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RASSEGNA STAMPA

SETTEMBRE 2020

 
La Sicilia, 2.9.2020
Ci troviamo dinanzi a un garbuglio senza garbuglio, lineare invece come la logica di ogni buon romanzo giallo che cresce a ritroso dalla conclusione al suo vero incipit
Riccardino, ovvero il metaromanzo

A un anno dalla morte di Andrea Camilleri (1925/2019) l'uscita del romanzo "Riccardino" ha riacceso i riflettori su una avventura umana esistenziale letteraria che ha molto di singolare nel suo tardivo eccezionale successo. Senza Montalbano (dal 1994) e soprattutto il Montalbano televisivo (dal 1999) forse il colto Camilleri non sarebbe così vistosamente emerso nel mondo della letteratura. Montalbano è anche il suo linguaggio, il "vigatese", e vigatese è la Sicilia, sangue carne ossa forza dell'impegno dell'uomo e dello scrittore Camilleri. Perciò è il metaromanzo "Riccardino" a scansare equivoci, quello del romanzo di consumo (e tali sono i romanzi di Montalbano) e dello strepitoso prodotto mediatico (tali i telefilm di Montalbano). Ma è un garbuglio senza garbuglio, lineare invece come la logica di ogni buon romanzo giallo che cresce a ritroso dalla conclusione al suo vero incipit.
Così "Riccardino" linguisticamente rafforzato nel 2016 nel suo pervasivo vigatese, ma nato nel 2005 sullo sfondo dell'Italia berlusconiana come epilogo ragionato di una serie ancora non conclusa però negli anni seguenti. Non una "fine" in realtà registra il libro ma un interrogativo e una immersione nel laboratorio creativo di Camilleri che dà conto a sé stesso e agli altri delle ragioni profonde del suo operare. L'originalità del racconto sta non nel giallo in sé, l'ammazzatina di Riccardino Lopresti, direttore della filiale locale della Banca Regionale e relative indagini, quanto nel dialogo esplicito, ad esso intervallato, fra Salvo Montalbano, il personaggio Commissario, e il suo invadente Autore, e nel confronto scontato, inevitabile e interiore, fra personaggio letterario (che vuole essere "mimesi" del reale, "individuo in atto") e il suo doppio televisivo super noto e super applaudito ma "scassamento di cabbasisi insopportabili" per il Montalbano/soggetto dentro il flusso del "reale".
Emblematico "l'animato dialogo aereo" che s'intreccia dai balconi sul Commissario appena arrivato al luogo del delitto: è Montalbano veru, o chiddro di la tilevisioni? E proprio questo è il difficile nodo da sbrogliare per lo scrittore di oggi, che deve innanzitutto misurarsi con "numeri, tirature, auditel" entro un mercato imperante in una società  divagante... un Don Chisciotte insomma lo "scrittore" ironicamente giostrante (e perdente) di contro "alla prosopopea, all'arroganza, alla supponenza, alla favusa cordialità, alla retorica" (e corruzione) politica di chi "pensa sulo alli interessi so facenno finta di fari li 'nteressi di tutti", e che, saltando "al momento opportuno sul carro del partito di maggioranza", mafia o non mafia, gestisce il Potere non solo regionalmente (la Sicilia ad esempio invilita da generazioni) ma a livello pure nazionale (l'Italia ad esempio di Mani Pulite, o del lungo dopo, e delle tante acquiescenti e conformanti "Televigàta"). E quali armi restano a uno scrittore critico/polemico per "infiltrare" almeno un minimo di spiazzante verità, se non strutturare un godibile "gastronomico" tessuto di pagine armonizzate di poliziesco, tipi fissi, eros (anche di bassa lega), turpiloquio, sproloquio, sconcica, sisiata... in pericoloso equilibrismo tra serietà e divertimento gratuito, consumo e "impegnata" invece leggerezza (sic!)? Montalbano/Personaggio rifiuta pirandellianamente la soluzione/forma del caso (il vieto ripiego della "vendetta" per le corna) a più riprese offertagli dall'Autore fino al fax risolutivo finale inviatogli con l'avvertimento/consiglio: "Non fare smorfie mentali mentre lo leggi".
Salvo respinge il fax dell'Autore come una "porcata" che tace della vicenda l'intreccio mafia/politica/droga e certe ambiguità  chiesastiche, ma impatta enucleando la "sua" verità nei divieti del pm Tommaseo. "Lei mi domanda - protesta - le prove senza darmi la possibilità  di procurarmele" tramite cioè intercettazioni, indagini patrimoniali, perquisizioni. E al pm che gli dice friddo friddo: "Le non sa perdere", replica: "Sì, invece. Ma quando succede, m'incazzo". E mentre il questore riaffida l'indagine al dott. Toti sposando in pieno la soluzione del citato fax, Montalbano/Camilleri, incazzato e sconfitto ("la sò vucca sapiva di burro arranciduto e pisci putrefatto"), procede, concedendosi il lusso di una lagrima, alla cancellazione, "come se era davanti a 'na lavagna", di Livia, Fazio, Mimì Augello, Catarella e con loro del paisaggio (la pilaja, il mari, il celo) e di se stesso. Divorzio dunque fra Vita e scrittura? No! La risposta ultima sarà il "cieco", ma lungivedente Tiresia del 2018.
Maria Nivea Zagarella
 
 

Uomini e Trasporti, 2.9.2020
LIBRI | Riccardino di Andrea Camilleri
A un anno esatto dalla scomparsa di Camilleri, Sellerio pubblica l’ultima indagine del commissario Montalbano.

