italiana, e nei tanti che si sono appassionati nella lettura dei suoi racconti e sono stati attratti dai personaggi modellati dalla sua creatività».
Sospese le riprese di Montalbano. Da più di due mesi la Palomar, la casa di produzione della fiction Il Commissario Montalbano, è in provincia di Ragusa per girare tre nuovi episodi che verranno trasmessi nella prossima primavera. Oggi la troupe si trovava a Scicli per le riprese di alcune scene, ma appena è arrivata la notizia della morte di Andrea Camilleri si è deciso di sospendere i nuovi ciak in segno di lutto. Sul set a guidare la troupe c'era Luca Zingaretti che in questi giorni cura anche la regia, a causa di un'indisposizione dello storico regista Alberto Sironi. Proprio Zingaretti è stato il più scosso alla notizia della morte di Camilleri ed ha deciso di non andare avanti nella lavorazione. Le riprese dei nuovi episodi di Montalbano si concluderanno il 26 luglio all'interno del Museo di Kamarina.
La vita di Camilleri. La sua importanza come artista e intellettuale è stata proprio in questo costante impegno nella scrittura legata alle idee (si vedano un libro quale "Come la penso" del 2013 o le sue prese di posizione sul governo Berlusconi e oggi verso Salvini), proposte con la sua aria bonaria ma anche con un preciso vigore, con quel guizzo negli occhi che rende vero e vitale quel che si sta dicendo, senza perdere forza nemmeno ora che gli occhi gli si erano spenti. E i modi per dirlo, oltre a quelli diretti delle interviste su temi caldi del momento, sono anche quelli dei romanzi, in particolare quelli costruiti su influenza di Sciascia partendo da un avvenimento storico del passato più o meno recente, ma tutti alla fine incentrati sul nodo dei rapporti tra potere e malavita organizzata. I numeri parlano chiaro: cento libri, 27 romanzi su Montalbano, un fenomeno da 31 milioni di copie.
Non ci sarà nessun momento pubblico per le esequie di Andrea Camilleri, morto stamattina a Roma. Per volontà dello scrittore e della sua famiglia non ci sarà camera ardente e il funerale si svolgerà domani in forma privatissima. Solo dopo la sepoltura - a quanto si apprende - sarà reso noto il luogo in cui riposeranno le spoglie dell'autore, in modo da rendere possibile la visita ai tanti che lo hanno amato.
Traccia di questo resta anche nelle avventure contemporanee di Montalbano nella sua Vigata, nate nel 1994 con 'La forma dell'acquà, ritratto di vita e malavita di provincia (quella di Montelusa) in cui comunque emerge la figura del protagonista, con la sua malinconica ironia, e la caratterizzazione dei personaggi di contorno (il che ha fatto anche la eccezionale fortuna della serie tv con Luca Zingaretti), simpatico e abile commissario con una moralità tutta sua da cui non prescinde mai e con un modo personale di svolgere le indagini, spesso apparentemente attratto più dagli elementi di contorno e da rivelatori indizi divagatori che dalla sostanza del crimine. Figure e ambienti divertenti e ironici che rivelano echi, personalmente reinventati, della letteratura gialla che va da Simenon (di cui amava ancor più i romanzi senza Maigret) a Vazquez Montalban passando per Scerbanenco, ma soprattutto sono proposti in un'abile costruzione di ritmo narrativo incardinato su un dialogo magistrale e sostenute da quella personalissima lingua da lui creata, misto di italiano ed echi di siciliano, la cui espressività tanto conquista i suoi lettori ma spesso ha fatto storcere il naso a certa critica.
«Non si tratta di incastonare parole in dialetto all'interno di frasi italiane - spiegava - quanto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adoperi il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c'è dietro. Il risultato deve avere la consistenza della farina lievitata e pronta a diventare pane». Per questo l'ultima lettura risolutiva, prima di consegnare un testo, era sempre ad alta voce. La teatralità, l'abilità nei dialoghi, la costruzione delle trame sono rivelatori degli altri e non minori aspetti di questo artista, nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925, ma vissuto a Roma sin dal dopoguerra e dal 1949 regista (il primo a rappresentare Beckett in Italia) e autore teatrale e di saggi sullo spettacolo e scritti su Pirandello, oltre che per anni titolare di una cattedra di regia all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica. Un legame con la scena mai spezzato se anche negli ultimi anni, ormai persa praticamente del tutto la vista, costretto a dettare e farsi rileggere i propri libri, gli ultimi Montalbano, si è esibito al teatro greco di Siracusa in un suo monologo ispirato alla figura del veggente cieco Tiresia e si preparava a recitarne uno nuovo a Caracalla su Caino.
Nelle vesti di funzionario Rai delegato alla produzione e sceneggiatore lega poi il suo nome a famose produzioni poliziesche della tv italiana, che avevano come protagonisti il tenente Sheridan e il commissario Maigret. E se pubblica e scrive poesie sin dai suoi vent'anni, arriva davvero alla scrittura narrativa solo verso i 60 anni, con 'Il corso delle cosè, pubblicato nel 1978 gratis da un editore «a pagamento» con l'impegno di citarlo nei titoli dello sceneggiato tv tratto dal libro, 'La mano sugli occhì, che comunque non ne aiutò la fortuna. Nel 1980 esce quindi da Garzanti 'Un filo di fumò, il primo in cui compare la cittadina immaginaria di Vigàta ma è solo nel 1992, con l'uscita da Sellerio, che sempre resterà il suo editore principale, de 'La stagione della caccià, che grazie al passaparola dei lettori diventerà un sorprendente successo, confermato poi dal boom de 'Il birraio di Preston'. Camilleri ama la scrittura, ha una storia teatrale legata all'amore per l'alta avanguardia novecentesca e ha radici nella sua Sicilia e nel passato classico, così i suoi romanzi sorprendono spesso per scelte innovative, come accade nel 2008 con l'uscita de 'Il tailleur grigiò e, lo stesso anno, de 'Il casellantè, seconda parte di una trilogia di romanzi legati al mito, di cui fanno parte 'Maruzza Musumecì e 'Il sonagliò. Scrive costantemente, quotidianamente e nel 2016, a 91 anni, nella nota finale del suo centesimo libro, 'L'altro capo del filò, dichiara che si tratta di «un Montalbano scritto nella sopravvenuta cecità» che ha dovuto dettare alla sua assistente Valentina Alferj, «l'unica che sia ormai in grado di scrivere in vigatese». E lo stesso vale per tutto ciò che ha firmato da allora, sino all'ultimo Montalbano appena uscito, 'Il cuoco dell'Alcyon', giocato su recite e finzioni. I suoi rimpianti, divenuto cieco, diceva che riguardavano principalmente il non vedere più l'amatissima pittura e il non riuscire più ad ammirare la bellezza femminile. Negli anni, con i libri tradotti in trenta lingue e decine di milioni di copie vendute nel mondo, ha ricevuto una decina di lauree honoris causa e tanti premi.
 
 

Il Messaggero, 17.7.2019
Morto Camilleri, papà di Montalbano: il sogno premonitore nell'ultimo libro

Il buon Salvo Montalbano, commissario di Vigata, «si sentì assuttigliare da 'na gran botta di commozione, cavò fora il fazzuletto, si sciusciò il naso» vedendo lo scombinato e tenero, fedelissimo agente Catarella piangere di cuore: «e le lagrime gli scinivano lungo la facci, gli vagnavano il colletto, la cravatta», proprio come piangesse con tutto se stesso. Oggi, in questa scena dell'ultimo romanzo pubblicato da Andrea Camilleri, (morto oggi a 93 anni) 'Il cuoco dell'Alcyon' (Sellerio), diventa facile leggere che i suoi personaggi stanno piangendo la sua perdita, specie se lo identifichiamo col suo celebre eroe Montalbano che in queste pagine viene radiato dalla polizia, cacciato dal mondo e dal posto in cui si svolge la sua vita, suscitando la disperazione di Catarella e così di tutti gli altri suoi collaboratori.
Tante volte il commissario si è trovato in difficoltà anche gravi, in contrasti che cercano dei esautorarlo dalle sue indagini, ma è la prima volta che si giunge a una situazione tanto drastica e radicale. Scoprire in tutto questo un segno è una lettura tendenziosa ovviamente, come è facile fare a posteriori, cominciando dal vocione della domestica Adelina, per Salvo simile alla tromba del giudizio universale, proprio quella che «arrisbigliava i morti». Ma questo non basta, il fatto è che tutta la vicenda conserva sempre l'aria e l'ansia di un gran brutto sogno.
Il libro si apre, come è naturale per un giallo, con un morto, ma è un suicida, un operaio che per disperazione si impicca nella fabbrica di scafi in cui lavora e che il proprietario, un noto viveur, ha deciso di chiudere licenziando tutti i dipendenti. A questa vicenda aspra, realistica, se ne aggiunge poi una che sembra proprio più onirica, sin dall'apparire notturno di una nave: «Fu in quel priciso 'ntifico momento che vitti stagliarisi contra la luna, come se fusse un'ombra cinisi o un effetto da ginematò, a lento a lento, prima l'àrbolo di prua, pò a picca a picca tutta 'ntera la sagoma di 'na granni navi a vela, 'na goletta», senza passeggeri e con poco equipaggio, dalla poppa abbastanza grande per fare atterrare un elicottero e che, scopriremo, «aviva la bella bitudini di ristari dintra a un porto il minimo 'ndispensabili e pò scompariri».
Insomma, ecco i problemi della crisi economica dei nostri giorni e assieme, quasi apparizioni per le vie di Vigata, un mondo di belle donnine, giochi, azzardi e potremmo dire di pirati che non possono non evocare quelli salgariani, tingendo il giallo di avventura. Un racconto però di mascheramenti, dove tutto pirandellianamente non è quello che sembra. Un racconto classico quindi di Camilleri, tutto da leggere, con in più la commozione odierna.
 
 

La Stampa, 17.7.2019
Quel primo incontro con Camilleri tra innumerevoli sigarette e litri di birra
Prendeva tutto sul serio ma aveva un’autoironia a volte impenetrabile

Non si può negare che fosse generosamente eccessivo e strabordante in tutto: non solo nell’eroica energia necessaria a scrivere un centinaio di romanzi, quasi in gara con il suo “maestro” George Simenon, e continuare negli ultimi anni ad onta della cecità; e non solo nell’amore per il cibo che consegnò pari pari al suo commissario Montalbano, il cui nome peraltro è come noto un omaggio a un altro gourmet della letteratura, lo spagnolo Manuel Vasquez Montalban. La prima volta che ebbi l’occasione di incontrarlo, nella sua casa romana, restammo un’intera mattinata chiusi a parlare in salotto, finestre sbarrate per non far entrare il caldo, durante le quali si dissetò con qualcosa come due litri di birra e fumò una quantità indescrivibile di sigarette, senza curarsi minimamente dell’effetto camera a gas.
Andrea Camilleri era fatto così: prendeva tutto molto sul serio, salvo forse sé stesso, con un’autoironia a volte impenetrabile, molto siciliana. Ha incontrato tardi il successo, ha venduto trenta milioni di copie solo contando le edizioni Sellerio – ma ci sono anche i libri per Mondadori e Rizzoli, e poi le traduzioni in tutto il mondo -, ha trasformato da solo una casa editrice piccola e raffinata, che lottava strenuamente coi bilanci, in un medio editore tra i più importanti e prospero in Italia, che non teme i Grandi Gruppi; ha inventato un linguaggio, col suo dialetto che non replica ma semmai ricrea le parlate reali siciliane; ha creato personaggi, non solo Salvo Montalbano, che sono entrati prepotentemente nella vita di tutti; ha arricchito l’italiano parlato, non solo quello regionale, di modi di dire e nuovi lemmi.
Su questo punto aveva le idee già ben chiare fin dal principio, o almeno da quando rinunciò alla poesia (giovanissimo venne pubblicato sull’Almanacco dello Specchio) per cercare altro. «Molti siciliani – ci raccontò - mi dicono: questi termini non li abbiamo sentiti mai. Ma certo, perché appartenevano alla campagna povera; sono quelli del vecchio contadino cui regalavo le sigarette “Milit” subito dopo la guerra, perché mi raccontasse favolose storie di briganti. Le storie sono cadute, mi sono rimaste le parole che la piccola borghesia non sa usare, ma che Pirandello conosceva bene quando traduceva i classici in siciliano». Il drammaturgo di Agrigento fu uno dei suoi punti di riferimento, l’autore cui tornare sempre e porre domande (poi accade con Simenon, quando entrato in Rai lavorò fra il ’64 e il ’72 come produttore esecutivo alla serie della Inchieste del Commissario Maigret, protagonista Gino Cervi, imparando a smontare i gialli pezzo a pezzo, e poi ricostruirli) e anche un personaggio di casa, visto che la famiglia era stata in affari con lui nel campo dello zolfo.
I romanzi d’esordio nacquero così grazie a Pirandello e alle sue osservazioni sul linguaggio – anche se non ebbero fortuna: Il corso delle cose (nel '78, da Lalli, che abitualmente si faceva pagare le spese dagli autori, ma nel caso di Camilleri pare rinunciasse in favore di una menzione televisiva) e Un filo di fumo (nell'80, da Garzanti). Per il primo, l’editore gli chiese un glossario: «Lo scrissi divertendomi assai – raccontò poi -. Pensi a come si può spiegare la parola "minchia"...». Montalbano ancora non esisteva. Arrivò con La forma dell’acqua, nel ’94, e secondo Raffaele Silvano Nigro anche grazie a una scommessa. Elvira Sellero, che già aveva pubblicato due titoli di Camilleri, nutriva dubbi sul possibile esito commerciale. Il critico letterario e italianista, che era un suo consulente, accettò così un patto forse scherzoso: se entro un mese dalla pubblicazione non fosse accaduto nulla di significativo, almeno una recensione, avrebbe rifuso personalmente l’editrice delle spese sostenute. Passarono 29 giorni, silenzio. Nigro aveva già pronto l’assegno, ma proprio a scadenza uscì a sorpresa la prima recensione, su un quotidiano trentino.
Era fatta. Venne seguita da altre, la critica era tutta con lui. Salvo Montalbano cominciò prima a piccoli passi poi di gran corsa a colonizzare il nostro immaginario col passo da eroe di un interminabile feuilleton, tanto che i lettori intervenivano in continuazione, commentavano le situazioni, criticandole, chiedendo magari altre soluzioni per esempio ai suoi dilemmi amorosi. Montalbano è qualcuno di famiglia, ed anche uno dei personaggi italiani più noti al mondo. A fine Ottocento nacque Pinocchio, a fine Novecento il commissario di Vigata. Nulla, tranne la popolarità planetaria, sembra accomunarli. Vale la pena tuttavia di ricordare Sciascia, che osservò una volta come il lettore del giallo si comporti un po' da spettatore cinematografico: nel caso di personaggi troppo "alti", per esempio Sherlock Holmes, l'identificazione avviene con la spalla, Watson.
«Nel mio caso – sono ancora parole di Camilleri - è con Montalbano, perché rappresenta qualcuno che tutti possiamo tranquillamente invitare a cena senza sentirci intimiditi». Va da sé che Pinocchio non eccepirebbe mai sulla qualità della cucina, gli basta che i panini siano imburrati di dentro e di fuori come nel Paese dei Balocchi; con Montalbano un po’ d’ansia ai fornelli è ampiamente giustificabile.
Mario Baudino
 
 

La Stampa, 17.7.2019
Dai racconti alla cronaca, il Camilleri de La Stampa
Il primo pezzo è del 14 giugno ’98, la storia di un mistero sulle ceneri di Pirandello che lo scrittore aveva conosciuto di persona, da bambino

Torino. Per molti anni, a partire dalla fine del secolo scorso, Andrea Camilleri è stato un collaboratore prestigioso e fedele della Stampa, sull’onda anche della sottile fascinazione che molti siciliani avvertono per tutto ciò che è torinese (leggendo i suoi libri, tra l’altro, si scopre che diverse parole del dialetto isolano assomigliano in modo sorprendente all’omologo piemontese, retaggio del comune passato intriso di connessioni francesi).
Il primo articolo è del 14 giugno ’98, la storia di un mistero sulle ceneri di Pirandello, che Camilleri aveva conosciuto di persona, da bambino, «quando s’era appresentato all’improvviso a casa mia alle tre di dopopranzo, parato in una divisa nivura che mi parse quella di un ammiraglio in alta uniforme (era vestito da Accademico d’Italia, lo seppi dopo), spiando di vedere mia nonna Carolina».
Quella estate, mentre le top ten dei libri più venduti erano letteralmente monopolizzate dai suoi titoli (sei su dieci!), Camilleri inventò per La Stampa una serie di otto racconti dal titolo «Il commissario di bordo», incentrati sulla figura di Cecè Collura che indaga sui fatti insoliti accaduti a bordo di una nave da crociera (storie poi raccolte nel volume Le inchieste del commissario Collura, pubblicato dalla Libreria dell’Orso nel 2002 e ripubblicati da Mondadori nel 2007).
In seguito il «papà» di Montalbano è intervenuto con commenti sui fatti di cronaca, soprattutto quelli legati alla sua Sicilia, e con racconti per i quali attingeva alla sua sterminata esperienza personale di testimone nel mondo delle lettere e dello spettacolo. La collaborazione, molto intensa nei primi anni, si è poi rarefatta, in coincidenza con l’aggravarsi dei problemi di vista che gli hanno reso sempre più difficile la scrittura. Da un certo punto in poi si è felicemente dedicato soltanto ai suoi libri, che ha continuato a pubblicare a ritmi del tutto ragguardevoli, festeggiando nel 2016 i primi cento titoli, usciti in meno di un quarto di secolo: e da allora diversi altri se ne sono aggiunti.
 
 

ANSA, 17.7.2019
E' morto Andrea Camilleri, i messaggi e i ricordi per lo scrittore
Da tempo ricoverato, aveva 93 anni
Andrea Camilleri è morto all'ospedale Santo Spirito di Roma dove era da tempo ricoverato. Tantissimi i messaggi di ricordo dello scrittore.

''Con infinita tristezza scrivo queste parole per ricordare Andrea #Camilleri. Un uomo gentile, coraggioso e generoso - ha scritto Fabio Fazio su twitter -. Un intellettuale col cuore. Una persona limpida la cui onestà ci ha fatto da guida e ci ha consolato. Da oggi siamo tutti più soli''.
"Oggi scompare una voce unica e meravigliosa - spiega il segretario del Pd e presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti -. Andrea Camilleri, con i suoi romanzi e con la sua presenza pubblica, è stato capace di suscitare un sentimento di vicinanza quasi familiare in una moltitudine di persone". "Abbiamo perso molto più di un grande scrittore - aggiunge - Camilleri è stato infatti un eccezionale narratore, una figura pubblica amata e, insieme, uno spirito critico del Paese, uomo libero, sempre pronto a mettersi in gioco, senza calcoli e opportunismo, in difesa dei diritti e della giustizia. Grazie Maestro, per tutto quello che ci hai dato con immensa generosità, passione e intelligenza".
"La cultura italiana e la letteratura contemporanea perdono una colonna portante -così in una nota le deputate e i deputati del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura -. Il nostro addio al maestro Camilleri è pieno di riconoscenza, per lo sguardo lucido sulla realtà, lo spirito critico e la capacità di parlare a tutti indistintamente. Grazie Maestro!".
"Una triste notizia per la Sicilia, che perde un suo figlio, e per l'Italia, che vede andarsene un suo magnifico maestro di vita. Addio Andrea Camilleri, ci mancherai", ha scritto il vicepremier Luigi Di Maio su twitter.
"Un affettuoso arrivederci ad Andrea Camilleri. Il Commissario Montalbano ha svelato tanto del nostro lavoro mettendo in luce l'umanità dei poliziotti sempre al servizio delle comunità. Ci mancherà Maestro", recita in un tweet la Polizia di Stato.
"Addio ad Andrea Camilleri, papà di Montalbano e narratore instancabile della sua Sicilia", ha scritto il ministro dell'Interno Matteo Salvini su twitter.
 
 

ANSA, 17.7.2019
Montalbano nell'Olimpo degli ascolti, 1,2 miliardi di spettatori
34 tv movie da 24 romanzi, in arrivo i nuovi episodi

Da un ventennio, senza incertezze e senza inganni sull'everest degli ascolti. Trentaquattro tv movie (tratti da 24 romanzi e 20 racconti di Andrea Camilleri) in onda in prima serata su Rai2 (dal 1999 al 2001) e su Rai1 (dal 2002 a oggi). Numeri record quelli de "Il commissario Montalbano'. La serie evento è stata vista complessivamente da circa 1,2 miliardi di telespettatori. Solo nel nostro paese. Ascolti record che nel 2018 sono arrivati a toccare punte superiori ai 12,9 milioni di telespettatori (La giostra degli scambi, Rai1).
Era il 1999 quando Luca Zingaretti prestava per la prima volta carisma, ruvidezza e onestà intellettuale alla creatura di Camilleri (nel Ladro di merendine) intingendola nei colori e nei sapori della sua Sicilia. Gli ultimi due film che hanno stupito il pubblico di Rai1, 'L'altro capo del filo' e 'Un diario del '43' sono andate in onda l'11 e il 18 febbraio. Per quanto riguarda le repliche 'Una faccenda delicata' è il titolo (1/a ribattuta in data 13 marzo 2017) che ha totalizzato il maggiore ascolto (9,7 milioni di telespettatori con il 39,7% di share) A ben 20 anni dalla messa in onda, il commissario, nato dalla penna di Andrea Camilleri, si è confermato, con la messa in onda a febbraio, il più amato dal pubblico, con 11.108.000 i telespettatori (44,9% lo share).
Complici anche i muretti a secco, la macchina che è sempre la stessa, le nuotate di Zingaretti davanti a casa, la terrazza sull'infinito di Marinella, la pasta 'ncasciata di Adelina, i pizzini di Fazio, la passione per le donne di Mimì Augello, l'irruenza di Catarella. E il fascino aristocratico di Sonia Bergamasco nei panni dell'eterna fidanzata Livia. Il successo del commissariato di Vigata (luogo che non esiste peraltro ma nato dalla fantasia dello scrittore) non si è fermato in Italia, la serie è stata venduta all'estero e trasmessa negli anni in oltre 65 Paesi tra Europa, Gran Bretagna e Stati Uniti. La regia sempre di Alberto Sironi, la produzione Palomar di Carlo degli Esposti.
Ma non solo Montalbano. Se c'è una cifra letteraria che va riscoperta in Camilleri che ha stregato gli italiani (sia i lettori che i telespettatori), è quella dei romanzi storici, ambientati soprattutto nella Sicilia di fine Ottocento, quando l'Italia si era appena unita e una delle regioni che più accusò il colpo era proprio l'isola: La Stagione della Caccia, in onda lo scorso febbraio con protagonista il farmacista Fofò La Mattina (Francesco Scianna) che apre una farmacia a Vigata. E i più nobili fra i nobili sono i Peluso di Torre Venerina. Ma questa ricchissima e potente famiglia comincia all'improvviso a essere decimata dai lutti. L'adattamento tv con la regia di Roan Johnson, ha fatto segnare oltre 7 milioni di spettatori centrando più del 30% di share.
L'anno precedente un giallo in costume ma anche un western alla siciliana e soprattutto un romanzo storico di estrema attualità che va alla radice di contraddizioni e mali italici, dal divario nord-sud alla corruzione, alla criminalità organizzata: 'La mossa del cavallo', il film tv diretto da Gianluca Maria Tavarelli e tratto dall'omonimo giallo di Camilleri ambientato all'indomani dell'Unità d'Italia, nel 1877 sempre nell'immaginaria Vigata, ispirata alla città natale dello scrittore-sceneggiatore, Porto Empedocle. 'La mossa del cavallo' ha visto protagonista Michele Riondino che aveva già collaborato con Camilleri e Tavarelli per 'Il giovane Montalbano', (trasposizione tv di racconti dello scrittori del periodo giovanile del commissario). Risultato, quasi 8 milioni e il 32%.
Montalbano con Zingaretti è andato in onda in tutti i continenti, dall'Asia al Sudamerica passando anche per l'Iran. A dare il volto a Montalbano è sempre Luca Zingaretti, il regista sempre Alberto Sironi, Mimì è Cesare Bocci, Fazio è Peppino Mazzotta e Catarella è Angelo Russo. Perché mai come nel caso di Montalbano, squadra che vince non si cambia.
Montalbano e le donne: tra le attrici che hanno preso parte ai vari episodi della serie evento ricordiamo Katharina Böhm, Sonia Bergamasco, Isabella Ragonese, Valentina Lodovini, Francesca Chillemi, Serena Rossi, Belén Rodriguez, Miriam Dalmazio, Teresa Mannino, Serena Iansiti, Antonia Liskova, Barbora Bobulova, Ana Caterina Morariu, Caterina Vertova, Margareth Madè Mandala Tayde, Afef Jnifen, Guia Jelo, Isabell Sollman, Angelica Ippolito, Alexandra Dinu, Federica De Cola, Simona Cavallari, Dajana Roncione, Lina Perned, Carmelinda Gentile, Mirella Petralia e Ketty Governali.
Camilleri e il suo commissario Montalbano non lascerà soli i suoi fedelissimi spettatori ancora per molto: nel 2020 arriveranno tre nuovi episodi su Rai1. Da luglio Sironi è tornato sul set sempre con Zingaretti e il resto del cast. Il primo film tv è tratto da La rete di protezione (2017) e vede il commissario alle prese con il mondo dei social network, mentre Vigata è in subbuglio a causa dell'arrivo di una troupe svedese impegnata a girare una fiction ambientata negli anni 50. Il secondo si intitola Il metodo Catalanotti ed è tratto dal romanzo uscito l'estate scorsa in cui Montalbano si trova a indagare all'interno di una compagnia teatrale amatoriale e, soprattutto, ha un incontro speciale che gli scatena una passione inaspettata. Infine c'è Salvo amato Livia mia, un mix di racconti il cui focus è la relazione tra Montalbano e la sua Livia.
Nicoletta Tamberlich
 
 

ANSA, 17.7.2019
La politica
Camilleri attivista, dal Partito Comunista alle critiche a Salvini

La firma al manifesto per salvare la storia a scuola dal progetto di ridimensionamento vissuto come «attentato alla vita culturale e civile del nostro Paese» è stato solo uno degli ultimi impegni di un indomito Andrea Camilleri, il cui attivismo civico e politico è parte fondamentale della sua figura.
Il dialogo con i cittadini, il rapporto maieutico e strettissimo con i giovani è sempre stato al centro quasi come una missione di vita. Camilleri non ha mai nascosto da che parte politica stava, non ha mai avuto timore di dire quello che pensava e per questo è stato spesso al centro di polemiche politiche. Non ultima quella con il vicepremier Matteo Salvini.
«Non voglio fare paragoni ma intorno alle posizioni estremiste di Salvini avverto lo stesso consenso che a dodici anni, nel 1937, sentivo intorno a Mussolini. Ed è un brutto consenso perché fa venire alla luce il lato peggiore degli italiani, quello che abbiamo sempre nascosto, il razzismo, aveva detto più volte. E Salvini puntualmente replicava: «Eccolo! I suoi libri mi piacciono parecchio, i suoi insulti non tanto».
Il tema dei migranti e del razzismo lo aveva visto fieramente opposto al ministro e il rosario baciato da Salvini in piena campagna elettorale era stata una nuova occasione per attaccarlo: «Mi fa vomitare» aveva detto Camilleri. E il ministro dell’Interno gli aveva risposto: «Scrivi che ti passa, io continuo a lavorare e, nel mio piccolo, a credere. Mi dispiace perché io adoro Montalbano. Non pensavo che un rosario, parlare di Maria, di padre Pio o San Francesco potesse far vomitare o fosse sintomo di volgarità».
Camilleri aveva un cruccio, che poi è lo stesso di tanti della sua generazione: «Ho vissuto l’entusiasmo del 1945, del 1947 per rifare l’Italia. E poi? Poi io consegno a mia pronipote e a voi un futuro incerto. Questo è un fallimento che mi porto nella tomba», aveva detto nel 2017 agli studenti della 'sua' Porto Empedocle incitandoli a non mollare. E non era un invito ad estraniarsi dalla vita pubblica: «È facile cadere nell’antipolitica, ma il populismo è la fiammata di un mattino».
Per questo ai ragazzi aveva detto: «Non credete ai Renzi o ai CinqueStelle» perché «sono già cadaveri, già fuori dalla vostra storia e dal vostro avvenire. Teneteli lontani dal vostro avvenire. Fatevelo voi...».
Andrea Camilleri è stato «un giovane fascista» ma maturò pian piano una coscienza di sinistra, arrivando a fondare nel '43 una sezione del Pci col permesso degli americani, grazie all’intercessione di un vescovo.
Camilleri non ha mai «votato Democrazia Cristiana. Io ho sempre votato Partito Comunista che, bene o male, aveva il rispetto delle istituzioni», ma della sinistra è sempre stato una sorta di spina al fianco, di pungolatore, criticandola infinite volte e sollecitandola ad avvicinarsi di più alla gente, cogliendo le istanze dal basso, partecipando non a caso alla stagione dei 'girotondi' in piazza. Da 'senza partitò nel 2009 si era in qualche modo speso alle europee per l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.
Si era con clamore opposto alla rielezione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ("sono suo coetaneo e so quale è a questa età lo sfaldamento delle cellule cerebrali. Io posso scrivere un romanzo imbecille, lui ha altre responsabilità», ha scritto nel saggio 'Come la penso io'). Berlusconi era stato per anni oggetto di critiche: all’Europarlamento nel 2002 aveva denunciato il conflitto d’interessi del presidente del Consiglio: «Non solo continua possedere le sue reti televisive, le sue case editrici, i suoi giornali, ma ha anche tramutato la televisione di stato in televisione del governo», sottolineando le 'epurazioni' di Biagi e Santoro. Ma più che Berlusconi si crucciava del berlusconismo, della 'cortè del premier pur ammettendo con amarezza che «la forza di Berlusconi è, sì, chi lo vota, ma soprattutto la debolezza estrema dell’opposizione».
E oggi? «Oggi la politica è rappresentata da gente che ha degradato il lavoro. Nel lavoro consiste buona parte della dignità dell’uomo. La verità è che i primi a non considerarla sono i partiti della sinistra, del cosiddetto centrosinistra».
 
 

ANSA, 17.7.2019
Stop a riprese di Montalbano per lutto
Zingaretti scosso dalla morte di Camilleri ferma la lavorazione

Scicli (Ragusa) - Da più di due mesi la Palomar, la casa di produzione della fiction Il Commissario Montalbano, è in provincia di Ragusa per girare tre nuovi episodi che verranno trasmessi nella prossima primavera. Oggi la troupe si trovava a Scicli per le riprese di alcune scene, ma appena è arrivata la notizia della morte di Andrea Camilleri si è deciso di sospendere i nuovi ciak in segno di lutto. Sul set a guidare la troupe c'era Luca Zingaretti che in questi giorni cura anche la regia, a causa di un'indisposizione dello storico regista Alberto Sironi. Proprio Zingaretti è stato il più scosso alla notizia della morte di Camilleri ed ha deciso di non andare avanti nella lavorazione. Le riprese dei nuovi episodi di Montalbano si concluderanno il 26 luglio all'interno del Museo di Kamarina.
 
 

AGI, 17.7.2019
In ars veritas
Montalbano è morto, anzi no
Camilleri, un unicum letterario. Almeno un paio d’inediti nei cassetti del maestro scomparso

"Ho scritto la fine dieci anni fa... Ho trovato la soluzione che mi piaceva e l’ho scritta di getto, non si sa mai se poi arriva l’Alzheimer. Ecco, temendo l’Alzheimer ho preferito scrivere subito il finale. La cosa che mi fa più sorridere è quando sento che il manoscritto è custodito nella cassaforte dell'editore... È semplicemente conservato in un cassetto". Era il 2006 quando Andrea Calogero Camilleri confidò a Repubblica l’aver messo le mani avanti, già da un decennio, sulla fine della creatura che gli ha dato fama e successo, Salvo Montalbano.
Accanto all’ultima fatica del commissario più famoso d’Italia la Sellerio custodisce un altro inedito, pronto a diventare oro nelle mani dell’editore storico dello scrittore scomparso, di cui è noto il titolo: Riccardino. E chissà quanti ne usciranno, con ogni sorta di scartafacci, per fare cassa alla morte di quello che può a buon diritto definirsi padre della letteratura italiana, spirato alla bella età di quasi 94 anni. Un maestro senza regole, come titola il film documentario del 2014 su di lui che la Rai ripropone a ogni genetliaco.
In realtà di regole il maestro n’aveva, eccome: era ferreo nei suoi riti e canovacci, nonostante la cecità che non gl’impediva di sfornare storie sotto dettatura alla fida collaboratrice. Temeva il rincoglionimento, Camilleri, ma la sua fine è arrivata in modo diverso, con la classica rottura del femore – esiziale a ogni anziano – dopo una caduta nella casa romana. Cosa che non gl’impediva di partecipare al tiro al Salvini, come prima al Berlusca, caro ai piddini. Poco dopo, a metà giugno, veniva ricoverato al Santo Spirito per un arresto cardiaco. Da allora viveva, per così dire, attaccato alle macchine.
Regista e docente televisivo e teatrale, prima che scrittore, Camilleri era nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925, e aveva dato alle stampe il suo primo libro con un ignoto editore toscano, a pagamento, nel lontano 1978. Non se l’era filato nessuno, né miglior fortuna aveva avuto fino alla metà degli anni ‘90. Quando sbancò con Salvo Montalbano.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma il suo commissario è una stampa e una figura, per dirla come lui, con quel Giuseppe Montalbano, agrigentino pure lui, già commissario di polizia, poi segretario regionale nella Sicilia dell’immediato dopoguerra e membro del comitato centrale nel Pci di Togliatti. Comunque sia andata, Montalbano lancia Camilleri nell’empireo dei grandi scrittori, grazie anche al volano delle serie tv che ne moltiplicano visibilità e vendite, facendone un personaggio di culto nella letteratura italiana contemporanea, tradotto in 120 paesi.
Con oltre cento titoli all’attivo e la bellezza di 25 milioni di libri venduti – a partire dai settant’anni – lo scrittore è egli stesso un autore di culto. Benché le sue non possano definirsi propriamente opere letterarie, tant’è che allo Strega, per dirne una, non s’è mai manco avvicinato, il suo successo è sotto agli occhi di tutti, la formula vincente, e i numeri stanno lì a testimoniarlo, come i tentativi d’imitazione. Tutti abortiti ma che hanno se non altro avuto il merito di sdoganare dialetti e linguaggi regionali presso il grande pubblico.
L’unicum di Camilleri è stato questo: aver inventato una lingua sua, impasto d’italiano e siciliano mutuato dalla vita reale. Dalla necessità di far passare il tempo al padre malato, da lui assistito sul letto di morte. Storie che non avrebbe potute raccontare, e scrivere, se non nel registro della lingua parlata, natìa.
Altra peculiarità – merito più grande, se possibile – è che Montalbano sia – checché ne dica Feltri senior – l’unica lettura capace di mettere quasi tutti d’accordo, restando quel che deve essere soprattutto un romanzo: un piacere. Una bontà a cui si perdona qualche sentore acidulo, le pecche presenti, sbavature che la regia televisiva di Sironi amplifica ma che nulla tolgono al piacere della lettura. A Camilleri si perdona tutto. I suoi libri, sempre in testa alle classifiche, non fanno in tempo a finire sugli scaffali che vanno a ruba, a ogni nuova uscita.
Come nel caso dell’ultimo Montalbano: 'Il cuoco dell’Alcyon', uscito alla vigilia del ricovero, anomalo adattamento a una sceneggiatura italoamericana che nonostante le sempiterne pecche "è un buonissimo libro", per dirla come l’autore. È che lo scrittore siciliano è stato per la parola scritta quel che Vasco è per la parola in musica: genio capace di raccontare storie che non puoi fare a meno di leggere; che si lasciano divorare anche se a volte sguazzano nel ripetitivo e nel papocchio. Storie capaci di piacere a tutti, trasversali alle generazioni e alle parrocchie politiche.
Tra qualche giorno [Sic!, NdCFC], il 15 luglio, Camilleri avrebbe dovuto partecipare alle letture teatrali alle terme di Caracalla, con lo spettacolo 'Autodifesa di Caino' (autore caro, se non a Dio, a un altro genio della letteratura mondiale quale Saramago). "Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e, alla fine del mio cunto, passare tra il pubblico con la coppola in mano", ebbe modo di dire più volte il maestro. Non gli è stato dato di finire così, ma non è escluso che l’anima di Camilleri giri davvero, coppola e sorriso alla mano, tra le torme dei suoi lettori affranti, prima d’andarsene nel paradiso degli scrittori.
Maurizio Zuccari
 
 

Amica, 17.7.2019
È morto Andrea Camilleri, il papà di Montalbano
Scrittore, attore, drammaturgo, insegnante e molto altro. Aveva 93 anni. Un ricordo personale...

Andrea Camilleri, il papà di Montalbano, è morto a Roma. Aveva 93 anni. Era un grande raccontatore di storie. E un attore nato.
Era stato male il 17 giugno: arresto cardiorespiratorio. Lo aspettavano alle Terme di Caracalla, per il suo spettacolo Autodifesa di Caino. Da 25 anni aveva un «compagno di viaggio» chiamato (da lui) Salvo Montalbano.
«Più che papà, nonno». Lo disse lui, alla sottoscritta. Confesso. Adoro la serie tv perché mi fa venire voglia di fare le valige e andare subito in vacanza in Sicilia. I libri, a leggerli, faccio più fatica. C’è il problema della lingua. Quella sublime, su cui lui mise il copyright ben prima di presentarci Salvo Montalbano. Il commissario di Vigata nacque in La forma dell’acqua (1994). Ma lui, Camilleri, col siciliano già “giocava” da tempo. Nelle poesie e nei testi teatrali che scriveva…
Andrea Camilleri viveva in una casa piena di libri. La casa più piena di libri che la sottoscritta abbia mai visto. Sono stata fortunata: il papà/nonno di Montalbano l’ho incontrato a casa sua. Nella sua casa/studio. Due appartamenti uniti, mi disse. Una tana nella stessa via del suo primo posto di lavoro. La vecchia Rai. «Sono pigro e siciliano. Il massimo del piacere è stato dover solo attraversare la strada».
Fu lui a fare la battuta del nonno. Come un perfetto e galantuomo padrone di casa, mi fece fare il giro delle stanze. E dei libri sui ripiani che in pratica coprivano tutte, ma proprio tutte, le pareti…
Era il 2010. Suo genero Rocco Martelliti, regista, aveva preso il racconto La scomparsa di Patò e l’aveva trasformato in un film. Protagonista Alessandra Martelliti, figlia/nipote, attrice diplomata all’Accademia di Arte Drammatica dove per 20 anni il nonno aveva insegnato regia… Lei mi raccontò che da bambina, il pomeriggio, andava a casa sua e si metteva sotto la sua scrivania mentre lui scriveva le sue storie.
La sorpresa fu scoprire, per esempio, che la famiglia Camilleri non andava in vacanza in Sicilia. «Non sono mai riuscito a lavorare senza sentire la vita. I rumori, il contatto coi bambini. La vita, per me, sono le vacanze in Toscana con tutta la carovana di figli, madre, suocera, generi, nipoti, animali»…
Altra sorpresa: «Luca Zingaretti non somiglia affatto al mio Montalbano. Gli attori devono darmela a bere…». Il “fenomeno Montalbano” scoppiò 4 anni dopo l’uscita del primo libro: «Me ne accorsi in una libreria di Firenze. Invece delle solite 30 signore sopra i 50 anni, c’era un gruppo di ragazzi, seduti per terra. Pensai: “che bello, mi contestano”. Invece vennero a chiedermi l’autografo. Passai dalle 80.000 alle 900.000 copie».
Mi raccontarono, nonno Andrea e Alessandra, del Natale a casa Camilleri: «Ci vediamo tutti in questa casa. Possiamo essere anche in 30. Mia moglie, di lontane origini napoletane, fa il presepe: ci lavora due giorni e viene bellissimo». Rosetta, la moglie, gli è stata accanto per una vita intera. 62 anni di matrimonio, tre figlie, quattro nipoti, due case… Era la sua prima lettrice e il suo primo critico.
Il 30 maggio è arrivato in libreria Il cuoco dell’Alcyon. Sempre Sellerio, l’editore a cui è rimasto fedele. È già primo in classifica. Sarà il libro dell’estate: scommettiamo?
Antonella Catena
 
 

Culture, 17.7.2019
De Masi: «Camilleri ha capito subito il fascismo di Salvini»
Il sociologo conosceva lo scrittore siciliano: «Avversò Berlusconi. Lungimirante come il suo Tiresia, non come una sinistra troppo timida»

Andrea Camilleri ha sempre impiegato parole sferzanti verso la destra di esponenti come Berlusconi e, oggi più che mai, Salvini di cui «ha compreso subito il fascismo. Così come, da uomo di sinistra, si è opposto a Berlusconi». Coerentemente con la sua scrittura e con le sue storie del commissario Montalbano. Lo ricorda, con affetto oltre che con un apprezzamento profondo, Domenico De Masi: sociologo, professore emerito alla Sapienza di Roma, è stato amico dello scrittore siciliano.
Professore, quando ha conosciuto Camilleri?
L’ho conosciuto moltissimi anni fa tramite uno scrittore italoamericano, Jerre Mangione (1909-1998, ndr): aveva scritto cose interessanti sulla Sicilia tra cui il libro Monte allegro. Tramite questo comune amico Camilleri e io diventammo amici e avevamo in comune anche l’amicizia con Leonardo Sciascia. Ci siamo visti più volte, per esempio nella sua regione in occasione del restauro del dipinto di Santa Lucia del Caravaggio a Siracusa.
Quando vi siete incontrati l’ultima volta?
Era a Roma alla Camera di Commercio a Piazza di Pietra dove ha presentato l’ultimo libro su Tiresia, Conversazione su Tiresia (il profeta cieco nella mitologia greca e l’indovino nell’Odissea che lo scrittore ha riletto nella sua Conversazione con Tiresia, ndr). Pur su una sedia a rotelle e cieco, è stato bravissimo. Lo spettacolo è previsto a luglio alle Terme di Caracalla, ho anche preso il biglietto.
Come valuta il suo lavoro?
Ne ho avuto sempre un’ottima stima.
In politica il padre del commissario Montalbano si è sempre pronunciato chiaramente?
Sì. Politicamente si è sempre schierato a sinistra. È stato molto vicino alla rivista Micromega quindi a quel gruppo di persone critiche verso il poco attivismo del Pd.
Si era pronunciato apertamente anche contro Berlusconi.
Certo, di conseguenza al suo pensiero. A me la sua posizione è parsa sempre molto chiara, netta e precisa. Ed era collegata a tutto quanto ha scritto: tutte le sue narrazioni, hanno un filo rosso attento agli svantaggiati, agli sfruttati, al sud. Si è sempre schierato bene, almeno dal mio punto di vista.
Come autore non ha mai esitato a schierarsi, indipendentemente dagli effetti editoriali delle sue posizioni?
Camilleri ha avuto un successo talmente prorompente che non aveva bisogno di affiliarsi a qualcuno. Ricordo che una volta mi regalò un libretto verde, la primissima cosa che scrisse con Sellerio. Dissi a Sciascia di aver letto questo libro dicendogli che l’autore era bravissimo, ha uno stile sferzante, ottimo, poi arrivarono altri romanzi come Il birraio di Preston. Verso i primi due – tre libri il pubblico fu titubante, poi quando si accorse del valore di questo scrittore ogni settimana la classifica dei primi dieci libri venduti vedeva almeno uno o due suoi titoli.
Come spiega quel successo?
Lo spiego innanzi tutto come quello di Simenon. Camilleri è stato uno scrittore estremamente prolifico, scriveva uno, due o tre libri all’anno. Poi ha creato uno stile straordinario, unico, in cui mescola il siciliano all’italiano creando una lingua nuova: ha “sicilianizzato” i lettori, anche i non siciliani hanno cominciato a capire. Ora di un cinquantenne si dice “cinquantino”, faccio per dire un esempio.
Lo stile si è riverberato nelle fiction con Luca Zingaretti.
Il riflesso delle fiction, più che il cinema, lo ha aiutato molto. Il suo stile si prestava a diventare fiction e la fiction si prestava ad amplificarne il successo.
Anche perché le serie tv sono fatte molto bene. Questo incide e non poco.
Sì, Montalbano è una serie splendida e di primissima qualità.
Occorre però tornare alla politica. Sul web si sono propagati messaggi che si felicitano per la morte di Camilleri, leghisti in particolare. Sono gli odiatori di professione.
La qualità degli insulti su Facebook ormai è tale che non ci si fa più caso. Sono cretini che devono alzare il tiro e più alzano il tiro meno significato hanno. Riguardo a Salvini Camilleri ha capito subito il suo fascismo. E che altro doveva fare? Sono gli altri che sono troppi timidi nel non riconoscere questa caratteristica del leader leghista. Anche in questo Camilleri è stato molto lungimirante come Tiresia.
Lo scrittore si è pronunciato anche contro la politica dei respingimenti del governo giallo-leghista e Salvini.
È tutto correlato. Il modo di gestire la questione migranti trova un limite inaudito sia nel modo sciagurato con cui lo hanno gestito i governi di sinistra sia nel modo ancora più scellerato proseguito dai governi di destra. La sinistra non ha saputo creare un sistema di accoglienza, la destra non riceve né accoglie e Minniti, da ministro, è stato il degno passaggio da una sciaguratezza all’altra.
Stefano Miliani
 
 

Le Monde, 17.7.2019
Mort d’Andrea Camilleri, père du « giallo », le polar à l’italienne
Il écrivait dans une langue riche, mélange d’italien et de sicilien, et avait créé son propre genre. Il est mort à Rome à l’âge de 93 ans.

Il fut plus qu’un écrivain. Andrea Camilleri, mort mercredi 17 juillet, à l’âge de 93 ans, à Rome, inventa un genre : le polar à l’italienne (« giallo »). Salvo Montalbano, son personnage taciturne, gourmet et d’une intelligence rare, offrit certes un succès tardif à l’auteur sicilien, mais permit surtout à la littérature transalpine de trouver un second souffle.
Difficile de dissocier l’œuvre de l’auteur, tant Montalbano (le patronyme est un hommage au Catalan Manuel Vazquez Montalban, père du détective Pepe Carvalho) est un double de Camilleri. Ses nombreuses enquêtes (vingt-six ont été traduites en français, au Fleuve noir, sur trente-deux livres) se déroulent dans un village imaginaire baptisé Vigata. La bourgade n’est qu’un décalque littéraire de Porto Empedocle, à l’est de la Sicile, où le « maestro » est né le 6 septembre 1925.
Richesse d’écriture
D’ailleurs, le maire de la ville souhaiterait accoler « Vigata » au nom de la cité, pour rendre hommage à l’écrivain devenu un phénomène en Italie. La série télévisée inspirée des aventures du commissaire Montalbano (1999-2017) a rencontré un tel succès qu’un feuilleton dérivé (« spin-off ») a même été créé, mettant en scène l’inspecteur à ses débuts.
Camilleri ne s’est, cependant, pas fait connaître uniquement grâce à ses romans policiers drôles et politiques - homme de gauche, l’écrivain met les thèmes de la corruption, de la mafia et de la crise migratoire au cœur de son œuvre - mais aussi grâce à une langue. En version originale, ses livres sont écrits dans un mélange de dialecte sicilien et d’italien, parfois déroutant pour un Milanais ou un Vénitien. « A la maison, nous avions toujours parlé un dialecte constamment enrichi d'italien, et la distinction [...]
Abel Mestre
 
 

Le Monde, 17.7.2019
Andrea Camilleri : « La majorité des Italiens ont adoré Mussolini, et cette volonté d’obéissance n’a jamais disparu »
Le grand écrivain sicilien est mort, mercredi. Quelques semaines avant, il accordait un entretien au « Monde ».

Quelques semaines avant sa disparition, le grand écrivain sicilien Andrea Camilleri a accordé au Monde » un entretien, dans son appartement romain, situé en face d’un studio d’enregistrement de la RAI. L’occasion d’évoquer son œuvre, mais aussi sa popularité intacte dans un pays de plus en plus acquis aux idées du ministre de l’intérieur, Matteo Salvini (Ligue, extrême droite).
Vous ne voyez plus depuis plusieurs années. Comment cela a-t-il changé votre travail ?
Andrea Camilleri : Je savais que j’allais perdre la vue peu à peu. J’ai eu un très bon chirurgien qui m’a donné trois années de lumière de plus. Puis, inévitablement, c’est arrivé. Alors, pour continuer à écrire, j’ai dû apprendre à dicter, et surtout, à bien me souvenir de ce que j’avais dit. Quand on écrit, on garde près de soi le souvenir de ce qu’on a à peine imaginé, les détails. Soudain, je n’ai plus eu ce secours, mais il me suffit parfois de dire : « S’il vous plaît pourriez-vous répéter la dernière phrase ? », et je m’y retrouve.
J’ai une jeune femme qui travaille avec moi depuis maintenant dix-huit ans. Elle a parfaitement assimilé ma façon d’écrire. Ce qui n’est pas facile, vu que j’emploie un mélange d’italien classique et de dialecte sicilien. Elle n’est même pas sicilienne – elle est de Pescara [dans les Abruzzes] –, pourtant elle connaît parfaitement ma langue.
On travaille ensemble, et très bien, le matin. Comme ça, nous avons écrit trois romans du commissaire Montalbano, et un autre livre. L’après-midi, en revanche, c’est différent. Si je veux travailler, je dois le faire avec une de mes petites-filles. Du coup, je change de langue, et passe à l’italien. Alors je quitte Montalbano et j’avance sur d’autres projets.
Quand avez-vous le plus de plaisir ? Quand vous écrivez en italien ou dans votre sicilien ?
Andrea Camilleri: En «vigatese», bien sûr. Je suis plus gai, plus allègre. C’est une langue que je me suis inventée, du coup je sais que je peux dire exactement ce que je veux. L’italien… je ne sais pas si j’y arrive tout à fait. Je pense que j’arrive à exprimer 90 % de ce que je voudrais.
Vous parlez du «vigatese». Mais Vigata, la ville de Montalbano, n’existe pas.
Andrea Camilleri: Non, et d’ailleurs cette langue n’en est pas vraiment une. Disons que cette ville emprunte beaucoup à Porto Empedocle, où je suis né, et à Agrigente, la grande cité voisine, mais que Vigata est un lieu à géométrie variable, qui ouvre ses murs jusqu’à accueillir en son sein toute la Sicile.
Jérôme Gautheret
 
 

Le Nouvel Observateur, 17.7.2019
Andrea Camilleri est mort : c’était le parrain du polar
Conteur-né, truculent, caustique, le créateur du commissaire Montalbano est décédé ce mercredi 17 juillet à 93 ans. Il racontait la Sicile, dans une langue qui n’appartenait qu’à lui et que toute la Péninsule adorait.

L’écrivain sicilien Andrea Camilleri est décédé ce mercredi 17 juillet 2019 à l’âge de 93 ans, a annoncé l’hôpital romain où il se trouvait dans un état critique depuis un arrêt cardiaque en juin. Né le 6 septembre 1925 à Porto Empedocle, il avait conçu en 1994 le personnage du commissaire Montalbano, flic débonnaire et amateur de bonne chère, devenu l’une des figures du roman policier européen. Metteur en scène de théâtre, réalisateur de télévision et scénariste, Andrea Camilleri s’était fait connaître tardivement comme romancier, mais son succès avait été foudroyant. Nous republions ce portrait signé Frédéric Vitoux, paru dans « L’Obs » en 2001.
Andrea Camilleri, le parrain du polar
L’Italie existe-t-elle ? Ou n’est-elle qu’une « expression géographique », comme disait Metternich ? Qu’y a-t-il de commun, mettons, entre un Palermitain et un habitant du Val d’Aoste ? Eternelles questions qu’un homme, un écrivain de 76 ans, Andrea Camilleri, illustre aujourd’hui dans ses réponses contradictoires. Oui, l’Italie existe, bien entendu. La preuve : le succès exceptionnel sur toute la péninsule de cet auteur à la vocation tardive qui fut longtemps scénariste à la RAI et metteur en scène de théâtre.
Quelques romans savoureux situés à la chranière du XIXe et du XXe siècle, et surtout une demi-douzaine de récits policiers qui ont pour héros son commissaire Montalbano.
[...]
Frédéric Vitoux
 
 

Le Figaro, 17.7.2019
Andrea Camilleri, le père du polar à la sicilienne, est mort à 93 ans
DISPARITION - Le célèbre auteur italien de polar est décédé mercredi 17 juillet à l’âge de 93 ans. Il avait été hospitalisé il y a un mois jour pour jour après des problèmes cardio-respiratoires.

L’écrivain sicilien Andrea Camilleri, «père» du commissaire Montalbano, est décédé mercredi à l’âge de 93 ans, a annoncé l’hôpital romain où il était dans un état critique depuis un arrêt cardiaque en juin. «Son état toujours critique de ces derniers jours s’est aggravé dans les dernières heures, compromettant les fonctions vitales», a annoncé l’hôpital dans un communiqué, précisant que les funérailles se dérouleraient dans l’intimité.
L’Italie entend cependant rendre un dernier hommage à ce «pape» du polar dont le style riche et jubilatoire avait tiré le roman noir vers la littérature. Sicilien d’origine, né à Porto Empedocle en 1925, Andrea Camilleri publie son premier roman à l’âge de 53 ans. Il connaîtra le succès en Italie et à l’international avec ses romans policiers mettant en scène Salvo Montalbano, flic débonnaire et amateur de bonne chère d’une petite ville sicilienne fictive, Vigata. Le succès a été foudroyant pour son personnage, dont la première aventure, La forme de l’eau, était parue en 1994, alors que son auteur avait déjà 69 ans.
«Je l’aime et je le hais à la fois. Je lui dois presque tout, il m’a ouvert la voie pour les autres romans», confiait-il au sujet de son héros au charme rugueux. «Mais il est envahissant, prétentieux, antipathique, et quand je tombe sur un os, je le vois arriver qui me dit ’Moi je ferais comme ça’», racontait le romancier au crâne dégarni et au nez chaussé d’éternelles lunettes carrées, toujours entouré de cendriers débordant de mégots.
Les aventures de ce commissaire haut en couleur se déclinent sur une trentaine de romans et une série télévisée qui ravit les Italiens depuis vingt ans. Auteur d’une centaine d’ouvrages, Andra Camilleri a vendu plus de vingt millions de livres en Italie. La série de polars mettant en scène le commissaire a été traduite en une trentaine de langues.
Une «dette immense» envers Simenon
«Je n’ai pas peur de mourir, je regrette seulement d’avoir à laisser les personnes que j’aime le plus», écrivait Andrea Camilleri. S’il reconnaissait avoir «une dette immense envers le commissaire Maigret de Simenon», il avait choisi le nom de Montalbano en hommage au romancier catalan Manuel Vazquez Montalban, créateur de Pepe Carvalho.
Après une longue pause, il publie en 1992 La saison de la chasse, roman basé sur un fait divers authentique, situé à la fin du XIXe siècle dans la bourgade de Vigata. Le livre est écrit dans un mélange d’italien et de dialecte sicilien qui deviendra la marque de fabrique de Camilleri et... un défi pour ses traducteurs. «Disons que j’invente 1% des mots mais pour le reste, j’utilise le dialecte des paysans ou des ouvriers siciliens», avait-il confié à l’AFP lors d’une interview à son domicile romain.
En 2016, alors qu’il a perdu la vue, Andrea Camilleri franchit le cap des 100 ouvrages avec une nouvelle enquête de Montalbano qu’il raconte avoir dictée à son assistante. La dernière, Il cuoco dell’Alcyon (Le cuisinier de l’Alcyone), est sortie au printemps 2019 et est passée immédiatement en tête des ventes, comme les précédentes.
 
 

franceinfo, 17.7.2019
L'auteur de polars italien Andrea Camilleri, créateur du commissaire Montalbano, est décédé
L'hôpital romain où résidait Andrea Camilleri depuis le mois de juin a annoncé le décès de l'auteur de romans policiers italien, à l'âge de 93 ans.

Malgré ses 93 ans et son état de santé critique, Andrea Camilleri n'a jamais pris sa retraite. "Né pour raconter des histoires", écrit le quotidien italien La Republicca, alors que le pays pleure un de ses plus grands auteurs de romans policiers, décédé le mercredi 17 juillet à Rome.
"Je n'ai pas peur de mourir, je regrette seulement d'avoir à laisser les personnes que j'aime le plus", avait écrit l'auteur, hospitalisé au mois de juin dernier après un arrêt cardiaque.
Dans un communiqué, l'hôpital romain dans lequel il résidait depuis a expliqué que "Son état toujours critique de ces derniers jours s'est aggravé dans les dernières heures, compromettant les fonctions vitales", avant de préciser que les funérailles se dérouleraient dans l'intimité.
Un auteur prolifique
L'auteur sicilien a séduit des millions de lecteurs dans le monde grâce aux aventures du commissaire Montalbano, qu'il décline dans 35 livres. En 40 ans de carrière (il a publié son premier roman à l'âge de 57 ans), Andrea Camillera a publié une centaine d'ouvrages, publiés dans près de 30 langues différentes, de l'arabe au coréen.
En France, 27 tomes des aventures du commissaire Montalbano, connu pour sa gourmandise et inspiré du commissaire Maigret de Simenon, ont été publiés. Le nom de Montalbano avait été choisi en hommage au romancier catalan Manuel Vazquez Montalban, créateur de Pepe Carvalho.
En 2016, alors qu'il a perdu la vue, Andrea Camilleri franchit le cap des 100 ouvrages avec une nouvelle enquête de Montalbano qu'il raconte avoir dictée à son assistante. Il cuoco dell'Alcyon" (Le cuisinier de l'Alcyone) est sorti au printemps 2019 et est passé immédiatement en tête des ventes, comme les précédentes aventures de ce commissaire, adaptées dans une série télévisée suivie par des millions de télespectateurs à travers le monde, des Etats-Unis à l'Australie en passant par l'Europe, et même l'Iran.
Une carrière commencée sur le tard
Après des études de lettres et de théâtre, Andrea Camilleri, aussi militant du Parti communiste italien, commence à travailler comme metteur en scène, ainsi que comme enseignant et poète. Sa carrière de romancier ne débute que lorsqu'il approche de la soixantaine.
La première aventure du commissaire Montalbano, La forme de l'eau, parait en 1994, alors que son auteur a déjà 69 ans. Le succès est immédiat, alors que son premier ouvragre, publié en 1978 a fait un flop. "Je l'aime et je le hais à la fois. Je lui dois presque tout, il m'a ouvert la voie pour les autres romans", confiait-il au sujet de son héros au charme rugueux.
Avant son hospitalisation, le romancier et fumeur compulsif devait remonter sur les planches le 15 juillet, à l'occasion du spectacle Autodifesa di Caino, dans les thermes de Caracalla à Rome. L'an dernier, il avait fait son grand retour en tant qu'acteur au théâtre grec de Syracuse, en Sicile.
Une pluie d'hommages
Les hommages commencent à pleuvoir dans son Italie natale, notamment chez les politiques. "C'est une triste nouvelle pour la Sicile, qui perd son fils, et pour l'Italie, qui voit partir un magnifique maître de vie. Adieu Andrea Camilleri, tu nous manqueras", a estimé le vice-Premier ministre Luigi Di Maio, du mouvement anti-système Cinq étoiles.
L'autre vice-Premier ministre, Matteo Salvini (Ligue, extrême droite), a salué "le narrateur infatigable de sa Sicile".
"Une voix unique et merveilleuse disparaît", a écrit Nicola Zingaretti, chef de file du Parti démocrate et frère de Luca Zingaretti, l'acteur qui incarne le commissaire Montalbano au petit écran. "Nous avons perdu beaucoup plus qu'un grand écrivain. Il nous restera la beauté de ses récits", a-t-il poursuivi.
"Il a offert la Sicile au monde entier", a salué quant à lui le ministre de la Justice Alfonso Bonafede, lui aussi sicilien.
 
 

franceinfo, 17.7.2019
Des mots de minuit - Andrea Camilleri (1925-2019). Le polar pour dénoncer l’injustice endémique et “la pieuvre”…
Andrea Camilleri, 74 ans à l’époque de cette émission, et coqueluche des Italiens en matière de polars (La forme de l’eau ou le Chien de faïence). Il détaille ici l’arrivée de son succès et évoque son “héros”, le commissaire Salvo Montalbano (un hommage à Manuel Vázquez Montalbán).
On ne peut pas regretter la maladie (la mafia) mais autrefois on savait de quoi on était malade. Andrea Camilleri

Montalbano aime manger et bien. Ce qui fait comme son collègue espagnol Pepe Carvalho (le personnage de Vázquez Montalbán (1939-2003)) l’un de ses traits de personnalité. Il explique l’évolution de la mafia et il décrit l’attitude des Siciliens face à “la pieuvre”. Il cite le romancier Léonardo Sciascia qui fut le premier à évoquer la mafia dans un livre et estime que “Cosa nostra” a perdu ses codes, ce qu’il regrette.
Réalisation : Pierre Desfons, François Chayé
Production : Thérèse Lombard et Philippe Lefait
Rédaction en chef : Rémy Roche
Émission du 10 mai 1999.
Cliccare qui per vedere la trasmissione
Philippe Lefait
 
 

Radio France Internationale, 17.7.2019
Italie: l'écrivain sicilien Andrea Camilleri s'est éteint

Andrea Camilleri, bien connu notamment pour ses polars à succès, est décédé mercredi 17 juillet à l'âge de 93 ans. Il était hospitalisé depuis le mois de juin suite à un arrêt cardiaque. Au pays de Dante et de Pirandello, le metteur en scène de théâtre et écrivain sicilien était une des célébrités les plus populaires en Italie. Non seulement pour son fameux commissaire Montalbano et les adaptations télévisées de ses polars - 20 ans de série et des records d’audience - mais aussi pour le regard sans concession qu’il portait sur son pays.
Andrea Camilleri avait déjà 68 ans quand il a été découvert par les Italiens, grâce à la publication de La Forme de l’eau, en 1994, le premier de ses polars mettant en scène le fameux commissaire Montalbano. Jusqu’ à la fin de ses jours, il a toujours brillé par son extraordinaire vivacité, son sens aigu de l’ironie et son engagement politique.
1994 est aussi l’année de l’arrivée au pouvoir de Silvio Berlusconi. Andrea Camilleri ne s’est pas gêné pour fustiger, « l’imbécilité du berlusconisme ». Porté par ses talents de narrateur, il incarnait à la fois la rébellion et la sagesse. Tout ce qui concernait la culture, l’éducation, comme vecteurs de liberté, le passionnait. Au-delà de l’écriture, il aimait faire vibrer, avec sa voix rauque et chaude, les théâtres, les studios de radio, les plateaux télévisés, les places publiques.
Dernièrement, il s’en prenait, tout particulièrement au nouveau capitaine du pays. Camilleri confiait qu’entendre Matteo Salvini invoquer la Vierge à des fins politiques lui donnait « la nausée ». La plus grande peur du maestro sicilien, né sous le fascisme, n’était pas la mort mais « le retour en arrière de l’Italie ».
Anne Le Nir
 
 

Marianne, 17.7.2019
Littérature
Andrea Camilleri, mort d’un grand Sicilien
L'écrivain sicilien Andrea Camilleri, "père" du commissaire Montalbano, est décédé ce mercredi à l'âge de 93 ans, a annoncé l'hôpital romain où il était dans un état critique depuis un arrêt cardiaque en juin. Il avait écrit plus de cent livres, réalisé plus de cent spectacles théâtraux et était entré au panthéon des grands écrivains italiens.

« Je n’ai peur de rien, même pas de la mort et surtout, je n’ai aucun regret car j’ai bien vécu ». Alors que le 94e coup s’apprêtait à sonner à l’horloge, Andrea Camilleri était encore à la fenêtre, la tête pleine de projets. L’homme à la cigarette, qui aurait voulu finir sa carrière assis dans un square en racontant des histoires avant de passer au milieu du public la « coppola » à la main (le béret sicilien), s’apprêtait à monter sur scène à la mi-juillet. Devant des centaines de spectateurs assis sur les gradins de l’antique théâtre romain des Termes de Caralla, situé à quelques pas du Colisée à Rome, il aurait lu son dernier monologue, L’auto-défense de Caïn. Entretemps, il aurait pensé à un autre livre, peut-être une nouvelle aventure du commissaire Montalbano, qu’il n’aimait pourtant pas beaucoup mais qui lui collait carrément à la peau. Au bout de deux tomes, Andrea Camilleri avait d’ailleurs songé à se débarrasser de ce flic encombrant qui ressemblait à s’y méprendre, enfin dans les façons, au Maigret de Simenon, que le Sicilien admirait. Mais le succès de ces deux premiers polars avait été tel, d’abord en Italie puis dans le monde entier, que l’ancien metteur en scène de théâtre avait décidé de donner aux lecteurs ce qu’ils réclamaient en continuant la saga de Montalbano.
Andrea Camilleri était né le 6 septembre 1925 dans un petit village sicilien perché sur la mer, Porto Empedocle, que la mairie a demandé de pouvoir rebaptiser en Porto Empedocle Vigata pour rendre hommage à l’écrivain et à sa créature, Montalbano. Car Vigata, la petite cité balnéaire où habite le commissaire, c’est le village natal de Camilleri. D’ailleurs lorsqu’il parlait de son enfance, là-bas face à la mer et au milieu des rochers, de cette terre qu’il avait dans la peau comme tous les Siciliens, la voix rauque de « Nené », comme l’appelaient ses amis, retrouvait les inflexions typiques, la lenteur, l’inversion du sujet-verbe propres au dialecte si littéraire de cette région. Et lorsqu’il commençait à parler de politique, sa troisième passion - les autres, c’étaient la littérature et sa femme Rosetta, qu’il avait épousée en 1957 -, on sentait monter la colère face à ce qu’il appelait « le manque de culture générale et généralisé, et le laxisme des gens d’aujourd’hui qui ne sont plus assez vigilants face au fascisme qui reste en nous comme un virus mutant ».
Camilleri le bon vivant
En mai 2016, lorsque le quotidien « Il Giornale », qui appartient à la famille Berlusconi, avait décidé d’offrir à ses lecteurs un exemplaire de Mein Kampf, qu’il appelait « un très mauvais pavé », Andrea Camilleri avait dit qu’il fallait le faire lire dans les écoles pour « éviter l’oubli et pour tuer le négationnisme qui est enfanté par le manque de mémoire, d’éducation et de culture ». Lui, il l’avait lu il y a longtemps, « parce qu’on ne peut pas seulement lire les écrivains qui nous ressemblent et qu’il faut savoir ce que l’autre pense pour mieux le combattre ». Mais il ne savait même plus où il l’avait glissé au milieu de tous ses livres, qui occupaient quasiment tout son appartement. Car la littérature lui était entré dans le sang, comme il disait, à l’âge de 20 ans.
C’était au lendemain de la guerre, en 1946, la royauté venait d’être abolie et l’Italie tentait de sortir la tête des décombres. Andrea Camilleri dévore tout, Malraux, André Gide, Mallarmé, les poésies de Vittorio Alfieri qui le forment intellectuellement. Puis il s’inscrit au parti communiste, qu’il ne reniera jamais. En 1949, la vie du futur grand maître du polar prend un tournant important avec la découverte de Beckett, Ionesco, T.S. Elliot, Adamov. Après avoir étudié à l'Académie d’art dramatique, Andrea Camilleri est recruté par la Rai, le service public, qui a besoin de jeunes réalisateurs. Le temps passe vite et en 1978, le Sicilien décide de sauter le Rubicon en publiant son premier roman : Le cours des choses. Une sombre histoire de meurtre avec, pour fond de toile, sa Sicile. Quasiment vingt ans plus tard, il écrit la première aventure du commissaire Montalbano. Le succès est immédiat, les Siciliens s’enflamment, le monde aussi. On lui donne des conseils, le flic devrait changer de fiancé car elle n’est pas Sicilienne et dérange le panorama, on lui propose des recettes de cuisine typique puisque Montalbano adore la bonne bouffe, comme son créateur d’ailleurs. La télévision s’empare de la saga et à chaque épisode, l’audimat explose.
Lorsque le soleil s’est couché sur la vie d’Andrea Camilleri, il avait fêté son 106e livre. Le Sicilien à la Coppola avait tout raconté, l’amour, la politique, la nature humaine, le temps qui passe, et était couvert de prix littéraires et de médailles, comme celle de grand Officier de l’Ordre du Mérite. Et son humeur n’était pas sombre, au contraire, car il n’avait pas peur de la mort, faisait confiance à l’homme et avait aimé la vie par dessus tout.
Ariel F. Dumont
 
 

Marianne, 17.7.2019
Rencontre
Entretien : les leçons siciliennes d'Andrea Camilleri
"Les héros n’existent plus mais l’homme est le héros contemporain." Andrea Camilleri Auteur
Andrea Camilleri est mort ce mercredi 17 juillet. Nous l'avions rencontré au lendemain du Brexit, rupture qui risquait, disait-il, d’isoler l’Europe. Pour éviter un éclatement, il disait qu’il fallait profiter du Brexit pour remodeler l'Europe et bloquer l'avancée des partis populistes.

Marianne : Quel est votre sentiment au lendemain du Brexit ?
Andrea Camilleri - Le Brexit est une erreur gigantesque sur le plan culturel et politique qui démontre la myopie des Britanniques et souligne aussi les faiblesses de l'Europe qui n'a pas été capable de rassembler les peuples. En vérité, le Royaume-Uni n’a jamais véritablement fait partie de l’Union européenne puisqu’il n’appartenait pas au bloc Schengen et à la zone euro. Souvenons nous aussi que les Britanniques ont adhéré à l’Union européenne pour des raisons d’opportunité et d’opportunisme, ils ont été d’une grande ambiguïté. Il fallait les obliger à adhérer à Schengen et à l’euro car ils auraient eu beaucoup plus de mal à claquer la porte. En ce qui nous concerne, nous devons profiter de cette occasion pour remodeler l’Europe et changer son concept. Cela veut d’abord dire arrêter de faire tourner l’Union européenne autour de la monnaie unique. Je suis favorable à l’euro mais il ne peut pas être le seul trait d’union entre les peuples. Nous devons avoir des idéaux en commun ou ce sera la faillite. En Europe, plus personne ne prononce le mot idéaux ou dénominateurs communs.
Avez-vous le sentiment que tout est perdu en Europe ?
Non. En revanche, j'ai le sentiment que l'Europe est fragile. Personne n’a voulu comprendre l’impact et les conséquences de la question migratoire sur l’Union européenne qui a fait preuve d’abord d’une grande myopie puis d'un énorme égoïsme. Comment a-t-on pu ne pas prévoir ces vagues migratoires ? Comment les différents chefs d’État ont-il faire preuve d’une telle incapacité au niveau de l’organisation ? Il fallait prévoir, organiser l'accueil et surtout, faire preuve de générosité. Face au désespoir, les murs, les barbelés ne servent à rien. Ni à bloquer les arrivées des migrants ni à arrêter les terroristes. Les derniers attentats ont démontré qu’ils sont les enfants des pays qu’ils veulent frapper. Les murs deviennent nos propres prisons, ils nous étouffent au lieu de nous protéger.
Les plus grandes erreurs ou fautes de l’Europe ?
Ne pas avoir été capable de raconter son histoire, de dire qu’elle existe. Durant les dernières années, nous n’avons eu que des bulletins de santé boursiers pour dire soit que tout allait bien, soit que nous étions au bord du gouffre. C’est peu et cela donne surtout l’idée d’un continent vidé de son contenu. Je suis frappé par le silence des intellectuels européens qui n’interviennent jamais sur les questions essentielles. Ils se voilent la face et détournent leurs regards. Nous ne pouvons pas nous permettre de gâcher une occasion aussi importante que l’Union européenne. A quatre-vingt-dix ans, l’idée que les Européens ne pourront plus jamais s’entretuer grâce à la création d’un bloc unissant un certain nombre de pays, me fait vivre et vibrer.
Éviter à jamais le risque d’une autre guerre est une conquête extraordinaire. Gardons cette phrase en mémoire : jamais plus. En mai 1942, j’avais 17 ans et j’ai participé aux journées internationales des jeunes fascistes à Florence. Il y avait des jeunes venus des pays conquis par le régime nazi. Le chef des Jeunesses hitlériennes, Baldur Von Schirach, nous a longuement parlé de la future Europe, une Europe basée sur les critères nazis où la culture serait anéantie, les livres détruits sauf un, Mein kampf le brûlot d’Adolf Hitler. Une Europe vide et vidée. Cela m’a fait peur et j’ai commencé à douter du fascisme. La publication trois ans plus tard du Manifeste de Ventotene qui évoquait pour la première fois l’idée d’une union européenne, m’a bouleversé. C’était la patrie que je voulais, une union de pays libres et sans frontières.
Vous avez récemment affirmé que vous ne voulez-vous plus parler de politique dans vos romans. Pourtant, vous ne pouvez pas vivre sans elle.
Je fais partie de cette génération qui a survécu à la deuxième guerre mondiale en rêvant de construire ou plutôt de reconstruire un nouveau monde, de refaire l’Europe. Ce qui se passe aujourd’hui, me rempli de tristesse. Parfois, je pense que nous sommes tous coupables, que nous aurions du nous impliquer d’avantage. La situation actuelle me désole, me met en colère. L'Italie, l'Europe, le monde, l'actualité est toujours d'une brutalité extrême. En ce qui concerne mon pays, au lendemain de la deuxième guerre mondiale, nous voulions refaire l'Italie. Nous n’en avons pas été capables. Je vois, je sens le vide. Nous avons dilapidé un énorme patrimoine et l'Europe est en train de commettre la même erreur.
Dans vos romans, quel est le personnage qui vous ressemble le plus, auquel vous êtes le plus attaché ?
Ce n’est surement pas le commissaire Montalbano. Il est envahissant, prétentieux, antipathique. A chaque fois que j’ai un problème, j’ai le sentiment qu’il est derrière moi et qu’il murmure: « moi, voilà ce que je ferais… ». Je préfère le roi Zosimo. J’ai mis cinq ans à écrire ce roman qui se passe au début du 18ème siècle. Il fallait que je trouve une nouvelle forme de langage à travers l’écriture. En fait, un livre a véritablement changé ma vie, La condition humaine de Malraux. Lorsque j’ai tourné la page sur le fascisme à 17 ans en 1942, l’évêque d’Agrigente en Sicile m’a accusé d’être communiste. Pour moi, c’était un peu comme une insulte. Et je suis tombé sur ce livre qui avait échappé à la censure fasciste. Un an après, je suis devenu communiste. Je le suis encore, je fais partie des mammouths en voie d’extinction. Je dois beaucoup à Malraux qui m’a formé d’un point de vu politique et intellectuel. J’ai été très influencé par la littérature française. André Gide m’a appris l’art de la narration avec Les Caves du Vatican. En lisant Gide, je me sentais grisé. L’après-midi d’un faune de Mallarmé, quel souffle ! Mon seul désir est de rester suffisamment lucide pour continuer à écrire, à me souvenir, à imaginer des choses lumineuses comme la couleur de l’herbe et la vivacité du ciel. Le poète Vittorio Alfieri disait : à l’heure du crépuscule, l’humeur devient noire. Le soleil se couche sur ma vie mais mon humeur n’est pas sombre, au contraire. Je fais confiance à l’homme et à la vie. Les héros n’existent plus mais l’homme est le héros contemporain. Il se trompe, il commet des erreurs, des atrocités mais à la fin, il se rachète toujours.
Ariel F. Dumont
 
 

Le Soir, 17.7.2019
L’écrivain et metteur en scène sicilien, Andrea Camilleri, est décédé à 93 ans
Il était connu pour les romans à succès du commissaire de la ville sicilienne fictive de Vigata dont le premier livre est « La Forma dell'Acqua » et pour ses adaptations du professeur Maigret de Simenon.

L’écrivain sicilien Andrea Camilleri, «père» du commissaire Montalbano, est décédé mercredi à l’âge de 93 ans, a annoncé l’hôpital romain où il était dans un état critique depuis un arrêt cardiaque en juin.
«Son état toujours critique de ces derniers jours s’est aggravé dans les dernières heures, compromettant les fonctions vitales», a annoncé l’hôpital dans un communiqué, précisant que les funérailles se dérouleraient dans l’intimité.
L'Italie entend cepedant rendre un dernier hommage à ce «pape» du polar dont le style riche et jubilatoire avait tiré le roman noir vers la littérature.
[...]
 
 

La Libre, 17.7.2019
Décès de l'écrivain italien Andrea Camilleri: le commissaire Montalbano est orphelin
L’écrivain italien Andrea Camilleri, l’homme aux 26 millions de livres vendus en Italie, est mort à 93 ans.

L’écrivain et metteur en scène italien Andrea Camilleri est mort à 93 ans, à Rome, Sicilien d’origine, né à Porto Empedocle, il a connu un énorme succès en Italie et au-delà avec ses romans policiers mettant en scène Salvo Montalbano, commissaire de police d’une petite ville sicilienne fictive, Vigata. Un personnage dont le nom lui a été inspiré par un autre commissaire célèbre de la littérature policière, Pepe Carvalho imaginé par l’écrivain espagnol Manuel Vazquez Montalban.
Traduit en trente langues, il est l'auteur de plus de cent ouvrages et a vendu vingt-six millions de livres rien qu'en Italie. Le miracle Camilleri tient peut-être au fait d’avoirréussi à offrir une image aimable de sa chère Sicile à toute la péninsule.
Après des études à Palerme où il fréquente la bohème, il écrit quelques poèmes et commence une carrière de metteur en scène, autant pour le théâtre que pour la radio et la télévision. Il fut également enseignant et théoricien d’art dramatique Il adapta entre autres -moment important pour la suite- les enquêtes du commissaire Maigret de Simenon.
Ce n’est qu’en 1982, à 57 ans déjà, qu’il publie son premier roman qui sera suivi de tant d’autres, à un rythme effréné.
Ce furent d’abord des romans policiers avec les enquêtes du commissaire Montalbano à Vigata. Les aventures de ce flic sicilien haut en couleur se déclinent sur 35 romans dont 27 traduits en français, et une série télévisée qui a ravi les Italiens durant 20 ans.
Mais ses romans, ce furent aussi d’autres sujets, souvent inspirés de faits divers réels de la Sicile du XIXe et XXe siècle. Des histoires plus souriantes que trash, qui affirment toutes un amour indéfectible pour la Sicile. Cette passion n'exclut toutefois pas une certaine ouverture à l'autre, le non-sicilien. Ainsi, Livia, la petite amie du commissaireMontalbano, est génoise.
« Bouliguer »
Andrea Camilleri se plaisait à créer une langue mêlant italien et sicilien, langue étrange mais facilement compréhensible par le contexte.
C’était toujours un vrai plaisir de lire un roman d’Andrea Camilleri, si formidable conteur d’histoires tendres et truculentes, et un créateur de mots si savoureux et si inventifs.
On le découvrait par exemple dans son roman, Le garde-barrière. On n’y retrouvait pas le commissaire Montalbano et ses enquêtes à Vigata. Cette fois, les "héros" étaientNino, petit garde-barrière qui doit surveiller les deux passages par jour d’un petit train qui se traîne à vitesse d’homme, et son épouse chérie, Minica.
On est dans les années 40, c’est la guerre au lointain. La vie est simple, champêtre, chaleureuse. Camilleri invente alors son pseudo patois sicilien qui donne au récit une dimension picaresque. La traduction française réussissaitl’exploit de rendre parfaitement cette virtuosité langagière. Un exemple entre mille : "Toto répéta qu’il trouvait Nino ce matin, tout bouligué. Pouvait-on savoir ce qui lui arrivait ? Un instant, Nino fut tenté de vendre la carabasse et lui confier qu’il avait gagné au loto, mais il tint sa langue. Il jura son grand serment qu’il se sentait comme d’habitude".
On retrouve dans ce récit, le plaisir de côtoyer des gens simples et généreux, Mais, peu à peu, Camilleri introduisait le diable dans son histoire qui portait les habits noirs du fascisme et de la guerre, plongeant brusquement Nino et Minica dans la nuit.
Camilleri n'hésitait pas non plus à faire découvrir au lecteur toutes les spécialités savoureuses de la cuisine sicilienneau hasard des repas du commissaire Montalbano. Comme le fait Pepe Carvalho….
Guy Duplat
 
 

De Standaard, 17.7.2019
Italiaanse misdaadauteur Andrea Camilleri (93) gestorven
De Italiaanse misdaadauteur Andrea Camilleri is gestorven. Dat hebben de gezondheidsautoriteiten van Rome gemeld.

Camilleri stierf op woensdagochtend in het Santo Spiritoziekenhuis in Rome op 93 jarige leeftijd. Zijn kritieke toestand waarin hij al verkeerde nadat hij op zeventien juni een hartstilstand had gekregen, was nog verder achteruitgegaan, dat deelde de gezondheidsautoriteit ASL1 (azienda sanitaria locale) mee.
Hij is vooral bekend voor zijn boekenreeks over de Siciliaanse inspecteur Montalbano, een personage gekend voor zijn ongehoorzaamheid, scherpe geest en voorliefde voor de lokale keuken. Rond dat personage schreef Camilleri een 30-tal detectiveromans.
De reeks verscheen voor het eerst in 1994 in Italië en werd in 30 talen vertaald. De Italiaanse openbare omroep RAI herwerkte de boeken ook naar een succesvolle televisieserie die van Camilleri een internationale beroemdheid maakte.
Amy Cornelissen
 
 

Washington Post, 17.7.2019
Obituaries
Andrea Camilleri, Italian author of Montalbano detective series, dies at 93

Andrea Camilleri, the Italian author who created the best-selling Commissario Montalbano series about a likable, though oft-brooding small-town Sicilian police chief who mixes humanity with pragmatism to solve crimes, died July 17 at a hospital in Rome. He was 93.
Italy’s RAI state TV, which produced wildly popular TV versions of his detective stories, interrupted its programming to announce his death. Rome’s hospital system also announced the death, a month after the long-ailing Mr. Camilleri was hospitalized with heart problems and complications from a broken thigh bone.
Mr. Camilleri’s books — most set in his native Sicily — sold some 25 million copies in Italy, where literary bestsellers are usually measured by the tens of thousands.
He had legions of readers overseas as well, thanks to the enduring popularity of his character, police chief Salvo Montalbano.
Italian state TV versions of the series starring actor Luca Zingaretti were so popular that even repeats consistently snagged the highest audience ratings. The shows were also exported to Latin America, Australia and across Europe.
Mr. Camilleri’s position at the top of the book sales charts in Italy — he often had several books high in the rankings in the same week — was even more remarkable because the author sprinkled his works with words unfamiliar to many Italians. He affectionately borrowed from the Sicilian dialect of his youth, which Mr. Camilleri saw as more richly expressive of his characters’ emotions.
He had a brilliant ear for dialogue, drawing on his many years as a theater, radio and TV director and scriptwriter before his literary career took off when he was approaching older age. Television adaptations of the Montalbano books used generous chunks of dialogue straight from the printed page.
“After 30 years in the theater as a director, dialogue for me becomes fundamental in the structure of the novel,” Mr. Camilleri told the Associated Press in an interview in 2009.
The shows hooked millions of viewers with picture-postcard views of Baroque Sicilian towns. Tourists vied for turns to eat in the seaside trattoria where Montalbano dined, they traipsed through the beach town of Punta Secca to photograph the seaside house where Montalbano lived, and they took dips in the same crystalline waters where the character would swim to clear his head when sleuthing got heavy.
Mr. Camilleri’s books traveled well, dialect and all.
“I don’t believe there has ever been another Italian author with so many books translated into English” in just a few years, Harvard University Romance languages professor Francesco Erspamer said. Mr. Camilleri’s works were translated into some 30 languages, including Chinese.
While the Montalbano police stories shot him to fame, Mr. Camilleri was versatile in his output. Among his works are a fictionalized biography of Nobel laureate Luigi Pirandello, who was born not far from Mr. Camilleri’s hometown, and a dark novel about a sexually abused Sicilian boy’s childhood during fascism.
Best-selling fame came late in life for Mr. Camilleri. The first book in the Montalbano series, “La forma dell’acqua” (“The Shape of Water”), was published in 1994, when the author was 69.
He produced his 100th book in 2016, when he was 90. The plot of “L’altro capo del filo” (“The Other End of the Thread”), a Montalbano story, deals with the drama of thousands of migrants reaching Sicilian shores after rescue at sea. By the time he wrote it, poor eyesight, gradually fading due to glaucoma, had forced Mr. Camilleri to dictate his novels to his assistant, instead of composing them on his typewriter, where he used to work every day from before dawn for three hours.
Andrea Calogero Camilleri was born Sept. 6, 1925, in Porto Empedocle, a port village that inspired Montalbano’s fictional town of Vigata.
His first novel languished for 10 years, largely because the dialect interspersed in the characters’ conversations scared off potential publishers, according to Mr. Camilleri. By the time his first novel was published, in 1978, Mr. Camilleri was 53.
Montalbano solves crimes by pondering the psychological weaknesses of the suspect. He intuitively understands human weaknesses, because he has so many.
In an interview a few years ago with state TV, Mr. Camilleri explained Montalbano’s appeal.
“Montalbano represents the average Italian, who has some virtues and some defects, but who essentially goes through life well,” Mr. Camilleri said, venturing that “maybe Italians feel themselves represented” in the character, made all the more endearing with his foibles.
In the Associated Press interview, Mr. Camilleri, chain-smoking as always, said he resisted giving Sicily’s most famous bad guys — the Mafia — a prominent role because he did not wish to “idealize” Cosa Nostra.
But he did write a book about convicted Mafia chieftain Bernardo Provenzano, who was captured in 2006 at a Sicilian farmhouse after 40 years on the lam. Palermo prosecutors gave Mr. Camilleri all the typewritten notes the fugitive Provenzano used to communicate with his henchmen. Mr. Camilleri used the proceeds from the book, “You Don’t Know,” to help set up a foundation for children of police officers slain by Cosa Nostra.
Mr. Camilleri didn’t aim for Italy’s highbrow literary circles, where culture pages of newspapers are filled with esoteric essays. “If I write a novel,” he said, “I hope to have the biggest number of readers possible and don’t presume to write novels for an elite.”
Frances D'Emilio — Associated Press
 
 

The Guardian, 17.7.2019
Andrea Camilleri obituary
Prolific author of the Inspector Montalbano detective novels

Had Andrea Camilleri died in his 50s, his obituary would certainly not have been published in the Guardian. His death might have been noted in the cultural sections of the odd Italian newspaper and it would doubtless have merited a substantial article in the journal of Italy’s pre-eminent drama school, the Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, where Camilleri was for many years in charge of teaching directing.
The article might have detailed the achievements of an avant-garde, leftwing intellectual who had had a significant influence on theatre and television in Italy while remaining largely unknown to the general public. It would probably have skipped over the fact that, some years earlier, Camilleri had tried his hand at writing historical novels, but given up after meeting with little success beyond the award of an obscure literary prize, handed out by a town council in his native Sicily.
What he managed to achieve subsequently constitutes a beacon of hope to a greying world.
Camilleri was 66 when his first bestseller, La Stagione della Caccia (1992, published in English in 2014 as Hunting Season), appeared, and 68 when he published the first novel featuring the Sicilian detective, Salvo Montalbano, who was to bring him international renown. But that was only the half of it.
Success inspired Camilleri to a frenzy of literary activity at an age when most writers are in tranquil decline. Between 1994, when his first Montalbano story appeared, and his death, at the age of 93, he not only published 30 books detailing the exploits of his grouchy sleuth, but more than 60 others. Even allowing for anthologies, it was an astonishing achievement. There were years when Camilleri, already in his 80s, published eight titles. He was not so much an author as a one-man literary production line.
Only son of Carmelina (nee Fragapane) and Giuseppe Camilleri, he grew up under Benito Mussolini’s dictatorship in the town of Porto Empedocle on the Sicilian west coast. His father was a harbour official who had taken an active part in the fascists’ rise to power. Andrea was expelled from a diocesan school for throwing an egg that smashed on a crucifix, and he went on to complete his studies at a state school. But he never sat his final exams: the second world war was building to a climax and the exams were cancelled because of the imminent Allied landings in Sicily.
Before the war was over, Camilleri had won a place at university. But he dropped out before obtaining a degree. As a young man, in the late 1940s, he had some success as a poet and author of short stories, even getting on to the short list for a prestigious literary award. But by the end of the decade he had found what, for most of his life, he regarded as his vocation – that of a theatre director.
From 1949 to 1952, he studied direction at the Accademia Nazionale d’Arte Drammatica and went on to a successful career. Among other things, Camilleri is credited with having staged the first production in Italy of a play by Samuel Beckett.
In 1957, the year in which he also married Rosetta Dello Siesto, Camilleri joined the recently founded television arm of Italy’s state broadcaster, RAI. He was the executive producer of a string of hit detective series, including Le Avventure di Laura Storm, which broke new ground in the conservative Italy of the 1960s by featuring the exploits of a female investigator who was also a martial arts expert.
Innovation ran like a thread through Camilleri’s life, entwined with a streak of rebelliousness: from his enrolment in the Italian Communist party (PCI) at the end of the war, through his involvement beginning in 1958 with the Centro Sperimentale di Cinematografia (Cinematic Experimentation Centre), to his support for radical leftwing causes and candidates in later life. He was appalled when the party that had started as the Northern League returned to power in 2018 in a new guise as a hard right, populist movement. In an interview with the Guardian, Camilleri said the League’s leader, Matteo Salvini, reminded him of the followers of Italy’s 20th-century dictator, Benito Mussolini, displaying “the same fascist arrogance, the same smug representation of power”.
Even after he found success as a writer of prose, the experimentation continued. He related a story on the musician Daniele Silvestri’s 2011 album S.C.O.T.C.H., wrote a fantasy trilogy, and helped produce a novel jointly with a fellow author of detective tales, Carlo Lucarelli. Their collaboration, Acqua in Bocca (2010 - the title translates loosely as Mum’s the Word), brings together Montalbano, and Lucarelli’s own unconventional detective, Grazia Negro.
In one sense, the Montalbano novels were not at all innovative: Camilleri named his hero after the Spanish author Manuel Vázquez Montalbán, and admitted he had given him some of the traits of Montalbán’s gourmet investigator, Pepe Carvalho. Moreover, Camilleri churned out the exploits of his most popular character in a way that was decidedly more industrial than creative. “All the Montalbano novels are made up of 180 pages, tallied on my computer [and] divided into 18 chapters of 10 pages each,” he once told an interviewer.
But in an important respect, the Montalbano stories were utterly original. What is not apparent to readers of the stories in translation or to the many non-Italian fans of the television series that sprang from them is that they are written in a language of the author’s creation: a blend of standard Italian with Sicilian dialect.
In La Lingua Batte Dove il Dente Duole (2013, literally Where the Tongue Touches the Toothache), a book-length interview with the linguist Tullio De Mauro, Camilleri explained that the idea arose from the circumstances of his father’s death in the late 1970s and inspired him to try out the technique, unsuccessfully, long before the first Montalbano book appeared.
“One day, to distract him, I said: ‘You know, Dad. I’ve thought of a story,’ and I told him the plot of my first novel … My father goes: ‘Why don’t you write it?’” Camilleri replied that he found it difficult to write in Italian, to which his father replied: “And why do you have to write it in Italian?”
To publishers, Camilleri’s linguistic mish-mash, which even non-Sicilian Italians have difficulty in understanding at first, must have seemed like a refined form of literary suicide. The author was no stranger to rejection slips. But over the course of his much-delayed career Camilleri sold more than 10m books. They were translated into more than 30 languages and adapted for a hugely successful television series that has been sold to more than 20 countries. It was Montalbano’s success on screen that turned Porto Empedocle, the model for his beat, Vigata, into a holiday destination for his many fans. So proud was the town of its most famous son’s literary creation that from 2003 to 2009 it called itself Porto Empedocle Vigata.
Camilleri is survived by Rosetta and their three daughters, Andreina, Elisabetta and Mariolina.
• Andrea Calogero Camilleri, director and author, born 6 September 1925; died 17 July 2019
John Hooper
 
 

The Guardian, 17.7.2019
Camilleri, beloved creator of Inspector Montalbano, dies aged 93
One of Italy’s most popular authors, Camilleri wrote 23 novels starring his Sicilian detective, selling more than 30m copies around the world

Rome. One of Italy’s most popular authors and creator of the Inspector Montalbano series, Andrea Camilleri has died at the age of 93.
Camilleri, who was born in Sicily in 1925, was taken to hospital in Rome in June after going into cardiac arrest.
The author had written a handful of historical novels when, in 1994 at the age of almost 70, he wrote The Shape of Water, the first book starring his now famous Sicilian detective. Set in the fictional town of Vigata, Camilleri was originally going to call his central detective The Commissioner, but decided to pay tribute to the Spanish writer Manuel Vázquez Montalbán, the Spanish author of novels about the investigator Pepe Carvalho.
The Montalbano series now runs to more than two dozen books, and has been translated into 32 languages, with more than 30m copies sold. The Potter’s Field, translated into English by Stephen Sartarelli, won Camilleri the International Dagger, the highest foreign honour of the British Crime Writers Association. The Italian television adaptation, screened on BBC Four and in 65 other countries, has brought tourists by the busload to Sicily. The town on which Vigata is based, Camilleri’s home town of Porto Empedocle, is so proud of its connection that it officially changed its name to Porto Empedocle Vigata in 2003.
Camilleri published the 27th Montalbano novel, Il cuoco dell’Alcyon, in 2018. The final novel in the series was written 13 years ago, but has been kept in his publisher’s Palermo offices for safekeeping. “When I get fed up with him or am not able to write any more, I’ll tell the publisher: publish that book. Sherlock Holmes was recovered … but it will not be possible to recover Montalbano. In that last book, he’s really finished,” he said in 2012.
Charting a changing Italy alongside the series of crimes solved by Salvo Montalbano, Camilleri has said that he “deliberately decided to smuggle into a detective novel a critical commentary on my times”. His targets have ranged from Silvio Berlusconi to George W Bush, with the mafia and the Vatican always in the background.
In an interview with the Guardian in April, Camilleri said he had been determined to keep mafia bosses in secondary roles. “Not because I fear them,” he said. “But I believe that writing about mafiosi often makes heroes out of them. I’m thinking of The Godfather, where Marlon Brando’s superb performance distracts us from the realisation that he also commissioned murders. And this is a gift that I have no intention offering to the mafia.”
In a recent episode of the Montalbano television show, a pro-migrant message drew anger from supporters of Italy’s far-right deputy prime minister, Matteo Salvini; Camilleri had become a prominent critic of his country’s rightwing populist coalition government, telling the Guardian that “Salvini reminds me of a member of the fascist regime”.
He added: “The great Sicilian writer Leonardo Sciascia once told a story: At the dawn of fascism, a man asked a blind peasant what the future held. The peasant quipped, ‘even if I’m blind, it all looks black’. Today I’m as blind as that peasant. And my answer would be the same.”
Among the first to play tribute was actor Luca Zingaretti, who plays the title role in Inspector Montalbano.
“In the end you caught me off guard and left us,” he wrote in an emotional post on Instagram. “Despite the increasingly tragic news, I hoped until the last that you would open your eyes and address us with one of your sentences, for all to listen to and conserve …. You have now departed and left me with an emptiness that can’t be filled. But I know that each time I say, even alone, in my head, that ‘I am Montalbano!’ then you will have left smiling, perhaps smoking a cigarette and winking at me, as a sign of understanding, like the last time we met in Siracusa. Farewell maestro and friend. Rest in peace.”
Sergio Mattarella, the Italian president, said the death of Camilleri “leaves a vacuum in Italian culture and inside those who loved reading his stories”, while premier Giuseppe Conte described Camilleri as “a master of irony and wisdom”.
“With boundless creativity, he told the story of his Sicily and his rich fantasy world,” Conte added. “We lose a writer, an intellectual, who was able to speak to everyone.”
Alison Flood and Angela Giuffrida
 
 

BBC News, 17.7.2019
Andrea Camilleri: Inspector Montalbano author dies aged 93

Andrea Camilleri, the Sicilian author behind the popular Inspector Montalbano television series, has died aged 93.
One of Italy's best-loved writers, he had been admitted to a hospital in Rome last month after a cardiac arrest.
The crime writer was best-known for his detective books starring inspector Salvo Montalbano based in the fictional Sicilian town of Vigàta.
The adapted Rai TV series was loved in Italy and became popular in the UK, US, France, Spain, Germany and Australia.
Camilleri lost his sight in recent years but said in 2017 it had allowed him to picture things more clearly.
"I am blind, but losing my sight made all my other senses come back to life," he said. "They have come to the rescue. My memory has improved, and I remember more things than before with great lucidity, and I still write."
He turned violence into humour
Camilleri and Inspector Montalbano changed people's minds about Sicily.
Together, over a period of 25 years, they transformed a grim landscape of mobsters and mafia violence to a light-hearted, humorous, food-focused near-paradise of an imaginary town called Vigàta.
No other mystery plots have narrated the Sicilian "gioia di vivere" (joy of life) so effectively and with such a colourful protagonist: a detective whose days involve morning swims, spaghetti with clams and an onslaught of hilarious malapropisms from an illiterate receptionist at the local police station.
Where else can you find a coroner with a secret passion for cannoli, the cream-filled tubes of Italian pastry.
For London-based Sicilian writer Simonetta Agnello Hornby, Camilleri is "by far the greatest Sicilian writer since the Second World War".
"He should have been put forward for the Nobel prize," she said, adding that he was "a man of great intellect, of immense culture and strong and unwavering left-wing principles that, if anything, grew over the years".
"His passion for justice and support of those less fortunate, be they poor Italians or refugees or boatmen coming from Africa, never wavered."
How Camilleri wove fact into fiction
Camilleri wrote more than 100 books. His stories were fiction, but influenced by current affairs or the result of hours of scouring the archives.
The Montalbano novels, each of them published in a 180-page format - 18 chapters of 10 pages - have achieved worldwide sales of 25 million and have been translated into 120 languages.
His most recent, Alcyon's Cook, was published in May in Italy and quickly became a bestseller.
Camilleri's final book in the series, entitled Riccardino and written in 2006, remains with his publisher, locked in a cabinet in Palermo under agreement that it be printed at a later date.
The writer's fame was amplified when his stories were adapted for television: his 24 novels and 10 short stories were made into 34 episodes and distributed in some 60 countries to date.
The Montalbano TV mysteries, first broadcast in May 1999, celebrated their 20th anniversary last month.
How Montalbano captured the Italian imagination
Italians' interest in the character of Salvo Montalbano was ignited with The Shape of the Water, published in Sicily by Sellerio in 1994. At that time, Camilleri was already a 67-year-old pensioner having left a successful career as a director and TV author.
Readers quickly developed a fondness for Montalbano because of his values: a policeman with an high sense of respect for people, with impeccable honesty and a strong dislike for bureaucracy.
They grew to admire his relatable humility, his stubbornness, his grouchy approach and his solitary spirit - he loves eating alone, in silence.
Through his books, Italian readers also got the opportunity to rediscover the importance of Sicilian dialect.
Camilleri's use of Sicilian expressions - infusing the Italian language with Sicilian mother tongue - helped promote the island's culture, making people rethink their history.
In Sicily, his work is now studied in schools.
The character of Catarella - the comical illiterate police officer who talks incomprehensively in a mix of bureaucratic Italian and dialect - is amusing both in Italian and in English, as translated by Stephen Sartarelli.
Montalbano seizes the imagination of a wide audience with descriptions of the picturesque seafront in the fictional Vigàta, the view from the terrace of the detective's house, the culinary surprises of his housekeeper, Adelina, and the feasts at the restaurant Calogero.
Every detail is both real and imaginative. One of Camilleri's early introductions to literature was Alice's Adventures in Wonderland by Lewis Carroll, which was read to him by his grandmother.
The 'Montalbano effect'
Sicily has been a popular tourist destination for years, but the so-called "Montalbano effect" has been credited with boosting tourism on the island.
The entire area of Ragusa - where cities such as Noto, Modica and Scicli are locations for the TV series - features beautiful baroque buildings and is home to a number of Unesco World Heritage sites.
Six years ago, an airport opened in the province at Comiso which built on the increase in tourism.
Francesca Marchese
 
 

Wanted in Rome, 17.7.2019
Andrea Camilleri dies in Rome
Inspector Montalbano author died in Rome hospital on 17 July.