L’ultima indagine del commissario Montalbano è stata scritta inizialmente tra il 2004 e 2005; nel 2016 l’Autore la riprende in mano non per modificare la trama (che resta inalterata) me per aggiornare il “vigatese”, la lingua inventata che negli anni si è evoluta, come i personaggi che ruotano intorno all’arguto commissario.
In questo ultimo libro il Personaggio letterario appare insolitamente stanco e distratto, trovandosi a sostenere un confronto impari con il Personaggio televisivo di successo e parallelamente un dialogo con l’ottantenne Autore preso dalla scrittura della storia che il Personaggio letterario sta vivendo ma che quest’ultimo vorrebbe prendesse pieghe diverse.
Nell’ultimo caso della sua carriera Montalbano si trova a indagare sull’omicidio di Riccardino, il giovane direttore della filiale vigatese della Banca Regionale, una vera e propria esecuzione che ha come testimoni i tre migliori amici della vittima.
Così, tra intrecci familiari, storie di corna, interferenze politiche ed ecclesiastiche e l’incursione di personaggi pittoreschi, Montalbano cerca di venire a capo della faccenda ricorrendo al suo stile investigativo sempre lucido e sagace.
Riccardino, forse non soddisfa tanto gli amanti dei libri gialli quanto quelli della letteratura classica che trovano tra le righe tanti riferimenti, non ultimi quelli pirandelliani.
Tutti restiamo orfani non solo di un grande Maestro e di un commissario brillante, un po’ scontroso ma leale e amante della buona tavola e delle belle donne. Con lui salutiamo per sempre tutti gli altri personaggi, da Augello a Fazio, da Catarella a Pasquano, da Adelina a Livia e le località inventate (Vigata in realtà è Porto Empedocle) che nella versione televisiva abbiamo imparato ad ammirare e amare.
Addio Salvo, buona vita!
Addio Maestro Camilleri. Già sentiamo la sua mancanza.
 
 

Altritaliani, 2.9.2020
‘Conversazione su Tiresia’: il monologo di Andrea Camilleri
Conversazione su Tiresia, scritto e interpretato da Andrea Camilleri, è andato in scena per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa nel giugno 2018 nell’ambito del 54° Festival del Teatro Greco. Lo spettacolo è stato riproposto dalla La Rai il 17 luglio 2019.
Andrea Camilleri ha scritto questo monologo, partendo dal mito e dalla storia del mago di Tebe Tiresia, mitico indovino greco la cui figura è presente in tutta la storia della letteratura. Il personaggio di Tiresia ha sempre affascinato Camilleri, tanto da spingerlo a inscenare una conversazione tra lui e i massimi romanzieri, poeti, filosofi di ogni tempo: nel testo Tiresia si confronta con tutti, da Omero a Wood Allen, passando per Dante, Eliot, Pound, e Pasolini.
Uno scritto e studio di Andrea Carnevali che ben volentieri pubblichiamo:

“La voce di Camilleri è immensa, cavernosa. Risuona dalle profondità di mondi sepolti. E ha i timbri forti della recitazione antica dei cantastorie. Il modo che Camilleri ha di raccontare è caustico. Rimbalza da una malizia ironica a una sapida arguzia: dentro una trama compatta ed efficacemente analitica”. La voce di cui parla Salvatore S. Nigro, riusciamo a sentirla anche noi quando leggiamo il testo, concentrandoci sulla storia del veggente Tiresia, scritta da Camilleri. Ma ci si accorge subito che Conversazioni su Tiresia non è un testo unitario: l’opera ha una doppia anima, quella propensa a privilegiare lo spaccato ideologico e l’attrito storico-sociale presenti in diverse epoche; e quella di novità teatrale specificatamente per la sua struttura, tra storia e mito e perché no di romanzo.
Nel monologo troviamo indicazioni per la messa in scena: proiezione di sequenze di film, ascolto di brani o strumenti musicali. Il racconto si sviluppa in un arco di tempo ampio, pertanto il tempo del racconto non coincide con la figura letteraria di Tiresia. In più, il testo è costruito attraverso una successione molto fitta di vicende che interrompono il ritmo della scrittura, ma se Camilleri avesse utilizzato un sistema narrativo unico, come nella novella, la fabula avrebbe rallentato il tempo, “…affievolendo l’interesse” del lettore, come per altro sosteneva Cesare Segre (2012, 135).
Nella prima parte del testo non ci sono sorprese, ossia Tiresia è un personaggio mitologico, il figlio di una ninfa di nome Cariclo e di uno dei fondatori della città d’origine, nato a Tebe, sul Monte Citerone. Da adolescente gli piaceva fare lunghe passeggiate solitarie sul monte e un giorno, mentre stava seduto su una pietra, vide venire verso di lui due grandi serpi avviticchiate nell’atto della riproduzione. “Ero sovrappensiero, per questo reagii come mai avrei dovuto. Perché coi serpenti, sul Citerone bisognava andarci cauti” (Camilleri 2019, 13). Nel bosco si potevano nascondere delle insidie: gli dèi appunto si trasformavano, a volte, in animali per nascondere le loro vere intenzioni. Così, senza pensarci due volte, Tiresia prese un ramo e tentò di uccidere le due serpi: armato di coraggio sferrò un colpo così forte che uccise una delle due: all’improvviso, la serpe, che fino a quel momento aveva un aspetto mostruoso, si trasformò in una donna.
Tiresia vive totalmente e perfettamente sia il lato femminile, sia il lato maschile senza avere conflitti esistenziali. Egli, tuttavia, non si sente vicino al modo di ragionare delle donne. Perciò, “…non potendone più, disperato, decise di andare a consultare la Pizia, ormai troppo avanti negli anni” (15). Sarebbe dovuto andare di nuovo sul Monte Citerone e sedersi sulla stessa pietra in cui si era seduto sette anni prima e uccidere un altro serpente maschio. Insomma, tutto dipendeva da Zeus che non si doveva mettere questa volta di traverso. Ucciso l’animale, Tiresia ritornò immediatamente maschio. Nella nuova condizione ebbe modo di sposarsi e di avere due figli: “uno maschio e una femmina. La femmina si chiamava Manto e veniva su una bambina piuttosto strana” (16) della qual cosa scoprii il perché.
La relazione tra Zeus ed Era andò avanti per molto tempo, fino a quando i due non si misero a discutere sul sesso, il che provocò un diverbio molto forte. “Uno scambio di vedute piuttosto acceso direi, perché dovete considerare che Era e Zeus non erano solo marito e moglie ma anche, e soprattutto, sorella e fratello. Si amavano e si detestavano appassionatamente. Pensate solo che la prima volta che si unirono carnalmente, il loro amplesso durò trecento anni” (17).
Le due divinità litigavano per stabilire chi provasse più piacere nell’atto sessuale tra l’uomo e la donna. Zeus volle interpellare Tiresia, dato che era stato sia uomo, sia donna. Prima di dare una risposta, Tiresia rifletté su ciò che avrebbe dovuto dire, cercando di evitare la collera degli dèi. Pensò di favorire Era per non fare scatenare la sua rabbia poiché temeva che le sue parole avessero delle conseguenze letali. Così Tiresia disse che su dieci gradi, la donna ne godeva nove e l’uomo solo uno. E la dea si infuriò! Era accecò Tiresia perché non era d’accordo: ella pensava che l’uomo era colui che godesse di più. Tiresia chiese a Zeus di riavere la vista, ma il dio rispose che non poteva cambiare ciò che aveva fatto un altro dio. Zeus, però, volle concedere a Tiresia il dono della preveggenza, ossia della vista eterna. E fin qui il tono di Camilleri è abbastanza pacato e lo stile sobrio!
Nella seconda situazione scenica, la scrittura è molto rapida e calcolata perché Camilleri intende illustrare e altresì commentare le grandi controversie letterarie che sono sintetizzate dallo scrittore.
Nel poema omerico, l’indovino entra in gioco quando Odisseo cerca di tornare a casa; la maga Circe aveva consigliato di “consultare l’anima del Tebano Tiresia” (Omero 1993, 141). Nonostante sia nell’Ade, il veggente conserva il suo aspetto e la sua identità; e grazie a Persefone ha mantenuto, anche, le facoltà della preveggenza che saranno interrogate da Odisseo per conoscere le insidie da affrontare per ritornare a Itaca. La previsione del futuro è per l’eroe greco motivo di speranza perché non sa più nulla di sua famiglia e della patria. Qui Camilleri si sofferma sul comportamento e sull’indole di Odisseo: “…vagabondo per i mari per un altro decennio almeno…quindi non mi pare che avesse tutta ‘sta gran voglia di tornare a casa!” (Camilleri 2019, 26). Come si può notare da questa citazione, lo scrittore commenta in gergo le intenzioni dell’eroe greco che viene considerato un astuto avventuriero, in parziale contrasto con le posizioni di Tiresia.
Non va certo meglio con Dante Alighieri perché la tradizione filosofica e teologica limitò e spesso condannò il mito di Tiresia. Perciò Camilleri si discosta dalle osservazioni di Dante sull’indovino, che conosciamo nel canto XX dell’Inferno: “… Tiresia, che mutò sembiante/ quando di maschio femmina divenne, cangiandosi le membra tutte quante; / e prima, poi, ribatter li convenne / li duo serpenti avvolti, con la verga/ […]” (Dante 1321[1992], 299). Si riesce, tuttavia, a capire che la preoccupazione di Dante per il dilagare della superbia dell’uomo, disubbidendo alla parola di Dio per conoscere il suo futuro, è dovuta alla brama di potere dei piccoli comuni. Dante è convinto che la pena inflitta a Tiresia sia giusta per due ragioni: la prima perché ha ingannato la gente con false profezie, la seconda perché ha stravolto le leggi divine mutandosi in donna, e anche questa volta Camilleri è in disaccordo perché “Dante sa benissimo che la metamorfosi non è accaduta per mia volontà, anzi è capitato tutto contro la mia volontà, ma egli ha il massimo interesse a una sorta di damnatio dei profeti pagani a favore di quelli che predisse l’avvento del suo Dio” (Camilleri 2019, 32). Molti intellettuali accettarono il giudizio espresso da Dante sul veggente, senza cercare di superare l’imparzialità con cui era stato giudicato il mago di Tebe. Ma in realtà, nel discorso dantesco manca una parte essenziale del racconto, ossia la discussione tra Giove e Giunone attraverso cui scopriamo il destino tragico del personaggio costretto a vivere in un corpo che imprigionava i suoi desideri. Camilleri non chiarisce, tuttavia, nella descrizione un dato essenziale della figura di Tiresia che a Dante interessava invece fare emergere, ossia gli intrighi da lui tessuti e le manipolazioni che lo avevano tenuto sull’onda della notorietà (Bosco, Reggio 1992, 293).
Nel Medioevo, del resto, il mito e tutte le stranezze, che amplificano il destino degli uomini, non erano ammesse. Guido da Pisa riteneva che il mago di Tebe fosse stato un lussurioso e un sodomita. Della stessa idea era, altresì, un altro scrittore da Livorno che pensava al veggente come un perverso. La ragione di tali distorsioni sono da ricercarsi nella tradizione cristiana, come avvenne per L’Ovide moralisé, che ha interpretato il mutamento di Tiresia come una sorta di “allegoria della vita di san Paolo” (Camilleri 2019, 36): il che costituisce un esempio di come si giungesse, talvolta, a forzare il testo nel tentativo di riportare ogni azione o fatto alle Sacre Scritture (Ghidoli 1991, 395-399). Perciò, ancora una volta, Camilleri non può fare altro che prendere le difese di Tiresia, evidenziando le storture configuratesi intorno a lui.
Nella terza parte del testo si avverte un cambiamento di rotta, Camilleri riflette sulle paure e sulle incertezze per quello che potrebbe accadere in futuro, attraverso la figura di Tiresia che viene attualizzata.
La scrittura ha l’andamento naturale di un dialogo discontinuo interrotto da interferenze e dai pensieri. E le considerazioni dell’autore si ricollegano alla seconda ipotesi del mito di Tiresia (accennata brevemente all’inizio della Conversazione) come viene raccontato da Callimaco nel V Inno: qui il poeta spiega le ragioni della veggenza del mago di Tebe e la sua fuga nel bosco, lontano da tutti perché impaurito dalle visioni che incontrava. I suoi poteri di preveggenza, donatogli da Atena, erano ricordati dagli scrittori del Novecento quando si interrogavano sui grandi mutamenti sociali e sul futuro. Perciò Camilleri ricorda importanti nomi della modernità del calibro di Apollinaire, Pavese, Eliot, Pasolini che furono affascinati dal mito del veggente greco.
Il Novecento è stato, invero, il secolo del riscatto per Tiresia, e tra l’altro gli venne dedicata una commedia scritta da Guillaume Apollinaire dal titolo Le mammelle di Tiresia (1917) con il sottotitolo Dramma Surrealista. Lo scrittore francese aveva trovato – attraverso Tiresia – una nuova possibilità di dialogare non più solo con se stesso, ma con un idea che accomunava “tutti gli uomini” (Annovi 2014, 854). Camilleri cita il surrealismo perché l’immaginazione e la fantasia concorrono al recupero di questa dimensione surreale così come era avvenuto per Baudelaire, Lautréamont, Rimbaud o, molto prima in pittura per Hieronymus Boch che aveva analizzato la follia e l’allucinazione nei suoi quadri.
Quanto a Cesare Pavese la figura di Tiresia è nell’incontro con la scrittura nei Dialoghi di Leucò il che ha permesso allo scrittore piemontese di “riconoscere il suo destino, come, appunto, Edipo che si trova davanti a Tiresia” (Bárberi Squarotti 2011, 39).
E ancora, i versi della The Waste Land di T.S. Eliot, scelti da Camilleri, descrivono la situazione di uno sviluppo tecnologico inarrestabile, perciò all’uomo non rimane che adeguarsi alle invenzioni da lui stesso create. Eliot vuole mostrare le rovine su cui si sta erigendo la nuova società, al contempo fa intravvedere – proprio attraverso Tiresia – un nuovo ordine che è nascosto dietro alle “macerie” tale da portare alla rinascita (Bazzocchi 2014, 1310).
Camilleri non dimentica neanche il suo incontro con Ezra Pound nella sede romana della Rai, in via Teulada, ma il fatto è che tralascia la vera ragione per cui cita lo scrittore statunitense in Conversazione su Tiresia, ossia il viaggio di Odisseo raccontato nei Cantos. Da lettore mi sono sentito smarrito davanti all’esiguo racconto su Pound perché Camilleri fa riferimento a un incontro estemporaneo, senza descrivere né opinioni né idee sul veggente di Tebe.
Il monologo di Camilleri si chiude con l’elencazione di effetti mediatici che sottintendono un nuovo rapporto tra scrittura e linguaggi video o audio. Tanto che egli accenna nelle didascalie suggerite da lui per la scenotecnica. Per la brevità con cui sono state formulate le indicazioni di regia, farebbero pensare a quelle di Plauto, ma per le innovazioni di luci e colori a Luigi Pirandello (p. es. alla scenotecnica dei “Sei personaggi”, regia di Luca De Fusco, portati in scena dal 2017 al 2019).
Oggi tuttavia, l’eroe epico non è più l’Ulisse di Omero, ma un uomo comune, come il Libertino Faussone, protagonista del romanzo La chiave a stella che interpreta il personaggio moderno pronto ad affrontare le insidie del lavoro, mettendo così a repentaglio la sua vita. La città è qui il simbolo del progresso tecnico e culturale, perciò Camilleri immagina di fare incontrare nel 1966 Primo Levi con Tiresia per trascorrere “… una giornata indimenticabile a Torino” (2019, 53). Levi dedica al mago di Tebe un capitolo dove si colgono le ansie per il domani: “[…] un po’ Tiresia mi sentivo, e non solo per la duplice esperienza: in tempi lontani anch’io mi ero imbattuto negli dèi in lite tra loro; anch’io avevo incontrato i serpenti sulla mia strada, e quell’incontro mi aveva fatto mutare condizione donandomi uno strano potere di parola: ma da allora, essendo un chimico per l’occhio del mondo, e sentendomi invece sangue di scrittore nelle vene, mi pareva di avere in corpo due anime, che sono troppe” (Levi 1979 [2012], 51). In coda al monologo, Camilleri ha tirato fuori dal cilindro magico qualcosa che richiama la rappresentazione del francese M. Pasquiner in cui il personaggio di Tiresia assume una forma molto moderna. Si può commentare il suo mutamento, nel testo di Camilleri, con le parole di Barthes: “[…] un Tiresia fragile, emaciato ma giovanile, tutto spiritualizzato e forbito; un corifeo con la testa alta da nobile vegliardo anglosassone, abbronzato e incanutito come un quacchero del New England” (2002, 138).
E a questo punto entra in campo Pasolini. Camilleri si lascia andare, confidando al lettore di aver avuto qualche divergenza di idee con lui. A questo punto, il testo non sembra più ben organizzato nel senso che si crea una sorta di sovrapposizione tra l’autore del libro e il personaggio di Tiresia. Si avverte – come hanno voluto mettere in evidenza alcuni recensori dello spettacolo – una nuova definizione della figura del protagonista del monologo che diventa Camilleri-Tiresia (si veda questo link). Comunque, ritornando a Pasolini, l’interesse di Camilleri va al film Edipo Re (1967) dove è presente un riflesso autobiografico di Pasolini stesso che mitizza la sua infanzia. La pellicola è introdotta nella didascalia del testo: “sullo schermo un breve spezzone del film di Pier Paolo Pasolini” (Camilleri 2019, 53). Nonostante esso sia considerato un capolavoro cinematografico, mi sembra che Camilleri abbia voluto tirare in ballo Pasolini nel monologo su Tiresia perché evoca qualche storia metropolitana che gravita, ancora, intorno al poeta. Comunque, nel film “la mia parte [Tiresia] era interpretata dal grande attore Julian Beck, il mitico fondatore del Living Theatre” (53). Pasolini aveva scelto il grande attore americano per interpretare una storia tutta occidentale. Infatti, per Pasolini la figura “[…] di Tiresia, ha le caratteristiche di un indovino ma anche di un poeta, con il quale Edipo si misura costantemente” (Bazzocchi 2014, 32). E Camilleri, seguendo l’esempio del poeta e romanziere italiano, si è voluto confrontare con un’opera in parte dedicata al veggente greco.
Nelle didascalie, che accompagnano le ultime battute di Conversazioni su Tiresia, sono fornite, altresì, informazioni sulla scenografia: la proiezione di un video sul palco che crea un’atmosfera surreale dove fare dialogare il più vicino a noi Woody Allen con Tiresia. Il parallelo tra i due grandi personaggi, che chiude la storia narrata, può essere spiegato con le osservazioni di Gracia Terol Plà che intravvede in combinazione il mito di Edipo e la produzione di Wooden Allen (per es. nel film del 1997 La dea dell’amore, scritto e diretto dallo stesso Allen). Ciò in ragione della specificità degli aneddoti descritti e per la natura diretta dei riferimenti (l’aspetto di Edipo e quello di Camilleri-Tiresia) che fanno pensare ai contenuti mitici come proposte culturali concrete (2017, 203). Camilleri ha voluto evidenziare che Allen conoscesse bene il mito di Tiresia, al punto di dare alla storia un nuovo significato (Ibid.). L’artista e scrittore americano ha fatto del veggente di Tebe un “mendicante cieco, che ha il privilegio della veggenza. L’ha portato per le strade dell’Upper East Side di Manhattan. Camilleri-Tiresia si è trasferito a Brooklyn” (Costantini 2018).
Andrea Carnevali