Andrea Camilleri, one of Italy's most acclaimed authors, died in Rome on 17 July at the age of 93.
Best known as the author of the Inspector Montalbano detective series of novels, Camilleri died in Rome's S. Spirito hospital where he had been since suffering a cardiac arrest one month ago.
Camilleri spent much of his life working as a theatre director, screenwriter and teacher, becoming a best-selling author at the age of 60.
Although he penned more than 100 books, the Sicilian writer will be remebered best for the Inspector Montalbano novels which have been translated into 32 languages and form the basis for a popular television series shown in Italy as well as in Australia, Germany, France, Spain, the UK and the US.
Italy's president Sergio Mattarella paid tribute to the writer by saying: "Andrea Camilleri leaves a vacuum in Italian culture and inside those who loved reading his stories and were attracted to the characters formed by his creativity".
Camilleri's funeral will reportedly take place on 18 July but it will be completely private - according to his wishes - and the location of his grave will not be made public until after his burial.
 
 

The Telegraph, 17.7.2019
Andrea Camilleri, Sicilian-born theatre director and devoted communist who was catapulted to fame in old age for his Inspector Montalbano novels – obituary

Andrea Camilleri, who has died in Rome aged 93, was an Italian television and theatre director who in old age achieved global fame as the author of the Inspector Montalbano detective novels, set in a fictitious seaside town on the south coast of Sicily called Vigàta.
To his dying day, Camilleri, a chain smoker and atheist, remained an unrepentant communist, even though the Montalbano books had sold 30 million copies worldwide and made him a multi-millionaire.
Few remember today, but Italy had the largest communist party in Europe outside the Soviet Bloc before the lowering of the hammer and sickle flag above the Kremlin for the last time in 1991.
During the Cold War, the Partito Comunista d’Italia (PCI) had never quite gained enough votes to form a government in Italy, but was able to infiltrate its supporters into the vital organs of the nation’s cultural apparatus and dominate them.
This was what Antonio Gramsci, Italy’s foremost communist intellectual and co-founder of the PCI in 1921, had preached: the revolutionary priority should be to take control of the means of culture rather than, as classical Marxism demanded, the means of production.
After the fall of fascism, so successful was the PCI at putting into practice what Gramsci had preached that it controlled vast swathes of the Italian media and the education system by the time of the collapse of the Berlin Wall in 1989.
Camilleri, who joined the PCI in 1945, was a typical product of what has been called the long march through the institutions by the post-war communist Left.
He spent most of his working life as a director working for the state television broadcaster RAI, where the PCI was especially powerful. In 2004 he happily told an audience: “I have been a true communist and I renounce nothing from the past.”
Yet, as a teenager in the fascist era, he was such a fervent supporter of Mussolini that in the 1930s he even wrote to the Duce begging him to lower the age at which an Italian could become a soldier, so that he could fight for the cause. Mussolini wrote back to refuse, adding: “But do not despair, there will be plenty of time.”
In later life, Camilleri was a virulent critic of the Right-wing media tycoon and four-time Italian Prime Minister Silvio Berlusconi and of Italy’s new populist coalition government leaders – especially the radical-Right Matteo Salvini.
Both Berlusconi and Salvini have the “mentalità fascista”, he insisted. But he despaired even more of the Italians who elected such people their leaders, accusing them of having “fascismo in their DNA”.
He would frequently repeat the warning given by an American journalist at the end of the Second World War – Herbert Matthews of The New York Times – that the Italians had “not really killed” fascism because it is a sickness that will “reappear in forms that you will not recognise”.
Andrea Calogero Camilleri was born in Porto Empedocle near Agrigento on the south coast of Sicily on September 6 1925, the only child of the port inspector who was a fascist of the first hour and had participated in the March on Rome in 1922 which brought Mussolini to power.
His family was related to that of the playwright Luigi Pirandello, winner of the 1934 Nobel Prize for literature and a committed fascist. Both families owned shares in the same local sulphur mine, which caused them to row frequently.
Originally sent to a seminary to study for the priesthood, Andrea was expelled for throwing eggs at a crucifix, and in later life would describe himself as a “non-militant atheist”.
He then attended the Liceo Classico in Agrigento and passed his maturità – the equivalent of A-levels – in the early summer of 1943 without taking the exams: they had been cancelled due to the Allied bombardments of Sicily prior to the July invasion to liberate Italy.
In 1944 he enrolled at the University of Palermo to study literature, but soon abandoned the course and moved to Enna, a remote town in the mountains of the Sicilian interior which had a small but lively artistic community; he spent much of his time in the local library.
He lived in what he would later describe as “two miserable rooms”, but it was those rooms which “formed” him. In them, he began to write poetry, winning a national prize, the Premio Firenze, in 1947, and in 1949 he was admitted to the prestigious Accademia Nazionale d’Arte Drammatica in Rome to study stage and film, where he remained until 1952.
He then specialised in the plays of Pirandello and was the first to stage a Samuel Beckett play in Italy – Endgame in 1957.
That year he married Rosetta Dello Siesto, a Milanese graduate in literature from Rome’s Sapienza University who in later life he would describe as “the backbone of my existence”. And he began directing television productions for RAI, including a series based on Georges Simenon’s great detective, Inspector Maigret.
It was in 1978 that Camilleri wrote his first novel, but it was refused by 10 publishers so he paid for it to be published himself. It was a flop. Another novel in 1980 was also a disaster. Depressed but determined, he hung about – now aged 55 – for days on end outside the Italian House of Commons, Montecitorio, hoping to pounce on Leonardo Sciascia, the bestselling author of stories about the Mafia who was from Camilleri’s province in Sicily and a Radical Party MP.
In the end, Camilleri succeeded in collaring the great man outside Montecitorio and handed him his manuscript. Sciascia sat down on the spot and began to flick through the document before telling him: “Nirì (Andrea in Sicilian dialect), you’re wasting your time.”
There would pass more than a decade before Camilleri wrote his third novel, La stagione della caccia, set in 19th century Sicily, which was published in 1992 and sold well. However, it was his first novel featuring Inspector Montalbano, La forma dell’acqua, published in 1994 when he was pushing 70, set in “Vigàta” (really the town of his birth, Porto Empedocle) and written in a hybrid of Sicilian dialect and Italian, which made him a household name.
Inspired by Simenon’s Maigret and Pepe Carvalho, the Spanish detective created by Manuel Vázquez Montalbán, after whom he is named, Camilleri’s Inspector Salvo Montalbano is a loner who has a passion for only the finest local food. Montalbano insists on eating well and alone – even in restaurants, which is why he always goes to the Trattoria San Calogero, where the padrone thrills and inspires him by saying things like: “I’ve got certain rock lobsters today ready for the grill that’ll seem like you’re not eating them but dreaming them.”
The food must be local and it must be traditional. For Inspector Montalbano eating is Holy Communion – a communion with his terra. In Maigret’s case, eating good food helped him to solve the crime; for Montalbano it is akin to religious ecstasy and does not directly affect the case. But the details of what to eat, where, when and how, signify the detective’s intimate knowledge of Sicily – without which he would be unable to solve the crime.
When he is obliged to eat at home, the devoted woman who keeps his house cooks only exquisite traditional Sicilian dishes – even if by the time he returns home she is long gone and he has to take them out of the fridge.
Unmarried, with a volatile girlfriend who comes and goes from distant Genova, Montalbano is a typical fictional detective – a quirky and tricky outsider who is no longer young but not yet old, who has seen it all and is regarded as a loose cannon by superiors who tolerate him because he gets results.
Since 1999, RAI has serialised the Montalbano books – there are 25 of them, as well as short story collections – propelling their sales figures into the stratosphere. The actor who plays Montalbano is Luca Zingaretti, brother, as it happens, of the leader of Italy’s post-communist party – the Partito Democratico. Inspector Montalbano is shown in Britain on BBC Four.
The other ever-present element in the stories is Inspector Montalbano’s Left-wing convictions, a watered-down version of Camilleri’s own communism, which means that the books are peppered with criticisms of contemporary Right-wing Italian politicians.
Most recently this critique would be aimed at the attempts by Italy’s populist government to stop illegal migrants being shipped from Libya to Italy (many to Sicily), a phenomenon which has seen the populist coalition soar in the opinion polls.
As Camilleri told The Guardian in 2012: “There’s very little sense of the history of France in the Maigret books. There is no social fact or an event that allows the story to be dated. In my books, I deliberately decided to smuggle into a detective novel a critical commentary on my times.”
In Italy, it is sometimes said that Camilleri’s Montalbano books would never have been successful without the support of the Italian Left, which was the dominant force in Italian culture.
Every time he presented a new Montalbano book in the early days, for example, there would be blanket television coverage and the guaranteed presence of all the big Leftist names of the day – such is the continued firm grip of communist and now post-communist ideology on culture in Italy.
Nevertheless, Camilleri, who was near blind in later years and had to dictate his novels to an assistant, did create in Salvo Montalbano a great fictional detective who had his priorities right regardless of his politics: justice – and good food.
Andrea Camilleri is survived by his wife and their three daughters.
Andrea Camilleri, born September 6 1925, died July 17 2019
Telegraph Obituariesp>
 
 

El Mundo, 17.7.2019
Literatura
Muere Andrea Camilleri a los 93 años, padre del comisario Montalbano
El escritor italiano, uno de los máximos exponentes de la novela negra en el mundo, falleció hoy en el hospital romano del Santo Spirito a los 93 años de edad tras ser ingresado por un infarto.

Millones de personas no son capaces de concebir el verano sin él. Porque desde hace años, al llegar la época estival, su nutrida legión de fieles seguidores cumple de un rincón al otro del mundo con el mismo e idéntico ritual: comprar (y a continuación devorar) el último libro de Andrea Camilleri, gesto con el que se declaraba oficialmente inaugurado el verano.
Este año no ha sido una excepción. El cocinero de Alcyon, la última novela del maestro siciliano y la 27º entrega de la saga de su inolvidable inspector Salvo Montalbano, encabeza desde hace días la lista de libros más vendidos en Italia. Pero esta será la última vez (o más bien penúltima, porque nos ha dejado una sorpresa guardada en un cajón) en que Camilleri nos amenice los calores veraniegos. El escritor, de 93 años, murió hoy en Roma.
"Si pudiera, me gustaría terminar mi carrera sentado en una plaza contando historias", aseguró en varias ocasiones el maestro, autor de nada menos que 104 libros, traducidos a 120 lenguas y de los que se han vendido más de 35 millones de ejemplares en todo el mundo. Pero no pudo cumplir su sueño: falleció hoy en el hospital Santo Spirito de Roma, donde fue ingresado de urgencias tras sufrir un infarto hace exactamente un mes.
"De vez en cuando pienso en la muerte. Pero no es ninguna novedad, llevo pensando en la muerte toda la vida. Lo que me duele de morir es perder los afectos, perder a la gente que quiero. El resto es un enorme punto de interrogación", declaraba Camilleri a este periódico en una larga entrevista en mayo del año pasado, en la que aún se confesaba comunista y ateo. "Sí, sigo siendo siempre comunista. Es como una enfermedad de la que es difícil curarse", decía.
Para entonces ya no veía nada, un glaucoma lo había condenado a la ceguera. Pero seguía dedicado en cuerpo y alma a la literatura, dictando sus novelas a una fiel colaboradora, y seguía irradiando luminosidad. "Hay luz, mucha luz dentro de mí. Y trato de mantenerla. Me esfuerzo sobre todo por retener los colores. De hecho mis sueños ahora están repletos de colores, hay colores por todos lados, tengo unos sueños bellísimos como no los he tenido nunca", nos contaba. "Con la ceguera la fealdad ha desaparecido. En todos los sentidos. Lo que me queda es la belleza".
También seguía vistiendo con su acostumbrada elegancia siciliana, seguía teniendo muy buena planta, seguía fumando como un cosaco (unos 60 cigarrillos al día, aunque sólo daba un par de caladas y aplastaba el pitillo contra el cenicero) y seguía con la cabeza perfectamente amueblada.
Novelista tardío, una vez que empezó a escribir ya no paró. Nacido el 6 de septiembre en Porto Empedocle, en Sicilia, el 6 de septiembre de 1925, dedicó más de 40 años de su vida laboral a hacer guiones y a dirigir obras de teatro y programas de televisión. No escribió su primera novela hasta 1978, cuando tenía 53 años. Se titulaba El curso de las cosas y era una novela histórica ambientada en la Sicilia del siglo XIX.
Pero fue a partir de 1994 cuando, ya con 64 años, comenzó a tener un enorme éxito de la mano de La forma del agua, la primera novela de la larga serie protagonizada por el inspector Salvo Montalbano. En esas novelas negras Camilleri retrataba a la perfección la sociedad siciliana, con un lenguaje plagado además de expresiones propias del dialecto siciliano. Hasta el punto de que el propio Leonardo Sciascia, también siciliano y a quien le dio a leer sus primeros libros, le reprochó que nadie le iba a entender.
"Qué le vamos a hacer, Leonardo, yo sólo sé escribir así. Seré un escritor de minorías, de 500 lectores, no me importa", le respondió Camilleri sin saber aún el éxito planetario que le esperaba, y que recibió un fortísimo impulso al adaptarse a la televisión las aventuras de Montalbano. Nombre, por cierto, con el que quiso rendir homenaje al escritor español Manuel Vázquez Montalbán, del que se quedó prendado después de leerEl Pianista.
Pero, para construir al personaje del comisario Montalbano, en quien se basó Camilleri fue en su propio padre. "Muchas cosas del carácter de Montalbano formaban parte del carácter de mi padre. Mi padre era un hombre con una gran valentía individual, con una idea de la justicia muy fuerte y muy personal", nos contaba. "Montalbano tiene un sentido fuertísimo de la justicia, de una justicia que no siempre concuerda con la justicia de los tribunales sino que es una justicia personal . Montalbano es un hombre que mantiene su palabra"
Pero Camilleri estaba tan agradecido a Montalbano como cansado de él. "Me fastidia que se hable sólo de Montalbano. Al final siempre es Montalbano, Montalbano, Montalbano. Me tiene harto", admitía. "He sentido muchísimas veces la tentación de matarlo. Pero, ¿cómo voy a liquidar a Montalbano? Me ha dado celebridad, éxito, dinero... Yo no quiero a Montalbano, no me es simpático, a lo más que llego es a soportarlo. Pero no puedo matarlo. Cada vez que se publica un nuevo Montalbano no sólo logra un gran éxito, sino que hace que se vendan de nuevo mis novelas de hace 20, 30 años. ¿Qué puedo hacer?"
Pero tal era su hartazgo que, al cumplir 80 años, Camilleri por fin se decidió a acabar literariamente con su famoso inspector. "Antes de arrepentirme, me puse inmediatamente manos a la obra y escribí el libro en el que muere Montalbano. Cuando lo acabé se lo mandé a Elvira Sellerio, mi editora entonces, con la indicación de que lo metiera en un cajón y que no lo publicara hasta que yo decidiera hacerlo o hasta mi muerte. Y ahí sigue, en el cajón", confesaba a este periódico.
Ahora que ya no está, seguramente verá la luz y nos permitirá disfrutar de él un verano más.
Irene Hdez. Velasco
 
 

El País, 17.7.2019
Muere el escritor Andrea Camilleri
El 'padre' del comisario Montalbano, el escritor más leído de Italia, fallece en Roma a los 93 años tras 25 días ingresado por un paro cardiaco

Roma. Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925-Roma, 2019) nunca tuvo la menor intención de prepararse para este momento. Disponía de planes, libros en marcha. La voz de contratenor dictaba a diario a Valentina, su asistente, para seguir edificando su prolífica obra. Había nuevas ideas, volvía a menudo a la reescritura de párrafos enteros de viejas novelas que guardaba en el cajón. En la mano, el cigarrillo que le acompañó siempre (hasta que Philip Morris finiquitó la maldita producción y tuvo que cambiar de marca). Y sobre los ojos, que fueron apagándose lentamente en los últimos años, siempre unas gafas enormes con unos cristales que le permitían descifrar algo de luz y formas en su ceguera consumada ya por el glaucoma. “La oscuridad no se puede combatir. No hay nada que hacer. Hay que agarrarse a la memoria, repasar”, lamentaba en su apartamento del barrio de Prati hace dos años en una entrevista con EL PAÍS. A partir de ahora, será la memoria y sus personajes quienes se agarren a él para siempre.
Camilleri murió este miércoles en el hospital Santo Spirito de Roma, donde llevaba ingresado 25 días a causa de un paro cardíaco. Dos semanas antes, una caída en casa le partió el fémur y liquidó la parte sustancial del humor que le permitía seguir adelante siempre sin mirar atrás. Padre del comisario Montalbano (lo llamó así por su amistad con Manuel Vázquez Montalbán y su obra sobre Pepe Carvalho), autor de un centenar de obras, guionista televisivo y dramaturgo (le ilusionaba ver el estreno de una de sus obras este julio en las Termas de Caracalla), devolvió la ilusión a cientos de miles de lectores cada verano, cuando solía publicar sus libros. El último, este año, El cocinero de Alcyon [En España están pendientes de publicación cuatro libros de Montalbano, incluido el que cerrará la serie].
Camilleri fue un escritor de vocación tardía, casi por descarte. En 1954 intentó entrar como funcionario en la RAI (ahora vivía justo al lado de aquellos estudios), pero no fue seleccionado por sus inclinaciones comunistas. Lo logró años más tarde y en 1978 —con 53— debutó en el mundo editorial con su novela El curso de las cosas. En la década de los ochenta publicó dos obras más, sin demasiada repercusión, pero en 1994, cuando dio a luz la primera entrega de Montalbano, con La forma del agua (publicada en Italia por la siciliana Sellerio y, en España, por Salamandra, como la mayor parte de su obra), se convirtió en un héroe contemporáneo de los lectores italianos. Tenía 64 años y muchas dudas. Hoy es el escritor más leído en el país y uno de los que cuenta con más seguidores en toda Europa.
Las ideas políticas y la literatura nunca transcurren en paralelo en hombres como Camilleri. Comunista hasta el tuétano, jamás ocultó lo que pensaba de la política italiana y de sus representantes, cuya decadencia desdeñaba cada vez más abiertamente en las entrevistas. Hace solo unas semanas, y pese a su ateísmo galopante, soltó que el actual ministro del Interior, Matteo Salvini, le daba ganas de vomitar cuando empuñaba el rosario. En cambio, desde que Francisco fue nombrado Papa solo le dedicó elogios. “En los últimos dos o tres años, las cosas más sensibles, de izquierda y sensatas, las ha dicho él. Mucho más que cualquier político. Y continúa haciéndolo sobre los refugiados, la pobreza, las desigualdades”. Su compromiso social y político era extraño en estos tiempos de cálculo oportunista, también muy extendido entre los intelectuales italianos.
Siciliano como su gran maestro, Leonardo Sciascia (fue incapaz de imaginar el éxito que tendría), paisano también de su criatura más famosa, nació en la pequeña localidad de Porto Empedocle, en el sureste de la isla. Por sus novelas desfilaron personajes de ficción tan de carne y hueso como el dottor Pasquano, el fiel agente Catarella, el propio Montalbano o su íntimo amigo, el mujeriego Mimì Augello. Sin embargo, el Mediterráneo, la brisa del mar en su terraza o el olor a pescado fueron en el fondo el protagonista de sus obras. Desde la primera hasta la última, El cocinero de Alcyon (el número 27 de la saga), que amplía la galaxia formada por El sobrino del emperador (Destino) o La moneda de Akragas (Gatopardo). Todas junto al mar, una localidad imaginaria llamada Vigàta, con su propio lenguaje y un paisaje tan añorado a medida que Camilleri se hizo mayor y solo podía volver una vez al año.
No es del todo cierto, aunque él lo sostuviese, que viviese ignorando la muerte. Cuando cumplió 80, Andrea Camilleri concluyó que ya había recorrido mucho camino y que, quizá, el final podía encontrarse ya al final de cualquier párrafo. Así que decidió escribir de golpe la última entrega de la serie sobre el comisario Montalbano y se la envió a su editor con la orden de que la metiera en un cajón hasta que algún tipo de incapacidad o la propia muerte le impidiesen seguir escribiendo. Mientras tanto, se olvidó del día en que todo iba a terminar, y a un ritmo infatigable de publicación —podía trabajar en varios libros a la vez— siguió explorando otras historias.
Nadie está preparado para este viaje. Pero Andrea Camilleri, superado el horizonte de los 90 años, tenía pocos remordimientos y prácticamente ningún miedo. Peor hubiera sido tener que dejar de fumar, decía a menudo. Lo anticipó en su casa un año y medio antes, completamente tranquilo. “Si me voy ahora con 92 años no sentiré carencias, tampoco pienso en el pasado. En mis tiempos estaba la guerra y las bombas, siempre es mejor lo que pasa hoy. Echo de menos gente, algún amigo en Sicilia. Cuando vuelva este verano ya seré el último. De mis 15 amigos de infancia, solo quedo yo. ¿Y qué voy a hacer? Pues a respirar el aire de mi puerto”.
Daniel Verdú
 
 

El País, 17.7.2019
Análisis
Todo el universo en un pueblo de Sicilia
Hay escritores que no necesitan moverse para describir el mundo: Andrea Camilleri era uno de ellos

En uno de sus relatos más reveladores, titulado El largo viaje, el gran escritor italiano Leonardo Sciascia relata la partida de un grupo de inmigrantes sicilianos hacia América en un pequeño barco. Su objetivo es llegar a un lugar llamado "Bruquilin" en "Nuevaoir". Tras toda una noche de viaje infernal, desembarcan pero enseguida se dan cuenta de que los traficantes les han dejado más o menos en el mismo sitio del que habían salido: estaban otra vez en Sicilia. Algo parecido les ocurría a los personajes de Andrea Camilleri, fallecido este miércoles en Roma a los 93 años: que nunca lograban salir de la isla más grande del Mediterráneo.
Hay escritores que no necesitan moverse para describir todo el mundo: Sciascia era uno de ellos y Camilleri otro. La inmensa mayoría de sus novelas transcurren en la imaginaria localidad de Vigàta, un trasunto de su ciudad natal, Porto Empedocle, aunque concentra en ella todo el sur de Sicilia y, en general, todo el universo. Las novelas del comisario Salvo Montalbano —publicadas en España por Salamandra— le convirtieron en uno de los escritores más leídos de Europa y solo por ellas merece pasar a la historia de la literatura.
Pero su producción va mucho más allá y, pese a que empezó a escribir a los 53 años, es autor de un centenar de libros. Solo en los últimos meses se publicaron en España un nuevo tomo de las aventuras de su comisario Montalbano, El carrusel de las confusiones, que se suma a la novela El sobrino del emperador (Destino), ambientada en la Sicilia de los años 20, y a la maravillosa La moneda de Akragas (Gatopardo), que arranca en la época de la conquista griega. Sin embargo, por muchas novelas que escribiese, millones de lectores de todo el mundo le estarán eternamente agradecidos por haberles presentado al comisario Montalbano y a toda la troupe de la comisaría de Vigàta: Mimì Augello, Fazio, Galluzzo, Catarella...
El nombre del irascible comisario es un homenaje a su amigo Manuel Vázquez Montalbán. Además de la vieja complicidad, compartía con él dos certezas absolutas: que hay que tomarse muy en serio la comida y que no podemos tolerar vivir en una sociedad injusta y desigual. Los dos fueron grandes comedores –Montalbano y Montalbán– y los dos creían en un mundo más justo. Los casi 30 libros protagonizados por el comisario están llenos de platos sicilianos –arancini (una especie de croqueta de arroz rellena), la caponata (un pisto de berenjena con piñones), los espaguetis negros o con almejas, los salmonetes fritos, la pasta al horno o a la Norma, las sardinas rellenas– y de injusticias, un hecho que su personaje se negaba a ignorar.
Desgraciadamente, Camilleri no pudo sentirse un extraño en la Italia de Matteo Salvini porque la había contado en sus novelas: inmigrantes, incluso niños, que tienen que buscarse la vida después de haber sobrevivido al mar; la corrupción y los abusos del poder; los políticos que solo defienden sus intereses e ignoran los de los ciudadanos. Sus libros representan un tremendo fresco de la Europa a la que hemos llegado, de aquellos que se dejan llevar por el egoísmo y lo fomentan, pero también de aquellos que no se rinden. Camilleri y Montalbano están entre estos últimos.
Uno de los libros más bellos de Italo Calvino, otro viejo escritor comunista italiano, se titula Las ciudades invisibles y en él imagino que Marco Polo le va contando al Gran Kan todos sus viajes hasta que el emperador se da cuenta de que, en el fondo, solo le está hablando de su ciudad, Venecia. Ocurre lo mismo con Camilleri: es difícil saber si habla del mundo o de Sicilia porque su poder literario consistió en que logró fundirlos. Solo podemos darle las gracias por habernos presentado a un puñado de personajes que han hecho mucho mejor y más grande el mundo en el que vivimos, aunque no salgamos de Sicilia.
Guillermo Altares
 
 

NIUS, 17.7.2019
Muere Camilleri. Por qué Montalbano detestaría a Matteo Salvini
Camilleri, histórico militante comunista, fue pionero en tratar la inmigración en su literatura
Sus 26 novelas del comisario Montalbano han vendido casi 30 millones de libros sólo en Italia

En “La edad de la duda”, el comisario Salvo Montalbano presencia sobrecogido el desembarco de una patera en la costa siciliana. Muertos de hambre y frío, decenas de inmigrantes se hacinan en la barcaza, horrorizados. Montalbano ve en sus ojos el miedo por lo vivido y la incertidumbre del futuro; desprenden el olor de la desesperación. Representan el “dolor del mundo ofendido”.
Esa patera jamás hubiera tocado tierra en la Italia de Matteo Salvini. El cargamento de “carne humana” habría sido expulsado mar adentro, condenado a su suerte. A Montalbano eso no le hubiera gustado. A Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925) tampoco. Salvini pertenece a ese género de “político improvisador” —como Donald Trump o Victor Orban— que detestaba el escritor siciliano; políticos sin sentido de Estado, sin el “arte del compromiso” que él demandaba a los servidores públicos.
Andrea Camilleri vino al mundo bajo el reinado de Víctor Manuel III, con Benito Mussolini como jefe de Gobierno. Durante sus 93 años de vida, la convulsa vida política italiana le regalaría dos reyes, 12 presidentes de la República y 56 jefes de gobierno. Y ninguno satisfizo a Camilleri, comunista temprano —se afilió a los 19 años- y escritor tardío— publicó su primera novela a los 53 años.
Su última decepción política se la dió Matteo Renzi. Los pactos del político socialdemócrata con Silvio Berlusconi le convencieron de que ya no merecía la pena votar. “La gente honesta en Italia se ha alejado de la política. En Italia ya no hay políticos”, diría.
Pero las decepciones no le hicieron renunciar a sus ideales, que hasta su muerte siguieron intactos. Se mantuvo fiel a la premisa de “dar a todos la misma base de partida”, una idea alejada también de la política que hoy rige Italia, aquejada -en su opinión- de una “ceguera culpable”.
Él no estaba ciego, aunque el glaucoma que padecía desde 2011 llenó su vida de sombras. Eso no nubló su lucidez. Hasta sus últimos días, desde su piso romano, siguió pegado a la escritura. Esta vez, a viva voz. Él dictaba y su asistente Valentina Alferj transcribía, la misma técnica empleada años atrás, —en los 60 y 70— cuando escribía guiones para la RAI, donde en primera instancia le cerraron el paso por su filiación comunista.
Ni siquiera en su vejez romana Camilleri perdió su esencia siciliana; la “ironía es nuestra insignia”, decía.
Desde Roma, la isla seguía presente, pero desprovista de cualquier atisbo de nostalgia que pudiera distorsionar la memoria. Ese miedo a embellecer la realidad le disuadió durante años de escribir sobre la mafia. No quería ennoblecer a la mafia, el “cáncer de Italia”. Pensaba que con voluntad política y social podría ser derrotada. Pero esa voluntad, en su opinión, no existe. “Más que la organización mafiosa –decía- empieza a contar el sentir mafioso, el comportamiento mafioso” en la justicia, la empresa, la política, la iglesia. ¿Otra vez, Salvini? Pese a sus reticencias, en 2006 encontró fuerzas para acercarse a la Cosa Nostra. En la impactante “Vosotros no sabéis” diseccionó la captura del capo Bernardo Provenzano, que durante 43 años como fugitivo creó un sistema de comunicación encriptado (los pizzini) con los que seguía dirigiendo la organización.
No hay mafiosos en las 26 novelas de Montalbano, el personaje creado en 1994 en homenaje a Manuel Vázquez Montalbán, una réplica de su detective Pepe Carvalho. “Asesinato en el Comité Central” del escritor barcelonés significa para Camilleri el “ideal de la novela negra”, donde el entorno es tan importante como el crimen.
Montalbano no trata con mafiosos aunque se enfrente a diario con el alma mafiosa que atraviesa los círculos de poder de la Sicilia de Camillieri. Montalbano no cree en la justicia, cree en la verdad. Y la verdad está en la calle: en el infeliz ratero al que apadrina, en la humilde asistenta Adelina que le deja “caponatina”, queso de Ragusa y sardinas encebolladas en el horno. La verdad está en las playas de Marinella, de agua fresca y brisa cálida. Montalbano, como Camilleri, está cansado y herido “porque ha tenido que tratar con imbéciles, los criminales son imbéciles en el 99% de los casos. Y eso cansa mucho”, diría Camillieri. Imbéciles peligrosos con ADN mafioso retratados en “La muerte de Amalia Sacerdote”, donde el periodismo aparece como un títere de fiscales, políticos y empresarios.
Camilleri ha muerto. Montalbano seguirá rodeado de imbéciles y pensando, “gatopardianamente” que todo sigue cambiando para que todo continúe igual.
Urko Gabilondo
 
 

El Cultural, 17.7.2019
Adiós a Andrea Camilleri, padre del comisario Montalbano
El escritor italiano de 93 años, creador del comisario Montalbano y uno de los máximos exponentes del noir mediterráneo, ha fallecido en el Hospital Santo Spirito de Roma donde llevaba casi un mes ingresado tras sufrir un infarto.

Más de un centenar de libros y millones de paquetes de tabaco después, ha dicho adiós el escritor italiano Andrea Camilleri, el más veterano maestro de la novela negra y creador de la popular saga protagonizada por el comisario Montalbano, que ha fallecido a los 93 años en el hospital romano del Santo Spirito, en donde había sido ingresado hacía 25 días tras sufrir un paro cardíaco en su casa.
Arrollador y vital, fumador empedernido, aficionado a la buena mesa, lector voraz hasta hace unos años (sus problemas de visión no le permitían leer mucho rato seguido), admirador del sexo femenino e impenitente conversador, una semana antes de su infarto, en una charla radiofónica con los periodistas Massimo Giannini y Jean Paul Bellotto en la que presentaba la última novela de Montalbano, El cocinero de Alcyon, todavía sin traducción al castellano, el escritor siciliano mostraba serenidad al decir: «No le tengo miedo a nada, ni siquiera a la muerte. No me arrepiento, tuve una vida afortunada».
Con Camilleri, nacido el 6 de septiembre de 1925 en la localidad siciliana de Porto Empedocle, se va uno de los últimos representantes de ese noir clásico que lleva décadas haciendo las delicias de millones de lectores. Sin embargo, a pesar del reconocimiento actual, el mundo de las letras fue algo que se le resistió mucho a lo largo de su vida. Tras obtener el bachiller clásico en su localidad natal, en 1944 se inscribe en la facultad de Letras, pero deja los estudios para comenzar a publicar cuentos y poesías con escaso éxito, aunque obtuvo el Premio St. Vincent. Por esos años se afilió también en el Partido Comunista, un amor que como el de la literatura todavía le duraba. “Sigo teniendo un alma comunista. Es como una enfermedad de la que es difícil salir”, comentaba el año pasado en una de sus últimas entrevistas en España.
Gran amante de la dramaturgia, entre 1948 y 1950 estudia Dirección en la Academia de Arte Dramático Silvio d’Amico y comienza a trabajar como director y libretista en montajes de autores como Luigi Pirandello, Eugène Ionesco, T. S. Eliot o Samuel Beckett, que fueron el germen de una prosa muy afecta al diálogo, de una viveza especial. “Para mí el teatro es el ejercicio del diálogo y una experiencia fundamental en mi escritura. Tanto es así que antes de imaginarme físicamente a un personaje, lo hago hablar”, aseguraba. En 1954 participa con éxito en un concurso para ser funcionario en la RAI, pero no es seleccionado por su condición de comunista, aunque conseguirá entrar en el ente público años más tarde. En la televisión sería productor y coguionista de la serie del inspector Maigret de Simenon o las aventuras del teniente Sheridan, que se hicieron muy populares en Italia.
La letra con sangre entra
Tras sus escarceos juveniles, es en 1978 cuando Camilleri debuta en la narrativa con El curso de las cosas, una novela detectivesca ambientada en la Sicilia profunda de los años sesenta, escrita 10 años antes y publicada por un editor pagado que termina siendo un fracaso. “Escribir es un impulso interior al que es muy difícil resistirse”, decía el narrador. “Escribo bajo la imperiosa necesidad de contar una historia que tengo armada e imaginada en mi cabeza. Sólo cuando experimento esa sensación empiezo una novela”. Dos años después vería la luz una de sus novelas más desconocidas por el gran público pero más valorada por la crítica, Un hilo de humo, obra deliciosa ambientada en Vigáta, una ciudad imaginaria de la Sicilia de finales del siglo XIX, en la que el autor recrea la vida cotidiana en la isla.
Constante en perseguir su sueño literario, Camilleri retoma la escritura luego de 12 años de pausa y publica La temporada de caza, novela de esta serie de Vigáta que encierra una cómica visión del primitivo y disparatado universo rural siciliano. Por fin, Camilleri se transforma en un autor de gran éxito y sus libros, con sucesivas reediciones, venden un promedio de 60.000 mil copias cada uno. Sin embargo, el verdadero éxito le llegaría casi con años con La forma del agua, la primera obra de la serie protagonizada por Montalbano, el comisario responsable de que su autor fuera traducido a más de 35 idiomas y se convirtiera en el escritor más leído, amado y admirado en Italia, donde lleva vendidos más de 26 millones de ejemplares de los más de 35 de todo el mundo.
A partir de ahí, Camilleri publicó una larga serie de novelas policíacas, siempre con Montalbano (nombre elegido como homenaje al escritor español Manuel Vázquez Montalbán) como protagonista: El perro de terracota (1996), El ladrón de meriendas (1996), La voz del violín (1997), La excursión a Tindari (2000), El olor de la noche (2001), Un giro decisivo (2003), La paciencia de la araña (2004), Ardores de agosto (2006), La pista de arena (2009), La búsqueda del tesoro (2010), La danza de la gaviota (2012), Un nido de víboras (2013), La pirámide de fango (2014) o El carrusel de las confusiones (2015), entre otras. También siguió cultivando el género negro o histórico lejos de su comisario, como en La luna de papel (2007), La muerte de Amalia Sacerdote (II Premio RBA de Novela Policiaca, 2008), Las alas de la esfinge (2009), El cielo robado (2009), El campo del alfarero (2010), La moneda de Akragas (2012), Mujeres (2014) o Mis momentos (2016). En 2014 fue ganador del prestigioso premio de novela negra Pepe Carvalho que concede BCNegra.
Un héroe popular
El autor siciliano se sacó de la manga al comisario, cuyo carácter descubrió años después que estaba muy inspirado en la figura de su padre, como una especie de desafío. Quería contar de una vez una historia de un tirón. Dio a la imprenta los dos primeros volúmenes y con eso se daba por satisfecho. Pero el éxito, ya con 70 años, se le echó encima. Empezó a vender por miles sus ejemplares. Algo que no le había pasado hasta entonces, después de varias décadas urdiendo poesías y novelones históricos para minorías selectas. Ya no pudo dar marcha atrás y siguió cocinando nuevas tramas para sus fieles lectores.
Los famosos casos de su comisario están sacados casi íntegramente de recortes de prensa que el escritor recopilaba y a los que añadía sutiles cambios. «Soy un hombre sin fantasía: no soy capaz de escribir una historia sin un mínimo apoyo en la realidad», aseguraba, pero sus historias cuentan con una serie de ingredientes que nunca faltan: el gusto por el diálogo, que viene de sus años como director de escena y su admiración rendida de Pirandello; el escenario al fondo de la Sicilia eterna, con sus inercias y vicios atávicos (la cosa nostra, la corrupción institucionalizada…); las corazanadas del detective, que siempre le ayudan mucho más que las deducciones lógicas y estrictamente racionales a la hora de resolver cada caso… Estos meses también Televisión Española emite los capítulos de la serie los sábados por la tarde, una adaptación a la pantalla pequeña con la que Camilleri, más allá de las diferencias físicas de su personaje (en la tele es más joven y atlético), convive pacíficamente.
Pero a pesar del éxito cosechado por Montalbano, hoy ya un héroe nacional en Italia protagonista de una célebre serie de televisión supervisada por su creador, donde le da vida el actor Luca Zingaretti, Camilleri no siente un afecto particular por su personaje. Al estilo de lo que le sucedió a Arthur Conan Doyle con otro famoso detective de novela, Sherlock Holmes, el escritor italiano se planteó una y mil veces “hacer desaparecer” al comisario. “Pero, ¿cómo voy a liquidar a Montalbano? Me ha dado celebridad, éxito, dinero…”, reflexionaba. “Yo no quiero a Montalbano, no me es simpático, a lo más que llego es a soportarlo. Pero no puedo matarlo. Cada vez que se publica un nuevo montalbano no sólo logra un gran éxito sino que hace que se vendan de nuevo mis novelas de hace 20, 30 años. ¿Qué puedo hacer?”.
Un buen final literario
Sin embargo, la muerte de Camilleri se imbrica con la de su afamado personaje, algo para lo que el escritor ya estaba preparado. «Como tenía ya en mente un buen final literario para mi personaje, decidí escribir el último montalbano. Cuando iba a cumplir 80 años se me ocurrió la solución para hacerle desaparecer sin que eso me costara la vida: una metanovela. Antes de arrepentirme, me puse inmediatamente manos a la obra y escribí el libro, que sigue ahí en el cajón, esperando a que yo me haya cansado definitivamente o a que Dios se canse de mí», bromeaba el escritor.
Antes de sufrir el infarto que finalmente acabó con su vida, el escritor se estaba preparando para participar este pasado 15 de julio en el festival que se celebra en las romanas Termas de Caracalla con el espectáculo que relata su autodefensa de Caín. «Si pudiera, me gustaría terminar mi carrera sentado en una plaza contando historias y al final de mi ‘cunto’, pasar a través de la audiencia con la coppola en mi mano, como los antiguos narradores orales», había dicho en varias ocasiones Camilleri, que ahora nos deja huérfanos de su capacidad para sugerir y abordar críticamente todo un mundo familiar, social y moral sin, como decía, cargar las tintas.
Andrés Seoane
 
 

Clarín, 17.7.2019
El italiano se fue a los 93
Murió Andrea Camilleri, el escritor que despegó a los 70 años y se volvió un imprescindible de la novela negra
Creador de la saga protagonizada por el comisario Montalbano, se encontraba internado en estado grave tras sufrir un infarto.

A principios de junio de 2019, Andrea Camilleri sufrió un infarto y tuvo que ser internado en el hospital Santo Spirito, en Roma. Era la seguidilla de un deterioro de su salud, después de una fractura de fémur sufrida un mes antes. Pero, al mismo tiempo, su último libro de aventuras del comisario Montalbano (“Il cuodo dell Alcyon”) se había colocado al tope de las ventas en Italia. Y Camilleri pasaba ese infortunio cuando preparaba otros trabajos, como un espectáculo en las Termas de Caracalla basado en la obra Autodefensa de Caín. Camilleri (Porto Empedocle, Sicilia, 1925) falleció este miércoles a la edad de 93 años en el hospital romano del Santo Spirito, y con su muerte se despide a uno de los autores de mayor éxito en Italia y todo un maestro de la novela de detectives a nivel mundial.
El escritor estaba ciego en sus últimos tiempos, pero aún así era incansable. “Apenas comencé a perder la vista, he recuperado los otros sentidos. He fumado siempre 80 cigarrillos por día y cuando todavía veía, había perdido el gusto de los olores, de los sabores. Cuando mis ojos se apagaron, volvieron todos mis sentidos juntos”, le contó a la periodista Marina Artusa en Clarín.
El éxito le llega a Camilleri cuando el común de los mortales se jubila: con 70 años triunfa con La temporada de caza (1992), inspirada en la Sicilia rural decimonónica, y con su estilo irónico conquistó definitivamente al público desde 1994 con Montalbano.
He fumado siempre 80 cigarrillos por día y cuando todavía veía, había perdido el gusto de los olores, de los sabores. Cuando mis ojos se apagaron, volvieron todos mis sentidos juntos”
Dramaturgo, guionista y docente de arte dramático, la fama de Camilleri se expandió cuando ya tenía casi 70 años: fue en 1994 cuando La forma del agua, la primera ficción protagonizada por el comisario Salvo Montalbano, se convirtió en un boom internacional de ventas. Y fueron surgiendo, desde aquella primera entrega, los personajes que acompañarían al comisario: el inefable Catarella, el leal Fazio, el incorregible Mimí, el implacable doctor Pasquano y Livia, una novia que vive en la lejana Génova.
Su universo literario, en la ciudad imaginaria de Vigata, transcurre a través de una treintena de obras en las que Salvo Montalbano busca la verdad entre las brumas del crimen, la mafia y la política, siempre haciendo gala de su afinada intuición.
Camilleri contó que después de la publicación de aquella primera entrega sintió que se había quedado a medias "y necesitaba una segunda oportunidad”. Esa fue El perro de terracota, que se convirtió en su novela favorita.
El personaje va envejeciendo con el paso de los años, del mismo modo que su propio creador, pero eso no le impide conquistar las listas de ventas con cada entrega, y de hecho Camilleri se despide en el número 1 en Italia con Il cuoco dell'Alcyon (Sellerio).
La saga continuó como El ladrón de meriendas, La voz del violín, La excursión a Tindari, El olor de la noche, Un giro decisivo, “La paciencia de la araña”, “El primer caso de Montalbano” o “Ardores de agosto”, títulos publicados entre 1996 y 2006.
A partir de allí, las historias de Montalbano fueron traducidas a más de cuarenta idiomas e inspiraron la serie televisiva, que tuvo un éxito similar y donde el papel central era interpretado por el popular actor Luca Zingarretti. El estilo de Camilleri, que articulaba la cultura, la intriga y un pulido manejo del idioma y de la ironía, atrapó a los seguidores del género policial en todas sus variantes. Antes, Camilleri ya había sobresalido en el género histórico con novelas como La captura de Macalé, Privado de título, El curso de las cosas y La pensión de Eva. Pero triunfó definitivamente en el policial y en 2014 se le concedió uno de los premios más prestigiosos del género de novela negra, el Pepe Carvalho.
Camilleri recién escribió su primera novela a los 57 años.
Había militado en la izquierda (Partido Comunista) y estaba muy decepcionado con el devenir de la política italiana de los últimos tiempos y con el ascenso de las corrientes xenófobas. Cuestionaba que personajes como Silvio Berlusconi aún tuvieran predicamento: “Ver a Berlusconi dictando leyes otra vez sería la peor de todas las cosas nauseabundas que podían pasarme a punto de morir. En un país normal debería desaparecer de la política. En cambio, sigue contando. Y esto ha llegado a un punto en que pienso que la culpa no es de Berlusconi, sino de los que lo votan y creen en él”. Pero tampoco le ahorraba críticas a la dispersión de la izquierda (“se reproduce como algunas células, por escisión. Y cada vez disminuye de peso”).
Justamente, en uno de los momentos en los que gobernaba Berlusconi, en 2009, Camilleri publicó su novela El color del sol -dedicada al notable pintor Caravaggio, un maestro del claroscuro- y apuntaba que “mi obra aparece en un momento oscuro. Me aterroriza la insensibilidad de la mayoría de los italianos frente a todas las cosas que sucede en el país”. Comparaba su diagnóstico de la situación de Italia con las sombras de los cuadros de Caravaggio. Pero en esa obra confesaba que “me dejé llevar por la vieja pasión por Caravaggio” y reconstruía el período en el que el pintor vivió entre las islas de Malta y Sicilia. Allí la novedad era que el propio Camilleri se convertía en protagonista, dirigiendo la “investigación” (y no su clásico personaje, Montalbano). En la trama, Camilleri viaja a Siracusa, en Sicilia, para una representación teatral. Y alguien le coloca un mensaje, convocándolo a una reunión secreta. A partir de aquellas fantasías, Camilleri explora el carácter de un artista genial pero también violento. “Pero que fue un hijo de su tiempo”, explica.
Ya ciego, fue invitado a participar en el Festival de Teatro Griego de Siracusa. Y escribió un monólogo sobre Tiresias, el sabio de la mitología al que la diosa Hera dejó ciego y a quien Zeus consoló con el don de la profecía. Entonces, Camilleri subió al escenario, por primera vez, a ciegas. “En mi texto hay un momento en el que cito a Borges y digo que las palabras de Sófocles, escuchadas en la oscuridad de la ceguera, adquieren el sonido de la verdad absoluta. Cuando me preguntaron qué personaje me hubiera gustado interpretar en Siracusa, lo sentí enseguida dentro de mí. Tal vez porque llegué a un punto en el que me gustaría tener una idea más precisa de la eternidad. A los 93 años, tenés la certeza de que la eternidad está viniendo a tu encuentro”, le contó a Marina Artusta en aquella entrevista. Y así era, con una obra inmensa, imborrable.
Patricia Suárez: un portento de la literatura
“Verdadero portento de la literatura contemporánea, además de ser un autor prolífico -27 novelas con el comisario Montalbano de protagonistas y otras veinte con diferentes temáticas- cada uno de sus libros da en el blanco que se propone”, definió la escritora Patricia Suárez. Y agrega: “Fuera del corpus de Montalbano, sus otros libros abarcan los más variados asuntos, ajenos al género policial en algunos casos, anclados en la novela histórica otros, aunque en todos siempre prima la búsqueda de la verdad”. Y cita como ejemplo La moneda de Akragas, que cuenta la historia de un griego en la época clásica, que se hace de una moneda extraña en Agrigento. O El cielo robado, sobre los cuadros de Renoir."
PK
 
 

Tribune de Géneve, 17.7.2019
L'écrivain italien Andrea Camilleri n'est plus
Littérature. L'auteur sicilien Andrea Camilleri, père du commissaire Montalbano, est décédé à l'âge de 93 ans.

L'écrivain sicilien Andrea Camilleri, «père» du commissaire Montalbano, est décédé mercredi à 93 ans, a annoncé l'hôpital romain où il se trouvait dans un état critique depuis un arrêt cardiaque en juin.
«Son état toujours critique de ces derniers jours s'est aggravé dans les dernières heures, compromettant les fonctions vitales», a annoncé l'hôpital dans un communiqué, précisant que les funérailles se dérouleraient dans l'intimité.
L'Italie entend cependant rendre un dernier hommage à ce «pape» du polar, dont le style riche et jubilatoire avait tiré le roman noir vers la littérature. C'est sous sa plume qu'est né en 1994 le célèbre commissaire Montalbano, flic débonnaire et amateur de bonne chère, devenu l'une des figures du roman policier européen.
«C'est une triste nouvelle pour la Sicile»
Metteur en scène de théâtre, réalisateur de télévision et scénariste, Andrea Camilleri s'était fait connaître tardivement comme romancier, mais le succès avait été foudroyant. L'annonce du décès de cet ancien militant communiste a suscité une pluie d'hommages unanimes à travers l'Italie et sur les réseaux sociaux, où le message «Ciao Maestro» («Au revoir, maître») revenait en boucle.
«C'est une triste nouvelle pour la Sicile, qui perd son fils, et pour l'Italie, qui voit partir un magnifique maître de vie. Adieu Andrea Camilleri, tu nous manqueras», a estimé le vice-Premier ministre Luigi Di Maio (M5S, antisystème).
«Narrateur infatigable»
L'autre vice-Premier ministre, Matteo Salvini (extrême droite), a salué «le narrateur infatigable de sa Sicile». «Une voix unique et merveilleuse disparaît», a écrit Nicola Zingaretti, chef de file du Parti démocrate (centre gauche) et frère de Luca Zingaretti, l'acteur qui incarne le commissaire Montalbano au petit écran. «Nous avons perdu beaucoup plus qu'un grand écrivain. Il nous restera la beauté de ses récits».
«Il a offert la Sicile au monde entier», a salué quant à lui le ministre de la Justice Alfonso Bonafede, lui-même sicilien.
 
 

Tribune de Géneve, 17.7.2019
Andrea Camilleri cuisinera les abrutis depuis l’au-delà
Littérature. Le patron du commissaire Montalbano fait la sieste pour l’éternité depuis hier. Hommage.

Dans sa dernière livraison, «La pyramide de boue», Andrea Camilleri s’emballait pour les macaronis «’ncasciata» de sa bonne Angelina, à base de caciocavallo, pecorino, aubergines, viande hachée et œuf dur. L’écrivain, qui s’est éteint à 93 ans mercredi à Rome, savait tenir au corps avec des polars cuisinés. En apparence, si Andrea Camilleri avait baptisé son commissaire Salvo Montalbano en hommage à son confrère espagnol Manuel Vázquez Montalbán, cette force de la nature creusait une veine plus gaillarde et fantaisiste. Déjà par l’usage d’un patois arc-bouté entre l’italien officiel, le dialecte de sa ville natale de Porto Empedocle et l’italien «sicilianisé».
«Comme le disait Pirandello, déclarait-il, la langue italienne exprime le concept, tandis que le dialecte, c’est le sentiment.» De quoi torturer Serge Quadruppani dans ses traductions. De toute façon, les aficionados du flic épicurien finissaient toujours par s’y perdre, les enquêtes de Montalbano étant gérées par plusieurs éditeurs français. L’intéressé s’excusait de ces zigzags chronologiques dans une préface. Lui qui dictait ses textes trois heures par jour avouait se lasser. «Quand je n’en peux plus de Montalbano, je donne un vieux manuscrit à mon éditeur. Après tout, Sherlock Holmes aussi a dû récupérer. Mais là, le commissaire est vraiment au bout du rouleau.»
C’était en 2012, et beaucoup d’enquêtes suivraient. Car sous la nonchalance truculente, ce ténor du réalisme robuste n’aura cessé de dénoncer mafia, corruption, crise migratoire, fascisme etc. Vigata, où règne Montalbano, n’existe pas. Par contre, des façades des commerces à la statue du «Nené», le nom Vigata figure partout dans Porto Empedocle. À la réflexion, c’est mieux qu’une rue Andrea Camilleri posthume.
Cécile Lecoultre
 
 

Merkur.de, 17.7.2019
Sein Zustand verschlechterte sich seit Wochen
Internationaler Bestseller-Autor gestorben - Todesursache bereits bekannt
Der italienische Bestseller-Autor Andrea Camilleri ist gestorben. Er erfand die beliebte Romanfigur „Commissario Montalbano“. Nun ist die Todesursache bekannt.

Rom - Der italienische Bestseller-Autor Andrea Camilleri ist im Alter von 93 Jahren gestorben. Der Zustand des Schriftstellers, der im Juni nach einem Herzstillstand in kritischem Zustand in ein Krankenhaus in Rom eingeliefert worden war, habe sich in den vergangenen Stunden dramatisch verschlechtert, teilte das Krankenhaus am Mittwoch mit. Camilleri soll demnach in aller Stille bestattet werden.
Der 1925 geborene Sizilianer war vor allem für seine Kriminalromane bekannt. Seine erfolgreichste Figur ist der sizilianische „Commissario Montalbano“ (Kommissar Montalbano). Dessen Abenteuer wurden in mehreren Sprachen übersetzt und machten Camilleri auch international bekannt.
 
 

Gazeta Wyborcza, 17.7.2019
Książki
Andrea Camilleri nie żyje. Jeden z najsłynniejszych włoskich pisarzy, ojciec komisarza Montalbano, miał 93 lata
Andrea Camilleri był znany przede wszystkim jako autor kryminałów, twórca komisarza Salvo Montalbano. Publikował kilka książek rocznie, poza powieściami także eseje czy wspomnienia. Pracował niemal do końca, ze względu na pogarszający się wzrok ostatnie książki dyktował.

Jego najważniejszym literackim dzieckiem był komisarz Salvo Montalbano z fikcyjnej miejscowości Vigata na Sycylii - znakomity śledczy, pracuś, erudyta, który przeczytał całego Prousta, oraz smakosz. Do tego z poczuciem humoru: w jednej z powieści o jego przygodach ("Cierpliwość pająka") komisarz zapytany o to, kim jest, odpowiada: "Ile dałbym za to, żeby to wreszcie wiedzieć! Ale, z grubsza biorąc, jestem komisarzem Montalbano". Jego przygody zostały zekranizowane przez telewizję RAI.  
Komisarz został nazwany na cześć Katalończyka Manuela Vazqueza Montalbano, autora książek o detektywie Pepe Carvalho. Camilleri powołał do życia Montalbano w 1994 r. w książce "Kształt wody", którą napisał tuż przed swoimi 70. urodzinami. Czytelnicy często chcieli wiedzieć, ile w smakoszu życia Montalbano samego Camilleriego. Pisarz odpowiadał, że niewiele. Postać komisarza wzorował na swoim ojcu.
Zanim na dobre zajął się pisaniem, Camilleri był znany przede wszystkim jako reżyser. Ponoć to on wprowadził do włoskiego teatru Ionesco i Becketta, wystawiał też Pirandella i De Filippa, Strindberga i Eliota. Dla telewizji kręcił filmy o komisarzu Maigret.
Andrea Camilleri nie żyje. Urodzony na Sycylii, obywatel Rzymu
Pisał też powieści historyczne, eseje, wspomnienia. Opisywał słabo znane epizody z dziejów Sycylii, przywoływał jej język, ludzi, obyczaje. W swoich książkach celnie oddawał atmosferę włoskiej prowincji. Jego bohaterowie mieszają język włoski z sycylijskim dialektem.
Urodził się na Sycylii w 1925 r., ale dużą część życia spędził w Rzymie. Nazywał siebie "włoskim pisarzem, urodzonym na Sycylii, żyjącym w Europie". Pierwszą książkę "Il corso delle cose" (Bieg rzeczy) napisał po czterdziestce, w 1968 r. Odrzuciło ją dziesięciu wydawców, a jeden z nich podobno odpisał: "Przeczytaliśmy, ale nie zrozumieliśmy".
Dopiero po dziesięciu latach książkę wydała mała oficyna Sellerio. Camilleri odpłacił się jej, sprzedając później 3 mln egzemplarzy książek, do których dorzucił jeszcze 800 tys. egzemplarzy w wydawnictwie Mondadori.
Camilleri często komentował wydarzenia polityczne. Nie krył się ze swoimi lewicowymi poglądami. Szczególne ostro krytykował Silvia Berlusconiego. "Ponad 2 mln Włochów to analfabeci, 12 mln to analfabeci wtórni, a kolejne 6 mln nie potrafi wyciągać wniosków z przeczytanych tekstów. To tacy ludzie głosują na Berlusconiego" - mówił w 2012 r. w wywiadzie dla "Wyborczej". Jego komentarze o polityce i społeczeństwie były wysoko cenione we Włoszech. 
Pracował niemal do końca, ostatnie powieści dyktował. Żartował, że ponieważ lekarze nie pozwalają mu już jeść większości potraw, które opisuje w swoich książkach, z tym większą przyjemnością o nich pisze. Pytany o receptę na długie, aktywne życie, nie potrafił udzielić jednoznacznej odpowiedzi. Mówił tylko, że wywodzi się z generacji, która przeżyła wojnę i życie jest dla niego wartością, o którą należy walczyć.
12 czerwca w rozmowie z dziennikarzem włoskiego Radio Capital mówił: "Nie boję się niczego, nawet śmierci. Miałem szczęśliwe życie".
 
 

Ekathimerini, 17.7.2019
Εφυγε από τη ζωή ο Ιταλός συγγραφέας Αντρέα Καμιλέρι

Ο Iταλός συγγραφέας Αντρέα Καμιλέρι, ένας από τους διασημότερους της χώρας του και «πατέρας» του διάσημου «Επιθεωρητή Μονταλμπάνο» έφυγε από τη ζωή σήμερα σε ηλικία 93 ετών, μετέδωσε το ιταλικό κρατικό δίκτυο Rai.
Ο Καμιλέρι πέρασε το μεγαλύτερο μέρος της ζωής του εργαζόμενος ως θεατρικός σκηνοθέτης, σεναριογράφος και καθηγητής και γνώρισε την επιτυχία μετά τα 60 του.
Έγραψε περισσότερα από 100 βιβλία. Τα βιβλία του με ήρωα τον Μονταλμπάνο έχουν πολλές φορές βρεθεί στην λίστα των μπεστ σέλερ στην Ιταλία, έχουν μεταφραστεί σε 32 γλώσσες και έχουν εμπνεύσει την τηλεοπτική σειρά που προβάλλει η Rai αλλά και παγκόσμια τηλεοπτικά δίκτυα.
Το πρώτο του βιβλίο κυκλοφόρησε όταν ήταν 53 ετών αλλά δεν έκανε επιτυχία και στη συνέχεια εγκατέλειψε για πολλά χρόνια το γράψιμο για να επανέλθει το 1994 με «Το Σχήμα του Νερού» με ήρωα τον επιθεωρητή Μονταλμπάνο όταν ήταν σχεδόν 70 ετών.
Το 26ο βιβλίο του της ίδιας σειράς με τίτλο "The Cook of Alcyon" κυκλοφόρησε στα ιταλικά βιβλιοπωλεία στο τέλος Μαΐου. Ο Καμιλέρι είχε δηλώσει το 2006 ότι είχε έτοιμο το τελευταίο βιβλίο της σειράς με τον θάνατο του επιθεωρητή, το οποίο είναι κλειδωμένο στο χρηματοκιβώτιο του εκδότη του.
Η δημοφιλία τόσο του μανιώδους καπνιστή ιταλού συγγραφέα όσο και του λάτρη του φαγητού Μονταλμπάνο εκτοξεύτηκε μετά το 1999 που η Rai ξεκίνησε να προβάλλει τις περιπέτειες του σικελού επιθεωρητή και στη συνέχεια πούλησε τη σειρά σε όλον τον κόσμο.
Η δράση των βιβλίων με πρωταγωνιστή τον Μονταλμπάνο τοποθετείται σε μια φανταστική πόλη που λέγεται Βιγκάτα, η οποία μοιάζει πολύ με την γενέτειρα του Καμιλέρι, το Πόρτο Εμπέντοκλε, ένα λιμάνι στη νότια Σικελία.
Ο τρόπος ζωής των Σικελών και η κουζίνα τους αλλά και η διάλεκτός τους είναι παρόντα σε όλα τα βιβλία με ήρωα τον Μονταλμπάνο.
Η τηλεοπτική σειρά οδήγησε σε τουριστική αναγέννηση του νησιού και τόσο Ιταλοί όσο και ξένοι τουρίστες συρρέουν τακτικά στις μικρές και γραφικές πόλεις Ραγκούσα, Σίκλι και Μόντικα όπου ο Μονταλμπάνο υποτίθεται ότι διενεργούσε τις έρευνές του.
Ο Καμιλέρι, ο οποίος υπήρξε κάποτε στέλεχος του Κομμουνιστικού Κόμματος, ήταν δριμύς επικριτής τόσο του πρώην πρωθυπουργού Σίλβιο Μπερλουσκόνι όσο και του νυν αντιπροέδρου της κυβέρνησης Ματέο Σαλβίνι.
Σε μια από τις τελευταίες τηλεοπτικές μεταφορές με ήρωα τον Μονταλμπάνο που προβλήθηκε στην Ιταλία τον Φεβρουάριο ο επιθεωρητής στέλνει το μήνυμά του υπέρ των μεταναστών πηδώντας στη θάλασσα για να ανασύρει τη σορό ενός μετανάστη.
 
 

Jutarnji, 17.7.2019
U dobi od 93 godine
Umro talijanski krali trilera
Sicilijanski spisatelj Andrea Camilleri svjetsku slavu stekao je romanima o inspektoru Montalbanu

Talijanski spisatelj porijeklom sa Sicilije, Andrea Camilleri, tvorac lika inspektora Montalbana, umro je u srijedu u dobi od 93 godine, priopćila je rimska bolnica u kojoj je zadržan u lipnju nakon srčanog zastoja.
Iz bolnice su rekli da je Camilleri bio u kritičnom stanju.
Njegovo stanje posljednjih se dana još više pogoršalo ugrozivši vitalne funkcije - stoji u priopćenju bolnice te se dodaje kako će se pokop mnogima omiljenog pisca održati u uskom krugu obitelji i prijatelja.
No Talijani kane odati počast "kralju" trilera čiji su raskošan spisateljski stil mnogi cijenili.
Camilleri planetarnu popularnost stječe romanima i pripovijestima o policijskom inspektoru Salvu Montalbanu, kojeg je u više navrata želio upokojiti, no to mu nije dopustila njegova brojna čitateljska publika. Trileri su prevedeni na brojne svjetske jezike i pretočeni u TV seriju.
Ekranizaciju Camillerijevih događaja sicilijanskog detektiva Salva Montalbana pratili su i hrvatski gledatelji.
TV adaptacija Montalbanovih avantura sa savršeno odabranim Lucom Zingarettijem u glavnoj ulozi od prve je epizode postigla golem uspjeh.
Znalci kažu da su neki elementi ovaj kriminalistički serijal učinili jednim od najboljih proizvoda suvremene talijanske proze: njegova lokacija - sunčana sicilijanska pokrajina Ragusa s prekrasnom okolicom, dobra režija, fotografija i gluma.
Camilleri je rođen u Porto Empedocleu, blizu Agrigenta na Siciliji 1925. godine. Nakon profesionalnog bavljenja kazalištem i televizijom, u književnost je ušao svojim prvim romanom "Il corso delle cose" ("Tijek stvari") 1978. godine.
Slijedio je cijeli niz proznih djela, većinom, poput prvog, s povijesnom i sicilijanskom tematikom.
Hina
 
 

Internazionale, 17.7.2019
Andrea Camilleri raccontato dalla stampa straniera

Lo scrittore Andrea Camilleri è morto il 17 luglio a Roma all’età di 93 anni. Nato il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, Camilleri è stato sceneggiatore, regista teatrale e funzionario della Rai. Nella narrativa ha esordito nel 1978 con Il corso delle cose, dopo dieci anni di rifiuti. Nel 1980 uscirono Un filo di fumo e nel 1984 La strage dimenticata, libri che però non attirarono molta attenzione.
Il successo arrivò negli anni novanta con la serie di gialli che ha per protagonista il commissario Montalbano. Da allora Camilleri ha pubblicato più di cento libri, venduto trenta milioni di copie, ricevuto nove lauree honoris causa e rilasciato centinaia di interviste.
Una delle ultime è stata quella con Jérôme Gautheret di Le Monde, fatta poche settimane prima del ricovero dello scrittore in un ospedale a Roma.
Le Monde
Al giornalista francese, Camilleri racconta di essere cresciuto a Porto Empedocle, “un piccolo paese di pescatori”, e di aver amato il mare: “D’estate vivevo sulla spiaggia. Ho una cultura di uomo di mare e di contadino”.
Trasferitosi a Roma nel 1949 “la prima volta ho fatto il possibile per tornare in Sicilia. Poi, lentamente, la famiglia e la vecchiaia mi hanno fatto tornare solo una volta all’anno. Vado a respirare l’aria del porto, i profumi della campagna, ma alla mia età i miei amici non ci sono più”.
Tra gli scrittori che ha amato cita Sciascia, Pirandello, Malraux (“La condizione umana mi ha cambiato la vita”) Simenon, Faulkner, Joyce, Gide, Bernanos. “Non Proust: lo trovo un po’ difficile. E poi, naturalmente, ci sono i poeti: Mallarmé, Lautréamont (…) Per non parlare del teatro. Molière, che genio!”.
Quando Gautheret gli chiede dell’Italia di oggi, Camilleri dice che “la grande maggioranza degli italiani ha adorato Mussolini e questo desiderio di obbedienza non è mai scomparso. Abbiamo una certa inclinazione alla schiavitù… Salvini fa la voce grossa e tutti lo seguono. Ci piace molto non pensare, chiedere agli altri di farlo per noi”.
The Guardian
Nel suo necrologio sul quotidiano britannico The Guardian ricorda che Camilleri non ha mai risparmiato interventi polemici sull’attualità nazionale e internazionale.
“Tra i suoi obiettivi ci sono stati Silvio Berlusconi e George W. Bush, con la mafia e il Vaticano sempre sullo sfondo”, scrive Alison Flood.
In un’intervista dell’aprile scorso al Guardian, il giornalista Lorenzo Tondo ricorda che “in un episodio recente della serie tv Il commissario Montalbano, un messaggio a favore dei migranti ha suscitato la rabbia dei sostenitori di Salvini”.
Tra le vicende dell’attualità, Camilleri si è occupato anche di mafia, ma con un approccio preciso: mai raccontare i boss in ruoli da protagonisti. Al Guardian lo scrittore ha spiegato come mai: “Non perché ne ho paura, ma credo che scriverne spesso li trasformi in eroi. Penso al Padrino, dove l’interpretazione superba di Marlon Brando ci distrae dal fatto che ha anche commesso degli omicidi. È un regalo che non voglio fare alla mafia”.
El País
Già da qualche anno Camilleri era diventato cieco, come ricorda Daniel Verdú sul País. Lo aveva annunciato lui stesso in una nota alla fine del romanzo L’altro capo del filo: “Scritto nella sopravvenuta cecità”.
“Le tenebre non possono essere combattute. Non c’è niente da fare. Bisogna affidarsi alla memoria”, aveva detto al País. Prima di perdere la vista, Camilleri aveva comunque scritto la fine del commissario Montalbano, il suo eroe più celebre, protagonista di una serie di libri tradotti in tutto il mondo.
“Quando ha compiuto ottant’anni”, scrive Verdú, “Andrea Camilleri ha pensato di aver già percorso una lunga strada e che forse la fine poteva trovarsi dietro l’angolo. Così ha scritto l’episodio finale della serie sul commissario Montalbano e lo ha inviato al suo editore”. Da allora Sellerio lo ha tenuto in cassaforte. L’accordo con Camilleri era che la pubblicazione sarebbe avvenuta solo dopo la morte dello scrittore.
Dal New York Times a Ekathimerini
Ricordi, necrologi e articoli su Camilleri sono stati pubblicati su molti altri giornali. Dallo
statunitense New York Times alla polacca Gazeta Wyborcza, dal greco Ekathimerini all’argentino Clarín.
 
 

La Voce di New York, 17.7.2019
Tutto scorre
Caro maestro Andrea Camilleri, ci mancherai tanto quanto “u scruscio du mari”
La scomparsa del grande scrittore che col linguaggio siculo-italiano affidato al suo Commissario Montalbano ha colpito trasversalmente generazioni di italiani
La fervida fantasia di Andrea Camilleri era capace di scrivere storie incredibili partendo da fatti veri. Ha raccontato la Sicilia, il suo rumore del mare, gli odori delle fritture, la gente che si diverte e spara “minchiate”. C’è anche la Sicilia che non ci piace ma che il Maestro sapeva raccontare.

Quando mi è arrivata la notifica sullo smartphone stavo per entrare in seduta di laurea. Un bip e poi la news: è morto lo scrittore Andrea Camilleri.
Non è stata una sorpresa certo. Da giorni questa notizia era attesa. I giornali, le radio e le tv avevano già i coccodrilli (l’ articolo commemorativo, già pre-confezionato, sulla vita di un personaggio famoso, da pubblicare appena arriva in redazione la notizia della sua morte) pronti. Da giorni il Maestro che ha creato il Commissario Montalbano, il poliziotto più conosciuto al mondo, lottava contro la morte. Era in un letto d’ospedale tenuto in vita dalle macchine. Ha combattuto contro la morte fino all’ultimo respiro. Cosi come nella vita aveva combattuto per riuscire ad esprimere le sue idee, anche quando erano contro, anche quando erano oltre o impopolari. E i suoi personaggi parlavano come lui della Sicilia.
La sua fervida fantasia era capace di scrivere storie incredibili partendo da fatti veri. Non posso negare che mi è scappata la lacrimuccia. Diventata lacrima poi leggendo le parole bellissime, pesate di Luca Zingaretti, che ha interpretato e interpreta il Commissario Montalbano.
Adesso non sappiamo cosa sarà del Dirigente del Commissariato di Vigata. Si sposerà davvero, si ammalerà, morirà o cambierà mestiere. Sono tante le ipotesi aperte mentre il suo inventore è volato in cielo. Ed anche prima di morire ha spiegato che non aveva paura. Magari suscitando facili ironie vista la veneranda età. Ed anche se tutti noi sapevamo che era in ospedale non potevamo non ricordare l’imitazione straordinaria di Rosario Fiorello che lo sfotteva per la tante sigarette e per il timbro di voce incredibile.
Ho avuto la fortuna di intervistare Andrea Cammilleri. Per un caso incredibile che un suo libro “Il colore del sole” aveva sollevato nella mia città d’origine, Licata. Città dove lui ha ambientato tantissime sue storie. Forse il nome Vigata nasce proprio da Licata. Insomma lo cercai per diversi giorni per sapere se la storia del quadro di San Girolamo nella Chiesa omonima di proprietà della Confraternita che sarebbe stato realizzato da Caravaggio o da qualcuno della sua scuola conteneva qualcosa di vero o verosimile. Lui puntualmente disse che era frutto della sua invenzione. Ma fu l’occasione per dirgli quanto lo stimavo e, come nella vita le sue opere erano state per me importanti per comprendere la mia terra o per spiegarla agli altri. Penso per esempio alle volte che ho regalato a burocrati il volumetto “La concessione del telefono” o le volte che mi sono trovato in giro per il mondo o in Italia a tradurre la sue parole in un siciliano antico. Alcune le conoscevo perché le sentivo dai miei nonni. Ad esempio quasi nessuno chiama più la giacca “Bunaca” ma Andrea Cammilleri si!
E così dalle sue frasi, dalle sue battute, nascevano vere e proprie dispute linguistiche. E poi anche il rapporto con la natura e soprattutto il suo amato mare. Chi di noi non ha iniziato ad apprezzare il rumore del mare dopo aver letto il Maestro. “U scruscio du mari” era la cosa che più gli mancava della Sicilia. Ed è vero. Io che ho vissuto al nord ho poi capito perché il popolare scrittore si era fissato sul fatto che era la cosa più importante. Ed ancora avrei voluto fargli leggere, ma non ci provai nemmeno, una tesi di laurea che scrisse e discusse molto bene, una mia studentessa su come i romanzi di Camilleri ed in particolare il Commissario Montalbano erano diventati veri e propri brand turistici.
Pensate a quello che il bravo scrittore empedoclino era riuscito a fare consegnando le sue opere poi diventate, per intuizione di un produttore, fiction realizzate in provincia di Ragusa o di Agrigento. Nelle prossime ore presenterò il mio ultimo libro Piraterie, davanti la casa del Commissario Montalbano, a Punta Secca a Santa Croce Camerina. Tante persone mi hanno scritto in privato ed anche in pubblico, quanto era bella e importante questa cosa. Perché lì c’è tutta la Sicilia di Camilleri, in quella piazza che si chiama Torre. Ci sono il rumore del mare, gli odori delle fritture, la gente che si diverte e spara “minchiate”, c’è tutto quello che noi immaginiamo della Sicilia e che idealizziamo. C’è anche la Sicilia che non ci piace e che il Maestro sapeva raccontare. Nessuno era come lui. E nessuno sarà mai come lui. Perché era unico. E ora è immortale.
Francesco Pira
 
 

Rolling Stone Italia, 17.7.2019
Andrea Camilleri, l’intellettuale pop che è diventato voce critica del Paese
Il valore del creatore di Montalbano per la nostra cultura è inestimabile. Ha saputo unire commedia all'italiana e cinema d'autore, Umberto Eco e Collodi: nessuno come lui ha raccontato la modernità senza blandirla

Farabutti, assassini, grandissimi cornuti. Questo vedono gli occhi di Montalbano-Zingaretti – bellissime le sue parole sui social – sui muri del commissariato di Vigata. Salvo ne parla con Mimì Augello, suo braccio destro e puntello nelle indagini e per la coscienza. Il commissario gli confessa “sì, me ne voglio andare. Hai letto i giornali? Ad assaltare la scuola, in quella caserma, a fabbricare prove false, false… non c’è stato qualche agente isolato, ignorante, violento… no! C’erano questori, vicequestori, capi della mobile e compagnia bella…. Mi sono amminchiato”. Augello gli fa eco: “Ti senti tradito dall’istituzione in cui avevi più fiducia”. E lui reagisce: “Non mi sento tradito. Sono stato tradito! Fabbricare prove false… oohh! Ma sai quale è la cosa peggiore? Che prima di Genova c’era stata Napoli. E lì il governo era di un altro colore. Che la lordìa è qui, nella polizia”. Augello lo richiama all’ordine. “Un tuo addio sarebbe un tradimento contro tutti gli altri poliziotti onesti come noi, che con quei quattro farabutti non abbiamo nulla a che fare. Andartene significherebbe sbattere la porta contro chi è per bene”.
Montalbano resterà al suo posto, ma in queste righe scritte con Francesco Bruni – fenomeno della sceneggiatura, straordinario nel lavorare sulle parole del maestro assieme a Salvatore de Mola –, mondate delle invettive politiche contro Berlusconi presenti nel romanzo da cui fu tratto quell’episodio del commissario che continua a fare ascolti record anche all’ennesima replica, Il giro di boa (Sellerio, 2003) c’è tutto Andrea Camilleri, che si è spento nelle scorse ore a Roma all’età di 93 anni.
Se ci chiediamo come un uomo di così alta cultura possa aver scritto per la tv e poi essere divenuto icona pop, dobbiamo cercare il motivo tra queste righe. Vibranti, potenti, oneste, spiazzanti, coraggiose, capaci di interpretare il sentire comune di un popolo oltre le fazioni, di spiegare a cuori sgomenti e anime incazzate ciò che le turbava di quella tortura di stato, di quella repressione infame che fu il G8 di Genova. Camilleri, nella sua produzione alta come in quella più popolare, era la voce della coscienza collettiva e critica di questo Paese, una sorta di Umberto Eco dei povery, uno dei rari intellettuali totali capaci di vivere e analizzare il presente, troppo curioso della vita e del mondo per crogiolarsi nell’ambizione di risultare genio incompreso, anche a costo di non veder riconosciuta a pieno la sua statura creativa, artistica, politica, narrativa.
Il suo Montalbano ha attraversato il periodo più buio del proprio Paese, illuminandolo senza accecarlo, ne ha nobilitato i tempi pur non blandendoli. Il commissario era, anzi è – lui non morirà mai, o forse sì, visto che Camilleri ha sempre dichiarato di avere nel cassetto l’ultimo romanzo dedicato al buon Salvo, da pubblicare rigorosamente dopo la dipartita dell’autore – un Alberto Sordi che impedisce l’immedesimazione al lettore e allo spettatore, severo con le fragilità altrui pur non rinunciando mai a comprenderle, viverle, attraversarne le contraddizioni. La commedia all’italiana che incontra il cinema d’autore più riflessivo per concedersi al popolo, senza pudori, parlando una lingua a suo modo aulica e accessibile. E lui, Camilleri, era Collodi.
Per anni ci ha accompagnato con un feuilleton fatto di episodi autoconclusivi perfettamente complementari tra loro, ma il commissario non era solo la sua creatura più fortunata, che pur coccolava senza relegarla snobisticamente in un angolo come altri fanno con le canzoni più celebri, i film che hanno incassato di più, i volumi più venduti. Era un Tomasi di Lampedusa senza la decadenza aristocratica, era uomo di teatro formatosi alla dura scuola di Orazio Costa, di cui fu aiuto regista, e con un passato doloroso e turbolento all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, dove tornò come professore amatissimo, forse per esorcizzare le rabbie e le cadute da studente.
Era Tiresia, come attore, il tebano cieco che vedeva con le parole, un’immedesimazione sublime. Stava preparando Autodifesa di Caino, previsto l’altroieri alle Terme di Caracalla, poi annullato per via della malattia. Ci ha insegnato ad amare le parole, la sua droga, da funzionario Rai addetto alla prosa radiofonica.
Tutto in lui è stato straordinario. Ha esordito nella narrativa a 53 anni, lui che non fece gli esami di maturità a causa dei bombardamenti e dell’imminente sbarco alleato. Lo raccontava con il gusto del bambino discolo, sottolineando l’ironia delle tragedie, così presente nei suoi racconti. Voleva smettere dopo il secondo libro, fu Elvira Sellerio, la sua editrice, a farlo desistere. Il successo arrivò in piena età da pensione – gli ultimi 25 anni dei 93 – e forse per questo irrideva chi lo chiamava maestro e apprezzava chi con irriverenza lo contraddiceva, pur fulminandolo con battute e analisi straordinarie.
Era raffinato, lo capivi da come cesellava il vigatese, da come ritraeva i siciliani, amatissimi e odiatissimi, dal modo in cui sezionava la realtà, nei romanzi e nelle interviste. Poteva essere Moravia o Svevo, ma ha scelto la strada di Pirandello. Quella di affrontare la letteratura, il teatro, la comunicazione, non rinunciando alla modernità, senza blandirla, come faceva con tutti noi. Forse, semplicemente, era il Seneca dei nostri tempi e non ce ne siamo accorti, di sicuro non se n’è accorto lui. L’inconsapevolezza di sé e della sua grandezza – lo vedevi nel modo quasi infantile con cui affrontava i prologhi televisivi dei suoi episodi inediti, infarcendoli di autospoiler – lo ha reso spontaneamente geniale, oltre che longevo.
Andrea Camilleri si sarà presentato dall’altra parte ridendo e dicendo “Montalbano sono”, nome scelto in onore di un altro come lui, pop e raffinato, Manuel Vazquez Montalban, divenuto amico e sodale. E se ci sta leggendo, lo tranquillizziamo: questo non è un coccodrillo – “chissà da quanto lo avete scritto, voi altri” scherniva i giornalisti –. Maestro, al massimo è un cane di terracotta.
Boris Sollazzo
 
 

Fanpage.it, 17.7.2019
Morto Andrea Camilleri: domani lo scrittore al Cimitero Acattolico di Roma
È morto oggi, all’età di 93 anni, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri. Domani si svolgeranno i funerali in forma privata, ma sarà possibile salutare lo scrittore dalle 15 al Cimitero Acattolico di Roma. Lo scrittore ci ha lasciati stamattina alle 8:20, dopo essere stato ricoverato un mese in rianimazione in seguito ad un arresto cardiaco. Il papà di Montalbano aveva conquistato il grande pubblico con le vicende del noto commissario di Vigata, riprese sul grande schermo in una serie Tv Rai.

Non ci saranno né la camera ardente, né i funerali pubblici. Ma un saluto ad Andrea Camilleri, domani 18 luglio dalle 15, i lettori e ammiratori potranno farlo presso il Cimitero Acattolico per gli stranieri a Testaccio in via Caio Cestio 6, a Roma. Sempre domani, invece, si svolgeranno le esequie, in forma privatissima, per la famiglia, gli amici e i più stretti collaboratori di Andrea Camilleri il grande scrittore siciliano morto stamattina alle 8:20 al Santo Spirito di Roma. Intanto, da ogni parte, continuano ad arrivare messaggi di cordoglio per la morte di Andrea Camilleri, dal ministro dell'interno Matteo Salvini al conduttore televisivo Fabio Fazio, passando per Luca Zingaretti e Fiorello. E la famiglia, intanto, chiede rispetto, invitando a non "venire in ospedale". Dopo che stamattina mercoledì 17 luglio, all'età di 93 anni, ci ha lasciato lo scrittore siciliano Andrea Calogero Camilleri, dopo essere stato ricoverato per un mese in rianimazione in seguito ad un arresto cardiaco. L'annuncio è stato dato dall'Asl Roma 1 che in un comunicato ha scritto: "Con profondo cordoglio comunichiamo che alle ore 08.20 del 17 luglio 2019 presso l'Ospedale Santo Spirito e' deceduto lo scrittore Andrea Camilleri. Il padre di Montalbano stava male da tempo, afflitto dalla cecità e da gravi condizioni fisiche. I suoi libri, dai romanzi gialli a quelli storici, senza dimenticare le raccolte di memorie personali, avevano fatto il giro del mondo, conquistando il grande pubblico anche all'estero. Questo perché Camilleri era uno scrittore infaticabile, che amava raccontare storie e non era mai sazio di parole. La sua penna ha spaziato da un genere all'altro, ma a lui non bastava ancora. Così aveva raggiunto i suoi lettori usando la sua voce, in radio e in tv, registrando audiolibri in cui raccontava le vicende di Salvo Montalbano, il protagonista di tanti suoi racconti.
Camilleri: domani al Cimitero Acattolico di Roma saluto dei lettori
Una nota stampa dell'Ospedale Santo Spirito annuncia la possibilità di salutare per l'ultima volta Andrea Camilleri:
“Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni!". È con queste parole che concludevano la sua "Conversazione su Tiresia, che la famiglia di Andrea Camilleri e le persone a lui care vogliono salutare e ringraziare tutti i suoi lettori e tutti i suoi amici di avergli voluto così bene. La moglie, le figlie, i familiari di Andrea Camilleri ringraziano il Dott. Roberto Ricci, il Prof. Mario Bosco, i medici, gli infermieri e tutto il personale del Reparto di Anestesia e Rianimazione e dell’intero Ospedale Santo Spirito di Roma per la grande professionalità e il profondo affetto che hanno dimostrato nei confronti del loro caro. Sarà possibile salutare Andrea Camilleri domani 18 luglio dalle 15 presso il Cimitero Acattolico per gli stranieri a Testaccio in via Caio Cestio 6 a Roma.
Morto Camilleri: domani i funerali, camera ardente non ci sarà
A quanto si apprende da fonti Ansa, non ci sarà nessuna camera ardente o celebrazioni pubbliche per i funerali di Andrea Camilleri, morto stamattina a Roma alle ore 8:20 all'Ospedale Santo Spirito di Roma. Per volontà dello scrittore, lasciate alla famiglia prima di morire, il funerale si svolgerà in forma privata domani stesso.
Andrea Camilleri, le frasi memorabili dello scrittore
"Che cosa straordinaria possono essere i libri. Ti fanno vedere posti in cui agli uomini succedono cose meravigliose. E cominci a farti parecchie domande". È solo una delle tante frasi celebri dello scrittore siciliano, che oltre a essere un grande "architetto" di storie, è stato anche un abile creatore di aforismi, dentro e fuori dai libri. Dal primo, celebre incipit del primo libro dedicato al Commissario Montalbano, per arrivare alle frasi in siciliano.
Quando Camilleri disse: "Mi manca la bellezza delle donne"
L'anno scorso, intervistato da Fanpage.it a casa sua, Andrea Camilleri parlò di tantissimi temi, dalla ricerca di Dio, alla cecità che da alcuni anni lo affliggeva. In particolare, su quest'ultima questione, disse: "Mi manca vedere la bellezza delle donne". Proprio alla cecità, dedicò l'estate scorsa uno spettacolo al Teatro Greco di Siracusa "Conversazione con Tiresia". Sempre nella stessa intervista, Camilleri parlò della conclusione della fortunatissima serie del Commissario di Vigata: "La fine di Montalbano l'ho già scritta più di 13 anni fa. Recentemente l'ho rimaneggiata dal punto di vista stilistico ma non del contenuto. Finirà Montalbano, quando finisco io, uscirà l'ultimo libro. Quello che posso dire è che non si tratta tanto di un romanzo, quanto di un metaromanzo dove il Commissario dialoga con me e anche con l'altro Montalbano, quello televisivo".
Da Fiorello a De Laurentiis: le reazioni alla morte di Camilleri
"Addio ad Andrea Camilleri, papà di Montalbano e narratore instancabile della sua Sicilia". Lo ha scritto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini sul suo profilo Twitter. Nonostante gli scontri, spesso duri tra i due, e i commenti molto negativi che lo scrittore siciliano ha sempre avuto sul leader della Lega, arriva comunque il saluto di Salvini al papà di Montalbano. Ma non è il solo. Da Fabio Fazio, che spessissimo ha intervistato in televisione Andrea Camilleri, allo showman Fiorello, fino alla polizia di stato, i ricordi sui social sono ovunque. Fabio Fazio ha scritto: "Con infinita tristezza scrivo queste parole per ricordare Andrea Camilleri. Un uomo gentile, coraggioso e generoso. Un intellettuale col cuore. Una persona limpida la cui onestà ci ha fatto da guida e ci ha consolato. Da oggi siamo tutti più soli". Anche dal mondo del calcio arrivano gli omaggi, in particolare dal presidente del Napoli, il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis, che ha dichiarato sul suo profilo:
Il Presidente Aurelio De Laurentiis e tutto il Napoli sono vicini alla famiglia del maestro Andrea Camilleri. Quanto ci hai fatto piangere e quanto ci hai fatto ridere. Ci mancheranno la tua personalità, la tua cultura, i tuoi romanzi.
Non mancano le voci degli altri scrittori. Dal Premio Strega 2015, Nicola Lagioia, al giornalista sportivo Riccardo Cucchi, fino a cantanti molto popolari come Paola Turci: "Non bisogna mai avere paura dell'altro perché tu, rispetto all'altro, sei l'altro. Grazie Maestro" sono le parole della cantante. Immancabili anche le parole degli attori che hanno dato vita, nelle fiction, ai racconti di Camilleri, primo su tutti Luca Zingaretti, il volto di Montalbano in Tv. Anche l'Aie, Associazione italiana editori, tramite il suo presidente, Franco Levi, esprime cordoglio per la perdita di Andrea Camilleri:
Andrea Camilleri con la sua scrittura, la sua passione, i suoi racconti ha regalato a tutti noi memorabili, straordinarie e uniche occasioni di lettura appassionante e mai banale. Il mondo del libro e la cultura italiana perdono una grande e specialissima personalità. La sua curiosità dell’uomo resterà viva attraverso le sue pagine sempre intelligenti e cariche di umanità.
Camilleri morto: esequie private per lo scrittore
Dalla nota dell'Ospedale Santo Spirito di Roma, è emerso che le esequie dello scrittore, le cui modalità saranno comunicate nel pomeriggio, saranno svolte in forma privata: "Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali" spiegano dall'ospedale, rivelando che "per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio".
La famiglia di Camilleri: "Chiediamo riservatezza"
Intanto, la famiglia di Andrea Camilleri chiede di rispettare il dolore e chiede agli amici e ai lettori dello scrittore, di non raggiungere il Santo Spirito di Roma. Nel pomeriggio saranno comunicati luogo e modalità dei funerali, che secondo la volontà del papà di Montalbano si terranno in forma privata. Al momento, vista la richiesta della famiglia, fuori dall'ingresso principale del Santo Spirito ci sono soltanto giornalisti, soprattutto telecamere, e anche rappresentanti delle forze dell'ordine che hanno il compito di non fare avvicinare i curiosi. Mentre i fan e i lettori stanno sembrano rispettare la richiesta della famiglia, a partire dalla moglie, Rosetta Dello Siesto, sposata per oltre 72 anni con lo scrittore, e i figli, stretta attorno al feretro dell'amato congiunto.
Andrea Camilleri: addio al papà di Montalbano
Nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento in Sicilia, il 6 settembre del 1925, Andrea Camilleri non è stato soltanto uno scrittore da 100 libri, ma anche un drammaturgo, un autore teatrale e televisivo, un regista radiofonico e, non da ultimo, un militante antifascista. Credeva da sempre nel potere salvifico delle parole e utilizzava qualsiasi mezzo a sua disposizione per esplicitare le sue posizioni. Il suo personaggio più famoso, il commissario Salvo Moltalbano, si fa portatore proprio di questa visione, pur se nella piena consapevolezza di quanto sia difficile maneggiare la verità. Dietro le fattezze dell'attore Luca Zingaretti, che ha prestato il volto ad una delle serie più amate dagli italiani, si è sempre celato un suo alter ego con cui condivideva la solitudine di essere figlio unico e un trasferimento infelice nel periodo dell'infanzia.
Le mille storie dello scrittore Andrea Camilleri
Tante le creazioni letterarie della sua lunga carriera. Da "Un filo di fumo" (1980) in cui compare per la prima volta la cittadina inventata di Vigata in Sicilia a "La forma dell'acqua" (1994), il primo romanzo in cui racconta le vicende poliziesche del commissario Montalbano. Da allora scoppia il "fenomeno Camilleri": in barba alla critica che lo accusa di ripetitività i suoi romanzi vendono sempre di più, arrivando a 60mila-70mila copie con titoli come "Il birraio di Preston" o "La mossa del cavallo". E, come risposta, nel 2001 si cimenta anche con un romanzo dalla spiccata innovazione linguistica: "Il re di Girgenti", ambientato nel Seicento e scritto in siciliano inframezzato con lo spagnolo. Tra il 2007 e il 2009 si occupa anche di pittura, scrivendo dei romanzi su dei grandi artisti come Caravaggio, Guttuso e Renoir. Nel 2006 ha consegnato a Sellerio il finale della saga di Montalbano, chiedendo che venga pubblicato soltanto dopo la sua morte. Negli ultimi anni aveva insegnato regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica. In una delle sue ultime interviste rilasciate a Fanpage parlava proprio del mistero dell'etertà, curioso di capire cosa ci fosse oltre.
 
 

Fanpage.it, 17.7.2019
Addio ad Andrea Camilleri, il ricordo di Erri De Luca: “Mi aiutò nel processo sulla Tav”
Dall’Ischia Global Fest, dove è ospite, lo scrittore napoletano Erri De Luca ha voluto ricordare la figura di Andrea Camilleri, morto stamattina a Roma: “Ha dato lustro a una lingua che proviene dal Sud e ha fatto un gran bene alla letteratura con la grande popolarità del commissario Montalbano”.

Uno scrittore amato dai lettori e dagli altri scrittori. Spicca, tra i tanti commenti e omaggi che giustamente oggi si stanno tributando ad Andrea Camilleri, il commento di Erri De Luca, altro grande e popolare scrittore della nostra letteratura, che come il papà di Montalbano, è uomo del Sud. E da Sud, in particolare da Ischia, dove è ospite dell'Ischia Global Fest, l'autore napoletano di "Montediddio" e "Non ora, non qui", ha detto, a proposito della morte di Andrea Camilleri:
La letteratura italiana che preferisco e' quella un cui si sente il "callo" del dialetto". Dall'Ischia global Fest, dove ha appena partecipato a un panel sulla scrittura, Erri De Luca ricorda Andrea Camilleri come uno scrittore che "ha dato lustro a una lingua che proviene dal Sud e ha fatto un gran bene alla letteratura con la grande popolarita' del commissario Montalbano.
Andrea Camilleri, Erri De Luca ne ricorda l'ironia
Lo scrittore napoletano, ricordando che il papà di Montalbano si era espresso in suo favore all'epoca del suo processo per le frasi contro la Tav, ha ricordato il grande scrittore siciliano, scomparso stamattina all'ospedale Santo Spirito di Roma, dopo un mese di ricovero, sottolineando "il carattere generoso di un personaggio che anche nelle polemiche usava l'ironia, arma sempre più efficace dell'invettiva."
Un rapporto di stima e amicizia, dunque, tra due grandi della letteratura italiana contemporanea, che affonda le radici in una delle battaglie civili e di impegno politico, tratto che accomuna i due scrittore di estrazione meridionale, l'uno siciliano, l'altro napoletano, che con la loro lingua madre e la loro terra non hanno mai reciso i rapporti, anzi, facendone il centro della propria poetica e delle proprie storie.
 
 

Fanpage.it, 17.7.2019
Addio ad Andrea Camilleri: Rai Radio 3 celebra il primo amore del papà di Montalbano
La rete culturale della Rai, Radio3, celebra con una programmazione speciale tutta dedicata ad Andrea Camilleri, lo scrittore siciliano scomparso stamattina all’ospedale Santo Spirito di Roma. Dove il papà di Montalbano ha lavorato a lungo, sin dal 1958, quando di chiamava ancora Terzo Programma.

Uno speciale radiofonico che trasmette tutte le interviste di Andrea Camilleri, quelle concesse negli ultimi anni a Rai Radio3. All'epoca, nell'anno in cui lo scrittore iniziò a collaborarci, il 1958, si chiamava ancora Terzo Programma, che poi sarebbe diventato Radio3. La radio culturale di quell'azienda di servizio pubblico dove, prima di diventare uno scrittore famoso grazie al commissario Montalbano, Andrea Camilleri ha lavorato per tanti anni, realizzando diversi progetti, radiofonici e televisivi. Dalle commedie di Eduardo, per arrivare al pionieristico progetto di "Outis Topos", straordinario esempio di documentario sperimentale per la radio del 1974. Fino al grande successo dei suoi libri. Per questo motivo oggi pomeriggio la programmazione di Rai Radio3 si fa subito speciale, in seguito alla notizia della morte del grande scrittore siciliano, di cui domani si celebreranno le esequie in forma privata.
Andrea Camilleri alla radio, il primo grande amore
Ma soprattutto, per Camilleri, la radio è stato il primo amore, come lui stesso ha dichiarato in un'intervista a Radio 3: “La radio è il mezzo grazie al quale, quando nessuno voleva pubblicarmi, ho coltivato il mio amore per la parola”. Con questa sua citazione, dunque, Rai Radio 3 ha voluto rendere omaggio allo scrittore siciliano originario di Porto Empedocle. E lo fa nel giorno della sua scomparsa, lo ricorderà in tutte le trasmissioni, da Pagina3 a Tutta la città ne parla, da Radio3 Scienza a Fahrenheit che aprirà con un ricordo del direttore Marino Sinibaldi.
 
 

Fanpage.it, 17.7.2019
Morto Andrea Camilleri, insulti dei fan di Salvini: “Per certa gente niente lacrime”
Insulti e offese da parte dei followers di Matteo Salvini dopo il tweet con cui il ministro “salutava” Andrea Camilleri dopo la notizia della morte stamane. Nemmeno il leader della Lega è rimasto immune dai commenti negativi di chi pretendeva una linea di maggior coerenza nei confronti del papà di Montalbano, da sempre critico nei confronti del titolare al Viminale.