Bibliografia
Annovi, Gian Maria. 2014. “Avanguardia/Avanguardie” in Il Novecento – letteratura, (a cura di) Umberto Eco, Milano: EncycloMedia. Kindle.
Bárberi Squarotti, Giorgio. 2011. “L’eroe della tragedia. Pavese e il Diario” in Cuadernos de Filología Italiana edizioni speciale, volume straordinario n. 33-48, Madrid: Universidad Complutense (https://revistas.ucm.es/index.php/CFIT/article/download/37498/36294)
Barthes, Roland. 2002. Sul teatro. Roma: Meltemi.
Bazzocchi, Marco Maria. 2014. “Leggere il moderno attraverso i simboli: Eliot e Pound” in Il Novecento – letteratura (a cura di) Umberto Eco, Milano: EncycloMedia. Kindle.
Bazzocchi, Marco Maria, 2014. “Edipo, Ninetto e Davide” in Cuadernos de Filología Italiana edizioni speciale, Vol. 21, Madrid: Universidad Complutense.
Camilleri, Andrea, 2019. Conversazione su Tiresia. Palermo: Sellerio.
Camilleri Fans Club. Conversazione su Tiresia. (https://www.vigata.org/teatro/convtiresia.shtml)
Costantini, Emilia, 2018. “Intervista ad Andrea Camilleri” in Corriere della Sera del 21 aprile. (https://www.vigata.org/teatro/convtiresia.shtml).
Dante, Alighieri. 1321 (1992). Divina Commedia – Inferno (a cura di) Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Firenze: Le Monnier.
Ghioldi, Alessandra, 1991. “Allegoria” in Enciclopedia dell’Arte Medievale, (a cura di) Angiola Maria Romanini, vol. I, Roma: Istituto della Enciclopedia italiana.
Levi, Primo. 1979 [2012]. La chiave a stella. Torino: Einaudi.
Omero. 1993. Odissea. Traduzione di Giuseppe Tonna, Milano: Garzanti.
Nigro, Salvatore Silvano. 2019. “Andrea Camilleri, mitico indovino Tiresia sono…” in Il sole 24 ore, del 1 giugno. (https://www.ilsole24ore.com/art/-andrea-camilleri–mitico-indovino-tiresia-sono-AEabitrE?refresh_ce=1).
Segre, Cesare. 2012. Critica e critici. Torino: Einaudi.
Terol Plá, Gracia. 2017. “Wooden Allen ante el mito de Edipo” in Myrtia. Revista de Filología Clásica, n. 32, Universidad de Almería (https://revistas.um.es/myrtia/article/view/320781/224841).
 