Solo stamattina ha smesso di vivere, il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri, subito dopo sono iniziati i commenti degli haters sui social. Un mese fa, in occasione del suo ricovero in ospedale, avevamo già denunciato la vergognosa diffamazione a mezzo social di pochi stupidi, che nasceva dalla querelle con il loro "capitano" su cui lo scrittore si era espresso duramente. "Andranno i migranti a vegliarlo" aveva scritto vergognosamente qualcuno. Stavolta però è troppo. Ancora di più se i peggiori a dare prova di sé, sono i follower del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che invece stamattina in un tweet aveva reso un breve omaggio al papà di Montalbano (forse consigliato dal suo stratega della comunicazione, Luca Morisi.
Ma i sostenitori più acerrimi del ministro e leader della Lega, non l'hanno presa bene. E se la sono presa tanto con Salvini, quanto con il povero Camilleri, morto stamattina all'ospedale Santo Spirito di Roma, lanciandosi in commenti del tipo:
"MA PER FAVORE! Via un’altra zecca anacronistica di propaganda! Si respira meglio senza quel tisico kompagno komunista, molto meglio!"
Tisico kompagno komunista, con la K, così scrive un attivo fan del ministro Salvini sul suo profilo Twitter. "Un pidiota in meno" scrive qualcun altro, "vecchio tartarugone", eccetera, eccetera. Che pena.
Ma c'è anche chi, più realista del Re, se la prende direttamente con Salvini:
Sti cazzi salvi,ricorda come te ha trattato. Per certa gente nn si versano lacrime.
Assurdità, di cui tristemente vi diamo conto. Per non parlare dei commenti di chi, semplicemente, poteva star zitto e invece decide di scriverne:
A me è sempre stato un po' sullo stomaco. Posso confessarlo? Esageratamente idolatrato. Mia opinione, certo…
 
 

Gazzetta di Mantova, 17.7.2019
Addio a Camilleri, geniale inventore del commissario Montalbano
Il grande scrittore siciliano, autore della fortunata serie di romanzi sul commissario di Vigata, è morto oggi a 93 anni. Dai romanzi al teatro fino alle prese di posizione sulla politica, l'Italia piange uno dei suoi più grandi autori contemporanei

Torino. Per molti anni, a partire dalla fine del secolo scorso, Andrea Camilleri è stato un collaboratore prestigioso e fedele della Stampa, sull’onda anche della sottile fascinazione che molti siciliani avvertono per tutto ciò che è torinese (leggendo i suoi libri, tra l’altro, si scopre che diverse parole del dialetto isolano assomigliano in modo sorprendente all’omologo piemontese, retaggio del comune passato intriso di connessioni francesi).
Il primo articolo è del 14 giugno ’98, la storia di un mistero sulle ceneri di Pirandello, che Camilleri aveva conosciuto di persona, da bambino, «quando s’era appresentato all’improvviso a casa mia alle tre di dopopranzo, parato in una divisa nivura che mi parse quella di un ammiraglio in alta uniforme (era vestito da Accademico d’Italia, lo seppi dopo), spiando di vedere mia nonna Carolina». Camilleri inventò per La Stampa una serie di otto racconti dal titolo «Il commissario di bordo», incentrati sulla figura di Cecè Collura che indaga sui fatti insoliti accaduti a bordo di una nave da crociera
Quella estate, mentre le top ten dei libri più venduti erano letteralmente monopolizzate dai suoi titoli (sei su dieci!), Camilleri inventò per La Stampa una serie di otto racconti dal titolo «Il commissario di bordo», incentrati sulla figura di Cecè Collura che indaga sui fatti insoliti accaduti a bordo di una nave da crociera (storie poi raccolte nel volume Le inchieste del commissario Collura, pubblicato dalla Libreria dell’Orso nel 2002 e ripubblicati da Mondadori nel 2007).
In seguito il «papà» di Montalbano è intervenuto con commenti sui fatti di cronaca, soprattutto quelli legati alla sua Sicilia, e con racconti per i quali attingeva alla sua sterminata esperienza personale di testimone nel mondo delle lettere e dello spettacolo. La collaborazione, molto intensa nei primi anni, si è poi rarefatta, in coincidenza con l’aggravarsi dei problemi di vista che gli hanno reso sempre più difficile la scrittura. Da un certo punto in poi si è felicemente dedicato soltanto ai suoi libri, che ha continuato a pubblicare a ritmi del tutto ragguardevoli, festeggiando nel 2016 i primi cento titoli, usciti in meno di un quarto di secolo: e da allora diversi altri se ne sono aggiunti.
 
 

Loft, 17.7.2019
Eretici - Tomaso Montanari racconta Andrea Camilleri


 
 

Il Fatto Quotidiano, 17.7.2019
Andrea Camilleri era la nostra coscienza. Quella che ora stiamo perdendo

Come la devo chiamare? Professore?
Maestro.
La domanda gliel’avevo posta riprendendo un gustoso aneddoto che aveva appena finito di raccontare alla Residenza di Ripetta a Roma.
Mi chiamasse Andrea, Andrea Camilleri, mi rispose – giocando divertito con la nota autopresentazione del personaggio di Ian Fleming – con la sua voce roca di fumo, ruvida come una carta vetrata, di quelle che usi per squatriare il legno delle porte prima di passarci la prima mano di vernice. L’ho conosciuto così Andrea Camilleri. Poi ci fu uno scambio di libri a casa sua, in via Asiago, ma in realtà lo conoscevo e c’ero in confidenza da parecchi anni, quasi una ventina.
Lo conoscevo attraverso quello che aveva scritto. Me lo ricordo ancora il primo libro che lessi. La Forma dell’Acqua, si chiama. Me lo aveva consigliato un amico caro, uno dei pochi che, se ti consigliava un libro, non c’era verso che sbagliasse. Addirittura Carmelo Volpe, libraio in quel di Catania, aveva una sua speciale garanzia. Ti appioppava un libro. Poi ti diceva, ed era un patto d’onore, leggilo, se non ti piace me lo riporti e te lo cambio, anche tra un anno. Devo dire che non ho mai approfittato della “garanzia”, perché i consigli di Carmelo erano Cassazione.
Quel pomeriggio me lo aveva messo sul banco insieme ad un libro di un altro scrittore che allora non conoscevo, tale Carlo Lucarelli, col quale si sarebbero intrecciate vicende, inchieste e un certo numero di mangiate di pesce insieme alla risoluzione di un cold case che a Camilleri sarebbe piaciuto davvero tanto.
La Forma dell’Acqua fu l’inizio di un rapporto che, col tempo, divenne abitudine, ma nel senso buono della parola. Sapevi che Camilleri, la sua parola scritta, ci stavano sempre. Quando pigliavo un aereo per la coda, magari rischiavo di perderlo per quei tre minuti passati in libreria per portarmi in cabina un suo libro, perché con Camilleri in saccoccia non viaggiavi solo e la compagnia era sempre buona, mai invadente, capace di accarezzarti il cervello e far funzionare la tua intelligenza. E poi c’era la gara: ci sarei arrivato prima della fine a capire chi era il colpevole, o peggio, qual era la macchinazione del destino, la beffa che il fato giocava alla vita delle donne e degli uomini che popolavano i suoi libri?
E infine c’era lui. Salvo Montalbano, quel commissario che per certi versi somigliava a mio padre. Sbirro anche lui, disincantato e senza molte speranze di redenzione. Esattamente come Montalbano, che combatte le sue battaglie non perché pensa che lo Stato (e poi, chi è lo Stato? I politici? Il signor Quistori? Il capo del governo?) ma perché alla fine pensa che la Giustizia (quella vera, non quella delle carte e dei Tribunali) sia l’unica forma di riscatto per i puvirazzi. I Vinti, li avrebbe chiamati Verga – nei suoi romanzi muoiono patendo, senza giustizia e senza riscatto. Ma qui i Vinti alla fine – seppur patiscano un destino infame – una giustizia, catartica se si vuole, alla fine la ottengono e la ottengono anche se Salvo Montalbano ogni tanto le regole le ammansisce alla Giustizia, le procedure se le scorda e con i fetenti riesce ad usare anche la menzogna (lo sfunnapedi) per incastrarli e mandarli dove devono stare.
Non è un buonista, Montalbano, e non lo era neppure Camilleri. Anzi, lo scrittore e il personaggio conservano la dote ultima che rimane alle persone perbene di questo Paese disgraziato: quella di indignarsi, anzi di incazzarsi pesantemente e magari pigliare a pagnuttuni qualcuno dei fetenti che scorrazzano per questa Italia incarognita.
Camilleri poi è stato un riconciliatore. Mi ha riconciliato con la mia terra. La terra che mi aveva cacciato, fatto a pezzi e magari cercato di levarmi la pelle. Mi ha riconciliato con la Sicilia che ci portiamo dentro tutti noi nati impastati con le sue crete dorate, con le sue polveri nere e con i colori violenti, privi di requie che ci impongono le sue infinite estati.
Riconciliarsi non è facile ed è un processo che richiede maturità; soprattutto, chiede di eliminare il rancore e imparare a coltivare la nostalgia. Camilleri siciliano emigrato quella nostalgia, piano piano, me l’ha fatta scoprire. Mi ha insegnato a non temere la tenerezza del ricordo. Lo ha fatto con le nuotate di Montalbano nel mare del Sud-Est, con gli arancini di Adelina, con le case dei contadini che profumano di fave e finocchietto selvatico sulle colline coperte di sassi bianchi e erba arraggiata e caparbia che, come molti siciliani, è dura a morire. Lo ha fatto con la sua eleganza, con la sua raffinatezza intellettuale che racconta la parte migliore del mio popolo. Perché in Sicilia puoi trovare il peggio, e lo trovi eccome, ma puoi trovare il meglio. Solo che il meglio sta svanendo, soffocato dal nulla.
Morto Sciascia, siamo tutti orfani di un maestro. Di uno che ci dia la chiave filosofica per affrontare questi tempi feroci. Andrea Camilleri, che di Sciascia fu amico e confidente, diceva di fare il cuntatore di storie. E così avrebbe voluto che calasse il sipario su di lui: finendo il suo cuntu in piazza con gli amici. Ma Camilleri era anche e soprattutto altro, era una coscienza alta che stiamo perdendo. Era la nostra morale che purtroppo si dilava in colate di fango putrescente.
Cosa ci rimane? Nulla o poco più. Ci rimane un mondo sfregiato dall’odio e dall’ignoranza. Ma non dell’ignoranza dei puvirazzi di Vigata. No, l’ignoranza di quelli di mezza botta, come li avrebbe chiamati Montalbano. L’ignoranza che diventa odio violento contro chi sta peggio. Rancore, odio, violenza contro i deboli. Questa Italia Camilleri ha provato a raccontarla, infilandola dentro gli ultimi libri. Ma non credo avrebbe mai trovato tutte le parole per raccontarci il suo sconsolato dolore. Un dolore che ereditiamo, che è il nostro. Per lui che ci ha lasciati, sempre troppo presto, e per noi che qui restiamo a tribolare.
Domenico Valter Rizzo
 
 

Il Fatto Quotidiano, 17.7.2019
Andrea Camilleri, il successo arrivato a 67 anni e i libri in 120 lingue: “dialetto per diletto” e umanità, così si è fatto capire in tutto il mondo
Con lo scrittore siciliano se ne va una delle stelle di riferimento della letteratura contemporanea che da direttore di produzione in Rai fu "scoperto" all'età della pensione da Sellerio, arrivando a vendere oltre 10 milioni di copie. Con il suo "vigatese" (lingua pittoresca e standardizzata) è riuscito a farsi capire da chiunque, con il suo eloquio ipnotico ha vissuto una terza giovinezza nel suo agire pubblico e politico, da uomo di sinistra

Camilleri sono. Andrea Camilleri è morto. Avrebbe compiuto 94 anni il prossimo settembre. Se ne va una delle più popolari e maestose stelle della letteratura contemporanea, tradotta in 120 lingue, venduta in oltre 30 milioni di copie. Uno scrittore che con quel “dialetto per diletto” usato per il suo commissario Montalbano è diventato una pietra miliare della scrittura italiana. La lingua della propria regione trasformata in passepartout nazionale.
Il “vigatese”, dialetto standardizzato e italianizzato, proverbiale, pittoresco e continuamente spiegato. Con quei verbi appuntiti, gli aggettivi e sostantivi irruviditi, il miracolo linguistico Camilleri – il suo “italiano bastardo”, quel “flusso di un suono” – si è fatto case-study espressivo unico, prepotente e innegabile. Ben oltre la Ferrante-mania o le radicali genialità stilistiche di un Gadda. Camilleri si è fatto capire da chiunque. E parafrasando clandestinamente Alberto Moravia “abbiamo perso prima di tutto un romanziere, e di romanzieri ne nascono solo tre o quattro in un secolo”. Poi c’è l’invenzione del personaggio letterario. E qui forse c’è un pizzico in più di casualità nel successo che di furbesca premeditazione. Salvo Montalbano, commissario come Maigret, con una “o” aggiunta in omaggio al grande Manuel Vazquez Montalban e al suo Pepe Carvalho, omo di ciriveddro e d’intuito, è una figura cesellata a tutto tondo, alquanto burbero e spigoloso, con un passato che i lettori hanno imparato a scoprire pagina dopo pagina. Nulla di eccezionale, ma tutto di superlativo. Complice il faccione calvo di Luca Zingaretti in tv, e la regolarità con cui Camilleri e la sua saga edita da Sellerio hanno trascinato verso i piani alti delle vendite il giallo, Montalbano ha assunto il valore di archetipo letterario in mezzo ad un profluvio di epigoni più o meno maldestri, più o meno scopiazzati.
Il caso è anche dietro all’affermazione di Camilleri scrittore. Nel 1992, alla non più giovane età di 67 anni, un signore siciliano che aveva lavorato come direttore di produzione in Rai, drammaturgo e “tragediatore” per il teatro sul finire degli anni Cinquanta, insegnante di regia al Centro Sperimentale di Roma fin verso i Settanta, comincia a mietere successo di critica e lettori con il suo libro La stagione della caccia (Sellerio). Qualche centinaio le copie acquistate dei suoi romanzi e delle sue poesie per i volumi pubblicati silenziosamente negli anni Ottanta. Scartato e dimenticato da parecchi editori per decenni, dall’anonimato letterario, Andrea da Porto Empedocle (Agrigento) si scopre scrittore popolare quando è già in fila alle Poste per le prime mensilità Inps. Il Commissario Montalbano in nemmeno due anni diventa marchio di fabbrica e macchina da guerra nel vendere quei piccoli volumetti blu Sellerio come non era riuscito ad alcun autore. Dal 1994 con La Forma dell’acqua, la saga, anzi la formula “Montalbano” è stata riprodotta fino ad oggi in altri 37 volumi, alcuni di raccolte, altri in collaborazione con colleghi, ma sempre con il mitico commissario protagonista. “Tutti i romanzi di Montalbano si compongono di 180 pagine conteggiate sul mio computer, divise in 18 capitoli di 10 pagine ciascuno”, spiegò Camilleri in un’intervista nel 2010.
“Finirà Montalbano – affermò nel 2018 – nel momento nel quale finisco io finirà anche lui, ma Montalbano non muore e non va nemmeno in pensione”. Camilleri l’aveva raccontato un paio di anni fa. Il metaromanzo pronto dai primi anni Duemila, con Montalbano che dialoga con Camilleri e a sua volta con il Montalbano della tv, da pubblicare solo dopo la sua dipartita. Stava provando ad intuire, “non a capire”, cosa fosse l’eternità, il 93enne scrittore siciliano, 60 sigarette al giorno, ironia apparentemente distaccata e improvvisamente accesa e puntuta, eloquio magmatico e ipnotico. Sposato dal 1957 con Rosetta Dello Siesto, tre figlie, quattro nipoti, Camilleri ha vissuto una sorta di terza giovinezza anche nel suo agire pubblico e politico. Non ha mai nascosto di essere un uomo di sinistra, modello vecchio partito comunista, con relativa ricollocazione odierna post ’89. Antiberlusconiano subito nella galassia Micromega, dipietrista con il magistrato in politica, vicino alla Lista Tsipras (e poi lontanissimo) alle Europee del 2014, per il No contro Renzi al referendum del 2016 (fece diverse visite mediche e si fece accompagnare in cabina elettorale per poter votare nonostante l’incipiente cecità), infine sarcastico sui 5 Stelle e furente su Salvini con in mano il rosario durante un comizio (“mi fa vomitare”), Camilleri è tornato recentemente a teatro sul palco del Teatro Greco di Siracusa per un’indimenticabile “interpretazione” da attore supremo con Conversazioni su Tiresia, con grande successo anche televisivo.
Avrebbe dovuto esibirsi per la prima volta alle antiche Terme di Caracalla, il 15 luglio, con lo spettacolo che racconta la sua Autodifesa di Caino. “Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto, passare tra il pubblico con la coppola in mano” aveva detto. Perché dietro a quell’omone dal vocione ingrossato e reso roco dalla nicotina, dietro all’aura dell’infallibile Montalbano, ci è sempre sembrato scorgere una bonarietà e un’umanità infinita che da oggi ci mancherà come per un cristiano il Vangelo sul comodino. Così si è fatto capire in tutto il mondo.
Davide Turrini
 
 

Il Fatto Quotidiano, 17.7.2019
Eretici, su Loft l’omaggio di Tomaso Montanari ad Andrea Camilleri: “Un intellettuale impegnato e anticonformista”

Quando la puntata su Andrea Camilleri viene registrata per la seconda stagione di “Eretici” (disponibile su sito e app di Loft da settembre), il Maestro siciliano è ancora in ospedale. Tomaso Montanari decide di parlarne comunque al presente, convinto com’è che il papà del Commissario Montalbano sia una di quelle figure di intellettuale destinate a non tramontare mai nella mente e nel cuore dei suoi lettori e spettatori. “E’ un intellettuale civile e impegnato che non si è mai tirato indietro – spiega lo storico dell’arte – Il grande successo di Camilleri cozza con un Paese che è il contrario di quello che Camilleri vorrebbe. La domanda così diventa: quanto profondo è il conflitto che le parole del Maestro instillano nel cuore dei suoi lettori? Un germe di ribellione verso l’Italia com’è oggi per andare, invece, verso un’Italia più giusta, più solidale, più di sinistra, un’Italia secondo il cuore della Costituzione”. Il successo per Camilleri è arrivato tardi, rendendolo immune da quelle forme di divismo così tipiche di chi raggiunge la fama: egli è rimasto rude, è rimasto “contro”, è rimasto profondamente anticonformista. “In fondo il Camilleri-Tiresia che si identifica con il veggente cieco dice proprio questo: la sua vista, il suo sguardo va in profondo e va lontano, non si deve accomodare con gli interessi del presente – racconta Montanari – Ma può scavare in una prospettiva diversissima”.
Camilleri non si è mai sottratto dalla riflessione sul compito dell’intellettuale che ricalca quello del cittadino consapevole che lotta per affermare i valori della Carta costituzionale. Un intellettuale, quindi, può dirsi tale, se prende posizione, se usa il privilegio che gli deriva dalla propria posizione per mandare dei messaggi. Così, nell’ottobre 2017, Camilleri scrive: “Noi italiani siamo razzisti, perché non lo vogliamo dire? Negli anni ’60 ho visto a Torino cartelli con scritto: ‘Non si affitta a meridionali’. Ora accade con gli extracomunitari. Altro che ‘Italiani, brava gente’”. C’è una critica feroce verso l’indole nazionale, c’è lo scardinare una retorica buonista verso la nostra presunta bontà. “Non lo siamo stati al tempo delle leggi razziali, non lo siamo stati nell’antimeridionalismo e oggi continuiamo a fare il bagno nello stesso Mediterraneo dove galleggiano i corpi dei migranti – sottolinea Montanari – Chi se non il Camilleri-Tiresia, l’indovino cieco può rivolgersi così alla coscienza nazionale?”. “Non credete a Renzi o ai 5 Stelle, sono già cadaveri, già fuori dalla vostra storia e dal vostro avvenire, teneteli lontani dal vostro avvenire. Voglio darvi un consiglio: rifate la politica che è quasi diventato un sinonimo di disonestà”, così parlava Camilleri rivolgendosi agli studenti del liceo Empedocle di Agrigento. Non c’è quindi solo la critica al razzismo di Matteo Salvini, ma anche il dito puntato contro due leader popolari, Matteo Renzi da un lato, Luigi Di Maio dall’altra. E’ un linguaggio duro, provocatorio, un linguaggio della verità. “E’ la grande eresia di chi per statura morale e per età, può sentirsi davvero libero di dire quello che pensa”, spiega lo storico dell’arte. “La cattiva salute dell’Italia di oggi è dovuta a questa sorta di melassa dentro la quale ci rotoliamo tutti e dall’omologazione che ne consegue. Un giovane intellettuale che comincia a emergere oggi, non emerge perché rappresenta una voce fuori dal coro, ma proprio perché sa raccogliere meglio di tutti un desiderio dominante di non impegno, di non partecipazione”, scriveva Camilleri pensando all’acquiescenza al potere che dimostrano molti pseudo intellettuali di oggi. Esattamente il contrario dell’impegno e della partecipazione che il papà di Montalbano ha dimostrato in tutta la sua vita.
La prima stagione di “Eretici” (10 episodi in cui lo storico dell’arte ha raccontato Socrate, Giorgio La Pira, Paolo Veronese, Tina Anselmi, Francesco Borromini, Don Milani, Piero Calamandrei e Hannah Arendt, Papa Francesco e Danilo Dolci) è un programma originale realizzato da Loft Produzioni in esclusiva per la piattaforma Loft (www.iloft.it e app Loft). La seconda stagione, di cui la puntata su Andrea Camilleri è stata anticipata e resa gratuita, sarà disponibile sempre su sito e app a settembre.
 
 

Giuseppe Conte, 17.7.2019
Se ne è andato Andrea #Camilleri, maestro di ironia e di saggezza. Con inesauribile vena creativa ci ha raccontato la sua Sicilia e il suo ricco mondo di fantasia. Perdiamo uno scrittore, un intellettuale che ha saputo parlare a tutti
 
 

Michela Murgia, 17.7.2019


 
 

Polizia di Stato, 17.7.2019
"Ci ha, lasciato oggi Andrea #Camilleri Questo il suo saluto ai poliziotti della questura di #Palermo Un ricordo indelebile Riposa in pace…"
 
 

Luca Parmitano su Twitter, 17.7.2019
Nonostante sia qui nel deserto, sotto questo sole bianco e accecante mi raggiunge la notizia della fine (e l’inizio) del tuo viaggio - tra mille pensieri che mi attraversano la testa pensando al mio.

Nonostante sia qui nel deserto, sotto questo sole bianco e accecante mi raggiunge la notizia della fine (e l’inizio) del tuo viaggio - tra mille pensieri che mi attraversano la testa pensando al mio.
Avrei tanto voluto incontrarti, e ascoltare la tua voce graffiata da mille sigarette, che mi ricordava quella di mio nonno... Questo sole bianco, oggi, non mi rallegra. La polvere che si solleva con il vento perenne del deserto ha lo stesso sapore della sabbia siciliana.
Mi va anche negli occhi, e quindi è normale che mi esca qualche lacrima, no? Se incontrassi oggi il tuo Montalbano, mentre passeggia al mattino sulla sabbia della nostra terra, probabilmente lo vedrei uggioso, con i cabbasisi girati, nonostante il bel tempo.
Saprei che oggi non è jurnata, megghiu non profferire parola. Lo saluterei solo con un cenno del capo - lui Salvo, io Luca Salvo - tanto ci siamo capiti. Poi lo lascerei alla sua nuotata, lui a immergersi nei suoi pinséri, io già perso nei miei. Ciao Andrea.
 
 

Omino, 17.7.2019
Assabinirica!


 
 

UNHCR, 17.7.2019
UNHCR: Profondo cordoglio per la perdita di Andrea Camilleri

L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime profondo cordoglio per la perdita dell’amico e maestro Andrea Camilleri.
Sempre dalla parte di chi è costretto a fuggire da guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani, Andrea Camilleri si è costantemente messo a disposizione dell’UNHCR, con cui ha collaborato a numerose iniziative culturali e di sensibilizzazione, contribuendo con il suo immenso valore, la sua onestà intellettuale e la sua umanità.
Dal 2007 al 2010 è stato Presidente di giuria del Premio ‘PER MARE – Al coraggio di chi salva vite umane’, assegnato a chi, spesso a rischio della propria vita, ha scelto di soccorrere i rifugiati e migranti vittime di naufragi, nato dalla collaborazione tra l’UNHCR ed il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
In questi ultimi anni non ha fatto mancare il suo instancabile appoggio alla causa dei rifugiati e al principio del salvataggio in mare, sostenendo fra le altre cose la campagna #withrefugees, lanciata da UNHCR in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato per contrastare il clima di intolleranza e incoraggiare la solidarietà con i rifugiati.
Ci mancheranno immensamente il suo sostegno, le sue parole e la sua saggezza, fonte d’ispirazione per tutti noi all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Grazie Maestro per gli anni spesi al nostro fianco in difesa dei diritti dei rifugiati.
 
 

Università degli Studi di Siena, 17.7.2019
L'Università di Siena ricorda lo scrittore Andrea Camilleri
Andrea Camillleri fu ospite dell'ateneo in occasione delle celebrazioni del 765° anno accademico

L'Università di Siena ricorda con affetto il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri che si è spento oggi. Autore di programmi radiofonici e televisivi, oltre che regista e sceneggiatore, Camilleri ha svolto la sua attività in vari ambiti artistici e culturali, celebre presso il grande pubblico per aver creato molti personaggi fra i quali il popolare commissario Montalbano.
Andrea Camillleri fu ospite dell'ateneo in occasione delle celebrazioni del 765° anno accademico, il 12 novembre del 2005. Durante la cerimonia prese la parola sui temi della letteratura e del ruolo della cultura nella società di oggi; nell'occasione si immerse nelle vesti del narratore e cantastorie e compose un breve discorso sull'Italia del tempo nella forma del "racconto senza lieto fine".
Il giorno precedente aveva incontrato la comunità accademica e affontato con i professori Maurizio Bettini, Maurizio Boldrini e Romano Luperini tematiche relative al romanzo giallo e poliziesco, e all'utilizzo della lingua e del dialetto in letteratura: la lingua "inventata", un incrocio tra l'italiano e vari dialetti siciliani divenuta un "marchio di fabbrica" dei suoi romanzi.
L'Università ricorda con affetto anche l'amabilità nell'intrattenersi, a margine degli eventi, con gli studenti e la rappresentanza dei Goliardi.
 
 

IAPB Italia, 17.7.2019
Deceduto Camilleri, scrittore siciliano cieco
Nel 2018 aveva ricevuto il Premio Braille alla carriera. È scomparso a Roma a 93 anni

Cosa rimarrà di noi nella memoria di chi ci ha voluto bene? Come verrà raccontata la nostra vita ai nipoti che verranno? Se lo è chiesto Andrea Camilleri, scrittore siciliano, nel volume “Ora dimmi di te. Lettera a Matilda” che, uscito ad agosto 2018, era dedicato alla pronipotina. Riflessioni che paiono ora ancor più vive a fronte della morte del celebre scrittore che – da tempo divenuto cieco – è venuto a mancare il 17 luglio 2019 all’Ospedale Santo Spirito di Roma. Era nato a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925.
Il premio Braille alla carriera
Ha ricevuto il Premio Braille su proposta dell’avv. Giuseppe Castronovo, che l’aveva in precedenza incontrato, sottolineando come il braille fosse l’unica forma di linguaggio che si legge con le mani.
Il Premio Braille alla carriera è stato consegnato nelle mani di Camilleri il 3 dicembre 2018 – trasmesso anche in differita da Rai Uno dall’Auditorium della Conciliazione di Roma [[il 27 dicembre 2018]] –, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Si è trattato dell’atto conclusivo della XXIII edizione del Premio, destinato dall’UICI a persone e istituzioni che si siano distinte nel “contribuire al miglioramento delle condizioni di vita, lavoro e studio dei ciechi e degli ipovedenti italiani”.
Il rapporto con la cecità
La cecità, aveva dichiarato Camilleri in un’intervista concessa all’Espresso, “forse mi ha fatto più riflessivo, o leggermente meno impetuoso”. Tuttavia non pensava che la sua condizione di non vedente (acquisita) avesse influenzato la sua arte di scrittore.
L’artista, grande affabulatore dalla voce roca e profonda, era un narratore instancabile, capace di raccontare magistralmente anche la propria vita. Nella stessa intervista rilasciata a Roberto Andò, Camilleri ha spiegato:
Da quando sono cieco sto imparando l’umiltà della dipendenza dagli altri. Gli altri erano già importantissimi per me, ma ora hanno acquisito una importanza che non è valutabile. Sono completamente dipendente dalla cortesia e dalla gentilezza di chi mi circonda. Mi sono dovuto abituare a tutto questo. Ma questa lezione di umiltà è stata comunque salutare, e l’ho accettata di buon grado.
Montalbano, eroe anche in tv
Non solo scrittore, ma anche insegnante [E’ stato docente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Inoltre ha avuto la cattedra di regia presso l’Accademia Nazionale di Arte drammatica “Silvio D’Amico”], regista, poeta e drammaturgo. Per la televisione ha contribuito a portare sugli schermi il commissario Montalbano, le cui storie sono ambientate in Sicilia, scrivendo sceneggiature curate nei minimi dettagli. Le trame – articolate, ricche di suspense e di risvolti psicologici – contengono personaggi caratteristici, molti dei quali parlano un dialetto siciliano misto all’italiano, un mélange, che rende le sue opere comprensibili anche a chi siciliano non sia.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia in cui scrive che “Andrea Camilleri lascia un vuoto nella cultura italiana, e nei tanti che si sono appassionati nella lettura dei suoi racconti e sono stati attratti dai personaggi modellati dalla sua creatività”.
“Camilleri è stato un grande e moderno narratore, dotato di una scrittura coinvolgente e originale. Le traduzioni teatrali e televisive delle sue opere – prosegue il Capo dello Stato – hanno conferito ulteriori dimensioni al suo patrimonio letterario, avvicinando, inoltre, al mondo dei libri un grande numero di persone”.
I racconti e i romanzi tengono “incollato” il lettore alla pagina, avvincendolo con i suoi misteri, le sue riflessioni e le sue sottili ironie, facendolo immergere totalmente nelle storie come se entrasse su un grande palcoscenico ricco di personaggi. Un palcoscenico dal quale il maestro Camilleri è uscito; ma a 93 anni non si è trattato, ovviamente, di un colpo di scena.
Breve storia clinica
L’autore siciliano era stato ricoverato in codice rosso il 17 giugno 2019 a Roma. Secondo il bollettino medico del direttore di Cardiologia del Santo Spirito, Roberto Ricci, “Camilleri è arrivato con un arresto cardiocircolatorio. In pronto soccorso è stata praticata la rianimazione cardiorespiratoria che ha permesso il ripristino dell’attività cardiocircolatoria. Lo scrittore è [stato portato] in rianimazione con supporto respiratorio meccanico e supporto farmacologico”. Questo avveniva circa 7 ore dopo il ricovero. Insomma, è stato attaccato a un “polmone artificiale” per poter respirare ed era in prognosi riservata, ma da allora non è più uscito dall’Ospedale. Tra l’altro una ventina di giorni prima del ricovero lo scrittore era caduto in casa, fratturandosi il femore.
Come ha spiegato in una nota il 17 luglio l’ASL Roma 1 “le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del Maestro e della famiglia le esequie saranno riservate”.
 
 

Lipperatura, 17.7.2019
Per Andrea Camilleri: Il dovere mi chiama altrove
2010. Andrea Camilleri, al Teatro Quirino per le "Letture per la libertà di stampa", scelse di leggere l'appello agli studenti che Concetto Marchesi, rettore dell'Università di Padova, rivolse loro prima di darsi alla macchia. E' con queste parole che voglio ricordarlo.
Loredana Lipperini

Studenti dell’Università di Padova!
Sono rimasto a capo della Vostra Università finche speravo di mantenerla immune dall’offesa fascista e dalla minaccia germanica; fino a che speravo di difendervi da servitù politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio ed al segreto. Tale proposito mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre più mi invadeva nel restare a un posto che ai lontani e agli estranei poteva apparire di pacifica convivenza mentre era un posto di ininterrotto combattimento.
Oggi il dovere mi chiama altrove.
Oggi non è più possibile sperare che l’Università resti asilo indisturbato di libere coscienze operose, mentre lo straniero preme alle porte dei nostri istituti e l’ordine di un governo che - per la defezione di un vecchio complice - ardisce chiamarsi repubblicano, vorrebbe convertire la gioventù universitaria in una milizia di mercenari e di sgherri massacratori. Nel giorno inaugurale dell’anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, violatori dell’Aula Magna, travolti sotto l’immensa ondata del vostro irrefrenabile sdegno. Ed io, o giovani studenti, ho atteso questo giorno in cui avreste riconsacrato il vostro tempio per più di venti anni profanato; e benedico il destino di avermi dato la gioia di una così solenne comunione con l’anima vostra. Ma quelli che per un ventennio hanno vilipeso ogni onorevole cosa e mentito e calunniato, hanno tramutato in vanteria la disfatta e nei loro annunci mendaci hanno soffocato il loro grido e si sono appropriata la vostra parola.
Studenti: non posso lasciare l’ufficio di Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano.
Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
Studenti, mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina; per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignoranza, aggiungete al labaro della Vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo.
Il Rettore: Prof. Concetto Marchesi
 
 

Esquire, 17.7.2019
Il testamento di Andrea Camilleri
Ha chiuso la sua incredibile storia diventando Tiresia a teatro: e ora aspettiamo l'ultimo romanzo di Montalbano.
Un virtuosismo mai fine a se stesso, perché per Camilleri essere accessibile era fondamentale

È difficile immaginare che cosa dev’essere stata la parola per Andrea Camilleri. Uno che quando è diventato cieco ha pensato di scrivere un monologo su Tiresia. Non di disperarsi o maledire il cielo – magari l’avrà anche fatto – ma scrivere un monologo su un indovino di un mito greco, cieco e due volte transessuale. E poi l’ha scritto, e recitato, seduto sotto un singolo occhio di bue, nella cornice quasi sacra del Teatro Greco di Siracusa. No, anzi, non quasi. Se stai seduto su duemilacinquecento anni di storie e sei un narratore, che cosa può esserci di più sacro, per te?
Al centro della cavea che fu cassa di risonanza per le storie di uomini e donne vissuti nell’arco di qualche millennio, quindi, Camilleri ha fatto quello che faceva sempre: raccontare. Raccontava con sapienza, con semplicità, con quella freschezza mai appannata dall’età e dalla cultura (immensa), serio e divertito insieme. Raccontava il mito greco come fosse un pettegolezzo saporito, con quel gusto per l’understatement comune a tutti i grandi. E a tratti ti portava in luoghi oscuri, così oscuri, per poi indicarti con un gesto bonario la luce e la salvezza. Il suo discorso si faceva denso, letterario, colto, e alla fine sentivi quella risata roca, come una firma.
Camilleri era un narratore, abbiamo detto. Se stava parlando, stava raccontando. Era un affabulatore. A sentir lui, si era avvicinato alla letteratura perché nella biblioteca comunale di Enna c’era un bel calduccio e lui viveva in un bilocale gelido. Anche questa è una verità letteraria, a ben guardare. Una storia. Una minuscola porzione del flusso di parole, della narrazione della sua vita, in cui si può cogliere l’eco di innumerevoli altre storie. Se c’è un vecchio cieco c’è sempre una biblioteca, non è vero?
Anzi, come tutti i narratori, Camilleri viveva in una biblioteca personale, nel brodo delle parole di altri, oltre che delle proprie. Quelle più oscure dei Savarese e dei Lanza della sua gioventù, quelle di Pirandello, e di Beckett (fu il primo a portare il suo teatro in Italia), e di Ionesco, e di Eliot, e poi di troppi altri per tenere il conto, fino ad arrivare alle parole di Tiresia, che fa sue con naturalezza disarmante, accompagnandoci in un viaggio tra Borges e Dürrenmatt, al centro di quella cavea millenaria, sotto un singolo occhio di bue.
Era così semplice, ascoltare Camilleri. Era così piacevole, anche quando il contenuto era amaro. E in quell’ultima fatica come attore-narratore si sentiva la sua consapevolezza della morte. Conversazione su Tiresia ti lasciava con un sentimento complicato in petto. Di gratitudine e terrore. Ha un senso? Immagino di sì, se anche voi avete visto quello che ho visto io.
Quando è uscito l’ultimo disco di Leonard Cohen, You Want It Darker, ho avuto un’anteprima di quel sentimento. Finito di sentire l’album restavi con la fortissima impressione che Cohen stesse salutando tutti e guardasse già oltre, verso il mistero che aveva corteggiato per buona parte della sua esistenza. Pochi giorni dopo moriva. Quando ho visto lo spettacolo Tiresia, che era stato messo in scena a giugno del 2018, ho avuto la stessa sensazione. E, dato che Camilleri era un uomo organizzato, ho pensato che si stesse preparando con largo anticipo. Più che altro l’ho sperato, perché nonostante la sua età ormai veneranda, nessuno di noi era davvero pronto ad assistere a quel saluto.
Non lo siamo neppure ora. A dirla tutta, spero ancora di sentire la sua voce roca e un po’ beffarda annunciare che la notizia della sua morte è stata fortemente esagerata. Anzi, immagino che troverebbe qualcosa di più originale dell’abusata citazione di Mark Twain. Se penso a lui, tuttavia, anche adesso, penso a un flusso di parole. Forse come necrologio non è un granché, ma è così che me lo sono sempre figurato.
Un flusso di parole che Camilleri dominava in modo completo. “Diciotto capitoli ciascuno di dieci pagine” per i romanzi di Montalbano. “Per i racconti, 24 pagine, o meglio 4 capitoli di 6 pagine ciascuno”. Se non sentiva questa sua metrica, voleva dire che qualcosa non funzionava.
E, oltre alla metrica, la lingua. Anche quella dominata in modo completo. Plasmata e inventata, se necessario. Per alcuni dei suoi romanzi usava una commistione di italiano e siciliano, componeva le sue poesie in un rigoroso italiano letterario (lo apprezzarono Ungaretti, Fasolo e Quasimodo), passava con disinvoltura attraverso tutti i registri. Un virtuosismo mai fine a se stesso, perché per Camilleri essere accessibile era fondamentale. Per questo creò la “lingua di Montalbano”, perché scrivere in siciliano avrebbe voluto dire non essere compreso da tutti, cosa che lo spinse ad adottare un linguaggio in cui i termini dialettali avessero la stessa qualità e significanza di quelli italiani.
Che fosse così immerso in un flusso letterario non significa, tuttavia, che non fosse anche ben presente nel mondo. Camilleri non è mai stato un pensatore eremita. Aveva una moglie amatissima, tre figlie, quattro nipoti e continui rapporti con una vasta comunità di amici, colleghi e discepoli. Viveva nel flusso del mondo, che osservava con sguardo acuto e vedeva con una chiarezza unica. Il suo impegno letterario era anche impegno politico, analitico, progettuale.
Era un caso raro di intellettuale in grado di restituire a chi lo ascoltava una narrazione coerente e ricca della realtà, complessa e profonda. C’era una generosità commovente, nel modo in cui condivideva il suo lavoro, una generosità che arrivava alle persone. Si preoccupava per loro. Come si è visto, qualcuno poi, in cambio, si preoccupava di lui, aveva paura di quel suo sguardo intellettualmente acutissimo. Così succede ai maestri.
L’ultima cosa a cui stava lavorando era un altro spettacolo teatrale, la sua Autodifesa di Caino, previsto per il 15 luglio alle terme di Caracalla. Come ha detto a più riprese: "Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio 'cunto', passare tra il pubblico con la coppola in mano". In senso metaforico, è quello che ha fatto per tutta la vita.
Ora, mi rendo conto di non aver ancora parlato di Montalbano, la sua creatura più famosa. Al contrario di Conan Doyle, che con Sherlock Holmes aveva un rapporto combattuto, Camilleri amava il suo investigatore. Lo amava, ma lo tradiva molto. Credo che questi continui tradimenti fossero alla base della relazione equilibrata che avevano, le esperienze letterarie che Camilleri faceva in altri ambiti finivano per trasfondersi nei suoi romanzi polizieschi, dove assumevano una forma più accessibile, ma non più banale.
Montalbano rappresentava il suo “senso dello Stato, la lealtà, un’obbedienza ragionata e non cieca”. Dato che Camilleri era, appunto, un uomo organizzato, aveva scritto l’ultimo libro con Montalbano nel 2006. “Ho trovato la soluzione che mi piaceva e l'ho scritta di getto, non si sa mai se poi arriva l'Alzheimer”, diceva. L’Alzheimer non è arrivato.
In quanto all’ultima storia di Montalbano, da pubblicarsi dopo la sua morte, lo faceva ridere quando qualcuno diceva che era in una cassaforte negli uffici del suo editore, Sellerio. Era semplicemente in un cassetto.
Che idea terribile, vero? Quella storia in un cassetto.
Temo che adesso la leggeremo.
Susanna Raule
 
 

Globalist, 17.7.2019
In questo modo Andrea Camilleri ha rivitalizzato il giallo
Una narrazione vera, densa di stile e contenuti. La sua Vigata è come i luoghi immaginati da Marquez o Faulkner

La cecità da cui era afflitto negli ultimi anni lo accomunava a Borges, e tutti e due al più grande dei grandi, Omero. Che poi il commissario Montalbano abbia consumato la sua odissea tra Vigata, Marinella e Montereale, questo non rende meno significativo e appassionante l’itinerario umano, prima che poliziesco, del suo protagonista di culto.
La sua figura si staglia netta e autorevole
Ma Andrea Camilleri non era soltanto questo. La sua figura si staglia netta e autorevole sullo sfondo paurosamente impoverito della letteratura italiana dagli anni ’80 in poi. Ogni nuovo libro di Camilleri costituiva un ritorno a quella densità di stile e contenuti che sembrava – e sembra ancora di più adesso – destinata a perdersi definitivamente nell’idiozia diffusa di certo giovanilismo, nella frenetica ricorsa al best seller di editori incapaci fare cultura e nell’afasia della critica una volta militante.
Risultato di un processo che l’interessato così riepilogava: «Quanto più i miei libri appaiono facili, tanto più è stato complesso scriverli. Quando si gioca a un continuo rovesciamento di quelle che sembrano verità, bisogna fare molta attenzione a che la verità presentata per breve tempo come tale appaia sfericamente inattaccabile».
Sono i principi della Narrazione con la N masiuscola e non il suo equivalente espropriato dagli “opinionisti” e dai politici d’accatto nei talk show. Principi che peraltro arrivano da chi nella televisione ci aveva lavorato, contribuendo a farne un prolungamento catodico degli strumenti di conoscenza ed erudizione. Non solo gli sceneggiati di Maigret, ma anche i numerosi adattamenti di classici ineludibili, cui Camilleri collaborò da sceneggiatore e direttore di produzione.
Perché ha scelto un poliziotto
Tutto questo ne irrobustì la sua dotazione espressiva, fino al punto di farne il candidato ideale di un’altra rivitalizzazione letteraria, quella del genere, e nello specifico, del giallo.
Ricorda Camilleri: «Dovevo per forza scegliere, dato che gli investigatori privati in Italia hanno campi limitati di indagine, un investigatore istituzionale. O un poliziotto o un carabiniere. Scelsi un poliziotto perché mi sembrò potesse avere più libertà di azione rispetto ai carabinieri i quali, essendo militari, devono obbedire a troppe rigide regole. In sostanza, un poliziotto, quando vuole capire le cose, le capisce; un carabiniere non ha scelta: non può voler capire o no. O capisce o non capisce».
E Montalbano capisce quasi tutto, tranne le donne. A partire dalla sua Livia, che accetta di vivere a distanza il suo ruolo da eterna fidanzata non solo perché lo ama, ma anche perché in questo modo mantiene la sua libertà. Perfino a costo di pagare il prezzo più duro per una donna, la rinuncia alla maternità.
La galleria di personaggi si dilata dalla “sua” Vigata
La galleria di personaggi creati da Camilleri per attorniare il suo protagonista si dilata in quella dei romanzi storici e dell’epopea di Vigata, che da location per le inchieste del commissario diviene un luogo dell’anima e del tempo, come il Wessex di Thomas Hardy, il Macondo di Gabriel Garçia Marquez e la contea di Yoknapatawpha di Thomas Faulkner.
Di quel lembo autoriale della Sicilia ormai si conoscono anche il passato, le leggende, i segreti inconfessabili, in un’allegoria a volte picaresca a volte pirandelliana.
Camilleri voleva abolire il colore giallo in letteratura
Poi c’è il Camilleri svincolato da quelle coordinate di sua stessa invenzione. Di recente aveva pubblicato Km123 nella collana dedicata da Mondadori alla celebrazione del 90º anno di uscita del giallo settimana. Al crocevia tra il Georges Feydeau de L’albergo del libero scambio, la Agatha Christie di Testimone d’accusa e l’Eugène Ionesco de La cantatrice calva. Un rimando teatrale, questo, perfettamente in tema con i trascorsi anche scenici del Camilleri insegnante all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, appena rinnovati con il suo Tiresia.
Lui stesso, nell’appendice di Km 123, enumerava suoi predecessori nel giallo italiano provenienti dalla drammaturgia, che obbliga alla concisione e al ritmo del romanzo poliziesco. Per il quale Camilleri proponeva, con il gusto del paradosso, «l’abolizione, in letteratura, di questo colore» per definirlo.
Enzo Verrengia
 
 

Simenon Simenon, 17.7.2019
Omaggio ad Andrea Camilleri
Camilleri confessa d'aver imparato a scrivere gialli proprio grazie al collega Simenon

L'abbiamo saputo stamattina in auto, dal notiziario delle otto e mezza. Era ormai qualche settimana che lo scrittore era ricoverato e, dopo aver lavorato per 93 anni, il suo cuore ha deciso di fermarsi proprio stamattina. La sua cecità prima e il mese di ricovero con i bollettini medici che, monotoni, parlavano di situazione critica ci avevano tenuto in allarme. Allarme cresciuto quando anche i bollettini medici si sono interrotti. Oggi, secca, la notizia.
Palinsesti delle radio e televisioni all'aria, pagine dei giornali web rifatte in fretta e furia. Sui social-network sono spuntati i primi post sulla notizia, e poi i commenti, gli interventi, le foto... Una ondata di emozione che si avvertiva esondare dai media, ma che si sentiva anche nei discorsi della gente al bar, in banca, sulla metro, in ufficio... Insomma non è uno scrittore che se ne va, ma il beniamino di un larghissimo pubblico che lascia "orfani" i suoi fans. Un (fatto) lutto nazionale.
Simenon-Simenon non poteva ignorare tutto questo e non poteva non rendere il suo omaggio a questo grande scrittore, noto e famoso per il commissario Montalbano, ma apprezzato e stimato anche per le sue opere "altre".
Noi lettori incalliti di Simenon, abbiamo letto anche quasi tutto di Camilleri, riconoscendone le qualità, la capacità di arrivare a livelli alti, pur utilizzando un misto di italo-siciliano che lui fa assurgere a dignità di una vera e propria lingua. Non immediatamente comprensibile (qualche cinquantina di pagine di assuefazione sono necessarie), ma sicuramente una parte fondamentale della scenografia siciliana dove si svolgono le storie e i misteri di Montalbano ma non solo.
Insomma un intellettuale icona nell'Italia d'oggi, non solo un semplice scrittore, impegnato com'era nel sociale ma anche attento e critico alle vicende e ai personaggi della politica.
In definitiva una perdita non di poco conto, ma che ci lascia una produzione di oltre cento titoli (ma più di qualcuno dice che ce ne siano addirittura una decina inediti ancora nei suoi cassetti).
La nostra "orazione funebre" non poteva non toccare l'argomento dei punti di contatto tra i commissari Montalbano e Maigret e tra la scrittura di Camilleri e quella di Simenon. La domanda è: quale rapporto c'é tra gli autori e tra i personaggi? Ci è venuto in soccorso un articolo di S.Jurisic della rivista Les Cahiers d’études romanes, dove intellettuali, scrittori e critici fanno le loro considerazioni in merito.
La risposta più chiara la dà lo stesso Camilleri: "...Ho questo grosso debito verso Simenon. Quando ho cominciato a scrivere i miei gialli, il problema è stato quello di differenziare Montalbano da Maigret. - spiega lo scrittore - In parte credo di esserci riuscito, soprattutto nel modo di condurre l’indagine. Maigret si affida alle atmosfere, alle sensazioni, cerca di mettersi dalla parte del morto quasi identificandosi con lui e così capire le motivazioni del delitto. Montalbano cerca invece di ragionare, di scansare la ricreazione dell’atmosfera. Dubita delle sensazioni...".
E infatti alla domanda che gli poneva M.G. Minetti:
- Lei ha detto che, all’epoca di Maigret (Camilleri era stato delegato di produzione Rai nella metà degli anni '60, per gli sceneggiati-tv di Maigret con Gino Cervi), non ci pensava neppure, a Montalbano. Poi però qualcosa di Maigret ce l’ha messa, nel suo commissario. Magari inconsciamente…
"No, no, anche coscientemente. - risponde Camilleri - Coscientemente proprio. Cercando di differenziarlo, certo, se no sarebbe stata una ripetizione..."
Insomma Montalbano come un Maigret riscritto? Non è un'idea peregrina, se Carlo Fruttero affermava che "...Sì, Camilleri ha un po’ il talento di Simenon...
"E non è l'unico. Piero Dorfles spiega "...più che nella diretta intertestualità (di cui pure qualche traccia si potrebbe rinvenire) la relazione Montalbano/Maigret deve la propria complessità alla stima che aveva Camilleri dell’opera dello scrittore belga tout court, dei suoi procedimenti di scrittura, della sua poetica e del suo stile...".
Insomma sembra un'influenza non solo non negata, ma riconosciuta come un merito.
Camilleri stesso ammetteva che "...trovavo una straordinaria affinità tra la provincia nella quale mi trovavo a vivere (la Sicilia orientale), e la provincia che raccontava Simenon. Erano il più delle volte province del nord della Francia, eppure certi modi di pensare, certe chiusure mentali, beh erano identici...".
Forse perché entrambi gli scrittori partivano dal particolare per arrivare all'universale?
In futuro potremo osservare questi fenomeni con maggior distacco e darne un giudizio più chiaro e limpido.
Intanto registriamo che Camilleri si è spento nel 30° della scomparsa di Simenon.
"Ciao Andrea, ti penseremo ogni volta che le tue parole scritte scorreranno sotto i nostri occhi".
Maurizio Testa
 
 

Vita.it, 17.7.2019
La parola paziente di Andrea Camilleri
Insieme alla moglie Rosetta, l’altra compagna irrinunciabile nella vita dello scrittore scomparso questa mattina è stata appunto la parola. Il suo linguaggio è stato un’alta forma di sperimentazione letteraria, che lo rendeva allo stesso tempo ostico nella traduzione, ma capace di annodare legami fortissimi col suo pubblico. La sua era una parola in fondo etica, lunga e pensata. Parola-ponte fra generazioni e fra genti incapace, consapevolmente incapace, di generare odio
Questa mattina la Asl Roma 1 in una nota ha comunicato che Andrea Camilleri è deceduto “alle ore 8.20 del 17 luglio 2019 presso l’ospedale Santo Spirito. Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio”.

“Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità.” Inizia così l’ultimo spettacolo di Andrea Camilleri che segna il suo ritorno al teatro dopo l’epopea di Montalbano. Lo spettacolo si intitola “Conversazioni su Tiresia”, per la regia di Roberto Andò.
Racconta lo scrittore in una recente intervista: «La mia ricerca su di lui (su Tiresia, ndr.) è un fiume inarrestabile: attraverso le epoche, è descritto nei modi più disparati, da dissoluto ermafrodita, che riusciva addirittura a godere di se stesso, ad allegoria di San Paolo. Nella mia conversazione solitaria in una tranquilla notte d’estate, nei panni di Tiresia dico al pubblico: volete sapere come sono stato stracangiato nei secoli?». “Stracangiarsi”, ovvero «cambiare di colore e fisionomia del volto o di tonalità di voce, trasformare, stravolgere a seguito di una sorpresa non sempre gradita». È uno dei termini del vocabolario che hanno fatto di Andrea Camilleri uno degli scrittori non solo più noti, ma anche uno dei personaggi più interessanti e originali del panorama culturale contemporaneo.
Camilleri è stato un maestro della parola. Della parola non solo divulgativa (i suoi romanzi hanno venduto oltre 30 milioni di copie e sono stati tradotti in ben 120 lingue), ma anche della parola paziente, riflessiva, lunga. La grande notorietà arriva tra il 1992 e il 1994 con la pubblicazione de ‘La forma dell’acqua’, primo romanzo dedicato a Montalbano. Da lì in poi un crescendo inarrestabile di vendite e successi, che lo porta a scrivere più di trenta libri sulla saga (alcuni, compresa la fine di Montalbano, sono inediti), ma in totale sono oltre cento le opere dello scrittore siciliano. In ognuna di esse Camilleri ha saputo infondere lo spirito e i colori della sua isola, prendendo spunto sia dall’attualità, sia da fatti realmente accaduti del passato.
Ma per settant’anni Camilleri, come ricorda anche l’agenzia Dire è stato regista teatrale e sceneggiatore. Nel 1949 entra nell’Accademia di Arte drammatica Silvio d’Amico di Roma e realizza diverse opere, ispirandosi a Pirandello. Sono gli anni in cui conosce la moglie Rosetta, dalla quale avrà tre figlie. “Rosetta è stata la spina dorsale della mia esistenza” ha dichiarato più volte Camilleri. L’altra compagna irrinunciabile è stata appunto la parola. Il suo linguaggio è stato un’alta forma di sperimentazione letteraria, che lo rendeva allo stesso tempo ostico nella traduzione, ma capace di annodare legami fortissimi sul suo pubblico. Un dizionario scevro da qualsiasi ansia giovanilistica, ma capaci di essere nella loro unicità e sonorità ponti fra generazioni e fra genti che arrivano da lontano (nella saga di Montalbano, Camilleri non ha mai rinunciato a interagire con la contemporaneità).
Camilleri in fin dei conti è stato un per attenzione e cura un grandissimo uomo di parola. Una parola di valore: attenta e curata. Una parola etica e vissuta. Una parola capace di andare al di là dei suoi libri gialli, parole che diventano linguaggio e che generano comunicazione: profondamente, convintamente, autenticamente incapace di essere parola d’odio.
“Se mentre mangi con gusto non hai allato a tia una pirsona che mangia con pari gusto allora il piaciri del mangiare è come offuscato, diminuito”. (da La prima indagine di Montalbano, ne La prima indagine di Montalbano)
Stefano Arduini
 
 

Giornale di Sicilia, 17.7.2019
Fiori per Montalbano e lacrime per Camilleri: il giorno triste di Porto Empedocle





Andrea Camilleri aveva Porto Empedocle nel sangue e nel cuore. I suoi concittadini ne piangono la scomparsa, portano fiori alla statua della sua creatura, il Commissario Montalbano, mostrano il suo certificato di nascita che parla chiaro.
"Non era mai andato via da Porto Empedocle. Nonostante vivesse fuori, non si è mai staccato veramente da questo paese dal quale ha tratto linfa e inspirazione ed ha reso la vita di Porto Empedocle universale. E' fortissimo il dolore che proviamo: abbiamo perso un membro della nostra famiglia. Ogni empedoclino ha perso un familiare". Lo ha detto il sindaco di Porto Empedocle Ida Carmina, che ha depositato ai piedi della statua del commissario Montalbano - in via Roma - un mazzo di rose rosse.
"Fino a ieri ho sentito un parente e mi era stato detto che era in condizioni stazionarie. - continua - Per quanto, con il passare del tempo, potessimo attendere un epilogo del genere, essendo lui stesso attaccato alla vita, speravamo. Andrea Camilleri c'è sempre stato per Porto Empedocle e prima ancora che diventasse famoso a livello nazionale e internazionale, in paese si parlava sempre di 'Nenè' e dei suoi successi, anche se ancora locali".
"Da 'marinisi' (empedoclino, ndr) purosangue sembra quasi che Nenè, lo chiamo come lo chiamavano le persone di famiglia, abbia scelto appositamente questa data per scrivere un'altra pagina della sua vita legata a questo amatissimo paese. E' nato durante i festeggiamenti di San Calogero e sale al Cielo durante i festeggiamenti della Madonna Del Carmelo", ha aggiunto il sindaco. "Ha reso questa città universale nei suoi scritti - ha spiegato Carmina - Ci stiamo già muovendo con l'associazione Strada degli scrittori per organizzare, per il 6 settembre, giorno del suo compleanno, un evento di commemorazione. D'ora in avanti istituzionalizzeremo questa data per ricordarlo ogni anno. Il 6 settembre Camilleri troverà ad attenderlo anche la Madonna del Carmelo che stiamo festeggiando in questi giorni".
Carmina, assieme alla sua amministrazione, ha intanto deciso che nel giorno dei funerali dello scrittore sarà lutto cittadino a Porto Empedocle.
C'era un bar, negli ultimi anni diventato ristorante, dove Andrea Camilleri, durante le sue visite a Porto Empedocle, non mancava mai d'andare: era il suo preferito. Boccale di birra in mano e sigaretta accesa stava al tavolo davanti la porta, sulla via Roma, e firmava autografi o dediche sui libri a quanti lo avvicinavano.
"Avevo 7 o 8 anni quando l'ho conosciuto - ricorda Salvatore Donato, il responsabile del ristorante Vigata che è di proprietà della famiglia Butera -. Aveva un aspetto schivo ma era tutt'altro: molto disponibile, alla mano. Non lo vedevamo di presenza, a Porto Empedocle , da anni, ma sappiamo tutti che ha sempre avuto questa città nel suo cuore. E il suo è stato un forte richiamo per il nostro paese. Ho avuto dei clienti argentini che mi dicevano d'aver fatto tappa a Porto Empedocle proprio perché appassionati di Andrea Camilleri".
"Inizialmente - spiega Donato - avevo creduto che fosse una frase di circostanza e invece, parlando con loro, mi sono accorto che sapevano tutto dello scrittore e di Vigata. Purtroppo, Porto Empedocle che è Vigata è stata sottovalutata e dunque penalizzata. Se non fosse andata così, le presenze turistiche in questa città sarebbero almeno triplicate".
In uno dei muri interni al ristorante c'è una foto del maestro e una sua frase, tratta dal romanzo "Il giro di boa": "Mangiare di prescia non è mangiare, semmai al massimo è nutrirsi".
 
 

La Sicilia, 17.7.2019
Vigata, quel luogo immaginario diventato un cult

Andrea Camilleri è il creatore di Vigata, un immaginario comune siciliano in cui sono ambientate le indagini del commissario Salvo Montalbano e altri romanzi storici dello stesso scrittore, nell’altrettanto immaginaria provincia di Montelusa. Vigàta corrisponde nella realtà a Porto Empedocle, paese natale di Camilleri, in provincia di Agrigento.
Nel 2003 l’amministrazione comunale di Porto Empedocle per onorare il suo illustre cittadino e la fama derivatagli dal successo letterario, con il benestare dello scrittore, ha deciso di aggiungere al proprio nome ufficiale anche quello della città immaginaria, nei soli cartelli turistici: Porto Empedocle Vigata. La decisione è stata poi revocata dall’amministrazione comunale nel 2009.
Nella serie televisiva, Vigàta non corrisponde invece a una località precisa, ma a più zone della Sicilia sud-orientale, la maggior parte delle quali in provincia di Ragusa. Il commissariato è, infatti, collocato nel municipio di Scicli, mentre l’abitazione di Montalbano è nella contrada Punta Secca, frazione balneare di Santa Croce Camerina e, la mannara, luogo dove il ommissario indaga su alcuni fatti di sangue, è in realtà la Fornace Penna.
In una intervista, Camilleri ha dichiarato che Vigàta in realtà non è altro che il cortile della scuola frequentata da giovane dallo stesso scrittore. In questo luogo, nelle pause di metà mattinata e all’uscita da scuola in attesa della corriera, i ragazzi della scuola provenienti dal territorio vicino raccontavano le storie dei propri paesi ed è dall’unione di tutte queste storie che prende corpo un paese immaginario che in seguito lo stesso Camilleri battezzerà appunto Vigata ispirandosi alla vicina Licata.
"Vigàta in realtà è Porto Empedocle - ha spiegato Camilleri in un’intervista - Ora, Porto Empedocle è un posto di diciottomila abitanti che non può sostenere un numero eccessivo di delitti, manco fosse Chicago ai tempi del proibizionismo: non è che siano santi, ma neanche sono a questi livelli. Allora, tanto valeva mettere un nome di fantasia: c'è Licata vicino, e così ho pensato: Vigàta. Ma Vigàta non è neanche lontanamente Licata. È un luogo ideale, questo lo vorrei chiarire una volta per tutte".
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 17.7.2019
Camilleri, il Sommo che amava la sua terra
La granita in via Roma a Porto Empedocle, l'assalto dei lettori per un autografo. Vigata si veste a lutto

Nenè non c'è più. La dura legge della vita. Ma con la morte non va via l'intero patrimonio letterario e teatrale che ha composto. Certo, non ci sarà l'attesa dell'uscita del nuovo romanzo dedicato al suo personaggio più amato, il Commissario Salvo Montalbano, come già aveva ampiamente ripetuto il Sommo, dopo la sua morte, in libreria arriverà "Riccardino", sarà l'ultimo romanzo sul poliziotto più amato dagli italiani.
Di Andrea Camilleri, ci sarebbero tante cose da scrivere. Lo conobbi venticinque anni fa, ero alle prime armi da giornalista, quando sapevo che lui veniva nella sua Porto Empedocle per un breve periodo di vacanza, andavo al solito bar in via Roma, dove sapevo benissimo di trovarlo. Non occorreva che lo chiamassi per una intervista, sapevo di trovarlo lì e sapevo benissimo cosa mi avrebbe offerto, la granita al limone che a lui piaceva molto. Mi ricordo sempre il suo saluto: "Ravanà, chi min..ia vo?". Sapeva che volevo intervistarlo, essendo un amante delle sue opere, volevo sapere sempre qualche anteprima. Ogni tanto mi concedeva qualche confidenza, ma non si sbottonava mai. Inoltre, venivamo sempre interrotti da decine e decine di persone che volevano un autografo sui suoi libri. A dire il vero, non so se tutto ciò gli piacesse, ma non si negava mai a nessuno.
Andrea Camilleri ci lascia, dicevamo, un patrimonio di cultura. Proprio per questo motivo non morirà mai. E' stato lui a far scoprire, proprio nei suoi volumi, la Scala dei Turchi. Prima nessuna la conosceva. E' bastato che Andrea ne parlasse in qualche sua opera e il monumento è adesso uno dei più conosciuti al mondo.
Da oggi Vigata non sarà più la stessa. Mancherà il cittadino più illustre, quello che negli anni scorsi aveva regalato al Comune la bicicletta che aveva da ragazzino, negli anni della Guerra. Lui conosceva molte cose, molti segreti, moltissime storie della nostra terra, ma non avrà più la possibilità di raccontarcele.
Un amico di Trento, poco fa mi ha chiamato dicendo che anche da quelle parti c'è molta tristezza per la dipartita di Andrea. Un siciliano amatissimo anche da quelle parti, a Bolzano i suoi libri sono stati sempre i più venduti nell'ultimo decennio. Ecco, Andrea ha fatto capire a tutti che i siciliani lasciano sempre il segno.
Porto Empedocle proclamerà il lutto cittadino, forse per più giorni, non solo quello dove verrà celebrato il funerale. La sindaca Ida Carmina ha riferito anche che "E’ fortissimo il dolore che proviamo: abbiamo perso un membro della nostra famiglia. Ogni empedoclino ha perso un familiare”.
Anche la Polizia di Stato ha emanato una nota stampa: "I caratteri e la complessa umanità dei poliziotti sono stati rivelati dal Maestro nei suoi romanzi che hanno tenuto migliaia di lettori, anche poliziotti, incollati per ore sui suoi libri e sugli schermi. Proprio questa è la sua grandezza: è riuscito ad appassionare, con le avventure del Commissario Montalbano, anche chi quelle avventure le vive narrando con autenticità la nostra professione".
Anche la sindaca di Naro, Mariagrazia Brandara ha voluto dire la sua: "Sono molto addolorata per la scomparsa del maestro. La nostra terra aveva ancora bisogno di lui. Un uomo che ha saputo mettere nero su bianco le bellezze della nostra terra ma anche le sue contraddizioni. Naro è legata particolarmente al maestro Andrea Camilleri anche grazie a una delle sue opere diventata film, la scomparsa di Patò, girato nel nostro centro storico".
Gaetano Ravanà
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 17.7.2019
Nella sua "Vigata" il ricordo di Camilleri con birra e sigaretta
In un ristorante di Porto Empedocle, un tempo bar, lo scrittore era solito fermarsi per intrattenersi con chi gli chiedeva un autografo o una dedica sui suoi libri

Porto Empedocle (Agrigento) - C'era un bar, negli ultimi anni diventato ristorante: il «Vigata restaurant», dove Andrea Camilleri, durante le sue visite a Porto Empedocle, non mancava mai d’andare: era il suo preferito. Boccale di birra in mano e sigaretta accesa stava al tavolo davanti la porta, sulla via Roma, e firmava autografi o dediche sui libri a quanti lo avvicinavano. «Avevo 7 o 8 anni quando l’ho conosciuto - ricorda Salvatore Donato, il responsabile del ristorante Vigata che è di proprietà della famiglia Butera -. Aveva un aspetto schivo ma era tutt'altro: molto disponibile, alla mano. Non lo vedevamo di presenza, a Porto Empedocle, da anni, ma sappiamo tutti che ha sempre avuto questa città nel suo cuore. E il suo è stato un forte richiamo per il nostro paese.
Ho avuto dei clienti argentini che mi dicevano d’aver fatto tappa a Porto Empedocle proprio perché appassionati di Andrea Camilleri». «Inizialmente - spiega Donato - avevo creduto che fosse una frase di circostanza e invece, parlando con loro, mi sono accorto che sapevano tutto dello scrittore e di Vigata. Purtroppo, Porto Empedocle che è Vigata è stata sottovalutata e dunque penalizzata. Se non fosse andata così, le presenze turistiche in questa città sarebbero almeno triplicate». In uno dei muri interni al ristorante c'è una foto del maestro e una sua frase, tratta dal romanzo "Il giro di boa": «Mangiare di prescia non è mangiare, semmai al massimo è nutrirsi».
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 17.7.2019
Andrea Camilleri, Porto Empedocle e quella sensazione di aver perso un figlio
La città natale dello scrittore per l’intera giornata, non ha fatto altro che ricordare quel «familiare» chiamato da tutti Nenè

Porto Empedocle - Sconforto, tristezza e la consapevolezza d’aver perso il suo «figlio» migliore: quello che è stato capace di rendere Porto Empedocle, chiamata Vigata nei romanzi del commissario Montalbano, universale. La città natale di Andrea Camilleri, per l’intera giornata, non ha fatto altro che ricordare quel «familiare» - perché così Andrea Camilleri, chiamato da tutti "Nenè", veniva considerato - che viveva lontano ma che mai aveva staccato il cordone ombelicale con la sua realtà.
«Il giorno dei funerali sarà lutto cittadino - dice il sindaco di Porto Empedocle, Ida Carmina - Ma ci stiamo già muovendo con l’associazione "Strada degli scrittori" per organizzare, il 6 settembre nel giorno del suo 94° compleanno, un evento di commemorazione. D’ora in avanti istituzionalizzeremo questa data per ricordarlo ogni anno. Non era mai andato via da Porto Empedocle. Nonostante vivesse fuori, non si è mai staccato veramente da questo paese dal quale ha tratto linfa e inspirazione ed ha reso la vita di Porto Empedocle universale».
«E' fortissimo il dolore che proviamo: abbiamo perso un membro della nostra famiglia. Ogni empedoclino ha perso un familiare», aggiunge il sindaco che, poco dopo aver appreso la notizia della morte dello scrittore, ha depositato, in via Roma, ai piedi della statua del commissario Montalbano, un mazzo di rose rosse.
Non si fa che parlare di Camilleri all’interno del «Vigata restaurant», dove lo scrittore, durante le sue visite a Porto Empedocle, non mancava mai d’andare. Boccale di birra in mano e sigaretta accesa, stava al tavolo davanti alla porta, sulla via Roma, e firmava autografi o dediche sui libri a quanti lo avvicinavano. «Avevo 7 o 8 anni quando l’ho conosciuto - ricorda Salvatore Donato, il responsabile del ristorante che è di proprietà della famiglia Butera - Aveva un aspetto schivo ma era tutt'altro: molto disponibile, alla mano. Non lo vedevamo di presenza, a Porto Empedocle, da anni, ma sappiamo tutti che ha sempre avuto questa città nel suo cuore».
A ricordare l’incontro avuto con Camilleri, era Pasqua del 2017, anche l’arciprete don Leopoldo Argento: «Abbiamo parlato del commissario Montalbano e delle mancate riprese del film a Porto Empedocle, ma anche della sua devozione a San Calogero e mi ha detto che, in ogni stanza della sua casa a Roma, c'è una immagine del santo». «Gli ho chiesto come mai qualche spezzone del film sul commissario Montalbano non veniva girato dalle nostre parti e mi disse - aggiunge don Leo - d’avere scritto una lettera al ministro di allora. Il commento di Camilleri fu, in dialetto: 'A mettiri na littra in un funnu di buttiglia e lassala a mari, avissi avutu cciu furtuna (A mettere una lettera in un fondo di bottiglia e lasciarla in mare, avrei avuto più fortuna ndr)'».
Concetta Rizzo
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 17.7.2019
Morte Andrea Camilleri, il cordoglio della Strada degli Scrittori
Il 6 settembre un evento per ricordarne il genio nella sua Porto Empedocle

“Gli amici della ‘Strada degli Scrittori’ sono addolorati dalla scomparsa di Andrea Camilleri che abbiamo ricordato ogni giorno durante il recente master di scrittura organizzato con la Treccani ad Agrigento”. A parlare è il direttore dell’associazione Felice Cavallaro, il quale annuncia contestualmente un'iniziativa concordata pochi minuti dopo la triste notizia insieme con il sindaco di Porto Empedocle Ida Carmina.
Per ricordare Camilleri il prossimo 6 settembre, giorno in cui avrebbe compiuto 94 anni, la ‘Strada degli Scrittori’ e il Comune della città in cui lo scrittore è nato, si terrà infatti un evento centrato su una video intervista all’autore di tanti avvincenti storie. Un evento nel cuore di Porto Empedocle, appunto la “vera Vigata” del Commissario Montalbano.
“Continueremo a considerare questo nostro Grande Vecchio con radici nella terra di Pirandello e Sciascia il cardine di un progetto che trasforma la sua ‘Strada’ in un richiamo per leggerne i libri ed assaporare le atmosfere della vera Vigata, fra i vicoli della sua Porto Empedocle”, insiste Cavallaro rinnovando l’impegno di accendere sempre più forti i riflettori fra i Templi di Agrigento, fra teatri, castelli, miniere, pietre, personaggi che hanno ispirato ed ispirano tanti grandi della letteratura.
Il sindaco Ida Carmina sottolinea come il 6 settembre coincida con le celebrazioni del patrono, San Calogero: “Una festa alla quale Camilleri era legatissimo, anche perché all’anagrafe il suo nome completo è Andrea Calogero, come ribadiva sempre. E come sarà d’ora in poi ricordato istituzionalizzando la data dell’evento per gli anni a venire”.
Un dettaglio legato non solo al patrono, come spiega Carmina: “Il 6 settembre Camilleri troverà ad attenderlo anche la Madonna del Carmelo che stiamo festeggiando in questi giorni. Nasce con San Calogero e si spegne nei giorni della Madonna. E’ come se avesse steso l’ultimo copione per le due feste. Neanche la migliore sceneggiatura... Sembra che quasi inconsciamente abbia voluto scrivere l’ultima pagina legata al suo paese”.
Gaetano Ravanà
 
 

Avvenire, 17.7.2019
Roma. Addio Camilleri: da Beckett a Montalbano, tra gli scrittori più amati
Lo scrittore aveva 94 anni. Come regista teatrale: nel 1958 portò per primo Beckett in Italia. Montalbano inventato come "integrativo". Don Maffeis: una vita all'insegna dell'impegno

E' morto, a 94 anni, lo scrittore Andrea Camilleri. Lo comunica la Asl Roma 1 "con profondo cordoglio", precisando che il papà del Commissario Montalbano si è spento alle 8.20 di questa mattina presso l'Ospedale Santo Spirito. "Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del Maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio", si legge nella nota.
La famiglia ha fatto sapere che non ci saranno momenti pubblici per le esequie: dunque non ci sarà la camera ardente e il funerale si svolgerà domani, giovedì, in forma privata. Solo dopo la sepoltura sarà reso noto il luogo in cui riposeranno le spoglie dell'autore, "in modo da rendere possibile la visita a tanti che lo hanno amato".
Le reazioni
Il mondo della cultura, dello spettacolo e della politica ha reso omaggio al grande scrittore, con centinaia di messaggi. Il presidente Sergio Mattarella in un messaggio alla vedova scrive che "Camilleri lascia un vuoto nella cultura italiana, e nei tanti che si sono appassionati nella lettura dei suoi racconti e sono stati attratti dai personaggi modellati dalla sua creatività. Camilleri - ricorda il Capo dello Stato - è stato un grande e moderno narratore, dotato di una scrittura coinvolgente e originale".
Don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, ha commentato ricordando che "la sua vita e la sua carriera sono state all'insegna dell'impegno culturale e civile, facendosi cantore, con il suo stile ironico e pungente, delle difficoltà del nostro Paese, puntando il dito contro la mafia e lo sfruttamento dei migranti". Negli oltre 100 libri realizzati Andrea Camilleri "ha indagato l'Italia di ieri e di oggi raccontando l'umanità nella sua complessità, comprese le dispersioni o le passioni accecanti, ma anche i grandi esempi di eroismo quotidiano, Salvo Montalbano in testa".
"Scrittore complesso e sorprendente, capace di innovare sul piano narrativo e linguistico"; sono le parole di monsignor Dario Edoardo Viganò, assessore presso il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. "Attraverso Montalbano, Andrea Camilleri ha raccontato il cambiamento del nostro Paese, aiutandoci a cogliere le pagine irrisolte o persino i deragliamenti, regalandoci comunque un racconto di umanità resiliente, che guarda all'orizzonte con ironia e tenacia, in prima linea per la legalità".
"Grazie, Andrea #Camilleri. La tua voce ci aiuta a vedere il nostro tempo e la tua passione ci accompagna nel fare la nostra parte perché il nostro mondo e la nostra Italia sia più sana, sia migliore". Così su Twitter padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica.
La vita e la carriera
Camilleri non ha mai mancato di stupire i suoi ammiratori, tanto che la scorsa estate era ritornato ad una delle sue passioni e aveva impersonato il ruolo dell’indovino Tiresia al Teatro Greco di Siracusa, una scelta fatta per intuire l’eternità. Nella più recente intervista che aveva rilasciato ad Avvenire, spiegava: «A 93 anni è un pensiero inevitabile: ci si accorge che qualcosa si sta avvicinando e non si sa bene che cosa sia. A me piace chiamarla “eternità”, In teatro, a Siracusa, mi pare di averne davvero intuita l’essenza, Camminavo sulle stesse pietre calpestate da Eschilo, si rende conto? Questa è una forma possibile di eternità».
Camilleri era nato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, il 6 settembre 1925, figlio unico, una condizione che ha segnato la sua infanzia: «Ero piccolissimo, avevo cinque o sei anni e mi disperavo di essere figlio unico. Mi ricordo di aver molto patito il fatto di non avere né fratelli né sorelle; certo, avevo i compagni di scuola o gli amici con i quali giocare, ma avrei voluto qualcuno con cui crescere: avere una sorella era il mio sogno. Credo che il mio grande amore per le donne nasca proprio dalla ricerca di quella sorella mai avuta».
Pur amando la letteratura e la poesia, vi si è dedicato con un impegno instancabile e inesausto solo a partire dagli anni Novanta, quando le inchieste del commissario Montalbano (la prima, La forma dell’acqua, pubblicata da Sellerio è del 1994) gli hanno portato un successo che lui stesso non avrebbe mai immaginato, quasi una sorta di caso, volto inaspettatamente a suo favore, e un mestiere al quale aveva pensato solamente come un buon modo per integrare la pensione e, nel caso si fosse ammalato, avere la sicurezza di potersi pagare le cure necessarie. Invece gli ha portato una serie di ampi consensi e di riconoscimenti non solo in Italia, ma in tutto il mondo, grazie anche al successo dei film per la televisione, dedicati al suo commissario, che hanno sempre avuto record di ascolti.
Uomo colto, di grandi letture, anche nella scelta del nome del suo compagno di scrittura per tanti anni, Camilleri dedica il suo cognome ad un grande scrittore di gialli spagnolo, molto letto anche in Italia, negli anni Ottanta, Manuel Vázquez Montalbán, ideatore di un altro famoso investigatore, Pepe Carvalho: del resto i loro due personaggi hanno in comune l'amore per la buona cucina e per le buone letture, oltre a modi piuttosto sbrigativi e non certo convenzionali nel risolvere i casi, oltre a costanti situazioni d’amore complesse e piuttosto complicate.
Camilleri si è occupato soprattutto di teatro, come regista, dopo essersi trasferito a Roma. Ha studiato regia all'Accademia di arte drammatica e regia qui ha insegnato dal 1977 al 1997. È un appassionato di Pirandello e ha fatto anche scelte innovative e coraggiose, come quella di essere stato il primo ad aver diretto uno spettacolo di Samuel Beckett in Italia, nel 1958: Finale di partita, con Adolfo Celi e Renato Rascel. Negli anni Sessanta arriva alla Rai, dove lo troviamo anche come sceneggiatore dei memorabili film per la tivù, dedicati al Maigret di Simenon, con protagonista l’indimenticabile Gino Cervi, figura, quella del commissario francese, che gli è particolarmente congeniale, attento com’è ai rapporti umani e alle trame delicate della realtà.
Negli anni Settanta ha pubblicato i primi romanzi e Un filo di fumo, la sua seconda prova narrativa, è scelta nel 1980 da un editore esigente come Livio Garzanti. Il romanzo ha un buon riscontro critico, ma non basta a far conoscere Camilleri al grande pubblico.
Di lì a pochi anni avverrà invece l’incontro che segnerà il suo destino, quello con una donna straordinaria, che allora scopriva scrittori appartati del calibro di Gesualdo Bufalino e inizia a credere nelle possibilità di questo autore già avanti negli anni, ma con potenzialità tutte da scoprire. Camilleri e Elvira Sellerio si conoscono tramite Leonardo Sciascia che aveva letto, nel 1983, un suo libro, La strage dimenticata, e che gli era piaciuto e ne aveva parlato con “la Signora”, che lo aveva pubblicato.
Tra loro era nata quella che Camilleri aveva definito «l’amicizia siciliana… fatta anche di silenzi, di occhiate, del piacere di sentirsi l’uno accanto all’altra». E di lei ricorda una “lezione particolare” che è stata un monito per la sua scrittura. In occasione della pubblicazione de La stagione della caccia, nel 1994, gli disse quali erano i rischi in cui poteva incorrere la sua scrittura, soprattutto in quell’amalgama di lingua e dialetto, nell’uso di un italiano fortemente contaminato da elementi della parlata siciliana, ricordandogli di non perdere mai di vista l’ironia e la leggerezza. Ricordava Camilleri: «Fu la prima ed unica lezione di scrittura nella mia vita e non l'ho dimenticata, l'ho tenuta e la tengo sempre presente, e anche di questo, ma non solo di questo, non posso che dirle grazie».
Cosi l’impasto linguistico usato dallo scrittore siciliano, non diventa mai manierista, ma si trasforma in una sorta di linguaggio musicale: «Per me non si tratta di incastonare parole in dialetto all'interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c'è dietro».
La vasta produzione narrativa di Camilleri in questi anni si è sviluppata su due fronti, da una parte quella del poliziesco, con tutto il fascino di Vigata, che non si trova sulla carta geografica, ma che geograficamente si colloca nel territorio compreso tra la collina di Girgenti e il mare africano e che diventa il luogo fantastico in cui vive il mondo indagato dallo scrittore, anche nella serie dei romanzi storici, come ad esempio La mossa del cavallo (1999), che rappresentano l’altro aspetto della sua scrittura.
In questo territorio letterario e universale, ma geograficamente caratterizzato, facilmente riconoscibile, si muovono agevolmente i personaggi delle storie (Zosimo “re di Girgenti”, Montalbano, Catarella, Mimì Augello) e diventano reali e plausibili anche le storie più fantastiche e paradossali. Anche se Camilleri non ha mai rinunciato a raccontarci la realtà e la sua complessità.
Al nostro Alessandro Zaccuri aveva detto: «L’impegno sta nella scrittura stessa, nell’onestà alla quale ci si deve attenere nel momento in cui si mette mano alla pagina. La dimensione civile scaturisce da qui e può assumere forme diverse: il tentativo di interpretare l’eterna complessità italiana nei romanzi storici, l’intervento sulla cronaca in alcuni articoli che mi sento di scrivere anzitutto più come cittadino che come romanziere»
Fulvio Panzeri
 
 

Vatican News, 17.7.2019
Morto Camilleri, padre Spadaro: vedeva nel Papa "un presidio di umanità"
È morto all’età di 93 anni uno degli autori italiani più noti e amati, Andrea Camilleri. Intervista con padre Antonio Spadaro, direttore della rivista “La Civiltà Cattolica” che ha conosciuto lo scrittore

Le sue storie, nell’ultimo tratto di vita, prendevano forma nel buio della cecità. Nella vecchiaia era anche accompagnato da quello che definiva il pensiero inevitabile dell’eternità. Andrea Camilleri, morto questa mattina a Roma, è stato un protagonista della scena culturale, una delle figure più prolifiche del panorama artistico. Nato a Porto Empedocle il 6 settembre del 1925, nelle sue opere ha mischiato non solo italiano e siciliano ma anche vari generi in modo originale e creativo. In tutto il mondo sono state vendute oltre 30 milioni di copie di suoi libri con traduzioni in 120 lingue.
Figura poliedrica
Scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo e docente, ha conosciuto il successo letterario all’età di 70 anni con la pubblicazione del volume “La forma dell’acqua”, primo libro giallo con protagonista il commissario Montalbano che diventerà anche il principale personaggio di una fiction televisiva di grande successo. Negli ultimi anni, a causa della cecità, dettava i suoi racconti all’assistente.
Spiritualità ed eternità
La curiosità, il dubbio e la ricerca hanno scandito vita e opere di Camilleri. In una recente intervista sottolineava che a 93 anni ci si accorge “che qualcosa si sta avvicinando”. "Non si sa bene cosa sia e a me - aggiungeva - piace chiamarla eternità”.
“ Ho avuto i miei momenti in cui vorrei sentirmi tutto spirituale. Non ci sono mai riuscito perché il corpo ha sempre vinto. Naturalmente le limitazioni legate all’età ti fanno sempre più pensare a qualcosa d’oltre. Dopo aver scritto oltre 100 libri, in questo silenzio che si sta creando dentro di me, mi è venuta la voglia non di capire, ma di intuire cosa possa essere l’eternità. (Andrea Camiilleri) ”
Padre Spadaro: la sua era una voce profetica
Intervistato da Vatican News, padre Antonio Spadaro, direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, ricorda la figura di Andrea Camilleri:
R. – La sua è stata una voce profetica che ha preso posizioni forti, ma che soprattutto ha cercato di comprendere la complessità del momento che stiamo vivendo. Le radici siciliane sono in lui molto vive. Il suo sguardo è quello tipico di una persona che si è formata al Sud con tutti gli influssi culturali che il Sud ha avuto. Ha avuto la capacità di leggere, attraverso i suoi romanzi, i suoi scritti e i suoi saggi, la realtà in una maniera nuova. Credo che anche la sua passione civile, che ha combinato con la sua ispirazione letteraria, sia molto importante, forse un modello per tutti noi. Quindi la sua capacità di leggere la situazione politica è qualcosa che diventare un punto di riferimento, se non altro per comprender meglio quello che stiamo vivendo.
Lei, padre Spadaro, ha avuto la possibilità di parlare con Andrea Camilleri, di conoscerlo…
R. - Sì, l’ho conosciuto, ho parlato con lui e devo dire che mi ha colpito la sua grande stima per il Papa. Era come se vedesse nella figura di Francesco un’ancora di umanità per una situazione che lo metteva in seria difficoltà, quasi un presidio di umanità.
Andrea Camilleri si è sempre dichiarato non credente. In una delle ultime interviste i dice: “Dopo aver scritto oltre cento libri, mi sono reso conto che mi è venuta voglia non di capire ma di intuire cosa possa essere l’eternità”…
- Sì, l’intuizione dell’eternità forse è l’espressione più giusta. Devo dire anche che è una persona estremamente concreta, quindi non astratta. Anche la sua ispirazione letteraria non aveva nulla dell’astrazione generica. Ha avuto contatti anche con i religiosi, come con i gesuiti a Livorno ad esempio. Quindi, una persona che è sempre stata molto aperta. È certamente animata da una ricerca che potremmo definire spirituale.
Quale è la sua eredità?
R. - La sua eredità è difficile da determinare proprio nel momento della morte. Credo che avremo tempo per rileggere la sua opera e per valutare le sue passioni, quelle che hanno determinato la sua vita e il suo impegno. Direi forse due cose molto personali. La prima è il senso di sorpresa ovunque ha vissuto. La seconda è il fatto che una persona impegnata nella cultura non può mai essere astratta dal contesto in cui vive. Quindi la lezione è quella dell’impegno civile perché il mondo sia migliore.
A proposito di questo, ricordiamo una delle sue frasi: “Non demordete mai delle vostre idee. Se ne siete convinti mantenetele fino all’ultimo” …
R. - Sì, c’è un senso di coerenza che emerge da queste parole ma che in realtà emerge un po’ da tutta la sua opera. Un senso di convinzione, di impegno, di decisione. Uno dei sui drammi che mi sembra di aver compreso è quello di vedere un mondo che va un po’ alla deriva. Un mondo in cui non c’è impegno, in cui ci si chiude nella paura, nella preoccupazione, anche nell’odio, nel vedere l’altro come nemico. La lezione di Camilleri forse è anche questa: un cuore aperto, una mente aperta, anche curiosa, nei confronti del mondo.
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
 
 

AgenSIR, 17.7.2019
Lutto
Andrea Camilleri: Giraldi (Cnvf), “intellettuale visionario tra letteratura, teatro, tv e cinema”

A distanza di pochi giorni dalla morte di Ugo Gregoretti e Valentina Cortese, se ne va un’altra grande figura della cultura italiana, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, che avrebbe compiuto 94 anni il prossimo settembre. “Non solo Montalbano – dichiara al Sir Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film della Cei -, Andrea Camilleri è un intellettuale totale, capace di alternare con padronanza e piglio brillante il registro teatrale, letterario nonché cinematografico e televisivo”. Ricordando gli anni giovanili della sua carriera tra l’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, il Centro sperimentale di cinematografia e i primi incarichi nella Rai di Ettore Bernabei, Giraldi aggiunge: “La sua vita è stato un viaggio appassionante nell’arte e nella conoscenza, sapendo cogliere con attenzione e acume i cambiamenti del tempo e di declinarli ogni volta in maniera metaforica e poetica”. In particolare, spiega il presidente della Commissione film Cei, con i suoi romanzi ambientati in Sicilia editi da Elvira Sellerio e trasposti sullo schermo con l’amico produttore Carlo Degli Esposti (Palomar), “Camilleri ha fatto conoscere al grande pubblico, italiano e internazionale, la realtà siciliana fuori dagli stereotipi, raccontando l’isola nella sua complessità, poesia e problematicità. La lingua che ha adottato, poi, è un unicum nell’universo narrativo, difficile all’inizio da comprendere, ma che avvolge progressivamente e conquista per i suoi straordinari sapori lessicali”.
(R.B.)
 
 

AgenSIR, 17.7.2019
Lutto
In ricordo di Andrea Camilleri, penna colta e ironica
Una vita per la cultura, un vero e proprio “Autore-Paese” che ha attraversato con passo colto, ironico e gentile la storia italiana tra XX e XXI secolo, rimanendo sempre lucido e attuale. Camilleri è stato un intellettuale cross-mediale, capace di abitare con agilità e padronanza teatro, televisione (tra cui “Il commissario Montalbano” con 34 film tv realizzati al 2019), cinema e soprattutto letteratura, con oltre 100 libri pubblicati

Dopo concitati giorni di apprensione per un malore improvviso, è morto mercoledì 17 luglio lo scrittore siciliano Andrea Camilleri, originario di Porto Empedocle che il prossimo 6 settembre avrebbe compiuto 94 anni. Una vita per la cultura, un vero e proprio “Autore-Paese” che ha attraversato con passo colto, ironico e gentile la storia italiana tra XX e XXI secolo, rimanendo sempre lucido e attuale. Camilleri è stato un intellettuale cross-mediale, capace di abitare con agilità e padronanza teatro, televisione (tra cui “Il commissario Montalbano” con 34 film tv realizzati al 2019), cinema e soprattutto letteratura, con oltre 100 libri pubblicati.
Una vita per la cultura a tutto tondo. Andrea Camilleri è stato un intellettuale totale. Negli anni iniziali della sua carriera, tra ’50 e ’70, coniuga in primis teatro e televisione, lavorando a Roma nella Rai sotto la direzione di Ettore Bernabei ma anche come docente al Centro sperimentale di cinematografia e all’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico. E proprio alla Silvio d’Amico negli anni Ottanta ha come allievo un giovane Luca Zingaretti, che poi sceglierà insieme a Carlo Degli Esposti negli anni ’90 per dare volto alla sua creatura letteraria Salvo Montalbano. Zingaretti ricorda oggi commosso il suo maestro: “A volerti bene, quello già sapevo farlo dai tempi dell’Accademia, quando non ci trattavi da allievi, ma piuttosto da colleghi. Ho imparato che il valore delle persone non c’entra nulla con quello che guadagnano, con le posizioni che ricoprono, con i titoli che adornano il loro cognome”. Alla scrittura Andrea Camilleri arriva relativamente “tardi”, solo nel 1978, ma in neanche una manciata di decenni scrivere oltre 100 romanzi, alternando racconti storici nella sua Sicilia con opere di finzione; ancora, pagine di taglio teatrale con dialoghi folgoranti ma soprattutto romanzi gialli polizieschi, con cui riscrive le regole del genere letterario con un uso innovativo del dialetto: “Il commissario Montalbano”.
Montalbano rilancia la Sicilia nel mondo. Oltre a essere pubblicati in Italia da Elvira Sellerio e tradotti in moltissimi Paesi nel mondo, i romanzi sul mitico commissario Salvo Montalbano sono diventati un seguitissimo ciclo di film Tv realizzati da Palomar e Rai Uno. E proprio nel 2019 sono i 20 anni dalla prima messa in onda, dal primo titolo girato “Il ladro di merendine”. In totale in questi due decenni sono stati realizzati 34 film Tv, di cui 24 adattamenti da libri e 10 dai racconti, con un crescendo di ascolti record sino al picco nel 2018 con 12 milioni di spettatori e oltre il 44% di share. Considerando inoltre le repliche che hanno impegnato 190 prime serate su Rai Uno, “Il Commissario Montalbano” è stato visto da oltre 1 miliardo e 179 milioni di spettatori in questi anni. Infine, “Montalbano” è divenuto un fenomeno globale, esportato negli Stati Uniti, in Australia, Asia, America Latina e in tutta Europa, comprese Bbc in Inghilterra (“Inspector Montalbano”). In particolare, con le sue storie siciliane su Montalbano, Camilleri ha fatto conoscere al grande pubblico la Sicilia fuori dagli stereotipi, raccontando l’isola nella sua complessità, poesia e problematicità. La lingua che ha adottato, poi, è un unicum nell’universo narrativo, difficile all’inizio da comprendere, ma che avvolge progressivamente e conquista per i suoi straordinari sapori lessicali.
Il ricordo della Cei e della Santa Sede. Alla notizia della scomparsa di Andrea Camilleri è arrivato immediatamente il ricordo della Conferenza episcopale italiana, nelle parole di don Ivan Maffeis, sottosegretario e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali: “La sua vita e la sua carriera sono state all’insegna dell’impegno culturale e civile, facendosi cantore, con il suo stile ironico e pungente, delle difficoltà del nostro Paese, puntando il dito contro la mafia e lo sfruttamento dei migranti”. Negli oltre 100 libri realizzati, ha rimarcato don Maffeis, “Camilleri ha indagato l’Italia di ieri e di oggi raccontando l’umanità nella sua complessità, comprese le dispersioni o le passioni accecanti, ma anche i grandi esempi di eroismo quotidiano, Salvo Montalbano in testa”. E per la Santa Sede si è espresso subito mons. Dario E. Viganò, assessore presso il Dicastero per la Comunicazione nonché docente ordinario di cinema e audiovisivo: “Più volte ho fatto incontrare ai miei studenti universitari il produttore Carlo Degli Esposti che per oltre due decenni ha lavorato con affinità familiare con Andrea Camilleri. Ho scoperto così che Camilleri non era solo un genio creativo in ambito letterario e teatrale, ma seguiva le sue creature nate su carta anche negli adattamenti sullo schermo, assicurandosi che venisse preservato quel mondo di tradizioni culturali e linguistiche”. E attraverso Montalbano, ha aggiunto mons. Viganò, “Camilleri ha reso omaggio al lavoro di tanti poliziotti che operano sul territorio, mai stanchi di giocarsi per il bene del Paese e dei singoli cittadini”.
Un’eredità educational per il domani. Andrea Camilleri è un autore che lascia un vasto patrimonio culturale e civile, da affidare alle giovani generazioni. E l’auspicio è che lo scrittore siciliano venga studiato sui banchi di scuola, perché ha saputo innovare lo stile letterario contemporaneo ma soprattutto fare memoria sociale. Proprio nel suo recente monologo “Conversazione su Tiresia”, portato al cinema e in Tv per la regia di Roberto Andò, Andrea Camilleri ha toccato pagine oscure del nostro recente passato componendo uno spettacolo emozionante, dove arte e cultura si fanno terreno di incontro, di speranza; memoria del passato ma anche traccia luminosa verso il futuro. Un futuro dove Camilleri brilla tra i grandi intellettuali del nostro Paese.
Massimo Giraldi e Sergio Perugini
 
 

SicilyMag, 17.7.2019
Buon viaggio, caro Andrea. Sei stato uno scrittore e un uomo notevole, sottile e beffardo indagatore della storia isolana. Era questa la motivazione della laurea ad honorem che la Facoltà di lettere dell'Università di Catania gli conferì senza mai consegnarla. Cento libri in poco più di vent'anni! E non c'era da inchinarsi al cospetto d'un prodigio?
Buon viaggio Camilleri, sei stato un veggente

Ho conosciuto e frequentato Andrea Camilleri. E ne ho scritto, snocciolando ricordi di un’amicizia e giudizi letterari, in uno dei precedenti “plausi e botte” (ma erano solo plausi) quando fu ricoverato. Oggi non mi rimane perciò che racimolare qualche altro ricordo, e per esempio quello di un altro ricovero ospedaliero, ma questa volta mio, anni fa, a Caltanissetta. Per attenuare la noia della degenza nissena, l’unico amico che avevo in quella città in cui (cfr. Brancati) la noia è sovrana, e cioè l’editore Giuseppe Sciascia, affettuosamente e quotidianamente mi riforniva di giornali e libri.
Tra questi ultimi, l’ultimo Camilleri allora uscito, il Montalbano de “L’altro capo del filo”: il centesimo Camilleri! Cento libri in poco più di vent’anni! E non c’era da inchinarsi al cospetto d’un prodigio?
Tutti eccellenti? Forse no. Nemmeno il sommo e altrettanto prolifico Simenon li imbroccava tutti; la routine e la maniera sono l’ovvio effetto di una miracolosa produttività. Ma ai miei amici e colleghi, alcuni assai cari e stimati, che fin dall’inizio hanno condannato Camilleri agli inferi dell’intrattenimento para – o pseudo – o extra-letterario, vorrei raccomandare di non sottovalutare l’intrattenimento, il giallo, il comico, troppo a lungo esclusi dal sacro recinto di una letteratura che continua a elaborare il lutto della madre di Cecilia o per il naufragio della Provvidenza, e di addentrarsi con meno sussiego nella lussureggiante vegetazione del bosco-Camilleri.
Per tranciarne di netto qualche ramo, per odorarne con sollievo qualche fiore, ma soprattutto per coglierne la generosa, irruente, inarrestabile sovrabbondanza.
E se le pagine di Andrea Camilleri in quell’occasione mi tennero compagnia e mi fecero star bene, non è anche questo che chiediamo a un libro? Coinvolgerti esaltandoti o al contrario turbandoti, allietandoti come “Il circolo Pickwick” o Alan Bennett oppure sconvolgendoti come Poe o come Kafka. Certo, anche divertendoti: e perché no? Prodigandoti gioia e benessere anziché patimento. Non fu James Hillman a parlare di “storie che curano”?
Un altro ricordo, anzi un rimpianto. Nel breve periodo in cui ne fui vicepreside, la facoltà di lettere catanese conferì a Camilleri una laurea ad honorem che purtroppo non fu mai ratificata né consegnata. Nella motivazione da me scritta si leggeva fra l’altro che in lui si premiava «non soltanto uno fra gli scrittori italiani più tradotti e apprezzati oggi nel mondo, non soltanto un “caso” letterario ed editoriale che alla qualità e allo stile riesce finalmente ad affiancare la godibilità e la popolarità, ma anche un intellettuale siciliano che all’intelligenza analitica di Sciascia ha unito l’inventiva linguistica d’uno Sterne o d’un Gadda e la macchina narrativa dei migliori giallisti del Novecento come Simenon, oggi giustamente consacrati fra i più rappresentativi scrittori di quel secolo. Sottile e beffardo indagatore della storia isolana, (…) Camilleri ha l’arte di trasmettere al pubblico più vasto quei valori etici e quell’estro creativo che tanta parte sono del patrimonio d’una facoltà umanistica, la quale – premiandolo – in lui e nei suoi felici azzardi felicemente si riconosce».
Ricordi, rimpianti. E di ricordi e rimpianti, di emozioni e speranze è gremito quel nucleo segreto, intimo e solo nostro che da qualche parte ci cova dentro e che chiamiamo anima. E che in qualche forma sopravvivrà. Perciò buon viaggio, caro Andrea. Sei stato uno scrittore e un uomo notevole. E in ultimo, anche un veggente.
Antonio Di Grado
 
 

Il Giornale, 17.7.2019
Morto Andrea Camilleri, inventore del commissario Montalbano
È morto oggi Andrea Camilleri, lo scrittore siciliano divenuto famoso per la collana di libri sulle avventure del commissario Montalbano

Il padre putativo del commissario Montalbano se n’è andato. Lo scrittore Andrea Camilleri è morto oggi all’età di 93 anni dopo aver trascorso l'ultimo periodo della sua vita ricoverato in gravi condizioni all'ospedale Santo Spirito di Roma.
L'infanzia di Camilleri
“Diceva Montaigne che anche se sali sul più alto degli alberi, sempre il culo fai vedere”, aveva commentato in occasione della pubblicazione del suo centesimo libro lo scrittore siciliano, nato il 6 settembre 1925, a Porto Empedocle, la ‘Vigàta’ dei suoi romanzi.
Il padre Giuseppe era ispettore del lavoro portuale, un fascista convinto che aveva fatto la marcia su Roma e svolgeva le funzioni di segretario del fascio nella sua città. “Prima di sposarlo, mia madre detestava mio padre. Ma cambiò subito idea sul suo conto. Scoprì un uomo leale, ironico, coraggioso, generoso. Insomma: Montalbano. È stata mia moglie, che l’ha conosciuto bene, a farmelo notare: “ 'Montalbano è per tre quarti tuo papà, e tu hai scritto una sua lunga biografia'. Ha ragione”, racconta lo scrittore che all’epoca era un giovane balilla.
Il trasferimento a Roma e l'ingresso in Rai
Camilleri, però, già nel 1942, ripudia il fascismo e diventa comunista. Nel 1947 pubblica racconti di terza pagina sui quotidiani L’Ora di Palermo e L’Italia socialista di Roma e alcune delle sue poesie vengono inserite da Giuseppe Ungaretti in un’antologia di poeti. Due anni dopo vince la borsa di studio per l'Accademia nazionale d'Arte drammatica e si trasferisce a Roma. In questi anni vince l’ambito premio Saint Vincent e si iscrive all’Università, alla facoltà di Lettere, ma non consegue la laurea. Viene espulso dal presidente dell’Accademia, Silvio D’Amico, per un episodio che ha sempre voluto tenere nascosto e, poi, va a lavorare all’Enciclopedia dello Spettacolo. Nel 1954 vince un concorso in Rai ma vi entra solo 3 anni dopo perché, dice lui, “è comunista”. A 33 anni, inizia la carriera di regista teatrale e televisivo e per la tivù di Stato si occupa della produzione di sceneggiati di successo come il Tenente Sheridan e Le indagini del Commissario Maigret.
“Ho lavorato per trent'anni in Rai. È un'azienda misteriosa dalla quale non riesci mai a liberarti. Vedere in difficoltà l'azienda dove hai lavorato per tanti anni, ti addolora e ti fa rabbia”, dirà Camilleri che, più volte, ha criticato la deriva commerciale della tivù di Stato che, secondo lui, ha abdicato al ruolo di servizio pubblico. Nel 1958 è il primo a portare in Italia il teatro dell'assurdo di Beckett con Finale di partita, prima al teatro dei Satiri di Roma e poi in televisione con Adolfo Celi e Renato Rascel. Dalla fine degli anni ’60 insegna, per dieci anni al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, mentre dal 1977 al 1997 torna, sempre come docente, all'Accademia nazionale d'Arte drammatica. Luca Zingaretti, che prima di interpretare il commissario Montalbano fu suo allievo, ricorda così quel periodo: “Si parlava un po’ di tutto. Era un eccezionale affabulatore, molto bravo a trovare il dettaglio originale nel gesto quotidiano. Magari ci inchiodava due ore sull’uomo che aveva appena visto prendere il cappuccino. Che poi è anche la grandezza del suo modo di scrivere”.
Il successo del Commissario Montalbano
Camilleri, però, inizialmente trova difficoltà ad affermarsi come scrittore. Il suo primo romanzo, Il Corso delle cose, è datato 1978 e viene rifiutato da ben dieci editori.“Alla fine ne feci una riduzione per uno sceneggiato televisivo e a quel punto un editore di libri a pagamento (la Lalli ndr) lo pubblicò in cambio di una pubblicità sui titoli di coda”, racconta. Dagli anni ’80 in poi, Camilleri non si ferma più: “Fu – spiega - come togliere un tappo. Scrissi immediatamente il secondo romanzo che inviai a Garzanti: Un filo di fumo. E poi un saggio, La strage dimenticata che Elvira Sellerio pubblicò. Da allora passarono otto anni senza che io scrivessi più nulla". Il successo letterario di Camilleri arriva solo nel 1994 quando pubblica La forma dell’acqua, primo libro giallo che vede come protagonista il commissario Montalbano. Nel 2016, con L’altro capo del filo, dedicato ancora una volta a Montalbano, ha raggiunto (e già superato) i 100 libri pubblicati e, solo per la Sellerio, ha venduto oltre 18 milioni di copie.
In poco tempo Montalbano è diventato un caso anche alla tivù, grazie all’attore Luca Zingaretti che, fisicamente, non ha nulla a che vedere con il commissario che interpreta. Camilleri rivela di non aver mai avuto un’idea precisa di quale aspetto potesse avere l’eroe dei suoi romanzi finché un incontro particolare gli dà la giusta illuminazione. “Avevo appuntamento a Cagliari con un professore di letteratura di quella università, Giuseppe Marci, che mi aveva invitato a chiudere un suo corso. Eravamo d’accordo che per farsi riconoscere avrebbe avuto con sé una copia del Birraio di Preston. Bene, sceso all’aeroporto ho avuto la sorpresa di imbattermi in Montalbano col Birraio sottobraccio. Era proprio lui. Lo scrissi a Carlo Esposti, il produttore della serie tv: peccato che un attore così somigliante non esista”, confessa sconsolato lo scrittore siciliano. Camilleri, parlando del possibile epilogo dell'epopea di Montalbano, in una recente intervista ha rivelato:"MHo scritto la fine dieci anni fa, ho trovato la soluzione che mi piaceva e l'ho scritta di getto, non si sa mai se poi arriva l'Alzheimer. Montalbano non morirà. Nessuna autopsia. Ma non potrà sbucare da nessun'altra parte... Se ne andrà, sparirà ma senza morire".
L'impegno politico di Camilleri
Camilleri, negli ultimi della sua vita, accresce il suo impegno politica a sinistra. Nel 2008 partecipa manifestazione "No Cav Day", organizzata dai girotondi a piazza Navona e, dopo le Politiche del 2013, lancia una raccolta firme per impedire a Berlusconi di entrare in Senato. L’anno successivo manifesta la volontà di candidarsi alle Europee con la lista Tsipras ma, poi, ritira la sua candidatura per dissidi interni. Tali e tante sono le critiche che lo scrittore siciliano rivolge al fondatore di Forza Italia che Berlusconi una volta sbotta dicendo: “Egregio signor Andrea Camilleri, perché lo ha fatto? Perché non si è accontentato della fama travolgente che sta gratificando la sua opera letteraria, dei suoi deliziosi gialli che fanno la fortuna degli editori che li pubblicano per guadagnarci soldi a palate?”.
Francesco Curridori
 
 

Il Giornale, 17.7.2019
Morte di Andrea Camilleri, le reazioni nella sua Porto Empedocle
Ecco come è stata vissuta nella sua città natale a due passi da Agrigento la notizia della morte di Andrea Camilleri: lo scrittore, fino a pochi anni fa, era solito ritornare tra i suoi concittadini

“Prima o poi questo giorno doveva arrivare, arriva per tutti del resto no?”: ad affermarlo è uno dei pescatori più longevi di Porto Empedocle, città natale di Andrea Camilleri.
Una risposta quella sua, data mentre entra in un bar della centralissima via Roma, che sembra uscita proprio da un romanzo dello scrittore, segno di un fatalismo siciliano spesso ben espresso dal padre letterario del commissario Montalbano.
La notizia della scomparsa di Andrea Camilleri raggiunge in mattinata ovviamente anche l’opinione pubblica della sua Porto Empedocle. Qui lo scrittore nasce 93 anni fa, quando la cittadina è poco più che un borgo esteso attorno al suo porto: da lì a breve, proprio quello scalo ben visibile dal sovrastante costone del Kaos, lì dove nel 1867 nasce Luigi Pirandello, rende Porto Empedocle uno dei centri economici più attivi di questa parte della Sicilia.
E mentre Porto Empedocle cambia progressivamente volto, un giovane scrittore trae spunto dalle peculiarità di questa comunità per iniziare a scrivere le emozioni e le sensazioni suscitate da questo angolo dell’isola.
C’è molto di Porto Empedocle infatti nella “Vigata” del commissario Montalbano, la serie di romanzi che una volta approdata in tv ottiene un successo di portata internazionale che fa poi di Andrea Camilleri uno degli scrittori più famosi al mondo. Ma c’è molto di Camilleri nei personaggi del “suo” Montalbano.
Fino a pochi anni fa è possibile vedere lo scrittore in giro per Porto Empedocle, seduto in uno dei bar di via Roma in cui anche questa mattina pescatori, impiegati o semplici lavoratori gustano un caffè mentre si proteggono dal sole sotto gli ombrelloni ed i gazebo disseminati lungo il marciapiede.
Camilleri nella sua città natale ha sempre vissuto una vita a contatto con i suoi compaesani: quando ad esempio nel maggio del 2009 proprio a Porto Empedocle viene inaugurata la statua dedicata al commissario Montalbano, subito dopo la cerimonia lo scrittore prende posto in un ristorante del centro storico ordinando, nonostante la già veneranda età, due birre in poco meno di mezzora conversando con alcuni conoscenti.
Questa mattina proprio ai piedi della statua di Montalbano, le cui sembianze sono molto più vicine a quelle descritte nei romanzi che a quel Luca Zingaretti che da 20 anni lo interpreta in tv, il sindaco di Porto Empedocle depone un mazzo di fiori a nome della cittadinanza e della comunità.
Poco più in là, nei pressi della vecchia matrice del paese, una piccola folla di curiosi si avvicina all’abitazione dello scrittore. Tutto è chiuso, non ci sono al momento parenti od amici al suo interno, ma a molti suoi concittadini fa una certa impressione pensare che dal portone di quel piccolo stabile, dove lo scrittore ha sempre vissuto quando tornava in Sicilia, non vedranno uscire il loro più illustre concittadino.
La vita nella cittadina intanto continua a scorrere: la mattinata non è delle migliori, fa caldo ma il vento impedisce di poter andare a mare ed allora, tra chi preferisce rimanere in via Roma, in molti si attardano qualche minuto in più dinnanzi la statua di Montalbano. C’è chi scatta una foto, chi approfitta delle telecamere per esprimere un pensiero: “Non tutto quello che scriveva a me piaceva – dichiara un cittadino – Ma c’era un rapporto di affetto tra lui e Porto Empedocle. Ed oggi non è una giornata come le altre”.
Una storia si è chiusa per sempre, un punto è stato oggi messo in uno dei romanzi più intensi mai scritti in questo territorio, quello cioè della vita di Andrea Camilleri. In questa giornata ogni pietra di Porto Empedocle parla dello scrittore: dalla stazione da cui è partito per andare a studiare fuori subito dopo la guerra, al bar in cui spesso si sedeva ed in cui ha rischiato di morire a seguito di una sparatoria nel 1986, fino alla strada che conduce presso le spiagge di Marinella, la frazione balneare di Porto Empedocle che dà il nome alla località in cui nel suo romanzo fissa la dimora del suo Montalbano.
Mauro Indelicato
 
 

PeopleForPlanet, 17.7.2019
I gatti di Andrea Camilleri
Federica racconta dei suoi incontri con lo scrittore siciliano e del suo amore per i gatti

L’amicizia con Camilleri è nata all’inizio di questo millennio, ero andata a intervistarlo per Il Fatto, il programma di Enzo Biagi per cui lavoravo. Così scoprii due questioni fondamentali: Camilleri abitava nello stesso palazzo della mia redazione romana e avevamo una grande passione in comune per i gatti.
Da allora per un lungo periodo abbiamo preso l’abitudine di passeggiare insieme tutte le mattine, parlavamo di famiglia, di politica, di libri e di gatti ovviamente.
Lo riempivo anche di richieste dettate da amici pazzi di lui, che mi consegnavano copie dei suoi romanzi per ricevere dediche. Camilleri era sempre disponibile, «Raccontami qualcosa in più di questa persona», poi annotava qualcosa e firmava.
L’aver ottenuto successo in età avanzata aveva contribuito, insieme a un’indole serena e rilassata, a non fargli mai montare la testa. Sembrava piuttosto divertito e stupito dalla grande attenzione nei suoi confronti.
Ci sono diversi tipi di scrittori. Quelli che vanno veloci, quelli per cui ogni riga è impegno e sofferenza, quelli stitici e quelli prolifici, quelli che se la tirano per aver pubblicato un libretto, quelli che dissimulano su un capolavoro. Quelli che per una pagina restano concentrati un giorno intero, quelli che ne redigono dieci in breve tempo.
Camilleri è semplicemente uno a cui scrivere viene facile.
Confesso che prima di conoscerlo non ero una sua fan letteraria, lo sono diventata dopo, perché l’essere umano Camilleri mi ha conquistata. Simpatico, gioviale, con una bella famiglia; nel frequentare la sua casa ho avuto anche conferma che le famose sigarette accese contemporaneamente erano realtà e non leggenda, «faccio solo qualche tiro, non la fumo mai tutta, quindi sono meno di quanto sembri».
Oggi voglio ricordarlo con le storie dei nostri amati gatti, ce ne sono tanti ad aspettarlo lassù…
«Non siamo noi a scegliere il gatto, è il gatto che sceglie noi. Ho sempre avuto gatti che sono entrati in casa e si sono rifiutati di andarsene. Quindi in realtà mi hanno scelto, hanno sentito che potevamo andare d’accordo e sono venuti ad abitare con me».
«Un gatto è una gran cosa. La compagnia che dà un gatto è quasi umana, a differenza della compagnia che può dare un cane che pende dalle tue labbra e vuole adeguarsi alla tua volontà. Il gatto è sempre in una posizione dialettica; può condividere quello che stai dicendo, ma può anche non condividerlo. Ha quella sorta di piccola autonomia che può avere un amico nei tuoi riguardi. Certe volte il gatto ti dice: non sono d’accordo con quello che stai facendo, e te lo dimostra in mille modi, voltandoti le spalle ad esempio. La bontà estrema e la posizione dialettica fanno la differenza tra cane e gatto».
In particolare Camilleri amava i gatti guerrieri.
«Mi piacciono i gatti guerrieri che lottano per la sopravvivenza, senza un occhio, con mezzo orecchio. A questi gatti bisognerebbe concedere il riposo del guerriero appunto. Trovare un modo. In genere le persone adottano micini piccoli, perché sono graziosi, simpatici. Però avere un gatto guerriero accanto, che con le sue ferite ti dimostra quanto è difficile l’esistenza e quanto è dura la sopravvivenza, credo sarebbe un esempio per chi cerca la vita facile».
Negli ultimi anni della sua vita Camilleri aveva scelto di non tenere gatti in casa. «Non voglio più averne dopo che ho avuto un gatto per diciotto anni», mi aveva confidato con la voce incrinata. «Quando non c’è stato più ho sofferto maledettamente; allora, per egoismo, mi rifiuto di affezionarmi ancora. Però usufruisco dei gatti delle mie figlie, ogni tanto telefono e chiedo: “portatemi un gatto!”. I gatti lo sanno, le mie figlie dicono: “andiamo dal nonno”, loro entrano subito nella gabbietta, mi raggiungono, restano da me tre o quattro giorni felici e beati».
Amavo ascoltare i racconti su Gatto Barone, indimenticabile compagno di avventure.
«Gatto Barone fa parte della mia vita, è stato anche un ottimo consigliere in momenti difficili, era estremamente intelligente. Lo raccolsi in un paese della Toscana. Vidi dei bambini che giocavano a palla, dopo un attimo mi resi conto con orrore che la palla che stavano adoperando era un gattino vivo. Allora presi il gattino – dopo aver un po’ ecceduto su quei bambini, lo confesso. Lo curammo con un amore infinito, e lui si legò a noi di altrettanto amore. Guarì e credo che non si rese mai conto di essere un gatto. Partecipò attivamente alla vita della famiglia, non piangeva mai, per nessuna ragione al mondo. Era una presenza attiva, non passiva, della casa. L’abbiamo molto amato».
Il paradiso dei gatti sarà sicuramente un posto bellissimo.
Federica Morrone
 
 

Wired, 17.7.2019
Camilleri e l’arte della vecchiaia
È morto a 93 anni Camilleri, il “papà” dell'ispettore Montalbano, autore tra i più amati in Italia. Il successo in tarda età col romanzo La forma dell'acqua

Ci sono personaggi che non riusciamo a immaginare giovani non perché siano nati vecchi o abbiano un atteggiamento serioso nei confronti della vita, che d’istinto giudichiamo antitetico all’età della giovinezza (che tutti fanno coincidere con la spensieratezza quando spensierata non è), ma perché hanno saputo incarnare la vecchiaia così bene e nobilmente che più che non riuscire, non vogliamo immaginarli con meno rughe e meno capelli bianchi di quelli che hanno.
Il premio Nobel José Saramago è tra questi. Tra gli ultimi giganti della letteratura, come lo definì il critico americano Harold Bloom, come romanziere, Saramago ottenne successo in tarda età, con libri splendidi, pieni di esperienza e umanità che solo un uomo invecchiato bene poteva scrivere (i primi due che mi vengono in mente: Cecità, Il vangelo secondo Gesù Cristo).
Lo stesso possiamo dire di Andrea Camilleri, morto la mattina del 17 luglio a Roma. Ovvio che se si vanno a vedere le biografie dei due, si scopre che sia lo scrittore portoghese che quello italiano ne hanno fatte di cose prima di diventare famosi. Andrea Camilleri, classe 1925, aveva lavorato in Rai a partire dagli anni Cinquanta, e a teatro, portando per primo Beckett in Italia. Il suo primo romanzo era stato pubblicato nel 1978, ma il vero successo, quello che lo avrebbe reso noto in Italia e poi all’estero, era arrivato nel 1994 con La forma dell’acqua, primo romanzo poliziesco con l’ispettore Montalbano. Camilleri aveva 69 anni. Era già un anziano con i capelli e le sopracciglia bianchi e quel viso un po’ cadente da patriarca siciliano. Era il Camilleri che si sarebbe inciso nell’immaginario collettivo, ma, dicevamo, in lui la vecchiaia non è solo questione anagrafica e fisica, ma anche di lingua.
Quell’ibrido di siciliano e italiano, quella musicalità sfoggiata nei romanzi, suonano inevitabilmente come il risultato di un accumulo di esperienze, una melodia che l’uomo-artista ha trovato dopo infiniti accordi, una voce che solo gli anni possono regalare. Il vigatese, vernacolo pastoso che contiene in sé echi di cose non dette, allusioni, informazioni implicite e subliminali che vanno oltre la parola scritta ha stregato gli italiani. Quella di Camilleri, però, non è stata solo una produzione letteraria di matrice stilistica. Nei suoi romanzi, oltre alle passioni – la cucina – egli ha inserito tematiche sociali, umanitarie e fuori dalla letteratura si è speso per esprimere le proprie idee. La sua è stata una vecchiaia vissuta pienamente tra letteratura e impegno politico, arte e vita. La vecchiaia di Camilleri è stata – ed è – un antidoto ai tempi correnti dove dominano la rabbia e il cinismo, la chiusura politica ed esistenziale verso tutto ciò che è diverso e minaccia di ribaltare un equilibrio che non vogliamo accettare di non possedere già più.
Viene facile e forse un po’ retorico immaginare Camilleri su una nuvola ora, lui che si è sempre professato ateo, magari accanto a Montalbano, in quel paradiso in cui finzione e realtà convivono, entrambi con lo sguardo posato sul Mediterraneo, attenti a quel che succede tra porti chiusi, navi in rotta da sud a nord, politici, immigrati, italiani arrabbiati o pronti ad accogliere. Viene facile, ma dopo il Camilleri vecchio scrittore, è il Camilleri attento e pietoso spettatore quello che viene istintivo immaginare.
Alberto Grandi
 
 

TGCOM, 17.7.2019
Camilleri come Giuseppe Garibaldi: con Montalbano ha unito l’Italia
L’umanità dei personaggi e la sicilianità hanno fatto innamorare milioni di lettori. Compreso un bergamasco doc. Tutto cominciò con “Un mese con Montalbano”, giusto l’estate di vent’anni fa…

Andrea Camilleri è stato il Giuseppe Garibaldi della letteratura italiana. Entrambi hanno unito l'Italia partendo dalla Sicilia. Il primo con un romanzo, il secondo con un fucile. Lo scrittore e drammaturgo ha avvicinato due mondi con il commissario Montalbano, il generale e patriota con i Mille. Per il sottoscritto, bergamasco a 360 gradi, l’unificazione ha una sola data: estate 1999, l’anno de “Un mese con Montalbano”, edito da Arnoldo Mondadori.
All’epoca di Camilleri tutti ne scrivevano e tutti ne parlavano. Quei “trenta giorni alla ricerca di una giustizia possibile” – come si legge nella copertina - colpirono nel segno. Già in quelle storie brevi (su tutte “L’uomo che andava appresso ai funerali”) Camilleri parve di un altro pianeta. Poi fu la volta degli “Arancini di Montalbano”. Poi a ritroso, quindi sempre di corsa a leggermi l’ultimo Camilleri. L’ho fatto per ventisette volte, lo farò per la ventottesima volta per l’inedito “Riccardino”: promesso.
E dire che il suo italiano inzuppato di siciliano si presentava ostico per uno come me nato tra il fiume Serio e il Santuario di Caravaggio. Eppure la trama, l’ironia e il pathos di quei racconti mi spinsero a conoscere - e in seguito anche ad utilizzare - parole come sciarratina, parrino, garruso e taliarsi.
Parole che raccontavano e racconteranno per sempre chi è Andrea Camilleri. Meglio usare il presente che il passato per un autore che ha fatto dell’umanità la caratteristica principe dei suoi scritti e dei suoi personaggi. Salvo Montalbano, Mimì Augello, Fazio, Catarella, il dottor Pasquano, Nicolò Zito e tutti gli uomini che animano la Vigata del commissario sono esseri umani come noi, con pregi e difetti. Non esiste un super uomo per Camilleri, tutti sono fallibili e puntualmente falliscono una o più volte nelle decine di testi scritti dal drammaturgo. Le donne non sono da meno: l’eterna fidanzata Livia, la fidata Adelina, l’amante-consigliera Ingrid e le altre femmine amate dal commissario raccontano un mondo del tutto simile al nostro. Come dimenticare la vicenda del piccolo Francois, ladro di merendine salvato dal commissario e poi morto da adolescente in una storia più grande di lui? O l’assurda umanità dei vari carteggi de “La concessione del telefono”? E “Le ali della sfinge”? E… tanti altri titoli. Emozionanti sulla carta. D’impatto immediato nella trasposizione televisiva.
Quello di Camilleri è un mondo fatto di storie comuni e di delitti di facile soluzione solo in apparenza. I suoi sono romanzi storici e gialli che profumano di sicilianità e di denuncia. Leggerli e guardarli ha portato migliaia di persone in Sicilia sui luoghi della serie diretta da Alberto Sironi. A Scicli, il cui municipio è diventato l’ufficio di Luca Zingaretti, ne hanno fatto un motivo d’orgoglio. Narra l’ormai leggenda locale che nel 2002, agli albori della saga tv, l’amministrazione comunale emise un bando per aiutare economicamente volesse aprire un bed and breakfast. All’epoca ci fu un solo partecipante. L’anno scorso, con Scicli conosciuta in tutto il mondo grazie alla serie televisiva, all’amministrazione risultavano operativi 274 bed and breakfast, per un totale di 3.500 posti letto.
Più turisti, più posti di lavoro e meno terreno fertile per la mafia. Di malaffare e malavita Camilleri ne parla in quasi tutti i suoi libri, spesso con un accenno veloce ma pesante come un macigno. A volte la mafia fa da sfondo con la lotta dei Cuffaro e dei Sinagra per controllare il territorio. Montalbano spesso parla con boss, piccoli delinquenti e politici corrotti, sta al loro gioco ma sa quando tirare il freno e far svoltare l’indagine. Più umano di così…
 
 

Rivista Studio, 17.7.2019
Camilleri, Montalbán e Montalbano
Il rapporto dello scrittore scomparso il 17 luglio, a 93 anni, con il suo collega spagnolo, a cominciare dall'origine del nome del commissario, e la storia di un libro mai pubblicato.

Diceva Leonardo Sciascia che i romanzi polizieschi, fino a non molto tempo fa considerati alla stregua di modesta letteratura popolare, raccontavano frammenti di storia meglio di tanta cronaca. Difficile dargli torto. D’altronde per capire alcuni aspetti della Guerra Fredda all’epoca era quasi obbligatorio leggere almeno alcuni romanzi di Le Carré, come prima di mettersi in viaggio per il Sudamerica sarebbe stato opportuno, per avere una vaga idea di cosa aspettarsi in quelle lande desolate, scorrere le pagine di qualche libro di Graham Greene. E si potrebbe andare avanti a lungo. Un grande scrittore come Manuel Vázquez Montalbán, creatore del più simpatico e improbabile investigatore di tutto il Mediterraneo, utilizzò la figura di Pepe Carvalho – «un picaro che fa il detective» nelle parole di Antonio Tabucchi – per raccontare il disfacimento del franchismo e le primissime cronache della Spagna della transizione. Anche Andrea Camilleri, nei ventisei romanzi che hanno avuto per protagonista il commissario Salvo Montalbano, (da La forma dell’acqua del 1994 a Il metodo Catalanotti del 2018) ha spesso attinto alla ricostruzione storica, ma lo ha fatto in un modo tutto suo, poco invasivo, meno visibile, privilegiando sempre nel racconto di un episodio o di una storia quell’inconfondibile ironia tutta siciliana. In questo Montalbano è molto più vicino a un personaggio come Maigret, anche perché entrambi i commissari sembrano godere di vita propria, che a Pepe Carvalho. Quest’ultimo, tra l’altro, annoverava tra i suoi mirabili hobby quello, originalissimo, di bruciare di volta in volta uno dei suoi 3500 volumi, tra cui molti classici, che possedeva in casa per riscaldarsi davanti al camino. Non gli avevano insegnato a vivere, era la sua difesa. Salvo Montalbano, invece, quando non è alle prese con un’indagine o con una delle sue proverbiali passeggiate in riva al mare, lo si trova a leggere un libro del suo conterraneo Bufalino, uno dei suoi autori preferiti.
Eppure, nonostante i due commissari non potrebbero essere più diversi, per cultura, storia e nazionalità, il legame tra i due autori – entrambi, seppur in maniera diversa, devono qualcosa a Leonardo Sciascia – è più forte di quello che si potrebbe immaginare. È noto infatti che Andrea Camilleri abbia scelto il cognome del suo commissario in omaggio allo scrittore catalano. Meno noto forse è il vero motivo. All’epoca l’autore di Montalbano stava scrivendo Il birraio di Preston, uno libro che esula dalla vicende del commissario ma che i camilleriani considerano una delle sue migliori cose mai scritte. Solo che l’autore faticava non poco a individuare una forma narrativa che lo soddisfacesse. «Scritto in un ordine cronologico, risultava di una noia mortale», commenterà in seguito. Fu leggendo Il Pianista di Montalbán, raffinato omaggio alla memoria degli sconfitti che si sviluppa come un trittico “à rebours”, attraverso una narrazione che partendo dagli anni Ottanta retrocede indietro nel tempo, passando per la Barcellona del ’42 e per la scintillante Parigi del ’36, l’unico posto secondo l’avanguardia spagnola dove valesse davvero la pena vivere, che lo scrittore siciliano si convinse che non era necessario scrivere un romanzo in ordine, dalla a alla z, ma che si poteva partire da un episodio, qualunque esso fosse, e da lì tessere una trama per costruire una grande storia. «E visto che l’unico genere possibile in questo senso è il romanzo giallo», sono le sue parole, «scrissi La forma dell’acqua, dando al commissario, per un debito di riconoscenza, il nome di Montalbano, che, tra l’altro, è uno dei cognomi più diffusi in Sicilia. Ma senza quell’aiutino forse non ci sarei riuscito».
Montalbán e Camilleri tardarono a incontrarsi, si conobbero per la prima volta nel ’98, per due incontri, uno, a settembre, al Festival della Letteratura di Mantova, l’altro, a ottobre, al Festival dell’Unità di Bologna, quest’ultimo presieduto da un certo Massimo D’Alema che di lì a qualche giorno sarebbe diventato Presidente del Consiglio e che, condizionato da chissà quali ossessioni, aveva gramscianamente scambiato un libro di Montalbán, che raccontava il potere attraverso il ritratto della dinastia dei Borgia, per una metafora sulla storia del Partito comunista. Peccati di gioventù. Tra i due scrittori nacque comunque un’amicizia fatta di apprezzamenti, omaggi reciproci e frequenti scambi di opinioni che li portarono molto vicino a realizzare un libro a quattro mani che avrebbe fatto la fortuna di qualsiasi editore. Una sorta di libro-conversazione, rigorosamente scritto in italiano, dove affrontare diversi temi cari a entrambi, dalle personali vicende d’infanzia fino al tema della censura. Per avere un’idea del genere, come impostazione qualcosa di molto simile a Fuoco all’anima, il bel volume che raccoglie i dialoghi fra Leonardo Sciascia e Domenico Porzio, raccolti dall’amico e critico letterario appena un mese prima della scomparsa dello scrittore di Racalmuto.
Alla fine quel libro non vide mai la luce (mentre è stato pubblicato un volume che riporta la conversazione avvenuta a Mantova). Sfumò per diversi motivi, in parte per alcune difficoltà linguistiche dello scrittore catalano, in parte perché, dicono i maligni, le storie autobiografiche di Camilleri erano talmente interessanti che l’autore di Montalbano nel giro di breve tempo aveva iniziato a raccontarle praticamente a tutti. Ci sono un paio di persone in Italia che ancora custodiscono gelosamente questo carteggio di circa 110-120 pagine, piene di aneddoti e storie autobiografiche, ma probabilmente non lo farebbero leggere al migliore amico neppure sotto tortura. Eppure, oggi che entrambi riposano altrove, chissà che qualche editore non si lasci incuriosire.
Giuliano Malatesta
 
 

Prima Pagina News, 17.7.2019
Camilleri, il ricordo dell'amico Roberto Vecchioni: "Da sempre vulcano di idee e accanito fumatore"
Roberto Vecchioni è intervenuto nella trasmissione 'Tutto in Famiglia' condotta da Livia Ventimiglia su Radio Cusano Campus per ricordare lo scrittore Andrea Camilleri e per parlare della sua partecipazione al Festival dell'antico prevista giovedì 18 luglio al Museo Archeologico di Cosenza.
 
 

Business Insider Italia, 17.7.2019
Addio Camilleri, lunga vita a Camilleri, il maggiore artefice di quello che resta della propensione alla lettura degli italiani

Siciliano, italiano, comunista; regista, poeta; scrittore, giornalista, polemista, politico; storico, professore e produttore. La scomparsa di Camilleri priva il paese di uno tra gli ultimi rappresentanti del Novecento della Cultura con la “C” maiuscola, personaggio eclettico come solo un intellettuale dilettante può essere: mai fermo, sempre attivo.
Camilleri nasce alla metà degli anni Venti, contemporaneamente agli esordi di Strapaese, con Stracittà le due correnti primarie della letteratura fascista. Strapaese nasce con l’intento di valorizzare il patrimonio nazionale e il territorio, fiancheggiando il fascismo populista e tradizionalista, sia antieuropeo sia antiamericano. Stracittà, invece, era l’opposto: ambiva a modernizzare il fascismo e la società, sprovincializzando la cultura più diffusa, sempre pronta a travisare la complessità italiana ricorrendo a eleganti bozzetti o superficiali caratterizzazioni.
È questa l’Italia dove cresce Camilleri, studente di un liceo classico mai concluso ad Agrigento a causa della disfatta italiana. Dopo la guerra passa a Palermo, per una falsa partenza universitaria in Lettere. Qui si iscrive al PCI, iniziando contestualmente a scrivere e ottenendo i primi successi. Approda a Roma, dove sarà docente al Centro Sperimentale di Cinematografia e regista, principalmente dedito al teatro di Pirandello con oltre cento messe in scena.
Il suo più grande successo è però un poliziotto siciliano come lui, ormai nell’Olimpo degli investigatori seriali al pari di Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Jules Amédée François Maigret, dell’italoamericano tenente Colombo; o del Pepe Carvalho di Montalbán, da cui prende nome Salvo Montalbano. Ben saldo sulle spalle del commissario italiano per eccellenza, Camilleri sta ai libri come Vasco Rossi agli stadi: venticinque milioni di copie vendute solo nei venticinque anni da che esiste Montalbano. Un milione di copie l’anno, che nel 2016, tanto per fare un esempio, hanno generato diritti d’autore per € 283.000, mettendo Camilleri al primo posto tra i narratori anche per introiti.
Tutti amano Montalbano: le compassate copertine di Sellerio occhieggiano da qualunque scaffale – mancano forse le farmacie – a tenere ferma un’abitudine alla lettura ormai così rara da dover essere cercata con la lente d’ingrandimento, come sulla scena di un delitto. Se leggere come si leggeva nel Novecento – il primo Novecento – è oggi una chimera, tutti o quasi però hanno letto e continuano a leggere le vicende di una immaginaria Vigàta che sa tanto di quello Strapaese dal quale Camilleri non fu certamente mai influenzato se non per osmosi, per diritto genetico di narratore italiano. Quello di aver presidiato la residua propensione alla lettura degli italiani è, quasi certamente, il suo merito maggiore.
Montalbano non può non essere uguale a sé stesso, delitto dopo delitto, come i suoi predecessori letterari. Tutto deve accadere in centottanta pagine, divise in diciotto capitoli di dieci pagine ciascuno, così come contati dallo scrittore sul suo computer. “Se il romanzo viene fuori con una pagina in più o in meno, io riscrivo il romanzo, perché vuol dire che c’è qualcosa che non funziona”, ha detto lo scrittore. Una tale rigidità di struttura si stempera nella musicalità della lingua, quel misto d’italiano e di un dialetto magico-rituale quanto immaginario, il vigatese, dove Camilleri non ha mai troppo nascosto l’amore per l’Italia e la sua lingua.
Federico Del Prete
 
 

Linkiesta.it, 17.7.2019
L’addio
Le sette virtù di Camilleri (che nessuno vi aveva mai detto, tantomeno lui)
Il maestro siciliano è stato un magnifico costruttore di trame, l'inventore di un non-siciliano originalissimo, un bulimico di vita, di letteratura, di sigarette. I sette nodi della sua personalità, e della sua letteratura

Camilleri merita onori virtuosi e veritieri. Virtù per virtù (teologali e cardinali, come vuole la norma), accompagniamo il savio Andrea, vigoria dell’Italia che fu, negli altri mondi.
Fede. Comunista. Dopo una giovinezza, “come tutti”, diceva lui, sia onore al vero, fascista. A 14 anni scriveva la lettera al Duce per inabissarsi in Abissinia, più tardi fu antiberlusconiano. Salvini gli storpiava la bile. In un brutto libro, Esercizi di memoria, svelò che il commissario Montalbano era tratto dal profilo di uno zio Carmelo, commissario della Pubblica Sicurezza, “fervente fascista”. L’unica fede di uno scrittore, in ogni caso e in ogni modo, dovrebbe essere la scrittura. Da vecchio, fu l'Omero della sinistra, mentre la sinistra bruciava, come Troia.
Speranza. Sul treno da Roma verso le brume romagnole. Ho accompagnato alla Sapienza la grande scrittrice argentina Sylvia Iparraguirre, un pezzo di storia. E di resistenza al regime militare di Videla. In Argentina tutti conoscono Camilleri, l'Italia è il Sud, il Sud da cartolina di Camilleri. “Non si scrive per pubblicare, ma per pesare le parole, le parole sono pericolose”, dice Sylvia. Dillo a Camilleri. Nel treno, si spera nell'immortalità di Camilleri. Andrea è divo per acclamazione popolare, non c'è uno che non lo conosca.
Carità. Sarò caro. Camilleri conosce i tempi teatrali. Per questo funziona. Non è un letterato, ma un uomo di teatro, una bestia scenica. I suoi libri, in effetti, si bevono come un drink, sono canovacci perfetti. Perciò, se volete la Sicilia, leggete De Roberto, Gesualdo Bufalino, Ignazio Buttitta. Camilleri crea una Sicilia da Cinecittà. Avrebbe potuto imporre Vigata in provincia di Cuneo arricchendo di cerea i romanzi e chiamando Gianduia il suo commissario. Avrebbe avuto successo gemellare.
Prudenza. Per prudenza, avrebbero dovuto evitare il doppio 'Meridiano' Mondadori, uno scialo meridiano, uno sciupio. Prudentemente possiamo dire che Camilleri era meglio come uomo, brioso e di vigorosa intelligenza, che come scrittore. Come scrittore, crebbe peggiorando. Uno degli ultimi libri, Conversazioni con Tiresia, è un arancino rancido: quando l'antico profeta dice che “non riuscii a staccare gli occhi dal corpo di Atena… fu guardando il suo lato B che ebbi la certezza che il mondo fosse rotondo e non piatto”, la facoltà immaginativa va al culo vintage di Edwige Fenech. Contestualmente, invecchiò in simpatia, il Camilleri: le interviste, sfiziose, spesso sono meglio dei romanzi, stucchevoli.
Giustizia. Giustizia ci impone di dire che letto uno (diciamo, due, tre), letti tutti. Montalbano non è Maigret e Vigata non è la Yoknatapatawpha del Sud Italia. Spesso la fiction è meglio dei libri, di viziata retorica. Per giustizia, va detto che basta Il birraio di Preston e Il ladro di merendine. Il resto è tempo rubato al meglio.
Fortezza. La mia vicina di viaggio mi sorprende per acuto critico. Ripetitivo. Piace quello, di Camilleri, che lo leggi ed è come se tornassi nella casa al mare, affittata da anni, per le vacanze. Letteratura come replica dell'uguale, disciplina del cliché. Fortezza. Stare nel fortino delle proprie attese. Camilleri è un logo, una indigestione di cassata. I suoi libri rassicurano, per questo sbancano.
Temperanza. Temperamento non certo temprato dalla sobrietà, gran parlatore e fumatore e poligrafo, Camilleri. Ha scritto moltissimo senza inibizioni estetiche. Né estremo come D'Arrigo né acuto come Sciascia, non si è posto il problema del male o del delirio umano attraverso la finzione, non aveva manie linguistiche né frizioni epiche. Si è divertito. Amen.
Davide Brullo
 
 

Automoto, 17.7.2019
Ci ha lasciato Andrea Camilleri, che da piccolo sognava di battere Nuvolari
E’ scomparso all’età di 93 anni lo scrittore siciliano famoso soprattutto per il personaggio del “Commissario Montalbano”

Se n’è andato alla veneranda età di 93 anni Andrea Camilleri, lo scrittore contemporaneo italiano oggi più conosciuto nel mondo. Era stato ricoverato d’urgenza un mese esatto fa all’ospedale Santo Spirito di Roma, dove lo scrittore siciliano risiedeva dagli anni ‘40, già in gravi condizioni per via di un arresto cardiaco. Oggi la notizia del decesso.
Camilleri è stato sceneggiatore, regista, drammaturgo, attore, speaker radiofonico e insegnante di recitazione, ma gran parte della sua fama più recente è dovuta alla sua instancabile attività di romanziere, che con la fortunatissima collana incentrata sul personaggio del “Commissario Montalbano” ha creato un fenomeno mondiale dal quale è nata la celebre serie TV trasmessa in oltre 20 Paesi.
Di recente aveva affidato le memorie della sua giovinezza a “La Casina di campagna”, una serie di racconti dedicati alla villa del nonno materno che Camilleri frequentava da bambino. «Ricordo che nella cantina c'era, montata su dei cavalletti, una vecchia automobile Scat, la Società Ceirano Automobili Torino, quella che diventerà la moderna Fiat, ed io vi salivo per giocare. L'auto non aveva manco le ruote ma lì diventavo Nuvolari», aveva ricordato qualche anno fa, prima di immortalare quel ricordo in un passo dell’opera che riportiamo integralmente di seguito.
«Nel magazzino c'era un'altra meraviglia, la vecchia automobile di marca Scat, senza più ruote, poggiava su trespoli. Non aveva importanza, ci ho vinto le millemiglia lo stesso, ho battuto Nuvolari. Trasformata in biga (facile: aprivo il soffietto, mettevo una testa di cavallo impagliata sul radiatore), ecco che mi faceva incoronare d'alloro in quelle corse che facevano i romani».
Daniele Pizzo
 
 

Gambero Rosso, 17.7.2019
Andrea Camilleri è morto. Le ricette di Montalbano per ricordare lo scrittore
Lo scrittore Andrea Camilleri ci ha lasciato. Vogliamo ricordarlo a modo nostro, con alcune delle ricette di cui ci ha tanto parlato nei suoi libri.

Camilleri e la cucina. Una lunga storia d’amore che ha visto il suo apice nella saga del commissario Montalbano che, tra un’inchiesta e un bisticcio con Livia, non perde occasione per un buon piatto, magari con vista mare. Così, Andrea Camilleri ci ha lasciato un ritratto mirabile della sua Sicilia, fatto di argute costruzioni dialettali, scorci incantati di una terra sospesa tra la storia e il mare, e una cultura gastronomica capace di armonie acrobatiche, povera eppure barocca, dove terra, mare, suggestioni esotiche, radici profonde si fondono in un unicuum da conoscere assolutamente.
La Vigata di Camilleri si stringe intorno al ricordo del suo cantore, che, come nelle migliori famiglie, è un ricordo che sa di buono, di sapori di casa, e di quella profonda conoscenza che passa anche per le vie del gusto.
Addio Andrea Camilleri, noi del Gambero Rosso ti ricordiamo così, attraverso qualcuna delle molte ricette di cui hai punteggiato i tuoi libri, che hai contribuito a far conoscere oltre lo Stretto e fuori confine. Tiresia e testimone di quanto può essere forte quella narrazione che si fa strada tra i cibi e le pietanze di un popolo, quanto racconta della sua storia, le passioni, la cultura e le tradizioni.
Gli arancini
La scrittura di Camilleri è un continuo misurarsi con i piaceri del palato, si passa dal cibo di strada alle opere d’arte culinaria, dai piatti fatti di niente agli arditi incontri di sapori, pietanze che entrano nel cuore, come le panelle e gli arancini di Adelina (celebrati ance nella raccolta di racconti Gli arancini di Montalbano), bocconi impossibili da dimenticare: “un ricordo che sicuramente gli era trasùto nel Dna, nel patrimonio genetico. Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli”. E via a dare la ricetta, così importante da tenerla a mente: “Ne sapeva, a memoria, la ricetta: Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si prìpara un risotto, quello che chiamano alla milanisa (senza zaffirano, pi carità !), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini gna poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pì carità di Dio !). Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta e alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano !” e poi ancora sfincioni, e via così: l’epopea gastronomica di Montalbano è un tripudio di sapori da resuscitare i morti e proprio per questo dedichiamo ad Andrea Camilleri questo ricordo.
Sarde a beccafico
Non ci sono solo i fritti a dare sostanza a ogni pasto. Per esempio ‘è il pangrattato a riempire e dare vigore ai piatti. È il caso delle sarde a beccafico, di cui Camilleri rivela l’irresistibile bontà, ma anche la necessità di consumarle con parsimonia: “S’arrisbigliò malamente: i linzòla, nel sudatizzo del sonno agitato per via del chilo e mezzo di sarde a beccafico che la sera avanti si era sbafàto, gli si erano strettamente arravugliate torno torno il corpo, gli parse d’essere addiventato una mummia” scrive nel Ladro di Merendine del 1996. Poi 7 anni dopo ne Il giro di Boa, le chiama di nuovo in causa e poi scagiona per un episodio simile: “Nuttata fitusa,’nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivotati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati. E non per colpa di una manciatina eccessiva di purpi a strascinasali o di sarde a beccafico fatta la sira avanti”.
Le sarde, pulite e aperte a libretto, vengono farcite con un misto di pangrattato, uvetta, pinoli, aromi e altri ingredienti e poi cotte in forno.
Pasta alla Norma
Non una pasta leggera, a dispetto delle verdure che ne costituiscono il condimento, ma un trionfo opulento di sapore e goduria, ben diverso dal semolino cui la signora Clementina (nel Ladro di merendine) è condannata, e che Montalbano rifugge come il peggior nemico: “Perché non resta a mangiare con me? Montalbano si sentì impallidire lo stomaco. La signora Clementina era buona e cara, ma doveva nutrirsi a semolino e a patate bollite. Veramente avrei tanto da… Pina, la cammarera, è un’ottima cuoca, mi creda. Oggi ha preparato pasta alla Norma , sa, quella con le milinzane fritte e la ricotta salata. Gesù ! Fece Montalbano assettandosi. E per secondo uno stracotto. Gesù ! Ripetè Montalbano“. Invece in Sicilia anche l’ortaggio più innocuo cela opulenza.
Pasta ‘ncasciata
Di nuovo una pasta, stavolta al forno, un primo che è un piatto unico e anche qualcosa di più, ricchissimo e irresistibile, tanto da essere il preferito di Montalbano, come rivela anche la frequenza con cui viene nominato: “nel forno troneggiava una teglia con quattro porzioni di pasta ‘ncasciata, piatto degno dell’Olimpo, se ne mangiò due porzioni” si legge nel Cane di terracotta (1996), mentre in Un mese con Montalbano è la signora Fazio che rende omaggio all’ospite di Vicata invitandolo alla sua tavola, dove: “s’assuperò: la pasta ‘ncasciata fece leccare le dita”, primo piatto di un pasto memorabile, poi seguito da brusciuluni, sorta di polpettone ripieno. E ancora se ne parla ne Il giro di boa (2003), quando racconta: “A Marinella, dintra il forno una tenera e maliziosa pasta ‘ncasciata (pativa di improprietà d’aggettivazione, non seppe definirla meglio) e se la scialò”. Insomma: la pasta ‘ncasciata è una specie di tesoro nascosto dentro al forno, pronto per essere gustato, e che ogni tanto fa capolino tra le righe.
Polpo alla Luciana
Un ingrediente che torna con frequenza nei libri di Camilleri, il polpo, del resto è uno di quegli alimenti che racconta il mare, la cucina povera ma buonissima: basta bollirli e condirli appena, con sale, pepe, olio, una punta di limone e prezzemolo. Sono perfetti così, ma serve maestria perché la cottura non ne rovini le carni. Si devono “squagliare in bocca” come si legge ne Gli arancini di Montalbano. La versione rossa cui si concede il Commissario in La voce del violino (1997), è quella – famosissima – alla Luciana: “A Montalbano era venuto pititto, raprì il frigo: polipetti alla luciana e una semplicissima salsa di pomodoro fresco. Si vede che la cammarera Adelina nn aveva avuto tempo o gana”.
Brioche e granita
Salvo Montalbano ama i dolci con passione irrefrenabile e spesso incontra sulla sua strada dolci e dolcetti che rinfrancano le sue giornate. Alcuni poco conosciuti fuori dall’isola, come per esempio la cubàita o i biscotti regina, altri famosi in mezzo mondo, come la cassata o il cannolo. Appuntamento immancabile però, nei mesi caldi, è la granita – di cui Andrea Camilleri dà, ne Il cane di terracotta, la ricetta, semplicissima “C’era la granita di limone che la cammarera gli preparava secondo la formula uno, due, quattro: un bicchiere di succo di limone, due di zucchero, quattro di acqua. Da leccarsi le dita”. Compagna ideale della granita, perfetta a ogni ora del giorno, la brioche.
Antonella De Santis
 
 

Gonews, 17.7.2019
Quando Camilleri votò a San Miniato: il ricordo dell'ex sindaco Frosini

La notizia della scomparsa di Andrea Camilleri mi addolora molto! Se ne va un grande intellettuale. Uomo di teatro, sceneggiatore, scrittore fra i più amati in Italia e nel mondo.
Camilleri ha frequentato in più occasioni San Miniato. Nel 1950 collaborò col “Dramma popolare” in occasione della rappresentazione de Il Poverello di Jacques Copeau con la regia di Orazio Costa. È tornato da noi altre volte come docente a Prima del teatro, la scuola dell’arte e dell’attore che il Teatro di Pisa e l’Amministrazione comunale organizzano ogni anno per giovani provenienti da ogni parte d’Europa.
Io ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente. Nel mio libro “Frazioni e Sezioni” (edizioni La conchiglia di Santiago, 2018), in un capitolo, ho descritto i due incontri che ho avuto con lui. Oggi, nel giorno della sua scomparsa, voglio ricordare Andrea Camilleri, pubblicando quel racconto.

L’ombrello di Noè
Primavera 2002.
Il Teatro di Pisa, con cui il comune di San Miniato collaborava da almeno un decennio, propose di organizzare, con l’intervento dell’autore stesso, la presentazione di un libro, a cura di Roberto Scarpa, dal titolo L’ombrello di Noè, in cui si parlava proprio di teatro, da Pirandello a Shakespeare.
A me, in qualità di Sindaco, spettava il compito di fare gli onori di casa e introdurre l’iniziativa, prevista per il 2 maggio, presso l’auditorium di San Martino. Nei giorni precedenti, mentre preparavo gli appunti per il mio intervento, mi ricordai di quanto avvenuto sette anni prima.
In una domenica di giugno del 1995, era previsto il “referendum sulle TV” che, con la vittoria dei sì, avrebbe costretto Berlusconi, come chiunque altro, a non possedere più di due reti televisive.
Qualche giorno prima, mentre mi trovavo nella sezione del PDS (Partito democratico della sinistra) di San Miniato a preparare, con cura, le nomine per i rappresentati di lista al seggio elettorale, si presentò un signore di circa settant’anni che, mostrando rispetto del luogo in cui si trovava (la sede di un partito) e di colui che si trovava davanti (il segretario locale del PDS), mi disse: “Ciao compagno, sono a San Miniato da alcuni giorni e dovrò restarci ancora un po’ per tenere delle lezioni a Prima del teatro, scuola dell’arte e dell’attore che, come certamente saprai, il Teatro di Pisa e l’Amministrazione comunale organizzano ogni anno per giovani provenienti da ogni parte d’Europa. Ci terrei molto a votare sì al referendum. Ma, ti confesso, che mi pesa andare a Roma, dove sono residente, e poi tornare di nuovo a San Miniato. C’è un solo modo per votare qui: essere nominato rappresentante di lista. E’ possibile? C’è ancora posto? Vi crea problemi?”
“Questa volta, a differenza di altre – risposi – abbiamo trovato una certa disponibilità da parte di molti giovani, ma nominare qualche rappresentante in più, oltre al minimo indispensabile, può farci solo piacere”.
Mi ringraziò e mi disse: “Ci tengo a dirti che la mia richiesta non è un semplice escamotage per votare. Il rappresentante di lista lo farò davvero. Starò sempre al seggio e sarò attento a controllare le schede al momento dello scrutinio, come questa nomina richiede”.
Notai subito che senso del dovere, serietà e rigore morale erano valori fondamentali per questa persona.
Iniziò un breve racconto di sé: “Ho studiato all’Accademia di arte drammatica di Silvio D’Amico, sono diventato esperto di teatro. Ho lavorato in Rai seguendo, come delegato alla produzione, alcuni sceneggiati di successo come quelli con il tenente Sheridan e le inchieste del commissario Maigret. Ho fatto anche un’esperienza al Dramma popolare di San Miniato nell’anno 1950 quando fu rappresentato Il Poverello di Jacques Copeau con la regia di Orazio Costa. Mi diletto anche a scrivere libri. Ecco perché tengo molto a questo referendum e spero vinca il sì per ragioni culturali ancor prima che per motivi politici”.
Lo salutai e pensai: “Che bella persona!”.
Lo incontrai di nuovo al seggio da dove, rispettando l’impegno assunto, non si era mosso per l’intera mattinata. Gli dissi che poteva assentarsi di tanto in tanto. Per il pranzo, per la cena. Poteva fare a turno con l’altro rappresentante. La presenza di tutti sarebbe stata necessaria solo durante lo scrutinio. Seguì il mio consiglio, ma i momenti di sua assenza furono ridotti al minimo indispensabile.
Vinsero i no. Il “docente di teatro”, dispiaciuto, mi disse “E’ andata male, ma son contento di aver fatto il mio dovere. Grazie!”
Molti mesi dopo riconobbi quel signore in una trasmissione televisiva, intervistato da Maurizio Costanzo. Parlava di teatro, delle sue esperienze in TV e dei suoi libri. Per me era solo quel signore gentile e colto che avevo visto per la prima volta a San Miniato.
Non ero ignorante io! Andrea Camilleri, allora, era uno scrittore conosciuto soltanto da pochi.
Aveva ripreso a scrivere nel 1992.
La forma dell'acqua, primo romanzo con il commissario Montalbano, era stato pubblicato nel 1994, appena un anno prima del nostro incontro.
Il “fenomeno” Camilleri sarebbe poi esploso solo alla fine degli anni novanta con la serie televisiva su Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, che prese il via il 6 maggio 1999.
Quel 2 maggio del 2002, nel presentare l’autore de L’ombrello di Noè, in una sala strapiena, feci riferimento al nostro primo incontro e chiesi: “Ti ricordi quei giorni trascorsi a San Miniato?”.
Camilleri rispose: “Certo che li ricordo. Ricordo le lezioni sul teatro. Ricordo il dispiacere per la vittoria dei no. E ricordo, soprattutto che, grazie alla vostra disponibilità, riuscii a votare qui!”
Proseguì con lucidità e saggezza parlando del suo libro, del valore del teatro, dell’importanza della cultura. Tanti furono gli interventi del pubblico e tante le domande.
Oggi che sono diventato un appassionato lettore di Camilleri e che non perdo un episodio Tv – nemmeno quelli replicati dieci volte – delle indagini del commissario Montalbano mi dico: “Sono un uomo fortunato per aver conosciuto, di pirsona pirsonalmente, uno dei più grandi scrittori contemporanei”
Angelo Frosini, sindaco di San Miniato dal 1999 al 2009
 
 

DettiNapoletani, 17.7.2019
Arrivederci a Vossia

La morte di un uomo di 93 anni non può trovare impreparati né il diretto interessato né il pubblico.
Certamente Andrea ha vissuto con grande dignità fino alla fine, riuscendo a scrivere e fare teatro (Tiresia) nonostante la sua cecità.
Eppure non è possibile restare indifferenti.
Gli anni erano tanti, ma la gente – compreso il sottoscritto – oggi si sente più povera, più sola.
Ho letto tanto Montalbano, e non solo.
Ricordo, ad esempio, un bellissimo libro su Caravaggio, “Il colore del sole”, certamente autobiografico nella misura in cui Andrea si identificava con un ribelle, una testa calda come Michelangelo Merisi, amato e non sempre compreso già allorché era in vita, e ancora più vi si identificava a causa di un problema visivo attribuito all’artista e che in qualche modo avrebbe determinato i suoi immensi chiaro-scuri, i giochi di luce ed ombra che l’hanno reso immortale.
Di Salvo Montalbano, che dire?
Che mi ha fatto compagnia e ha contribuito a farmi amare la Sicilia, anche se non ho visitato la parte sud orientale dell’isola dove si svolgono i romanzi.
Ho amato ed amo anche il Montalbano televisivo: qualcosa di assolutamente diverso dal Montalbano scritto ma che porta la firma di Andrea il quale fortunatamente ha sempre collaborato alla sceneggiatura e non ha mai rinnegato i film con Zingaretti e compagni.
Montalbano è un maledetto individualista, che meschinamente si serve della squadra senza mai farne parte, eppure gode del rispetto e dell’amicizia di tutti i suoi collaboratori e dei vigatesi.
Montalbano è un maledetto sessista che ogni tanto fa venire Livia a casa sua, ma non è in grado di progettare una vita condivisa.
Montalbano è un uomo che a volte si fa giustizia da sé.
Tuttavia con tutti i suoi difetti è certamente un eroe comune, un eroe della porta a canto, un uomo che merita rispetto in una terra dove “rispetto” ed “onore” sono due termini assolutamente fuorviati e fuorvianti.
Non ricordo alcuna soluzione dei “gialli” di Montalbano, ed in effetti la scoperta dell’assassino è la parte più inutile dei romanzi di Camilleri: quello che conta è la curiosità di Montalbano, insieme al suo senso di giustizia (mai vendetta) e alla sua “pietas” nei confronti della povera gente, tanto vittime che testimoni o carnefici.
E poi c’è la Sicilia, che nei film TV è un’opera metafisica: piazze disegnate da De Chirico senza gente e soprattutto senza automobili e inondate di luce, tanta luce.
Del resto la Sicilia non sta “sotto” il cielo, ma “dentro” il cielo.
Troppi romanzi? Un pò di furbizia per far soldi?
Non credo: Andrea, come l’amatissimo Simenon, è stato un autore fortunatamente prolifico e fecondo che ha scritto per il proprio pubblico, per il proprio editore, ma soprattutto per sé stesso.
Ha amato le cose che ha scritto, i suoi personaggi, le sue ambientazioni.
I dubbi e le malinconie di Montalbano sono i suoi dubbi e le sue malinconie, e non solo.
E’ proprio questo aspetto intimo del suo personaggio più famoso quello che lo identifica con la gente comune, piccole persone che tentano di vivere al cospetto di scenari troppo grandi, troppo belli, troppo tragici con la consapevolezza che tutto scorre e tutto un giorno finirà.
Oggi Andrea non è morto, è solo diventato immortale.
Mario Scalella
 
 

Palermo Today, 17.7.2019
La proposta per Camilleri: "Sarebbe bello intitolargli i Cantieri culturali della Zisa"
Così la Cisl vorrebbe rendere omaggio al maestro, scomparso all'età di 93 anni, che "ci ha fatto amare ancora di più la nostra splendida terra"

Intitolare i Cantieri Culturali della Zisa ad Andrea Camilleri, scrittore agrigentino, "papà" del commissario Montalbano, scomparso oggi all'età di 93 anni. A lanciare la proposta, con un tweet, è il segretario generale della Cisl Palermo Trapani Leonardo La Piana. Un modo per rendere omaggio al maestro che "ci ha fatto amare ancora di più la nostra splendida terra, dando espressione ai suoi migliori valori, alle sue bellezze, alla sua forte capacità ironica e forza di volontà, alla sua voglia di legalità".“
 
 

La vita in diretta, 17.7.2019
"L'Italia piange la scomparsa del "papà" di Montalbano"

A parlare del Camilleri scrittore e sceneggiatore… La cui storia è legata a quella del Commissario Montalbano… Che diventa corpo e voce con Luca Zingaretti… il giornalista Mario Ajello, il critico televisivo Mariano Sabatini e l'attrice Simona Marchini
 
 

Io e te, 17.7.2019
"Il papà di Montalbano"

Ospiti nel salotto estivo di "Io e Te", Simona Tagli e Maria Teresa Ruta, e in collegamento da Milano, Umberto Brindani per ricordare il grande scrittore siciliano
 
 

Trastevere App, 17.7.2019
Dove c'erano i prati
Cliccare qui per il video

Il quartiere Prati... pochi sanno che deve il nome dai prati di Castello, quando cioè attorno all'angelo, c'erano solo prati.
Però li si diramano anche i quartieri di Borgo e Delle Vittorie, che molti accomunano erroneamente, sotto il nome "Prati".
Qui #Camilleri ne racconta la storia..
 
 

Libreriamo, 17.7.2019
Le parole di Camilleri
Da “cabbasisi” a “camurrìa”, la lingua bellissima di Camilleri
Camilleri ci ha lasciato dei bellissimi e travolgenti romanzi, scritti in una bellissima lingua ibrida tra italiano e siciliano

Milano – La lingua del Commissario Montalbano è una lingua molto ricca e variata, a causa dei frequenti sicilianismi che intercorrono tra le pagine del grande e amatissimo Andrea Camilleri. Camilleri era di Porto Empedocle, provincia di Agrigento, ma le parole che utilizzava provengono da tutta quanta la Sicilia. Certo, il suo patrimonio lessicale è veramente vasto, ma ci sono parole che ricorrono più di altre e che ormai sono entrate nell’uso quotidiano. Ecco le parole di Camilleri che ci piacciono di più. Se siete curiosi di scoprirne delle altre, potete consultare il Dizionario Camilleriano/Italiano.
Cabasisi
Quante volte nelle pagine dei romanzi di Camilleri ricorre la parola cabasisi? Espressioni come “una rottura di cabasisi”, “scassare i cabasisi”, “non mi rompa i cabasisi” sono frequenti e divertenti, nonostante il significato. Ma cosa sono i cabasisi? Deriva infatti dalle parole arabe habb, bacca, e haziz, dolce. I cabasisi, conosciuti in italiano come gli zigoli dolci, sono come dei piccoli tuberi commestibili dal sapore dolciastro.
Subbito subbitissimamente
In particolare il poliziotto centralinista Catarella dice spesso, per enfatizzare un concetto, subbitissamenti subbito, o di persona, personalmente. Ma non è l’unico personaggio di Camilleri che utilizza queste espressioni. Infatti per esempio nell’ultimo romanzo, Il cuoco dell’Alcyon, si legge: « […] ci voli parlare di pirsona pirsonalmente d’uggenza uggentevoli subbitissamenti subbito!».
Montalbano sono
I siciliani usano nel parlato posporre il verbo al nome. Però ormai per il resto degli Italiani questo costrutto è associato inevitabilmente a Camilleri e a Salvo Montalbano. “Montalbano sono” sembra essere una versione italiana di “Bond, James Bond”.
Camurrìa
“Che camurrìa” è l’espressione per definire una scocciatura, grossa noia. Nonostante sembra ricordare “camorra”, in realtà la sua origine è tutt’altra. Si tratta di una storpiatura del termine «gonorrea», malattia lunga e difficile da curare. Quindi molto fastidiosa.
Ammazzatina
Con il termine “ammazzatina” tra le pagine scritte da Camilleri si indica un qualsiasi delitto, anche quelli gravi e più violenti. Anche l’omicidio plurimo diventa una semplice e da niente “ammazzatina”. Questa espressione, utilizzata per lo più al plurale, si riferisce alla biasimevole ma incorreggibile propensione di certi tempi, certe contrade e certe persone alla reiterata esecuzione di omicidi.
Contare la mezza missa
Questa espressione, che può essere tradotto con “raccontare la mezza messa”, significa “raccontare una mezza verità”. Si tratta di un’espressione frequente in Camilleri, impiegata per esempio nel romanzo L’altro capo del filo: “Dalle sò paroli emergiva soprattutto ‘na cosa chiara e lampanti: che Elena del sò periodo di maritata era costretta ‘n qualichi modo a farlo, si limitava sicuramente a contare la mezza missa.“.
 
 

SassiLive, 17.7.2019
Camilleri a prima vista, a Matera la mostra dedicata alle opere di Andrea Camilleri

Mercoledì 17 luglio 2019 alle 17.30 nella Sala “Laura Battista” della Biblioteca Provinciale “Stigliani” di Matera è in programma l’inaugurazione della mostra Camilleri a prima vista, esposizione delle opere di Andrea Camilleri pubblicate da Sellerio Editore e di una ricca selezione di quelle edite all’estero. La mostra si inaugura proprio nella giornata che segna la scomparsa di Andrea Camilleri.
L’esposizione che s’inserisce nell’ambito degli eventi collegati al Congresso Internazionale: Montalbano incontra Camilleri: Territorio, Identità culturale e Letteraria e che si è svolto tra Montalbano Jonico e Matera nei giorni 12-13-14 luglio, organizzato dalle Università di Málaga e Cagliari e dal Comune di Montalbano Jonico, è stata fortemente voluta dal Presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese e della Consigliera Provinciale Ines Nesi.
“Vorrei ringraziare innanzitutto il Presidente Piero Marrese per la sensibilità e disponibilità dimostrata nel voler patrocinare un’iniziativa che è stata volta a celebrare uno degli intellettuali italiani più eclettici” affermano Giovanni Caprara, Filomena A. D’Alessandro e Valentina Nesi del Dipartimento di Filologia Italiana dell’Universidad de Málaga e principali organizzatori dell’evento.
La mostra, organizzata dal giornalista de Il Sole24Ore, Stefano Salis, in collaborazione con Salvatore Nigro, autore dei risvolti di copertina dei libri di Camilleri e da Antonio Sellerio, vuol mostrare come le immagini scelte dai differenti editori per illustrare le copertine siano coerenti o meno con il contenuto delle opere o siano, invece, frutto di scelte dettate da una stereotipizzazione.
Un’iniziativa, questa, che tuttavia assumerà una connotazione commemorativa, considerata la scomparsa dello scrittore siciliano e che vedrà gli organizzatori impegnati nell’allestimento di un libro di raccolta firme e pensieri di quanti vorranno assistere all’esposizione e che successivamente verrà inviato alla famiglia dell’autore.
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 18.7.2019
Roma, biglietti, fiori e tanta commozione. In migliaia per l'ultimo saluto ad Andrea Camilleri nel Cimitero acattolico


Un tappeto di fiori, ma soprattutto tanti messaggi scritti per esprimere dolore e vicinanza: sulla tomba di Andrea Camilleri, sotto l'Angelo della Resurrezione nel Cimitero Acattolico di Roma, c'è il segno del grande affetto popolare che circondava la figura del grande scrittore. Centinaia le persone silenziose e alcune con un fiore in mano, fatte entrare a scaglioni, che già prima delle 15 sono giunte a dare l'ultimo saluto allo scrittore morto ieri all'Ospedale Santo Spirito.
(foto di RICCARDO DE LUCA/AGF) (agf)
 
 
Roma, migliaia nel cimitero acattolico per salutare Andrea Camilleri. Il maestro sepolto vicino a Gramsci
Dopo la cerimonia privata centinaia di persone per l'addio al maestro nell'angolo di pace alle spalle della Piramide Cestia conosciuto anche come "il cimitero degli Inglesi", dove riposano tra gli altri Shelley e Gramsci. Eccezionalmente accoglie personaggi illustri italiani purchè in vita abbiano testimoniato la propria laicità

Migliaia di persone si sono messe in fila nel cimitero acattolico di Roma per l'ultimo omaggio al maestro Andrea Camilleri, morto ieri mattina all'ospedale Santo Spirito. Cittadini comuni, amici, artisti hanno portato sulla tomba del grande scrittore siciliano un tappeto di fiori, ma soprattutto tanti messaggi scritti per esprimere dolore e vicinanza. Per volontà della famiglia non ci sono stati funerali pubblici nè camera ardente. La moglie e le tre figlie, le nipoti e i familiari più stretti hanno dato l'ultimo saluto al grande scrittore questa mattina in una cerimonia privatissima, sempre nel "cimitero degli inglesi" dove lo scrittore riposerà, all'ombra della Piramide, in compagnia di tante presenze illustri, laiche e di grande ingegno. Presenti . Camilleri è stato sepolto sotto l'Angelo della Resurrezione, all'ombra di un enorme pino secolare nella zona 3, riquadro 1. "Sarà una sepoltura definitiva", ha detto all'Ansa il direttore del cimitero Amanda Thursfield, "il Maestro era legato a questo posto, lo ha visitato più volte".
Ringraziando "tutti i suoi lettori e tutti i suoi amici di avergli voluto così bene" e dando appuntamento per l'ultimo saluto i familiari del "papà di Montalbano" hanno voluto citare la conclusione della sua "Conversazione su Tiresia": "Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni". A rendere un ultimo saluto allo scritttore anche Luca Zingaretti. L'attore che veste i panni del commissario Montalbano dopo un momento di raccoglimento davanti alla tomba del 'maestro' ha salutato i familiari e non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Presenti anche tanti volti noti, tra cui il ministro Alberto Bonisoli, l'onorevole Laura Boldrini, il vicesindaco di Roma Luca Bergamo e gli attori Simona Marchini e Michele Riondino.
L'ultimo personaggio a essere sepolto nel cimitero acattolico di via Caio Cestio, con un drappello addolorato ma estroso, è stato lo scorso settembre il coreografo Lindsay Kemp e intorno, a ridar vita a un luogo tanto discosto, così garbatamente démodé, c'erano decine di persone, dai tantissimi danzatori al suo produttore storico, ai costumisti. Tra i primissimi ad essere sepolti nel Cimitero acattolico di Testaccio, fu il poeta inglese Shelley che lo definì "il più bello e solenne che abbia mai visto". L'area si delineò in epoca tardo settecentesca, parco di sepolture in sobrio stile anglosassone dedicato a religioni diverse dalla cattolica, dove sono seppelliti, tra gli altri, anche Keats, il figlio di Goethe, Irene Galitzine e grandi italiani come Antonio Gramsci, il poeta della beat generation Gregory Corso, il fisico Bruno Pontecorvo e lo scrittore Carlo Emilio Gadda.
Tra pini, cipressi, mirti e allori, rose selvatiche e camelie, il cimitero, anche detto "degli inglesi" è uno dei luoghi di sepoltura tutt’ora in uso più antichi in Europa, l'inizio del suo utilizzo risale intorno al 1716. Nacque perchè lo Stato Pontificio, allora, non permetteva che stranieri e non cattolici venissero seppelliti su suoli consacrati e servì dapprima come luogo di inumazione dei membri della corte degli Stuart, in esilio dall’Inghilterra. La prima lapide, nel 1738, fu per uno studente di Oxford caduto da cavallo e tre anni fa si celebrarono i 300 anni di sepolture.
Quasi 4000 le persone qui sepolte: inglesi e tedeschi i più, ma anche molti italiani, americani e scandinavi, russi, greci. La maggior parte tombe protestanti e ortodosse orientali, ma anche appartenenti ad altre religioni quali l’Islam, lo Zoroastrismo, il Buddismo e il Confucianesimo. Molti di loro si erano trasferiti a Roma, altri avevano scelto di vivere in Italia, altri ancora morirono a causa di una malattia o di un incidente mentre erano in visita nella città.
Secondo i rules del cimitero possono essere tuttora seppelliti cittadini stranieri preferibilmente di area anglosassone, purchè non di religione cattolica e se al momento del decesso erano residenti in Italia. Pochissimi, in realtà, quelli che recentemente vi hanno trovato posto. In via eccezionale quell'angolo di pace e di raccoglimento viene aperto anche personaggi illustri italiani, come nel caso di Andrea Camilleri, purchè in vita abbiano comunque testimoniato la propria laicità.
Il cimitero non riceve alcun finanziamento pubblico e viene mantenuto esclusivamente con donazioni private, con il contributo di numerosi "Amici" del cimitero.
"Qui avrà tanti compagni con cui parlare", ha detto Andreina Camilleri di fronte alla tomba del padre Andrea, stringendo la mano alla sindaca. "Grazie per averlo lasciato qui a Roma, questo diventerà un luogo di pellegrinaggio. Credo il Maestro che abbia segnato la vita di tutti noi", ha detto la prima cittadina. Con loro al Cimitero anche la nipote dello scrittore, Alessandra. "Camilleri cittadino onorario è una proposta che è stata avanzata su cui stiamo ragionando", ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi dopo aver reso omaggio allo scrittore scomparso ieri. Intanto l'assemblea capitolina ha approvato con il voto unanime di 28 consiglieri la mozione di Giulio Pelonzi (Pd) per intitolare allo scrittore la Biblioteca della Casa delle letterature.
 
 

Peppino Mazzotta, 18.7.2019

Ieri mattina ho ricevuto dai giornali la notizia, poi purtroppo confermata da amici e colleghi, che Andrea Camilleri era morto. Questa informazione si è accomodata, liquida e appiccicosa da qualche parte nel mio cervello, senza clamore né enfasi alcuna. Poi nulla. C’era un vento forte, il mare era arrabbiato, inquieto. Ho preso la macchina e mi sono messo a guidare per le strade di quella Sicilia che , per anni, ha dato corpo alla Vigata del commissario Montalbano. Marina di ragusa, Donnalucata, cava d’Aliga , Sampieri, Modica , Pozzallo. Ero certo di avere una meta. Guidavo sicuro. Ero convinto di sapere dove stessi andando. Ma dopo ore di marcia non sono arrivato in nessun posto, perché, in effetti, non stavo andando da nessuna parte e ho capito che non potevo fare altro che tornare indietro. Rientrato a casa ho trovato la luna alta sul mare. Piena, grandissima e rossa come il fuoco. Uno scenario surreale. Allora ho capito. La notizia liquida della mattina è diventata solida e pesante. Ha preso forma. Camilleri non c’è più. E mi sono sentito improvvisamente solo. Smarrito. Privo del conforto di una direzione certa e sicura.
La luna rossa ieri sera, non è stata un caso; un puro fenomeno astronomico. Era una luna siciliana che partecipava al dolore e allo smarrimento per una perdita che è più grande di quanto si riesca a concepire in questo momento di stordimento incredulo.
 
 

il Quotidiano del Sud, 18.7.2019
Montalbano fu, addio Camilleri
Quella sua “Sicilia ridicola”


Andrea Camilleri lascerà di sé tutto. Non porterà via nulla, perché tutto di sé è stato in grado di regalarci con la sua enorme generosità. E lo ha fatto con lo stesso animo puro dei bambini, con la stessa immensità del mago dei sogni, con la stessa capacità evocativa di un cantore omerico che trasformava le fabulae horribilis in miti pieni di stupore e meraviglia, pur continuando a dire e narrare in quelle vicende fatti non sempre edificanti per l’umanità.
Ho sempre considerato Andrea – nella vita, come nella scrittura – un nuovo aedo moderno. Egli è un cantore di storie, cantore di miti, cantore di una Sicilia senza più lutto che riconosce e ricostruisce come modello la sua terra nella immaginaria Vigàta. Il Cantore di Vigàta, appunto. Egli ha cantato non più la Sicilia delle lacrime che piange sulla sua inconsolabile tragedia, ma una Sicilia ironica e distaccata che riconosce finalmente di essere essa stessa causa del suo male, e ne rintraccia i germi in una prassi naturale al paradosso. Ciò non significava disconoscere il movente di un lutto legittimo e storico, ma, finalmente, non lamentarne più astrattamente la mancata soluzione.
Con la visione di Camilleri sono spariti di colpo dalla giaculatoria letteraria gli adagi del mondo offeso, del siamo come dei e via discorrendo. E’ come se si sia compiuta, sullo specifico tema Sicilia, certo grazie anche a scrittori come Vittorini e Tomasi di Lampedusa, una catarsi che, per corso naturale, ha illuminato il lato comico di quella malìa letteraria. Questa Sicilia, per certi versi anche un po’ ‘ridicola’ ( e so bene quanto questo termine possa suonare offensivo a molti siciliani ), un po’ caricatura di se stessa, un po’ per storia e per natura tragediatura, ma raccontata con gli occhi sinceri e non maliziosi di un siciliano.
Una Sicilia che oggi era necessario raccontare così, con gli occhi di un cantore. Questa Sicilia che non dimentica i morti, non dimentica i mali letali che cercano di consumarla inesorabilmente dal di dentro, che non dimentica il tradimento verso valori appartenuti ad essa quando era culla di una civiltà, questa Sicilia che oggi può senza timore ricominciare a parlare di se stessa con la necessaria ironia e distacco, affinché l’autocompiacimento delle virtù come dei vizi e dei dolori, non costituisca lo stagno dal quale diviene difficile uscire. Andrea ha permesso tutto ciò, e ci ha fatto il più prezioso regalo che un siciliano potesse agognare. Quando lo conobbi, più di trentacinque anni fa in Accademia “Silvio d’Amico”, di lui mi colpi la capacità di essere allo stesso tempo materialista e onirico, come pochi ne sono venuti al mondo nel corso dello scorrere delle generazioni umane.
Ti sapeva inchiodare ad un problema oggettivo, ma al tempo stesso, ti indicava la via d’uscita, che era quasi sempre quella del sogno, della visione, della pura immaginazione. Allora noi allievi ci sentivamo sedotti e elevati ad una rara prerogativa della formazione creativa quale voleva essere quella del corso di Regia in Accademia: essere gli artefici della biga alata del Fedro platonico potendoci lasciare andare al ludibrio dei sensi certi di essere temperati dalla disciplina della nostra anima. Quella biga, la sua biga, che oggi più che mai con i suoi cavalli ci trascina sia verso la thymoeidès (l’anima) sia verso epithymetikòn (la concupiscenza), corre inesorabilmente verso l’eterno e l’infinito guidandoci nella direzione di una vita libera dal lutto perpetuo, e ci insegna che essa, in tutte le sue declinazioni, è sempre e solo gioia.
Giuseppe Dipasquale
 
 

Fanpage.it, 18.7.2019
Morto Andrea Camilleri, il ricordo di Maurizio De Giovanni: "Maestro di sogni"

Lo ricorda con nostalgia e incredulità, la stessa di chi ha perso un Maestro. Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano dalla cui penna è nato il commissario Ricciardi, ricorda con Fanpage.it Andrea Camilleri, intellettuale scomparso a Roma il 17 luglio, a seguito di un arresto cardiorespiratorio per cui era ricoverato dal 17 giugno. "il sogno è una materia, che uno scrittore deve conoscere, noi sogniamo e condividiamo i nostri sogni Andrea era il maestro di questi sogni", racconta De Giovanni. "Lui diceva sempre che non gli mancava non vedere gli mancava leggere, quello molto. Gli mancava leggere, ma non vedere no, perché diceva i miei ricordi sono talmente precisi che non vedere le cose non mi costa niente".
Gaia Martignetti
 
 

Doppiozero, 18.7.2019
Andrea Camilleri: un arcitaliano

L’Italia è un’ultra-nazione o, in altri termini, una nazione di varietà. La nazione italiana è varia in tutto, perché è anzitutto varia la sua espressione. E c’è niente che dica meglio cosa si è del modo con cui ci si esprime? Si apre bocca e il gioco è fatto: funzione emotiva, la chiamò Roman Jakobson, e non perché avesse a che fare (principalmente) con le emozioni, ma perché chi emette parola, non fa in tempo a emetterla che ha già detto di sé (e anche per tale ragione l’analisi dell’espressione, per chi sa farla, è ovunque uno spasso: in Italia, inenarrabile).
C’è (stato) qualcuno che si è illuso di farla una, l’Italia. Non c’è riuscito, ovviamente, ma, ci fosse riuscito, avrebbe ipso facto decretato la fine dell’Italia che o è varia o non è e, se talvolta è parsa o pare una, è perché ci ha fatto e ci fa (altro tratto italiano caratteristico).
Sulla scorta, c’è (stato) anche qualcuno che si è illuso d’essere (o di rappresentare) l’arcitaliano, pensando di riassumere in sé tutti i tratti dell’essere italiani. Ha così mancato di cogliere il pertinente, perché l’arcitaliano non c’è (stato) mai e di arcitaliani ce ne sono (stati) sempre numerosi e vari.
Uno di questi è stato Andrea Camilleri, scomparso ieri: lutto da cui la nazione italiana è appunto profondamente e giustamente ferita. Per la nazione della varietà, privarsi di un campione come Camilleri non è perdita da poco: anche per sue partigiane (quindi, appunto, arcitaliane) e spesso condivisibili sortite sociali e politiche e per l’arcitalianissimo ruolo da grande e vecchio saggio che, con la sua attiva collaborazione, l’opinione pubblica nazionale gli aveva attribuito negli ultimi lustri. Stucchevolmente, bisogna che si dica: ma l’italiana è una nazione cattolica e senza il culto di qualche santo non riesce non solo genericamente a vivere, ma nemmeno particolarmente a pensare.
A cavaliere tra il secolo ventesimo e il ventunesimo, Andrea Camilleri ha del resto restituito alla nazione italiana una sua precipua immagine espressiva. Seguito con dedizione ammirata da milioni di connazionali dal Gottardo a Lampedusa (com’è giusto che sia, qui il discorso verte sulla nazione linguistica, non sulla politica), Camilleri ha concepito e scritto migliaia di pagine in una forma che è in superficie tanto lontana da un’alta lingua letteraria, quanto prossima a essa nello spirito. Una lingua tanto geograficamente connotata, quanto riconoscibile come nazionale. Una lingua tanto pronta a essere additata da ognuno (anche dai Siciliani medesimi) come esotica, altra, particolare, quanto disponibile a essere percepita sentimentalmente come cosa nostra. Sì, cosa nostra: italiana e basta.
Altrove, inimitabile. Altrove, irriproducibile, la lingua di Camilleri. E non per gli eventuali birignao fattisi tormentoni: così quel cabasisi che in ogni contrada del Bel paese ormai e giustamente spesseggia. Si tratta evidentemente di bandiera di altro, diffuso tratto nazionale. Non per i birignao, allora, inimitabile, irriproducibile, ma per la sua Innere Sprachform, in altre parole, per ciò che la anima, che le dà spessore comunicativo, che la rende saporita: un piatto tipico di una delle mille cucine locali che, proprio per la sua località, trova ragione d’essere gustato come proprio dall’intera nazione.
Scrivere come ha fatto Camilleri è stato possibile solo in una nazione assuefatta da secoli alla varietà di espressione: una nazione comunicativamente tollerante, abituata a vivere magari con acceso campanilismo le differenze, ma a non farle mai diventare motivo di incomprensione, di incomunicabilità, caratteri estranei alla prosa dell’autore di Porto Empedocle, che, se di qualcosa potrebbe essere accusata, è di parere e d’essere al contrario piaciona, nei confronti di chi le si accosta, di volerlo blandire e sedurre, di provare a farlo suo, facendogli provare il brivido della complicità.
Ci si pensi. Francese, tedesco, inglese, spagnolo: nessuna delle grandi lingue europee avrebbe mai potuto partorire un fenomeno letterario, culturale, sociale come Andrea Camilleri né mai, c’è da scommettere, lo partorirà. Da secoli, le letterature in quelle lingue si esprimono secondo canoni linguistici consolidati, non, come la letteratura italiana, per continui esperimenti, per approssimazioni, per prove. Cominciò così Dante e da allora, tranne gli insipienti (qualcuno, anche la nazione italiana lo ha albergato e lo alberga), non ce n’è stato uno che non si sia chiesto “E adesso, come scrivo?”. O si dovranno ricordare i casi di Manzoni, di Verga, di Gadda, di Pasolini e dei tanti altri italiani che, davanti alla pagina bianca, prima ancora di chiedersi cosa scrivere, si sono dovuti o voluti interrogare sulla lingua nella quale farlo appunto diventare scrittura? L’avventura che ha raccontato la letteratura italiana è anzitutto quella delle sue tante espressioni, delle sue tante lingue. Ancora tre decenni fa, così Andrea Camilleri: un arcitaliano, appunto, anche per via della storia che, a scrivere in un italiano piano ciò che aveva da scrivere, le sue pagine non avrebbero avuto sugo (né forse c’era e c’è da dargli torto: in genere, i temi sono parsi pericolosamente prossimi a luoghi comuni).
Sarà il tempo a incaricarsi di dare all’opera di Camilleri il suo vero valore: qui e oggi, dire qualcosa in proposito sarebbe segno di umana sciocchezza ancora più che di vanagloria critica. L’opera di Camilleri resta in ogni caso come testimonianza del modo con cui la varietà espressiva, un tratto di lunga durata, se non permanente della nazione italiana, si è manifestata oltre la modernità e la sua figura, quella di una nobile varietà di arcitaliano.
Nunzio La Fauci
 
 

Unomattina Estate, 18.7.2019
Andrea Camilleri e la passione per la lettura

Le parole di Andrea Camilleri sulle sue letture dell'infanzia e le favole.
 