 

La Sicilia (ed. Sicilia Centrale), 2.9.2020
Comune e Pro Loco di Porto Empedocle
Eventi in ricordo di Andrea Camilleri

Porto Empedocle. Andrea Camilleri avrebbe compiuto 95 anni il prossimo 6 settembre. Il comune e la Pro Loco hanno realizzato una serie di eventi che si svolgeranno dal 4 al 6 settembre 2020. La Pro Loco ha voluto ricordare il grande amico dedicandogli un calendario, "Porto Empedocle - La mia Vigàta 2021" contenente 12 immagini della città  com'era e alcune frasi celebri dello scrittore, che sarà presentato venerdì alle 11 al Municipio.
Sempre venerdì, ma alle 18:30, alla torre Carlo V, sarà presentato il libro di Paolo Cilona "Andrea Camilleri. Un anno dopo". L'intento dell'autore è quello di riportare alla luce notizie inedite del maestro per evidenziarne sempre di più la prorompente vitalità. Questa pubblicazione vuole essere, come afferma Paolo Cilona, "non solo un sentito omaggio alla memoria di Andrea Camilleri, ma un ringraziamento alla stampa e al giornalismo italiano che sono stati sempre interpreti attenti e puntuali della vicenda umana, del pensiero politico e della produzione letteraria dello scrittore". [In realtà questa presentazione non fa parte del programma ufficiale delle manifestazioni organizzate dal Comune e dalla Pro Loco di Porto Empedocle, NdCFC]
Il tutto a pochi giorni di distanza dallo straordinario successo riscosso dalla gigantografia posizionata su una facciata del Municipio realizzata dall'artista Salvo Ligama.
f.d.m.
 
 

Grandangolo Agrigento, 3.9.2020
Porto Empedocle, inaugurazione panchine letterarie in omaggio a Camilleri e Pirandello