 

SicilyMag, 18.7.2019
Andrea Camilleri, un classico multimediale in vita
Opinioni e analisi. Lo scrittore empedoclino scomparso il 17 luglio è stato sempre ponte fra la storia e il futuro ed ha potuto raggiungere in vita un grande successo narrativo, televisivo, teatrale, cinematografico, entrando nella prestigiosa categoria dei grandi autori della letteratura, quella ristretta cerchia di intellettuali ai quali viene dedicato un volume dei Meridiani Mondadori

Andrea Camilleri ha avuto la notevolissima soddisfazione di raggiungere in vita un grande successo nazionale ed internazionale narrativo, televisivo, teatrale, cinematografico, in una sola parola multimediale. Ma lo scrittore di Porto Empedocle ha avuto anche la fortuna rara di diventare un classico in vita. In pochi ricordano che nel pieno del suo successo Camilleri era già entrato nella prestigiosa categoria dei grandi autori della letteratura, quella ristretta cerchia di intellettuali ai quali viene dedicato un volume dei Meridiani Mondadori.
Partiamo da alcuni dati di fatto: l'affermazione dei suoi libri in Italia ed all'estero è fenomeno sui generis. Così come il trionfo televisivo della fiction con Salvo Montalbano protaginista nella Penisola, in diversi Paesi d'Europa e di altri continenti. La fiction Rai su Montalbano spopola all'estero anche grazie alla BBC. Per cogliere un aspetto dell'affermazione multimediale dello scrittore agrigentino, natìo di Porto Empedocle, bisogna anche porre mente al fatto che la Disney ha trasformato in fumetto la figura letteraria del commissario Salvo Montalbano. Camilleri mi spiegò con la sua proverbiale ed efficace verve ironica: «E' come aver vinto il premio Nobel». E non era una battuta. Poiché quella della Disney è una consacrazione che fa entrare la narrativa camilleriana nella dimensione mitica dei fumetti.
Andrea Camilleri nella sua produzione letteraria ha mostrato di possedere un talento raro, quello del vero narratore, dell'affabulatore, del cantastorie anzi del cuntastorie. Lui stesso si definì un “artigiano della letteratura” ed un “cuntastorie”.
Le sue molteplici esperienze professionali e culturali di docente all'Accademia nazionale d'Arte drammatica Silvio D'Amico, di funzionario Rai, di regista teatrale le ha transcodificate nella sua creazione narrativa. I suoi romanzi su Salvo Montalbano avevano ed hanno una struttura narrativa cinematografica, con un'armonia efficace di tempi e di spazi del racconto, è questo uno dei motivi del successo dei film televisivi con protagonista Salvo Montalbano. La straordinaria capacità dialogica della narrativa camilleriana gli deriva anche dalla sua passione e dalla sua fine conoscenza della storia e della prassi del teatro.
Scrittura e stile ironico
L'affermazione di Camilleri deve molto alla sua invenzione di una lingua originale. Un mix geniale di dialetti siciliani e di lingua italiana, con la creazione di neologismi che hanno affascinato ed affascinano i lettori ad ogni latitudine. Anche nel lontano Oriente leggono Montalbano nella versione giapponese. Già ne “La forma dell'acqua”, il suo primo romanzo con protagonista su Salvo Montalbano, un giallo filosofico con riflessioni palesi sulla pluralità della verità, il suo stile è maturo. In una tradizione letteraria elitaria ed aristocratica, come quella italiana, è un grande merito di Camilleri aver fatto leggere persone che in vita loro non avevano sfogliato un testo di letteratura. In molti altri ha rafforzato la volontà di leggere, fra i lettori forti ha creato uno straordinario zoccolo duro di persone che non hanno mai perso un suo nuovo romanzo. Con una struttura narrativa chiara ed armoniosa, con una ricerca accurata e sui generis delle parole, con il recupero di arcaismi dialettali siciliani e neologismi, riesce ad unire ricerca linguistica e divulgazione democratica. Camilleri nato nel 1925, è stato un uomo del Novecento che ha saputo cogliere gli snodi del secolo breve ma nel contempo ha colto anche il senso del mondo in continuo cambiamento, si è confrontato con il post-moderno, il mondo “liquido” del sociologo e filosofo Bauman, con la storia e la filosofia della scienza. E' stato un lettore del filosofo della scienza Paul Feyerabend, ed in particolare della sua opera “Contro il metodo”. In realtà nella produzione letteraria di Camilleri ed in particolare nel metodo delle indagini di Salvo Montalbano vi è una intersezione galileiana di metodo induttivo e di quello deduttivo.
Il giallo come chiave di lettura del mondo, come strumento di comprensione della realtà. Camilleri è stato un innovatore della grande tradizione veristica, che appresa la lezione di Verga - riletto in chiave brancatiana - l'ha rielaborata costruendo dei romanzi tra Sciascia e Le Carré, con uno stile ironico, che trae dal comico lo strumento per la comprensione della realtà. In buona sostanza l'aspetto tragico-drammatico della tradizione veristica, quel senso deterministico proprio della temperie del positivismo ottocentesco, viene sciolto dallo stile ironico e divertente di Camilleri. Ne “La forma dell'acqua”, Camilleri riflette pirandellianamente sulla pluralità della verità, che assume le molteplici forme dell'acqua. Camilleri parla ai suoi lettori della Sicilia, della sua storia e della sua cultura. Riflettendo sulla pluralità della verità, fa diventare la Sicilia metafora del mondo, strumento di ricerca della complessità della realtà. Erano palesi sin dalla sua prima opera diversi livelli di interpretazione, ovvero diversi piani di lettura delle opere di Camilleri. Dal piano narrativo a quello storico-sociale, a quello antropologico-filosofico. Piani di lettura che si colgono appieno nei romanzi storici, capolavori quali “Un filo di fumo”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “Il re di Girgenti” (per Camilleri una summa della sua opera letteraria e storica), e sono ovviamente più sfumati nei romanzi incentrati su Montalbano. Chi è davvero Salvo Montalbano, il poliziotto letterario più amato d'Italia? Montalbano non è un personaggio statico, è in continua mutazione così come è cangiante il fluire dell'esistenza. Un fluire che non è necessariamente lineare e teleologico, si tratta di un modificarsi fatto di progressi e ripensamenti, conquiste e sconfitte. In questo divenire privo di sintesi hegeliana, Montalbano si ritrova a fare i conti con la propria vita, con il presente ed i lati più complessi del suo carattere. Sul Montalbano che invecchia e le sue riflessioni dentro i romanzi si potrebbe scrivere un saggio. E' un filo rosso che è servito a Camilleri per storicizzare e concretizzare la figura letteraria del suo personaggio.
Oltre a rileggere i romanzi su Montalbano e quelli storici pubblicati da Sellerio e quelli su altri temi pubblicati da altre case editrici, per comprendere appieno la figura di Montalbano, bisogna leggere o rileggere l'introduzione di “Montalbano a viva voce” (edito da Mondandori, 2002), ovvero "Alcune cose che so di Montalbano". Non vi è solo una ricostruzione critico-letteraria della nascita di Montalbano, vi è la radice umana e psicologica del commissario, una sorta di manifesto letterario e filosofico, che parte dal commissario e diventa esplicativa della più vasta opera camilleriana.
Il rapporto Camilleri-Salvo Montalbano tra letteratura, politica ed attualità
Camilleri scrisse: «Il personaggio cominciò a perseguitarmi, lo dico seriamente. Si verificò il fenomeno, che io credevo potesse essere di natura soltanto letteraria, del personaggio che passa dall'immaginazione alla realtà». Non a caso in un racconto Camilleri parla con il suo personaggio, gli promette di scriverne ancora, perché Montalbano è stato una sorta di suo alter ego. Gli ricordava suo padre per molti aspetti - ha sostenuto lo scrittore di Porto Empedocle - ma in realtà vi era una proiezione di sé stesso.
Camilleri nell'ultimo periodo ha espresso una severa posizione di critica nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini, ma non è stata certamente la prima volta di un suo intervento nel dibattito pubblico in maniera decisa e netta. Non aveva la presunzione di essere un politologo ma era un uomo sincero, che aveva il coraggio di assumersi le sue responsabilità. Ed ha criticato politici di ogni colore, anche di sinistra. Dunque sbaglia chi pensa di strumentalizzare questo aspetto. E' stato un uomo libero. Così come il suo personaggio Montalbano Camilleri ha creduto fino all'ultimo ai valori della sinistra, per lui la sinistra era credere pienamente nei valori della democrazia, stare dalla parte degli ultimi, dei più deboli. Il suo commissario Salvo Montalbano non va contro gli operai che scioperano per il posto di lavoro, anzi è con loro solidale; è critico nei confronti dei ministri che si lasciano scappare frasi infelici. Fa riflettere l'attualità di alcune sue analisi politiche; questa dichiarazione è contenuta in una intervista che Camilleri mi rilasciò e fu pubblicata il 20 ottobre del 2003 su un quotidiano nazionale: «Sono un democratico. Ed ovviamente ho sempre insistito sulla celebre tesi di Montanelli, che certo non era un uomo di sinistra, ma un conservatore. Non giudico per partito preso, ma valutando i fatti. Adesso modificherei però la frase: questo calice va bevuto sino alla feccia. Perché, dapprima pensavo: uno beve il vino per scoprire la feccia, qui non vi è stato bisogno di berlo fino in fondo questo calice, si è subito scoperta la feccia. Vede, nell'Italia di oggi passa un messaggio di lassismo, di menefreghismo, di non rispetto delle regole. Pensi alle leggi sui capitali esportati illegalmente all'estero, e poi fatti rientrare come se nulla fosse. Si può costruire su una spiaggia demaniale, poi si pagano un po' di soldi e si rientra nella legalità. Questo continuo spostamento dei confini tra legalità e illegalità produce un disagio altissimo, che non è solo morale. Diventa un fatto di costume sociale. E' quel che io chiamo la morale del motorino, che imperversa in Italia. Con il motorino si può evitare la fila, destreggiarsi tra le auto e poi passare con il rosso. Tanto con il motorino si ha facilità di manovra, si può andare contromano, si fa lo slalom. Insomma, si fa quel che si vuole, fregandosene delle regole. Che anzi, diventano un elemento di fastidio, di disturbo».
E sui temi della lotta alla mafia, vi è da meditare su quest'altra dichiarazione di Camilleri alla domanda se in Italia si è abbassata la soglia di attenzione nella lotta alla mafia? Nel 2003 Camilleri rispondeva: «Certo. Del resto quando si indebolisce chi è in prima linea, come può essere altrimenti. Quando si dice che i giudici sono antropologicamente matti, diversi. Berlusconi dice una cosa vera. Perché bisogna essere matti come Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici e tanti altri eroi civili, per sacrificare la propria vita in nome della legalità. In questo i giudici sono diversi, per combattere la mafia hanno il coraggio di rischiare la vita. Spero che mi facciano giudice ad honorem, per condividere ed onorare questa diversità dei giudici. Uscendo dal paradosso, quando si afferma che i giudici sono matti, si fa un favore alla mafia, li si delegittima. (…) Penso che si tratti di frasi irresponsabili, che suscitano giustamente indignazione dell'opinione pubblica. Si delegittima, si denigra chi lotta per la legalità». Anche oggi vi sono politici molto noti che attaccano duramente i giudici solo perché fanno il loro dovere e non guardano in faccia nessuno.
Non solo Montalbano...
La storia e la società rivivono nei suoi romanzi nella forma semplice della vita quotidiana, con tutte le sue plurime sfaccettature, le sue contraddizioni. Fondamentali per capire Camilleri sono i suoi romanzi storici, ne abbiamo prima citati alcuni. Ci soffermiamo sul “Re di Girgenti” pubblicato da Sellerio. Nella parte conclusiva il protagonista Zosimo affronta la morte, si affida dapprima alla memoria, che è storia e conoscenza, poi si ferma davanti all'ignoto, poiché si rende conto che è inutile dare significato a ciò che non si può dire. Un passaggio che rinvia in maniera palese al Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein, in maniera specifica alla famosa proposizione: “Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. Camilleri va riletto nella sua complessità, cultural-letteraria, filosofica, artistica, televisiva e cinematografica.
Il regista Rocco Mortelliti è stato l'unico a trasporre al cinema un romanzo di Andrea Camilleri, “La scomparsa di Patò” (dall'omonimo pubblicato da Mondadori). Un romanzo dove vi sono Sciascia e Pirandello, grandi autori che hanno continuamente ispirato Andrea Camilleri, il cui successo multimediale ha una origine letteraria classica, ovvero legata alla dimensione della grande tradizione letteraria siculo-europea. Il film di Mortelliti (fra i protagonisti l'attore Nino Frassica), allievo e storico collaboratore di Andrea e marito di Andreina, figlia maggiore dello scrittore, oltre al puro valore cinematografico ha anche il merito di aver messo in luce il Camilleri dei romanzi storici. Per chi volesse studiare Camilleri, oltre ai suoi libri, consigliamo di consultare il sito web del fans club dedicato all'inventore del commissario Montalbano, vigata.org, vi è una bibliografia storica notevole, una rassegna stampa esaustiva. Tante notizie e riflessioni. Nel giorno della sua dipartita terrena le notevolissime reazioni positive sulla sua figura mostrano l'omaggio al celebre scrittore ed alla simpatia della persona da parte di addetti ai lavori e cittadini. Il viaggio culturale del “fenomeno Camilleri” continua e vi sono tante altre pagine per disvelare, altri aspetti della sua dimensione narrativa da interpretare.
Salvo Fallica
 
 

Corriere Etneo, 18.7.2019
Parla il “Camillerologo” italiano Gianni Bonina: “Non prese il Nobel perché era divenuto troppo popolare”

Ora che il ‘papà’ di Montalbano se n’è andato, è giusto chiedere al più bravo “camillerologo” d’Italia – il giornalista e scrittore catanese Gianni Bonina, di origine adranite – un giudizio complessivo sull’opera dello scrittore di Porto Empedocle. Bonina ha pubblicato nel 2012 per la Sellerio un volumone di oltre 800 pagine – Tutto Camilleri – per analizzare la monumentale opera dello scrittore. Lo studio si avvale della collaborazione dello stesso Camilleri che spiega la genesi di ogni suo lavoro.
Ecco la mia intervista a Gianni Bonina per il Corriere Etneo.
Colto e popolare: sta in questa combinazione la grandezza dello scrittore Camilleri?
Era un uomo davvero colto, ma molto più in materia teatrale che letteraria. Avendo fatto televisione e teatro fino a settant’anni, maturò un senso del nazional-popolare che fece premio sulla sua dottrina. La quale non trapela dalla sua opera, che è molto mass-cult non solo per via di uno stile linguistico molto popolare qual è il dialetto ma anche per una precisa scelta di interessi. Non c’è un solo libro che possa riferirsi a un registro alto, dottrinale, sapienziale, alla Eco o alla Dan Brown. Ha avuto sempre presente il pubblico, anche nell’opera saggistica oltre che nei romanzi storici e civili, ed ha sempre indossato i panni del regista anziché dell’accademico e dello studioso.
Qual è la tua personale classifica dei suoi libri?
Preferisco, come lui, i romanzi non del ciclo di Montalbano. Ma a differenza di molti, che scelgono i romanzi storici, sono legato a due categorie: la cosiddetta “trilogia delle metamorfosi” che riunisce le favole di Maruzza Musumeci, Il casellante e Il sonaglio, e i romanzi borghesi come Il tailleur grigio, L’intermittenza, Un sabato, con gli amici. I primi perché propongono una Sicilia colta nella sospensione tra realtà e magia, che è la cifra più autentica; i secondi perché non sono siciliani e non si servono in eccesso del dialetto, proponendo dunque un Camilleri non prigioniero della gabbia dorata che si era costruito ma da dove amava spesso evadere. Ogni occasione che aveva per lasciare Montalbano era per lui una gioia, ma era Montalbano che gli assicurava il successo. La trovata, negli episodi successivi al 2004, dopo La pazienza del ragno (dove una donna riconosce Montalbano per averlo visto in televisione), di sdoppiare la figura del commissario, di immaginare un confronto con sé stesso, di rendere Montalbano sempre più nevrastenico e depresso, è frutto di una crescente insofferenza che Camilleri vivrà fino alla fine. Più volte pensò di farlo morire, ma sapeva di essere legato visceralmente a quel personaggio così invadente.
Quali sono quelli imperdibili? (Personalmente l’ho conosciuto con ‘Il birraio di Preston’ e quel libro m’è rimasto nel cuore).
Il birraio di Preston, La concessione del telefono e Il re di Girgenti sono considerati i suoi libri maggiori e più riusciti. E’ vero in parte. Si tratta di romanzi dove l’esercizio di stile, la ricerca, persino la leziosità, è molto evidente, rasentando il manierismo. L’impressione è che cercasse il capolavoro, che però nasce quando non è cercato. Meritano senz’altro di stare in cima alla pila altissima delle opere di Camilleri, insieme con Un filo di fumo, Privo di titolo, La pensione Eva, Il nipote del negus, ma tre titoli consiglierei caldamente: La scomparsa di Patò, La mossa del cavallo e Le pecore e il pastore. Hanno tutt’e tre quanto è del Birraio, della Concessione e del Re di Girgenti, ovvero l’ironia, il gioco combinatorio delle parti, i rivolgimenti di identità, le mosse del doppio e lo scambio tra verità e versione, ma in più possiedono una dote unica, che non si ritroverà più, una nota che segna il carattere dei siciliani: la mistificazione che diventa impostura nel quadro di una prevalenza delle ragioni del potere costituito su quelle di base, umane, elementari. La scomparsa di Patò ha in più una tecnica narrativa che si vale di strumenti grafici non più adottati dall’autore e di accorgimenti diegetici che richiamano Privo di titolo, romanzo anch’esso di grado superiore.
Costruzione perfetta delle trame e solido architrave storico nei romanzi. Assieme alla ‘musicalità’ della scrittura ritrovo queste caratteristiche in tantissimi suoi libri. Era questa la sua ‘formula’?
Bisogna distinguere tra formula e formula. Camilleri è stato uno sperimentalista accanito e impenitente. Il Camilleri del Montalbano non è lo stesso di quello che saccheggia gli atti dell’inchiesta parlamentare sul banditismo e l’Inchiesta Sonnino-Franchetti, né è lo stesso dei saggi e dei romanzi borghesi. La sua musicalità è un insieme di spartiti da applicare ognuno a un modello diverso di libro. Le trame montalbaniane sono mutuate da Simenon e soprattutto dall’esperienza televisiva e teatrale, rispondendo a un canone fisso: più storie, almeno due, separate e che piano piano convergono, disseminazione di indizi insignificanti che poi si rivelano decisivi (come in un film la cinepresa che inquadra un oggetto in primo piano), sospetti in capo a più indiziati, e scioglimento finale affidato al “saltafosso” o “sfondapiedi” (il tranello in cui il commissario fa cedere il maggiore sospettato) o alla cosiddetta “presa estetica” di cui parla Greimas, che consiste in una luce improvvisa che si accende nella testa del commissario il quale si rende conto di ciò che essa illumina quando sparisce. Le trame invece dei romanzi storici, come delle favole, delle biografie romanzate quale Il colore del sole (altro titolo certamente mperdibile), sono invece esemplate su un piano diacronico, secondo uno svolgimento cronologico e naturalistico di stampo ottocentesco.
Dopo Gadda, Camilleri ha il merito di avere creato una lingua che non esiste ma che tutti conoscono, il “camillerese”.
E’ un’idea ricevuta quella secondo cui Camilleri avrebbe inventato una sua lingua. Tale convinzione è radicata nella critica nazionale che ovviamente è prevalente rispetto a quella siciliana. Non conoscendo il siciliano, tale critica è quella che leggendo “babbiare” intende balbettare e non si rende conto che Camilleri ha soltanto adottato il dialetto che conosce, quello agrigentino, senza variazione alcuna: con l’eventualità che anche siciliani di altre province, non comprendendo espressioni come “gana”, “tambasiare”, “smorcare lo sbromo”, pensino a un lessico invenzionale. Il “camillerese” non è mai esistito, ma a Camilleri piaceva ovviamente farlo credere. E’ tuttavia un fatto che quando non ricordava una parola agrigentina chiamava i suoi vecchi amici Alfonso Giglio e Ciccio Burgio, esattamente come facevano con i loro Pirandello e Verga.
E’ stata la riconoscibilità a tutte le latitudini di questa lingua a decretare il successo?
Chi può dirlo? Nemmeno Camilleri comprendeva le ragioni del suo eccesso di successo. A parer mio è stata piuttosto l’incomprensibilità del testo ad avere avuto la sua parte. Agli inizi – parlo dei primi titoli di Montalbano, nei quali appare l’uso accentuato del dialetto, perché in quelli precedenti, da Un filo di fumo a La strage dimenticata a La stagione della caccia, è del tutto contenuto e sporadico, più in bocca ai personaggi che all’autore, mentre poi si ha una inversione che è la vera novità introdotta da Camilleri – il lettore soprattutto continentale incontrava termini dialettali e in essi, come nella costruzione diegetica, trovava l’elemento ironico che lo attirava. E’ successo con Camilleri quanto capitò alla compagnia di Angelo Musco che andò a recitare Martoglio in stretto catanese a Odessa, allora in Russia, suscitando non solo la risate del pubblico ma ottenendo anche la loro comprensione. Evidentemente il siciliano induce il riso in chi non lo conosce e si fa comunque capire.
La scrittrice siciliana Simonetta Agnello Hornby ha sempre sostenuto che Camilleri meritava il Nobel per la Letteratura. Esagerava?
E di molto. Camilleri non ha avuto il Nobel ma nemmeno uno dei premi italiani cosiddetti importanti, dallo Strega al Campiello [In realtà nel 2011 ha avuto il Campiello alla carriera, NdCFC]. Il motivo è – e lui lo sapeva benissimo – che era divenuto troppo popolare, indegno di un riconoscimento letterario appannaggio non di intrattenitori come lui viene considerato dalla critica sia militante che accademica. Che oggi si sbraca a magnificarne la statura di grande scrittore. Il grande merito di Camilleri è stato di avere convinto lettori di un libro l’anno ad entrare in libreria. L’altro è di aver continuato l’opera di Sciascia fatta sulla Sicilia, non però spiegandola ma raccontandola.
Per avere scritto e studiato la sua opera immagino lo hai anche incontrato. Era contento delle tue analisi sui suoi libri? Di cosa gli piaceva parlare?
Ho conosciuto Camilleri nel 1996 quando a Siracusa gli fu conferito il Premio Vittorini. Non lo conosceva nessuno ed era considerato solo un autore emergente. Fu al Castello Maniace: girava cercando i bagni e la stessa cosa stavo facendo io. Ci mettemmo a farlo insieme, con una certa premura. Disse: “Chi lo trova per primo ha la precedenza”. “Ma no – feci io. – La precedenza ai più grandi”. E lui: “No, prima lei, così ho il motivo di fumarmi una sigaretta”. Conobbi un signore settantunenne simpatico e ironico. Ma in tantissimi anni non siamo mai arrivati a darci del tu. Quando gli proposi un libro di circa mille pagine su tutti i suoi libri recensiti da me e spiegati da lui non credette alla riuscita dell’opera ma via via si impegnò collaborando con slancio. Molte volte battibeccavamo. C’è anche nel libro (Tutto Camilleri) testimonianza di questi scambi di vedute contrastanti, al punto che mi disse “Se continua a insistere sulle sue tesi l’intervista finisce qui”. Invece continuò, perché mi riconosceva quello che per lui era un merito: il fatto che parlassi avendo letto tutto ciò che ovunque avesse scritto. A volte mi suggeriva le domande o mi chiedeva di modificarle e si arrabbiava quando gli dicevo che non potevo. Non so francamente se apprezzasse i miei giudizi. So che a molte persone consigliava di leggere il libro, che ha avuto tre edizioni aggiornate, e certamente mi fu grato quella volta in cui mi diede un manoscritto da rivedere prima di pubblicarlo e trovai che aveva fatto viaggiare in Sicilia un prefetto dieci anni prima che le ferrovie arrivassero in Sicilia. Gli piaceva parlare di sé, della Sicilia, della giovinezza, ma non della sua famiglia. Teneva molto alla sua privacy ma fu contento quando pubblicai un servizio scovando tutti i suoi amici d’infanzia a Porto Empedocle che mi raccontarono delle sue bricconate.
Lascia eredi nella letteratura, Camilleri?
Lascia solo epigoni. Un po’ come un esploratore, ha lasciato la mappa di un mondo vergine. Oggi non ci sono scrittori e scrittrici siciliani che non usino il dialetto e non cerchino di scimmiottare Camilleri anche nelle costruzioni sintattiche. Un paradosso. Grandi autori come Bufalino e Sciascia, Vittorini e Brancati, Consolo e Bonaviri non hanno avuto alcun erede perché inimitabili. Camilleri è invece ricalcato e io temo che ciò avvenga perché troppo popolare. Alla fine il suo più grande merito si è tradotto in un grave deficit che minaccia di confinarlo in futuro in un cono d’ombra.
Nicola Savoca
 
 

AgrigentoNotizie, 18.7.2019
Anche Raffadali piange Andrea Camilleri e gli dedica il centro comunale d’incontro
Andrea Camilleri diresse come regista due commedie a Raffadali, con attori locali, lasciando un seme che negli anni è cresciuto rigoglioso, nel 1983 diresse “Annata ricca massaru cuntenti” di Nino Martoglio e nell'86 "La tunisina"


Camilleri al Villaggio della Gioventù

Il comune di Raffadali rappresentato dal sindaco Silvio Cuffaro e il consiglio direttivo della Biblioteca comunale presieduta da Luigi Costanza esprimono il proprio cordoglio ai familiari per la scomparsa di Andrea Camilleri.
“Egli – afferma il sindaco Cuffaro - lascia un vuoto nella cultura mondiale e un’inconsolabile tristezza. Ma a Raffadali lo ricordiamo per l’eredità che ci ha lasciato, per gli insegnamenti, per la sua presenza nel nostro paese, e ne andiamo fieri.
Il maestro, infatti, ha lasciato il segno anche a Raffadali, cittadina di lunghe e prestigiose tradizioni teatrali, con attori e compagnie che hanno girato l’Italia e paesi europei, ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Un componente del consiglio direttivo della biblioteca, Enzo Alessi, attore, regista, operatore culturale, scrittore, per tanti anni ne è stato uno stretto collaboratore oltre che fraterno amico.
Andrea Camilleri diresse come regista due commedie a Raffadali, con attori locali, lasciando un seme che negli anni è cresciuto rigoglioso. Nel 1983, Camilleri diresse “Annata ricca massaru cuntenti” di Nino Martoglio.
Andò in scena l’11 e 12 agosto, al Villaggio della Gioventù nell’ambito della prima rassegna nazionale che inaugurò il teatro all’aperto, con la direzione artistica di Enzo Alessi e l’organizzazione generale di Nino Cuffaro. Camilleri ritornerà a Raffadali nel 1986 per dirigere La tunisina di Pier Maria Rosso di San Secondo.
Poi lo straordinario, meritato, successo dei suoi libri e la scelta di dedicarsi interamente alla sua cara scrittura. Ma Camilleri, che Raffadali ha conosciuto e amato, è rimasto nei nostri cuori, nei cuori di tanti artisti, intellettuali, e di tantissimi spettatori raffadalesi che hanno apprezzato il talentuoso genio e che oggi lo piangono.
Perché il suo ricordo possa rimanere indelebile nella mente e nel cuore di ogni raffadalese, comunico ufficialmente di volere intestare per imperitura memoria, all’illustre maestro d’arte e di vita Andrea Camilleri, il Centro Comunale d’Incontro per Minori Anziani e Disabili di Raffadali.
 
 

Malgrado tutto, 18.7.2019
Morte Andrea Camilleri, il cordoglio del Comune di Racalmuto
Il sindaco Vincenzo Maniglia: ” Era legato a doppio filo alla nostra cittadina”

“Con la morte di Andrea Camilleri Il mondo della cultura viene privato di un grande maestro, che con la sua opera ed il suo originale linguaggio ha espresso ed interpretato i bisogni e le criticità della società odierna”.
E’ quanto scrive nel suo messaggio di cordoglio il sindaco di Racalmuto Vincenzo Maniglia, anche a nome dell’Amministrazione e del Consiglio comunale.
“Camilleri – aggiunge Maniglia – era legato a doppio filo alla nostra cittadina, per essere stato amico di Leonardo Sciascia e Direttore artistico del Teatro Regina Margherita, riaperto nel 2003. In quell’occasione dichiarò che accettava quella nomina perché era il debito che pagava al suo amico Leonardo”.
Il sindaco Maniglia, nell’esprimere le “più sentite condoglianze” a tutta la famiglia, ricorda anche che Andrea Camilleri era cittadino onorario di Racalmuto.
 
 

Il Foglio, 18.7.2019
L’idioletto del Cuntastorie
Camilleri è riuscito a far parlare e tradurre una lingua nata morta che solo lui ha reso viva

Ha riverniciato la Sicilia che infatti solo nella Vigàta del suo commissario Montalbano non è più “nero su nero”, ma l’isola coloratissima dove anche l’omicidio è un divertimento da raccontare accanto alla pasta con le sarde e i broccoli di Adelina. E dunque, ha vinto Andrea Camilleri che ci ha fatto parlare una lingua che è una sua eccezionale invenzione, non un dialetto ma un “idioletto”, appunto un nuovo idioma che viene già studiato dai linguisti e dai filologi, una lingua nata morta che solo Camilleri ha reso viva. Insomma, il primo errore – dice Salvatore Silvano Nigro, il più sottile dei professori di Letteratura italiana, già docente alla Normale di Pisa e autore di tutti i risvolti di copertina di Camilleri pubblicati da Sellerio – è quello di confondere la lingua dello scrittore con il dialetto della sua regione senza comprendere che l’originalità è invece tutta concentrata nel (nuovo) codice. “Vigàta non esiste e per farla vivere e parlare, Camilleri ha manomesso con abilità il siciliano. Siamo di fronte a un paese immaginario che è cresciuto nel tempo. Si è abitato di uomini, di avvenimenti e insieme a loro sono arrivate nuove parole”. E però, a Milano, oggi il vigatese è orecchiato insieme all’inglese e, forse, è diventato una lingua di cittadinanza. “Certo, anche a Milano tutti sanno che ‘talìa’, grazie a Camilleri, significa “osservare”.
Insieme a Nigro cerchiamo così di penetrare nella grammatica e nel lessico di Camilleri che dall’accademia, e non solo, sono stati sempre considerati di consumo, prodotti d’esportazione, un altro pittoresco mediterraneo, ma di successo. Nigro spiega che quello di Camilleri è finora il solo tentativo riuscito in letteratura. “In passato, un poeta lucano, Albino Pierro, di Tursi, ha inventato una lingua tutta sua ma, a differenza di Camilleri, neppure i suoi concittadini la comprendevano e tantomeno la parlavano”. E invece, Camilleri, e non si capisce come, è perfino tradotto all’estero. “In Francia, per tradurlo, si usa il dialetto di Lione”.
“Lo stesso Camilleri ha però guardato indietro e ha attinto dalla lingua della scuola poetica siciliana che non era altro che una koinè di siciliano e arabo”. Nigro ha naturalmente interrogato lo scrittore sulla necessità di questa lingua e Camilleri gli ha sempre risposto che “il siciliano non sarebbe bastato e gli editori non avrebbero mai venduto i miei romanzi”. Camilleri vende e rivende in ogni formato e Nigro stesso che, conosce l’università, dice che in Italia equivale a un delitto. “Nel mondo delle lettere per denigrare uno scrittore si dice che è un letterato. E’ stato accusato di essere un letterato”. Forse voleva dire, in camillerese, “allitterato”? “Voglio dire che si è sempre dimenticato che si è di fronte a un uomo dalla memoria enciclopedica e soprattutto a un uomo che conosce i meccanismi del teatro dove, in passato, ha lavorato”. A Nigro chiediamo ancora se c’è una parola speciale intorno a cui ragionare. “Tra le parole più utilizzate da Camilleri c’è ‘tragediaturi’. Si indica un uomo capace di ordire ogni tipo di tranello. E’ una parola importante perché ci aiuta a capire che questa lingua inventata ha un’origine nobile. ‘Tragediaturi’ appare infatti in Leon Battista Alberti e nella Novella del Grasso Legnaiuolo ed è una parola che amava molto Leonardo Sciascia”.
In una conversazione (ma non è più musicale cunversazioni?) insieme a Tullio De Mauro, La lingua batte dove il dente duole, Laterza, Camilleri concorda con De Mauro che la parola del dialetto è sempre “incavicchiata alla realtà” e aggiunge che il dialetto rimane “la lingua degli affetti, un fatto intimo, confidenziale, familiare. Come diceva Pirandello, la parola del dialetto è la cosa stessa. Il dialetto esprime il sentimento di una cosa mentre la lingua il concetto di quella cosa”. Ma lo diciamo ancora. Il siciliano di Camilleri non è il siciliano. “E allora? Forse per questo è meno familiare?”. Non solo non lo è, ma è probabile che sia più croccante della scorza dei cannoli e più calorica della granita di caffè e di panna. Giuseppe Marci ha insegnato Filologia italiana all’Università di Cagliari ed è l’autentico Montalbano. Pochi lo sanno, ma quando Camilleri cercava nelle parole un viso e i suoi sentieri di carne, scoprì improvvisamente di averlo trovato nel volto di questo professore. “E’ come mi ero immaginato Montalbano” ha dichiarato in pubblico. Oggi, Marci è condirettore dei Quaderni Camilleriani e cura il Camilleri Index, in pratica ne cataloga le opere e assembla il dizionario del “Camillerese”. Abbiamo anche un numero ma solo provvisorio: ottomila lemmi. “Se chi mi ha preceduto non lo ha ancora detto, io mi permetto di aggiungere, sommessamente, che nei libri di Camilleri, non solo le parole si possono inventare, ma anche la loro ortografia”. Sta dicendo che la lingua è sua e la costituzione anche? “Proprio così. In una pagina si può leggere ‘abbunnanza’ e alcune pagine dopo ‘abbunanzia’. Alcuni miei colleghi hanno detto: ‘Camilleri fa errori ortografici’. Ma come può fare errori se la lingua è una invenzione sua? In trent’anni questa lingua è mutata anche nell’ortografia. Una cosa si può dire. E’ una lingua che cerca la sonorità, una sua melodia poetica”. Un cantastorie? “Eh no.
Il pensiero di Camilleri è chiaro: ‘Io non canto neppure quando mi faccio la barba altrimenti rischio di tagliarmi con la lametta’ ha detto. Togliamo la ‘a’ e mettiamo la ‘u’. Cuntastorie”. La differenza, e ce lo chiarisce sempre Marci, è che il cuntastorie ha il piacere del racconto, pretende di farsi accettare in famiglia, mentre il cantastorie è solitario e malinconico. E poi c’è l’abilità, l’arte di allargare. “Chi ha letto i testi di Camilleri può anche non comprendere che ‘nivura’ è una giornata scura, ma se poi continua a leggere e apprende che piove, grandina, il nero si illumina e il significato si afferra”. Insomma, è vero che tutti hanno trovato in Camilleri l’unico italiano che riesce a risolvere i gialli ma è in questo siciliano esploso che Camilleri deve essere misurato e studiato.
Lo dice anche Giulio Ferroni, che non è solo professore di Letteratura italiana alla Sapienza, ma tra gli ultimi a fare della critica letteraria una vertigine e tra i soli che hanno provato a separare la buona scrittura dalla letteratura. “Camilleri non è più uno scrittore ma è appunto ‘il Camilleri’, una lingua standard, consueta, immediatamente parlabile. E’ oggi l’italiano accanto all’italiano”. Ferroni, che non è ruffiano né borioso, pensa che nel paese senza più officine, Camilleri è l’ultima officina letteraria capace di vincere una sfida che neppure Luigi Pirandello è riuscito a vincere. “Il suo dialetto non è mai stato interamente dialetto. Non ha mai spinto nelle sue novelle fino in fondo come ha fatto Camilleri nei suoi romanzi”. La Sicilia di Camilleri non è completamente feroce come quella di Verga, non è neppure problematica come quella di Sciascia. “E’ consumabile per tutti noi. Non ci inquieta e non ci spaventa, ma è fantastica” conclude Ferroni che forse pensa alla Macondo di Gabriel García Márquez, alle utopie, alle fantasticherie. “A Camilleri dobbiamo la felicità dell’impossibile, tanto più in una geografia come quella siciliana. In questi tempi carichi di dubbi è l’unico che non ha mai lasciato dubbi”.
Carmelo Caruso
 
 

Fondazione Critica Liberale, 18.7.2019
La cerimonia degli addii
Ricordando Camilleri e la sua "lingua"

Mi vengono in mente le parole di Andrea Camilleri su di me intervistato da Gianni Riotta alla Fiera del Libro di Torino l’11 maggio 2000: «Devo dire di essere stato molto contento di leggere in questi ultimi tempi tra gli interventi sul linguaggio mio, uno di un giornalista che si chiama Nicotri, il quale elabora una teoria devo dire per me molto suggestiva, e che quasi mi commuove, cioè a dire che uno dei fattori del successo è il recupero di una lingua italiana praticamente contadina, come passò dal latino e divenne volgare ma proprio con termini contadini, terreni, e che forse, di fronte a questa previsione che abbiamo di perdite di identità varie (che poi bisognerà vedere se è un rischio), noi italiani ci aggrappiamo a quest’ultimo calore di questa lingua».
Ero rimasto colpito dallo strepitoso successo de La gita a Tindari: non appena comparve in libreria ne vennero “bruciate” oltre 200 mila copie in poco più di una settimana. E dopo questo blitz, dall’Olimpo dei best seller La gita a Tindari non si mosse per un bel pezzo. Anzi, ci rimase in compagnia di non pochi altri titoli dello stesso autore: un intero blocco di romanzi, per un’occupazione in massa della Hit Parade. Un’abboffata, per quanto incredibile e priva di precedenti, che al tempo de La gita a Tindari era già al suo terzo anno di vita e, a onta dei molti nasi storti, non se ne vedeva la fine. D’accordo, Camilleri è un buon giallista, un ottimo giallista, e la Sicilia, terra di Sciascia e di Pirandello, è quanto mai adatta ad ambientare suspense di spessore. Ma basta davvero questo a spiegare un successo di tali dimensioni? Forse che altri giallisti, anche più bravi di Camilleri, hanno goduto di un così lungo tappeto rosso di vendite?
In ogni caso, l’autore de La gita a Tindari era un ottimo giallista anche nei molti anni durante i quali, come ama ricordare, gli editori cestinavano in massa i suoi “romanzetti”, inorriditi dal vocabolario arcaico, spesso dialettale, infarcito di meridionalismi. Un vocabolario accidentato, pieno di cocci, di vestigia agresti, di avanzi di archeologia più che di antiquariato preindustriale. Veri e propri rottami in un’epoca di postmodernismi e relative arie fritte, parole spesso incomprensibili disseminate come pietre in una terra non ancora arata.
Prendiamo per esempio la prima pagina de Il cane di terracotta (Sellerio, 1996), anch’esso vendutissimo. Ci imbattiamo in non pochi termini di significato oscuro, non sempre intuibile: smèusa, incaniato, stizzichi, ciriveddro, bannèra, intìfico pinsèro, gana, a patrasso, arriniscì.
La prima pagina de Il birraio di Preston (Sellerio, 1995), a mio modesto avviso un capolavoro vero, anche di intarsi, regala al lettore sorprese come scantusa, decino, truniata, scatasciante, trimoliare, arrisbigliò, picciliddro, d’incascio, vagnaticcio, timbulata, si susì, il retré. Più avanti, le pagine, per me meravigliose, di Concetta e Gaspàno, con il fantastico dialogo a gesti in chiesa, afferrano alla gola, ma i sentimenti devono farsi largo inciampando tra soro, squetò, trasuta, cilestrino, quadiò, stinnicchiata, muschittera, darrè la tarlantana, acchianava, ascutato, scantata.
Mi è venuto un dubbio, che con gli anni è diventato certezza ed è molto piaciuto, fino quasi a commuoverlo, allo stesso Camilleri: e se il suo maxisuccesso fosse la vendetta dell’anima vera, profonda e incomprimibile della lingua italiana? La vendetta e la rivincita della sua anima arcaica, agreste, contadina, stufa di essere calpestata sull’altare del modernismo stupido e servilmente anglofilo. Ovvero: e se si fosse ribellato il grumo centrale, addirittura strapaesano e un po’ burino, il grumo ancestrale ereditato di sana pianta dal latino, che tuttora scorre nel sangue della lingua italiana e batte nel suo cuore? Definire il latino «langue de paysans», come osò fare nel 1925 il latinista francese Jacques Marouzeau, provocò gli strali del Giacomo Devoto della Storia della lingua di Roma.
Una dozzina di anni fa ho pubblicato queste mie considerazioni su “La Rivista dei Libri”. Piacquero molto a Camilleri. L’origine “paesana” della lingua latina, non più originale e nobile dell’osco o del sannita, è un dato di fatto. Ed è un dato di fatto l’origine altrettanto paesana dell’italiano, più di altri eredi figlio del latino. Può persino essere divertente, in un Paese dominato dalla morale e dalla Chiesa cattolica, ricordare come Marouzeau indicasse che la usatissima parola “peccare” in latino altro non era se non lo scalciare del cavallo. Ci si immolerebbe forse meno se si sapesse che immolare viene da quella “salsa mola” con la quale i romani aspergevano gli animali prima di sacrificarli agli dèi.
Vasco Rossi invoca una vita esagerata, senza immaginare che l’aggettivo non vuol dire altro che “fuori dal campo coltivato”. Così come egregio significa “fuori dal gregge”. E a proposito di greggi, peculiare, pecunia (oggi apprezzata più che mai!) e peculato (così di moda…) sono tutti vocaboli provenienti dall’umile “pecus”, vale a dire pecora. In un’epoca di giustizialismo vero o presunto non è male ricordare, a scanso di equivoci, che giustizia, giureconsulto e giuramento vengono dal giogo, quello dei buoi.
Il sereno come il sazio vengono da “serere”, cioè da seminare. Maturare, che si tratti di una decisione o di un carattere, viene chiaramente dalla frutta e dalle messi. Idem per acerbo ed esacerbare. Imbecille voleva dire “privo di appoggio”, così come stimolare e pungolare vengono dall’incitare gli animali con bastoni acuminati. Decidere, verbo caro ai decisionisti, non significa altro che tagliar rami, così come la buona e la cattiva reputazione, le imputazioni degli imputati e le amputazioni vengono tutte dal potare vigne e alberi da frutta.
Notizia che non farà piacere all’ex ministro e ex sindaco di Milano Letizia Moratti, la parola letizia viene dal “laetamen” dei campi e la parola cultura viene dal coltivarli, così come il verso, anche quello della poesia, l’avversario e il delirare nascono dai solchi e confini d’acqua dei campi coltivati. Il vivere viene dalla vite, quella con i cui grappoli facciamo da millenni il vino.
C’è a dire il vero anche un vocabolo che disturba assai perché mostra come la parola che indica l’attitudine e l’attività più elevata del genere umano, quella che ci distingue dagli animali, ha una origine e un significato francamente mortificanti. Mi riferisco al verbo pensare. Che infatti viene dal pensum, che altro non era se non la quantità giornaliera di lana che le schiave romane dovevano filare ogni giorno per poi – appunto – appenderla agli appositi ganci. Tant’è che in definitiva pensare e pesare si possono considerare etimologicamente come la stessa parola, cosa che riscontriamo quotidianamente in alcune espressioni italiane e dialettali, da “gravato da pensieri”, con gravare che significa pesare, tant’è che un grave altro non è se non un peso, al modo di dire partenopeo – rozzo ma efficace – “il c…. non vuole pensieri”, perché questi gli sono di peso. E in effetti se sul “coso” ci appendiamo dei pesi ecco che è tirato verso il basso anziché tirare verso l’alto…
Si potrebbe continuare a lungo. Come si vede, sono tante le parole della lingua italiana che incorporano e risuonano significati più premoderni e campagnoli del previsto. Con buona pace anche del Manzoni e delle risciacquature in Arno. Come dice Umberto Eco: stat rosa pristina…
Si dirà che tutte le lingue antiche hanno inevitabilmente un forte bagaglio “paesano”. Ma non è vero: il greco, il sanscrito, il vedico, lo stesso indoeuropeo e la sua variante indoiraniana hanno un vocabolario che denota origini ben più aristocratiche.
La mia ipotesi, tuttavia, qualche riscontro almeno cronologico lo ha. È infatti curioso come, in definitiva, stando al calendario, il successo di Camilleri sia arrivato quando il Bel Paese “entrava in Europa”, con la camicia stretta, se non di forza, di Maastricht. Ed è parimenti curioso come tale successo sia poi montato man mano che aumentava la dose di modernità varie (Internet, moda e pubblicità in testa) a base di terminologie e/o scopiazzature anglosassoni. Per diventare infine un successo ancor più strepitoso quando il diluvio anglofilo ed esterofilo (purché non si tratti di immigrati, per carità) vomitato dai mass media è diventato universale, irrefrenabile, un vero e proprio sport, o delirio, nazionale: la New Economy e il “Padania day”, lo “I care” scopiazzato dal popolo veltroniano e il “Security day” di quello berlusconiano, il “Crime day” della Confesercenti, gli spot pubblicitari esclusivamente in inglese. Chissà perché lo stesso governo si sente in dovere di utilizzare il termine Spending Review anziché Revisione della Spesa. E del resto il capo del governo lo chiamiamo premier anziché primo ministro e i suoi vice li chiamiamo vice premier anziché vice primo ministro. A quando l’utilizzo di parole inglesi per sostituire anche le parole parlamento, camera, senato, Repubblica, presidente della Repubblica, Italia, polizia, forze armate, ecc.?
Infine, a mo’ di fuochi d’artificio finali, l’imperversare di conduttrici, presentatrici, vallette e ospiti più o meno fisse, ormai su qualunque canale, a dozzine, onnipresenti e onniscienti, tutte buone, tutte brave purché non italiane. Purché parlino “esotico”, storpino cioè la lingua italiana e la riducano a optional in tutti i modi possibili e immaginabili.
Concludo: probabilmente Camilleri ha grande successo perché utilizza una lingua, tutta sua, quanto mai adatta a pescare bene e a fondo nelle memorie più o meno inconsce della lingua italiana minacciate dal diluvio anglo-moderno. La stessa attività del pensare è resa possibile solo ed esclusivamente dalla lingua parlata: quando pensiamo, infatti, pensiamo tramite vocaboli, tramite parole e modi di dire. Inevitabilmente, quindi, anche tramite i loro contenuti sedimentati, che in qualche modo agiscono in noi come rumore di fondo. Gli innumerevoli termini arcaico-dialettali del “camillerese”, da meridionale premoderno, sconfitto e superato dalla Storia, sono il pendant ideale nei confronti di modernità e postmodernità minacciose, incalzanti, nordiche in quanto “anglo”, imposte, vincenti e/o supponenti. Il linguaggio di Camilleri inoltre ci aiuta a ricordare meglio quando, appena una cinquantina di anni fa, eravamo ancora un popolo di emigranti, con le pezze al sedere. Si vede che il benessere e la modernità non hanno cancellato in tutti la memoria. La memoria e un pizzico di nostalgia: se non altro la umana, inevitabile nostalgia del “bel tempo che fu”, l’amarcord. Il vocabolario camillerese pizzica ancora in molti quelle corde…
Si dice che la lingua italiana diventerà, nel vasto mondo, una faccenda priva di importanza e di futuro. Sono cose che succedono, nella Storia. Ma se siamo o saremo in vista degli ultimi fuochi, il successo di Camilleri credo ci dica che molta gente ne vuole e ne vorrà vedere ancora a lungo le fiamme, le faville, il fumo, i tizzoni. E sentirne il calore.
Tutto qui. Ma vi pare poco?
Giuseppe “Pino” Nicotri
 
 

Il Giornale, 18.7.2019
Camilleri, ottimo scrittore ma cattivo maestro

Dietro il simpatico aspetto da nonno della nazione, si celava un uomo dalle unghie affilate. Quando doveva giudicare le vicende italiane, in particolare la politica, Camilleri lasciava da parte lo spirito analitico del detective per far uscire uno spirito da hooligan.
Raffinato scrittore e grossolano commentatore, Camilleri si è sempre esposto dalla parte giusta, quella più conveniente per un intellettuale italiano. Lo ha fatto con piglio sicuro.
Nel 2008 ha pubblicato le Poesie incivili ispirate a Marziale, senza offesa per Marziale. Ecco qualche esempio: «Il ricco porco, eletto a capo dei suoi simili/ alle scrofe da lui montate ripagò il favore/ ammettendole al truogolo riservato a pochi/ a suoi legulei, ai suoi giornalisti, ai suoi boia/ grufolanti e grugnenti. I porci, com'è noto/ non sono bestie di fiuto fine. Rovistano nel letame/ vi si rotolano, vivono alla giornata. Non sospettano/ che un giorno saranno mutati in salsiccia». Una «raffinata» analisi in versi ispirati dall'odio per Silvio Berlusconi e i suoi elettori. Come questi altri: «A loro il linguaggio non si forma nel cervello, ma nel ventre/ e quindi non emettono fonemi, ma borborigmi, rutti, scoregge». Roba imbarazzante. Per carità, non ce l'abbiamo con Camilleri perché faceva satira su Berlusconi. Ben venga la satira su chiunque. Camilleri incarna piuttosto l'incapacità di capire gli avversari politici, la presunzione di essere migliori degli altri, lo scarso interesse per un mondo, quello estremamente variegato della destra, che andava al di là di Berlusconi.
Una destra sola conosceva Camilleri: il fascismo. Era infatti cresciuto nel Ventennio. Nato nel 1925, un anno dopo l'assassinio Matteotti, era adolescente quando furono approvate le leggi razziali. Durante la guerra civile era maggiorenne. Ma anche questa tragica esperienza è stata piegata alla ragione dell'applauso e del consenso. Disse nel 2010 a una platea di ragazzini: «L'unica cosa che posso dirvi è di farvi condizionare il meno possibile da una società che finge di darti un massimo di libertà e che in realtà ti sottopone a un massimo di condizionamenti». Gran finale: «Potrà sembrare un paradosso ma ai miei tempi, sotto il fascismo, si era molto più liberi di oggi». Il giudizio è insensato sotto ogni punto di vista. Senza contare che Camilleri, già all'epoca, pubblicava regolarmente i suoi libri con due case editrici, una delle quali di proprietà di Silvio Berlusconi. Eja Eja Camilleri.
Negli ultimi tempi, come tutti i sedicenti intellettuali, si era scagliato contro Matteo Salvini. Pochi giorni prima di morire, aveva dichiarato: «Stiamo peggiorando in tutto: nel linguaggio, nel modo di rapportarci gli uni con gli altri, in questa assurda aggressività. La politica dà un cattivissimo esempio, e i cittadini, il 90% ci sguazza». Il popolo dunque era bue. E il leader della Lega? «Non credo in Dio, ma vedere Salvini impugnare il rosario dà un senso di vomito. È chiaro che tutto questo è strumentale. Il Papa che sa quello che fa, non impugna il rosario, baciandolo. Sa che offenderebbe i santi nel momento in cui se ne serve. Fa parte della sua volgarità».
Sì, Camilleri era un tipico intellettuale italiano: credeva di essere un modello di libertà dello spirito e invece vedeva solo quello che voleva vedere. Fiero in cuor suo di essere il portavoce di idee antagoniste, in realtà era il fedele vassallo dei vincitori. Certo di sfatare i luoghi comuni, come tutti i falsi anticonformisti, era prigioniero del pregiudizio. Confondeva il paternalismo con l'amore per il popolo. Non a caso, nove italiani su dieci, a suo dire, sguazzavano nella volgarità. Il valore della sua indignazione è sempre stato fissato dal mercato che, da comunista, forse voleva abbattere. Ironia della sorte, era il prodotto perfetto per gli scaffali delle librerie.
Alessandro Gnocchi
 
 

Lectures et plus…, 18.7.2019
Arrivederci, Maestro...

Je vous l'annonçais ici. Depuis le 17 juin dernier, l'écrivain Andrea Camilleri était hospitalisé d'urgence suite à un arrêt cardiaque.
Hier matin, comme ses nombreux lecteurs et lectrices de par le monde, j'ai appris son décès. Un mois plus tard, jour pour jour.
Cette disparition, même si elle semblait inévitable, me cause une profonde tristesse. Mes pensées vont de suite à sa famille, son épouse Rosetta, ses enfants, ses petits-enfants, ses arrières petits-enfants, dont Matilda à qui il a adressé un de ses derniers ouvrages, la magnifique lettre "Ora dimmi di te" (Maintenant parle-moi de toi).
Andrea Camilleri, j'ai parlé de lui et de ses romans à moult reprises sur ce blog. En premier lieu parce qu'il n'est pas sans m'évoquer mon beau-père et les longues conversations que nous avions ensemble.
Mais aussi parce qu'il avait ce talent unique de nous parler de "sa"Sicile, de partager ses pensées, d'évoquer ce que fut et était sa longue vie, lui qui était né sous l'ère fasciste de Mussolini et qui n'a pas hésité à condamner le chemin politique que prend à nouveau l'Italie.
Et bien sûr, parce que c'est sous sa plume savoureuse qu'est né mon cher commissaire Montalbano, à qui le comédien Luca Zingaretti prête ses traits pour la série télévisée du même nom depuis 20 ans et qui lui a adressé hier un magnifique et sincère hommage.
Andrea Camilleri, le Maestro de la littérature italienne, a tiré sa révérence hier matin et, depuis, les témoignages d'amitié, de respect, tous empreints d'une profonde émotion affluent.
De lui, il nous reste à présent une oeuvre littéraire et sociale immense. Une oeuvre que je n'ai toujours pas fini de découvrir et d'aimer et dont je continuerai de vous parler ici pour qu'à votre tour vous lisiez et appréciez à sa juste mesure cette écriture à la fois sensible, honnête, lucide, ironique et empreinte de cet humour unique qui lui apporte toute sa saveur.
Je termine ce billet avec une citation (une parmi toutes celles qu'il nous laisse aussi en héritage) dont je vous donne la traduction:
"Il faudrait comprendre qu'aller au théâtre ou lire un livre n'est pas qu'un simple amusement. En réalité, même si c'est aussi un passe-temps, c'est bien plus que cela. C'est faire grandir les hommes, les citoyens, comprendre le monde, apprendre une quantité infinie de connaissances que nous ignorions. C'est un enrichissement continu."
(Andrea Camilleri)
Arrivederci, Maestro!
Martine
 
 

Pan Macmillan, 18.7.2019
Pan Macmillan pays tribute to Andrea Camilleri
The death of Inspector Montalbano creator has been announced: 'The legacy he leaves us is beyond measure,' says editor Maria Rejt

Pan Macmillan has released a statement on the death of Andrea Camilleri
'It is with sadness that Macmillan announces the death of Andrea Camilleri this morning, 17 July, at age 93.
Andrea was one of Italy's most famous contemporary writers, whose books included The Inspector Montalbano series, which has sold over 65 million copies worldwide, and been translated into thirty-two languages. Camilleri died at the age of 93.
'Maria Rejt, Andrea's editor at Pan Macmillan, said: "It is with great, great sadness that I heard of the passing of Andrea Camilleri earlier today. I have published the English translations of his novels for seventeen years now and, throughout that time, his passion for social justice and the people of Sicily - which shines through in everything he writes - has never wavered. The millions of readers he has gained over the world are a testament to the universality of his characters, principles and literary genius. The legacy he leaves us is beyond measure."
'Andrea Camilleri was one of Italy's most famous contemporary writers. The Inspector Montalbano series, which has sold over 65 million copies worldwide, has been translated into thirty-two languages and was adapted for Italian television, screened on BBC4. The Potter's Field, the thirteenth book in the series, was awarded the Crime Writers' Association's International Dagger for the best crime novel translated into English. In addition to his phenomenally successful Inspector Montalbano series, he was also the author of the historical comic mysteries Hunting Season and The Brewer of Preston. He lived in Rome.
'Andrea Camilleri 6 September 1925 - 17 July 2019.'
 
 

La Voce di New York, 18.7.2019
Camilleri, Creator of Inspector Montalbano, Gave Sicily to the World
By describing the local, Camilleri tapped into the universal, and in the process taught us some life lessons


Andrea Camilleri eats "la cassatina" (Wikimedia/ SerStelitano)

The literary achievements of Andrea Camilleri, creator of the Inspector Montalbano series of crime fiction, are impressive. More than two dozen books just in that series, translated into 32 languages, millions of copies sold over the decades, multiple awards won; among which the prestigious International Dagger, the greatest honor that can be bestowed by the British Crime Writers Association. In addition to this impressive list, there is the Italian television adaptation of the Montalbano series, screened on RAI of course, but also on BBC Four and in 65 other countries. According to some sources, the popularity of Camilleri’s series “has brought tourists by the busload to Sicily”.
In my humble opinion, though, the most telling indication of the wild success that he achieved in his literary career is that Porto Empedocle, the true life model for Vigata, the fictional setting of the series, officially changed its name in 2003 to Porto Empedocle Vigata. Imagine a city, as rich with history as this one, that chooses to be associated with a fictional location. That is truly a compliment to the author. Of course, if we wanted to take a more cynical view, we could choose to see this as a bold-faced attempt at cashing in on a good thing: tourism. But let’s believe it is the former.
Either way, there is little doubt that Camilleri’s Commisario, (Inspector) Salvo Montalbano has become a beloved figure to millions of readers. His devil-may-care attitude towards life, though perpetually irritated, is highly attractive and to be envied—especially by people in places that don’t have the luxury to enjoy Vigata’s pace of life. He has a mistress, not a wife. Better still, most of the time she’s away in another city and Salvo doesn’t need to worry about the responsibilities and complications of the day-in, day-out proximity of a close relationship. His unfolds mostly on the phone. He eats in his favorite restaurant or has his ‘housekeeper’ prepare his meals, which he enjoys as a true gastronome, describing and savoring every bite. He lives in a house on the beach and takes time to swim every day, to sit and enjoy his cigarette, his glass of wine.
Of course, it’s true that his occupation is stressful. He has to solve crimes, deal with both Mafiosi and the internal corruption of the police department of Vigata. But overall, it’s a life that not only is to be envied, but that for millions of people represents the very stereotype of Italians and their love for the good life, the dolce far niente. If you ask an Italian–better still, a Sicilian–why is the Montalbano series so loved, he or she will likely reply that it’s a powerful antidote to nostalgia. This is indeed the question that I have posed to some of my Sicilian friends and invariably the answer is, “it reminds me of home.”
Camilleri started out his career as a stage and film director in the 1950’s. Most often, he directed plays by Brecht and Pirandello, the latter known to be a distant friend of his family. Perhaps as an indirect result, Pirandello’s work has exercised a notable influence on the Montalbano novels and numerous Pirandellian allusions or references may be found in them. As is well-known, Camilleri started writing novels at a relatively late age, in 1978 at 53. Il corso delle cose, (The Way Things Go) was followed by Un filo di fumo (A Thread of Smoke) in 1980 and neither one did particularly well. Perhaps because of this singular lack of success, he didn’t write another till 1992, and it wasn’t until 1994, at the ripe age of almost 70, that he published the first of his Montalbano novels, The Shape of Water (La forma dell’acqua).
The definition of ‘Literature’ is much more complicated than the average reader may suspect. As any academic or critic will tell you, there is literature with a small ‘l’ and literature with a capital ‘L’—the former for casual reading and the latter far more serious, a vehicle for commentary on, and understanding of, the world we live in with all its complexity and philosophical conundrums. Although admittedly, in the age of post-modernism such reverence for standards and the distinction made between high and low culture may have largely disappeared–but not totally. A ‘crime drama’ still today does not qualify as ‘serious literature’ and is unlikely to win any awards that are not circumscribed within its genre. To put this narrow categorization in perspective, consider that Elena Ferrante’s blockbusting tetralogy, My Brilliant Friend, despite its phenomenal success, its grittiness, its bitter denunciation of corruption and injustice, and its critical success, is still fighting against the equally problematic label of ‘chick-lit’ simply because it focuses on the experiences of women. Equally, many critics would say that Camilleri’s works cannot be compared to Leonardo Sciascia’s, another internationally renowned Sicilian author.
Camilleri and Ferrante’s works share some crucial elements. Both have dared to focus on a local area that is typically, though problematically, Italian. Camilleri focuses on Sicily, though by his own admission, not much on the Mafia because he doesn’t want to glorify it; Ferrante on Naples. While both of these regions are wonderfully gifted with history and natural beauty, they are nevertheless known more for endemic challenges such as poverty and corruption than otherwise. Ferrante and Camilleri manage to turn the local into the global, telling stories that are rooted deeply in a small area, yet simultaneously representing the universal human conflicts that every reader can identify with. Hence, they are both considered ‘glocal’ authors.
Both authors include dialect in their narratives, a decision that is usually avoided by authors because dialect makes reading the work more difficult and thus, it scares some readers away. And both have sold over 10 million copies worldwide, Camilleri over decades and Ferrante over the last 6 or 7 years.
Yet despite being ‘ghettoized’ into genre literature, Camilleri and Ferrante’s works have managed to cross some important boundaries. Most significantly, both have been translated into many languages, both have managed to capture the attention of critics and readers outside of Italy, and both have been taken seriously by academics—this perhaps more so for Ferrante. This is no mean feat. Contemporary Italian authors who have broken through the geographic wall to achieve international fame can be counted on the fingers of one hand: Calvino, Levi, Moravia, Maraini, Eco, and maybe Saviano. Indeed, to drive home this point there is even an article whose curious title is, “15 Contemporary Italian Writers You Should Read (who aren’t Elena Ferrante).” However, of those 15 only a few would be known outside of Italy.
Camilleri has thus achieved what few other authors have: loved by critics and readers alike, he will be missed by all those who so fervently looked forward to one more Montalbano story.
Grace Russo Bullaro
 
 

La Voce di New York, 18.7.2019
Sciascianamente
Andrea Camilleri, scrittore godibile, ma di Sciascia non aveva capito nulla
Il Camilleri scrittore è fascinoso e intrigante, con straordinaria capacità affabulatoria. Ma nel criticare il "Giorno della Civetta" si capì che non capiva

Chiedo scusa se sarò un poco “bastian contrario” rispetto al profluvio di elogi che si tributano e si tributeranno ancora su Andrea Camilleri. Come dicevano i latini? “Amicus Plato, sed magis amica veritas”. Ecco.
Camilleri è scrittore “leggero” e denso insieme. Quasi tutti i suoi cento e passa libri ben figurano in una biblioteca che si rispetti. E’ godibile autore di intrattenimento, che ha ben compreso la tecnica del “dialogo”, e sa come catturare il lettore. Non c’è nulla di male, anzi c’è tutto di bene, a esser “popolari”. E come per Georges Simenon i libri migliori sono quelli che non hanno per protagonista il commissario Jules Maigret, per Camilleri bisogna cercare quelli che non raccontano del Salvo Montalbano.
A Camilleri, tuttavia, rimprovero una cialtronata mai emendata: l’aver sostenuto che: Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia
“è uno di quei libri che non avrei voluto fossero mai stati scritti. Ho una mia personale teoria. Non si può fare di un mafioso un protagonista, perché diventa eroe e viene nobilitato dalla scrittura. Don Mariano Arena, il capomafia del Giorno della civetta, giganteggia. Quella sua classificazione degli uomini – omini, sott’omini, ominicchi, piglia ‘n culo e quaquaraquà – la condividiamo tutti. Quindi finisce con l’essere indirettamente una sorta di illustrazione positiva del mafioso e ci fa dimenticare che è il mandante di omicidi e fatti di sangue. Questi sono i pericoli che si corrono quando si scrive di mafia. La letteratura migliore per parlare di mafia sono i verbali dei poliziotti e le sentenzedei giudici“.
Camilleri di tutta evidenza non ha capito nulla di Sciascia [Sci!, NdCFC]: che proprio ne “Il giorno della civetta”, e con trent’anni di anticipo, indica la strada del diritto e della legge per contrastare e sconfiggere la mafia: seguire la pista del denaro. Quella “lezione” che segue Giovanni Falcone, che appunto ne fa tesoro, e opera di conseguenza: “follow the money”. Il denaro, è noto, non puzza; ma una scia la lascia, a volerla e saperla vedere.
Ecco: il Camilleri scrittore è fascinoso e intrigante, con quella sua straordinaria capacità affabulatoria. Del Camilleri politico si può discutere, ma il mondo è bello perché è vario; e ognuno è libero di poter esprimere le sue “extravaganze”. Del Camilleri “lettore” di Sciascia si può dire, senza timore di smentita che nulla aveva capito; e anche questo va ricordato.
Valter Vecellio
 
 

Articolo21, 18.7.2019
Una storia di terra, di mare e di sirene. Maruzza, la sirena incantatrice di Camilleri in scena incanta i teatri italiani



Maruzza Musumeci
dal romanzo di Andrea Camilleri
Riduzione teatrale di Pietro Montandon
Regia di Daniela Ardini
Con Pietro Montandon

Il sortilegio affabulatorio di Andrea Camilleri trova voce e corpo in un monologo intriso di terragna umanità, di sussulti della carne, di inquietudini dello spirito, di malìe, di echi di un “immaginario” inciso nella memoria degli uomini, gravido di sortilegi e accennati cannibalismi, di sonorità preziose, di allestimenti scenografici essenziali e polifunzionali, di una straordinaria varietà di moduli e registri interpretativi, di umori contrastanti, esibiti con devozione votiva a un testo reso vivo e palpitante dalla pregnanza fisica, vocale, umana di un poliedrico Montandon, ispirato da uno dei testi più affascinanti di Andrea Camilleri “Maruzza Musumeci”. Sedotto dalle doti narrative dello scrittore, reso celebre purtroppo soprattutto dal popolare Montalbano, nell’omonimo spettacolo, tratto dal singolare romanzo, a nostro avviso uno dei più interessanti della sua vasta produzione, Pietro Montandon ne ha curato la riduzione e se ne è fatto unico, sensibile, fedele interprete. “Cunto” popolare e colto, vergato da una penna felice, il racconto di uomini e sirene, irrompendo negli schemi popolari per assumere toni mitici, epici, velati da una sottile ironia, erompe con il suo fascino incantatore, come canto di sirena.
Che cosa accade quando un uomo, un maturo terragno, si innamora perdutamente di una giovane donna-sirena, fino a volerla in sposa, amandola per tutta la vita, mettendo al mondo sirenidi, lui che teme il mare e non lo vuole vedere neanche da lontano? Sono così diversi… Eppure resteranno insieme a Ninfa, contrada soleggiata sulle coste dell’Isola, tutta la vita, amandosi, venendosi incontro, rispettando le zone oscure, mantenendo vivo un sentimento che nutrirà la loro vita e quella dei loro figli.
Si può amare la diversità. Anche le sirene vogliono amore, quell’amore che è incantamento e rispetto del mistero dell’altro. Ignazio, forte di questo amore, asseconderà le stranezze di Maruzza, irretito dalla sua straordinaria bellezza, dalla sua voce, dalla sua passione carnale. Costruirà per lei una stanza da cui vedere il mare e due cisterne dove immergersi nuda, quando il richiamo del mare diviene insopprimibile. Lei, pur nell’ambiguità della sua doppia natura, gli regalerà la sua giovinezza, il suo ardore, il suo amore, i figli. Le sirene non sono più assassine. Come la Lighea di Lampedusa, ora diventano amanti sensuali e appassionate.
Tuttavia nella fiaba arcaica si introduce strisciante una sfumatura noir che come un filo teso percorre l’intera storia. L’ “addomesticamento” della misteriosa creatura non sarà senza spargimento di sangue. Maruzza e la sua Catananna Menica, con la quale parla in greco antico, complici, agiranno per l’ultima volta con la leggendaria ferinità. A farne le spese saranno il contadino Ulisse padre e Ulisse figlio. Le sirene non perdonano e non dimenticano.
Tra echi leggendari si incunea la materica forza di una Sicilia senza contorni, stretta tra l’odore della terra e la forza del mare, srotolandosi sul palco, guidata da un’alchemica e sapiente mano registica che dona agli spettatori questa singolare vicenda, dove si mescolano, sul filo di una intensa narrazione dal ritmo teso e vibrante, scene/quadri, volti, atmosfere aspre e sensuali condite da un umorismo sottile e benevolo, in efficace contrasto con gli ardori poetici dei momenti surreali.
La esperita naturalezza dell’intensa e variegata interpretazione di Pietro Montandon fa di questa trasposizione drammaturgica del piccolo gioiello di Camilleri una pietra preziosa da incastonare nella già onusta carriera dell’apprezzato attore siciliano.
Anna Di Mauro
 
 

Roma Today, 19.7.2019
Prati / Via Asiago
La Roma di Andrea Camilleri: in Prati il ricordo del Maestro tra le strade del suo vissuto quotidiano
Lo scrittore Andrea Camilleri è ancora presente in via Asiago, strada dove risiedeva il maestro siciliano. I commercianti della zona parlano ancora di lui

A pochi giorni dalla scomparsa di uno degli scrittori più rilevanti degli ultimi trent’anni. Siamo stati tra le strade della sua abitazione in via Asiago, nel quartiere Prati dove in Via Asiago si trova l'abitazione di Andrea Camilleri. Scopriamo com' era quando non stava alle prese con la sua amata compagna di viaggio, la scrittura. Gli esercenti del luogo a causa dei problemi di salute dello scrittore erano quasi tre anni che non lo vedevano. Eppure sembra che manchi da solo 5 minuti tra le strade del quartie. Il tempo di una sigaretta. La sua ennesima. I commercianti della zona, che hanno un bel rapporto anche con la moglie dello scrittore, Rosetta Del Siesta [Sic, NdCFC], dipingono un'immagine di Camilleri viva e colorata, Ciò non lascia dubbi che il ricordo del maestro sarà sempre parte del presente della città.
I posti frequentati dal Maestro
Via Asiago è stata molto trafficata negli ultimi giorni, in quella traversa che sembra faccia quasi da perno alla perpendicolare via Montello, adiacente a piazza Mazzini, si trova l’abitazione dello scrittore Andrea Camilleri. Proprio in via Montello ci sono i negozi dove la signora Rosetta, moglie dello scrittore siciliano si reca per fare la spesa. La gastronomia Ercoli-1928, la frutteria Verdemela e la tabaccheria alle spalle di via Montello, dove gli esercenti sono amici della famiglia Camilleri da più di vent’anni. Un altro posto in cui il maestro era molto noto e ben visto, soprattutto per le sue qualità umane è l’edicola in via Oslavia, poco distante da via Asiago, lì è nata un’altra bella amicizia con Gioachino Howrand e Annamaria Ghingo, titolari dell’edicola.
“Un uomo sempre disponibile”
E’ l’affermazione su Andrea Camilleri di Giancarlo Pontisso, titolare della tabaccheria in via Cantore, che diviene quasi un intercalare quando ci parla del maestro siciliano. “Un uomo aperto, molto aperto e cordiale, soprattutto con i giovani con i quali si trovava a chiacchierare e dispensare consigli senza essere saccente. Anche io, in prima persona, ho avuto modo di riscontrare la sua cordialità. Ricordo che più di vent’anni fa ebbi un piccolo qui pro quo con la regione Sicilia, alla quale pago l’affitto dei locali dove esercito la professione; lui mi diede un valido aiuto a risolvere il tutto”. Il signor Giancarlo parla di Camilleri in modo molto spontaneo mentre è in attesa alla cornetta di una telefonata di lavoro, quasi a sottolineare che nel rapporto che aveva con il maestro non c’è stato ancora distacco. Nella semplicità di quello che racconta comunica la stessa semplicità che apparteneva ad Andrea Camilleri. Giancarlo Pontisso ci racconta anche del rapporto molto unito tra sua madre, Antonietta Pontisso tutt’ora presente all’interno dell’attività del tabacchi, e la madre di Camilleri. “Insieme mentre chiacchieravano andavano al bar per la colazione o a prendere i pasticcini”.
All’edicola di Barbara, il commissario Montalbano e l’agente Catarella parlavano russo
In via Oslavia, si trova l’edicola della famiglia Howrand, aperta fino dagli anni’70 e gestita per la maggior parte del tempo da Barbara, figlia di Gioachino e Annamaria Ghingo. Anche i genitori di Barbara dicono che non vedono il maestro da quando la cecità ha costretto lo scrittore ad uscire da casa in maniera sempre più eccezionale. Tra tanti ricordi uno ne emerge in particolare. Riguarda la traduzione in russo del commissario Montalbano. Il signor Gioachino spiega come Camilleri fosse preoccupato su come apparisse la figura dell’agente Catarella, accompagnatore delle avventure di Montalbano. “Temeva che perdesse di ironia, per accettarsi che così non fosse, chiese consigli a mia moglie Annamaria, che è laureata in lingue e conoscendo bene il russo gli diede un supporto. Nel confrontarsi con mia moglie nascevano conversazioni di grande ironia e si avvertiva la spontaneità di un uomo che portava tanto di questa sua qualità anche nel suo lavoro in modo da farci capire che fosse una persona autentica”.
Amante della pasta alla norma e di asparagi
“Da buon siciliano era amante della pasta alla norma, ma anche gli asparagi gli piacevano molto e la moglie teneva a comprarglieli per che gli facevano bene”. Con queste parole cordiali, Luciana Venditti, titolare della frutteria di fiducia della famiglia Camilleri, parla dei gusti culinari dell’autore di Porto Empedocle. Anche Luciana ci conferma che sono quasi tre anni che Camilleri non è più noto tra le strade del quartiere, “ma rimane indelebile l’immagine lenta e rasserenante di un uomo che da lontano s’intravedeva uscire da casa e a passo lento si avvicinava verso il bar Ercoli per prendere il caffè. L’immagine di un uomo sempre con la stecca di sigarette che teneva sotto il braccio e che nel settembre di tre anni, ha regalato una grande emozione. “In occasione del suo novantesimo compleanno fu chiusa la strada in via Asiago e fu allestito un palco appositamente per Camilleri, per fare in modo che si potesse festeggiare non solo l’indiscutibile scrittore ma anche la persona, la gran bella persona che è stata”.
Emiliano De Magistris
 
 

Internazionale n.1316, 19.7.2019
Visti dagli altri
Andrea Camilleri padre del giallo all'italiana
Cliccare qui per l'articolo in pdf
Lo scrittore siciliano è morto a Roma il 17 luglio all'età di 93 anni. Con il commissario Montalbano ha inventato un nuovo genere, letterario e linguistico
Abel Mestre, Le Monde, Francia
 
 

MicroMega, 19.7.2019
“Tutto Camilleri”. MicroMega ricorda con una doppia pubblicazione il grande scrittore e amico

A pochi giorni dalla sua morte, MicroMega rende il proprio omaggio ad Andrea Camilleri e lo fa pubblicando due volumi (in edicola da sabato 20 luglio a Roma e da martedì 23 nel resto d'Italia e acquistabili separatamente).
Il primo offre ai lettori i testi, i discorsi, gli appelli da Camilleri vergati, pronunciati o fatti propri negli ultimi 20 anni, che ci restituiscono uno spaccato della storia del nostro paese dal 1999 a oggi e con esso tutto l’impegno di un uomo che non ha mancato di intervenire in maniera diretta nel dibattito pubblico, con l’integrità che caratterizza i veri intellettuali, spendendo e mettendo a rischio la sua enorme popolarità per cause che andavano contro lo spirito dei tempi.
Il secondo volume è la ristampa fedele del numero monografico, dal titolo “Camilleri sono”, dedicato allo scrittore nel 2018, in cui – oltre a una bellissima e intensa testimonianza dello stesso Camilleri, che ripercorre tutti momenti salienti della propria vita artistica e del proprio impegno civile e politico – amici, colleghi e collaboratori (da Luca Zingaretti a Michele Riondino, da Maurizio de Giovanni a Simonetta Agnello Hornby, per citarne solo alcuni) raccontano il proprio rapporto con il Camilleri scrittore e il Camilleri uomo, tratteggiando un ritratto a tutto tondo della sua persona e della sua arte.
Una pubblicazione per onorare il ricordo di Andrea e per tenere nei nostri scaffali, fisicamente, il ricordo e l’insegnamento di uno tra i più grandi scrittori italiani a cavallo degli ultimi due secoli, l’ultima grande figura di intellettuale impegnato che abbia avuto il nostro paese.
IL SOMMARIO DEL PRIMO VOLUME: 'TUTTO CAMILLERI'
Arlecchino o della sinistra (da MicroMega 2/1999)
Il filosofo e il tiranno (da MicroMega 4/1999)
Storie di mafia e Dc ad uso degli smemorati (da MicroMega 5/1999)
Cinque favole sul Cavaliere (da MicroMega 4/2000)
L’ora di religione (da MicroMega 4/2000)
Cinque favole politicamente scorrette (da MicroMega 2/2001)
Lettere dal regime prossimo venturo (da la primavera di MicroMega n. -5/0, aprile-maggio 2001)
La realtà oltre la fantasia (da MicroMega 1/2002)
La primavera dei movimenti (da MicroMega 2/2002)
L’impossibilità del racconto (da MicroMega 3/2002)
Dormire, svegliarsi forse… (da MicroMega 2/2006)
Diario del commissario Montalbano (da la primavera di MicroMega n. 1-8, marzo-aprile 2006)
Perché faccio scomparire il commissario Montalbano (da la primavera di MicroMega n. 3, marzo 2006)
In memoriam (da la primavera di MicroMega n. 6, aprile 2006)
Naufragio annunciato (da MicroMega 6/2007)
Poesie incivili (da MicroMega 4/2008, volume speciale luglio 2008 e 6/2008)
Il partito dei senza partito (da MicroMega 1/2009)
Esiste una destra civile? (da MicroMega 3/2010)
Homo berlusconensis (da MicroMega 1/2011)
La rottamazione (da MicroMega 3/2011)
La mia polizia e la loro (da MicroMega 4/2011)
Il mio amico cinema (da MicroMega 6/2011)
Alla ricerca dell’impegno perduto (da MicroMega 6/2013)
Del Sessantotto e altre eresie (da MicroMega 1/2018)
Camilleri sono (da MicroMega 5/2018)
SULLE BARRICATE
* * *
IL SOMMARIO DEL SECONDO VOLUME: 'CAMILLERI SONO'
NEL CORSO DI UNA VITA
Andrea Camilleri – Camilleri sono
Lo scorso giugno, a quasi novantatré anni e dopo quasi quarant’anni di assenza dalla scena, ormai cieco, Andrea Camilleri è tornato in teatro, recitando un monologo su Tiresia scritto da lui stesso. Un modo per chiudere e riaprire il cerchio della sua vita artistica e letteraria che proprio in teatro era iniziata nel 1947. In questa lunga testimonianza lo scrittore racconta i suoi esordi da piccolo poeta ‘fascista’, i lunghi anni dedicati al teatro, il passaggio alla letteratura, la faticosa invenzione del vigatese, il ricatto di Montalbano, le donne dei suoi romanzi e della sua vita, il suo impegno civile e politico. Un intellettuale sempre coerente, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento.
ICEBERG 1 – Camilleri scrittore-scrittore
Salvatore Silvano Nigro – Il sistema Camilleri
La ‘verità’ non è mai in bianco e nero nei romanzi di Camilleri, i ‘buoni’ non è detto che siano sempre completamente buoni, e la stessa cosa dicasi per i ‘cattivi’. Questo vale sicuramente per i romanzi storici, ma anche per i gialli, nei quali la scoperta dell’assassino non è la principale spinta ad andare avanti nella lettura. A Montalbano e ai suoi lettori interessano sempre meno le finali manette ai polsi, li appaga l’investigazione in sé, con il coinvolgimento emotivo che comporta. Questo sguardo, insieme a quell’originalissima lingua d’invenzione che è il vigatese, è ciò che tiene insieme tutta la sterminata produzione letteraria di Camilleri in un unico sistema.
Nunzio La Fauci – L’oceano linguistico di Camilleri
Bisogna distinguere due ‘Andrea Camilleri’: la persona e la funzione. Come persona, suscita un’ammirazione inesauribile e merita una permanente gratitudine per il suo generoso contributo allo spasso dell’umanità. La funzione ‘Andrea Camilleri’ è anzitutto un fenomeno linguistico, incarnando in una forma pressoché perfetta l’identità linguistica italiana, la cui essenza sta,a differenza di altre, nella commistione tra italiano standard e varietà dialettali. Camilleri però non si limita a mescolare italiano e siciliano, ma plasma il materiale linguistico a suo piacimento, creando dei giochi del tutto originali che non corrispondono a nessuna parlata reale. In una produzione letteraria che chiede anche la complicità del lettore e nella quale l’incidenza dell’apparire è cresciuta sempre più sopra quella dell’essere.
Giuseppe Marci – CamillerIndex. Il valore etico e letterario dell’opera camilleriana
Tutto nasce da un incontro in aeroporto in cui Camilleri si trova davanti “Montalbano in persona, con sotto braccio una copia del Birraio di Preston”. Si trattava in realtà del professore di Letteratura dell’Università di Cagliari che lo aveva invitato per un seminario. Da allora inizia un lungo sodalizio personale e letterario, culminato in molte iniziative, dai Quaderni camilleriani all’Index delle sue opere.
Marilù Oliva – Mogli, buttane e regine. Le fìmmine nella narrativa storica di Camilleri
Dalle donne metamorfiche della trilogia mitologica alla viceregina di La rivoluzione della luna, il caleidoscopio delle figure femminili nei romanzi e nei racconti storici di Camilleri è ricco e complesso. L’atto rivoluzionario dell’autore girgentino è stato infatti proprio quello di non essersi appiattito nello stereotipo della donna angelo del focolare o in quello della licenziosa, ma di aver dipinto figure dotate di spirito intraprendente, intelligenza, consapevolezza, arguzia, autodeterminazione.
ICEBERG 2 – sul piccolo schermo
Luca Zingaretti – Un personaggio in cerca d’attore
Incappò in un libro su Montalbano per puro caso e fu subito amore per quel personaggio da cui si sentiva tirato per la giacca. L’attore che ha dato il proprio volto al commissario più famoso della tv italiana racconta il suo primo incontro (all’Accademia nazionale d’arte drammatica, dove ha studiato tre anni) con quello che poi sarà il padre del suo personaggio, la scoperta del Camilleri scrittore, l’approdo alla serie e il lavoro sul set, in questa sorta di ‘bolla magica’ che si crea durante le riprese grazie a uno staff che da vent’anni lavora dando sempre il massimo.
Alberto Sironi – La creazione del cinema televisivo italiano
Paesaggi, musiche, cast, costumi: costruire cinematograficamente un mondo richiede pazienza e ricerca. Se poi quel mondo è la Sicilia del commissario Montalbano, vale a dire la Sicilia dell’infanzia di Andrea Camilleri, il lavoro è ancora più complesso: perché occorre richiamare un odore di antico all’interno di storie contemporanee. Dal provino di Luca Zingaretti – che scalzò da subito ogni altro candidato – alle straordinarie ambientazioni, il regista Alberto Sironi racconta passo passo la nascita del prodotto televisivo di maggior successo della televisione italiana, che ha creato un modello capace di conquistare i network mondiali.
Carlo Degli Esposti – La sfida di Montalbano in tv
Sono più di 30 i film per la televisione tratti dai romanzi e dai racconti sul commissario Montalbano. Alcune puntate fanno numeri da finali calcistiche. ‘Montalbano sono’ è ormai un modo di dire, i silenzi di Salvo mentre mangia o le sue lunghe nuotate mattutine sono entrati nell’immaginario collettivo. La serie tv tratta dai romanzi di Camilleri ha centrato un obiettivo difficilissimo: tenere insieme altissima qualità del prodotto e straordinaria popolarità. Il suo produttore ci racconta genesi e ‘segreti’ di un successo senza precedenti.
Luciano Ricceri – Alla ricerca di Vigàta
Vigàta non esiste, è un luogo immaginario della fantasia di Camilleri, che evoca una Sicilia fuori dal tempo. Ed è questa atmosfera quasi ‘metafisica’ che lo scenografo ha voluto ricreare percorrendo la Sicilia in lungo e in largo, e decidendo di fermarsi poi nel Ragusano. In quel fazzoletto di terra, mettendo insieme spicchi presi da diversi paesini, svuotando piazze e strade, è nata la Vigàta che tutti noi conosciamo e riconosciamo sul piccolo schermo.
Michele Riondino – Il rischio del ‘secondo’ Montalbano
Dalle incertezze iniziali – quando pensava che quella del Giovane Montalbano fosse un’operazione meramente commerciale – al primo incontro con Andrea Camilleri, che lo persuase a buttarsi nell’avventura: Michele Riondino racconta la costruzione del suo giovane Montalbano nonché l’impegno per la trasposizione televisiva del romanzo storico La mossa del cavallo, che lo ha visto ugualmente protagonista.
Gianluca Maria Tavarelli – Da Il giovane Montalbano al romanzo storico
Dalla scommessa di portare sullo schermo Il Giovane Montalbano alla sfida di trasporre televisivamente per la prima volta uno dei romanzi storici di Andrea Camilleri – cui l’autore è particolarmente legato: La mossa del cavallo. Il regista che ha compiuto entrambe le ‘imprese’ racconta genesi e sviluppo dei due progetti e in particolare i passaggi fondamentali di quel processo di ricerca di una propria identità, necessario per costruire un immaginario nuovo e diverso rispetto alla serie sul commissario con Luca Zingaretti.
Franco Piersanti – Montalbano Suite
La sigla di Montalbano è ormai diventata un’‘icona’ musicale, parte integrante e inscindibile della serie tv, al pari dell’ambientazione. Una musica con una forte identità, immediatamente riconoscibile eppure quasi irriproducibile, trattandosi di un brano molto lontano dai facili motivetti. “Una specie di tango ansimante che, in realtà, contiene qualcosa del teatro dei pupi. Dietro c’è l’ombra di un dialetto che racconta le favole, favole che sono anche capaci di fare paura”. Il compositore che l’ha creata ci racconta com’è nato quel brano e tutti gli altri che costituiscono la colonna sonora di Montalbano, ormai divenuta una vera e propria libreria musicale.
Francesco Bruni – La sceneggiatura un esercizio di equilibrio
I gialli, per gli sceneggiatori, sono il paradigma perfetto della narrazione, perché, almeno teoricamente, nessuna scena è inutile, ma tutto spinge in una precisa direzione: la scoperta della verità. Il lavoro si fa però più arduo (ma anche più avvincente) se l’autore è uno scrittore della portata di Andrea Camilleri, perché i suoi sono gialli di grande ricchezza e complessità narrativa. Lo sceneggiatore della serie più di successo della tv italiana racconta il processo che dalla pagina porta allo schermo.
ICEBERG 3 – Il vigatese in giro per il mondo
Stephen Sartarelli – La chiave è l’invenzione
L’espediente più comune quando si ha di fronte un testo che mischia la lingua standard con un dialetto è tradurre quest’ultimo con un dialetto della propria lingua. Errore madornale, in cui sono caduti anche traduttori di altissimo livello. Perché ogni dialetto è inestricabilmente legato al luogo in cui è nato e sentire mafiosi o poliziotti siciliani parlare come dei pastori delle highlands sarebbe più che ridicolo. Come affrontare allora l’‘ascesa’ di tradurre Camilleri? Affidandosi alla fantasia. E come Camilleri ha inventato il vigatese, il suo traduttore inglese ha inventato il suo vigatese anglo-americano da collage.
Pau Vidal – Enigmistica e pirotecnica per Camilleri in catalano
Dall’invidia nei confronti del primo traduttore provata leggendo La concessione del telefono alla ‘sfacciata’ proposta che quel lavoro venisse affidato a lui, forte della sua esperienza di autore di giochi enigmistici per El País. II traduttore catalano di Andrea Camilleri racconta il percorso che, tra tentativi ed esperimenti linguistici, lo ha condotto ad affinare la sua strategia per affrontare la pirotecnia verbale dello scrittore siciliano.
Moshe Kahn – Ogni traduzione è una nuova sfida
Tradurre non significa semplicemente rendere il senso di una frase, ma anche l’atmosfera, il ritmo, lo stile. È quindi un’operazione letteraria complessa, nella quale per Camilleri si aggiunge l’ulteriore livello del vigatese. Non c’è una regola universale per rendere in una lingua diversa dall’originale questi linguaggi particolari, perché un espediente che ha funzionato con un autore non è detto che funzioni per un altro. Ogni traduzione è una sfida a sé. Una sfida più semplice quando il traduttore può affidarsi alla solidità della narrazione, come nel caso di Camilleri.
Serge Quadruppani – Contro il grammaticalmente corretto
È nella ricca biblioteca della sua compagna dell’epoca che, nel 1997, il futuro traduttore francese di Andrea Camilleri scopre quella lussureggiante selva di lingue, parole, immagini e significati nata dalla penna del padre di Montalbano. Una selva in cui la difficoltà principale, come scoprirà ben presto, è quella di rendere il camillerese, questo italiano sicilianizzato che è una creazione tutta personale dell’autore e che richiederà di sfuggire alla dittatura della ‘fluidità’ e del ‘grammaticalmente corretto’ che aveva imposto a generazioni di lettori francesi un’idea troppo vaga dello stile reale di tanti autori.
ICEBERG 4 – Camilleri scrittore civile
Maurizio de Giovanni – Maestro di scrittura e di vita
Oggi la letteratura mainstream è sostanzialmente letteratura borghese. Gli unici a fare romanzi sociali, magari inconsapevolmente, sono i giallisti tra i quali, in Italia, si contano autori di grande qualità, tutti debitori di chi ha dato a questo genere la dignità letteraria che merita: Andrea Camilleri. Un intellettuale a tutto tondo, che non si è mai sottratto all’impegno civile e politico, che secondo de Giovanni è responsabilità e dovere di chi, a qualsiasi titolo, ha un “microfono in mano”. Un maestro di tutti noi, di scrittura e di vita.
Giovanni De Luna – Una fonte per gli storici del futuro
Gli studiosi che fra qualche tempo vorranno ricostruire le vicende italiane degli ultimi trent’anni troveranno nei romanzi di Camilleri un gigantesco giacimento documentario e archivistico al quale attingere. C’è infatti nei suoi libri la capacità di rispecchiare quell’insieme di scelte, comportamenti, bisogni, emozioni che definiscono l’esistenza collettiva di un paese. Ma c’è, soprattutto, una particolare efficacia nell’aiutarci a penetrare nelle profondità del rapporto tra realtà e rappresentazione della realtà, svelandone la finzione, abituandoci a una consapevolezza critica da usare come antidoto nei confronti di mitologie che appartengono oggi al mercato e ai media, così come in passato appartenevano ai regimi totalitari.
Tomaso Montanari – La scrittura e l’impegno
Una delle caratteristiche principali di Camilleri, tra gli autori italiani contemporanei più amati, è il suo cristallino e generoso impegno civile e politico, che lo scrittore non ha mai sentito disgiunto dalla sua attività letteraria. Un intellettuale a tutto tondo, di quelli che oggi scarseggiano nel nostro paese, capace di prendere posizioni nette senza guardare in faccia nessuno, né il potente di turno né i propri lettori.
ICEBERG 5 – Il ‘mio’ Camilleri
Valentina Alferj – La ‘magarìa’ di un incontro
“Mi sono ricordato dei tuoi occhi intelligenti e ti volevo chiedere di venire a lavorare per me”. È così che inizia il rapporto professionale e di amicizia tra Andrea Camilleri e Valentina Alferj, che qui ripercorre questi sedici anni di fruttuosa collaborazione: dai primi tempi, in cui andava a casa dello scrittore qualche pomeriggio a settimana per rispondere alle lettere e agli inviti, a oggi che ne è diventata gli occhi e la penna.
Corrado Empoli – Un poliziotto per amico
Le lunghe chiacchierate al Bar Vigàta a Porto Empedocle, le telefonate, i racconti di aneddoti della vita reale di chi lavora ogni giorno in commissariato. Corrado Empoli, poliziotto siciliano a capo della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Bologna, a lungo impegnato ad Agrigento, racconta del suo rapporto con ‘il professore’ rivelando alcuni dettagli del suo lavoro che sono finiti nei romanzi di Camilleri. Un’amicizia di cui va molto fiero e che gli ha lasciato tanto: “Come uomo e come poliziotto, gli insegnamenti del professore hanno avuto un grande peso nel tracciare il mio percorso di buonsenso e imparzialità”.
Antonio Sellerio – Camilleri in blu
Dal primo incontro come scrittore – con La stagione della caccia, che gli provocò un piacere nella lettura raramente provato prima – a quello dal vivo, in cui fu subito palese che, al di là del talento, fosse una persona con un carisma straordinario, fino alla dolorosa perdita dei genitori, periodo in cui lo sentì più vicino che mai: l’erede di Elvira ed Enzo Sellerio racconta il suo rapporto con Andrea Camilleri.
Simonetta Agnello Hornby – Il Nobel non è degno di Camilleri
Lo amava già come scrittore, poi sentendolo parlare in pubblico decide che la presentazione del suo primo libro avrebbe dovuto farla lui. È così che, tra lo scetticismo di amici e parenti, l’allora neoscrittrice Simonetta Agnello Hornby prende carta e penna e scrive una lettera al già celebre Andrea Camilleri per sondare la sua disponibilità. Passano tre giorni e poi, inaspettata, la telefonata di Andrea: “Venga a trovarmi”.
 
 

La Verità, 19.7.2019
La Chiesa fa quasi santo Camilleri ma lui lanciava uova al crocifisso
«L’Osservatore Romano» ricorda divertito una bestemmia dello scrittore davanti al futuro papa Roncalli. «La Civiltà Cattolica» e «Avvenire» si accodano, scordando che il papà di Montalbano era ateo e anticlericale.

Andrea Camilleri in paradiso senza passare dal giudizio universale. Un biglietto «saltafila» (come per salire all'Empire State Building), settore fumatori, non si può negare al papà del commissario Montalbano anche se era un mangiapreti; dopo aver perso due milioni di contribuenti con l'ossessione per i migranti, la Chiesa non può permettersi di indurre al cattivo umore i milioni di frequentatori della fiction. Così La bestemmia letteraria. È l'ultima trovata da sacrestia, il modo migliore per mandare L'Osservatore Romano celebra uno degli autori più anticlericali dell'ultimo mezzo secolo non per la caratura letteraria (che scricchiola), ma per una parola blasfema pronunciata davanti a un futuro pontefice.
La faccenda è curiosa, sembra il mondo al contrario, invece è un aneddoto che al giornale del Papa piace parecchio. Ne parla Giovanni Ricciardi sotto il titolo «Le nuvolette di Camilleri». Erano gli anni Cinquanta e alla Cittadella di Assisi la Rai stava preparando uno spettacolo teatrale per la regia dello scrittore.
«La questione verteva sulla forma di alcune nuvolette da disporre sulla scena a simboleggiare in modo minimalista il paradiso. Un suo irrequieto collaboratore a cui non piacevano si accingeva a distruggerle», prosegue il corsivo, «quando Camilleri per fermarlo lo apostrofò con quel corredo improprio (la bestemmia) senza accorgersi che la platea era affollata di prelati». C'era anche Angelo Roncalli, che sarebbe diventato papa, al quale il regista chiese scusa.
Ora, la nostra intenzione non è evocare una ridicola indignazione 70 anni dopo in nome di papa San Giovanni XXIII - che, essendo bergamasco, di saracche dalle impalcature della Val Brembana ne avrà sentite collezioni -, ma sottolineare l'allegra leggerezza con cui la voce ufficiale del Vaticano tratta un personaggio che ha disprezzato la religione per tutta la vita. A tal punto da chiedere di essere sepolto nel cimitero Acattolico di Roma. Dettaglio che non affiora sul giornale del Vaticano, preoccupato di stiracchiare un parallelo alla cannabis fra lo scrittore siciliano e Alessandro Manzoni, neanche fossero lontani parenti. L'abbraccio acritico al tipaccio che cominciò a tirare uova contro il crocifisso a 14 anni e non ha mai smesso, suona stupefacente e falso come la risata a comando a una barzelletta di Silvio Berlusconi.
Isole nella corrente, dentro il mare caldo del conformismo. È l'impressione che ti assale nel leggere anche le due pagine dedicate a Camilleri da Avvenire, dove c'è tutto ciò che hai già letto su Repubblica. Quindi non che legittimò il massacro di studenti a Tienanmen, non che tollerò e spiegò la necessità dei gulag sovietici. E non che, da iscritto al Pei nell'Immediato dopoguerra, quando ha potuto, ha magnificato il paradiso comunista nel quale si radevano al suolo le chiese per costruire piscine del popolo. In un'intervista disse: «Dio non sta nella mia vita. Ci stanno molte cose, ci sta l'idea di spirito, non ci sta materialismo banale o altro. Ci sta Perché non possiamo dirci cristiani di Benedetto Croce. Ma la fede, quella non ce l'ho. E in fondo mi dispiace perché un po' di fede mi farebbe avere meno paura».
Questo altopiano battuto dal vento in cui Dio e la Chiesa non esistono, è rappresentato benissimo nei suoi oltre 100 libri. Scrive sul blog Catholica Forma don Ignazio Abuna, già parroco di Scicli, direttore dell'Ufficio diocesano per l'Ecumenismo di Noto, che conosce bene la Sicilia di Montalbano: «In Camilleri preti e Chiesa, quando ci sono, sono trattati sempre nell'unico modo anticlericale e illuminista secondo il vecchio cliché stantio. La Chiesa è oscurantista, alleata dei potenti e dei mafiosi, concorre allo sfruttamento dei poveri. E i preti sono mezze figure che pensano a fare soldi vendendo sacramenti e bolle di indulgenze o a fare i mezzani tramite il plagio nel confessionale. Tutte le dimensioni della Sicilia sono illustrare tranne una, quella della religione. Penso a don Luigi Sturzo, a don Pino Puglisi ucciso dalla mafia. Cos'erano, sardi o veneti?».
Ha ragione, i cabasisi vorticano. Dettagli insignificanti per i giornali cattolici impegnati a esplorare gli orizzonti dell'ovvio. Non si scompone neppure Dario Edoardo Viganò, assessore presso il Dicastero per la comunicazione della Santa sede. Anzi flauta: «Ci ha regalato un racconto di umanità resiliente che guarda all'orizzonte con ironia e tenacia». L'ineffabile padre Antonio Spadaro (direttore della Civiltà Cattolica) chiude il de profundis ringraziando stile salmo: «La tua passione ci accompagna nel fare la nostra parte perché la nostra Italia sia più sana, sia migliore». Senza Dio e con qualche bestemmione in più.
Giorgio Gandola


Per i media è un genio anche se non ha inventato nulla
I giornali celebrano l’autore siciliano come se fosse un vate. Però la grande notorietà gliel’ha data solamente la televisione.

«Pronto maestro, sarebbe d'accordo nell’istituire una giornata per la memoria, che ricordi i crimini commessi dai regimi comunisti in tutto il mondo?». Andrea Camilleri risponde: «Che mi rappresenta questa proposta? No, non sono d'accordo. Mi basta ricordare gli orrori dei nazisti, con la giornata sulla Shoah...».
Camilleri non si è mai occupato dei regimi comunisti, come Cina, Cuba, Corea del Nord, Vietnam... e neanche di quelli storici, dell'Urss e dei Paesi dell'est europeo. Del resto lui continuava a definirsi orgogliosamente comunista. «Il maestro dei cento libri», tuttavia, non disdegnava la sua presenza sui media quando doveva colpire Silvio Berlusconi e gli altri esponenti di centro destra: Matteo Salvini aveva preso il posto, nelle sue critiche ossessive, del Cav.
Camilleri si affiancava sempre a Roberto Saviano, agli esponenti del Pd più di sinistra, ai sopravvissuti del comunismo, a Libera di don Ciotti e a tutti i preti più estremisti, favorevoli all'immigrazione selvaggia.
Quando però si parlava di diritti umani, il maestro non era soltanto cieco (purtroppo, lo è poi diventato), ma anche sordo. A Zapping l’ho fatto cercare più volte, per le campagne umanitarie che ciclicamente promuovevo (contro la pena di morte, per i diritti umani in Cina, a Cuba, in Iran), mai una volta il maestro si è dichiarato disponibile. Faceva rispondere che era sempre impegnato.
Non lo era mai, però, con i media amici, come, ad esempio, Micromega. Il direttore ha scritto: «Andrea era per noi tutti un compagno, parola desueta che ha sempre amato, avendo rivendicato sino all'ultimo il suo essere comunista. Che, certamente non aveva nulla a che fare, e da lunghissimo tempo, con il comunismo degli apparati, o dei residui ciarpami mini-partitocratici che ancora sequestrano quel nome».
Può darsi che Camilleri abbia preso le distanze dagli apparati comunisti, ma non vi sono prove che lo abbia veramente fatto e comunque non c'è una sola dichiarazione sua che contesti, denunci o critichi i regimi comunisti. Anzi.
Del resto, quando nel 2007 la giuria del premio Boccaccio (Certaldo, provincia di Firenze) decise di assegnargli il massimo riconoscimento, Camilleri ribadì, senza alcuna reticenza, la sua formazione ideologica. Matteo Collura e io, membri della giuria, non vedemmo di buon occhio questo premio, ma per l'insistenza del presidente della giuria, Sergio Zavoli (ex socialista, passato al Pd), un autentico «dittatore», non insistemmo.
Eravamo convinti (e oggi lo siamo ancora di più) che Camilleri rappresentasse un fenomeno mediatico. Non basta dire, infatti, che Camilleri è «uno scrittore di libri popolari, che porta la gente a leggere». In realtà la fortuna di questo scrittore sono state le fiction televisive, col commissario Montalbano, con continue repliche. Ha influito sicuramente la curiosità per la «nuova lingua», la «vigatese».
In realtà Camilleri non ha inventato nulla: né Vigata (ha solo cambiato nome a Porto Empedocle, la sua città natale), né la lingua. Il fatto che abbia inserito spesso delle parole siciliane non significa avere «costruito» alcuna nuova lingua. Si è limitato a inserire alcuni vocaboli, presi a prestito dal teatro siciliano antico nei suoi testi. Del resto mia madre, scomparsa a 96 anni, utilizzava lo stesso dialetto siciliano e non aveva mai letto i libri di Camilleri.
Lui ha vissuto la maggior parte sua vita a Roma, andava solo ogni anno per qualche settimana a Porto Empedocle, dove aveva una casa, per «abbeverarsi» del dialetto, ma doveva cercare le persone molto anziane perché i giovani da molti anni non utilizzano più quell'arcaico linguaggio.
Notiamo dalle troppe pagine dei quotidiani dedicate allo scrittore scomparso che i critici seri non condividono le troppe ipocrisie di tanti intellettuali. Giustamente lo scrittore siciliano Matteo Collura (biografo di Leonardo Sciascia, ma anche di Luigi Pirandello) ha detto: «Si è fatta una gran cagnara mediatica per un autore. Neppure per grandi scrittori europei, come Umberto Eco, si è fatto tanto clamore mediatico».
È vero: interi Tg, programmi speciali (soprattutto in Rai), in Tv e alla radio, dedicati a Camilleri. Non tutti però, come si è detto, sono d'accordo su questa «santificazione» del maestro. Citiamo, fra le tante, due opinioni: Giulio Ferroni (docente di letteratura a Roma) ha scritto: «Non è uno scrittore importante del Novecento». Infine, Massimo Onofri, critico letterario siciliano, molto accreditato: «Un autore che ha realizzato un'abilissima operazione di mercato, i cui romanzi non hanno nessuna necessità espressiva e la cui scrittura è caratterizzata da un dialetto esornativo, cautamente lessicale, ancora rassicurante». Ora sono troppi i critici e i giornalisti a tessere elogi, sventolando amicizie prima celate.
Ma si sa che la sagra delle ipocrisie è sempre potente. C'è solo una curiosità da ricordare: il 9 maggio 2018 abbiamo rivelato su La Verità una scoperta, con questo titolo: «Camilleri e il giallo segreto. Stampate 1.500 copie solo per gli amici».
Lo scoop veniva raccontato in ogni dettaglio, ma non abbiamo registrato alcuna reazione, né dello scrittore, né dai suoi amici. Forse i contenuti sono scabrosi o ci sono motivazioni private [O forse gli amici hanno voluto rispettare la volontà di riservatezza di Camilleri, NdCFC]. Ora il libro sarà pubblicato (era questa la volontà dello scrittore) [Non ci risulta, NdCFC] e scopriremo forse qualche altra ombra di Camilleri, uno scrittore troppo osannato.
Aldo Forbice
 
 

La Sicilia (ed. di Caltanissetta), 19.7.2019
Quel fatto che ispirò il “Birraio di Preston”
Il romanzo di Camilleri trovò lo spunto da un interrogatorio di Mulè Bertolo. Nel racconto il teatro Margherita fu incendiato e ci furono morti e feriti

Andrea Camilleri ha lasciato, oltre che un patrimonio di opere, anche un patrimonio di ricordi: alcuni di essi sono legati alla nostra città, da cui più volte – recuperando alla memoria eventi realmente accaduti - ha tratto spunti per i suoi romanzi, sia quelli del filone della Vigata otto-novecentesca, sia quelli del filone Montalbano. Da oggi, pertanto, proponiamo una “rilettura” delle sue opere che si sono appunto ispirate ad episodi reali verificatisi a Caltanissetta, e lo facciamo come omaggio a un grande autore che è riuscito a farsi leggere pressoché in tutto il mondo. Il primo romanzo di Camilleri, ispirato da un fatto storicamente verificatosi nella nostra città, è stato “Il birraio di Preston”, indubbiamente tra i suoi lavori più riusciti e apprezzati, edito nel 1995 dalla Sellerio, la casa editrice palermitana con cui lo scrittore empedoclino ha pubblicato la gran parte delle sue opere: un romanzo dalla particolare e complessa struttura narrativa. Camilleri ebbe l’input da un episodio che aveva rintracciato tra gli atti della commissione parlamentare d’inchiesta che nel 1875 fu inviata in Sicilia, afflitta da problemi di ordine pubblico, per svolgervi un lavoro di indagine sulla situazione sociale, politica ed economica, interrogando centinaia di testi: uomini politici, amministratori, magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e dei presidi militari, funzionari, insegnanti, giornalisti, notabili, ma anche semplici artigiani, operai, ecc. Caltanissetta fu anch’essa tappa dei parlamentari, che nel dicembre di quell’anno ascoltarono vari personaggi. Da ricordare che tutti gli atti della commissione erano stati pubblicati nel 1969 in due corposi volumi editi dall’Archivio Centrale dello Stato col titolo “L’inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876)” a cura di Salvatore Carbone e Renato Grispo. Come detto, proprio tra gli interrogatori di Caltanissetta Camilleri trovò lo spunto su cui avrebbe creato il suo romanzo, e cioè la deposizione resa ai parlamentari dal giornalista e scrittore nisseno Giovanni Mulè Bertolo, all’epoca uomo della Sinistra locale che sul giornale “L’Unione” non aveva mancato di attaccare il prefetto del tempo, il toscano Guido Fortuzzi, espressione della Destra storica al potere, che tra l’altro, nelle sue relazioni al governo centrale aveva pesantemente denigrato l’indole dei nisseni. Ma a stimolare, nello specifico, il genio creativo di Camilleri era stata la dichiarazione del Mulè Bertolo riferita al fatto che il prefetto voleva imporre al pubblico nisseno anche i suoi gusti in tema di opere liriche da rappresentare al teatro “Regina Margherita”, come appunto “Il birraio di Preston” fortemente disapprovato dal pubblico. Queste le reali parole del giornalista nisseno, messe a verbale: «Fortuzzi arrivò perfino a fare il buttafuori del teatro, ad eccitare gli artisti a cantare, ad onta che un pubblico scelto disapprovava il “Birraio di Preston”. Voleva imporre anche la musica a noi barbari di questa città! E con il nostro denaro!». Ed ecco l’autore immaginare nella Vigata-Caltanissetta del 1875 tutto uno scenario legato proprio all’inaugurazione del teatro comunale, col prefetto – nel romanzo rinominato Bortuzzi – a scegliere per l’occasione un’opera pressoché sconosciuta, appunto “Il birraio di Preston” del napoletano Luigi Ricci (1805 – 1859), un seguace della scuola rossiniana. Viene così creata un’ambientazione dove spiccano le figure del prefetto, dei notabili ad esso ostili, di sgherri e presunti patrioti, tra intrighi di ogni sorta. L’imposizione del prefetto di inaugurare il teatro col “Birraio” innesca tutta una serie di situazioni che culminano negli incidenti la sera della rappresentazione, con scontri, morti e feriti, e finanche l’incendio del teatro. Fin qui la fantasia di Camilleri. Rifacendoci invece alla verità storica, ad inaugurare il “Margherita” fu, il 6 marzo 1875, il “Macbeth” di Verdi, che invero deluse alquanto il pubblico. Il “Birraio” fu effettivamente rappresentato qualche settimana dopo proprio con l’intenzione di far scordare quell’insuccesso, ma purtroppo non fu così. Vennero infatti contestate alla commissione teatrale comunale – presieduta dal sindaco Ignazio Cosentino – la modestia dei cantanti e la pochezza dei costumi e delle scene, e alla terza replica, il 23 marzo, l’opera fu solennemente fischiata. Nell’occasione, solo il sindaco e il prefetto Fortuzzi incitarono orchestra e interpreti a continuare nonostante la generale disapprovazione, e a un certo punto entrarono in teatro anche dei soldati armati. Per fortuna il pubblico sgomberò senza incidenti: ma c’era mancato davvero poco. Il giorno dopo, una valanga di disdette dell’abbonamento al teatro (per 40 spettacoli) travolse il sindaco, fortemente criticato assieme al prefetto. Insomma, dopotutto la fantasia di Camilleri non era poi andata così lontana... Per questo chi scrive questo articolo, appena letto il romanzo, inviò allo scrittore, alla sua abitazione di Roma, copia dei giornali locali del 1875 e altra documentazione che riportavano quell’episodio. Fu l’inizio di un rapporto epistolare che sarebbe durato nel tempo, fino alla conoscenza diretta, di cui parleremo in una prossima puntata.
Walter Guttadauria
 
 

Teleacras, 19.7.2019
Enzo Alessi su morte Andrea Camilleri

La morte di Andrea Camilleri: ascoltiamo il professor Enzo Alessi, attore e regista…
 
 

Wanted in Rome, 19.7.2019
Rome considers Camilleri honorary citizenship
Thousands bid farewell to Camilleri at Rome's Non-Catholic Cemetery.

Rome mayor Virginia Raggi said that the city is considering honorary citizenship for Andrea Camilleri, the acclaimed Sicilian author who died in the capital on 17 July.
Raggi was speaking to reporters as she left the Cimitero Acattolico, or Non-Catholic Cemetery, several hours after Camilleri's burial there on the morning of 18 July.
Hailing Camilleri as an "exceptional person", Raggi said it was an honour that he had chosen Rome as his final resting place, adding: "We know that everyone will pass by here to pay him homage."
Thousands of fans showed up at the graveyard to pay their respects to Camilleri, who was buried in a private ceremony attended by his wife, three daughters and close family and friends.
Best known as the author of the Inspector Montalbano detective series of novels, Camilleri died in Rome's S. Spirito hospital where he had been since suffering a cardiac arrest on 17 June.
Located beside the Pyramid of Cestius in the Testaccio district, the cemetery hosts a great many artists and writers, chief of all Keats and Shelley.
Camilleri was buried under the statue of the Angel of the Resurrection, in Zone 3, in the shadow of a large pine tree, not far from the grave of Antonio Gramsci, the intellectual, politican and founding member of the Italian Communist Party.
The cemetery's director Amanda Thursfield told local media: "The Maestro was attached to this place, he visited it many times."
The cemetery can be visited Mon-Sat 09.00-17.00 (last entry 16.30) and Sunday/public holidays 09.00-13.00 (last entry 12.30).
 
 

Radio In, 19.7.2019

Domani sabato 20 luglio, il consueto appuntamento con Arte a Parte interamente dedicato ad Andrea Camilleri. In studio con noi Filippo Lupo, presidente del primo Camilleri fans club e in diretta telefonica Serena Ganci, cantautrice palermitana che ha musicato il racconto su Rosalie Montmasson ideato da Andrea Camilleri e Annalisa Gariglio.
Non mancate questa puntata di Arte a Parte, sabato 20 luglio, la cultura sempre in primissimo piano. Conducono Barbara Morana e Ros Dada Ingrassia, dalle 11:30 alle 12:30 su Radio IN 102. Seguite la Diretta FM 102,00 o in streaming www.radioin102.it Interagite e raccontateci la vostra opinione sul soggetto trattato questa settimana chiamandoci allo 091.6829414
 
 

Modusvivendi Libreria, 19.7.2019
Un ricordo di Andrea Camilleri con Simonetta Agnello Hornby

"Andrea Camilleri. 93 anni. Una vita fruttuosa e di successo. La mia tristezza si confonde con la sensazione che continuerò a sentire la sua presenza e la sua parola così viva e piena di tempo.
Oggi ho pensato che vorrei aspettare prima di intervenire con una valutazione più approfondita e accurata della mia amicizia per lui e della sua opera. Mi sembra che il più grande scrittore siciliano del dopoguerra si meriti affetto e attenzione.
Lo farò. Scriverò. È una promessa che innanzitutto faccio a lui. Lui che è stato l'uomo più generoso che io abbia mai conosciuto, ora ha bisogno della mia generosità. Per ora voglio anticipare che lo ringrazio, per quello che ha fatto per me, per mio figlio Giorgio, per tutti quelli in cui ha visto creatività e talento.
Ad Andrea noi tutti dobbiamo tanto come scrittori e come cittadini di una Italia che cerca di essere un Paese civile."
Questo il messaggio che la scrittrice Simonetta Agnello Hornby ha affidato alla sua pagina facebook all'indomani della morte di Andrea Camilleri.
Mercoledì 24 alle 18 l'autrice de La mennulara sarà in libreria per ricordare con noi e tutti i lettori la figura del Maestro e leggere insieme alcuni brani delle sue opere.
Vini offerti da Tasca d'Almerita, sponsor di cultura
Sponsor tecnico: The Hotel Sphere - Hotel Plaza Opéra e Principe di Villafranca
 
 

Radio In, 20.7.2019
Arte a Parte
Cliccare qui per la diretta Facebook
con Barbara Morana e Ros Dada Ingrassia
Regia: Gaspare Federico

Ospiti in studio Filippo Lupo, presidente del primo Camilleri fans club e in diretta telefonica Serena Ganci, cantautrice palermitana che ha musicato il racconto su Rosalie Montmasson ideato da Andrea Camilleri e Annalisa Gariglio.
 
 

BBC, 20.7.2019



 
 

Edizioni Leima, 20.7.2019
Reading per Andrea Camilleri
Enoteca letteraria Prospero (via Marche 8, Palermo)
Mercoledì 24 luglio 2019, ore 19:00
 
 

Live Sicilia, 20.7.2019
Manovra a Tinaglia
Camilleri, il fumo che piaceva a tutti
Solo lui c'è riuscito.

Diavolo di un uomo, ma come avrà fatto? Sto parlando di Andrea Camilleri. E’ riuscito a realizzare un’impresa incredibile. Entrare nel cuore della gente, a farsi amare, nonostante il suo vizio del fumo. Si, so bene che anche altri illustri siciliani sono scolpiti nella memoria collettiva nonostante il loro cedimento al fumo. Ma erano altri tempi, quelli. La sigaretta era amata, aveva un suo fascino magnetico.
Lui, invece, Camilleri, ha fumato allegramente fino a 93 anni, infischiandosene del salutismo dilagante e dell’ondata moralista. E’ andato controcorrente, ha praticato il dissenso e non solo non è stato collocato, come ormai accade a tutti i fumatori, ai margini della società, ma si è fatto amare. Nonostante il fumo, o per il fumo.
Non riesco ad immaginare impresa più autenticamente rivoluzionaria di questa. E’ il trionfo dell’amore che vince su tutto. E’ il trionfo della scrittura e dei grandi scrittori. In fondo la gente vuole che gli scrittori scrivano, e poi facciano il c... che vogliono.. Il poeta Magrelli, sul punto, è stato chiaro: “Terribile è l’amore di chi legge e non vorrebbe smettere di leggere nemmeno tra le ossa di chi scrisse.”
Grande, immenso, Andrea Camilleri! Ora che sei morto, per me è tempo di rimpianti. Ho la casa piena di tuoi libri. Li ha divorati tutti mia moglie. Io non ti ho mai letto. Non ne vado fiero e non lo rivendico. E’ andata così. Ma è tempo di recuperare. Chissà quante e quali felicissime intuizioni narrative ti avranno ispirato le tue inseparabili sigarette. Le ho perse prima. Ora me le riprendo.
Ennio Tinaglia
 
 

La Sicilia, 20.7.2019
La curiosità
Lutto con gaffe a Porto Empedocle per Camilleri

Porto Empedocle. Accenti e punteggiatura alla rinfusa, almeno un paio di "strafalcioni" di ortografia e un refuso.
Ha insomma fatto discutere, e non solo sui social, il manifesto di lutto cittadino, con la foto di Camilleri, che era stato collocato, per conto dell'Amministrazione, accanto alla statua del commissario Montalbano in via Roma a Porto Empedocle. Un manifesto rifatto, pare, tre volte, ma la cui foto della prima versione rimbalza sui social e che pure nella versione riveduta e "corretta", contiene un errore. Ma per la sindaca di Porto Empedocle Ida Carmina si tratta di «una campagna denigrato-ria». «Sono indignata - ha detto - è un'operazione per buttare fango su Porto Empedocle e in un momento di dolore per la mia città, per la na-zione e l'umanità tutta. C'è una campagna denigratoria in atto ma non potrà scalfire l'immagine di Porto Empedocle e di quello che questa città è stata per Camilleri. Sono stati errori tipografici - ha spiegato il sindaco - e mi dicono che il tipografo, fortemente turbato, non è riuscito a controllare la bozza del manifesto. Stigmatizzo questa macchina del fango ad opera di leoni di tastiera e avrò modo di valutare un'azione giudiziaria. E' un'operazione veramente meschina».
 
 

La Sicilia (ed. di Caltanissetta), 20.7.2019
Le opere di Andrea Camilleri e Caltanissetta: uno dei romanzi ispirati dal libro "I signori dello zolfo" di Curcuruto
Quel "Nipote del Negus" che studiò al Minerario e lasciò debiti
Il principe etiope dal 1929 al 1932 alloggiò nel Convitto Nisseno

Proseguendo la nostra panoramica sulle opere di Andrea Camilleri che hanno tratto spunto da episodi e personaggi nisseni, ci riferiamo stavolta al romanzo "Il nipote del Negus", pubblicato nel 2010 da Sellerio. A stimolare la fantasia dello scrittore fu la presenza a Caltanissetta di Brhané Sillassiè, nipote del Negus Hailé imperatore d'Etiopia: il giovane fu studente della Scuola Mineraria dal 1929 al 1932, anno in cui si diplomò perito minerario.
Camilleri ambienta la sua storia nell'immaginaria Vigata dove nel 1929 il nipote del Negus si iscrive alla Scuola Mineraria. E d'ora in poi la fantasia dello scrittore si scatena in una serie di esilaranti situazioni. L'arrivo del giovane, infatti, provoca un generale scompiglio: al nipote regale dev'essere, infatti, riservata un'accoglienza all'altezza del suo rango e questo è l'argomento della frenetica corrispondenza tra ministero degli Esteri, prefetto, questore di Montelusa, federale di Vigata, direttore della scuola, ognuno preoccupato, in realtà, di salvare il proprio posto. Il principe viene così accontentato in ogni suo desiderio. Amante della bella vita, elegante, il giovane non bada a spese, si fa confezionare abiti ricercati e, visto che i soldi del governo etiopico non bastano mai, comincia a fare debiti. Per di più è un impenitente vitellone e le amanti non si contano. Le cose precipitano quando viene sollecitato - su idea di Mussolini in persona - a scrivere allo zio Negus una lettera di sperticati elogi sul fascismo: il giovane si fa pregare, poi cerca di sottrarsi e, mentre traballano ministri, prefetti e questori, la vicenda diventa farsa.
Ma come andò, nella realtà, la sua vicenda? Camilleri, nella nota finale al romanzo, la ricorda, dicendo di essersi basato sul libro di Michele Curcuruto "I signori dello zolfo" (Lussografica, 2001) in cui lo studioso nisseno, avvalendosi di documentazione d'archivio e di testimonianze dirette di quanti all'epoca conobbero il giovane abissino (che, tra gli altri, frequentò Enrico e Giovanni Curcuruto, rispettivamente padre e zio paterno di Michele), ne ripercorre appunto le vicende, abitudini e divertimenti compresi.
Questi i fatti reali ricostruiti da Curcuruto. Brhané Sillassiè Ybssa, nato ad Addis Abeba nel 1910, studiò alla Scuola Mineraria di Caltanissetta dal 1929 al 1932. In città alloggiò in un primo tempo al Convitto Nisseno, all'epoca ubicato in via Redentore e frequentato da numerosi studenti anche di fuori provincia. «Quando il principe giunse a Caltanissetta - scrive Curcuruto -, proveniente dal Regio Convitto Nazionale "Vittorio Emanuele" di Palermo dove aveva studiato dal 1927 al 1929, era quasi completamente sprovvisto di vestiario, così che il Convitto Nisseno dovette provvedere anche a vestirlo. Ma già nei mesi successivi Sillassiè cominciò a vivere da principe. Prese lezioni di matematica e di lingue (...), acquistò un abito da società con relativo soprabito, scarpe, camicie, ecc. (...), costume, maschera, sciabola, gomitiera, guanti da scherma (...), mobilio extra per la sua camera (...), argent de poche (...). Ma a queste spese, anticipate dal Convitto, il Ministero non intendeva far fronte, perché non autorizzate». Ed è così che il ministro della Pubblica Istruzione Etiopica scrive per ricordare al giovanotto «le ristrettezze finanziarie del suo Paese e il sacrificio che il Governo Etiopico compie per mantenerlo agli studi», e dunque con l'invito «ad attenersi ad un più modesto tenore di vita, non superando in alcun modo la somma di lire mille italiane mensili».
Macché, il principe sembra ignorare il tutto, anzi nell'ottobre 1930 scrive al Ministero degli Esteri chiedendo un alloggio migliore «non essendo possibile continuare la vita in un ambiente così poco educativo e dignitoso». E così il giovane dapprima frequenta la casa in via Maida della maestra Barone, moglie del filosofo Calogero Bonavia, e nel 1931 si trasferisce al Grand Hotel Concordia ove soggiorna fin quasi alla fine dei suoi studi, dandosi alla bella vita: feste, veglioni, vestiti di lusso, profumi, materiale sportivo, lasciandosi però dietro una scia di debiti. Anche al ristorante del Concordia pranza da principe ma non pagando mai, con le conseguenti proteste al prefetto da parte di Lorenzo e Antonietta Mazzone. Farà così pure all'Hotel Moderno dove passerà l'ultimo periodo di permanenza.
E gli studi? Invero non brillanti, col giovane è stato «riprovato in meccanica e descrittiva», dimostrandosi debole anche in altre materie, e quindi necessita di lezioni private per gli esami di riparazione. Diplomatosi e tornato ad Addis Abeba, il principe, come gli altri notabili, conoscerà il periodo oscuro della repressione operata dagli italiani dopo la deposizione del Negus da parte di Mussolini. Nel 1941, con la sconfitta italiana in Africa Orientale, l'entrata degli inglesi ad Addis Abeba, il ritorno dello zio imperatore dall'esilio e la cacciata degli italiani, gli inglesi mettono il perito minerario Brhané Sillassiè a capo dell'Ispettorato Minerario del Regno etiopico. Ma non risulta che abbia poi onorato i debiti lasciati a Caltanissetta.
Walter Guttadauria
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 20.7.2019
Personaggi
Camminate di meditazione in attesa della festa di San Calogero
Michele Guardì. «Riposo organizzato» prima della ripresa de "I fatti vostri"

Castetermini. "Emigrato di lusso" in via Teulada a Roma. siciliano d'hoc [Sic!, NdCFC], agrigentino nell'anima e devoto a San Calogero che con le festività di Agrigento e Casteltermini segna l'inizio e la fine delle sue vacanze estive.
[...]
Poi un passo indietro nel tempo.
"Ricordo un episodio particolare con Camilleri, lui ateo e io no. Nel suo studiolo a Roma, insieme al fazzoletto che i portatori a Porto Empedocle usano mettere sulla spalla, c'era la statua di San Calogero. Gli ho chiesto come conciliava il fatto di essere ateo e San Calogero e mi ha risposto "A mia San Calogero mi piaci assà".
[...]
Rita Baio
 
 

Antimafia Duemila, 21.7.2019
Andrea Camilleri: ''Pio La Torre è stato per me una rivelazione''
Per onorare la memoria del Maestro Andrea Camilleri di seguito pubblichiamo la Prefazione al libro di Paolo Mondani ed Armando Sorrentino, "Chi ha ucciso Pio La Torre", edito da Castelvecchi (2012).

La Prefazione
In Pio La Torre avviene un fenomeno singolare che è quello del ritorno. Romanzescamente, perchè io sono un romanziere, direi che di quest'uomo, di questo siciliano, è fondamentale la provenienza sociale. Non è un comunista borghese, uno che nasce da una famiglia borghese, è uno che sape quantu costa u pane e quale fatica ci vuole. Non è retorica, è vita vissuta, tanto che va in carcere per le lotte dei contadini di Bisacquino.
Se mi è permesso dirlo, all'interno della Direzione del partito la provenienza borghese era del 99 per cento e solo per l'uno per cento era operaia e contadina. E allora è chiaro che quando La Torre va in Sicilia nel partito a Roma si sentì più ricompattata. Il ritorno di Pio nella sua terra come segretario gli consente una rinascita, una sorta di riscatto, la possibilità di rendere azione tutto quel che si porta dentro, e gli dà una lucidità mostruosa. Anche se a conoscerlo e a parlargli non la manifestava e questo mi impressionò terribilmente dopo.
Di La Torre si aveva l'impressione di un uomo serio ma in certo modo non in grado di fare quello che poi ha fatto. Invece questa sorta di bagno lustrale che viene a fare tornando in Sicilia gli dà una prontezza di ragionamento e di collegamento inaudita per cui è come se fosse diventato un'altra persona: ma che gli è capitato a La Torre, si è impazzito? Credo che abbia avuto questo effetto nel partito. E che fosse abbastanza diffusa questa sensazione. C'era perfino qualcuno che si era preoccupato del suo attivismo, del gioco di fuoco delle sue idee. Eppure se lo ascoltavi e ci riflettevi un momento sopra dicevi: Madonna è vero!
Ricordo che cominciai a seguirlo quando se ne andò in Sicilia nell'81 mentre io me ne stavo qua a Roma. Lo stimavo ma qui finiva il discorso. Tanto che l'unica cosa che ho potuto fare dopo la morte fu quella di dire - quando si decise di intitolare l'aeroporto di Comiso - che bisognava dargli il suo nome, non solo per quella mobilitazione contro la base missilistica ma per tutto quello che aveva fatto per la sua terra.
L' ipotesi che gli autori di questo libro fanno sui moventi dell'omicidio mi ritorna da sempre come un trapano.
Cominciamo col dire che è comodo circoscrivere alla Sicilia il fenomeno mafioso - la linea della palma di Sciascia - anche se negli ultimi tempi si sono tutti resi conto che non sta in piedi. Quando Totò Riina decide di passare all'azione armata - lo leggo nel libro del magistrato Michele Prestipino - Bernardo Provenzano si preoccupa di fare un piccolo referendum, una specie di sondaggio interno, e c'è quello che porta il responso degli industriali del Nord e dice che sono tutti d'accordo. Mi sono sempre chiesto: ma chi erano questi che si dichiaravano d'accordo? Solo ora cominciamo a intravedere chi potevano essere: per venire sondaggiati vuol dire che uno gli può telefonare o andarli a trovare. Quando nella relazione della Commissione Antimafia del 1976 Pio intuisce questo legame aveva perfettamente ragione.
Pur essendo uno che veniva dalla destra del partito La Torre si ritrovò sulle posizioni della diversità berlingueriana, un'idea che continua tuttora a dare fastidio e che in quel momento era un signum individuationis molto preciso. Altro che moralismo.
La sua uccisione è un'opera di Dio, in termini marinareschi. Tu hai la rete nella tempesta e ti si rompe anche il motore: un'opera di Dio perchè è una concomitanza di fatti straordinari. Aveva gettato una tale quantità di ami che potevano ammagliare una gran quantità di pesci, troppi. E' come quando Leonardo Sciascia insieme a Guttuso vanno a trovare Berlinguer e lo vedono stravolto perchè teme che il sequestro Moro sia il risultato di un felice connubio tra Cia e Kgb.
Certo, tra i moventi la proposta di legge sui patrimoni mafiosi può aver contato ma è dimostrato che la mafia si è assunta compiti anche per conto terzi, una parte di interesse nell'omicidio di Pio certamente l'aveva ma poi tornava comodo ad altri come copertura. Spesso in Sicilia si manifestano questi fenomeni di convergenza di intenti. Sindona, la mafia al Nord, Gladio, quanti altarini rischia di scoprire quest'uomo? Gli concedono di scoprirne alcuni minori ma tutti proprio no. Indagare su Sindona era tra l'altro una gran bella camurrìa: Sindona significa Andreotti e una gran quantità di cose, è come la Banda della Magliana compresa in un'unica persona. Ricordo che ci furono come delle reticenze sul movente dell'omicidio. Subito si disse: la mafia, la mafia, la mafia. Poi subito dopo, anche sui giornali, ci fu chi disse addirittura che si trattava di una resa di conti interna al partito, una cosa assolutamente incredibile. Se poi qualcuno non ha pianto lo metto tranquillamente in conto.
Io e La Torre ci eravamo conosciuti fuori del partito per via di una comune amica. E mi aveva fatto un'impressione enorme. Nutro una personale simpatia per i miei compaesani che studiano, sono teste dure, non mollano e quando arrivano non è che arrivano per sé, arrivano per gli altri. La Torre era un siciliano di scoglio che se si metteva in mare poteva scoprire l'America.
Conoscevo molto bene anche Giuseppe Montalbano e un po' meno Girolamo Li Causi, due facce complementari del partito. Li Causi era il capo popolo, Montalbano l'intellettuale ma con scarse qualità oratorie e un certo qual carattere. Ricordo che una sera andammo a teatro a Palermo a vedere Paola Borboni, stavo con Montalbano allora sottosegretario alla Marina mercantile nel governo Bonomi. Siamo nel '44 o nel '45. Dopo lo spettacolo la raggiungemmo nel camerino per salutarla e lei gli chiese: “Onorevole stasera ho recitato male, cosa ne pensa?” Lui: “Signora, se lo dice lei che ha recitato male...” . Io avrei voluto sprufunnari.
C'è sempre un momento giusto per i mandanti. Ma quell'arco temporale tra il 1978 e il 1982 è da far tremare i polsi. Quel che accadde con l'omicidio Moro seguito alla morte di Mattarella e La Torre è un periodo che continua a segnare la nostra storia. Oggi si spara di meno. Il fenomeno mafioso è certamente meno sanguinoso ma non per questo meno pericoloso. E' sempre più difficile fare la lotta alla mafia perchè è più impalpabile la sua organizzazione, altro che colletti bianchi, sono molto molto di più. Non c'è più bisogno del rituale di una volta, il santino bruciato, la puncicatura, ora bastano le password e le famiglie diventano sterminate perchè il territorio è quello del web quindi è infinito. Negli ultimi tempi la volontà di combattere la mafia è fragorosamente mancata. Hanno recentemente arrestato uno dei cento latitanti più pericolosi, ma scherziamo? Esattamente come una volta: finiva in carcere il guardiano dell'orto ma il proprietario del latifondo se ne era già andato bello e libero per i fatti suoi. Poi lo ritrovavamo ministro o onorevole.
La politica dello struzzo di Maroni che all'inizio descriveva il Nord come territorio libero dalla mafia finirà, come diceva Leonardo Sciascia, per portare la mafia sempre più a nord. Ai tempi di La Torre la situazione era più chiara. Per quanto fosse oscura, uno come Pio riusciva ad individuare i vari rivoli in cui il grande fiume si disperdeva. Riusciva a seguirli. Oggi sarebbe stato difficile anche per uno come lui. Lo aiutava molto la sua conoscenza del territorio, dell'animo dei siciliani, di come la pensano. Questa sua natività siciliana gli ha permesso di capire dove altri non capivano. Oggi è molto più difficile anche perchè c'è stato un impoverimento della statura della classe politica. Se Berlusconi è riuscito ad avere il potere per diciassette anni non è che si è imposto con la dittatura o con la forza delle armi. E' stato regolarmente eletto dagli italiani. Se la politica ha prodotto un monstrum come Berlusconi vuol dire che ha fallito già vent'anni fa. Oggi si tenta in qualche modo di recuperare i cocci ma non saranno gli uomini che hanno contribuito a far nascere quel monstrum, e che stanno ancora in parlamento, a rinnovare la politica in Italia.
Monti è un tecnico condizionato dalla mala politica. C'è un pallone stratosferico, il Parlamento, un blob vagante che sostiene un governo di tecnici, uno Zeppelin che non ha più ancoraggi con la realtà politica del paese. E l'Europa è rimasta una parola. Perchè ci sono la Francia e la Germania che fanno quel che vogliono mentre l'Italia se la sta pigliando in saccoccia e la Grecia se l'è già pigliata.
Nel 1942 ero un giovane fascista non ancora diciassettenne, ci cridìa 'u fascismu, e venni invitato a Firenze a un grande convegno internazionale della gioventù fascista. Il tema era l'ordine nuovo europeo. Partii pieno di speranze. Arrivai lì e sentii parlare Baldur Von Schirach, capo della Hitler-Jugend, e me ne tornai a Porto Empedocle scantato perché l’Europa che prospettavano sarebbe stata una caserma spaventosa. Io avevo tante piccole patrie, ero uno che aveva iniziato a leggere Conrad a sei anni, i miei padri letterari erano tanticchia in Inghilterra tanticchia in Francia, e al partito comunista mi avvicinai di lì a due anni per mia personale formazione. Non avevo incontrato Emanuele Macaluso, non avevo incontrato nessuno. Cominciai a leggere dei testi perchè mio padre era stato squadrista e marciatore su Roma ma possedeva tante belle pubblicazioni socialiste e comuniste. Quando più tardi sentii i capi del partito comunista attaccare una certa cultura, che per me era stata formativa, provai lo stesso disagio dei tempi di Mussolini. Poi venne il manifesto di Ventotene. Sentii parlare di Europa da De Gasperi e Adenauer. E molti anni dopo l'ho vista realizzata l'Europa ma solo sulla moneta. Ora mi domando: se avessimo perso un po' più di tempo per fondarla su grandi ideali non sarebbe stata più forte?
L'Italia è una paese senza verità, ed è sempre stato un paese che ha accuratamente nascosto la verità. Facciamo l'esempio del brigantaggio meridionale. Se prendiamo un libro di storia viene definito come fenomeno di alcune bande, poi guardando lo specchietto del Comando di Capua riassuntivo per gli anni che vanno dal 1861 al 1863 e si trova scritto: briganti uccisi in combattimento 5.488, briganti fucilati 5.040, briganti arresi 4mila. Ma quali briganti, era un'altra cosa. Però nei libri di storia si continua a chiamarlo brigantaggio meridionale. Così come Pio La Torre è stato ammazzato dalla mafia o Aldo Moro dalle Brigate Rosse o a Ustica quel Dc9 è caduto per un incidente.
Siccome la verità, come diceva la buonanima, è rivoluzionaria, evidentemente in Italia ci credono sul serio e quindi cercano di evitare la rivoluzione. Guardiamo a Portella della Ginestra, a quei tempi c'era un ispettore generale di Pubblica Sicurezza che si chiamava Messana che andava a trovare regolarmente il bandito Giuliano e per Natale ci purtava 'u panettuni. Da chi era manovrato questo bandito quando sparava a Portella? Solo dagli agrari? Non mi persuade.
E l’occultamento della verità non è prerogativa solo italiana. Nel caso Kennedy rimangono senza risposta interrogativi grossi come una casa. Noi la verità la intuiamo, se su Portella ci fosse stato un processo serio avremmo almeno una verità relativa. Invece ci resta solo una verità che sentiamo a pelle e capiamo che c'è qualcosa che non torna perchè tra segreto di Stato, silenzi e complicità avvertiamo una molteplicità di moventi, ma lì ci fermiamo. E così è capitato per il caso La Torre, dove dietro l'omicidio non c'è una sola causale ma almeno tre. La primaria ti viene sbattuta in faccia e le altre sono coperte. Arrivi ad intuirle ma non a dimostrarle.
Quell'articolo di Pier Paolo Pasolini sul Corriere della Sera dove diceva: “Io so i nomi dei responsabili delle stragi”; questa è l'unica cosa che si può dire. Non è l' Io so di non sapere, è l' Io so di sapere.
Ciò nonostante la società ha spesso più anticorpi delle istituzioni, le più facili ad ammalarsi. Perché subiamo oggi il fascino di certe società o di modi di ragionare che sono più del nord Europa che non del nostro paese? Perchè c'è una maggiore chiarezza nei rapporti umani. Noi non siamo così. Ha ragione Pirandello quando un suo personaggio dice: io di fronte a lei mi costruisco, cerco di dare l'immagine che lei vuole di me. Questa idea pirandelliana è assai meno cervellotica di quel che si pensi, è un modo di fare delle società meridionali, non solo italiane. E in Sicilia tutto questo acquista persino una sua grandeur.
Nella vicenda La Torre ci sono i servizi segreti che lo pedinano per decenni, spariscono i suoi documenti e sparisce la sua borsa. Le borse, chissà perché, spariscono sempre. E c'è la storia di alcuni professori a cui La Torre porta dei documenti riservati da studiare. Pio quelle carte le aveva evidentemente lette, le aveva interpretate e voleva la conferma di quel che aveva capito. E cioè che fra Stato e mafia c'era una relazione continua.
C'è un filo che collega Portella e le stragi fino a via D'Amelio? Perché non ipotizzare un continuum? Fino ad un certo periodo la mafia ha agito per interposta persona. Con lo sbarco degli americani, nel 1943, c'è il salto, un fatto clamoroso non mai abbastanza segnalato. Charles Poletti, capo dell’AMGOT ma in realtà agente Cia inviato in Sicilia, nomina sindaci una quantità di mafiosi, da Calò Vizzini a Genco Russo. E la mafia fa il suo ingresso in politica dopo che era andata in sonno durante il fascismo. Sarà pure politica amministrativa, ma sempre politica è. Ed è qui che si pongono le basi per scegliere quegli uomini collusi che faranno poi carriera politica. Una volta un deputato siciliano disse pubblicamente che si sarebbe rifiutato di far parte di una commissione perché vi era entrato un collega, anche lui siciliano, che lui pensava fosse un mafioso, non venne querelato e non venne sparato, ma la cosa venne detta. Sto parlando degli anni '50. Se io sono stato eletto con i voti della mafia sono il rappresentante della mafia in Parlamento e questa non è trattativa, è qualcosa in più. Una volta tuttu u paese u canusciva u mafiusu, stava assettatu a u cafè e quella era la persona di riferimento. Quando quello non è più seduto lì ma sta seduto in Municipio e poi in Parlamento cosa accade nella mentalità siciliana? Quando si dice che il povero siciliano era combattuto fra la mafia e lo Stato, in alcuni momenti è in verità combattuto tra mafia e mafia e tra Stato e Stato.
Evidentemente le ultime carte nelle mani di Pio La Torre erano materia esplosiva eppure gli esperti a cui lui intendeva far analizzare quei documenti non sono mai stati interrogati né cercati da un magistrato. Di Pio non ho capito la sua intelligenza. Forse se ne vergognava, forse per prudenza, forse per pudore. Qualcuno della Direzione del partito un giorno mi disse: è un uomo rozzo. E io mi incazzai. E dovendo discutere dell'ammissione in sezione di uno che era operaio dissi: “ammettiamolo benchè operaio”. Venni rimproverato di fare dello spirito inutile.
La Torre è stato per me una rivelazione, io non l'avevo capito quell'uomo. L'ho stimato, l'ho apprezzato ma non l'avevo capito. E' stata un'occasione persa. Da mangiarsi le dita.
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 21.7.2019
Camilleri tornerà nella sua Vigata mentre scoppia il caos sul manifesto
Lo scrittore avrebbe dato precise disposizioni ai familiari

Porto Empedocle. Un giorno, chissà quando, Andrea Camilleri potrebbe tornare nella sua città d'origine. Lo farebbe ovviamente da morto, dopo una vita vissuta in giro per l'Italia, con residenza stabile a Roma e saltuarie capatine estive a Vigata. La salma dello scrittore morto nei giorni scorsi è stata inumata nel cimitero acattolico di Roma, a Testaccio, dopo aver ricevuto un funerale, secondo la sua volontà, strettamente privato.
Su questa scelta fatta dallo stesso Camilleri e comunicata ai propri cari prima dell'evolversi fatale della sua vita è nato soprattutto sui social un dibattito. Due come sempre i fronti, tra quelli che auspicavano la sepoltura dello scrittore a Porto Empedocle e quelli che non si curano di questo aspetto. Da indiscrezioni filtrate nelle scorse ore, Camilleri avrebbe dato direttive abbastanza precise ai propri cari, circa la sua sepoltura definitiva. Avrebbe chiesto di essere riportato nella sua Porto Empedocle, insieme alla propria madre Carmelina Fragapane, anch'essa sepolta a Roma, tra qualche anno quando anche la moglie (si spera ovviamente il più tardi possibile, ndr) sarà scomparsa. Non ci sono atti scritti in tal senso, non ci sono lettere di alcun genere - almeno così pare - ma l'orientamento sarebbe questo, consentendo. La sepoltura di Camilleri a Roma dunque sarebbe dovuta a una precisa volontà, quella di agevolare la moglie, la figlia e tutti coloro i quali gli hanno voluto bene di recarsi comodamente a portargli un fiore, nel camposanto acattolico della Capitale. Del resto la moglie, ovviamente anziana, e la figlia non possono certamente salire sull'aereo ogni volta che hanno la voglia di far visita al marito e al padre. Tra qualche anno si vedrà. Del resto la famiglia ha a Porto Empedocle una tomba nella quale sistemare più defunti.
Mentre a Roma la gente continua a porgere il proprio saluto all'illustre scrittore siciliano appena scomparso, nella sua Porto Empedocle volano querele e polemiche sull'unico manifesto funebre con grossolani errori di grammatica, affisso da una tipografia locale.
Il tipografo che ha stampato il manifesto con strafalcioni grammaticali affisso accanto alla porta del Municipio, nel confermare che gli errori sono colpa sua, evidenzia un paio di aspetti: "Subito ho corretto, come si vede in tutti gli altri manifesti posizionati in città. C'è stato chi ha strumentalizzato questa faccenda per motivi politici. Non ho apprezzato quello che anche la sindaco ha detto e ho querelato anche lei, insieme a chi ha scritto su Facebook e su alcuni giornali".
Dal canto suo la sindaco Ida Carmina risponde: "Io non volevo offendere il tipografo, anzi, ho cercato di difenderlo. Io mi trovavo a Roma, al funerale di Camilleri quando è uscito il primo manifesto. Mi spiace che alcuni stiano strumentalizzando questa faccenda per motivi politici".
Il tutto mentre su Facebook la faccenda tiene ancora banco.
Francesco Di Mare
 
 

La Sicilia, 21.7.2019


 
 

La Sicilia, 21.7.2019
Mezza piazza
Camilleri splende tra stelle opache

La cultura paga e la buona letteratura sa farsi riconoscere, perfino nei momenti bui; e Andrea Camilleri ha la-sciato il segno con la sua scrittura e con le sue parole, altissime, mutuate da Tiresia, la cui cecità gli faceva vedere chiaro il futuro, come lo ha intuito il nostro scrittore siciliano, intervenendo spesso sulle questioni sociali e politiche, proponendo soluzioni e additando scelleratezze. Ci mancheranno dunque le sue profezie, coi suoi modelli di democrazia, di eguaglianza e di dignità umana; le sue parole, espresse con bonomia, ma intrise di giustizia sociale e immerse nell'orgoglio del manifesto del suo libero pensiero, dove s'erge il vero artista e l'intellettuale colto. Un impegno costante con cui ha legato gli ideali alla sua personalissima scrittura. Un punto di riferimento scompare nel brulicante firmamento di stelle opache, rendendo a ciascuno di noi la navigazione più incerta.
Pasquale Almirante
 
 

La Sicilia (ed. di Caltanissetta), 21.7.2019
L'intricato "giallo alla stricnina"
Le opere di Andrea Camilleri e Caltanissetta. Il racconto ispirato al caso di Assunta Vassallo
Ne "La paura di Montalbano" lo scrittore rielabora l'avvelenamento del notaio Raimondi
Appassionò l'Italia. La vicenda divise per anni il Paese tra innocentisti e colpevolisti

Per la terza puntata della nostra panoramica-omaggio alla memoria di Andrea Camilleri, attraverso le sue opere ispirate a fatti e personaggi nisseni, ci occupiamo oggi del suo racconto "Meglio lo scuro", inserito tra i sei pubblicati nel volume "La paura di Montalbano" edito da Mondadori nel 2002. A stimolare la fantasia creativa dello scrittore per una delle tante storie con protagonista il divenuto celebre commissario di Vigata, fu il "giallo" per antonomasia nella storia giudiziaria nissena, ma anche uno dei casi di cronaca più complessi e al contempo avvincenti impostisi in assoluto all'attenzione nazionale. Ci riferiamo al caso Assunta Vassallo, l'aristocratica donna sancataldese che nel 1948 fu accusata di aver avvelenato il marito, il notaio Rosario Raimondi, perché infatuata dell'amante Raimondo Gangitano.
Fu "il giallo della stricnina", una vicenda che fece molto scalpore e divise l'Italia tra innocentisti e colpevolisti: la donna confessò subito la somministrazione di un topicida al marito, a sua volta sofferente di una grave forma di tabagismo, e di averglielo propinato durante un attacco di quel male. Poi ritrattò, rimanendo al centro di una lunga e complessa vicenda giudiziaria, durata dieci anni (a difenderla fu uno dei più famosi penalisti d'Italia, l'avv. Bruno Cassinelli) che si concluse con la sua condanna e che registrò anche "gialli nel giallo" come quello delle perizie chimiche fatte sui reperti cadaverici della vittima: nessuna traccia di stricnina per i periti palermitani, invece massiccia presenza del veleno per i controperiti fiorentini; oppure come quello dello "strano" e lungo viaggio dei reperti tra i due laboratori (spediti da Palermo, si "rinvennero" a Firenze dopo due mesi).
Chi scrive ha pubblicato nel 1993 il volume "Fattacci di gente di provincia" (Edizioni Lussografica) dove uno dei casi di cronaca trattati è proprio quello della Vassallo ricostruito tramite gli atti processuali, la sentenza e i tanti resoconti giornalistici pubblicati dalla stampa locale e nazionale dell'epoca. Copia del volume la spedii a Roma proprio a Camilleri che poi mi telefonò per ringraziarmi, dicendomi che conveniva sul "fascino" di una storia del genere, inevitabile - aggiungo io - per un maestro giallista come lui. Tant'è che, qualche anno dopo, eccolo appunto scrivere il citato racconto "Meglio lo scuro", ispirato proprio al caso Vassallo pur se con la sua consueta trasposizione fantastica.
Nel suo racconto, infatti, lo scrittore inserisce la vicenda del veneficio in quella del "pentimento" di un'anziana donna, vedova di un farmacista, che in punto di morte confessa che la bustina consegnata cinquant'anni prima ad un'amica (l'avvelenatrice) non conteneva quel veleno che sarebbe stato causa del decesso del marito della stessa amica, e quindi al centro della vicenda giudiziaria in seguito scaturita.
Camilleri monta questa storia su quella dell'avvelenamento che occupa la parte centrale del racconto, pur inserendo ovviamente diversi particolari rispetto al caso reale della Vassallo: ma di quest'ultimo, comunque, riprende vari dettagli, dai primi malesseri della vittima, al suo decesso assistito dagli amici, agli immediati sospetti dei familiari che chiedono l'esame autoptico, alla pri-ma confessione della donna avvelenatrice, alle varie fasi del processo, via via fino alla grazia concessa alla donna dopo una lunga detenzione.
Insomma, furono tanti gli elementi della vicenda reale che Camilleri sfruttò per "Meglio lo scuro", incorrendo però in una - per lui insolita - pecca: nella sua nota alla fine del volume "La paura di Montalbano", che come detto ospita il racconto, ebbe a scrivere testualmente: «Naturalmente, nomi e situazioni sono di mia invenzione e non hanno quindi nessun rapporto con la cosiddetta realtà». Al che, mi permisi di scrivergli e fargli notare che invece c'era nel suo racconto l'evidente riferimento al caso Vassallo, che lui aveva letto nei "Fattacci", e più tardi in un suo altro libro avrebbe correttamente ammesso la cosa.
Una riduzione televisiva del racconto è stata trasmessa su Rai Uno nel 2012, nella prima serie de "Il giovane Montalbano" con protagonista l'attore Michele Riondino. Era compresa in una puntata dal titolo "Capodanno" che intrecciava tra loro due diversi racconti.
Tornando alla storia reale di Assunta Vassallo e alla sua lunga e tormentata odissea giudiziaria (alternò il carcere all'ospedale psichiatrico e poi al manicomio giudiziario) c'è da dire che il suo processo, al di là della vicenda umana dei protagonisti e delle annose dispute tra innocentisti e colpevolisti, divenne per certi versi un processo a quello stesso ambiente del quale la donna era diventata, in fondo, un simbolo: la Caltanissetta degli ultimi nobili e dei rampolli dell'aristocrazia, della mondanità consumata nei salotti delle famiglie-bene e nei saloni del migliore hotel cittadino tra chiacchiere e pettegolezzi, o tra i tavolini dei caffè e del circolo di compagnia frequentato dal notaio vittima, cornice di partite notturne a carte e fumo di sigarette americane. Un ambiente dove c'era spazio per amori e per amanti, col beneplacito della città.
Walter Guttadauria
 
 

La Città Futura, 21.7.2019
Il comunismo eterodosso di Andrea Camilleri
Sono stato un comunista vero e non rinnego nulla del mio passato. Marxista da sempre, da quando sono nato e non lo sapevo.

Andrea Camilleri non è stato un semplice scrittore ma è diventato un fenomeno di massa, si potrebbe dire “di costume”, eppure lo stesso autore siciliano ha lamentato blandamente una carenza di attenzione da parte della sinistra marxista. Prendiamo ad esempio questo estratto di intervista:
“D. Come spiega l’atteggiamento dei critici marxisti? La posizione del professor Alberto Asor Rosa, ad esempio?
R. Questa è una cosa che mi domando sempre. Il nome giusto della persona giusta. Ma non mi ha mai letto, perché, entrando in contraddizione con se stesso, pensa che il successo di pubblico sia un segno di scarsa qualità letteraria.
D. Per un marxista, questa non è una contraddizione? Pensare che il popolo sia…
R. Certo che è una contraddizione, è quello che sto dicendo. Ma non è che ce ne facciamo un cruccio”.
Neanche io ho mai letto un solo libro di Camilleri, né ho mai visto una puntata del commissario Montalbano. Mi prometto di rimediare in futuro; nel frattempo ho cercato di ricostruire a grandissime linee il suo pensiero politico. Mi sembra infatti che ciò sia necessario a fronte dell'influenza avuta dalla sua figura intellettuale. Occorre quindi un esame critico in grado di riconoscerne gli elementi di progressività e i limiti politici. L'analisi non verterà sui contenuti letterari, né sullo stile, sui quali non ho competenze adeguate. Questo costituirà evidentemente un limite al presente articolo, che potrà essere colmato da altri specialisti.
Dopo una minima ricerca mi sembra di poter formulare la tesi che sia scomparsa una figura che ha genuinamente dato molto alla causa della libertà e dell'uguaglianza, ma di cui si debbano criticare alcune posizioni politiche inquadrabili più strettamente nel campo del socialismo utopistico piuttosto che nel comunismo leninista.
Dal fascismo al comunismo
Il padre di Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019), Giuseppe Camilleri, fu tra i partecipanti alla marcia su Roma nel 1922. Il figlio non poteva che crescere da giovane fascista, eppure gli eventi della Seconda guerra mondiale lo portano presto ad un attivo antifascismo: diventa comunista fin dal 1942, quando aveva 17 anni, tanto che quando gli Alleati sbarcano in Sicilia, lo scrittore chiede subito i permessi per poter aprire una sede del PCI.
Camilleri si è giustificato forse fin troppo per l'appartenenza giovanile fascista, “normale” data l'età e il determinismo socio-politico. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha confessato che avrebbe voluto dire un “no” più convinto al fascismo, “ma a essere onesti ci sarebbe voluto un coraggio inumano. Ho detto no, ma tardi, dopo averci creduto come tutti. A guardarmi indietro ora, ai miei occhi appaio come uno che ci è cascato e questo mi fa tanta rabbia”.
In altra sede ha rafforzato il concetto: “Mi hanno domandato come abbia fatto a essere comunista appena diciassettenne e ancora col fascismo al potere. La domanda era però incompleta, perché prima ancora di chiedermi come avevo fatto a essere, avrebbero dovuto domandarmi come avevo fatto a non essere”.
Che dire di quest'altra affermazione? “Non mi vergogno di essere stato fascista. Sono orgoglioso di essere stato e di essere un uomo di sinistra”. È evidente che non c'è nulla di cui vergognarsi ad essere stati fascisti in un periodo e in un'età che impediva il confronto e la stessa conoscenza di altre teorie politiche. L'acquisizione di una coscienza progressista è però fatto non scontato, di cui si può essere fieri.
Negli anni successivi (dal 1947) pubblica racconti di terza pagina sui quotidiani L’Ora di Palermo e L’Italia socialista di Roma. Ancora in tempi recenti ha manifestato il suo debito di riconoscenza al metodo di analisi del materialismo storico formulato compiutamente da Marx ed Engels: “La lettura dei processi storici, priva di un supporto interpretativo, è inconsistente. La storia senza una chiave di lettura sarebbe una successione incomprensibile dei fatti. Ritengo che l'importanza della lettura marxista della storia sia essenziale per spiegare la struttura e la dinamica delle classi sociali”.
La RAI: “Lei è troppo comunista”
Nel 1954 partecipa con successo ad un concorso per funzionari Rai ma non viene assunto a causa delle sue idee politiche, a dimostrazione del livello di “liberalismo” presente nell'Italia anticomunista della Prima Repubblica, prona a Washington e a Confindustria. Nello specifico della vicenda, l’amministratore delegato dell’azienda, Filiberto Guala, lo giudica “troppo comunista”. Il giovane siciliano riesce poi ad entrare in Rai tre anni dopo, quando la prima distensione internazionale nella Guerra fredda tra USA e URSS pone termine temporaneamente al regime di guerra civile latente che aveva caratterizzato la società italiana dell'immediato dopoguerra.
L'adesione alla “via italiana al socialismo”
“Io ho sempre votato Partito Comunista che, bene o male, aveva il rispetto delle istituzioni”.
In quegli anni il Partito Comunista Italiano fu un baluardo della democrazia liberale, perdendo presto (1956, anno di adesione alla “via italiana al socialismo”) ogni velleità di costruire una dittatura del proletariato, ma lavorando sullo sviluppo degli aspetti sociali e civili progressivi della carta costituzionale repubblicana. Siamo nell'ambito della “democrazia progressiva” di Togliatti. L'inizio di tale “revisionismo” del marxismo-leninismo è stato ben accolto da Camilleri, che ricorda di aver sostenuto il partito della democrazia e dell'avanzamento verso l'uguaglianza.
Gli errori del PCI
Camilleri ha indicato correttamente alcune delle cause contingenti del declino del PCI (il centralismo più burocratico che democratico, il distacco dal sindacato), senza però riuscire ad inquadrare tali problemi come conseguenza dell'errore strutturale figlio della strategia togliattiana. Si è espresso così sugli errori del partito: “per me, il principale, è stato un progressivo distacco della dirigenza dalla base, fino a creare una sorta di frattura e d’incapacità nella comunicazione. Noi, che eravamo tutt’uno con la base, abbiamo iniziato una sorta di diversificazione dalla base. Quando la base esprimeva, per esempio, il proprio candidato che era quello nel quale aveva fiducia e ci accostavamo ad eleggere, abbiamo cominciato a paracadutare candidati. O come il distacco grandissimo, tremendo secondo me, che si è creato tra il sindacato e il partito”.
“Ma, scusate, cos’è il sindacato? Il sindacato sono i nostri uomini, i nostri iscritti. Che significa che c’è un distacco? Ci può essere una conduzione politica che non è una conduzione sindacale, questo è ovvio, lo vedevamo con Di Vittorio, l’abbiamo visto con Lama, figurati… Non doveva essere una cinghia di trasmissione, d’accordo, ma neanche bisognava tagliare la cinghia”.
Sul gruppo dirigente “democratico”
Nel 2004 si esprimeva molto più duramente con il gruppo dirigente “democratico di sinistra”. Camilleri era ormai approdato come molti altri all'antiberlusconismo organico e ad un malcelato disprezzo per i “post-comunisti” che inciuciavano con le destre: “Il distacco totale della dirigenza c’è. Quando il povero Nanni Moretti dice: ‘Guardate che con questa gente non si vince’, non è che dice una bestemmia, dice una mezza verità. Purtroppo! Perché la concezione della politica non è più berlingueriana, è una concezione di politica d’abord, come diceva il buon Pietro Nenni, ogni giorno viviamola, ogni giorno con gli accordi del giorno, non è modo di fare politica. Io non posso sentire un mio alleato che dice: ‘Beh, insomma, le leggi di Berlusconi non sono tutte da buttare via’. Quale? Quale, per favore? Il conflitto d’interessi lo manteniamo? La Legge Cirami la manteniamo? Il falso in bilancio lo manteniamo?”
Camilleri si accorge in questi anni (2005) del potere sempre maggiore delle televisioni nel determinare l'opinione pubblica, tanto da giungere ad un livello qualitativo inedito di potere: “Le televisioni, che fino ad un certo momento sono state fabbriche del consenso, oggi hanno fatto un salto in avanti e sono diventate fabbriche del credere”.
Emerge insomma da un lato un rimpianto per l'impostazione berlingueriana, ma lo scrittore non riesce ancora in questo periodo ad inquadrare il gruppo dirigente dell'Ulivo come un nemico, ormai schierato da tempo nel campo avverso al socialismo. A discolpa di Camilleri bisogna ricordare che simili ragionamenti erano diffusi e propagandati anche dalla maggioranza del movimento comunista, che nel 2006 fece nella quasi totalità l'errore di allearsi con il centro-sinistra in un biennio di Governo (Prodi 2006-08) all'insegna di politiche economiche liberiste e politicamente fallimentare.
Il giudizio sulla storia dell’URSS...
È interessante però constatare che nonostante una critica di fondo, Camilleri abbia mantenuto un giudizio dialettico sull'Unione Sovietica. Nel 2011 un giornalista di Libero riportava le opinioni dal suo punto di vista più “sgradevoli” dello scrittore.
“Secondo lui, il moloch comunista aveva iniziato bene. ‘Se ne avesse avuto il tempo’, Lenin avrebbe davvero potuto portare a termine qualcosa di molto positivo. Solo dopo la situazione è un po’ sfuggita di mano al Pcus. ‘Più tardi ci sono state le azioni riprovevoli, ma non mi riferisco ai gulag’, spiega lo scrittore. ‘Voglio precisare che i gulag non furono campi di sterminio; Solgenitsin, tanto per fare un nome, con i nazisti non sarebbe sopravvissuto’. […] ‘Queste, chiamiamole così, azioni riprovevoli hanno offuscato ciò che ha rappresentato l’Urss’, dice lo scrittore. ‘Per milioni e milioni di persone il riscatto dalla povertà, la dignità del lavoro che l’Urss prometteva, sostituiva di gran lunga l’idea generica di libertà che l’America proponeva senza incidenza sulla realtà economica europea’. Senza contare poi che ‘si dimentica facilmente l’immane sforzo sostenuto dall’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale. A decine di milioni morirono per contrastare Hitler’. […] ‘Non c’è una persona trentenne, dai trent’anni in su, che arrivi dall’ex Unione Sovietica in Italia e che fa la modella, la cantante, la cameriera che non sia ingegnere o diplomata. Ciò significa che se il comunismo fosse continuato in Urss forse oggi l’Urss si troverebbe allo stesso livello della Cina’”.
… e sulla Cina
Sulla Cina e sulla rivolta di Tienanmen: “Vero, ammette, lì non si rispettano i diritti umani. Ma i governanti europei sono molto ipocriti. ‘Guardiamo in faccia alla realtà: anche i regimi cosiddetti democratici utilizzano il sistema dell’annullamento dell’avversario’. Peggio, molto peggio, la ‘dittatura’ di Silvio. A un certo punto, l’intervistatore De Filippo ha uno scatto di orgoglio e chiede al creatore di Montalbano di commentare i fatti di Tienanmen. Se qualcuno è sceso in piazza a protestare, subendo la repressione violenta del governo, qualcosa vorrà pur dire. Niente, Camilleri non cede. Dietro Tienanmen, per lui, c’è qualcosa di losco. E in ogni caso trattasi di episodio di poco conto. ‘Se metti cinquantamila in piazza in Cina non sono niente’. Se hanno sparato sulla folla, un motivo ci sarà: ‘Non credo che si spari facilmente neanche in un regime dittatoriale, è di una superficialità assoluta ritenere che lo si faccia facilmente’. Geniale conclusione: ‘Non so che cosa c’è dietro Tienanmen quindi perché devo parlarne?’”
Notiamo in questi passaggi molti elementi che denotano una tenuta, se non una vera e propria resistenza attiva, dello scrittore al clima di revisionismo storico ormai imperante. Nel 2005 affermava, con una certa ambiguità in un pezzo uscito su Liberazione: “Un revisionismo storico che sia un sano revisionismo, è ammesso, è giusto, è doveroso. Tu non puoi sentire sui fatti della storia una sola voce. Ne devi sentire anche altre”. Tutto ciò ha però generato lo sdegno del giornalista reazionario di Libero, che ha riportato queste e le successive affermazioni con commenti caustici qui tagliati.
L'ambiguità sulla dittatura
Camilleri ha detto d'altronde chiaramente di essere un figlio del suo tempo. Non c'è da stupirsi quindi che abbia pienamente introiettato la visione berlingueriana del socialismo. Alla domanda se nei “regimi rossi” ci fossero restrizioni di libertà, Camilleri risponde così: “Quello è inevitabile perché tu… non sono cose che vengono fatte perché l’uomo è buono, allora di sua spontanea volontà… tu devi costringere l’uomo a fare alcune cose e quindi alcune libertà personali vengono limitate ma… la domanda che allora io rivolgerei è: dov’è che non vengono limitate le libertà personali nel mondo?”.
Non una difesa molto capace, seppur volenterosa. Su Cuba: “C’è chiaramente una dittatura, ma non ci sono stati desaparecidos, cioè si sa chi era e chi è ancora in galera, con nome e cognome, non ci sono scomparsi perché prelevati di notte dalla polizia o dai paramilitari. Volendo, i parenti possono visitarli. Ci sono state fucilazioni ma vanno viste le condizioni che hanno portato a questo. Sappiamo soltanto quello che ci dice la stampa statunitense e non quella non condizionata”.
Camilleri è consapevole del controllo imperialista sull'informazione, comprende le ragioni della violenza rivoluzionaria e la giustifica. In altra sede però ha scritto: “Il comunismo è una perdita di libertà, perché si manifesta come dittatura. È possibile ipotizzare un comunismo senza dittatura? Pare che non sia possibile. Io credo che lo sia”.
La grande lacuna sta in quest'ultima affermazione, che non tiene conto degli sviluppi storici concreti dell'ultimo secolo. Un ‘comunismo’ non potrà mai essere esentato dalla dittatura perché sono in primo luogo i nemici, gli imperialisti, i borghesi, a impedirti di realizzarlo democraticamente. Un governo realmente democratico, che veda la partecipazione diretta dei lavoratori e della gente realmente onesta, è ciò che chiamiamo dittatura del proletariato, partendo dalla constatazione che oggi non c'è democrazia, ma una dittatura molto ben mascherata della borghesia. La dittatura del proletariato è tuttora una necessità politica e un obiettivo ineludibile per tutti coloro che intendano garantire maggiori libertà dai principali problemi quotidiani: il diritto di far sentire la propria voce, la possibilità di una reale partecipazione, la fame, la spesa, il lavoro, le bollette, l'affitto, il mutuo, la mancanza di tempo libero, un malessere esistenziale costante che si manifesta sotto forma di stress o altri disturbi di salute.
Il socialismo non garantisce di essere felici, ma garantisce a tutti di poter dedicare più tempo a se stessi, sottraendolo alla schiavitù totalitaria del lavoro salariato. Con il socialismo i lavoratori producono per sé stessi, in quanto gli strumenti del loro lavoro, e la direzione complessiva dei lavori, passerebbero sotto un controllo pubblico. Con il socialismo si potrebbe garantire a tutti di lavorare 5-6 ore al giorno a stipendi più che dignitosi (1.500-2.000 euro). In Italia è presente una ricchezza tale da poter consentire una simile remunerazione diffusa. Si tratta solo di andare a prendere i soldi a chi ha speculato per anni sulla pelle di chi ha prodotto davvero la ricchezza nazionale. Questa è la necessità della dittatura del proletariato, perché un miliardario arriverà anche a metterti le bombe per le strade, pur di non perdere i suoi averi. Rimane ancora valido quanto detto da Lenin in Stato e Rivoluzione: “Marxista è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato”.
Il comunismo come secolarizzazione del cristianesimo
A confermare un'applicazione molto personale di Camilleri del comunismo c'è il seguente passo, tratto da Abecedario (2010). Per lui il maggior pregio del comunismo è stato sostanzialmente di aver favorito una diffusione di massa dei valori migliori del cristianesimo, in un'applicazione laica, concreta e secolarizzata.
“Leonardo Sciascia sosteneva che il cattolicesimo e il comunismo fossero due parrocchie uguali, era un po’ cattivo coi comunisti. Intanto, il comunismo diceva e agiva cercando di far stare meglio gli uomini sulla terra e non nell’aldilà. Quindi le due parrocchie non erano mica tanto parrocchie”.
“Io sono stato, e continuo a essere, un comunista. Certo il prezzo pagato è stato un prezzo alto, in vite umane, in molte cose. Certo che molte cose del comunismo, nella sua attuazione pratica, sono state sbagliate e si sono trasformate in errori tragici proprio nel conteggio di vite umane. Ma continuo a ritenere che l’aspirazione all’uguaglianza, al diritto uguale per tutti sia il dettame più cristiano che io abbia mai sentito, cristiano non cattolico. Purtroppo è un’applicazione terrena e quindi destinata a errori enormi, a sparire non saprei. Perché molti di quei princîpi sociali che erano alla base del comunismo sono entrati quasi senza avvertimento in certe visioni dello Stato sociale, della cura delle persone… Tante cose che nel primo Novecento non erano neppure ipotizzabili si sono insinuate, perché necessarie nel cammino sociale degli uomini. Non era un’utopia. È stata consumata e voltata in utopia proprio perché si è mal realizzata”.
“Quando noi ci troviamo di fronte alla rivoluzione comunista in Cina, e dalla fame assoluta riesce a dare una scodella di riso a tutti, che cos’è questo se non un passo avanti nel vivere insieme di tutti gli uomini? […] Quando, in un futuro non troppo lontano, avverranno spaventose crisi economiche, perché ora siamo solo agli inizi di piccole crisi che colpiscono la finanza. In un futuro non così lontano, comincerà a mancare l’acqua. Stiamo vivendo in questi giorni un sommovimento mostruoso delle stagioni, blocchi immani si staccano, diventano iceberg perché la calotta polare non tiene più. Ci troveremo, credo, in un futuro non tanto lontano a combattere per un bicchiere d’acqua e allora forse ritroveremo una solidarietà che il benessere e il capitalismo ci hanno fatto dimenticare. Abbiamo rimosso non solo i princîpi del comunismo, ma anche quelli del cristianesimo e persino del vivere sociale”.
Con una stoccata finale all'ipocrisia di molti cattolici: “Può un vero cristiano amare il capitalismo? Perché se è vero che da un lato è stato possibile quantificare le vittime del comunismo, le vittime del capitalismo, invece non vengono quantificate da nessuno”.
Un ateo non militante
Il passo è ancor più sorprendente se considerato che Camilleri da ragazzo era stato espulso da un collegio vescovile per aver lanciato uova contro un crocifisso. La scelta di essere sepolto in un cimitero acattolico è significativa, ciononostante Camilleri ha speso parole di grande elogio per papa Giovanni Paolo II, pur definito un degno e fiero avversario. Evidente infatti che Wojtyla, non è stato solo “il Papa veramente di tutti”, o il Papa “che più concretamente si è dato da fare per il mondo, per gli uomini”, come è stato affermato, ma quello che più di tutti svolse un ruolo politicamente attivo nel contribuire alla crisi del blocco socialista orientale. Troppa bontà nel giudizio di Camilleri, d'altronde in tempi recenti lo scrittore ha chiarito di non voler fare guerra alla religione, restando aperto al dialogo: “Si confonde l’ateismo militante con il non credere personale, come il caso mio. Io non sono un ateo militante, solo che io non mi faccio convincere”. Un attimo dopo però si definisce un “non credente possibilista”, articolando la propria posizione e la considerazione della forza che può offrire la fede: “qualsiasi atto che sia assoluto è sempre un atto di una presunzione mostruosa e, siccome ritengo di non avere una tale presunzione, dico: ma vabbé, per me le cose stanno così, poi… si vedrà. Per altro, non ho alcuna ironia verso chi crede, semmai posso avere un pizzico d’invidia. Veramente. E poi ho un enorme rispetto per le fedi, contrariamente ad altri. Quando vedo nei paesi arabi quale forza, non parlo dei kamikaze, sia la fede per affrontare la spaventosa povertà quotidiana… Certo è un oppio, ma nello stesso tempo è una forza, non so come dire, sembra una cosa contraddittoria…”
Riecheggiano i temi di Bloch, ma anche un certo agnosticismo metafisico che certo non avrebbe trovato l'approvazione di Engels, mostrando l'influenza avuta su di lui dal post-moderno. Nel 2005 ha affermato, mostrando somiglianze con il ‘comunismo debole’ di Vattimo: “Non tendo ad una verità assoluta, dogmatica. Credo a verità relative. Ma quando anche la verità relativa viene stravolta ti domandi a cosa devi credere”.
Gli ultimi anni
Questa immersione nella metafisica del dubbio, tipica della filosofia dominante dell'ultimo quarto di secolo, ha avuto i suoi riflessi anche a livello politico. La passione politica dello scrittore è rimasta viva anche negli ultimi anni, adeguandosi al livello medio di un'opposizione votata sempre più alla difesa della Costituzione. Nel 2008 Camilleri partecipa alla manifestazione No Cav Day in piazza Navona, contro i provvedimenti del governo Berlusconi in materia di giustizia. L’anno seguente entra in politica prospettando il “Partito dei Senza Partito” con Antonio Di Pietro e Paolo Flores d’Arcais per partecipare alle Elezioni Europee, ma successivamente viene annunciato un mancato accordo.
Nel 2011 a Roma ha sostenuto l'occupazione del teatro Valle fatta da parte degli artisti, parlando della “resistenza spontanea” come ultima forma di resistenza possibile. Nel 2013, dopo le Elezioni politiche, partecipa alla raccolta firme con l’appoggio di MicroMega che chiedeva di non fare entrare al Senato Silvio Berlusconi per la questione del conflitto d’interessi. Sempre nel 2013, infine, durante la presentazione in tv del suo libro Come la penso, si esprime sulla politica italiana manifestando la sua contrarietà al governo Letta e alla rielezione del capo dello Stato Giorgio Napolitano. In occasione delle Europee 2014 ha manifestato il suo appoggio, poi ritirato, alla lista Tsipras. Negli ultimi anni si è opposto nettamente al populismo (“è facile cadere nell’antipolitica, ma il populismo è la fiammata di un mattino”) all'ascesa della Lega di Salvini, accusando quest'ultimo di essere “un esempio lampante di mentalità fascista”.
Sul terrorismo
Come ha interpretato Camilleri la questione del terrorismo islamico? Pur senza affermarlo direttamente, si è mostrato consapevole dell'origine socio-economica del fenomeno, dando ad intendere che una soluzione vera del problema non si possa ottenere se non con una ristrutturazione complessiva del problema attraverso un nuovo ordine internazionale. Così in un'intervista del 2001:
“Io credo che si stia verificando una opposizione di civiltà, e ritengo che questo sia un grave errore. Si è ampliato il concetto di terrorismo, estendendo tale termine all'Islam. Non c'è dubbio che Bin Laden ed i suoi seguaci siano dei terroristi, ma è sbagliato legare il concetto di terrore sic et simpliciter al mondo islamico”. “Le bombe non risolvono la questione, se non si eliminano le radici dalle quali scaturisce il terrorismo”. “Se Bin Laden verrà catturato, vi è il timore che altri prendano il suo posto, come per diritto ereditario. Perché rimane il substrato, rimangono le condizioni che permettono al terrorismo di attecchire”.
Un progressista, un socialista
In conclusione non si può che omaggiare l'impegno civico e militante dell'intellettuale progressista Camilleri, che ha manifestato simpatia per il comunismo. Di simpatia si deve parlare, e non di appartenenza organica, essendo le sue tesi più tipiche del socialismo utopistico, in parte della socialdemocrazia, con una moderazione (o meglio una trasformazione degli obiettivi di lotta) avvenuta soprattutto negli ultimi anni successivi alla caduta del blocco socialista.
Marx diceva che con i poeti si può e si deve essere più tolleranti per le carenze ideologiche che manifestano, perché si tratta di creature speciali che nella loro attività contribuiscono già molto al progresso spirituale dei popoli. Non si può che essere d'accordo con questo parere illustre. Camilleri non era un intellettuale organico alla classe operaia e al leninismo, ma ha dato comunque un contributo importante a questo Paese e alla causa del comunismo, soprattutto negli ultimi anni dove, nonostante le evidenti lacune, si è issato ben sopra la coscienza media degli intellettuali nostrani.
Sarebbe opportuno allargare questa interpretazione politica all'analisi delle sue opere, secondo un modello di critica letteraria alla Lukàcs che mantiene ancora una sua validità e un primato analitico. Sicuramente la scomparsa di Camilleri impoverisce la cultura italiana: è rimasto un ostacolo in meno al trionfo dei Fabio Volo e delle peggiori volgarità culturali che troneggiano in questo squallido mercato editoriale borghese. È mancato anche un intellettuale che fino agli ultimi anni ha mantenuto un'autonomia di pensiero in grado di reagire a certe istanze (non tutte) del totalitarismo liberale [1] in cui è precipitato il nostro Paese dagli anni '90. A tal riguardo Giorgio Galli ha scritto pochi giorni fa: “Credo che si possa definire totalitarismo liberale l’egemonia dell’odierno capitalismo, quello globalizzato delle multinazionali [2].
Al di là di ogni errore politico e teorico che può aver fatto, Camilleri è stato un intellettuale progressista e progressivo; nella perdita delle certezze di un tempo ha sicuramente resistito meglio di altri e ha mantenuto una dignità di giudizio rispettabile. Con il cuore è stato un comunista, e che lui abbia rivendicato questa parola è cosa encomiabile. Di tutto questo gli va dato atto, e di questi tempi non è poco.
Note
[1] Vd A. Pascale (a cura di), Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2019.
[2] Vd presentazone del libro su Intellettualecollettivo.it.
-Artribunetv, Andrea Camilleri e Elio Germano – Teatro Valle occupato Roma, Youtube, 15 giugno 2011
-F. Borgonuovo, Camilleri il rosso: viva il compagno Stalin, Libero, riportato in data 25 gennaio 2011 su isintellettualistoria2.myblog.it.
-T. Calà & M. Morreale, Conversazione in Sicilia con Andrea Camilleri, Infomedi, estratto, a cura di Agostino Spataro, dalla video-intervista concessa in occasione della Festa de l’Unità del Vallone, Mussomeli (Cl), settembre 2004
-C. La Bella, Andrea Camilleri, 5 cose che (forse) non sai sullo scrittore siciliano, autore de “Il commissario Montalbano”, Urbanpost.it, 24 febbraio 2019
-M. Nepi, Camilleri comunista, la passione politica dello scrittore e le offese per il suo essere di sinistra, Tpi.it, 17 luglio 2019
-Redazione Ansa, Camilleri attivista, dal Partito Comunista alle critiche a Salvini, Giornale di Sicilia, 17 luglio 2019
-Redazione Fanpage, Andrea Camilleri politico, da Mussolini a Salvini la sua idea di fascismo, Fanpage.it, 17 luglio 2019
-Redazione Open, Camilleri e quella lettera rinnegata al Duce: «Contro il fascismo avrei dovuto fare di più», Open Online, 17 luglio 2019
-Wikipedia, Andrea Camilleri, consultazione 18 luglio 2019
-Wikiquote, Andrea Camilleri, consultazione 18 luglio 2019
Alessandro Pascale
 
 

La Verità, 21.7.2019
Camilleri e De Crescenzo, due pesi e due misure

Il Sud, l’editoria italiana e la letteratura popolare hanno perduto in questa settimana due grandi pop-writer e due figure pubbliche: Andrea Camilleri e Luciano De Crescenzo. Entrambi hanno reso più accattivante il sud, i suoi linguaggi, il suo modo di vivere e di pensare, la Sicilia di Camilleri e la Napoli di De Crescenzo. La sorte ha dato a Camilleri il privilegio di vivere una lucida e riverita vecchiaia, ha recitato per vent’anni il ruolo di Grande Vecchio e di Oracolo Siculo della Tv e delle Lettere. Invece ha dato a De Crescenzo un ventennio di declino e di ritiro dalle scene pubbliche per ragioni di salute. Ricordo vent’anni fa a una cena De Crescenzo si presentò esibendo un biglietto preventivo di scuse perché non riconosceva i volti delle persone, anche a lui note o addirittura amiche. I primi tempi si pensò a una spiritosa trovata dello scrittore, che conoscendo molte persone non ricordava i loro nomi e dunque era un modo gentile e simpatico per scusarsi in partenza della distrazione e non passare per superbo e scostante. In realtà soffriva di prosoagnosia, una malattia seria.
Entrambi sono stati scrittori assai popolari; l’uno deve molto alla traduzione televisiva dei suoi romanzi, l’altro al cinema e alla partecipazione attiva nella simpatica scuola meridionale di Renzo Arbore. De Crescenzo si tenne sempre lontano dalla politica e dalle ideologie, si definì monarchico, indole di destra ma votante a sinistra, un po’ ateo e un po’ cristiano, ma preferì non mischiarsi nelle vicende della politica. Camilleri invece da anni ormai aveva assunto il ruolo di testimonial della sinistra, si era schierato apertamente in modo radicale, con qualche nostalgia del comunismo e un’antipatia viscerale che tracimava nell’odio verso Berlusconi ieri e verso Salvini di recente, fino alla famosa dichiarazione del vomito. Ma per giudicare un autore si deve avere l’onestà intellettuale e lo spirito critico di distinguere le sue posizioni politiche dalla sua prosa e dall’impronta che lascia nella letteratura. A questo criterio ci sforziamo di attenerci, ma l’aperto schierarsi di Camilleri gli è valsa da morto una glorificazione veramente esagerata. Mentre De Crescenzo è stato sbrigato sottotono.
Eppure De Crescenzo, oltre a riabilitare con arguzia il sud, aveva avuto il merito non secondario di aver reso simpatica e popolare la filosofia a tanti, soprattutto la filosofia antica. Aveva reso famigliare la figura di Socrate, i presocratici, lo Zarathustra nietzschiano, stabilendo un ponte con la Magna Grecia. I professori di filosofia trattavano con sussiego De Crescenzo, come se fosse un abusivo del pensiero e un profanatore della filosofia: ma lui non ha trascinato in basso la filosofia, ha innalzato il lettore comune facendogli scoprire e amare la saggezza dei filosofi. Lui è stato un campione amabile di filosofia pop. Quanti accademici contemporanei hanno allontanato i lettori dalla filosofia, coi loro linguaggi involuti che nascondevano scarsa originalità e più scarso acume. Allontanavano la gente senza avvicinarsi alle vette del pensiero. Meglio De Crescenzo a questo punto…
Dal canto suo Camilleri è stato uno scrittore di talento, ha inventato un suo linguaggio gustoso e simil-siciliano, ha scalato le classifiche librarie quanto e più di De Crescenzo, anche perché la narrativa tira più della saggistica, le sue opere sono state tradotte in tutto il mondo, aiutato dal successo televisivo di Montalbano che è una delle fiction più vendute nel mondo.
Ma i necrologi agiografici, gli infiniti servizi dedicati dai tg, i paragoni con Pirandello e Verga, e perfino con i classici, non gli hanno reso un buon servizio. Quando muore un personaggio pubblico bisogna rispettare la memoria e difenderlo dai suoi detrattori come dai suoi esagerati incensatori. Camilleri intrigava con le sue trame, sapeva gigioneggiare in video e sul palco, col suo tono da cassandra sicula e l’aura istrionica del vgliardo, assumendo un ruolo ironico-profetico. Grande affabulatore. Sul piano civile, sbandierava l’antifascismo, seppure molto postumo, ieri antiberlusconiano, oggi antisalviniano. Una polizza per farsi incensare, come era già avvenuto in vita, e come è avvenuto in morte. Era uno scrittore bravo, un giallista e un autore di polizieschi di successo, non un Gigante, non il Grande Scrittore che entra nella storia della grande letteratura. Non esagerate, Camilleri rimane nella bestselleria corrente e nella personaggeria di scena del nostro tempo. Non rendetelo ridicolo, paragonandolo a Pirandello e Verga e pure a Sciascia. È come se negli anni trenta avessero paragonato Guido da Verona e Pitigrilli, autori di successo e di talento, a D’Annunzio e Pirandello. Via, abbiate senso della misura e delle proporzioni. Non mettetegli pennacchi e aureole, abbiate rispetto di un morto; l’ho scritto su un social e oltre a una marea di consensi ho ricevuto insulti isterici dai suoi fan, che sono spesso lettori di un solo autore, non hanno termini di confronto, e credono che leggere Omero o Camilleri, Proust o Saviano sia la stessa cosa. Non hanno capito che la polemica non era rivolta contro Camilleri ma contro chi lo usa per scopi politici e lo innalza a tal punto da renderlo grottesco. Sappiate distinguere il successo dalla gloria, il cantastorie dalla storia, il “colore” dal pensiero. Pirandello descrisse a teatro la condizione dell’uomo contemporaneo, la perdita delle verità, l’avvento del relativismo; Camilleri seppe intrattenere, piacevolmente, migliaia di lettori e milioni di spettatori. Sono due cose diverse. Camilleri non è Pirandello, e De Crescenzo non è Benedetto Croce. Lo dico per difendere la verità e la memoria di ambedue, De Crescenzo e Camilleri.
Marcello Veneziani
 
 

Libero, 21.7.2019
Vittorio Feltri: Andrea Camilleri comunista a scoppio ritardato. E Montalbano mi sta sulle balle

La morte di Camilleri, pur attesa, ha suscitato in Italia una ondata di scalpore. Se ne è andato uno scrittore molto popolare e ciò è spiacevole, tuttavia bisogna ricordare che egli viaggiava verso i 94 anni. Ha resistito un mesetto grazie all'ausilio di macchinari sofisticati, poi ha ceduto. A una certa età si crepa, è inevitabile per ogni persona, geniale o insignificante. Già, più che vecchi non si può diventare, lo sappiamo. Il cordoglio per Camilleri è doveroso, stiamo parlando di un signore che alla letteratura ha dato qualcosa di importante e non si può ignorare. Però c'è un però. Il narratore era ed è ancora rispettabile, le sue idee politiche invece erano grossolane se non banali, indegne di essere prese in seria considerazione. Egli non ha mai nascosto i propri orientamenti comunisti, antiquati, obsoleti e addirittura ridicoli. Il marxismo per fortuna ha tirato le cuoia prima dello scrittore siciliano e il fatto che questi non se ne rendesse conto la dice lunga sulla sua personalità tramontata. In questi giorni la tv ha diffuso una dichiarazione del povero vegliardo Andrea, riguardante Salvini, disprezzato dal dichiarante poiché sorpreso a baciare il crocefisso. Confesso che anche a me il gesto del capo leghista ha impressionato pure me e non mi è piaciuto, ma non ho capito e non capisco perché sia stato giudicato scandaloso, fuori luogo. Ciascuno ha il diritto di manifestare le proprie preferenze religiose, pur sfruttate a fini politici, anzi elettorali. A nessuno venne in mente di criticare don Luigi Sturzo in quanto fondatore della Democrazia Cristiana, che nel proprio simbolo recava la croce. Né alcuno osò strapazzare gli scudocrociati perché, in accordo col Vaticano, nel 1948, mandarono in giro per l'Italia la Madonna pellegrina allo scopo di procacciare voti alla Dc. Operazione che ebbe un successo strepitoso. Spiegatemi per quale motivo era lecito a quel tempo sfruttare la Vergine per riempire le urne mentre oggi è vietato a Matteo di "brandire" il rosario? Usare due pesi e due misure per valutare episodi analoghi è scorretto, anche se a farlo è un artista della penna. Camilleri merita i nostri elogi per la sua attività di uomo di lettere, non certo per quella di propagandista bolscevico, della quale non si è mai vergognato. Quanto al suo commissario Montalbano, non credo sia obbligatorio osannarne l'invenzione: a me sta sulle balle. Pretendo di poterlo affermare senza essere condannato per blasfemia. Una mia amica mi informa che Camilleri tempo fa salvò un gattino dalle grinfie di alcuni ragazzetti che se lo rimbalzavano quale pallone. Una scena orribile cui l'autore isolano pose fine prendendo con sé il povero felino, il quale gli restò accanto per 18 anni. Questo episodio mi intenerisce e mi convince che Andrea era una persona generosa e sensibile. Gliene rendo merito.
Vittorio Feltri
 
 

LiveSicilia, 21.7.2019
Tennis
Ladies Open, presente grande pubblico
Due azzurre in corsa per tabellone principale

Palermo [...]
Intanto ad inaugurare i “Pomeriggi Letterari” nel village è stato lo scrittore e giornalista Gaetano Savatteri, autore de “Non c’è più la Sicilia di una volta (Laterza) e “Il delitto di Kolymbetra” (Sellerio). L’autore di Racalmuto ha voluto ricordare le sue origini siciliane e ha voluto dedicare un pensiero ad Andrea Camilleri, recentemente scomparso. “Andrea Camilleri ci lascia una grande eredità ma non ci lascia eredi – ha detto Savatteri - non esiste nessuno come lui. Ha attraversato un secolo, ci mancherà la sua voce. Ci restano le sue storie, leggendole potremo stare ancora con lui”.
[...]
 
 

Cademia Siciliana, 21.7.2019
Andrea Camilleri e il suo particolare linguaggio

Il 17 luglio scorso ci ha lasciati alla veneranda età di 93 anni il maestro Andrea Camilleri, autore siciliano rinomato per la sua immensa produzione letteraria, venuto alla ribalta come scrittore dopo una lunga carriera da produttore televisivo in particolare grazie alla serie dedicata alle indagini del commissario Salvo Montalbano, diventato popolare anche grazie all’interpretazione di Luca Zingaretti nella serie RAI “Il commissario Montalbano”, nella quale sono stati trasposti in versione televisiva diversi dei romanzi scritti da Camilleri che vedono come protagonista questo personaggio ormai amato in tutto il mondo per la sua spiccata ironia, per la sua umanità e sensibilità, e per la sua sicilianità. Abbiamo deciso quindi di onorare la sua memoria un po’ a modo nostro, parlando del linguaggio usato in diverse sue opere, il quale ha contribuito a renderle famose.
Innanzitutto ci sembra che ci sia una prima questione da dirimere: Camilleri scriveva i romanzi del ciclo di Montalbano (ma non solo di questo ciclo) in siciliano o in italiano? Una prima cosa certa che possiamo dire è che alcune battute sono proferite dai protagonisti completamente in italiano, particolarmente in contesti formali, come ad esempio nell’estratto seguente, nel quale il commissario Montalbano si rivolge a Sileci e al dottor Osman:
«Mettiamo tre uomini ad ogni lato della passerella che fanno come un corridoio che porti i migranti direttamente allo sportello del pullman. Se questo metodo funziona, è chiaro che potremo in seguito ridurre il numero degli uomini impegnati negli sbarchi. Che ne dite?».
-A. Camilleri, L’altro capo del filo, Palermo: Sellerio, 2016
Per quanto riguarda il resto, sicuramente non si può parlare di siciliano. Vediamo insieme alcuni estratti.
«Si nni stavano assittati nel balconcino di Boccadasse, mutangheri, a godirisi la friscura della sirata. Livia era stata tutto il jorno d’umori malo, le capitava sempre accussì quanno Montalbano era ‘n partenza per tornari a Vigàta».
-A. Camilleri, L’altro capo del filo, Palermo: Sellerio, 2016
«Nei saloni, il chiacchiario tra i soci s’astutò a picca a picca fino a un relativo silenzio. Relativo pirchì don Anselmo Buttafava si era come al solito addrummisciuto supra alla pultruna addamascata nella quali s’assittava da trent’anni e passa e runfuliava accussì forti che i vitra del balcuni che aviva davanti trimoliavano a leggio».
-A. Camilleri, La setta degli angeli, Palermo: Sellerio, 2011
«Gnazio Manisco ricomparse a Vigàta il tri di ghinnaro del milli e ottocento e novantacinco, che era oramà quarantacinchino, e in paìsi nisciuno sapiva cchiù chi era e lui stisso non accanosceva cchiù a nisciuno doppo vinticinco anni passati nella Merica»
-A. Camilleri, Maruzza Musumeci, Palermo: Sellerio, 2007
«La sveglia sonò, come tutte le matine da un anno a ‘sta parti, alle setti e mezza. Ma lui si era arrisbigliato una frazione di secunno prima dello squillo, era abbastato lo scatto della molla che mittiva in moto la soneria. Ebbe perciò, prima di satare dal letto, il tempo di girari l’occhi alla finestra, dalla luce accapì che la jornata s’appresentava bona, senza nuvoli»
-A. Camilleri, La luna di carta, Palermo: Sellerio, 2005
Quelli che abbiamo riportato sono gli incipit di alcune opere del maestro più conosciute. Sicuramente, quello che salta immediatamente all’occhio, è che non è facile capire la fonte principale di questo linguaggio, possiamo però cominciare cercando di definirlo, dicendo che si tratta di un linguaggio artistico, un linguaggio creato apposta per produrre opere letterarie – potremmo definirlo un idioletto artistico-letterario, ma è un linguaggio che non trova riscontro completo nella realtà locutoria siciliana, se non per alcune caratteristiche. È un linguaggio che in un certo senso si avvicina alle lingue elfiche create dal Tolkien, se esaminato da un punto di vista funzionale e letterario, ma si discosta da queste ultime in quanto molto meno strutturato – Tolkien aveva costruito intere grammatiche delle lingue elfiche -, pensato per un’espressione molto più spontanea, nonostante comunque sia possibile individuare delle strategie ricorrenti. Dal punto di vista espressivo, il linguaggio di Camilleri si avvicina secondo noi molto di più alla tradizione dei grammelot, di cui nella contemporaneità ha fatto largo uso Dario Fo: si tratta di un linguaggio di fantasia utilizzato principalmente dai teatranti che unisce a parole inventate mescolando diverse varietà linguistiche anche suoni, onomatopee, espressioni facciali e posturali particolari, elementi che operano in coesione al fine di comunicare un particolare messaggio. Fatta questa premessa, passiamo all’analisi del linguaggio di Camilleri.
La base del linguaggio di Camilleri è senza dubbio l’italiano, un italiano modellato in maniera molto particolare con lo strumento del siciliano. Lo deduciamo dal fatto che quantitativamente le espressioni piene in italiano rappresentano la maggior parte delle composizioni.
Il siciliano viene usato per modellare questo italiano nei modi più disparati. Innanzitutto, quando una parola italiana e una siciliana sono molto simili, la parola italiana prende almeno una caratteristica della parola siciliana corrispondente: basti vedere la coppia formata dall’italiano “mattina” e dal siciliano “matina”, nella quale la parola italiana vede la riduzione della doppia T in una sola: nel quarto estratto leggiamo infatti “tutte le matine”.
Altre volte, se abbiamo parole molto simili tra italiano e siciliano, la parola siciliana corrispondente viene presa e il suo vocalismo, cioè le vocali che la caratterizzano, viene adattato a quello dell’italiano: si veda ad esempio il participio passato “abbastatu”, corrispondente all’italiano “bastato”, che prende un vocalismo tipicamente italiano, nel caso in questione la sostituzione della U finale con la O, e sempre nel quarto estratto leggiamo quindi “era abbastato”. In questa formula la base italiana viene tradita anche dall’uso del verbo ausiliare: nei tempi composti alla forma attiva, il siciliano usa sempre e solo il verbo aviri come ausiliare, e mai èssiri: in siciliano abbiamo infatti “avìa abbastatu”.
Altre volte ancora però non è semplice dire se Camilleri abbia voluto mantenere intatte dal punto di vista del vocalismo delle parole siciliane, o se abbia applicato il vocalismo siciliano a una parola italiana: è il caso dell’aggettivo “forti” nel secondo estratto, per il quale è difficile dire se sia stato preso dal siciliano e mantenuto tale, oppure se sia stato preso l’italiano “forte” e sia stata sostituita la E finale con la I tipica del siciliano.
Il discorso viene poi farcito con un numero relativamente basso di parole pienamente siciliane: nel primo estratto, ad esempio, su un totale di 38 parole, 3 parole sono pienamente siciliane, 8 risultano comuni sia al siciliano che all’italiano, mentre le restanti 27 sono ibridazioni tra siciliano e italiano, ibridazioni che però sono sbilanciate nelle loro caratteristiche più verso l’italiano che non verso il siciliano. Queste ibridazioni sono creazioni puramente letterarie, che non trovano riscontro nel parlato quotidiano dei siciliani; anche alcune combinazioni sono totalmente estranee ai siciliani – nessun siciliano direbbe mai, ad esempio, “il jorno” come si legge nel primo estratto, mischiando un articolo italianissimo e una parola ibridata con una desinenza non siciliana.
Attraverso questo linguaggio ibridato, che è sostanzialmente un italiano particolarmente colorito di siciliano, Camilleri riesce a far assaporare ai suoi lettori se non la Sicilia nella sua interezza, comunque la propria Sicilia, una Sicilia dalle molte sfaccettature e dai molti colori.
È importante, arrivati a questo punto, fare delle considerazioni circa il camilleriano e il siciliano.
Può il camilleriano essere considerato come linguaggio di riferimento per la letteratura in siciliano? Secondo noi è essenziale dire innanzitutto che il camilleriano è il personalissimo linguaggio artistico di Camilleri, la sua particolare tecnica scrittoria, un po’ come i pittori hanno la propria tecnica pittorica: un copista esperto può realizzare una copia iperfedele di un quadro di Kandinskij, di Giotto, della Gioconda di Leonardo, ma le sue copie resteranno sempre e comunque delle copie, delle imitazioni dell’originale; la tecnica, scrittoria o pittorica che sia, è qualcosa di molto personale, che nasce dalla propria esperienza personale e unica dell’arte, del mondo che ci circonda; ragion per cui, uno scrittore che volesse scrivere un’opera utilizzando il linguaggio di Camilleri non otterrebbe come risultato finale che delle imitazioni/parodie, perché quel linguaggio nasce e si sviluppa in un contesto diverso, e in un cervello diverso, che in quanto creatore di quel linguaggio sa come sfruttarlo al meglio per comunicare col lettore. Detto questo, essendo l’italiano la base del camilleriano e il siciliano solo uno strumento per affinarlo, la nostra risposta al quesito precedente è che no, il camilleriano non può essere considerato un linguaggio di riferimento per la letteratura in siciliano. Al contrario, è decisamente più auspicabile che chi voglia comporre opere letterarie in siciliano acquisti coscienza del fatto che il camilleriano è un linguaggio non replicabile che purtroppo se n’è andato via col suo creatore, e acquisisca consapevolezza della potenza espressiva del siciliano, che è già parte del nostro bagaglio espressivo, e impari ad affinarla per riuscire a comunicare in letteratura con la stessa potenza e coloritura.
Al di là di tutto ciò, noi come associazione che si occupa di lingua e cultura siciliana non possiamo che ringraziare di vero cuore tanto il maestro Camilleri quanto l’uomo Camilleri per ciò che ha fatto e ha dato per la cultura siciliana, e per averci fatto volare in alto nel mondo, contribuendo alla destigmatizzazione della nostra lingua, della nostra cultura, della nostra identità, nonché alla diffusione di importantissimi messaggi di tolleranza e rispetto nei confronti dell’altro, del diverso. La Sicilia ha perso un uomo dal calibro irraggiungibile, e riteniamo che tutti noi dovremmo tenerlo sempre a mente come modello, tanto nella vita quanto nell’arte.
Grazie, Maestro.

Letture consigliate
Per degli ulteriori approfondimenti sul linguaggio delle opere di Camilleri, consigliamo le seguenti letture:
– M. Perasovic, Realizzazioni sociolinguistiche nei romanzi e negli sceneggiati di Andrea Camilleri, tesi di laurea, 2011;
Il Camilleri-linguaggio sul sito del Camilleri Fans Club;
– J. Vizmuller-Zocco, Gli intrecci delle lingue ne L’odore della notte di Andrea Camilleri, in Spunti e ricerche. Rivista di italianistica.
Bibliografia e sitografia
– A. Camilleri, L’altro capo del filo, Palermo: Sellerio, 2016;
– A. Camilleri, La setta degli angeli, Palermo: Sellerio, 2011;
– A. Camilleri, Maruzza Musumeci, Palermo: Sellerio, 2007;
– A. Camilleri, La luna di carta, Palermo: Sellerio, 2005;
– grammelot su Treccani – Enciclopedia on line.
Salvatore Baiamonte
 
 

Fata Morgana web, 22.7.2019
L’isola carnevalesca
Andrea Camilleri fra tradizione e innovazione.