Saranno inaugurate sabato 5 settembre a Porto Empedocle (inizio manifestazione ore 10,30 in via Roma, adiacenze del Comune) sei panchine letterarie, di cui quattro dedicate al genio di Andrea Camilleri, a poco più di un anno dalla scomparsa del Maestro che ha portato la Sicilia e la sua Vigata nel mondo.
Il parco letterario è l’ennesimo progetto finanziato grazie alle restituzioni di parte degli stipendi dei deputati del gruppo 5 stelle all’Ars che, da quando sono approdati a palazzo dei Normanni, hanno restituito qualcosa come 5 milioni e mezzo di euro. L’idea del M5S è stata sposata di buon grado dal Comune di Porto Empedocle, che ha dato i natali a Camilleri, ed è stata realizzata grazie all’opera dell’associazione di promozione sociale A Tutta Vita, guidata da Roberta D’Asta
Oltre alle quattro panchine dedicate alla vita e all’opera di Camilleri, le restanti due, una delle quali omaggio dell’associazione A Tutta Vita, sono dedicate al premio Nobel Luigi Pirandello e al legame tra i due autori, in un racconto per immagini che vuole essere un inno alla vita, all’accoglienza, alla naturale predisposizione all’inclusione, tipica del popolo siciliano.
Per la realizzazione del progetto, l’Associazione “Movimento Cinque Stelle Sicilia” ha donato 20.000 euro.
«Abbiamo sempre puntato – dichiara Stefania Campo, presidente dell’Associazione Movimento Cinque Stelle Sicilia – sull’utilizzo del bene pubblico, sulle nuove generazioni, sull’innovazione e sulla cultura, supportando i nostri enti locali e le amministrazioni, realizzando progetti che potessero valorizzare i luoghi, restituirli alla collettività con una nuova destinazione d’uso e perché no, progetti che potessero innescare anche processi lavorativi, dando la possibilità a molti giovani e alle associazioni del territorio nuove opportunità di lavoro e di incentivare il turismo culturale nella nostra isola. Per tutte queste ragioni ci è sembrato importante sposare il progetto della nostra sindaca di Porto Empedocle, Ida Carmina, di realizzare un parco letterario proprio nella città che ha dato i natali ad Andrea Camilleri e quale miglior occasione se non farlo proprio in vista dell’anniversario della sua nascita, il 6 settembre».
“Ringrazio – dice la sindaca di Porto Empedocle Ida Carmina – il gruppo M5S regionale per aver condiviso il progetto di fare di questa città una pagina di letteratura vivente, contribuendo alla realizzazione di un percorso, attraverso delle panchine artistiche che rappresentino l’ opera del Maestro Andrea Camilleri in interazione con l’ altro nostro grande concittadino, Luigi Pirandello. Le panchine, allocate in posti di particolare rilievo e significato, simboleggiano i valori della sicilianita’, resi universali dall’ opera di Camilleri, a cui i deputati M5S hanno voluto dare evidenza col loro generoso tributo . A loro il più sentito ringraziamento della città di Porto Empedocle”.
A realizzare le opere, sotto il coordinamento di Chiara Giordano e della presidente dell’associazioe A Tutta Vita, D’Asta, sono state le artiste Antonina e Giovanna Bommarito, due giovanissime sorelle originarie di Terrasini. Antonina, 20 anni, diplomata a liceo artistico, è una studentessa del corso di laurea in Beni Culturali a Palermo, mentre Giovanna, appena 17 anni, è una studentessa del Liceo artistico «Catalano» di Palermo.
L’artigiano che ha realizzato le panchine a forma di libro è invece Giuseppe Mineo, anch’egli componente dell’associazione A Tutta Vita.
«È stata una corsa contro il tempo, contro i limiti della pandemia, contro le difficoltà che abbiamo riscontrato in pieno agosto – dichiara Roberta D’Asta -, ma è una grandissima soddisfazione avere creato un percorso che da Terrasini arriva fino a Porto Empedocle e che unisce quelle eccellenze culturali che tutto il mondo invidia alla Sicilia, da Giovanni Meli, fino a Andrea Camilleri».
 
 

Il Fatto Quotidiano, 3.9.2020
Ballando con le Stelle, rimandata la messa in onda: al suo posto Il commissario Montalbano (che ‘sfida’ Tu Si Que Vales”)
"Mai un programma nella storia della televisione è stato così travagliato, costretto a un'altalena di partenze e stop. Stiamo vivendo una telenovela ma noi andiamo avanti, nel rispetto delle precauzioni e della salute di tutti, per offrire un’edizione di Ballando con le stelle memorabile" ha spiegato la conduttrice a Oggi

"La nuova data di partenza di Ballando con le stelle è il 19 settembre", Milly Carlucci annuncia in un video pubblicato su Twitter lo slittamento di Ballando con le Stelle. La positività al Coronavirus del concorrente Daniele Scardina e del ballerino Samuel Peron ha causato ritardi allo show del sabato sera di Rai1. Il direttore Stefano Coletta, fa sapere il sito di Davide Maggio, è corso subito ai ripari affidandosi per sabato 12 all’ennesima replica de Il Commissario Montalbano. Toccherà alla fiction con Luca Zingaretti sfidare il debutto del colosso Tu si que vales con Maria De Filippi. Una sfida che vede sulla carta favorito lo show di Canale 5 ma la serie in onda sulla prima rete si è dimostrata molto temibile anche con le puntate non inedite.
[...]
Giuseppe Candela
 
 

Malgrado Tutto, 4.9.2020
Porto Empedocle celebra Andrea Camilleri
Le iniziative per il 95° anniversario della nascita dello scrittore