Italo Calvino non aveva dubbi: «Sui vivi, in letteratura, si lavora male» si legge in una sua lettera a Gian Carlo Ferretti del 5 ottobre 1965. «Come fai a giudicare un vivo? […] Ancora ancora quando uno è morto, e sono morti tutti quelli che lo conoscevano, e hai un numero finito di documenti su cui lavorare, puoi mettere in ordine questi documenti, ordinarli nelle più svariate posizioni come un mazzo di carte, e trarne definizioni e se vuoi anche giudizi».
Adesso che Andrea Camilleri si è reso cadavere (come egli stesso, citando Gadda, amava dire dei suoi amici o colleghi più cari che, nel tempo, traslocavano altrove), lasciato passare lo schiamazzo inevitabile del momento, si comincerà da più parti a stilare consuntivi, a calcolare la quotazione del lascito, in termini letterari e ideologici. Pur in prossimità della sua dipartita, si vuole qui tentare un primo bilancio, con la consapevolezza del fatto che la distanza non potrà che consentire a chi verrà dopo un piglio meno compromesso.
Nel caso dell’autore della Strage dimenticata (1984) occorre orientare lo sguardo critico almeno in tre direzioni: il versante linguistico innanzitutto, che torreggia imperioso in seno alla sua vastissima produzione; quello della rappresentazione della Sicilia, dell’immagine dell’Isola che egli ha veicolato; infine, l’aspetto legato al genere letterario del giallo, prediletto dallo scrittore.
La lingua, dunque: sappiamo quanto la ricerca stilistica sia evidente in diversi autori siciliani, da D’Arrigo a Pizzuto, da Bonaviri a Consolo, tanto per fare qualche nome. Il problema dell’espressione nell’Isola è stato avvertito con una sensibilità ai limiti della patologia, anche perché ha obbligato a fare i conti con la civiltà dialettale, di tradizione imperiosa. Questo è il punto: la parlata siciliana è sempre stata di grande attrazione enunciativa e anche per Camilleri l’ancoramento al serbatoio isolano ha rappresentato una specie di assillo, costringendolo necessariamente alla realizzazione di un linguaggio liberatorio.
Occorre precisare che si tratta di una lingua messa a punto ex novo dallo scrittore di Porto Empedocle, una lingua che prima di lui non esisteva e che dopo di lui continuerà a sussistere solo nelle sue pagine. Si vuole dire che una cosa è la pronuncia di Camilleri, una koinè creata lavorando su una base dialettale, un dialetto della memoria che si contorce e mescida di continuo; un’altra cosa è il “camillerismo”, ossia il becero mimetismo: non sono pochi i nipotini dello scrittore empedoclino sbucati fuori negli ultimi anni come i funghi, ai quali si deve un idioma posticcio, manieristico, tremendamente epigonale.
In merito allo stile del narratore isolano, non pochi detrattori hanno lanciato i loro strali avvelenati sostenendo che la sua pronuncia fosse annacquata, fiacca, poco rigorosa, per niente filologica. E viva Dio, viene da dire: Camilleri non assomiglia a Vincenzo Consolo e nemmeno a Stefano D’Arrigo, tanto per tacere di altri. Egli ha preso le mosse da Verga, il grande rivoluzionario: la sintassi, i modi di dire, la ricchezza dei proverbi, lo smalto luccicante dei soprannomi; da De Roberto, ma lateralmente: pensiamo alla novella La paura, poche pagine che danno corpo a un racconto raggelato sull’insensatezza della guerra. Lo stile denso e nervoso dell’autore dei Viceré si fa incisivo e micidiale nelle impennate espressionistiche dei dialetti parlati dai fanti (il siciliano, l’umbro, l’abruzzese): ne viene fuori un efficacissimo caleidoscopio linguistico; infine da Pirandello traduttore del Ciclope di Euripide (1918), un testo che Camilleri conosceva quasi a memoria, per averlo messo in scena più volte: il dialetto contadino del gigante da una parte e quello borghese di Ulisse dall’altra (un «uomo di mondo» lo definiva Camilleri, «uno che aveva fatto il militare a Cuneo»). Solo tre assaggi:
«Amici, / per favuri, vulissivu ‘nsignàricci / quarchi deflussu d’acqua pi smorzàrinni / la siti che nn’avvampa, e – peracasu – / quarchedunu di vàutri voli vìnniri / quarchi provista a nàutri navicanti?»; «Sceccu! Quest’otri, appena la sdivachi / si rifà china, subbitu da sé», e ancora: «Nni voi prima assaggiari / un sorsellinu?», oppure: «T’ha ‘nfilatu per beni / il cannarozzu?»; «Se dicu una bucía?».
Il coraggio poi l’ha ricavato dal principe dei plurilinguisti, Carlo Emilio Gadda (ad accomunarli, oltretutto, il ricorso allo schema del poliziesco): il risultato è una lingua letteraria tutta sua — che ha lambito la perfezione nella Concessione del telefono (1998) e nel Re di Girgenti (2001) —, riconoscibilissima, che distilla sapientemente gli umori più terragni dell’isola, in un concerto polifonico dove il burocratese dei funzionari e degli impiegati si alterna al barocco di politici e di ecclesiastici, al dialetto dei popolani, al gergo allusivo dei mafiosi. Si tratta, dunque, di un impasto linguistico di siciliano autentico, siciliano reinventato, italiano storpiato, che quasi miracolosamente rappresenta una carta moschicida per i suoi lettori.
Si diceva dell’immagine della Sicilia: Andrea Camilleri ha messo in circolo un sembiante isolano privato della patina cimiteriale alla quale gli scrittori precedenti ci avevano in qualche modo abituati. Anche quelli più compromessi con la musa del comico: prendiamo Vitaliano Brancati ad esempio, il quale però ha piegato il bizzarro e il ridicolo dalle parti del grottesco e del sarcasmo più lacerante. Pur offrendo della sua terra uno skyline a volte respingente, con tanto di cosa nostra inoculata quale tarlo malevolo e mai pago, Camilleri l’ha resa più leggera, aerea, alla fine liberandola da alcune spire che da tempo la avvinghiano senza posa.
Rimane forte, a doppio filo, il suo legame con la memoria letteraria siciliana: anche Camilleri, ad esempio, fa parte della cordata antirisorgimentale, sostanziata da autori che hanno sgretolato l’epopea dell’Italia unita, basata sulla sublimazione dell’impegno politico, sull’apologia del sacrificio, sulla costruzione di una figura di eroe animato dall’amor patrio, sul motivo della riscossa del popolo italiano. Dalle loro carte è possibile ricavare un contravveleno alla fredda, manzoniana retorica nazionalistica, alla mitizzazione stereotipata: ne è venuta fuori una specie di secessione letteraria, di un Sud che all’ottimismo bacchettone del Nord ha opposto dubbi e soprattutto idiosincrasie.
Basterebbe citare La bolla di componenda (1993), apologo beffardo sulle modalità in cui lo Stato italiano, quando pervenne in Sicilia, si adeguò a una pratica tradizionale, quella appunto della “componenda”, ossia dell’accordo, del compromesso, della transazione intesa a sanare un contenzioso tra parti: e lo fece con il brigantaggio, con la mafia e con i tanti prepotenti. Altro che stato di diritto, altro che garanzia imparziale contro i torti. Eppure il tono della narrazione, la dimensione teatrale dei dialoghi, il paradosso delle situazioni conferiscono alle vicende un ritmo da beffa, da vera e propria farsa antropologica. Magari qualcuno dirà che la segnaletica disseminata risulti di conseguenza troppo riconoscibile, però non si può negare che Camilleri abbia indossato le vesti di ambasciatore amabile e incantatorio rendendo la sua Isola un po’ più pop, meno quaresimale, di certo più carnevalesca.
Ad agevolarlo in questa operazione è stata una energia sorgiva dell’affabulazione, che gli ha consentito di trasformare in racconto anche l’aneddoto più prevedibile. Del resto egli ha considerato la scrittura allo stesso modo del parlare:
Da solo, e col foglio bianco davanti, non ce la faccio, ho bisogno d’immaginarmi attorno quei quattro o cinque amici che mi restano stare a sentirmi, e seguirmi, mentre lascio il filo del discorso principale, ne agguanto un altro capo, lo tengo, canticchia, me lo perdo, torno all’argomento (“La bolla di componenda”).
Anche per questo motivo, leggendo Camilleri si ha l’impressione di ascoltarlo, di apprendere le vicende dalla sua viva voce. Vicende, tra l’altro, messe in moto sovente dalla sua naturale propensione a fare del sesso (col corredo di frustrazioni, perversioni, rituali di dominio e subalternità) una specie di propulsione atomica della narrazione. Un nome su tutti: padre Artemio Carnazza (nomen omen!) della Mossa del cavallo (1999), al quale costa caro il suo debole nei confronti della natura femminile: le prime pagine del romanzo in questione sono irresistibili, un fuoco di fila di trovate briose nella fenomenologia del disobbligo nei confronti delle parrocchiane consenzienti, che metterebbero a dura prova anche uno stilita in penitenza.
Infine si diceva del genere letterario, ossia il giallo già sdoganato da Leonardo Sciascia, l’altro grande modello di Camilleri. Certo, le avventure del commissariato di Vigàta nascono dalla costola di Il giorno della civetta e di A ciascuno il suo: il panellaro, il farmacista, il professore, il prete, eccetera. Dal canto suo l’autore di La voce del violino (1997) ha innestato la gemma sciasciana nella pianta simenoniana, del Simenon del commissario Maigret s’intende, che egli stesso ha smontato e rimontato per sceneggiarlo in televisione. A questo punto una brevissima parentesi: Camilleri ha realizzato quasi 1300 regie radiofoniche, 120 teatrali e poco meno di 100 televisive. Sta anche qui il segreto della sapienza compositiva, dell’abilità nell’immaginare e strutturare una storia.
Sappiamo della sua affezione alle misure del poliziesco, una sorta di prosodia dell’immaginario che gli ha consentito quasi sempre di calibrare perfettamente il materiale a sua disposizione. Anche se poi sapeva concedersi dei lussi: pensiamo alla costruzione sperimentale di romanzi come La concessione del telefono o La scomparsa di Patò (2000), ma già a partire dal Birraio di Preston (1995) si era manifestata questa sua oltranza. Camilleri, nell’antro di alchimia in cui ha lavorato, sapeva anche dosare con grande libertà i suoi romanzi, in un’alternanza di lettere, documenti, ritagli di giornale. Ecco: lo scrittore empedoclino è stato, tra i nostri romanzieri, quello che ha voluto osare di più, spingendo il pedale fino in fondo per vedere se la macchina narrativa ogni volta ce la facesse.
Ma anche sul piano linguistico Camilleri si è rivelato ardimentoso, addirittura facendo a meno ogni tanto della rete di protezione rappresentata dal suo solito impasto, mettendo rigorosamente a dieta la sua pronuncia: nei romanzi pubblicati con Mondadori dedicati a una sorta di epopea alto-borghese (Il tailleur grigio, 2008; Un sabato, con gli amici, 2009; L’intermittenza, 2010; La relazione, 2014) si è allontanato dalla sua Vigàta, ha voltato le spalle a Montelusa per rastremare lo stile e avvicinarsi il più possibile a un italiano regolare, privo di sbavature, rigorosamente ipotattico (impressiona non poco questa sua schizofrenia).
Si diceva del format perfetto del giallo, arricchito da un personaggio a dir poco seducente, Salvo Montalbano, da annoverare, assieme a Pinocchio, a Don Abbondio, tra i pochi personaggi di carta miracolosamente palpitanti, e non mere e asfittiche funzioni proppiane. Il commissario di Vigàta, romanzo dopo romanzo, ha mostrato sempre qualcosa di nuovo di sé: è cresciuto, è cambiato, invecchiando assieme ai lettori e al suo creatore. E parallelamente è cambiata anche la situazione politica, sempre più corrusca e urticante. Montalbano, oltretutto, è sempre attorniato non tanto da comparse anodine ed esornative, quanto da personaggi, più o meno secondari, altrettanto ben caratterizzati.
Nelle mani di Camilleri il giallo è diventato un genere duttile, la cui forma assomiglia a quella dell’acqua, per citare uno dei titoli più fortunati della saga di Montalbano. Quest’ultimo, tra l’altro, ha fatto pure da apripista: dopo di lui altri commissari, investigatori di professione o per caso, hanno calcato le tavole del palcoscenico isolano. L’ha detto lo stesso Camilleri, col suo solito pragmatismo: «Quando mi son messo a scrivere gialli ho avuto l’impressione di aver tolto il tappo a un lavandino otturato».
Riferimenti bibliografici
A. Camilleri, Romanzi storici e civili, a cura di Salvatore Silvano Nigro, Meridiani Mondadori, Milano 2004.
I. Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Meridiani Mondadori, Milano 2000.
S. Ferlita, G. Leone, L’isola immaginaria. La Sicilia di Andrea Camilleri, Kalòs, Palermo 2013.
S. Ferlita, P. Nifosì, G. Leone, La Sicilia di Andrea Camilleri tra Vigàta e Montelusa, Kalòs, Palermo 2003.
Salvatore Ferlita
 
 

Teleacras, 23.7.2019
Renato Miceli intervista Andrea Camilleri

Una vecchia intervista a Teleacras del 1987, prima del successo del grande scrittore siciliano
ilSicilia
 
 

La Sicilia (ed. di Caltanissetta), 23.7.2019
L'uccisione di Gattuso secondo Camilleri
Nel romanzo "Privo di titolo" il caso del giovane fascista rimasto vittima nel 1921
Per la legge a sparare fu Ferrara, per i socialisti si trattò di incidente con "fuoco amico"

Quarta puntata del nostro omaggio alla memoria di Andrea Camilleri, attraverso le sue opere ispirate a fatti e personaggi nisseni. Stavolta ci riferiamo a "Privo di titolo" (Sellerio 2005) romanzo dello scrittore ispirato al caso di Gigino Gattuso, il giovane fascista nisseno rimasto ucciso nel 1921 in città in un tafferuglio con un avversario politico, culminato in una sparatoria.
Sulla sua fine, al di là della presunta dinamica e delle responsabilità più o meno accertate in sede giudiziaria, sarebbe rimasto per sempre un alone di mistero. Chi lo uccise realmente? Per la legge, e i fascisti, fu Michele Ferrara muratore socialista che subì alcuni anni di carcere pur protestandosi innocente; per i socialisti si trattò invece di un clamoroso incidente tra gli squadristi coinvolti nella rissa, uno dei quali - Santi Cammarata - nel tentativo di colpire il Ferrara avrebbe sparato invece al Gattuso; insomma, morto per "fuoco amico".
Caltanissetta visse quell'episodio con forti passioni e testimonianza immediata ne furono i gravissimi incidenti, con vittime innocenti, verificatisi durante i funerali del giovane, e i disordini dei giorni seguenti con ampia eco nel resto dell'isola. Il processo al muratore si tenne in Corte d'Assise nel 1924 tra tensioni e intimidazioni, passerella di testi ambigui, e una sentenza che parve un compromesso tra la verità dei fatti e la "ragione" di regime. Ferrara rimaneva il colpevole dell'omicidio ma la sua assoluzione finale per legittima difesa dall'attacco di un fascista, pronunciata in fondo dallo stesso regime, la diceva lunga sulle sue reali responsabilità. Ed era una sentenza che in pratica scontentava tutti, e cioè chi contava in un'assoluzione del muratore socialista per non aver commesso il fatto, e i fascisti che oltre a non veder condannato l'avversario politico si ritrovavano con un "martire" addirittura egli stesso, in fondo, causa della propria fine.
Questa vicenda io l'ho ricostruita, nei particolari, nel mio libro "Fattacci di gente di provincia" (Lussografica, 1993), di cui feci omaggio a Camilleri che ne rimase particolarmente colpito - per come in seguito ebbe a comunicarmi e a dichiarare anche nelle sue numerose interviste - in quanto gli fece ricordare come, da giovinetto, fosse venuto nel 1941 a Caltanissetta per partecipare alla adunata di commemorazione del "martire" Gattuso nel 20° della sua morte, di-nanzi il monumento a lui dedicato, e lì avesse pure intravisto il Ferrara.
Rileggere di quel "fattaccio", dunque, gli sollecitò la sua sconfinata fantasia ed eccolo così a scrivere quello che sarebbe divenuto, dopo una lunga "gestazione", il romanzo "Privo di titolo". L'anno prima della sua pubblicazione Camilleri mi telefonò per dirmi che mi voleva incontrare: era l'agosto 2004 ed io lo raggiunsi nella sua casa di Porto Empedocle, dove in quel periodo soggiornava, e qui mi mise al corrente del suo nuovo lavoro.
Ed ecco che nel febbraio 2005, un'intervista dello scrittore su "Panorama", in cui si preannunciava l'uscita del nuovo romanzo, scatenò una polemica poi ripresa dalle maggiori testate giornalistiche nazionali: da Bologna, infatti, un consigliere comunale di Alleanza Nazionale, lontano discendente del Gattuso, accusò Camilleri di mistificare la realtà di quell'episodio. Camilleri, dal canto suo, rimandò il mittente le critiche, ricordando le altre mistificazioni del fascismo, come ad esempio la fondazione della città di Mussolinia in Sicilia, ideata dai gerarchi di Caltagirone e fatta credere al Duce con fotomontaggi, anch'essa vicenda reale e poi da lui romanzata sempre in "Privo di titolo".
Nella nota d'autore a fine libro, Camilleri scrisse: «Devo dire che questo libro non avrei mai potuto scriverlo se qualche anno fa il giornalista nisseno Walter Guttadauria non mi avesse inviato un suo bel volume intitolato "Fattacci di gente di provincia". Di un capitolo di quel volume mi sono in parte già servito per il racconto "Meglio lo scuro" compreso nel libro "La paura di Montalbano". Per questo mio "Privo di titolo" ho invece saccheggiato un altro capitolo di Guttadauria, quello intitolato "Il caso Gigino Gattuso. Un omicidio con due martiri politici": Non finirò mai di essergliene grato». E' il ricordo più caro che ho del grande scrittore.
Tornando alla storia romanzata, ecco che dei giovani fascisti, in uno scuro vicolo, organizzano un pestaggio del bolscevico Michele Lopardo (Ferrara) che per difendersi spara un colpo di rivoltella che va a colpire Calogero "Lillino" Grattuso (Gattuso). Lo stesso Lopardo si ac-cusa dell'involontario omicidio ma grazie alla testimonianza "uditiva" di un'anziana cieca che stava a prendere il fresco su un balcone che si affacciava sul vicolo, il maresciallo dei carabinieri Tinebra scopre che il Grattuso in realtà è stato colpito a morte da un suo amico, Antonio Impallomèni (Cammarata) che partecipava alla bastonatura del bolscevico. Quindi Lopardo è innocente, ma ormai la propaganda fascista ha preso il via e in una serie di comizi, monumenti celebrativi e commemorazioni fa del camerata "Lillino" un martire della violenza comunista. Quello che era una semplice vittima di una morte accidentale, un morto "privo di titolo", diviene così protagonista di un'enorme montatura politica.
Walter Guttadauria
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 23.7.2019
Bollani: "Dialogo senza regole con un mandolino"

Il duo costituito da Stefano Bollani, piano, e dal brasiliano Hamilton De Holanda, mandolino, inaugura l'edizione numero 44 di Notomusica, festival appena insignito della medaglia del Presidente della Repubblica (Collegio dei Gesuiti, corso Vittorio Emanuele, ore 21,15, ingresso 30 euro). «Da tempo con Hamilton collaboriamo intensamente dal vivo e su disco – dice Bollani – Tra noi c'è forte sintonia, il dialogo tra i nostri strumenti non conosce regole e improvvisiamo a ruota libera sia su brani della tradizione brasiliana che su temi originali. Suonare poi vicino ai paesaggi resi celebri dalla serie Montalbano è anche un modo per ricordare Camilleri, mente lucidissima e sopraffina le cui storie mi hanno sempre affascinato».
g.r.
 
 

Perlage Suite, 23.7.2019
Camilleri: un vin, parmi les "miracles de Trieste", pour sa mort

Je n'ai jamais lu de roman de Camilleri, ni vu le commissaire Montalbano à la télévision. La vérité est que je ne regarde même pas la télévision. Et comme je n'ai jamais aimé les romans, je n'ai jamais réussi à m'approcher d'eux, même quand j'étais petite fille, je lisais tout le temps. Pourtant, il y a des personnages qui marquent les gens pour quelque chose qui va au-delà de leur travail, qu'il soit musical ou littéraire. Andrea Camilleri c'est l'un d'entre eux.
Fabrizio, mon meilleur ami et mon partenaire, m'a dit il y a environ une heure que Camilleri était décédé et m'avait dit qu'un si grand génie méritait un article sur mon blog sur le vin qui lui était dédié. Cependant, je ne veux pas écrire le bulletin de style autobiographique ANSA de type "copier-coller" habituel, car il existe des journaux qui font très bien leur travail. Non, je veux m'imaginer devant lui en train de parler de la vie et des rêves, avec un verre de Terrano del Carso qui a tellement aimé.
Une coïncidence fortuite, je viens de rentrer du Karst. J'ai bu de splendides terrans et j'ai reçu, entre autres, une bouteille de la société Lupinc, qui m'a hébergé pendant plusieurs jours. Alors maintenant, j'ai décidé de le déboucher et de parler à Camilleri, comme s'il était ici avec moi. Je n'ai pas de sardine arancino ou beccafico à lui offrir, mais je peux me rattraper avec une magnifique sardine de Monte Isola, le lieu magique où j'habite. Ce n'est pas sa Sicile, cette Sicile que j'aime aussi profondément. Taormina, avec ses vestiges archéologiques se détachant sur la mer bleue, est peut-être le seul endroit où je pourrais quitter celui dans lequel je vis maintenant. Ou peut-être pour une autre ville sicilienne que je dois encore visiter. Je crois profondément que la Sicile est une manière d’être, et son histoire en est certainement la preuve. La Sicile est la Beauté, et c'est dans la Beauté que l'on trouve la profondeur de la pensée, l'Art, le Génie. Je n'ai jamais rencontré un véritable créateur qui vit dans un endroit esthétiquement laid. La laideur détruit la créativité. La créativité se nourrit de la beauté, quelle que soit sa forme. C’est certainement pour cette raison que la Sicile est dotée de personnalités extraordinaires: Andrea Camilleri, Franco Battiato, Archimède, Empedocle, Ettore Majorana, Renato Guttuso, Leonardo Sciascia, Vincenzo Bellini, Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Giuseppe Tornatore, Ernesto Basile, Salvatore Quasimodo, Antonello da Messina ... ce sont les premiers qui me viennent à l'esprit, mais qui sait combien j'en oublie!
Pouvons-nous être des flics de naissance, avoir l'instinct de chasse dans notre sang, comme l'appelle Dashiell Hammet, et en même temps cultiver de bonnes lectures, parfois raffinées? Sauf si Montalbano l'était et si quelqu'un lui posait la question avec étonnement, il ne répondait pas. Une fois seul, particulièrement morose, il a mal répondu à l'interlocuteur:
"Documentez-vous avant de parler. Savez-vous qui était Antonio Pizzuto? "
« Non »
"C’était un homme qui avait fait carrière dans la police, questeur et chef d’Interpol. Il a secrètement traduit des philosophes allemands et des classiques grecs. À l'âge de soixante-dix ans, il se retire et commence à écrire. Et il est devenu le plus grand écrivain d’avant-garde que nous ayons eu. Il était sicilien. "
[...]
Dans le restaurant où l'ami l'avait apporté, ils ne servaient que du poisson. Il s'est préparé une assiette de tagliolini au homard et pour la seconde, il a attrapé des mèches de filet difficiles à trouver. Pour avaler cette grâce de Dieu, Protti lui conseilla un Terrien du Karst, produit sur les collines derrière Trieste.
Andrea Camilleri, Les Miracles de Trieste

La Sicile est une région spéciale, et je pense que quelqu'un comme Camilleri ne pourrait pas vraiment être né ailleurs et devenir si spécial. Camilleri, qui a dû créer son propre langage, mêlant des expressions siciliennes à des mots italiens avec un numéro digne du mixologue le plus raffiné. Mais ce qui est pour moi vraiment spécial à propos de Camilleri, ce ne sont pas tant ses personnages, ni ses histoires, que je n’ai jamais eu un intérêt particulier pour la lecture. Le Camilleri dont je parle aujourd'hui est le Camilleri qui n'a pas abandonné, le Camilleri qui dans le 1978 s'est tourné vers un éditeur rémunéré pour publier un flop qui ne serait même pas distribué sérieusement. Le Camilleri qui publie plusieurs romans sans succès dont personne ne se souvient. Le Camilleri qui n'abandonne pas. Pour moi, qui je vis en écrivant et rêve d’être écrivain depuis ma naissance, année après année, Camilleri est avant tout un maître du courage. La plupart des gens ont cette croyance terrible qu'il y a des gens chanceux, à qui de bonnes choses arrivent tout simplement. Ces personnes sont toujours prêtes à monter sur le bateau des gagnants, à se vanter de les connaître depuis la maternelle ou le lycée, peu importe. Ces gens pensent que les Camilleri en devoir doivent simplement être respectés et admirés, et qu’ils sont sur leur podium grâce à leur chance ou à leur talent, sans penser qu’ils sont au départ pour une question d’approche. Ici, aujourd’hui, je veux me souvenir de Camilleri précisément à cause de son approche. Camilleri est devenu un "phénomène réussi" après le 1995. Mais les vingt années précédentes, souvenez-vous-en quelques-unes. Et ce sont précisément ces vingt années que je veux rappeler aujourd'hui.
Camilleri était communiste, athée et courageux. Camilleri n'a jamais eu peur de parler, de dire ce qu'il pensait, de prendre parti. Voici, aujourd'hui, la capacité à prendre parti fait vraiment défaut. Prendre parti immédiatement, ne pas le faire plus tard. Pour aligner après la victoire, il y a un troupeau complet. Mais combien d’entre eux ont pu prendre parti auparavant, quand l’échec a crié d’une voix si forte qu’elle augure mal? Combien d'entre eux ont pu s'aligner avec Camilleri au cours des vingt dernières années? Pour moi, honnêtement, peu importe le camp sur lequel vous vous alignez. La diversité est une richesse, toujours. Sauf dans le cas de personnes comme Hitler, mais c'est une autre histoire. Ce qui m'intéresse, c’est que vous soyez cohérent avec vos choix et que vous les meniez avec courage et détermination.
Ici moi Je veux apprendre cela de Camilleri. Je veux apprendre à ne pas avoir peur d'échouer et à ne pas abandonner. Je veux pouvoir toujours faire la queue et admirer même un bateau qui fait de l'eau de tous les côtés, s'il est capable de me transmettre quelque chose. Le Costa Concordia était beau, solide, invincible, précieux ... pourtant, mon père, qui passait chaque été à l'Isola del Giglio avec ma mère, l'a photographié de cette façon.
Si Camilleri était ici aujourd'hui, buvant un verre de terrine Carso, rouge, impénétrable, intense, structuré ... que diriez-vous du bonheur? Dans une interview, il a déclaré que son jour le plus heureux a été son mariage avec sa Rosetta dello Siesto, sa partenaire de vie depuis plus de 70. Rosetta a pris le parti des Camilleri de ces vingt ans et a toujours tenu la main. Camilleri a déclaré que le secret de son succès a toujours été cette relation intense avec cette femme spéciale qui lui a donné les meilleurs conseils pour la vie. Aujourd'hui, je lui demanderais probablement de quelle manière une relation peut durer pendant des années 70. Je crois qu’il n’ya pas de plus grand succès dans la vie que de donner et de recevoir de l’amour des personnes que nous aimons. Et aussi de tous les autres. Je crois que tout revient, que dans ce merveilleux mystère qu'est la vie, ce n'est qu'avant la maladie que nous nous souvenons de ce qui compte vraiment: l'amour. Amour pour les personnes les plus importantes de votre vie, amour pour les animaux, amour pour les lieux, mais surtout pour votre prochain. Je crois fermement que le succès, même le travail, est une conséquence de l'amour que vous êtes capable de donner. De la part de vous que vous donnez aux autres, sans arrière-pensées et sans rien attendre en retour. Cet amour que vous donnez, si vous en êtes capable, est extrêmement enrichissant. Si vous aimez, si vous n'abandonnez pas, si vous échouez même les temps 100 et que vous vous levez, tout ce que vous voulez vient. Promis.
Il suffit de prier pour que le temps soit clément et de pouvoir attendre.
Entre une gorgée de vin et une autre, cher Camilleri, je pense à vous. Je souhaite que là-haut votre souhait se réalisera e William Shakespeare va vous serrer la main.
Et je souhaite que vous rencontriez également mon père, qui n'était pas Skakespeare, mais il était aussi immense qu'il était. Pas en tant qu'écrivain, mais en tant que père. Pas pour l'humanité, mais pour moi. Je ne sais pas s'il y a un paradis, mais s'il y en a, il est en train de construire un magnifique château de sable entouré de nombreux enfants souriants. Peut-être en Sicile.
Un câlin à Rosetta et à toute ta famille.
Chiara Bassi
 
 

La Repubblica, 24.7.2019
Quell’arancino sulla tomba di Camilleri

L'ultimo omaggio è un arancino, di quelli a punta che si mangiano nel catanese e che fanno arrabbiare i palermitani. Appoggiato con cura sulla terra ancora smossa che aspetta la lapide di Andrea Camilleri, ai piedi di un piccolo ulivo, quell'arancino, protetto dalla carta perché non si sporchi, è l'omaggio per eccellenza, è il conforto delle cose terrene per l'ultimo viaggio. Chi va a trovare Camilleri al cimitero acattolico di Roma non si presenta a mani vuote. Bisogna guardarli uno a uno gli oggetti che di giorno in giorno i lettori depongono sulla sua tomba. Sono simboli, pezzi di vita da portarsi nell'aldilà, come si faceva negli antichi rituali funebri. Racchiudono la cartografia di un alfabeto sentimentale. Ci sono le immancabili sigarette, che lo scrittore non potrà più addrumare, cioè accendere, né rotolare tra il pollice e l'indice per saggiarne la consistenza. C'è un mazzetto di garofani rossi piantato nel terreno. A fianco un'anfora di terracotta e un vasetto pieno di acqua e conchiglie. Qualcuno ha voluto portargli qui il mare. Quel mare che prima di diventare l'acqua di Vigàta è stato il regno delle avventure amatissime di Conrad e Melville, gli autori che avevano fatto scoprire al giovane Camilleri l'amore della lettura. In quel vasetto deposto lì a rappresentare la Sicilia è contenuta la forma dell'acqua, che è poi il titolo del primo romanzo della serie di Montalbano. Non sono oggetti qualsiasi, gli piaceranno non solo perché lo ricordano, ne citano i vizi reali e i tic letterari. Gli piaceranno perché Camilleri amava le cose della vita, il corpo, gli elementi. A Marino Sinibaldi che lo aveva invitato a parlare di felicità al festival Libri Come aveva detto: «La felicità per me non ha motivazioni, non ne ha mai avute, per me è fatta di cose ridicole… Io la felicità l'ho trovata sempre nelle cose terrene, concrete, negli odori, nei sapori, nei rapporti umani, non nella letteratura». I lettori lo sanno, l'hanno capito. E allora vengono qui, in fondo al vialetto che si apre con la tomba di Gramsci e si chiude con quella di Camilleri, portando cose vere, perfino un barattolo di confettura di more. La letteratura in realtà si affaccia, ma non sarà un caso se il libretto che qualcuno ha lasciato tra foglietti e cicche è un breve scritto di Umberto Saba intitolato Le polpette al pomodoro in cui il poeta ricorda alla figlia Linuccia la madre Lina, la compagna di una vita morta nel 1956. Lo fa attraverso i suoi piatti. Le polpette come gli arancini preparati dalla cammarera Adelina sono un "centro affettivo", irradiano calore. «Se dicessi che erano amore, non ti direi, con questo, nulla di nuovo».
All'ora di pranzo, mentre le strade di Roma si svuotano per l'afa estiva, una guida turistica decide di dirottare un gruppetto di americani a vedere la tomba di Camilleri. Vi arrivano prima di passare a salutare Shelley o Keats. Sarà una coincidenza ma la guida porta con sé un sacchetto con un pasto al sacco per la comitiva. Per un attimo il ragazzo sembra indeciso se lasciare o meno qualcosa di commestibile ai piedi dell'ulivo. Una donna è venuta a trovare suo figlio, sepolto non lontano, ma poi anche lei passa qui, a salutare: «Era vecchio è vero ma aveva ancora tante cose da dire». Nel giro di un'ora arrivano altri lettori. Un'insegnante, Palma Arpino, gira intorno alla terra sorridendo. «Ero di passaggio qui a Testaccio per sbrigare alcune commissioni in banca e mi sono detta: perché non andare?». All'ingresso del cimitero, tra le lapidi marmoree e le indicazioni ai sarcofagi monumentali, colpisce un piccolo cartellino plastificato: «Tomba di Andrea Camilleri. Zona 3; Riq 1; Fila 1». È facile trovarla, è vicino all'Angelo della Resurrezione che sovrasta la lapide dello scultore americano Franklin Simmons e di sua moglie Ella Bourne Slocum. Sul fatto che sia a pochi passi da Gramsci la signora Rita, una volontaria che fa da custode al cimitero, assicura che si tratta di una casualità. Racconta di un viavai continuo di persone che vengono ad "omaggiare il Maestro". Studenti, gente del quartiere, turisti. Proprio due giorni fa Romina ha lasciato un foglietto. È scritto a penna, datato 22 luglio. In alto una citazione tratta dall'Età del dubbio: «In amuri la ragione si dimette o va in aspettativa». Il saluto è condensato in poche righe. Un ringraziamento non tanto per Montalbano, ma per la saggezza delle parole che lo scrittore pronunciava fuori dalla cornice letteraria, per la sua "analisi lucida e disincantata" della realtà di tutti i giorni, per la serenità con cui prendeva posizione: «La serenità di poter dire quello che è senza remore sulle vicende di questa società alla deriva non potrà essere compensata con niente». Gli odiatori, quelli che sui social avevano cercato di infangare l'affetto con parole di stizza, qui non ci sono. Al contrario ieri un sole avvampante rendeva metafisico lo scenario, assoluti i segni tangibili dell'amore dei lettori. E le coincidenze. Prima fra tutte quella di riposare vicino a Gramsci, che per uno che aveva esordito nella sinistra del dopoguerra fondando a Porto Empedocle un falso partito comunista è quanto di meglio si possa auspicare.
Chissà se Camilleri potrà taliare il mare nel barattolo, i fiori, la confettura, le sigarette. Se gli verrà voglia di arrubbare l'arancino. È messo lì a posta. Adelina, la cameriera del commissario Montalbano, dedicava ore a cucinarli. Camilleri lo aveva raccontato: «Ci metteva due jornate sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta». Sembrano semplici gli arancini (Camilleri, con buona pace delle arancine palermitane, li chiama al maschile) ma sono laboriosissimi. Va fatto il giorno prima «un aggrassato di vitellone e di maiale» che deve «còciri a foco lentissimo per ore e ore» e poi un risotto «alla milanìsa» e dopo infiniti passaggi, alla fine «s'infilano in una padeddra d'oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d'oro vecchio ». Un arancino per Camilleri non è mica solo un arancino, è una zona della memoria, custodisce i sapori e i profumi della vita.
Raffaella De Santis
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.7.2019
Una piazza per Camilleri in ogni comune, da Catania parte petizione online
L’idea ha avuto successo con 36mila raccolte online. A lanciare l’appello a intitolare vie, strade e piazze allo scrittore siciliano scomparso il 17 luglio è la rivista I Siciliani Giovani

Una piazza per Camilleri. L’idea ha avuto successo con 36mila raccolte online. A lanciare l’appello a intitolare vie, strade e piazze allo scrittore siciliano scomparso il 17 luglio è la rivista I Siciliani Giovani e rilanciata a livello nazionale dall'associazione Articolo21.
“Ci piacerebbe che Camilleri avesse la sua piazza in cui poter raccontare storie, proprio come gli piaceva pensare – raccontano i redattori de I Siciliani giovani – Vorremmo che ogni comune riconoscesse il ruolo dello scrittore come ambasciatore della cultura siciliana nel mondo”. Camilleri, scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo è stato nominato nel 2003 Grande Ufficiale al Merito della Repubblica. Questo permette, a norma dell’articolo 4 della legge n. 1188/1927, di avere una deroga, d’accordo con il Ministero dell’Interno, per l’intitolazione a persone decedute da meno di dieci anni che si siano distinte per particolari benemerenze.
La petizione si può firmare al link http://change.org/UnaPiazzaPerCamilleri
“È bello essere siciliani come Camilleri – spiega Riccardo Orioles, direttore del giornale – Ma qui la geografia non c'entra: di Catania o di Bergamo, i "Siciliani" e Montalbano hanno fatto diventare un po' siciliani tutti coloro che hanno un po' di cervello e un po' di cuore”. Così si sono mobilitati anche alcuni amministratori locali, da Santa Croce Camerina (RG) a Milazzo (Me), passando per Piraino (Me), Messina e altri comuni siciliani. “Adesso è il momento di intercettare sindaci, consiglieri comunali e tutte le persone che possono fare questa proposta – concludono I Siciliani giovani – Intanto a Vigata una piazza per Camilleri ci sarà sempre”.
Giorgio Ruta
 
 

Modusvivendi Libreria, 24.7.2019


 
 

Repubblica Tv, 25.7.2019
Zingaretti termina le riprese del commissario Montalbano e saluta Camilleri: "Tanta tristezza"

"In questo momento abbiamo finito il film, felicità ma anche tanta tristezza". Dopo aver terminato le riprese dei nuovi episodi de 'Il commissario Montalbano' Luca Zingaretti, attore che interpreta il personaggio principale della fiction televisiva, ha salutato Andrea Camilleri, autore dei romanzi che hanno dato vita alla serie tv. Camilleri è morto il 17 luglio 2019 a Roma.
Video: Instagram / Luca Zingaretti
 
 

Francesco Artibani, 25.7.2019


 
 

il manifesto, 26.7.2019
L’ultima storia dolcemara di Montalbano
Scaffale. «Il cuoco dell’Alcyon», l’atteso libro di Andrea Camilleri edito da Sellerio

È ormai un «sessantino», Salvo Montalbano. Ne è passato di tempo da quando ha fatto la sua comparsa nelle pagine di uno scrittore, sceneggiatore, programmatore Rai tanto disincantato quanto erudito come è stato Andrea Camilleri. Ancora adesso tra una «pasta ncasciata» e gli spaghetti alla corallina cita Ludovico Ariosto, Bertolt Brecht, Omero, Marcel Proust, Borges, la poesia provenzale.
Il cuoco dell’Alcyon (Sellerio, pp. 251, euro 14) è stato pubblicato quasi in contemporanea con il ricovero dell’autore. È una storia nata inizialmente come brogliaccio per la sceneggiatura di un film italo-americano mai girato e che poi, dopo che il progetto si è arenato, Camilleri ha ripreso in mano per immergerla nelle atmosfere e in quella lingua inventata metà siciliano parlato metà lingua corrente italiana che hanno reso celebre il commissario di Vigata. Montalbano ha lo sguardo rivolto alla prossima pensione. Più prima che poi, dovrà passare le consegne a Mimi Augello o a Fazio per pendolare tra Boccadasse, dove vive l’eterna fidanzata Livia, e la sua Marinella. È il cerchio della vita al quale è inutile sottrarsi.
Montalbano, nel frattempo, è incuriosito da un misterioso veliero di lusso che si staglia all’orizzonte; poca attenzione dedica alle minacce ricevute dal padrone di una piccola fabbrica che sta chiudendo gettando nella disperazione duecento operai e famiglie. Il padrone se ne fotte di tutto, gli piace il gioco d’azzardo; sta sperperando il capitale di famiglia che pensa di sostituire con i profitti ricavati proprio da quel veliero che funziona come un bordello e una bisca per ricchi miliardari.
Il cuoco dell’Alcyon è da considerare la summa della concezione del giallo e del noir di Camilleri. Lontano dal polar francese, dalla dimensione metropolitana dell’hard-boiled americano e dal cosiddetto giallo mediterraneo, lo scrittore siciliano ha infatti preferito alla radicalità sovversiva del noir contemporaneo l’ironia, il distacco e l’allusione a ciò che non andava e non va nel mondo. Poca mafia, poco intreccio criminale tra politica ed economia: elementi presenti, ma sempre sullo sfondo perché basta evocarli per provocare la giusta indignazione.
La sua è una politicità sotto traccia. Ed è in questa caratteristica il motivo del grande successo di pubblico di Montalbano, che prima di tutto è stato televisivo e poi cartaceo. Alludere più che nominare è la cifra del commissario e di una opinione pubblica che non vuol diventare movimento. Per Camilleri centrale è il divertimento, che non significa però disimpegno. I suoi romanzi fanno sempre ridere; e ridere fa sempre bene all’anima. E al pensiero critico, c’è da aggiungere.
Il ritmo della narrazione si fa presto frenetico. C’è forse un complotto per fare fuori Montalbano e la sua squadra – Mimi Augello, Fazio, Catarella -; c’è un attentato alla fabbrica in dismissione. Il dito è puntato sugli operai buttati per strada come stracci usati. Montalbano è però un uomo del Novecento e respinge l’idea che siano proprio gli operai a distruggere la «loro» fabbrica con la dinamite. Ha ragione a diffidare di chi indica negli operai i colpevoli, anche se forse sarebbe meglio un bel botto invece che suicidarsi come fa uno di loro. I nemici da combattere vanno cercati tra gli ospiti dell’Alcyon. Gli operai furenti per il loro licenziamento o i migranti che sbarcano in Sicilia sono figure tragiche, ma di contorno in questa storia, a differenza di come strombazzano in tv e sui giornali gli scribacchini al soldo di imprenditori rapaci o di apprendisti stregoni della politica razzista. La realtà, annota Montalbano-Camilleri, non sempre è quel che appare.
Quella che il commissario gioca è una partita dove vita e morte sono variazioni del caso. Per vincerla si possono indossare anche le vesti del cuoco dell’Alcyon, mettendo in sordina una linea di condotta fin qui seguita da Montalbano: si combatte la malavita rispettando le regole.
Soltanto che non sempre è così; e se i cattivi sono anche sadici assassini li si combatte con ogni mezzo necessario. Violare la legalità è necessario se si vuole affermare giustizia. È un’antica «legge» quella dell’avere cura del mondo che Montalbano conosce. E che fa sua in questa storia dolceamara.
Benedetto Vecchi
 
 

La Voce di New York, 26.7.2019
Italian Mystery Writer Andrea Camilleri Keeps Montalbano on the Case
Remembering Camilleri. In an interview in 2009, the Sicilian author talked with Sebastian Rotella about language, literature and the final Montalbano book.

Ten years ago, when I was a correspondent for the Los Angeles Times, I had the pleasure of interviewing Andrea Camilleri, the maestro of Italian crime fiction. We spent the morning in conversation at his apartment in Rome. He was wise, relaxed, funny, and thoroughly content with his existence as one of the most popular authors in Italy, Europe and the world. As a journalist, it was one of the most memorable interviews I’ve ever done. As the son of a Sicilian immigrant, it was an opportunity to put Camilleri on the front page of an American newspaper where he belonged, and celebrate the literary tradition of the island.
And as an author who would publish his first novel at age 49 two years later, it was a heartening and inspiring experience. Camilleri’s prodigious literary career didn’t begin until he was in his mid-70s. What a life, what a body of work, what a loveable and immortal character. To honor his memory, it’s my pleasure to share that article from 2009 with the readers of La Voce di New York.

ROME — Americans have Philip Marlowe and Raymond Chandler. Britons have Sherlock Holmes and Arthur Conan Doyle. And Italians have Salvo Montalbano and Andrea Camilleri.
Camilleri, a bespectacled, gravel-voiced 83-year-old, has become a national character as beloved as his Montalbano, a shrewd, resolutely Sicilian police commander who solves crimes in the fictional town of Vigata.
Remarkably, Camilleri’s career didn’t take off until he was nearly 70, when he retired as a playwright and screenwriter. Since then, he has published an astonishing 40-plus books and sold 30 million copies internationally, inspiring a series of made-for-TV movies and, in Sicily, guided tours and a statue of his sleuth.
It’s not unusual for Camilleri to have two or three titles atop European bestseller lists at once. In addition to the Montalbano mysteries, he writes works of historical fiction full of humor and a virtuoso command of dialect.
At an age when most people tend to focus on scheduling medical visits, he gets up every day at 6 a.m. in his comfortable apartment here, showers, dresses and gets to work. And enjoys himself enormously.
“I spent 30 years in television, and theater, where you must have great physical energy,” he says in a study decorated by images of comic-strip hoodlums. “In theater it’s a 24-hour day... I am accustomed to this kind of rhythm. In fact, writing relaxes me.” Craggy features, a bald dome and a longish fringe of white hair give the author the look of an ancient eagle. His speech and movements are jovial and deliberate. He’s a chain-smoker, a habit he describes as “imbecilic.” “On the other hand, I have made it to 83,” he says. “Maybe if I quit cigarettes today, I would drop dead.”
Camilleri, the son of a coast guard officer, was born in Porto Empedocle in southwestern Sicily, near the ruins of the Greek temples of Agrigento.
Sicily’s legacy
They have included Nobel laureate Luigi Pirandello, a playwright, and Leonardo Sciascia, a cerebral, politically engaged novelist.
This is the result of a cultivated intellectual class, a folk-tale tradition and a dark reality that, as in Latin America or Russia, lend themselves to fiction, Sartarelli says.
“When you live in more violent surroundings, you have more moral decisions to make,” he says. “The Russians lived that in the 19th century. Moral dilemmas create the most interesting literature.”
Camilleri has a playwright’s ear for the language of subcultures, regions and historical periods. He delights in the “verbal inventiveness” of early Italian immigrants in the United States who said “backahouse” for outhouse and “robbachoos” for galoshes.
His approach does not seem a prototype for mainstream success. He writes not in standard Italian but a pastiche of Sicilian dialects, a language of his own concoction.
“It’s a difficult kind of Italian because it’s very much my own language,” he says. “And it’s even sometimes not very comprehensible for my own Sicilian countrymen. . . . I confess there are also invented words.”
Only half in jest, Camilleri says the stardom of his sleuth mystifies him. The middle-aged Montalbano is no action hero. Resentful of authority but slow to violence, gruff but sentimental, he commands a station-house ensemble featuring Catarella, an endearingly bumbling front-desk officer, and Mimi Augello, a skirt-chasing deputy commander.
Rather than cop-show realism, Camilleri lingers on details of place, personality and meals, which are near-religious experiences for Montalbano.
“I wanted a character who one could invite tranquilly to dinner knowing that he would not talk about a case unless you asked him about it,” he said. “A person you can trust, who respects his word in friendship. With his private troubles, but nothing exceptional. Maybe it was this lack of the exceptional that struck a chord in Italy.”
Tapped in
And what a chord. Except for a few young crime writers who complain that his world lacks grit, Italians can’t get enough of Montalbano, on the page or on the screen.
It’s hard to imagine an American mystery writer with comparable influence. In 2001, Italy’s center-right government withstood an uproar about alleged police brutality against protesters at a Group of 8 summit in Genoa. Later, the leftist Camilleri published a novel in which the Genoa incidents angered Montalbano so much that he considered quitting the force.
Some Italian police officers agreed with Camilleri; others thought Montalbano’s reaction rang false. The upshot: Two police unions invited the author to a lengthy discussion with 600 officers.
Nonetheless, Camilleri prefers the meticulous research and intricate construction of his historical novels, which ride Montalbano’s commercial coattails. “I have more fun writing these,” he says. “First of all, because I can do linguistic experiments. That would be a problem for readers in the mysteries. In ‘The Brewer of Preston,’ I had great fun. I had seven Italian dialects in there.”
Like the mysteries, the historical novels are set in Vigata and are based on real events because, he grumbles, “I’m not capable of making up anything.”
“The Telephone Concession” is one of the best. Set in 1891, it recounts a sneaky businessman’s attempt to install a telephone in Vigata. The initiative deteriorates into a delirium of political skulduggery, extortion and, that Sicilian obsession chronicled by Camilleri and many others, adultery.
Camilleri’s vision of his island recalls the imaginary microcosms of Gabriel García Márquez’s Colombia or the American South of William Faulkner, the Sicilian’s idol.
“I remembered Dostoevsky’s phrase: ‘Tell the story of your village. If you tell it well, you will have told the story of the world,’ ” he said. “I have created this imaginary town, Vigata, the way so many writers have imagined: García Márquez with Macondo, Faulkner with his county. My Macondo is Vigata.”
His writing habits
Most non-Italians associate Sicily primarily with the Mafia. Gangsters appear in Camilleri’s fiction but remain only part of the landscape.
“When you write a novel about the Mafia, it’s inevitable that the Mafioso becomes a somehow sympathetic character,” he said. “If you think of the film ‘ The Godfather,’ Marlon Brando’s performance makes you forget that he’s a killer, a bandit. . . . That’s why I keep Mafiosi to a second level, so to speak.”
Another constant: the influence of his wife, Rosetta. He reads manuscripts to her; she makes him rewrite entire pages.
“When I did theater, the evening of the premiere I didn’t fear the big critics of the time,” he said. “I feared my wife. She’s pitiless.”
A final farewell
Camilleri has plenty of ideas and a dozen manuscripts in the pipeline. The last installment of the Montalbano series is ready for publication upon the author’s demise or incapacitation.
Camilleri wrote it as the result of a conversation in Paris years ago with two fellow mystery writers: Manuel Vázquez Montalbán of Spain and Jean-Claude Izzo of France. The three old friends amused themselves discussing how they would do away with their sleuths one day. Vázquez Montalbán and Izzo have since passed away.
“They both died before their characters, so that made me think how I get rid of mine,” he said. “I do have a bit of a Sicilian thing, superstition let’s say, so I invented a solution. . . . I sent it immediately to [my publisher] and said, ‘Here, keep it.’ This is irreversible and there’s no going back. It’s not like Conan Doyle, who had Sherlock Holmes fall into the abyss and then revived him. This is a literary character, and he vanishes.”
Sebastian Rotella (Courtesy Los Angeles Times)
 
 

Malgrado tutto, 26.7.2019
Grazie Maestro. Libera conversazione su Andrea Camilleri
Agrigento, all’hotel Costazzura un incontro in memoria dello scrittore recentemente scomparso

Il mondo umano e letterario di Andrea Camilleri al centro di una “libera conversazione” tra Stefano Milioto, presidente del Centro Studi Pirandelliani, e Mario Gaziano, direttore del Pirandello Stable Festival.
L’incontro è in programma il prossimo 1 agosto, alle 19, all’Hotel Costazzurra di San Leone, Agrigento.
Letture a cura di Maria Grazia Castellana e Franco Di Salvo. Intervento artistico:Sara Chianetta, Antonio Macaluso.
 
 

AgrigentoNotizie, 26.7.2019
"Sulla strada della legalità", la Questura dedica il caffè letterario ad Andrea Camilleri
Il ciclo di appuntamenti si è aperto con un tributo al sottufficiale dei carabinieri ucciso a Roma

La conversazione sul romanzo “Porte aperte” di Leonardo Sciascia ha aperto i battenti della sesta edizione de “Sulla strada della legalità”: il caffè letterario promosso dalla Questura di Agrigento in collaborazione con l’associazione “Emanuela Loi”. Caffè letterario che quest’anno è dedicato alla memoria del compianto scrittore empedoclino Andrea Camilleri.
[...]
Giuseppe Caruana
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.7.2019
L'autore ha dato dignità letteraria alla variante siculo-italiana ma il vigatese esisteva già con Martoglio applaudito, anche lui a Roma e a Torino
Il segreto di Camilleri una lingua ideata per essere ascoltata
Lo scrittore usava un siciliano figlio di quello del Cinque e Settecento e un tono da contastorie: leggere a voce alta aiuta la comprensione
I pescatori di Aci Trezza parlano come Verga e apuana nelle loro lettere farcite di parole dialettali ma anche di toscanismi

Quando si mette a fuoco la lingua di Camilleri bisogna anzitutto porsi la domanda cruciale: perché Camilleri viene letto e capito più fuori della Sicilia che in Sicilia? L'aveva riconosciuto lo stesso Camilleri in un'intervista al "Corriere della Sera" (maggio 2015); «La casalinga di Voghera (...) poi va a finire che la mia lingua la capisce meglio di certi siciliani». Come mai? In che senso la lingua di Camilleri i ha a che fare col siciliano?
Vi propongo la lettura di questi due piccoli testi; «Lo Imperaturi, & Rè nostro Signori mi havi comandatu che io debbia convocali vui altri Signuri di li tri Bracchij rapresentanti tutto quisto so fidelissimo Regno, & donassi alcuna notitia a Vostra Reverendissima Signuria & a tutti vui altri signuri di li grandi & excessivi dispisi che sua Cesarea Majestà da multi anni in qua havi fattu & continuamenti fa per la conservactioni & tranquillo viviri di soi subditi».
E poi; «Prima di ogni cosa bisogna 'nsignari a li picciriddi di farisi lu signu di la Cruci, e avvizzarili a farisillu lu chiù spissu chi po', e specialmenti quannu vannu a durmiri, quannu si levanu e a lu principiu e a lu fini dì lu manciari».
Non sto citando da Camilleri. Il primo testo risale al 1528 ed è tratto dalla lettera di convocazione dei tre Bracci ("Bracchi" nel testo) del Parlamento siciliano inviata dal viceré Ettore Pignatelli. Il secondo è datato 1764 e fa parte delle raccomandazioni che Francesco Testa, arcivescovo di Monreale dal 1754 ai 1773, premette al suo catechismo ad uso delle parrocchie siciliane.
Le citazioni potrebbero continuare. Che dire? II vigatese di Camilleri nasce prima di Camilleri. Elenco alcune delle sue caratteristiche.
Prima e fondamentale caratteristica. È una lingua comprensibile a chiunque conosca l'italiano, indipendentemente dalla regione in cui è nato e dal dialetto che usa. L'imbattersi in parole che non si conoscono (taliari per guardare, addunarsi per accorgersi, cabasisi per... cabasisi, eccetera) capita a chiunque parli una qualsiasi lingua: il significato lo si va a controllare in qualche dizionario o si chiede a chi ne sa di più o, più banalmente, lo si deduce dal contesto discorsivo in cui la parola nuova occorre. Le parole nuove non sono segno di lingua nuova.
Seconda caratteristica. Dietro i testi citati si sente la voce viva di un parlante. Se avete qualche problema di comprensione leggeteli a voce alta e capirete subito. II vigatese di Camilleri va appunto letto a voce alta. È la tradizione dei contastorie che il nostro scrittore agrigentino ha elevato a lingua let-teraria.
Terza caratteristica. Non è una lingua depositaria di una cultura popolare. "Popolare" nel senso di separata e/o distante dalla cosiddetta cultura alta. Volete degli esempi? Rileggete il teatro di Martoglio e ne trovate in grande quantità. Popolani parlanti in vigatese e borghesi o aristocratici parlanti in italiano libresco interagiscono tranquillamente senza alcun sostanziale problema comunicativo. Il vigatese, di Camilleri e prima di Camilleri, non è una barriera comunicativa tra i vari ceti sociali.
Prendete il personaggio Mastru Austinu di San Giuvanni Decullatu. Ciabattino e analfabeta, ama parlare citando proverbi e modi di dire dotti («Escusaziu non pitita a cu' saziu manifesta! (...) veni a dire che aviti la cuda di paglia, osia carboni bagnato», ad esempio) o esprimere il proprio pensie-ro cantando brani di opere liriche («La donna è mobeli - Di piumi al veento/ Muta d'argento - E di pensier... / È sempre misero - cui si nni fida», ad esempio).
Ricordo che Martoglio veniva applaudito nei teatri torinesi e romani e che non erano di contenuto folclorico le storie raccontate dai contastorie, attivi ancora nelle piazze siciliane negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
Conclusioni? Il vigatese di Camilleri non è siciliano, è più correttamente la variante siciliana dell'italiano comune. Ha un grande precedente letterario. È la continuazione, sapientemente costruita, della lingua parlata dai popolani dei Malavoglia. Come parlano e pensano i pescatori di Trezza? Riproducono il parlato usato da Verga e Capuana nelle loro chiacchierate e ben documentato nei loro epistolari: lingua sintatticamente italiana, lessicalmente piena di parole siciliane ma anche di toscanismi dotti e libreschi.
L'aveva teorizzato Verga prima di Camilleri: «Ascoltando, ascoltando si impara a scrivere», aveva detto a Ugo Ojetti in un'intervista del 1895. Ascoltando, non leggendo. Quella di Camilleri è una scrittura parlata. I suoi racconti sono per l'appunto scritti per essere ascoltati. L'autore usa la penna come il contastorie usava il piedistallo: per far sentire meglio la propria voce narrante. Durante la lettura il lettore si trasforma in ascoltatore. È Camilleri che lo dice conversando con De Mauro (La lingua batte dove il dente duole, Laterza): «Sembra esserci una certa necessità, almeno per i miei libri, di una lettura ad alta voce, cioè dell'oralità, del sentir leggere».
Camilleri è l'esempio più recente, e tra i più illustri, dell'italiano come l'aveva descritto Dante nel 1300 nel De volgari eloquentia: l'italiano, diversamente da altre lingue nazionali, non ha una capitale che detta univocamente le regole del suo funzionamento ma in qualibet redolet civitate nec cubat in ulla «fa sentire il suo profumo in tutte le città italiane ma non risiede in nessuna di esse». Detto nella terminologia moderna: la lingua italiana è un insieme non gerarchico di varietà. Il siculo-italiano è una di esse.
Per concludere leggete a caso una pagina in vigatese di Camilleri. Ad esempio l'esordio de La giostra degli scambi: «Alle cinco e mezza di quella matina, minuto cchiù minuto meno, 'na musca, che pariva da tempo morta 'mpiccicata supra al vitro della finestra, tutto 'nzemmula raprì l'ali, se l'annittò accuratamenti strofinannole, pigliò il volo, doppo tantìccnìa virò e si annò a posari supra al ripiano del commodino».
Confrontatela coi testi dei Cinquecento o del Settecento siciliano che ho citato all'inizio. Non è difficile trovare le continuità. Camilleri ha dato dignità letteraria alla variante siculo-italiana della nostra lingua comune. Sull'onda interpretativa di Dante. Non è un merito da poco.
Franco Lo Piparo
 
 

RSI, 7.2019
Letteratura
Andrea Camilleri. I motivi di un successo tanto travolgente quanto inatteso

Come avvenne che Camilleri, morto all’età di 93 anni, sia stato uno degli scrittori italiani di maggior successo, e uno dei più tradotti all'estero? Lui che giunse al primo romanzo solo dopo i sessant’anni; lui che focalizzò le trame dei suoi libri su un universo geografico e mentale fortemente provinciale, emblema di un'insularità protoitalica; lui che si servì di una lingua pseudorealistica che non è né il dialetto siciliano né l’italiano regionale di Sicilia, bensì un italiano ri-tradotto in siciliano, un italiano ricondotto alle sue radici regional-dialettali; lui che non mostrò alcuna indulgenza verso il costume italico, condannandone a più riprese il servilismo al potere, il conformismo retrogrado, la miseria intellettuale, atteggiamenti che non lasciavano presagire alcun incontro con la massa dei lettori?
In altre parole: come è possibile che il localismo e l’intellettualismo viscerale di Camilleri abbiano dato origine al più fortunato caso di glocalismo letterario? Le risposte sono molteplici, ma tre se ne vogliono qui eviscerare: la trama gialla, la lingua fantasma, la provincia universale.
La trama gialla
Camilleri nei sui romanzi ci propone sempre un personaggio che indaga, secondo il canone della giallistica. Questo personaggio è confrontato con un enigma da risolvere, e questo enigma rappresenta la garanzia e il successo della trama.
La tradizione del genere giallo ci costringe a fare un parallelismo con altri grandi scrittori quali George Simenon (e il suo commissario Maigret), Carlo Emilio Gadda (e il suo commissario Ingravallo) e Manuel Vázquez Montalbán (e il suo investigatore Pepe Carvalho). Questo parallelismo con i possibili precursori è, del resto, certificato dalla attività che Camilleri svolse prime di diventare scrittore, ovvero l’attività di sceneggiatore e produttore di fiction televisive per la Rai. Ebbene, in questo ruolo Camilleri si confrontò con diversi commissari e tenenti: da Sheridan a Maigret («Simenon era un osso duro» raccontò una volta «andai a trovarlo col regista della serie, Gino Landi e con le foto degli attori: di Cervi fu entusiasta, davanti alla Pagnani mi chiese: "Com'era da giovane?" Bellissima, risposi, "Mi dispiace non va bene, Maigret non avrebbe mai sposato una donna così"»).
Camilleri si inserisce dunque dentro una grande tradizione di genere, ma il suo personaggio è diverso da tutti i precedenti. Fin dal primo libro Il corso delle cose (che lo scrittore siciliano pubblicò a sue spese senza alcun successo), il maresciallo mostra una modalità di azione particolare: egli non si attiene alle regole del bravo poliziotto, mostra una sorta di anarchia procedurale e la sua indagine fuoriesce continuamente dagli schemi. Fin qui nulla di nuovo: già Maigret ci abituò a questo anticonformismo delle procedure.
Poi, con La forma dell’acqua, arriva Montalbano, e con lui arriva anche il successo. Montalbano non solo va contro le regole, ma si oppone anche ai divieti gerarchici, facendo inchieste che non sono sue, indagando su realtà che non riguardano la sua missione, scavando su indagini da cui viene di fatto allontanato o esautorato. Si obietterà: già Maigret lo faceva. Certo, ma a Simenon interessava sviscerare gli aspetti umani e psicologici delle vicende criminali, mentre a Camilleri, e al suo Montalbano, oltre all’aspetto umano, ne sta a cuore un altro, ed è quello che rende i suoi gialli e il suo personaggio unici: ovvero l’aspetto etico.
Montalbano va alla ricerca di verità estranee alla sua competenza e perdipiù spesso coperte dalla prescrizione per sollevare il velo dell'omertà e per restituire la storia al giudizio etico. In tempi in cui le prescrizioni e le omertà cancellano ogni reato Montalbano scava dentro a storie lontanissime: amanti uccisi cinquant’anni prima, come nel caso del Cane di terracotta, un’indagine dalla quale Montalbano non trae alcun gallone per la sua carriera, ma che restituisce un pezzo di verità a ciò che la Storia si è inghiottita.
Insomma, il personaggio Montalbano, si muove secondo una precisa intenzione, che è quella di enucleare la dimensione etica delle vicende. Più che alla questione giuridica, egli si interessa alla questione morale, smascherando non solo l’ipocrisia di una società ma delle sue stesse istituzioni che dell’etica se ne infischiano.
La lingua fantasma
«Ma Andrea, così chi ti legge?» si chiedeva Leonardo Sciascia di fronte al pastiche di Camilleri. Sciascia, amante di una lingua cristallina, fautore di un illuminismo formale e sostanziale, non capiva e storceva il naso quando Andrea gli affidava i suoi dattiloscritti. Eppure, a posteriori, si può affermare che, lungi dall'avere eretto un ostacolo, il pastiche camilleriano sia stato uno dei principali motivi del suo successo. E questo perché la lingua creata da Camilleri non segue il filone espressionistico Dossi-Gadda, che annienta il mondo ricostruendolo dentro una trama manierata e artificiosa. La lingua di Camilleri non segna alcun distacco, bensì procura un affettuoso legame con la realtà, differenziando lo scrittore siciliano da tutti gli altri scrittori italiani contemporanei.
In particolare in Il re di Girgenti Camilleri si fa promotore di una lingua che è una straordinaria mistura di dialetto e italiano, un impasto di siculo-italiano con influenze spagnoleggianti, una lingua beffarda, sorniona, irriverente, popolare e astrusa. Si tratta, insomma, di una lingua inesistente, di una lingua fantasma, che però sembra più vera della lingua parlata, la quale è costantemente minata da standardizzazioni e impoverimenti. Per contro la lingua di Camilleri, seppur inesistente, è vivace, vivida, saporosa, domestica.
E il segreto del successo del personaggio Montalbano sta proprio nel suo "parlare come mangia", nel suo saper declinare il genere giallo dentro una teatralità domestica e melodrammatica tipica dello Stivale.
La provincia universale
Nei libri di Camilleri non si parla né di Catania, né di Palermo, ma va in scena una Sicilia inventata eppure realissima, fatta di piccoli centri, di toponimi che hanno un sapore universale. Ci si trova dentro un'Italia premoderna, municipale, ma in cui si specchiano le piccole realtà di ogni luogo.
Sebbene si faccia riferimento a toponimi reali, i luoghi dei romanzi di Camilleri sono luoghi immaginari, che sfuggono alla cartografia. Camilleri li ha definiti luoghi semifantastici che «esistono come struttura toponomastica di base». Certo, vi sono anche riferimenti precisi, come Porto Empedocle-Vigata (con le sue strade, fabbriche in disuso, la Mannara, il faro, lo scoglio piatto, la Salita Granet, la spiaggia di Marinella, il molo di levante, il commissariato di via Lincoln, il Monte Crasto, il Ristorante San Calogero e la Trattoria da Enzo, le colline di bianca marna) e Girgenti- Montelusa (con la questura, il quartiere Rabato), ma si tratta di riferimenti toponomastici che si allargano e dilatano fino a inglobare vicende e fatti di altri paesi siciliani e quindi finiscono col diventare paradigmatici della Sicilia stessa.
In questo senso Camilleri ebbe buon gioco a definire Vigata come il «centro più inventato della Sicilia più tipica». Ed è proprio in questo territorio letterario e universale, ma geograficamente caratterizzato, che si muovono i personaggi storici e moderni di Camilleri (Zosimo “re di Girgenti”, Montalbano, Catarella, Mimì Augello), i quali sono insieme reali e plausibili così come le storie fantastiche e paradossali ch'egli racconta.
La piccolezza della vita di provincia e la mediocrità dei personaggi di Camilleri assurgono, insomma, ad emblema di un costume universale. Nei fatti quotidiani e nelle relazioni sociali e amorose della provincia si riflette l’essenza della vita italiana, da sempre ancorata al melodramma. Narrare la provincia, i suoi vizi e le sue virtù, senza cadere nei luoghi comuni, è roba per grandi scrittori: e Camilleri è stato uno dei più grandi scrittori della “provincia universale”, avendo saputo bandire dal proprio stile il cronachismo (che si limita alla descrizione dei fatti) e avendo al contempo saputo far emergere il rilievo antropologico, etico e sociale delle vicende narrate.
Mattia Cavadini
 
 

RTS, 27.7.2019
Livres
Andrea Camilleri, les raisons d'un succès aussi irrésistible qu'inattendu
Comment se fait-il qu'Andrea Camilleri, mort à l'âge de 93 ans le 17 juillet dernier, ait rencontré un tel succès et ait été l'un des écrivains italiens les plus traduits à l'étranger? Retour sur une carrière prodigieuse.

Lui, qui ne publia son premier roman qu'à l'âge de soixante ans; lui, qui ancra la trame de ses livres dans un contexte géographique et psychologique fortement provincial, symbole d'une insularité proto-italique; lui, qui se servit d'une langue pseudo-réaliste qui n'est ni le dialecte sicilien, ni l'italien tel qu'on le parle en Sicile, mais plutôt un italien retraduit en sicilien, reconduit à ses racines dialecto-régionales; lui, qui ne témoigna aucune indulgence envers les mœurs italiennes, condamnant à plusieurs reprises l'asservissement au pouvoir, le conformisme rétrograde, la misère intellectuelle, positions qui ne laissaient présager aucun rapprochement avec la masse de ses lecteurs.
En d'autres termes, comment est-il possible que le localisme et l'intellectualisme viscéral de Camilleri aient donné naissance au meilleur exemple de "glocalisme" littéraire? Trois réponses possibles: la trame policière, la langue fantôme, la province universelle.
La trame policière
Camilleri, conformément aux canons du roman policier, nous propose toujours un héros qui enquête. Ce personnage est confronté à une énigme à résoudre, qui représente la garantie et le succès de la trame.
La tradition du genre policier nous oblige à établir un parallèle avec d'autres grands écrivains comme George Simenon (et son commissaire Maigret), Carlo Emilio Gadda (et son commissaire Ingravallo) et Manuel Vázquez Montalbán (et son détective Pepe Carvalho). Ce parallèle avec de possibles précurseurs est, d'ailleurs, confirmé par les activités que Camilleri exerça avant de devenir écrivain: celles de scénariste et producteur de fictions pour la Rai.
C'est ainsi que Camilleri se confronta à divers commissaires et lieutenants, de Sheridan à Maigret ("Simenon n'était pas un tendre, raconta-t-il une fois, je le rencontrai un jour avec le réalisateur de la série, Gino Landi, et avec les photos des acteurs: devant celle de Cervi il fut enthousiaste, mais face à Pagnani il me demanda: 'Comment était-elle, jeune?' Magnifique, répondis-je, mais sa conclusion fut: Je regrette, mais elle ne va pas, Maigret n'aurait jamais épousé une femme comme elle").
Camilleri s'inscrit donc dans une grande tradition de genre, mais son personnage est différent de tous ses prédécesseurs. Dès son premier livre, "Le cours des choses", (que l'écrivain sicilien publia à compte d'auteur sans aucun succès), l'enquêteur affiche un mode d'action particulier: il ne s'en tient pas aux règles classiques du bon policier, il fait preuve d'une sorte d'anarchie procédurale et son enquête sort sans arrêt des schémas ordinaires. Jusqu'ici, rien de nouveau: Maigret nous avait déjà habitués à des procédures anticonformistes.
Montalbano, le succès
Puis, avec "La forme de l'eau" arrive Montalbano, et avec lui, le succès. Montalbano non seulement il ne respecte pas les règles, mais il s'oppose aussi aux interdits hiérarchiques, en enquêtant sur des affaires qui ne sont pas les siennes, en investiguant sur des faits qui ne concernent pas sa mission, en approfondissant des dossiers sur lesquels il n'a pas ou peu d'autorité.
On pourra objecter que Maigret le faisait déjà. C'est vrai, mais Simenon aimait disséquer les aspects humains et psychologiques des affaires criminelles, tandis que Camilleri, outre les aspects humains, s'intéresse à un autre aspect, et c'est ce qui rend ses romans et son commissaire Montalbano uniques: l'aspect éthique.
Montalbano part à la recherche de vérités étrangères à son domaine de compétence et, le plus souvent, sujettes à prescription, pour soulever le voile de l'omertà et soumettre l'histoire au jugement éthique. A une époque où la prescription et l'omertà empêchent tout jugement, Montalbano étudie des évènements souvent lointains: amants tués cinquante ans plus tôt, comme dans le cas de "Chien de faïence", une enquête dont Montalbano ne tire aucun avancement de carrière, mais qui fait la lumière sur ce que le temps avait recouvert de son voile.
Le personnage de Montalbano est somme toute animé par une intention précise: celle de mettre en évidence la dimension éthique des faits. Plus qu'à l’aspect juridique, il s'intéresse à la question morale, démasquant non seulement l'hypocrisie d'une société mais aussi celle de ses institutions, qui se moquent bien de l'éthique.
La langue fantôme
"Ma Andrea, così chi ti legge?" ("Mais dis-moi, Andrea, qui va donc te lire?") C'est ce que se demandait Leonardo Sciascia devant le pastiche de Camilleri. Sciascia, amateur d'une langue cristalline, partisan d'un illuminisme formel et substantiel, ne comprenait pas et fronçait les sourcils quand Andrea lui confiait ses écrits.
Pourtant, avec le recul, on peut affirmer que, loin d'avoir constitué un obstacle, le pastiche de Camilleri est devenu l'une des raisons principales de son succès, car son langage ne suit pas la trame expressionniste de Dossi et Gadda, qui annihile le monde et le reconstruit avec maniérisme et artifice.
Le langage de Camilleri n'affecte aucun détachement. Au contraire, il noue un lien affectueux avec la réalité, distinguant en cela le Sicilien de tous les autres écrivains italiens contemporains.
Camilleri se dresse notamment, avec "Le roi Zosimo", en promoteur d'une langue qui mélange de manière extraordinaire dialecte et langue nationale, sorte de siculo-italien railleur, sournois, irrévérencieux, populaire et obscur, aux influences hispanisantes. Il s'agit en somme d'une langue inexistante, fantôme, qui semble pourtant plus vraie que la langue parlée, qui est constamment victime de standardisations et d'appauvrissements. La langue de Camilleri en revanche, bien qu'inexistante, est vive, savoureuse, familière.
Et le secret du succès de Montalbano vient justement de sa capacité à "parler comme il mange", à faire entrer le genre policier dans la théâtralité quotidienne et mélodramatique typique de l'Italie.
La province universelle
Les livres de Camilleri ne parlent pas de Catane ni de Palerme, mais d'une Sicile inventée bien que réaliste, faite de petits centres, de toponymes à la saveur universelle. Ils vous emmènent dans une Italie prémoderne, mais qui permet de percevoir les petites réalités propres à chaque lieu.
Bien qu'ils fassent référence à des toponymes réels, les lieux des romans de Camilleri sont imaginaires, échappent à la cartographie.
Il y a bien sûr aussi des références précises, comme Porto Empedocle-Vigata (avec ses rues, ses usines désaffectées, le bercail, le phare, le rocher plat, la montée Granet, la plage de Marinella, le môle du levant, le commissariat de la rue Lincoln, le mont Crasto, le restaurant San Calogero et la trattoria Chez Enzo, les collines de marne blanche) et Girgenti-Montelusa (avec le commissariat, le quartier Rabato), mais il s'agit de références toponymiques qui s'élargissent pour englober des faits et évènements d’autres villages siciliens et qui finissent donc par devenir représentatifs de toute la Sicile.
La petitesse de la vie de province et la médiocrité des personnages de Camilleri revêtent somme toute un caractère universel. Dans les faits quotidiens ou les relations sociales et amoureuses de la province, se reflète l'essence de la vie italienne, depuis toujours ancrée dans le mélodrame.
Raconter la province, ses vices et ses vertus, sans tomber dans les lieux communs, est une prouesse de grand écrivain. Camilleri a été l'un des plus grands écrivains de la "province universelle", en sachant enlever de son style la chronique (qui se limite à la description des faits), tout en faisant ressortir la dimension anthropologique, éthique et sociale des évènements rapportés.
Mattia Cavadini
 
 

La Repubblica - Robinson, 27.7.2019
Chi sale, chi scende
Ora e sempre nel segno di Camilleri

Quello dei lettori italiani per Andrea Camilleri è un amore senza confini, che supera la barriera del "finché morte non ci separi". Come dimostra anche questa top ten, in cui, sull'onda emotiva legata alla sua scomparsa, lo scrittore stravince; l'ultimo Montalbano, sceso la scorsa settimana dal primo al secondo posto per fare spazio a M di Antonio Scurati, trionfatore allo Strega, ora riguadagna la vetta; mentre rientrano tra i magnifici dieci Km 123, inconsueto giallo di ambientazione romana (ottavo), e al decimo Ora dimmi di te. Lettera a Matilda, testamento spirituale indirizzato alla pronipote. [...]
Claudia Morgoglione
 
 

Live Sicilia, 27.7.2019
Lo scrittore siciliano
Il Comune di Reggio Calabria: "Una piazza intitolata a Camilleri"
Il sindaco e l'amministrazione comunale hanno aderito a una petizione.

Reggio Calabria - L'Amministrazione comunale di Reggio Calabria, guidata dal sindaco Giuseppe Falcomatà, attraverso la Commissione Toponomastica, ha aderito alla petizione - rilanciata su scala nazionale dall'associazione Articolo21 e pubblicata sul sito internet charge.org - per intitolare una piazza allo scrittore Andrea Camilleri, nominato nel 2003 Grande ufficiale al Merito della Repubblica. Proprio questo riconoscimento consentirebbe di agire in deroga alla norma che vuole l'intitolazione di strade o piazze a persone decedute da almeno dieci anni. "Andrea Camilleri - è il commento di Falcomatà - ha rappresentato e rappresenterà perennemente un faro per la letteratura e la storia contemporanea del nostro Paese. Ha raccontato il Sud, inventando storie e racconti d'impareggiabile spessore; ha dato voce e trasmesso al mondo la bellezza e la semplicità di una porzione importante della penisola. Camilleri scrittore, sceneggiatore, regista e drammaturgo, è l'emblema di un'Italia e di un Mezzogiorno che, come amava dire Corrado Alvaro per i calabresi, vogliono essere parlati. Sarebbe un onore, per l'intera città di Reggio Calabria, imprimere il suo nome su un luogo dove i passi della gente costruiscono e segnano il cammino di un popolo verso il futuro".
 
 

il Giornale, 27.7.2019
La polemica. Dopo l’attacco a Simenon, il critico Gian Paolo Serino demolisce un altro mito caro a tanti lettori. Il “papà” di Montalbano firma romanzi di sabbia sfruttando una Sicilia da Pro loco dove anche la mafia è un souvenir
Ma che bella l’estate senza Camilleri
[Evitiamo di commentare, NdCFC]

Andrea Camilleri è uno Sciascia decaffeinato. una “Signora in giallo” versione maschile, un indagatore di misteri sempre uguali a sé stessi e dove anche i colpevoli, alla fine, sono consolatori. Una lettura nemmeno da autogrill, nemmeno da coda in autostrada e che fa invidiare persino le estati delle "Cinquanta sfumature" e del Sodoku. Grazie alla sua macchina narrativa, quasi teatrale, lui che ha lavorato per anni in teatro sa far muovere i suoi personaggi di carta come marionette. più che un regista o uno scrittore vero (lui stesso si definisce una “macchina da scrivere"), Camilleri è un abile Puparo.
I suoi libri creano assuefazione. ma se ci pensate è raro rileggerne uno: si ha bisogno immediatamente di uno successivo. Allora, piuttosto che cadere in una inutile dannosa e dispendiosa dipendenza, è meglio mettere la testa sotto la sabbia, tornare bambini - che è uguale a leggere i libri di Camilleri - e giocare con il secchiello e la paletta. Se proprio sentite il bisogno di un suo romanzo costruite un castello di sabbia (uguale ai suoi romanzi che si scordano il giorno dopo) perché Camilleri diseduca alla lettura, creando dei Camildipendenti. che davanti anche al libro minimamente più difficile abbandonano la lettura e tornano alle parole crociate, agli oroscopi e ai libri di ricette.
L’unica cura possibile è aspettare Montalbano in televisione, che tanto è uguale. Nulla contro il suo successo, 97 libri (sette in un solo anno, nel 2009), 30 milioni di copie vendute, una marea di interviste (persino alla rivista di "Trenitalia" e a "Il mio Cavallo”). Le sue armi vincenti? Un dialetto da pro-loco e da ente provinciale del turismo e luoghi comuni. Una narrativa popolare che Frutterò e Lucentini nella "Prevalenza del cretino” hanno perfettamente descritto, con preveggenza, dando un'immagine efficace delle contraddizioni che si scatenano quando un’opera entra a far parte della cultura di massa: «Mille turisti in un chiostro significano in pratica l’annullamento del chiostro. Cento turisti davanti a un Caravaggio equivalgono alla soppressione del Caravaggio. Perduta è la concentrazione».
Paese strano l’Italia: a Porto Empedocle c'è un monumento a Montalbano, un altro l’hanno inaugurato a Santa Croce Camerina. In Francia non ci sono monumenti neanche a Madame Bovary. A Vigata - località inventata vicino a Porto Empedocle - si organizzano orde di turisti della lettura camilleresca per cercare i luoghi di Montalbano (basta guardare su internet per rendersi conto della vastità dell’affare).
Alla mente vengono le parole di Calvino quando ne "Le città invisibili" scrive: «Le tue città non esistono. Forse non sono mai esistite. Per certo non esisteranno più. Perché ti trastulli con favole consolanti? So bene che il mio impero marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi che lo beccano quanto i bambù che crescono concimati dal suo liquame. Perché non mi parli di questo? Perché menti all’imperatore dei tartari, straniero?».
Profetico, anche in questo. Da quando Camilleri ha smesso di bere («Non mi scolo più una bottiglia di whisky ogni mattina, ma mi limito alla birra delle 11») sforna anche libri di ricette, favole per bambini, audiolibri recitati da lui, saggi e saggetti. Forse è meglio che torni ai vizi. Camilleri è il gran ciambellano di un espediente retorico, la sicilitudine appunto, che ormai dilaga con lui nei libri, nei giornali, sui palcoscenici di paese e di città, nelle televisioni. La retorica di Camilleri, il suo italiano dialettizzato e i suoi irreali poliziotti siciliani, quelli che «il vino ci piace assa’ assai», «e puri con le fimmini non si sgherza». e Santuzza, e Dimonia...
Camilleri inventa una Sicilia arcaica, un’insularità quasi biologica, una separatezza che ovviamente non esiste se non come stereotipo, come pregiudizio che raccoglie, in disordine, malanni personali e banalità di ogni genere: nonne con le mutande a baldacchino e zii preti, la voracità sessuale come espressione del lirismo di un popolo, l’amicizia come retorica, la pennichella come ritorno alla natura, le melanzane e la pasta con le sarde come archetipo di una modesta ma sicura felicità.
Il tutto descritto con la lascivia sentimentale di certe orrende cose di noi stessi che ci piacciono tanto, quasi fossero anacronistiche virtù, elisir da paradiso perduto. Perduto quel lento approccio contemplativo, quel Camilleri, sia detto in termini di mera constatazione, è un succedaneo di Sciascia. Per essere più esatti uno Sciascia "Hag”. Tutto ciò che lo scrittore di "Todo modo" e di "Nero su nero” lasciava intravedere nello spettacolo mortuario delle abissali palermitane Catacombe dei Cappuccini, le stesse che aprono "Cadaveri eccellenti" di Francesco Rosi come necrologio letterario sulla sostanza dell'anima profonda indigena e della mafia, in Camilleri diventano invece un quadruccio farsesco da tinello o, perché no, da tavernetta, piazzato accanto alla bottiglia di Marsala, alla collezione di "Storia Illustrata" e al posacenere pubblicitario rubato alle terme di Sciacca, come certe decorazioni di carretto siciliano che a Taormina fanno la felicità del tedesco di passaggio: pupi e compari.
In questo senso, il commissario Montalbano è musica letteraria leggera, incapace di giungere alle vette wagneriane del già citato racalmutese. Perfino la mafia nei suoi libri diventa un souvenir, come il carrettino o la coppola o il grembiule con l’effigie di Brando nei panni del "Padrino". Souvenir de Sicile.
Gian Paolo Serino

La difesa
«Un autore profondo tra Storia e attualità»

Giù le mani da Andrea Camilleri. È una sua lettrice affezionata. Paola Cattaneo, titolare della ‘'Libreria Mentana" a Como, a difenderlo: ne conosce tutti i libri e ribatte alle critiche senza indugi. Lo fa a partire da uno sguardo su tutta la creazione letteraria di Camilleri, ampia e articolata. «È un autore molto più profondo, con molte più “facce" - rimarca - Ci sono, per esempio, una parte di gialli, una storica, una farsesca e una parte attuale con meccanismi sociali, solitudini e altro». Cattaneo conosce molti dettagli a memoria. «Tra i libri storici ci sono anche “Il re di Girgenti" e “La rivoluzione della luna", che offrono uno spaccato culturale profondo – spiega - e, per fare altri esempi, “La concessione del telefono" e “Il birraio di Preston", dove da due fatti minuscoli nascono grandi farse molto comiche, umanistiche e divertenti».
Sui libri della serie di Montalbano la libraia osserva: «É una rappresentazione teatrale del romanzo giallo. Camilleri conosce i meccanismi teatrali in modo perfetto, in più c'è l'umanità dei personaggi, che è tutto ciò che noi lettori vorremmo trovare nelle persone della nostra vita sociale». Uno su tutti è il personaggio Montalbano. Cattaneo respinge con forza la critica mossa ai romanzi dell'autore su una presunta «diseducazione alla lettura». «I lettori di Camilleri sono grandi lettori in generale - puntualizza - inoltre Camilleri ispira altri giallisti italiani, che descrivendo le loro realtà ne fanno un'esposizione culturale importante, il giallo italiano, oltre ad essere un microcosmo culturale, dà spunti anche in senso turistico e anche questa è cultura con la C maiuscola». Bisogna precisare, poi, che nel caso di Vigata - località di pura invenzione - alcuni degli aspetti esistono in contesti reali (le confraternite religiose o i circoli, per esempio). In modo netto Cattaneo respinge tutte le critiche. «Non c'è alcun tipo di pregiudizio nei libri di Camilleri, come accade anche in libri di altri giallisti italiani ci sono elementi che fanno un po' parte della "provincia italiana” in senso positivo, dove la gente si conosce, si aiuta, si saluta».
 
 

La Nueva España, 27.7.2019
Asturias
Las naranjas fritas de Montalbano
Hay pocos personajes que coman tan bien como el comisario de las novelas de Camilleri; por las manos de su asistenta Adelina pasan algunas de las mejores recetas de la cocina siciliana
Luis M. Alonso
 
 

Futuro Europa, 28.7.2019
Camilleri e De Crescenzo, cosa rimarrà di loro

La scomparsa di Camilleri è un lutto per la cultura italiana, così come quella di Luciano De Crescenzo. A pochi giorni di distanza l’uno dall’altro ci hanno lasciati due grandi nomi della cultura italiana, due personaggi, prima di tutto, oltre che scrittori. Entrambi conosciuti più mediante la televisione che non i loro libri. Forse proprio gli aspetti meno significativi e meno appariscenti nelle loro pur brillanti carriere non solo di scrittori.
Probabilmente Camilleri e De Crescenzo sono lo specchio di una triste civiltà che sta vedendo scomparire il libro come mezzo di cultura, di conoscenza e di divulgazione, specialmente in Italia. Statistiche e notizie giornalistiche riportano di cali di lettori e di una crisi dell’editoria, anche se fortunatamente si trovano indicazioni diverse, come luci all’uscita di un tunnel di cui però non è possibile sapere se avrà una fine.
Camilleri ha venduto trentuno milioni di copie; cifre impressionanti. Però, se vogliamo essere severi con i numeri, ha pubblicato oltre cento volumi, il che vuol dire che sono state vendute in media circa trecentomila copie di ciascuno. Numeri decisamente impressionanti se vediamo il panorama della letteratura italiana. Ma in ogni caso numeri molto lontani da quelli di altri autori. Per rendersi conto basti pensare che il solo Codice da Vinci di Dan Brown, ha venduto ottanta milioni di copie e il Nome della Rosa, libro italiano più venduto di sempre, cinquanta milioni, che superano anche i trentacinque milioni di Pinocchio. Sempre numeri bassi rispetto ai centoquaranta milioni del Piccolo Principe, terzo libro più venduto di sempre.
Viene quindi da farsi alcune domande che, per carità, assolutamente non vogliono sminuire o mettere in dubbio il valore dei due scrittori, bensì far riflettere sulle cause di un successo che è decisamente sopravvalutato e sul quale si nutrono forti dubbi che sarebbe stato raggiunto senza l’ausilio della televisione.
Chiediamoci in quanti avrebbero comprato e letto i libri di De Crescenzo senza che fosse stato introdotto al grande pubblico dal salotto brillante, ma allo stesso tempo leggero e gradevole, di Renzo Arbore. Alzi la mano chi in libreria avrebbe scelto un testo, ancorché snello e scorrevole, di filosofia.
E allo stesso modo, senza Luca Zingaretti, in quanti si sarebbero dedicati alla lettura, oltretutto in dialetto, dei racconti di Montalbano e alle altre storie di Vigata? Quanti telespettatori hanno letto uno dei libri o, all’uscita dell’ultimo, si sono detti che avrebbero aspettato il nuovo episodio in TV.
Proviamo a pensare per un momento che cosa sarebbe accaduto se De Crescenzo e Camilleri fossero entrati nelle case degli italiani sempre tramite la TV, ma in programmi di seconda serata, dove avrebbero parlato, con la loro sempre pungente loquela, ad un pubblico più ristretto. Una élite culturale avrebbe forse addirittura snobbato i loro scritti, non ritenendoli adeguati al loro livello.
Invece entrambi hanno avuto il genio, la fortuna, l’occasione, di potersi presentare a un pubblico che non cercava troppo impegno culturale, ma potersi dedicare a qualcosa di leggero, divertente, non troppo impegnativo e, al contempo, avere l’illusione di crearsi una cultura.
È l’era di internet; l’era della lettura on-line, l’era dei messaggi scritti con una “k” al posto del “ch” e così via. Ecco che, di conseguenza, anche i libri devono in qualche modo adattarsi. Chi leggerebbe oggi la Divina Commedia o i Promessi sposi? Ammesso che esista qualcuno in grado di scriverli.
Quelli di Camilleri e De Crescenzo sono libri di immediata comprensione; acchiappano il lettore come show televisivi che inchiodano allo schermo il telespettatore. E dalla televisione tutto ha inizio. Del resto Camilleri è sempre stato uomo di TV e De Crescenzo ha avuto in questo, come traino e maestro, uno dei più importanti showman del video.
Ci mancheranno entrambi. Le salaci battute di De Crescenzo e le sue pillole di filosofia. Ci mancherà il prossimo libro di Montalbano e, in attesa di sapere come si concluderà la serie con l’ultimo libro che le cronache dicono Camilleri abbia già scritto, cercheremo di immaginare cosa potranno fare Fazio, Augello e Catarella prima di andare in pensione; chissà, magari aprire un ristorante con il loro Commissario.
Di De Crescenzo è sempre bello ricordare la frase che rivolse a Bossi per spiegare la differenza tra nord e sud: “Quando i vostri antenati erano barbari aggrappati ai rami, i miei antenati erano già froci.
Indiscussa la loro importanza, ma i loro libri, morti loro, resteranno lì, destinati ad essere dimenticati quando la televisione deciderà di metterli in seconda serata. E Montalbano resterà quello che è nell’immaginifico dei più. Il volto di un attore.
Come si misura la grandezza di un libro? Impossibile a dirsi, è un qualcosa di troppo soggettivo. Porterebbe a impossibili paragoni, ad esempio, tra un romanzo rosa di Liala e il Gabbiano Jonathan Livingston, o tra Shakespeare e Agatha Christie. Ma forse un sistema c’è. Basta chiedersi se un libro merita di essere riletto una seconda e forse una terza volta. Se si sente il bisogno di riprenderlo in mano e, magari, sottolinearne le parole per ricordarle.
Spiace e fa dolore dirlo, ma Camilleri e De Crescenzo hanno scritto libri che si leggono una volta sola; saranno ricordati Il commissario Montalbano e Bellavista: i personaggi, non le opere. Poi, è probabile vengano dimenticati anche gli autori.
Gianni Dell'Aiuto
 
 

La difesa del popolo, 28.7.2019
Considerazioni su Camilleri, scrittore che andò ben oltre il suo personaggio più celebre
Una cosa davvero profonda troviamo nel Camilleri più popolare: il suo commissario Montalbano, senza neanche volerlo, lascia intuire il sospetto dell’insensatezza delle cose.

“Un pinsero improviso gli passò per la testa, non un pinsero completo, ma un principio di pinsero, un pinsero che accomenzava con queste ‘ntifiche parole: “Quanno viene il jorno della tò morti…” e che ci trasiva questo pinsero in mezzo agli altri? Era una vigliaccata!”
Già nel 2005, anno di edizione de “La luna di carta”, una delle indagini del suo pupillo, Camilleri aveva interposto persona, nel senso che ci faceva fare i conti con il naturale corso delle cose: niente di che, una maggiore lentezza nello svegliarsi, un po’ di doloretti, che vuoi fare, sembrava che i due suggerissero al lettore. Diciamocelo francamente: il Montalbano di Camilleri era una sorta di diario intimo appunto per interposta persona, perché è in questa interposizione che cambia tutto, soprattutto l’attenzione del lettore, cui non gliene può importare di meno delle confessioni autobiografiche e non pruriginose di uno scrittore colto che amava Sciascia, Pirandello, ma pure Manzoni e Gadda.
Montalbano, oltre a risolvere casi difficili, tra un caffè e una chiacchierata apparentemente innocua, ci raccontava la strada di un uomo (quasi) qualsiasi, con i suoi tic, le sue abitudini e soprattutto l’accettazione, (che non vuol dire rassegnazione), del corso degli eventi, della vita, dei suoi piaceri, dei misteri, e del tramonto. Non cercava il successo e i soldi in Montalbano, il compianto Camilleri, ma soprattutto la sintesi “nazionalpopolare” di tutto il suo bagaglio di regista, poeta, attore, scrittore, storico e amante gigionesco del mito. In “Conversazione su Tiresia” il veggente chiarisce a modo suo, vale a dire camilleriano, la questione della cecità cui sarebbe stato condannato per aver visto Venere nuda: sta guardando le belle forme della dea (“fu guardando il suo lato B che ebbi la certezza che il mondo fosse rotondo e non piatto”), e quando la dea “si accorse di me, disse -Ragazzì, guarda altrove- e io obbedii”. Come si vede, quando c’è da scherzare Camilleri scherza, ma quando c’è da fare i conti con la sofferenza degli ultimi, come nel romanzo storico “La strage dimenticata”, che guarda caso non ebbe rilevanza mediatica, la brutalità dei poteri forti emerge in tutto il suo disastro.
Un autore dalle molte facce, capace però di guardare al mondo anche attraverso la serialità anche televisiva, iniziata nel 1999, coronata sempre da un notevole gradimento, tanto da condizionare gli orari degli italiani. Ma a parte la per certi versi ingombrante presenza – che gli costò qualche fastidio interiore – del Montalbano-Zingaretti, anche con il buon vecchio cartaceo ha stabilito cifre record: 100 libri circa, non solo il commissario, 31 milioni di copie vendute solo in Italia, e centoventi lingue che hanno fatto gustare a tutto il mondo il suo singolare impasto di italiano e siculo-montalbanese.
All’attivo del compianto scrittore ci sono narrazioni affabili che parlano di storia antica, “La moneta di Akragas” ad esempio, di Otto-Novecento con “La cappella di famiglia” o di fascismo con “I racconti di Nenè”, d’arte e musica novecentesche con “La creatura del desiderio” e molto altro. Però una cosa davvero profonda troviamo nel Camilleri più popolare: il suo commissario Montalbano, senza neanche volerlo, lascia intuire il sospetto dell’insensatezza delle cose. Poi però torna alla “normalità”, ad una passeggiata sulla sabbia, al lasciarsi andare all’unica cosa che possediamo davvero e di cui non abbiamo copie seriali: la vita.
Marco Testi
 
 

Termoli Online, 28.7.2019
L'eredità di Camilleri, non era solo Montalbano

Termoli. Nonostante siano passati più di dieci giorni dalla scomparsa dello scrittore Andrea Camilleri, sul web, sui social ed anche sulla carta stampata, si parla continuamente di lui. Per metabolizzare la perdita di un personaggio così amato e soprattutto un pilastro della letteratura contemporanea, ci vorrà del tempo; come magra consolazione, i suoi fan più fedeli potranno trovare la sua essenza tra i molteplici libri che ha lasciato in eredità. Molti, erroneamente, attribuiscono il nome di Camilleri solo al personaggio da lui creato, “Il commissario Montalbano”, complice anche la fortunata serie televisiva, che lo ha reso noto ad un pubblico di ogni età e specie. Perché la parola erroneamente? Perché attribuire solamente i romanzi del celebre commissario al grande maestro non gli rende assolutamente giustizia!
Indubbiamente, il ciclo poliziesco di Montalbano è quello più famoso, ma Camilleri è stato molto di più che il “padre di Montalbano”. Innanzitutto, dobbiamo ricordare che Andrea Camilleri, è stato uno degli scrittori più prolifici in Italia, ha scritto e pubblicato un centinaio di libri, di cui trenta dedicati a Montalbano. Citarli tutti, sarebbe un’impresa ardua, ci limitiamo a descrivere quelli più famosi e particolari; vi dirò di più, alcuni lettori, sostengono che alcuni di questi libri, siano molto più belli di quelli che gli hanno dato la popolarità. Il primo libro pubblicato da Camilleri, risale al 1959, con il titolo :“I teatri stabili in Italia”, che è un saggio in cui documenta l’ innovazione del teatro italiano, che doveva conformarsi alla condizione europea più progredita.
Camilleri all’epoca era un regista teatrale ed anche uno sceneggiatore, si dilettava a scrivere nel tempo libero; ci vorranno poco più di trent’anni per affermarsi nell’Olimpo dei grandi autori. Il secondo libro, viene pubblicato quasi vent’anni dopo, con il titolo: “Il corso delle cose”. Questo è stato effettivamente il suo primo romanzo, ma anche uno dei più conosciuti, visto che, non solo è stato edito dalla prestigiosa Sellerio anni dopo la prima uscita, ma è stato fonte di ispirazione anche di un film tv. Questo romanzo, come i due successivi, sono sempre di genere Noir, palesemente ambientati alla sua città nativa Porto Empedocle. Camilleri, talentuoso scrittore, non si cimenta solo nel genere Noir, ma nel 2000, pubblica con Rizzoli, “Biografia del figlio cambiato”, una biografia romanzata e rivisitata sul suo conterraneo e famoso scrittore, Luigi Pirandello; addirittura Camilleri fece intendere, in una delle sue interviste, che ci fosse tra di loro una lontana parentela; la biografia in effetti, mette in luce la vita più intima di Pirandello, tra cui il burrascoso rapporto con il padre.
Forse nessuno immagina che Camilleri, si sia cimentato anche nella scrittura di favole, ma non di favole per bambini, nonostante lui fosse anche nonno, ma di favole speciali, non pensate appunto per un pubblico più piccolo, ma pensate per gli adulti, essendo ricche di humor nero, così da non discostarsi molto dal suo stile. Da sottolineare la motivazione, nobile a mio avviso, per cui ha scritto questo libro; eccola spiegata, nelle prime righe della “Nota dell’autore”: “Scrissi la prima favola della mia vita tre anni fa e non per i nipoti, come la mia vantata e felice condizione di nonno potrebbe far pensare. Me la commissionò una cooperativa di detenuti ed ex detenuti: mi venne chiesta espressamente, una favola amara. Io scrissi “La magarìa”. In un certo senso ci pigliai gusto e così, di tanto in tanto, mi capita di comporne qualcuna”; Il libro si intitola, “Favole del tramonto”.
L’estro e la genialità di Camilleri li troviamo espressi nell’opera “La novella di Antonello di Palermo”, racconto insolito, dove Camilleri narra di come abbia trovato un manoscritto di Boccaccio con questa novella, che doveva essere inserita nel celebre Decamerone, nella terza giornata. Nel libro, oltre che narrarci la novella, frutto della sua fantasia ovviamente, ci spiega anche i motivi per cui Boccaccio l’abbia esclusa. Accostare Camilleri solamente al nome di Montalbano, per me è un ingiustizia, e si capisce da questi piccoli esempi da me narrati. Non dobbiamo dimenticare anche i romanzi ambientati a Vigàta, città immaginaria in cui ambienterà anche Montalbano, tra cui, “ Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta”, “La regina di Pomerania e altre storie di Vigàta” ed altri. A lui va anche l’invenzione del “vigatese”, che nella credenza popolare, si pensa che sia un mix tra l’italiano ed il siciliano: ma guai se gli si diceva una cosa del genere, la sua risposta era: “Non avete capito proprio niente”! Regista, scrittore, amante della storia, uomo che ha portato avanti battaglie importanti che tutti più o meno conosciamo, amante della mitologia portata anche in scena con alcuni spettacoli, lascia un vuoto notevole nel panorama letterario, ma nello stesso tempo, ci lascia in eredità dei veri capolavori, oltre alla serie che vede protagonista Montalbano. Mentre scrivo queste righe, mi sembra di sentire la sua voce roca ed inconfondibile, compiacersi di tutto l’affetto, la stima ed anche lo sconforto dei suoi stimatori, ma anche di chi non ha letto neanche una pagina dei suoi libri.
Chiara Gabriele
 
 

La Prensa, 28.7.2019
Andrea Camilleri y su poder de encantamiento
Un contador de historias
Las rutinas que el celebrado autor italiano mantenía durante sus encuentros con los periodistas y su efecto sobre los oyentes, a quienes parecía que el tiempo se detenía. Bromas y reflexiones, entre la política y la literatura.

Contaba Andrea Camilleri que antiguamente en su Sicilia natal había hombres que iban de pueblo en pueblo narrando historias a los vecinos y que al terminar sus relatos pasaban su gorra entre la audiencia para recibir algunas monedas.
Camilleri -fallecido la semana pasada- decía que él se sentía justamente así, como un contador de historias, y que se consideraba enormemente recompensado por el afecto de sus (millones) de lectores, incondicionales de una saga que empezó a publicar cumplidos los setenta y que, en apenas un cuarto de siglo, alcanzó el medio centenar de títulos.
El escritor contaba todo esto una tarde de otoño en su casa de Roma, hace ya más de diez años. Hablaba Il Dottore y el tiempo se detenía. Por más que pasaban los minutos, nunca se hacía de noche y uno no sabía si aquello era una licencia literaria que se había tomado el autor objeto de la entrevista.
Il Dottore acababa de ganar el Premio Internacional de Novela Negra de RBA por La muerte de Amalia Sacerdote. Fue la excusa perfecta para repetir, por fin cara a cara, las conversaciones telefónicas que por aquel tiempo mantenían la Agencia Efe y el celebrado autor italiano con cierta frecuencia, más o menos cada vez que se publicaba en español uno de los libros de su intensa obra.
Aquellas entrevistas tenían una especie de secciones fijas, cada una con su propio protagonista. Después de algunas preguntas de cortesía sobre su salud -que siempre era buena, a pesar de que Camilleri era un fumador recalcitrante- el siguiente argumento solía ser el estado de ánimo de Salvo Montalbano, de quien su autor hablaba como si hubiera tomado café con él hace un par de días.
PARALELOS
Camilleri disfrutaba haciendo envejecer a su personaje novela tras novela. Le divertía dirigirlo por caminos que él mismo había transitado antes: lo llenó de achaques y le agrió el carácter, pero nunca lo dejó caer en el lado oscuro. Montalbano, como su autor, mantuvo sus principios intactos hasta la última página.
No les debió de resultar fácil a ninguno de los dos. Camilleri continuaba definiéndose comunista mucho después de la caída del Muro y de la disolución del histórico Partido Comunista Italiano. Sus opiniones políticas en la Italia de Berlusconi eran de una agudeza descomunal, que combinada con su proverbial socarronería. Por eso era tan interesante dedicar a la situación política una parte de las entrevistas.
Por ejemplo: "La alteración de los hechos sigue siendo una práctica política", advertía en 2007. Aún no estaba de moda hablar de las noticias falsas. Y nadie imaginaba que Silvio Berlusconi era en realidad un precursor del populismo que habría de llegar después.
Camilleri nunca comprendió el éxito abrumador de la serie de novelas del comisario Montalbano. Las ventas millonarias de la saga le permitieron cultivar su auténtica pasión: la novela histórica. "Es un chantaje asqueroso", bromeaba el escritor al explicar por qué no se podía librar de su personaje, que continuó hasta el final protagonizando historias que habitualmente surgían de las noticias de la prensa.
"Yo no me invento mis historias, me las sugieren los hechos reales", decía Camilleri aquella tarde de octubre en la que detuvo el tiempo mientras hablaba en su casa de Roma de sus novelas, de política, de Luigi Pirandello -y de la importancia de leerlo en siciliano-, de Sicilia... Y de la novela final de Salvo Montalbano.
Andrea Camilleri entregó hace quince años el capítulo final de la saga de Montalbano, que llevaba el título provisional de Riccardino para que su editorial lo publicara tras su muerte. Fue mucho antes de sufrir la ceguera con la que vivió sus últimos años.
Si su autor no cambió de opinión al final, el comisario no morirá en la única novela de Camilleri que sus seguidores desearían no leer jamás y que dentro de poco tendrán entre sus manos para despedir al escritor con el que compartieron tantas horas de lectura. Addio, Dottore. Grazie.
Carlos Gosch
 
 

La Gaceta de Salta, 28.7.2019
La Gaceta literaria
Entrevista a Andrea Camilleri
Entrevista publicada originalmente en este suplemento el 4 de agosto de 2013
“Hace tiempo que pienso en asesinar a Montalbano”
El escritor cuenta aquí, entre otras cosas, qué ocurrió cuando se reunió con sus colegas Manuel Vázquez Montalbán y Jean Claude Izzo para eliminar a sus personajes. Habla de sus referencias literarias y se mete con la política. También regala el comienzo para una historia: “Ayer, por ejemplo, salí a comprar cigarrillos y escuché que una muchacha, por teléfono, decía: ‘¿Pero cómo quieres hacer el amor conmigo sin haber consultado antes al tarot?’ Es un magnífico punto de partida para una novela”

Roma. Podríamos encontrarnos en Vigata, la ficticia ciudad siciliana que es el escenario de las novelas del comisario Montalbán, que no es otra que Puerto Empédocles, en Agrigento, pero Andrea Camilleri está en “el continente” como se dice cuando no se está en Sicilia.
Acaba de publicar su último libro -una suerte de autobiografía y de reflexiones- y, por ello, tiene múltiples compromisos que cumplir para publicitarlo.
“El café con hielo picado, crema y medialunas, nuestro típico desayuno siciliano -dice- tendrá que esperar todavía algunas semanas”.
Lo llamo a su humeante casa romana. Camilleri tiene 88 años y se concede el lujo de fumar 60 cigarrillos al día. “Si dejo ahora -me dice con su voz ronca- me muero de inmediato”.
Camilleri es un hombre “récord”. Conoció el éxito después de los 70 años, tras haber trabajado en el teatro y en la RAI. Es el escritor italiano más exitoso: ha vendido millones de copias y ha sido traducido en todo el mundo.
Hablar con él significa afrontar sus dos grandes pasiones: George Simenon, una de las más grandes “máquinas” de escribir de la historia de la literatura, y la política.
- ¿Qué puntos en común tiene con Simenon?
- Simenon tenía una serie infinita de trucos, artimañas y recursos que lo convirtieron en un archivo monumental hecho de apuntes, mapas y documentos. Yo no. Sí tengo una óptima memoria, soy ordenado y metódico. Simenon frecuentó la escuela de un comisario del Quai des Orfevres, en París, para aprender las técnicas de la investigación policial. Yo las conocí después de haber escrito algunas novelas cuyo personaje es el comisario Montalbano. A diferencia de Simenon yo, quizás, tengo más el ánimo de un “perro de policía” pero, como casi todos los autores de sagas, compartimos la tendencia a repetir hasta el infinito las condiciones de la primera obra -El curso de las cosas, en mi caso-, es decir: horarios de escritura, lectura de crónicas policiales y la inmersión en la realidad cotidiana. Me gusta sumergirme en la realidad. Gogol decía que él no poseía fantasía. La inspiración para escribir Las ánimas muertas se la sugirió Puskin, que había apenas leído la noticia en algún diario. Si debo ser sincero jamás entendí cómo nacen mis novelas. Leo muchos hechos pequeños, escucho frases por la calle, dos o tres se me fijan en la mente y crecen hasta resultar una historia. Ayer, por ejemplo, salí a comprar cigarrillos y escuché que una muchacha, por teléfono, decía: “¿Pero cómo quieres hacer el amor conmigo sin haber consultado antes al tarot?”. Es un magnífico punto de partida para una novela.
- En las novelas convencionales desaparecieron las largas descripciones de los clásicos. El mismo rostro de su comisario Montalbano es un misterio. ¿Es una técnica suya?
- No. En mi caso la formación teatral hizo que me resultara natural escribir los diálogos antes que otra cosa. Cuando he establecido cómo habla un personaje, comienzo a deducir cómo se viste, adónde vive, etcétera. No tengo una técnica precisa para escribir. A mis alumnos suelo decirles que la mejor escuela para aprender a escribir es saber escuchar. Y, naturalmente, leer los escritores que nos gustan e intentar entender cómo han hecho ellos. Yo adoro a Chejov y Gogol. Cuentos de San Petersburgo es la perfección literaria. También me gustan Beckett, Faulkner, Sterne, Pirandello, Leonardo Sciascia e Ítalo Calvino, para mí, un dios de la escritura.
- A propósito de lengua y escritura, ¿por qué la decisión de escribir en esa mezcla de italiano de la pequeña burguesía italiana y dialecto siciliano?
- Porque para mí es perfecto. Me di cuenta una noche, en el lecho de muerte de mi padre. Para hacerle compañía le contaba lo que estaba escribiendo y lo hacía en esa mezcla porque, a veces, el italiano me servía para expresar el concepto sobre algo mientras que el dialecto describía mejor el sentimiento. Es una lección maravillosa que he aprendido de Pirandello en su maravillosa traducción del Cíclope de Eurípides en dialecto siciliano.
Él logra un resultado extraordinario al operar con dos niveles del dialecto: el de los campesinos, que usa el cíclope y un lenguaje más culto, que es en el que se expresa Ulises, hombre que ha viajado y que, se supone, es más culto que el monstruo. Tengo que decir que muchos traductores, especialmente los que traducen al castellano, trasmiten muy bien lo que intento decir.
- Usted comenzó a escribir novelas históricas y luego llegó al éxito con las novelas policiales del comisario Montalbano
- Sí. Todo nació como un juego. Para escribir tenía necesidad de un contenedor. ¿Y qué mejor contenedor existe que los policiales? Subí de 5.000 a 900.000 copias vendidas. Un delirio. Y también una presión enorme. Hace tiempo que pienso en “asesinar” a Montalbano. Pero hace unos diez años nos encontramos, en París, con Manuel Vázquez Montalbán y con Jean Claude Izzo y empezamos a discutir cómo matar a nuestros investigadores. Luego, imprevistamente, murieron mis dos escritores amigos sin lograr desembarazarse de sus personajes. Y, entonces yo, que como buen hombre del sur, soy muy supersticioso, he renunciado a cometer ese “delito”.
- ¿Por qué suele ser Sicilia el escenario casi exclusivo de sus novelas?
- Sicilia ha tenido 13 dominaciones y de cada una hemos tomado lo mejor y lo peor, es decir que es muy compleja. Puedes hablar de un hecho sucedido en el 1.500 en Sicilia y reencontrarlo igual en un suceso acontecido ayer. Satisface mis exigencias beber de esta agua y de esta fuente.
- Usted no es sólo el escritor italiano que más ha vendido sino también representa una importante desmentida al lugar común según el cual los lectores italianos no aprecian el sentido del humor.
- En Italia, la sátira siempre fue considerada un género menor. ¿Recuerda las polémicas por el Nobel a Darío Fo? En este país se ha tenido siempre la snob idea de que la llamada “alta literatura” debe ser, necesariamente, seria. Yo no pienso así. Curiosamente la misma exigencia de seriedad no es aplicada por los italianos a la política. No me gusta decirlo pero todavía hay un modo de pensar fascista. Lamentablemente aún seduce la prepotencia.
- ¿Continúa definiéndose como un marxista?
- Mire... hoy más que nunca, aunque hace algunos años me había convencido de que lo mejor era una izquierda definida como liberal-democrática. Me parece que hoy la izquierda italiana necesita una sesión psiquiátrica. Esto de gobernar con Berlusconi... ¿qué es sino una enfermedad? A mi edad quisiera todavía llegar a comprender qué pasa en mi país, comprender cosas difíciles de justificar es el único modo serio de resistir a la vida. Y a esta voluntad de entender yo se la he trasmitido a mi personaje Montalbano. Edipo, que descubre que su ciudad es víctima de una peste, quiere encontrar al culpable y a la verdad. Hace una investigación y descubre que el culpable es él mismo. Es un policial de una belleza extraordinaria, ¿no? ¡Eso! Yo no sé todavía quién es el culpable de cómo está Italia... Pero una idea tengo...
Cristiana Zanetto
 
 

il manifesto, 28.7.2019
La verità immaginaria di Camilleri
Genova 2001. Montalbano è l’unico poliziotto importante a dire la verità per la precisa ragione che è un poliziotto inesistente: è questa la conclusione che possiamo e dobbiamo trarre a tanta distanza dai fatti, se consideriamo che la polizia reale non ha mai rinnegato gli atti e i fatti della Diaz


La vignetta di Mauro Biani

Mauro Biani l’altro giorno ha ricordato sul Manifesto Andrea Camilleri, appena scomparso, con una vignetta che cita un brano del suo romanzo, il settimo dedicato alla serie del commissario Montalbano, «Il giro di boa», uscito nel 2003.
«Ad assaltare quella scuola, la Diaz», osserva il commissario Montalbano, «e a fabbricare prove false non è stato qualche agente ignorante e violento, c’erano questori e vicequestori, capi della mobile e compagnia bella».Biani titola la vignetta «Quando Montalbano provò a salvare l’onore della polizia, dello stato», e in effetti proprio di questo si è trattato: un tentativo nobile, quanto destinato all’insuccesso. Del resto, come poteva un poliziotto immaginario compiere simile impresa, al cospetto dell’indifferenza e dell’arroganza della polizia reale?
Camilleri inizia il romanzo con il commissario che ascolta al telegiornale la notizia in arrivo da Genova: la procura, dice la giornalista, si è convinta, anzi si è fatta «pirsuasa», per citare letteralmente Camilleri, «che le due bombe molotov, trovate nella scuola, erano state portate lì dagli stessi poliziotti per giustificare l’irruzione».
Segue la reazione del commissario, nella quale si condensa la denuncia di Camilleri. Montalbano, scrive lo scrittore, era restato «assittato» sulla poltrona, «privo della capacità di pinsari, scosso da un misto di raggia e di vrigogna, assammarato di sudore».
Camilleri affida a Montalbano il compito di esprimere lo sdegno di un poliziotto onesto e leale che rigetta non solo le violenze gratuite della Diaz ma anche e soprattutto le menzogne organizzate per occultare i fatti e negare le responsabilità. Montalbano per Camilleri incarna la polizia come dovrebbe essere e come in quel frangente non fu. Il commissario ci dorme sopra, poi parla al telefono con Livia e le annuncia: «Mi dimetto. Domani vado dal questore e gli presento le dimissioni. Bonetti-Alderighi ne sarà contento».
Si può dire che questo dirompente avvio de «Il giro di boa» è al tempo stesso una testimonianza e un atto d’accusa. Testimonianza di quella polizia democratica e consapevole che Montalbano è chiamato a rappresentare, un atto d’accusa verso i vertici del corpo, che il gesto delle dimissioni, in quel momento dovute secondo decenza ed etica costituzionale, si guardarono bene dal compiere.
«Il giro di boa» prosegue con Montalbano che si lascia convincere dai collaboratori più stretti a non lasciare il campo, dopo un breve scambio con Mimì Augello, che gli ricorda le violenze di Napoli nel marzo 2001, in epoca di centrosinistra, e spinge Montalbano a replicare: «Credi che non ci abbia riflettuto, Mimì? Vuol dire che tutta la faccenna è assai più grave. Che questa lurdia è dintra di noi». «E fai questa bella scoperta solo oggi?», replica Mimì. «Tu che hai leggiuto tanto? Se te ne vuoi andare, vattene. Ma non ora».
Montalbano non se ne va, naturalmente, e la storia prosegue, ma ne deriva una constatazione amara e al tempo stesso illuminante: Montalbano, in quella fase delicata delle inchieste, è l’unico poliziotto in vista a prendere pubblicamente la parola e dire la verità.
A indicare la via maestra: ammettere le proprie responsabilità, collaborare con la magistratura, dimettersi. Nel 2003, anno di uscita del romanzo, non sono ancora cominciati i processi, l’inchiesta, tecnicamente parlando, è ancora in divenire: la sentenza di primo grado nel processo Diaz è del 2008, quella di appello del 2010, il giudizio definitivo della Cassazione del 2012.
Montalbano è l’unico poliziotto importante a dire la verità per la precisa ragione che è un poliziotto inesistente: è questa la conclusione che possiamo e dobbiamo trarre a tanta distanza dai fatti, se consideriamo che la polizia reale non ha mai rinnegato gli atti e i fatti della Diaz (il menzognero verbale d’arresto, per dire, non è mai stato ritirato né sconfessato ufficialmente); nessuno, fra gli imputati, ha davvero ammesso le proprie responsabilità; nessuno, fra gli alti dirigenti di polizia, ha mai espresso uno sdegno paragonabile a quello di Montalbano.
Il quadro è desolante e la vignetta di Mauro Biani ce lo ricorda per contrasto: da un lato la reazione forte e leale del poliziotto immaginario, dall’altro la miseria della realpolitik nella polizia di stato, assai lontana dai canoni morali del commissario di Vigàta.
Nella prefazione al libro «L’eclisse della democrazia» che il sottoscritto pubblicò nel 2011 con Vittorio Agnoletto, Camilleri annotò che tutti i condannati in secondo grado erano rimasti al loro posto: «Tutto questo – scrisse – perché in Italia vige sì la presunzione di innocenza, ma non vige la presunzione dell’imbarazzo, della vergogna nel venire smascherati e continuare a occupare lo stesso posto». Alla fine l’imbarazzo e la vergogna, con Montalbano e Camilleri, sono i sentimenti che proviamo tutti noi, semplici cittadini e testimoni di questa vicenda, di fronte agli uomini di potere.
Lorenzo Guadagnucci (Comitato Verità e Giustizia per Genova)
 
 

Il Messaggero, 28.7.2019
Quel western siciliano di Sciascia e Camilleri
Tra le carte dello scrittore di Racalmuto riemerge il copione di uno sceneggiato trasmesso dalla Rai nel 1984. A realizzarlo il futuro ideatore di Montalbano, che aveva elaborato un suo breve racconto.

LA STORIA
Il 1962 è un anno in cui Leonardo Sciascia, che vede pian piano crescere la sua notorietà, è coinvolto in più di un progetto legato al mondo dello spettacolo. Il 13 novembre, Andrea Camilleri, allora alla Rai come delegato alla produzione, scrive a Sciascia: «Vorremmo invitarti, in sostanza, a scrivere un originale televisivo (che è qualcosa di simile a un atto unico) seguendo particolari criteri che stabiliremmo di comune accordo».
Sciascia piuttosto regolarmente andava a Roma in quel periodo e i due si incontrarono. Nella seconda lettera Camilleri, qualche settimana dopo (la data è l’11 dicembre), scrive: «Carissimo Sciascia, abbiamo letto il volumetto di Colajanni e ci pare che la tua idea di scrivere un originale televisivo imperniato sul processo Notarbartolo sia veramente buona. Ti ricordo che si tratta di un originale televisivo e che quindi sarà realizzato in studio, il che comporta alcune regole, fra le quali il limitatissimo uso degli esterni, l’adozione di un massimo di 4-5 ambienti e l’accento messo sul movimento drammatico del dialogo invece che sull’azione».
L’INTRECCIO
L’argomento scelto fu dunque uno dei primi delitti eccellenti della storia italiana dopo l’Unità; l’assassinio di Emanuele Notarbartolo nel 1893 è indubbiamente una vicenda che si presta a divenire centro di interesse per lo scrittore di Racalmuto: l’intreccio fra politica e criminalità, il potere e l’interesse economico che occultano la verità. Il lavoro però si arena, Sciascia dopo le prime settimane si fermò. Le storie professionali dei due autori però si intrecciarono ancora.
Nell’estate del 1970 Sciascia pubblica sul Corriere della Sera un racconto, il titolo è Western di cose nostre. La storia è ambientata in un grosso paese della Sicilia di cui non viene fatto il nome; una guerra fra due famiglie mafiose viene alimentata in realtà dalla vendetta di un uomo, farmacista in paese, che per anni si è tenuto un grande dolore: il vecchio capo mafia gli aveva impedito di sposare la donna che amava. La vicenda è stata narrata a Sciascia da Giuseppe Cottone, un professore nato nel paese in cui si svolsero i fatti: Alcamo, in provincia di Trapani. Cottone probabilmente pensava a un romanzo o a un lungo racconto mentre Sciascia condensa una storia articolata e ricca di episodi, e che sarebbe potuta divenire un lungo romanzo, in due colonne di un giornale. Sembra proprio il soggetto per un film. E il film effettivamente arriva, anche se diversi anni dopo: un film per la televisione di tre ore, diviso in due puntate. Del progetto la Rai inizia a parlare con Sciascia alla fine del 1981, ma il telefilm è pronto e viene trasmesso in televisione nelle prime settimane del 1984. All’inizio vennero previste tre puntate, ciascuna di un’ora circa; in un secondo tempo invece ci fu una modifica: le puntate divennero due di novanta minuti.
IL COPIONE
Il copione arriva nella casa di campagna di Sciascia, a Racalmuto, in due volte; come capitava a molti visitatori, Camilleri, quando arriva alla porta della casa di campagna, non trova nessuno e lascia il copione a qualche vicino o direttamente in una borsa all’ingresso. Sulla prima pagina del copione infatti scrive: «Caro Leonardo, questa è la prima puntata del “western”. Dovevo farti avere le tre puntate ma i geni della tv mi hanno mandato tre copie della prima. Tornerò fra venerdì e sabato. Ti lascio anche una lettera di Lucia Restivo (sorella di Chiara) per una proposta tv. Su Savinio. A presto, Andrea Camilleri».
Il farmacista vendicatore viene interpretato da Domenico Modugno; la regia è di Pino Passalacqua; la sceneggiatura è di Andrea Camilleri, Antonio Saguera e del regista. È curioso notare che uno degli uomini uccisi nel film viene assassinato in contrada Montelusa, nome che viene dall’opera di Pirandello e che Camilleri riprenderà nelle storie del commissario Montalbano.
LA TRASMISSIONE
Quando il film viene trasmesso da Rai2 nel gennaio 1984, Sciascia è in campagna. Nella casa fra i campi non c’è mai stato un televisore, ma il cugino Angelo da Racalmuto porta un piccolo apparecchio televisivo per dare la possibilità ai coniugi Sciascia di vedere il film. Qualche settimana dopo Sciascia commenta sulla rivista Amica: «Come ha spiritosamente detto uno degli sceneggiatori del film ora trasmesso dalla televisione, il racconto era come un dado Liebig: se ne poteva fare un brodo. C’era, sì, il rischio di farne una brodaglia. Ma mi pare che regista e sceneggiatori l’abbiano evitato. Ne è venuto un buon brodo». Al tempo dello sceneggiato, infine, Sciascia e Camilleri parlarono dei documenti da cui venne fuori il libretto La strage dimenticata. Quando esce il libro di Camilleri, Sciascia, che in quel periodo segue le pubblicazioni dell’editore palermitano, con impegno e attenzione interviene sul risvolto di copertina preparato dal redattore della casa editrice correggendo, ritoccando, semplificando: sarà il primo volume di una lunga serie che lo scrittore di Porto Empedocle pubblicherà con la casa editrice Sellerio.
Vito Catalano
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 28.7.2019
Andrea Camilleri e il mistero delle suore "immolate" per salvare la vita a Peruzzo
"La Pecore e il Pastore". L'opera dello scrittore empedoclino scatenò un vespaio di polemiche

Palma di Montechiaro. Tra le opere pubblicate con Sellerio da Andrea Camilleri una delle poche a suscitare polemiche ed indignazione da parte degli ambienti ecclesiastici e nella cittadina palmese fu quella dal titolo "Le Pecore e il Pastore".
Opera scritta da Camilleri dopo che Enzo Di Natali nel volume dal titolo "L'attentato contro il Vescovo dei Contadini" e cioè la storia del grave ferimento del vescovo di Agrigento Giovan Battista Peruzzo ad opera di un infedele monaco nell'Eremo di Santo Stefano Quisquina in cui il presule si trovava in ritiro spirituale, svelò che la Madre Abadessa del Monastero del Santissimo Rosario delle suore benedettine di clausura di Palma di Montechiaro, suor Maria Enrichetta Fanara, il 16 Agosto del 1956 scrisse proprio a Peruzzo una lettera per confessargli che ben 10 suore avevano immolato la loro vita al Signore in cambio della sua guarigione. Contenuto poi confermato da mons. Domenico De Gregorio nella biografia del Presule passionista.
"Non sarebbe il caso di dirglielo - scrisse la Madre Abadessa a Peruzzo - ma glielo diciamo per fargli obbedienza. Quando V.E. ricevette quella fucilata e stava in fin di vita, questa Comunità offrì la vita di dieci monache per salvare la vita del Pastore. Il Signore accettò l'offerta ed il cam-bio: dieci monache le più giovani lasciarono la vita per prolungare quella del loro beneamato Pastore...".
Naturalmente quella rivelazione consentì al grande scrittore empedoclino di preparare la stesura del libro a cui diede il titolo di "Le Pecore e il Pastore" la cui pubblicazione suscitò un vespaio di polemiche, di reazioni ed indignazioni. Ci furono smentite da parte della allora Aba-dessa del convento benedettino di clausura suor Natalina Mangiavillano ma, soprattutto, da parte del rettore don Nicolò Lupo che contestò apertamente Camilleri scrivendo che "nessuna monaca è morta nel periodo indicato dallo scrittore, a dimostrazione dell'enorme panzana da Lui propalata". E per avvalorare la sua tesi don Nicolò Lupo pubblicò l'elenco delle suore scomparse nel sacro cenobio palmese dal 1945 al 1961.
Ma Andrea Camilleri trovò subito, con la sua genialità investigativa, una convincente spiegazione del fatto che la Madre Abadessa Maria Enrichetta Fanara si decise a scrivere la lettera di obbedienza a mons. Giovan Battista Peruzzo dopo ben 11 anni, un mese e sette giorni dall'attentato.
"Io credo che la Abadessa - scrisse il grande autore de "Le Pecore e il Pastore" - dopo le due visite che eseguì al monastero nel 1955 il duca di Palma Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del Gattopardo, si sia domandata perché non aggiungere alla lista dei titoli di merito da Ella vantati anche il sacrificio di dieci suore? E un bel giorno si decise a farlo, tanto quella rivelazione sarebbe rimasta un segreto tra Lei ed il Vescovo".
Ma purtroppo per suor Maria Enrichetta Fanara così non fu.
Filippo Bellia
 
 

Francesco Artibani, 28.7.2019


 
 

Times of Malta, 28.7.2019
A strong sense of place

As always, summer is a good time for some reading. A lovely vision of the Mediterranean is created in the stories of Sicilian novelist Andrea Camilleri, who passed away this month at the age of 93. His bestselling Montalbano series, set in Sicily, has seduced the imagination of his readers for years.
Crime stories with police detectives tend to be formulaic. They begin with a crime, then move on to clues and flashbacks, then to a resolution or confession at the end. The police inspector is generally an experienced, tenacious and strong-willed individual, who breaks the rules and has a complicated private life. Detective films often follow this structure too.
Scandinavian crime novels often feature serial killers or psychopaths and are psychologically dark. But the most popular detective fiction set in Italy, like that of Camilleri, tends to be sunnier. The stories feature crimes, often motivated by money, but they also have a special allure in the way that they showcase the Italian setting, culture and food.
They are not always written by Italians. Two successful foreign writers in the same vein are Donna Leon, who is American, and the late British writer Michael Dibdin. Leon’s books feature Commissario Guido Brunetti and are set in Venice, and Dibdin moves his Aurelio Zen around different Italian cities in each story.
These books are as much about Sicily, Venice and the rest of Italy, as they are about the crimes being investigated in the narrative. Camilleri’s Vigatà is an imaginary town in Sicily, based on Porto Empedocle and other villages and towns nearby – the places where Camilleri grew up. The place is fictional, yet it is still a real Mediterranean setting, with its special light and food, abandoned farmhouses, old town centres and rural Sicilian landscapes.
Camilleri’s stories have been turned into a popular television series. Like the books, the setting of these films is a composite place, shot in different places including Ragusa and Scicli and the nearby coast. Leon’s books also have a good film series, made for German television, in which the enchanting beauty of Venice is as important as the characters.
Camilleri’s books are rich in detail about the delicious Sicilian meals which Commissario Salvo Montalbano enjoys for lunch at his favourite Osteria, or which he finds ready in his kitchen when he gets home in the evenings, prepared for him by his housekeeper. A vision of the Mediterranean naturally also features the sea. In the films Montalbano lives in a house along a quiet beach, where he regularly refreshes mind and body with a solitary, magical swim in limpid, blue water.
Solving the mysteries keeps readers entertained, but along the way they savour the sights and sounds of places as though they are on an Italian holiday. These books provide a way of getting to know the hidden interiors, the local community and their back room conversations, which tourists rarely encounter.
The Venice described by Leon is one inhabited by residents, who live, eat, work and shop along the narrower streets and quiet canals. The other, noisier Venice, that of tourists and visitors, is kept in the background. Brunetti enters the apartments of crime scenes and potential witnesses, hospitals and offices, factories and the back of ordinary shops. He exposes an imaginary underworld of corruption and crime. The characters gossip and know each other’s families and networks.
Likewise, it is difficult for visitors to Sicily to connect with the inner life of the island, the everyday world in the towns and villages. But the Montalbano stories open up a window on to this, making them hugely popular well beyond Sicily itself. Today, tours visit the sites of the Montalbano novels, and in Venice tours are held of the places featured in the Brunetti stories.
[...]
Petra Caruana Dingli
 
 

El Observador, 28.7.2019
Así es la novela con la que Andrea Camilleri se despidió del comisario Montalbano
"El carrusel de las confusiones", la última novela traducida al español de Camilleri, confirma una vez más el talento del creador del Montalbano
Andrés Ricciardulli
 
 

ANSA, 29.7.2019
Laurea honorem Camilleri dalla Stranieri
Il 26 settembre era atteso a Perugia. Evento si farà in memoria

Perugia. Il 26 settembre Andrea Camilleri sarà ricordato all'università per Stranieri di Perugia che prima del suo ricovero in ospedale, il 17 giugno scorso, aveva deliberato di attribuirgli la laurea honoris causa. "Dopo la scomparsa di Camilleri - spiega la rettrice, Giuliana Grego Bolli - abbiamo deciso di non comunicare la notizia, ma solo ora, a distanza di una settimana, riteniamo sia giusto far sapere che il nostro ateneo aveva voluto rendere omaggio allo scrittore e all'uomo di cultura conosciuto e letto in tutto il mondo".
Le motivazioni per l'attribuzione del riconoscimento erano state lette a Camilleri durante un incontro avvenuto nella sua casa di Roma, il primo giugno scorso. "In quell'occasione - aggiunge Giovanni Capecchi, docente di Letteratura italiana e promotore dell'iniziativa - abbiamo manifestato a Camilleri anche la volontà di dedicare una giornata di studio alle sue scritture il prossimo 26 settembre" e lo scrittore aveva manifestato la volontà di partecipare all'iniziativa.
 
 

CamillerINDEX, 29.7.2019
Comunicato
Quaderni camilleriani n.8

Mentre questo ottavo volume era in allestimento, Andrea Camilleri ci ha lasciato.
I Quaderni camilleriani lo hanno voluto ricordare con un inserto, ricco per le foto di Giorgio Dettori e per un dialoghetto in cui lo Scrittore pronuncia poche battute, sufficienti a mettere in luce la sua non comune personalità.
Il titolo – Fantastiche e metamorfiche isolitudini – riassume il senso del volume che si occupa dell’idea di “isola” (isola Sicilia, isole di tutti i mari del mondo) e delle visioni fantastiche che le isole spesso hanno suscitato: dunque, non il Camilleri dei romanzi storici e civili o delle storie di Montalbano, ma l’autore della trilogia fantastica e, in primo luogo, di Maruzza Musumeci.
La nota de Il ladro di merendine si chiude con una frase: “Il romanzo è dedicato a Flem: storie così gli piacevano”. La facciamo nostra e la adattiamo: il volume è dedicato ad Andrea Camilleri; ricerche così gli piacevano, fatte da studiosi (tre donne e tre uomini) che con finezza interpretativa leggono e descrivono il suo mondo insulare; la psicologia dei personaggi femminili dai quali quel mondo è animato; il fantastico e le metamorfosi; le Sirene che hanno inquietato (e consolato) i naviganti fin dagli antichissimi tempi cantati nell’Odissea.
In Maruzza Musumeci ancora risuonano le loro voci: per dirci delle inimmaginabili occasioni che possono derivare dall’ascolto dell’altro.
Oltre la qualità letteraria, questo c’è, soprattutto, nell’opera di Andrea Camilleri.
 
 

ICN Diario, 29.7.2019
‘El carrusel de las confusiones’, la última aventura de Andrea Camilleri con el comisario Montalbano
La historia final que nos deja Camilleri de Salvo Montalbano, es 'El carrusel de las confusiones', una novela que tiene todos los ingredientes con la cual la serie ha atrapado a los lectores y a los millones de seguidores de la exitosa versión televisiva de la RAI

El escritor italiano Andrea Camilleri, uno de los máximos exponentes de la novela negra en el mundo y creador de la exitosa serie del comisario Montalbano, falleció el 17 de julio último en el hospital romano del Santo Spirito a los 93 años de edad, tras ser ingresado por un paro cardíaco, según informaron fuentes médicas.
La historia final que nos deja Camilleri de Salvo Montalbano, es ‘El carrusel de las confusiones’, una novela que tiene todos los ingredientes con la cual la serie ha atrapado a los lectores y a los millones de seguidores de la exitosa versión televisiva de la RAI.
La novela
En Vigata las escenas nocturnas adquieren una belleza leopardiana, pero no absorben el murmullo de las alas invisibles en la tiniebla. En una calle solitaria, una mujer de unos treinta años es raptada, narcotizada con cloroformo y abandonada sin sufrir violencia ni robo, lo mismo que le ocurrió la víspera a la sobrina de Enzo, el propietario de la trattoria favorita de Salvo Montalbano. Ambas tienen en común la edad y que trabajan en sucursales bancarias. Unos días más tarde, otra joven es secuestrada con idéntico modus operandi, pero liberada en este caso con una treintena de cortes superficiales por todo el cuerpo menos la cara. Y coincidiendo con estos sucesos tan extraños, un incendio a todas luces provocado arrasa en parte una tienda cuyo dueño y su novia han desaparecido sin dejar rastro.
La situación huele a mafia, pero el paso del tiempo no ha hecho perder a Montalbano un ápice de su fino olfato para descifrar los pequeños detalles y captar las motivaciones ocultas. Cuando todo apunta a una explicación más que obvia, el ejercicio de una lógica impecable lleva al comisario hacia una realidad mucho más compleja, un entramado de perversiones, traiciones y venganzas. En ese laberinto pantanoso de servidumbres y desamores, de lóbrego malestar, se esconde, entre un dédalo de confusiones, una «cámara de la muerte»: la última, la más secreta, el lugar donde lo espera agazapada la verdad.
Misteriosa, irónica, oscurísima, genial, imposible dejarla: esta nueva entrega del comisario Montalbano envuelve al lector en un clima de suspense psicológico sin tregua y confirma a Andrea Camilleri como uno de los maestros indiscutibles del género negro.
 
 

Università per Stranieri di Perugia, 30.7.2019
Comunicato stampa
Il 26 settembre l'omaggio della Stranieri di Perugia ad Andrea Camilleri

Perugia - Il prossimo 26 settembre lo scrittore Andrea Camilleri sarà ricordato all’Università per Stranieri di Perugia che prima del suo ricovero in ospedale, il 17 giugno scorso, aveva deliberato di attribuirgli la laurea honoris causa. La delibera del consiglio di dipartimento è infatti datata 11 giugno. «Dopo la scomparsa di Camilleri – spiega la rettrice, Giuliana Grego Bolli – abbiamo deciso di non comunicare la notizia, ma solo ora, a distanza di una settimana, riteniamo sia giusto far sapere che il nostro ateneo aveva voluto rendere omaggio allo scrittore e all’uomo di cultura conosciuto e letto in tutto il mondo». Le motivazioni per l’attribuzione del riconoscimento erano state lette a Camilleri durante un incontro avvenuto nella sua casa di Roma, il primo giugno scorso.
L’omaggio «In quell’occasione – aggiunge Giovanni Capecchi, docente di Letteratura italiana della stessa Università per Stranieri e promotore dell’iniziativa – abbiamo manifestato a Camilleri anche la volontà di dedicare una giornata di studio alle sue scritture il prossimo 26 settembre. Quando gli abbiamo letto la bozza di programma, con interventi dedicati soprattutto alle sue pagine senza il commissario Montalbano, Camilleri ci ha detto di essere commosso per questa iniziativa e ha manifestato alla figlia il desiderio di venire a Perugia in settembre». Lo scrittore il 26 settembre prossimo sarebbe dovuto essere a Perugia, a Palazzo Gallenga, sede della Stranieri, ma ci saranno studiosi, intellettuali, studenti, familiari e amici che parleranno di lui. «Sarà il nostro omaggio a Camilleri», conclude la rettrice Giuliana Grego Bolli.
 
 

La Voce di New York, 30.7.2019
L’autore di romanzi polizieschi Camilleri affida a Montalbano un’altra indagine
Ricordando Andrea Camilleri: in una intervista del 2009, l'autore parlò con Sebastian Rotella di lingua, letteratura e del libro finale del Commissario

Dieci anni fa, quando ero corrispondente per il Los Angeles Times, ho avuto il piacere di intervistare Andrea Camilleri, il maestro del romanzo poliziesco italiano. Abbiamo trascorso la mattinata in conversazione nel suo appartamento a Roma. Era saggio, rilassato, divertente e completamente soddisfatto della sua esistenza come uno degli autori più popolari in Italia, Europa e nel mondo. Come giornalista, è stata una delle interviste più memorabili che abbia mai fatto. Essendo figlio di un immigrato siciliano, è stata l’occasione per mettere Camilleri sulla prima pagina di un giornale americano dove apparteneva e celebrare la tradizione letteraria dell’isola. E come autore che avrebbe pubblicato il suo primo romanzo all’età di 49 anni due anni dopo, è stata un’esperienza incoraggiante e stimolante. La prodigiosa carriera letteraria di Camilleri non iniziò fino dopo aveva compiuto quasi 70 anni. Che vita, che lavoro, che carattere amabile e immortale. Per onorare la sua memoria, è un piacere condividere questo articolo del 2009 con i lettori de La Voce.

Roma – Gli americani hanno Philip Marlowe e Raymond Chandler. I britannici hanno Sherlock Holmes e Arthur Conan Doyle. E gli italiani hanno Salvo Montalbano e Andrea Camilleri.
Camilleri, un 83enne occhialuto e dalla voce grave, è diventato un personaggio nazionale tanto amato come il suo Montalbano, un comandante di polizia astuto e risolutamente siciliano che risolve i crimini nella città immaginaria di Vigata.
Sorprendentemente, la carriera di Camilleri non è decollata fino a quando non ha compiuto quasi 70 anni, quando si è ritirato come drammaturgo e sceneggiatore. Da allora, ha pubblicato oltre 40 libri e ha venduto 20 milioni di copie a livello internazionale, ispirando una serie di film per la TV e, in Sicilia, visite guidate e una statua del suo investigatore.
Non è insolito per Camilleri avere due o tre titoli in cima alle liste dei bestseller europei contemporaneamente. Oltre ai misteri del Montalbano, scrive opere di narrativa storica piene di umorismo e virtuoso comando del dialetto.
Ad un’età in cui la maggior parte delle persone tende a concentrarsi sulla pianificazione delle visite mediche, Camilleri si alza ogni giorno alle 6 del mattino nel suo comodo appartamento qui, si fa la doccia, si veste, si mette al lavoro. E si diverte enormemente.
“Ho trascorso 30 anni in televisione e in teatro, dove devi avere una grande energia fisica”, dice seduto in uno studio decorato da immagini di teppisti dei fumetti. “A teatro è una giornata di 24 ore. . . . Sono abituato a questo tipo di ritmo. In effetti, scrivere mi rilassa. ”
I lineamenti scoscesi, una cupola calva e una lunga frangia di capelli bianchi danno all’autore l’aspetto di un’aquila antica. I suoi discorsi e movimenti sono gioviali e deliberati. È un fumatore incatenato, un’abitudine che definisce “imbecille”.
“D’altra parte, sono arrivato a 83 anni”, dice. “Forse se smettessi di fumare oggi, cadrei morto.”
Camilleri, figlio di un ufficiale della guardia costiera, nacque a Porto Empedocle nella Sicilia sud-occidentale, vicino alle rovine dei templi greci di Agrigento.
L’eredità della Sicilia
Nonostante gli stereotipi dell’isola, oltre la metà dei migliori scrittori italiani degli ultimi 120 anni è stata siciliana, afferma Stephen Sartarelli, un poeta americano che è traduttore di Camilleri. Tra questi ci sono il premio Nobel Luigi Pirandello, drammaturgo, e Leonardo Sciascia, un romanziere cerebrale e politicamente impegnato.
Questo è il risultato di una classe intellettuale colta, una tradizione popolare e una realtà oscura che, come in America Latina o in Russia, si prestano alla finzione, dice Sartarelli.
“Quando vivi in un ambiente violento, hai più decisioni morali da prendere”, dice. “I russi lo hanno vissuto nel diciannovesimo secolo. I dilemmi morali creano la letteratura più interessante. ”
Ma il senso dell’umorismo anche arriva con il territorio. Camilleri ha un orecchio da drammaturgo per la lingua delle sottoculture, delle regioni e dei periodi storici. Si diletta dell’ “inventiva verbale” dei primi immigrati italiani negli Stati Uniti che hanno detto “backahouse” per outhouse e “robbachoos” per galosce.
Il suo approccio non sembra un prototipo per una popolarità tradizionale. Egli non scrive in italiano standard ma in un miscuglio di dialetti siciliani, una lingua a sua volta inventata.
“È un tipo difficile di italiano perché è c’è molto della mia lingua”, dice. “Ed a volte non è nemmeno molto comprensibile per i miei connazionali siciliani. . . . Confesso che ci sono anche parole inventate. ”
Solo per metà per scherzo, Camilleri dice che la celebrità del suo investigatore lo confonde. Il Montalbano di mezza età non è un eroe d’azione. Sprezzante dell’’autorità ma lento a ricorrere alla violenza, burbero ma sentimentale, comanda un ensemble di un precinto con personaggi come Catarella, un ufficiale di reception incessantemente borbottante, e Mimi Augello, un vice comandante che insegue ogni gonna che passa.
Piuttosto che realismo poliziesco, Camilleri si sofferma sui dettagli del luogo, personalità e pasti, che sono esperienze quasi religiose per il Montalbano.
“Volevo un personaggio che si potesse invitare tranquillamente a cena sapendo che non avrebbe parlato di un caso se non glielo avessero chiesto”, ha detto. “Una persona di cui ti puoi fidare, che rispetta la sua parola in amicizia. Con i suoi problemi privati, ma niente di eccezionale. Forse è stata questa mancanza dell’eccezionale a toccare le corde giuste in Italia. ”
Toccato profondamente
E che corde. Ad eccezione di alcuni giovani autori di gialli che si lamentano del fatto che il suo mondo non ha grinta, gli italiani non ne hanno mai abbastanza di Montalbano, sulla pagina o sullo schermo.
È difficile immaginare uno scrittore di misteri americano con influenza comparabile. Nel 2001, il governo di centrodestra italiano ha resistito a un tumulto per la presunta brutalità della polizia contro i manifestanti durante un vertice del G 8 a Genova. Più tardi Camilleri, più di sinistra, pubblicò un romanzo in cui gli incidenti di Genova fecero arrabbiare così tanto Montalbano che pensò di abbandonare la forza.
Alcuni poliziotti italiani concordarono con Camilleri; altri pensavano che la reazione di Montalbano suonasse falsa. Il risultato: due sindacati di polizia hanno invitato l’autore a una lunga discussione con 600 ufficiali.
Nondimeno, Camilleri preferisce la meticolosa ricerca e la complessa costruzione dei suoi romanzi storici, che cavalcano le onde commerciali di Montalbano. “Mi diverto di più a scrivere questi”, dice. “Prima di tutto perché posso fare esperimenti linguistici. Sarebbe un problema per i lettori di gialli. Ne “Il Birraio di Preston”, mi sono divertito molto. Ho messo sette dialetti italiani lì dentro.”
Come i gialli, i romanzi storici sono ambientati a Vigata e si basano su eventi reali perché, brontola, “Non sono in grado di inventare nulla”.
“La Concessione del Telefono” è uno dei migliori. Ambientato nel 1891, racconta il tentativo di un subdolo uomo d’affari di installare un telefono a Vigata. L’iniziativa risulta in un delirio di imbrogli politici, estorsioni e, ossessione siciliana raccontata da Camilleri e molti altri, adulterio.
La visione di Camilleri della sua isola ricorda i microcosmi immaginari della Colombia di Gabriel García Márquez o il sud americano di William Faulkner, l’idolo dello scrittore.
“Mi sono ricordato della frase di Dostoevsky: “Racconta la storia del tuo villaggio. Se la dici bene, avrai raccontato la storia del mondo,” ha detto. “Ho creato questa città immaginaria, Vigata, come hanno immaginato così tanti scrittori: García Márquez con Macondo, Faulkner con la sua contea. Il mio Macondo è Vigata. ”
Le abitudini di scrittura
La maggior parte dei non italiani associa la Sicilia principalmente alla mafia. I gangster appaiono nei racconti di Camilleri, ma rimangono solo una parte del paesaggio.
“Quando scrivi un romanzo sulla mafia, è inevitabile che il mafioso diventi in qualche modo un personaggio cui si può simpatizzare”, ha detto. “Se pensi al film “Il Padrino,” la performance di Marlon Brando ti fa dimenticare che è un assassino, un bandito. . . . Ecco perché tengo i mafiosi ad un secondo livello, per così dire. ”
Un’altra costante: l’influenza di sua moglie, Rosetta. Lui le legge dei manoscritti; lei gli fa riscrivere intere pagine.
“Quando ho fatto teatro, la sera della premiere non avevo paura dei grandi critici del tempo”, ha detto. “Temevo mia moglie. È spietata. ”
Un ultimo addio
Camilleri ha molte idee e una dozzina di manoscritti in cantiere. L’ultima puntata della serie Montalbano è pronta per la pubblicazione in seguito alla morte o incapacità dell’autore.
Camilleri lo scrisse a seguito di una conversazione a Parigi anni fa con due compagni scrittori di misteri: Manuel Vázquez Montalbán dalla Spagna e Jean-Claude Izzo dalla Francia. I tre vecchi amici si sono divertiti a discutere di come avrebbero eliminato un giorno i loro criminali. Vázquez Montalbán e Izzo sono morti da allora.
“Entrambi sono morti prima dei loro personaggi, quindi questo mi ha fatto pensare a come mi sbarazzerò dei miei”, ha detto. “Ho un po’ di questa cosa siciliana, superstizione diciamo, quindi ho inventato una soluzione. . . . L’ho inviato immediatamente al [mio editore] e ho detto: ‘Ecco, tienilo’. Questo è irreversibile e non si può tornare indietro. Non è come Conan Doyle, che ha fatto cadere Sherlock Holmes nell’abisso e poi lo ha rianimato. Questo è un personaggio letterario e svanisce. ”
Questa intervista è originariamente apparsa sul Los Angeles Times che ringraziamo per la gentile concessione.
La traduzione dall’originale a cura di Yulia Lapina

Sebastian Rotella
 
 

Málaga Hoy, 30.7.2019
Análisis
Montalbano, Montalbán

[...]
Andrea Camilleri ha muerto a los 93 años dejándonos 27 libros del inspector Montalbano, que toma su nombre de Manuel Vázquez Montalbán, creador del entrañable detective Pepe Carvalho. Ambos autores mantuvieron en su vida y obra posiciones de izquierda política y crítica social, los dos pertenecieron al partido comunista, y eran personas sensibles, con una humanidad desbordante. Vázquez Montalbán quiso criticar "el sentido religioso de la militancia" en su novela Asesinato en el Comité Central, aunque sus personajes son arquetipos y él siempre fue más allá de la pequeña política. Casi 40 años después los partidos de izquierda siguen teniendo dificultades para remediar los desequilibrios sociales, sobre todo porque no incorporan a sus estrategias y políticas la reacción que provoca cualquier progreso social.
Montalbano es un policía incorruptible, individualista, detesta la burocracia, se siente incómodo entre los políticos, pero es un eficaz funcionario comprometido con lo público; además, tiene una vida sentimental algo complicada y es un buen gourmet, lo que comparte con Carvalho. Nos resulta cercano no sólo por la técnica y trama de las novelas -que son entretenidas pero en ocasiones previsibles-, sino por la vida y verdad que hay en ellas, pues por mucho sexo, violencia, o situaciones límite que se metan en un libro, nada es comparable con el humor, sarcasmo, ironía, romanticismo y coloridos personajes secundarios, que llenan de calidez las historias de Andrea Camilleri. Y también, como recoge Tony Barber en su obituario, por el propósito de Camilleri de que "aunque en muchas novelas de crímenes los acontecimientos parecen separados del contexto económico, político y social, yo he decidido -dice- meter de contrabando algún comentario crítico sobre mi tiempo".
Gumersindo Ruiz
 
 

in3minuti.it, 30.7.2019
Scomparsa Andrea Camilleri, il ricordo di Calogero Alletto compagno di classe del Maestro

Scomparsa Andrea Camilleri, il ricordo di Calogero Alletto compagno di classe del Maestro alle scuole elementari.
Danilo Verruso
 
 

Terzo Millennio, 30.7.2019
Continuava a lavorare sull’opera di Camilleri, continuando ad ampliare e approfondire vita tematiche e linguaggio, quando il grande scrittore scomparve. Ora Aliberti sta completando il suo Camilleri, pubblicato dalla BastogiLibri e presto uscirà il nuovo volume, di cui ne anticipiamo alcune pagine…

Il grande Maestro Andrea Camilleri è volato verso l’infinito.
Alle ore 8,20 di Mercoledì, lo scrittore, regista,critico,sceneggiatura si è spento il Gigante della letteratura,del cinema e del teatro Andrea Camilleri,ricoverato dal 17 giugno nel reparto di rianimazione dell’Ospe dale “Bambin Gesù di Roma,in seguito ad un attacco cardiaco, mentre si accingeva a provare la recita che avrebbe dovuto raccontare il 15 luglio sul palco alle Terme di Caracalla,l’ultima sua creatura teatrale: Non uccidete Caino,dopo l’immenso successo riscosso con il suo “Dialogo su Tiresia”,rappresentato il 18 giugno 2018 al teatro greco di Siracusa e trasmesso anche in TV.
La storia di Caino, il primo assassino sulla faccia della Terra, diventato l’emblema del Male,rappresenta il traguardo finale del percorso culturale e ideale dello scrittore di Porto Empedocle,che attraverso le moltissime pagine dei suoi libri,oscillando tra il trasparente realismo di tante sue storie siciliane,insegue i misteri che ne occultano reati e delitti, compiuti nel presente e bene incartate nelle ermetiche ombre del passato,come in una determinata volontà di detergenza etica,nello stanare e punire severamente le belve umane ,emblema simbolico di un grande scrittore che combatte la sanguinosa violenza e ogni forma di reato compiuto ai danni degli onesti siciliani, dimostrando concretamente il trionfo del diritto di tutti di fronte alla legge, sorretto dalle categorie della coscienza. Il suo commissario Montalbano riesce a penetrare nella rete di indagini a diversi livelli sociali,ma non conosce alcun compromesso o copertura salvifica per i delinquenti di ogni tipologia,conducendo investigazioni penetranti con semplicità e correttezza senza alcuna subdola forzatura e con il massimo rispetto della dignità della persona, ma umanamente si sente vicino ai deboli e agli sfrattati dal circuito dignitoso della vita. Lo stesso clima di familiarità e di fiducia regna tra i suoi collaboratori,a cui affida operazioni investigative di estrema delicatezza, tese a scoprire i tasselli essenziali per poter ridisegnare il mosaico del delitto. Negli algoritmi dei suoi romanzi l’obiettivo è rappresentato dallo sradicamento del male,serpeggiante nella società e il suo viaggio esplorativo delle stazioni del flagello sociale è simile a quello del profeta che scopre tutte le aree del regno della malvagità umana e metaforicamente preavverte l’uomo della venefica ferocia che lo assedia,suggerendogli una profonda riflessione sulla preziosità della vita. Il codice della lotta contro ogni tipologia di trasgressione domina nella filosofia esistenziale di Camilleri,che lo affida ai suoi affidabili personaggi,coordinati e guidati dal suo Commissario Montalbano,un uomo,un profeta e un dio laico, che opera per un presente e un futuro meno avvelenato della società. Ma l’intera sua fatica di scrittore non si limita solo a raccontare storie di delitti destinati allo schoop pubblicitari o a radiografare la Sicilia come terra snaturata e immobile nella sua fissità geografica,galleggiante sulle onde di un corrosivo flusso e riflusso della storia afasica e immutabile,ma come creatura scacciata in una piatta quotidianità, vissuta nel recinto di una realtà che o accetta, rassegnata al diluvio del male occulto nello sterile conformismo e nell’omertà,o dovrà acquisire una comune coscienza reattiva per liberarsi dalle catene chel’anestesiz- zano per sempre. A tal fine, Camilleri coerentemente e tenacemente non si arrende sul solo binario di lotta investigativa,ma cambia registro nelle opere più interiorizzate e chiaramente formative,come nel testamento realistico scritto come guida esistenziale alla sua nipotina Martina di quattro anni,che gioca sotto la scrivania del non no,che sembra dialogare con la bambina silenziosa in ascolto del racconto della vita del nonno,che le consiglia di leggere il suo romanzo autobiografico,a vent’anni,quando la mamma potrà spiegarle le cose che Lei non sa. Nella rivelazione di tante esperienze e problematiche,emerge anche un’ideologia etica di attacco aperto per la disvelazione dei torbidi rapporti di affari sporchi intrecciati tra mafia e politica, che continuano a cooperare in operazioni anche criminali,in tutti i finanziamenti statali,sia destinati alla costruzione di strutture necessarie alla comunità, sia nell’apparente meraviglia e falsa indignazione delle notizie, pubblicate dalla stampa, di divisione di tangenti e di corruzione a danno dello Stato, di concertazione di dossier sugli avversari che possono intralciare i loro piani di lucro,utilizzando la poltrona parlamentare come scudo,per evitare di essere indagati o per seppellire nel loro stesso sangue chi osa informare l’opinione pubblica di tante complicità nelle stragi memorabili, su cui non si è fatta volutamente chiarezza,promessa ad ogni tornata elettorale,da parte dei potentati politici. Come l’indovino Tiresia, profeta di tanti mali, Camilleri, interpretandolo personalmente, con un intreccio sostanzialmente autoreferenziale, ma con l’umiltà degli uomini Grandi e irraggiungibile, indossa i panni di colui che conosce le storture del presente e del futuro, fu costretto ad una terribile fine, perché il serpente umano è propenso biologicamente all’assuefazione del malefico sadismo. Tiresia, a cui gli dei diedero nei secoli otto vite,alla fine della rassegna di eventi storici e mitologici, si augura di poter rivedere quello stesso pubblico, tra cento anni, forse per fare un bilancio del male nel mondo,o forse per aggiornare il grado di livello umanistico della coscienza collettiva e di ripartire ancora per poter riuscire a capire gli orizzonti dell’infinito. E’ rimasto sulla scrivania l’ultima sua opera teatrale,già indicata, tappa finale del suo lungo percorso investigativo, “Non uccidete Caino”, in cui pietà, razionalità, sentimento d’amore e vocazione al perdono, inducono Abele ad assolvere il fratello che fu guidato nel compiere il fratricidio da un irresponsabile furore interiore,perché l’invidia spinge l’uomo ai più orrendi delitti, o perché esecutore del delitto sarebbe potuto essere lo stesso Abele. Con questo drammatico dilemma finale,che scaturisce,come sempre,nell’agone dell’esistenza umana, fin dalle origini del mondo, Camilleri ci lascia in eredità un prototipo di modello esistenziale,elaborato sui sentieri della cultura dell’”homo sapiens”, a cui affida la fiducia nella resistenza della speranza, che ci aiuterà ad evadere dalla giungla del mondo e poter lanciarsi verso la comprensione dell’nfinito, dove esiste il regno della felicità. Servirebbe un’intera vita per riuscire a capire i rivolgimenti interiori, serenamente trasferiti in migliaia di pagine, su cui l’umana ragione deve essere sempre impegnata a frugare per capire il segreto che veleggia e permea invisibilmente un inespugnabile infinito.
Chi scrive,ha esplorato le orme indelebili da te lasciate sul fango della terra e ha costantemente inter loquito con i tuoi personaggi,nei quali sentivoo sempre la tua voce sapiente. Continuerò ancora ad inte terloquire con te per chiederti risposte alle incertezze cognitive che forse ancora non sono state dissolte. Perciò, non ti dico addio,né piango per te,perché tu non morirai mai sia per me,sia per il mondo che ti ha apprezzato e onorato e che sarà sempre vicino a te,perché tu hai dimostrato al mondo di essere un Nobilissimo uomo, un cittadino stracolmo di valori assoluti, un vero maestro di vita ed hai indicato all’uomo la cultura come volano dei nostri passi nelle pastoie della terra.
“Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio ‘cunto’, passare tra il pubblico con la coppola in mano”. Camilleri ha sempre definito la sua ambizione di scrittore simile a quella del contastorie, del poeta ambulante che con la sua capacità affabulatoria incanta e seduce chi lo ascolta. E grazie alla sua capacità di narrare storie Camilleri è diventato il più letto scrittore italiano, inventando una lingua e mettendo in condizione i suoi lettori di comprenderla, di parlarla, di amarla. A novantatré anni, dopo il successo di Conversazione su Tiresia, Camilleri torna a raccontarci in prima persona la storia di Caino e del come e perché uccise suo fratello Abele. Un racconto che si avvale molto di testi ebraici,latini,greci,italiani e musulmani, discostandosi perciò dalla tradizione cattolica. Camilleri svela alcuni aspetti inediti del personaggio biblico: Caino è stato il fondatore di quella che è oggi la Civiltà dell’Uomo nei suoi aspetti non solo sociali ma anche artistici.
Un viaggio attraverso la Voce di Camilleri, una voce che proviene dall’antro della Storia e che modula il racconto sconfinando nel tempo. “Io fui semplicemente colui che mise per primo in atto il male. Che compì l’azione del male. Tramutando ciò che era in potenza, in atto”.
(Teatro dell’Opera di Roma), 23.5.2019)
CAMILLERI ANCHE MAESTRO DI PACIFICA CONVIVENZA DEMOCRATICA
Da Tiresia, a Caino e Abele.
CAMILLERI FU ANCHE UN ACUTO OSSERVATORE ED ESPLORAZIONI POLITICHE E, DA UN PERCORSO FORMATIVO INGENUAMENTE ACCETTATO, ATTRAVERSO LA CONIUGAZIONE DI REALTA’, DI SENSIBILITA’ SOCIALE E RAZIONALITA’, APPRODO’ AD UNA VISIONE DELLA SOCIETA’ ATTUALE DOMINATA TIRANNICAMENTE DALL’AVIDITA’, DIVORATRICE DI SENTIMENTI, STORIA, E RESA INCONDIZIONATA DEI POVERI E DEGLI INDIFESI, CONSAPEVOLE CHE SOLO I GIOVANI, AMMAESTRATI DALLA GRANDEZZA DEL PENSIERO CLASSICO, LIBERI DA OGNI PREVENZIONE E PRONTI A SCONFIGGERE GLI INGANNI DEI GOVERNI, IMPROPRIAMENTE SEDICENTI DEMOCRATICI, POTRANNO CAMBIARE IN MEGLIO IL LORO FUTURO. APPROFONDISCE IL TEOREMA DELLA DEMOCRAZIA, NON SOLO ATTRAVERSO IL RICHIAMO DELLE INIQUITA’ E DELL’INVISIBILE MASSACRO DELLE MASSE E DELLA MORTE CIVILE E FISICA, CON LE BEN AFFILATE ARMI DELLA RETORICA SUBDOLA DELLE PROMESSE PER STRAPPARE IL CONSENSO DI COMUNITA’ DEVASTATE DALLA MANCANZA DI TUTTI. INVITATO IN DIVERSE SCUOLE, EGLI PARTICOLARMENTE IL 17 GIUGNO DEL 2017, OSPITE DI QUELLA SCUOLA DOVE AVEVA STUDIATO, DOPO AVER OPERATO UNA RICOGNIZIONE DELLA DEMENZA O IGNORANZA DEI TITOLARI DEL POTERE,SPIEGO’ LETTERALMENTE LA LETTERA DI PERICLE AGLI ATENIESI, MOLTO ATTUALE E UTILE PER RICOSTRUIRE LA VERA ISTITUZIONE DEMOCRATICA, CON UNA OCULATA SCELTA DEGLI UOMINI MIGLIORI PER CAPACITA’, VOCAZIONE DEMOCRATICA E MORALITA’. ECCO IL TESTO DEL DISCORSO AGLI ATENIESI:
Il celebre discorso di Pericle, politico, oratore e militare ateniese, rivolto ai suoi concittadini sulla democrazia
Un discorso tenuto in commemorazione dei caduti del primo anno della guerra del Pelopponeso (431 a.C.), riportato (o ricostruito) da Tucidide.
E’ stato osservato da alcuni studiosi che si tratta, evidentemente, da parte di Pericle, di una idealizzazione estrema del concetto di democrazia, non facile da applicare nella giungla della politica concreta. Tuttavia, l’appello dello scrittore Camilleri agli studenti liceali, di «costruirvi il futuro, di rifare la politica, perché voi siete giovani e potete permettervelo», è splendidamente sottolineato dall’invito di Pericle alla moralizzazione della politica stessa, per cui «un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private». Di particolare interesse e modernità anche la riflessione finale di Pericle che parlando di Atene, che in quel momento storico esercita un’egemonia incontrastata nel mondo greco e non solo, ricorda «che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero» , a differenza invece invece di quanti oggi, tanti, troppi, anche tra i cattolici, auspicano nei confronti delle nuove migrazioni, in aperto contrasto con la lettera del Vangelo. (nota Famiglia Cristiana).
Riportiamo qui integralmente il celebre discorso di Pericle, politico, oratore e militare ateniese, rivolto ai suoi concittadini sul tema della democrazia. Un di scorso tenuto in commemorazione dei caduti del primo anno della guerra del Pelopponeso (431 a.C.), riportato (o ricostruito) da Tucidide. E’ stato osser vato da alcuni studiosi che si tratta, evidentemente, da parte di Pericle, di una idealizza zione estrema del concetto di democrazia, lontana dall’applicazione reale della politica concreta. Tuttavia, l’appello dello scrittore Camilleri agli studenti liceali, di «costruirvi il futuro, di rifare la politica, perché voi siete giovani e potete permettervelo», è splendidamente sottolineato dall’invito di Pericle alla moralizzazione della politica stessa, per cui «un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private».Di particolare interesse e modernità anche la riflessione finale di Pericle che parlando di Atene, che in quel momento storico esercita un’egemonia incontrastata nel mondo greco e non solo, ricorda «che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero», a differenza invece invece di quanti oggi, tanti, troppi, anche tra i cattolici, auspicano nei confronti delle nuove migrazioni, in aperto contrasto con la lettera del Vangelo.
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Carmelo Aliberti
 
 

La Repubblica (ed. di Genova), 30.7.2019
Comune, Lega e Forza Italia contro Camilleri
La proposta di intitolare un angolo di Boccadasse allo scrittore viene però approvata in consiglio, grazie ai voti della lista del sindaco. Che vota contro la sua maggioranza

Dedicare un angolo di Boccadasse, allo scrittore Andrea Camilleri, recentemente scomparso. La proposta, del consigliere di sinistra Gianni Crivello e della sua lista, arriva in aula in consiglio comunale: ma Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia si astengono, convinti di affossare l'iniziativa. La mozione però passa perchè a votare insieme a Crivello e a tutte le opposizioni arriva anche la truppa dei consiglieri della lista del sindaco Marco Bucci, che volge in su il pollice, e si stacca dalla sua maggioranza.
"Brutta figura del centrodestra chi si divide nel goffo tentativo di negare un riconoscimento pubblico al grande scrittore Andrea Camilleri, particolarmente legato alla nostra città, tanto da aver collocato nel borgo marinaro la casa di Livia, la compagna di Montalbano", commenta, indignato, Alessandro Terrile, consigliere comunale Pd. Mentre tutte le opposizioni hanno sostenuto la proposta di Gianni Crivello, la maggioranza si preparava ad affossarla, imbarazzata dal legame dello scrittore con la cultura di sinistra, ma è stata scavalcata dalla truppa dello stesso sindaco Bucci che ha deciso di spingere, aiutando le opposizioni a farla approvare. E Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, sicuri di smontare la proposta e battuti a sorpresa in aula, non possono neppure arrabbiarsi con il primo cittadino.
Michela Bompani
 
 

Libreriamo, 30.7.2019
Classifica libri più venduti. Due libri di Camilleri nella top ten
La classifica dei libri più venduti della settimana vede nella top ten due titoli dell'amatissimo Andrea Camilleri

Milano – La classifica di questa settimana vede alla prima e alla nona posizione due libri di Andrea Camilleri: precisamente Il cuoco dell’Alcyon e Ora dimmi di te. Lettera a Matilda, la nipotina dello scrittore. Si conferma invece sul podio il Premio Strega Antonio Scurati con M. il figlio del secolo, seguito da I leoni di Sicilia di Stefania Auci.
Il cuoco dell’Alcyon, Andrea Camilleri
L’ultimo romanzo pubblicato da Andrea Camilleri prima della morte, comprensibilmente ritornato in vetta alle classifiche. Il commissario Montalbano è alle prese con il suicidio di un operaio appena licenziato e un imprenditore privo di scrupoli trovato assassinato con un colpo di pistola alla nuca. E poi c’è l’Alcyon, una goletta un po’ misteriosa, pochissimi gli uomini di equipaggio, niente passeggeri, la zona di poppa larga abbastanza per fare atterrare un elicottero. Per Montalbano a Vigàta tante gatte da pelare e il suo commissariato da difendere: qualcuno infatti sta tentando di farlo fuori…
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Ora dimmi di te. Lettera a Matilda, Andrea Camilleri
Andrea Camilleri sta scrivendo quando la pronipotina Matilda si intrufola a giocare sotto il tavolo, e lui pensa che non vuole che siano altri – quando lei sarà grande – a raccontarle di lui.
Così nasce questa lettera, che ripercorre una vita intera con l’intelligenza del cuore: illuminando i momenti secondo il ruolo che hanno avuto nel rendere Camilleri lo scrittore e l’uomo che tutti amiamo.
Uno spettacolo teatrale alla presenza del gerarca Pavolini e una strage di mafia a Porto Empedocle, una straordinaria lezione di regia all’Accademia Silvio D’Amico e le parole di un vecchio attore dopo le prove, l’incontro con la moglie Rosetta e quello con Elvira Sellerio…
Con humour e limpidezza, queste pagine ripercorrono la storia italiana del Novecento attraverso quella di un uomo innamorato della vita e dei suoi personaggi. Ogni episodio è un modo per parlare di ciò che rende l’esistenza degna di essere vissuta: le radici, l’amore, gli amici, la politica, la letteratura. Con il coraggio di raccontare gli errori e le disillusioni, con la commozione di un bisnonno che può solo immaginare il futuro e consegnare – a Matilda e a noi – la lanterna preziosa del dubbio.
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Arezzo Notizie, 30.7.2019
L'Aurora omaggia Andrea Camilleri

Il 17 luglio scorso moriva a 94 anni il grande scrittore siciliano Andrea Calogero Camilleri. Il circolo Aurora di Arezzo organizza per domenica 4 agosto prossimo alle ore 21.30, presso la terrazza Aurora di piazza Sant'Agostino, una serata spettacolo per rendergli omaggio. Oltre a scrivere circa 100 fra romanzi, gialli e saggi, vendendo in Italia più di 30 milioni di copie, Camilleri con la sua forte personalità ha scosso le coscienze degli italiani: al piacere della lettura si è così aggiunto un dono ricorrente di intelligenza, anticonformismo, coraggio e straordinaria capacità di interpretazione della realtà italiana contemporanea. E se è vero che l'ultima opera scritta e poi rappresentata dallo stesso Camilleri è stata Conversazione su Tiresia (l'indovino cieco della mitologia greca), allora Camilleri diviene ai nostri occhi persino preveggente, lui che col protagonista dell'opera condivide una cecità che lo fa vedere ancora meglio, con più chiarezza e lucidità.
Serata Camilleri vuol essere una condivisione di letture, musica e riflessioni, aneddoti e piccoli misteri: a cura di Francesco Maria Rossi, Bartolo Incoronato, Grazia Cammarata e Silvio Trotta. Con una poesia manifestata di Filippo Nibbi.
Ingresso libero.
 
 

Thüringische Landeszeitung, 30.7.2019
Geraer Bibliothek würdigt großen Literaten

Am 17. Juli starb im Alter von 93 Jahren der italienische Schriftsteller Andrea Camilleri. Mit seinem sizilianischen Helden Commissario Salvo Montalbano wurde er weltberühmt.
Elke Lier
 
 

OK Diario, 30.7.2019
Frases
Grandes frases de Andrea Camilleri
Conoce al escritor más exitoso de Italia a través de sus frases

Vamos a leer algunas de las grandes frases de Andrea Camilleri. Tal vez en España su nombre no sea tan conocido como se merece, pero no debemos olvidar que este es uno de los escritores más leídos en Italia en toda la historia del país transalpino.
De nombre completo Andrea Calogero Camilleri, nació un 6 de septiembre de 1925 y murió hace muy poco, el pasado 17 de julio de 2019. Por fortuna, durante sus casi 100 años de vida nos ha dejado un gran número de obras para disfrutar de su genio y de su ingenio.
Sin duda, el personaje más célebre salido de la fértil imaginación de Andrea Camilleri fue el comisario Montalbano. Este personaje encabezó muchas obras policiacas y de misterio del autor.
Conozcamos ahora algunas de las mejores frases de Andrea Camilleri, que en vida fue director y guionista de cine y autor de algunos libros, como el caso de Mujeres o Una voz en la noche, entre una larga e intensa bibliografía.
Frases de Andrea Camilleri
* Helena fue, sencillamente, todas las mujeres a las que los hombres, en el curso de los siglos, han amado y odiado. Una y cien mil. Nunca «ninguna»
* Esa calmada pero sobrehumana determinación de la que sólo algunas mujeres son capaces a veces
* No soy un jugador, sino un hombre curioso, y especialmente de las mujeres
* Descubrí que todas las mujeres tienen, más o menos en secreto, un poco de Angélica
* Los pensamientos son los peores enemigos de la barriga
* Para saber qué es una mujer, cómprense los DVD de las dos películas de Pabst. Después, no tendrá nada que preguntar
* Los periodistas como Ragonese sólo escuchan una versión, la de sus amos, porque tienen el alma de siervos
* ¿Un ministro en ejercicio llegara a decir que había que convivir con el crimen organizado?
* Las tres cuartas partes de los que leen los periódicos, leen sólo los titulares, y esto es una hermosa costumbre italiana, dicen una cosa contraria de lo que dice el artículo
* ¿Un senador, condenado en primera instancia por estar en connivencia con la mafia, volviera a presentarse y fuera reelegido?
Disfruta de estas excelentes frases de Andrea Camilleri, un autor súper ventas en Italia que ha gozado de las mieles del éxito gracias a su afilada pluma y su talento innato para la narración y para la creación de misterios y que ha sido traducido a decenas de lenguas a nivel mundial, de ahí que merezca este reconocimiento.
 
 

Il Corriere di Roma, 31.7.2019
Montalbano incontra Camilleri
Il Seminario internazionale si è svolto dal 12 al 14 luglio scorso a Montalbano Jonico

Un evento importante che ha preceduto di pochissimi giorni la morte del celebre scrittore siciliano, letto e amato in tutto il mondo, e che crediamo sia stato l’ultimo evento mondiale svolto mentre Andrea Camilleri era ancora vivo, seppure ricoverato in Ospedale in condizioni critiche dal 17 giugno scorso.
Montalbano incontra Camilleri: territorio, identità culturale e letteraria” realizzato nell’ambito delle manifestazioni di Matera 2019 capitale Europea della cultura e nello specifico del turno di Montalbano Jonico ad essere capitale europea per un giorno.
Per questo evento era atteso un contributo video di Andrea Camilleri e la partecipazione di una delle figlie ma il modificarsi repentino della situazione non ha consentito quanto previsto.
Organizzato dalle dottorande dell’Università di Malaga, dottoresse Filomena D’Alessandro e Valentina Nesi, e dal prof. Giovanni Caprara della medesima Università, dal Comune di Montalbano Jonico, dall’Università di Cagliari, l’evento ha avuto un respiro internazionale entrando nella programmazione dei Seminari sull’opera di Andrea Camilleri, promossi in tutto il mondo dai proff. Giuseppe Marci e Duilio Caocci (Università di Cagliari). Attenta, numerosa ed interessata la partecipazione del pubblico per una iniziativa che ha affrontato varie tematiche centrate sulla relazione tra narrazione, identità e territorio e sul grande contributo dato da Andrea Camilleri con i suoi numerosi libri, romanzi, articoli, interviste. Tra i relatori oltre ai già citati sono intervenuti anche il Prof. Giuseppe Fabiano (Università Marconi di Roma), Paolo Interdonato e Valeria Ravera (Università di Milano), Francesco Coriglione (Sputnikpress), Simona Demontis e Maria Teresa Grillo (Università di Malaga), Laura Medda (Università di Cagliari), Antonio Bonatesta (Università del Salento), Alessandro Cannavale (Politecnico di Bari). Gerardo Iandoli (Università di AIX- Marsiglia) e lo scrittore Franco Arminio. Interessante anche la relazione tra narrazione, storia del territorio e pittura curata da Ilaria Caprara (storica dell’Arte) e molto seguiti e stuzzicanti gli interventi di Pau Vidal e Carlos Mayor, traduttori dei libri di Camilleri in lingua castigliana e spagnola che hanno risposto alle numerose domande del pubblico circa le difficoltà e le soluzioni individuate per la traduzione della particolarissima lingua utilizzata da Andrea Camilleri.. La relazione conclusiva, completa, articolata e che ha spaziato a 360° sull’opera di Camilleri è stata affidata al Prof. Massimo Arcangeli, della società Dante Alighieri e docente dell’Università di Cagliari, spesso ospite di quotidiani, periodici e programmi televisivi.
Inserita nell’evento anche l’originalissima mostra dei libri di Camilleri con due teche dedicate alle traduzioni nelle varie lingue.
A. Piro
 
 

Topolino n.3323, 31.7.2019
Le storie di questo numero
Topolino e la promessa del gatto
Sceneggiatura: Artibani Francesco
Disegni: Cavazzano Giorgio
 
 

Gialli.it, 31.7.2019
Topalbano è meglio del Nobel
Torna in edicola l’incontro tra Camilleri e Topolino

I ragazzi di Montalbano non deve morire (anzi, #montalbanonondevemorire) stamattina ci hanno lanciato un assist. “Topolino omaggia Andrea Camilleri e riporta in edicola Topalbano”. Lo cogliamo al volo e vi raccontiamo il commovente incontro tra lo scrittore siciliano e la redazione di Topolino.
L’idea nasce nel 2012. Quasi per caso. A raccontare i fatti è Valentina De Poli, l’allora direttore di Topolino. “Cari amici di Topolino, che poteri straordinari ci può regalare la passione. (…) È successo alla nostra Barbara, che a un certo punto della nostra storia lavorativa si è dichiarata: lei adora i romanzi di Andrea Camilleri. Vale dobbiamo fare una storia con lui!”, e le brillavano gli occhi.
Neanche il tempo di mettere a fuoco nei dettagli l’idea e quelli di Topolino sono davanti al Maestro. Poche settimane dopo il Corriere annuncia ufficialmente l’accordo: “Montalbano sarà a fumetti e si leggerà su Topolino. Mi ha contattato la Disney per chiedermi l’autorizzazione a realizzare una storia ispirata a Montalbano. È un’idea che mi ha divertito molto”. Topalbano si fa.
Passa qualche mese e la storia è pronta. Si intitola Topolino e la promessa del gatto di Francesco Artibani e Giorgio Cavazzano. Verrà pubblicata su Topolino n. 2994 in edicola il 10 aprile 2013.
I ‘ragazzi’ sono al settimo cielo. Si torna da Camilleri per chiedergli se gli è piaciuta. “Mi sono emozionato tantissimo, è stato molto meglio del Nobel! Nella mia famiglia è piaciuta a tutti, le tavole sono passate di mano in mano tra figli e nipoti”. Il sogno si è realizzato. Salvo Topalbano diverte anche Luca Zingaretti.
Sei anni dopo, quando ormai il Maestro se n’è andato, Topolino riprende quell’avventura (cosa mai accaduta) e la pubblica oggi. Su Topolino 3323. C’è da piangerci un po’. Grazie a chi ci ha permesso di ricordare brevemente un incontro magico e struggente.
Luca De Giorgi
 
 

La Repubblica, 31.7.2019
Racconti e poesie per affrontare il tumore al seno

C’è tempo fino al 7 agosto per partecipare al concorso nazionale “Donna sopra le righe” promosso dall’associazione Iosempredonna di Chianciano Terme. Ecco il racconto vincitore della scorsa edizione
Racconti brevi, lunghi o poesie: usare la scrittura per dar voce alla propria esperienza diretta o indiretta con il tumore al seno. Anche quest’anno torna il concorso letterario nazionale “Donna sopra le righe” promosso dall’associazione onlus Iosempredonna di Chianciano Terme. Arrivato ormai all’XI edizione, il concorso - per il primo anno senza Andrea Camilleri che è stato presidente onorario nelle passate edizioni - è aperto a tutti.
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Maria Teresa Bradascio
 
 

Corriere della Sera (ed. di Torino), 31.7.2019
La storia
L'elisir della Regia farmacia che ammaliò Camilleri. «Ne ordinava 7 boccettine per volta»
Il digestivo Balsamo di Gerusalemme, con ricetta (segreta) del '600, è prodotto dallo storico locale torinese. «Piace da sempre ai vip. Da Cavour al papà di Montalbano»

Andrea Camilleri lo finiva a piccoli sorsi dopo una cena leggera. Una bottiglietta di Balsamo di Gerusalemme non mancava mai nella credenza dello scrittore. Ne faceva scorta raccomandando ai suoi fidati, in bell’accento empedoclino, di contattare la Regia Farmacia, a Torino — arrotando la erre di Rrregia — perché gli facessero arrivare giù in Sicilia un altro stock da 7. Così, per anni. La storia degli scrittori spesso impazzisce se avvicinata al liquore, come si legge in Viaggio a Echo Spring di Olivia Laing (Il Saggiatore). Oppure si rilassa: è il caso di chi inventò Montalbano. «A Camilleri piaceva molto il Balsamo — spiega Luca Monchiero, titolare da un anno della storica Regia Farmacia di via XX Settembre, che dall’incrocio con piazza San Giovanni guarda il Duomo —, gli spedivamo le bottigliette con regolarità. Ultimamente ci aveva anche detto “vorrei donarvi alcuni miei libri” ma non ha fatto in tempo».
«Nostro è anche il seicentesco Elisir Longavita, reso però più moderno, meno denso, depurato dall’eccesso di liquirizia». Un siffatto elisir pure sarebbe tornato utile a Camilleri: «Ma no — ride il farmacista — lui era una roccia, e ha vissuto bene fino a 92 anni». Già, anche se una volta lo scrittore di Porto Empedocle sentenziò: «La vita è breve anche se muori a 110 anni», e poi giù, alla salute, un altro goccino di balsamo.
Alessandro Chetta
 
 

Oggi, 31.7.2019
Oggigiorno
Camilleri e il fascino dell’italiano onesto

Esattamente da vent’anni, dal 1999, Andrea Camilleri ha raggiunto la fama grazie allo strepitoso successo televisivo del Commissario Montalbano, ma prima, e per mezzo secolo, l’autore siciliano ha fatto tutt’altro: è stato funzionario Rai, produttore, regista, insegnante all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Sono relativamente tardivi gli esordi di Camilleri nella narrativa. Nel 1978 pubblica il suo primo romanzo Il corso delle cose. Per Sellerio pubblica nel 1984 La strage dimenticata che non ebbe un grande seguito. Dopo una pausa di alcuni anni riprende a scrivere e nel 1994 pubblica La forma dell’acqua, primo poliziesco della saga del commissario Salvo Montalbano che si svolge nell’immaginaria cittadina di Vigata. La domanda che molti si sono fatti è quanto l’interprete del commissario Montalbano, Luca Zingaretti, abbia contribuito al successo dello scrittore. Non solo: perché il commissario Salvo Montalbano è da 20 anni un classico della nostra televisione? Perché Montalbano, la cui incarnazione in Luca Zingaretti non riguarda solo il corpo ma anche l’anima, continua a mietere successi di pubblico, sia nei nuovi episodi che nelle repliche? Montalbano ha successo perché è uno dei pochi personaggi della fiction italiana ad avere un carattere ben definito (come succede nella serialità americana), rappresenta un piccolo sistema valoriale: almeno nella finzione succede che i malviventi finiscano dentro e la giustizia trionfi. Montalbano è ormai Luca Zingaretti, un raro esempio di connubio perfetto. Negli anni, l’esibizione del commissario è stata una prova di bravura fra la recitazione di Zingaretti e l’invenzione narrativa di Camilleri: è una gara fra i due, sempre tesa e coinvolgente. I casi su cui il commissario indaga sono infatti puri pretesti per una dimostrazione di bravura: Zingaretti ha definitivamente sovrapposto la sua fisionomia a quella di Montalbano (come Gino Cervi fece con Maigret, come Ubaldo Lay fece con il tenente Sheridan) e Camilleri si è dichiarato appagato di questa nuova identità fantasmatica. Intervistato sul successo del personaggio, sul perché piaccia così tanto, Zingaretti ha dato questa risposta: «Perché risponde a una voglia di eticità molto più diffusa di quanto si creda. Mentre destra e sinistra passano il tempo a tirarti per la giacchetta, lui mantiene il suo baricentro. Agisce sempre secondo coscienza, controcorrente, a costo di pagare di persona, di non fare carriera. Un uomo all’antica: gli uomini vorrebbero somigliargli, le donne averlo vicino. In un mondo dove tutto ha un prezzo, lui è senza cartellino». Zingaretti parla come Camilleri.
Aldro Grasso
 
 

CN24TV, 31.7.2019
Festival Euromediterraneo, omaggio ad Andrea Camilleri
Cosenza

Il primo giorno di agosto coincide con l’inaugurazione della mostra “Il Mare ad Altomonte”. È proprio questo il titolo del secondo evento del cartellone della trentaduesima edizione del Festival Euromediterraneo di Altomonte che per il 2019, che ha come tema “Generazione culturale” e l’omaggio allo scrittore Andrea Camilleri.
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TarantoBuonaSera, 31.7.2019
Camilleri: un narratore omerico-siciliano

Il grande poeta latino Orazio, lui che voleva finire i suoi giorni presso il Galeso di Taranto (Odi II, 6), lasciò scrit­to nella sua “Ars poetica” che per intendere la validità di uno scritto, poeta o meno che fos­se, bisognava attendere alme­no nove mesi per avere o dare un primo equo giudizio. Cer­tamente nove mesi sono una metafora per dire che solo il tempo potrà definire la validità o meno di uno scrittore, artista o poeta che sia. Tale sentenza oraziana è sempre per tutti, a mio avviso, valida e, ancor di più oggi, che scrittori e poeti, e sono tanti, pubblicano e non sai se domani rimane quel che è stato pubblicato oggi. Cer­tamente le forze mediatiche, dominatrici della nostra so­cietà, regolano anche la realtà della scrittura attraverso il più o meno interesse economico. Ma non è il caso del nostro An­drea Camilleri, notissimo per il Commissario Montalbano, tra­dotti i libri dello scrittore sicilia­no in milioni di copie e diffusi in tante nazioni.
Dalla stampa e dalla televisione celebrato non solo per il suo fascino “omerico o tiresiano”, per il suo coerente pensiero politico ed anche ce­lebrato dalla stampa cattolica per quanto egli si sia sempre professato ateo, uomo che non crede in Dio, anche se ha detto di credere nello spirito dell’es­sere umano, della forza dell’es­sere o dell’esserci. Grecamente è stato un “fenomeno” proprio del significato omerico della parola, vale a dire un’apparizio­ne, la cui luce nel tempo con­sentirà di rimanere tale o ineso­rabilmente spegnersi. Dall’altra parte, anche lo stesso Manzoni nel “5 Maggio” di Napoleone: “fu vera gloria? Ai posteri l’ar­dua sentenza”. Ma Camilleri ha lasciato una profonda stam­pa della sua letteratura che è tra quella del romanzo giallo e l’altra del fono dialettico com­paesano. Anzi, a proposito del suo dialetto, come lingua diffu­sa nei suoi tanti libri, quel suo mezzo espressivo, qualcuno lo ha paragonato al linguaggio del Goldoni o del De Filippo, o del Trilussa; indubbiamen­te il dialetto di Camilleri è un “fenomeno” linguistico che il commissario Montalbano ha saputo in maniera esemplare rendere nelle sue forme lingui­stiche e foniche.
Ma diremo subito che non è affrontabile con il dialetto del veneto Goldoni, del napoletano De Filippo o del romano Trilussa: il primo geneticamente comico, nella sua varietà di toni e di misu­ra fonica nel numero sempre crescente delle situazioni e dei personaggi, dalla “Locandiera” al “Ventaglio”; o del napoleta­no De Filippo, geneticamente drammatico e categoricamen­te presente in tutte le varie mi­sure espressive e sentimentali dell’anima napoletana e non di una parte di essa. I loro sono, ritenuti dalla critica nel tempo, universali, perché è universale lo spirito umano nelle sue com­ponenti più tenaci, più senti­mentali o più comiche o più dolorose. Ho letto anche di es­sere paragonata la scrittura di Camilleri a quella di un Verga, di un Pirandello, di un Sciascia o di Tomasi di Lampedusa; i confronti sono sempre limita­tivi, ma l’umanità dei corregio­nali dello scrittore siciliano ha tonalità diverse e soprattutto varietà di avvenimenti interiori che danno una forza creativa e drammatica spesso alla quotidianità degli stessi fatti.
Quella di Camilleri è avantitutto una forma di scrittura legata ad un particolare “locus” siciliano e le avventure dei suoi personaggi, frutto di una fantasia veramen­te speculativa ed universale, hanno sempre una aristotelica catarsi personale. Un giudizio in tal senso esegetico ed este­tico sullo scrittore scomparso può darsi e si è dato al di là di tutta la compatta glorificazione dovuta all’esame delle forze politiche che lo stesso Camille­ri ha sempre ritenuto di appar­tenere. Ho scritto che i latini lo avrebbero definito “portentum” o come lui stesso si è auto-definito un “rapsodo”, cioè un raccontatore di fatti e uomini relegati ad un angolo della Si­cilia anche se poi compren­sivo di altri punti geografici, economici, sociali, umani della medesima. Ma i punti fonda­mentali sono Porto Empedocle e Vigata. “Rapsodo” come chi racconta, con assoluta com­piacenza di merito, intellettua­le, personale quello che in una questura di un paese assolato della Sicilia accade o è acca­duto. Discrezioni originali ed esornative anche, attese interiori che tuttavia la forza me­diatica del commissario Montalbano ha saputo reggere, governare con altri e calamita­re l’attesa del pubblico. Camil­leri è stato onorato e compian­to da tanta parte della società ed intellettualità italiana; e con­siderato l’uomo, lo scrittore, la sua veneranda e vigile età, non poteva che avere tali consensi. Ma mi ritorna in mente sempre il mio Orazio; quel tempo, ine­sorabile tempo, che trascorsi gli entusiasti venti del momen­to o le storiche umane vicende, consente di dare quel giudizio che poi si trasmette nella storia della letteratura e della cultura di un popolo.
Pertanto mi viene anche incontro quella pagina dell’aristo­telica Poetica che rende sacri confini dell’ingegno umano sempre che lo stesso ingegno abbia superato, al di là delle at­mosfere del momento, il silen­zio del tempo; e ne ha fatto eco per la stessa umanità.
Paolo De Stefano
 
 

Malgrado tutto, 31.7.2019
Camilleri e quella casa nella “vera Vigata”
E’ la casa, a Porto Empedocle, in cui lo scrittore è cresciuto, individuata come sede di una annunciata Fondazione mai nata. Frattanto la casa è crollata. Adesso è tempo di riprendere le fila

Fra tante sincere manifestazioni di affetto per la scomparsa dell’autore del commissario Montalbano aleggia anche uno spigoloso aggettivo rovesciato su Andrea Camilleri con aria di sufficienza da chi non deve averlo mai amato. Il coraggio di sentenziare che la sua è letteratura di serie B non ce l’hanno. Sussurrano veleni. Limitandosi a dire che al narratore di cento romanzi bisognerebbe fare una statua per meriti turistici. E quest’ultimo termine viene proposto con balordo aristocratico distacco da chi affetta il mondo della cultura fra eletti delle lettere e artigiani di una scrittura da Pro Loco.
D’altronde, c’è stato chi perfino all’interno della Fondazione Sciascia aveva azzardato di separare la vita dell’istituzione intitolata al maestro di Regalpetra portando via le carte donate dallo scrittore in altra città e lasciando alla “periferica” Racalmuto gli aspetti di richiamo “turistico”.
Occorrerebbe riascoltare le parole di Camilleri sulla sua “vera Vigata” per capire dove sta la grandezza di un vero uomo di cultura. E noi che lo abbiamo intervistato nella sua casa romana riproponiamo il testo di una riflessione consegnata alla “Strada degli scrittori”.
Testuale: “Personalmente soffro di una certa situazione. C’era un articolo apparso su Le Monde che spiegava come, mentre il turismo in Sicilia è in calo, è in aumento nelle zone del commissario Montalbano, naturalmente le zone televisive. Ecco a me autore piacerebbe tanto che venisse qualche turista a vedere le zone letterarie e non solo quelle televisive ormai conosciute…”.
Ed ancora: “Senza nulla togliere al barocco di Ragusa, a Scicli, Modica o Marzamemi, privilegiate dalla regia televisiva del commissario Montalbano, perché non fare scoprire la ‘vera Vigata’, cioè vicoli e stradine di Porto Empedocle?”.


Felice Cavallaro intervista Andrea Camilleri

A questo stiamo lavorando. Come proviamo a fare con la Racalmuto di Leonardo Sciascia salvando la memoria di un uomo che è fatta di carteggi, libri letti, quadri e ritratti collezionati, luoghi amati, personaggi frequentati, cimeli, cose toccate e case vissute.
A cominciare dalla casa in cui Sciascia visse da bambino e da maestro fino agli anni Cinquanta. La casa in cui fece da apprendista nella bottega dello zio, al piano terra. Dove crebbe con le zie al primo livello. E dove visse con moglie e figlie al secondo piano. Una casa che la stessa famiglia avrebbe dovuto preservare, che il Comune di Racalmuto, la Fondazione, la Regione avrebbero dovuto salvare. Come rischiava di non accadere quando un ramo della famiglia che l’aveva ereditata, ramo diverso da quello delle figlie di Sciascia, decise di metterla in vendita.
Abbiamo avuto tutti una gran fortuna. Non l’ha acquistata per poche decine di migliaia di euro un privato pronto a sventrarla, magari ad abbattere le mura interne per farne un open space. Per fortuna dell’intero paese è intervenuto un privato illuminato, Pippo Di Falco, un intellettuale che ha frequentato e amato davvero Sciascia, uno studioso che nella sua biblioteca conta 80 mila libri, deciso a salvaguardarla dal degrado, a ripulirla e lasciarla com’è, com’era, come è sempre stata.
E per questo con gli amici della “Strada degli Scrittori” stiamo cercando di sostenere il suo sforzo trasformando la vecchia casa di Sciascia nella tappa più significativa di un viaggio a Regalpetra. Un viaggio che non sarà mai solo “turistico”. Come hanno ben compreso i primi visitatori, da Gioacchino Lanza Tomasi a Salvatore Ferlita, da Pierluigi Battista ad Andrea Purgatori, dalla finalista del premio Strega Nadia Terranova al grande attore con radici a Racalmuto Luigi Lo Cascio.
Pronto quest’ultimo da intellettuale raffinato e scrittore alla sua prima opera, Ogni ricordo un fiore, a bloccarsi da un ambiente all’altro, rapito: “Stare qui è un sogno…”. Eccolo, catturato da una miriade di piccole grandi cose, a cominciare da riviste e libri di Sciascia: “Starei qui giornate intere, tra questi dettagli evocati da qualsiasi cosa, persino dallo specchio di un armadio, da un lampadario…”. Convinto che “solo questa casa valga un viaggio in Sicilia, per fermarsi, studiare, approfondire, pensare…”. Come non ha capito chi sciaguratamente ha messo tutto in vendita, col rischio che la migliore offerta fosse arrivata da chi non ama fermarsi, studiare, approfondire, pensare…
Ma ci sarà un altro Pippo Di Falco nella “vera Vigata”? Ecco l’inquietante quesito che pongo a me stesso e a chi opera per esaltare vicoli e stradine di Porto Empedocle dove Camilleri avrebbe voluto vedere affluire visitatori come Le Monde raccontava per i luoghi della fiction televisiva. Perché a Vigata c’era un’altra casa da salvare e che nessuno ha salvato. La casa in cui è cresciuto Camilleri, individuata come sede di una annunciata Fondazione mai nata. Frattanto la casa è crollata, spianata dalle ruspe per evitare ogni pericolo. E adesso è tempo di riprendere le fila, seppure con colpevole ritardo. Per farne un’altra tappa di una suggestione che non sarà mai solo “turistica”.
Felice Cavallaro
 
 

Sicilia ON Press, 31.7.2019
Intervista a Calogero “Lullù” Alletto, l’ultimo compagno di scuola vivente dello scrittore Andrea “Nenè” Camilleri
Lo storico Pasquale Cucchiara ha incontrato il Cavalier Calogero Alletto, classe 1926 “ a Marina”, cioè a Porto Empedocle o meglio la “Vigata” del suo famoso compagno di scuola, papà del Commissario Montalbano, Andrea Camilleri.

Ho incontrato il signor Calogero Alletto, ultimo compagno di scuola vivente dello scrittore Andrea Camilleri, nel B&B di suo nipote Calogero Vaccarino, denominato “U scrusciu do mari”, proprio nella stanza dedicata proprio al suo illustre compagno di classe ed anche di banco alle scuole elementari.
Apprendo subito che il Signor Calogero “Lullù” Alletto, Cavalieri del Lavoro nominato dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, è orgogliosamente un uomo di sinistra ma che, a differenza del suo compagno di scuola, che fu essenzialmente anticlericale, è un fervente credente da sempre iscritto all’Azione Cattolica di Porto Empedocle.
La sua conoscenza con Andrea “Nenè” Camilleri risale al 1932 quando entrambi frequentavano la scuola elementare di Porto Empedocle, oggi intitolata a Luigi Pirandello. Lui, classe 1926, frequentò la seconda elementare insieme a Andrea Camilleri, che invece è classe 1925, perché superò con pieno merito, l’esame di ammissione alla seconda classe. Senza perderci in chiacchere, l’anziano ma luci cavaliere mi mostra orgogliosamente la foto che lo ritrae accanto al suo famoso compagno di classe ( Camilleri nella foto cerchiato in rosso, Alletto in verde) sotto lo sguardo attento della rigorosa maestra Bancucci. Uno di questi alunni (che purtroppo il signor Alletto non riesce più a riconoscere nella foto) tale Alfonso Burgio che divenne preside del Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento, sembra abbia ispirato Camilleri nel creare, fisicamente, il suo Salvo Montalbano. E’ proprio il loro compagno dio classe Alfonso ad aver ispirato il volto “ufficiale” del commissario più famoso d’Italia, cioè quello descritto nei romanzi di Camilleri con i capelli tirati all’indietro, il baffetto appena accennato, con annessa “piretta” sopra il lato destro del baffo, la fronte scalata da numerose rughe; immortalato anche nella statua bronzea “mezzu a Marina” e che non ricorda nemmeno lontanamente Luca Zingaretti, il Salvo Montalbano della serie televisiva.
Dopo aver fatto questa scoperta ed esaminando meglio il look del signor Alletto, ho notato che anche lui richiama, sia per i capelli a spazzola che per il baffetto, lontanamente il commissario Montalbano dei romanzi del suo compagno di scuola. In realtà è un look molto ricorrente ed in voga in quegli anni.
Il signor Lullù Alletto ricorda limpidamente che Andrea Camilleri era un bambino molto studioso, metodico ed aveva tutti i pregi dei bravi ragazzi. Inoltre, era un ragazzino ribelle che mostrava chiari segni di insoddisfazione verso il fascismo. Dopo qualche anno, arrivò la guerra e con essa le bombe. Non a caso, il 14 maggio del 2010 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firmò il decreto di concessione alla comunità empedoclina della Medaglia d’argento al merito civile.
In quei concitati anni, ricorda, molte famiglie sfollarono dalla città marinara. La famiglia di Calogero Alletto si rifugio a Siculiana mentre quella di Camilleri a Serradifalco.
Il giornalista Gaetano Savatteri, nel suo romanzo intitolato “La volata di Calò”, racconta quando il celebre scrittore empedoclino percorse una cinquantina di chilometri in bicicletta per raggiungere suo padre a Porto Empedocle da cui non aveva notizie da quindici giorni.
Dopo la guerra, ricorda Alletto, Camilleri tornava spesso a Porto Empedocle e frequentava anche il “Casino di Porto Empedocle” dove i giovani empedoclini facevano le loro prime esperienze sessuali. Il tutto è documentato in un suo celebre romanzo, dal titolo “La pensione di Eva” ambientato nella Vigata degli anni ’30. I suoi amici di sempre erano l’avvocato Gaglio e Pepe Fiorentino che, tra l’altro, lo aiutarono nella ricerca dei 114 nominativi morti ammazzati all’interno della Torre Carlo V nel periodo Borbonico e raccolti nel suo libro dal titolo “La strage dimenticata”. Nel 2001 il nipote di Calogero Alletto, Domenico Vaccarino, allora studente dell’istituto “Vivaldi” di Porto Empedocle, venne premiato presso il teatro Le Ciminiere a Catania, in diretta televisiva su Antenna Sicilia, per il suo articolo di giornale dal titolo “Andrea Camilleri e mio nonno Lullù” nell’ambito della V edizione di Neewspaper Game, organizzato dal giornale “La Sicilia”.
Calogero Alletto ricorda i recenti anni della sua vecchiaia con il sorriso, che si fa amaro quando ripensa agli anni della dittatura e a questo attuale governo: “Caro Pasquale, gli dici a questi giovani di oggi che vengono da me che gli spiego io cosa è stato il fascismo e tutti i danni che ci ha procurato…” Anche Andrea Camilleri, con la stessa tristezza, in una delle sue ultime interviste si rammaricò di non aver fatto abbastanza contro il Regime fascista. Nell’epoca della disaffezione e del qualunquismo urge coltivare la memoria, partecipare, dibattere, polemizzare al fine di non ritrovarci, fra molti anni, con i rimpianti di Nenè Camilleri o con la rabbia di Lullù Alletto.
Pasquale Cucchiara
 
 

succedeoggi, 7.2019
In morte di uno scrittore multiforme
Miracolo Camilleri
Encomio di Andrea Camilleri: un grande intellettuale che ha saputo mettere in relazione Samuel Beckett e Georges Simenon trovando una strada per rendere popolare la lezione dell'avanguardia degli anni Cinquanta. A differenza degli "avanguardisti" di professione

Come non dire cose banali o trite o già dette, in morte di Andrea Camilleri? Ci sovvengono ricordi personali, comuni passioni o altri strani incastri di vita, ma queste, appunto, son cose personali e tali è meglio che rimangano. Semmai – mentre il mondo piange giustamente il padre del commissario Montalbano e l’inventore di una neolingua unica, sonora e magnificamente letteraria – ci si può soffermare su un aspetto peculiare dell’intellettuale Andrea Camilleri: la sua smodata passione teatrale. Tutti sanno, infatti, che la formazione dello scrittore siciliano avvenne nelle pieghe dell’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico” dove da ragazzo studiò da regista (e dove più adulto tornò in qualità di docente). Tutti sanno, anche, che il suo talento registico si espresse in numerose messinscene televisive (parliamo della Rai degli albori) nonché nella cura delle produzioni di molti importanti sceneggiati tv: in questa veste, per esempio, seguì per anni la realizzazione delle puntate delle mitiche Inchieste del commissario Maigret con Gino Cervi. E proprio quale delegato alla produzione Rai di quello sceneggiato incontrò ripetutamente Georges Simenon, alle cui atmosfere e al cui stile di scrittura si è ispirato spesso e volentieri per scrivere i romanzi del commissario Montalbano (il cui nome, come è noto, è tuttavia un omaggio al narratore catalano Manuel Vazquez Montalban).
C’è un aspetto meno noto, forse, della passione teatrale di Camilleri ed è quello che lo portò, nelle pieghe dell’avanguardia teatrale degli anni Cinquanta (per intenderci, siamo molto prima di Carmelo Bene, delle Cantine Romane e di tutto il resto…), a introdurre in Italia quello che all’epoca, un po’ impropriamente, veniva chiamato teatro dell’assurdo. Camilleri, per esempio, è stato uno dei primi registi italiani di Beckett: il primo, in assoluto, a portare in scena Finale di partita (era il 1958 e Aspettando Godot era arrivato nel nostro paese quattro anni prima, con la celebre regìa di Luciano Mondolfo e il grande Marcello Moretti in scena, nello sconcerto generale). Ma anche Ionesco, Pinget e Adamov Camilleri ha messo in scena con passione e in anticipo con i tempi. Questo per dire che la sua (successiva) adesione alla letteratura di genere affondava le radici nella sperimentazione più ardita amata, frequentata e digerita all’inizio della carriera.
Ecco, proprio in questo percorso critico/creativo c’è forse l’eredità più importante lasciataci da Andrea Camilleri: la capacità di trasformare in un patrimonio popolare la lezione della sperimentazione. Erano gli anni, per intenderci, nei quali un manipolo di intellettuali altezzosi e rumorosi (in nome di una non meglio specificata avanguardia) sfasciava la narrativa critica e sociale sorta dalle rovine della guerra senza costruire nulla di più o di meglio che miseri esercizi di stile. Di fatto, quelli del cosiddetto Gruppo ’63, prendendo a sassate i grandi del neorealismo, iniziarono quel processo di rimozione della storia e dell’identità collettiva che il berlusconismo, trent’anni dopo, ha completato; consegnandoci ora all’orrore dell’ignoranza di massa. Camilleri, che faceva parte di quella stessa generazione, invece di salire sul carro vincitore (e vuoto) dell’avanguardia, piegò gli esperimenti di Beckett o Adamov alle esigenze della cultura popolare. L’approdo alla letteratura di genere (che pure qualcuno del Gruppo ’63 ha tentato con risultati penosi) è il capolavoro di un intellettuale che passa da Beckett a Simenon valutandone (ed esaltandone) i punti in comune. Come l’uno e l’altro, per esempio, Camilleri racconta e non giudica; e come entrambi scava nei personaggi attraverso la loro lingua. Che cos’è, infatti, il camillerese dei suoi più grandi romanzi (Il birraio di Preston, La concessione del telefono…) se non l’evoluzione ultima, resa pop, di una perfetta lingua teatrale?
Insomma, le lezione del teatro Camilleri l’ha portata nella sua narrativa soprattutto inventando una koiné strutturata teatralmente: parole finte nelle quali tutti potevano riconoscersi; suoni ma anche frammenti di immaginario condiviso. Questo avrebbe potuto e dovuto essere il percorso dell’avanguardia, in Italia; ma tale non è stato. E, forse, se oggi siamo affogati nell’ignoranza e nella stupidità (ossia nell’incapacità di analizzare criticamente la realtà) lo si deve proprio al fatto che Camilleri sia stato così isolato, che debba aver aspettato così tanto per “esplodere” e che, almeno all’inizio, sia stato così fortemente osteggiato da una parte solonica e insopportabile dell’apparato accademico/culturale italiano. Speriamo che il miracolo di ricostruire gli italiani, cui alla fine della sua vita si è dedicato con una tenacia rara, gli riesca almeno dall’aldilà.
n.fa.
 
 

 


 
Last modified Sunday, August, 13, 2023