Porto Empedocle celebra il 95° anniversario della nascita di Andrea Camilleri . “Non ci siamo dimenticati del nostro illustre concittadino – sottolinea il Sindaco Ida Carmina – al contrario abbiamo programmato una serie di iniziative importanti. Dall’ubicazione delle panchine letterarie nel centro storico, che saranno inaugurate sabato, alla presenza del gruppo dei deputati 5 Stelle all’ARS che hanno omaggiato la città di queste opere, all’apertura della sezione dedicata a Camilleri, nella biblioteca comunale, con tutti i volumi donati da Sellerio. Domenica sera in piazza Chiesa Vecchia verranno invece illustri ospiti, durante un incontro dibattito organizzato dalla Strada degli Scrittori e coordinato da Felice Cavallaro dal titolo “Tutti a Vigàta”.
“Saranno presenti – anticipa la sindaca di Porto Empedocle – il Senatore Pietro Grasso, la scrittrice Giuseppina Torregrossa, la professoressa Marina Castiglione, l’attore Sebastiano Lo Monaco. Ovviamente tutte le iniziative sono state organizzate rispettando le norme di sicurezza in tema di pandemia”.
Il Programma
Venerdì 4 settembre
Ore 10:30 Biblioteca comunale inaugurazione: “Spazio Andrea Camilleri” apertura della sezione che ospita tutti i testi disponibili alla consultazione ed al prestito dello scrittore empedoclino.
Ore 11:00 presentazione al Palazzo di città della Pro Loco del calendario 2021: “Porto Empedocle… la mia Vigàta 2021” omaggio ad Andrea Camilleri in occasione del 95° anniversario dalla nascita.
Sabato 5 settembre
Ore 11:30 inaugurazione “Panchine letterarie” lungo la via Roma alla presenza del Gruppo dei deputati M5S all’ARS.
Ore 21:00 Spettacolo Teatrale “Fior di teatro” di Giovanni Volpe.
Domenica 6 settembre
Ore 20:30 – “Tutti a Vigata…”. Dibattito organizzato dalla Strada degli Scrittori
Incontro dibattito della Strada degli Scrittori, Piazza Chiesa Vecchia. Un omaggio allo scrittore empedoclino, coordinato da Felice Cavallaro. Parteciperanno Pietro Grasso, ex Presidente del Senato, la scrittrice Giuseppina Torregrossa, la professoressa Marina Castiglione. Video testimonianza del critico letterario Salvatore Silvano Nigro raccolta da Salvatore Picone.
 
 

Agrigento Notizie, 4.9.2020
Vigata celebra il compleanno di Nenè Camilleri, ecco le iniziative in programma
Cliccare qui per il video
In occasione del 95esimo compleanno del compianto scrittore la città si arricchisce anche delle panchine libro donate dai deputati M5S dell'Ars

Porto Empedocle celebra l’anniversario della nascita del compianto scrittore Andrea Camilleri che domenica prossima, 6 settembre, avrebbe compiuto 95 anni. Gli appuntamenti commemorativi sono iniziati oggi con l’inaugurazione, nella biblioteca comunale, di una sezione di libri dedicata al papà del commissario Montalbano. In municipio invece, è stato presentato un calendario speciale, curato dalla locale Pro loco che propone dodici scatti della Vigata vissuta da Andrea Camilleri, foto che sono accompagnate anche da alcuni frasi celebri dello scrittore.
Domani, sabato 5 settembre, invece alle 11, si inaugurano le panchine libro, collocate nel centro marinaro e donate dai deputati del Movimenro Cinque Stelle all’Ars. A chiudere la serie di iniziative, domenica alle 20:30, ci sarà un incontro dibattito della Strada degli Scrittori. Appuntamento che si svolge in piazza Chiesa Vecchia. A coordinarlo il giornalista Felice Cavallaro. Prevista, la partecipazione di Pietro Grasso, ex presidente del Senato, e della scrittrice Giuseppina Torregrossa. L’assessore comunale alla Cultura, Calogero Conigliario, ai microfoni di AgrigentoNotizie ha annunciato l’istituzione di un centro studi su Andrea Camilleri.
Giuseppe Caruana
 
 

Full d'Assi, 4.9.2020
Riccardino: la fine di un'era o il saluto ad un amico

Il libro è stato aspettato a lungo anche per il mistero che si era creato intorno al romanzo. Lo stesso Camilleri non ha mai voluto accennare al finale che aveva scelto per il suo protagonista per cui le speculazioni su come sarebbe finito Montalbano si sprecavano.
Il commissario sarebbe finito a Boccadasse con Livia o sarebbe morto magari durante nel corso di una indagine?
Nessuna delle due.
Montalbano finisce la sua vita letteraria in una maniera quasi desueta per un protagonista di un libro.
Non tutti i lettori sono rimasti contenti di questa scelta, a molti non è piaciuta altri invece l’hanno amata.
E’ un finale che decisamente lascia l’amaro in bocca ed è un giallo che non sembra neanche un giallo o almeno non quelli a cui ci ha abituati l’autore.
E tuttavia sarà sicuramente ricordato seppur non sia il suo più riuscito.
Sarà ricordato per quello che rappresenta, indubbiamente la fine di un’era, un’era segnata dalle serate davanti alla televisione per vedere i nuovi episodi, un’era segnata dall’uscita dei suoi nuovi libri e dai suoi nuovi casi.
Ed è anche un finale che segna sicuramente un saluto, l’ultimo saluto, non al maestro, all’autore, ma all’amico Montalbano e con lui a tutti quei personaggi che ci hanno tenuto compagnia per tutti questi anni e per un lungo tratto della nostra vita (io l’ho scoperto a 20 anni e adesso ne ho 42 quindi…)
E’ un saluto a Mimì che in questo libro non si vede, un saluto al pasticcione Catarella e a Fazio col suo complesso dell’anagrafe ed un saluto all’eterna fidanzata Livia.
Forse un finale diverso avrebbe scioccato meno ma così è veramente un saluto quindi Ciao Montalbano, ci mancherai!
Benedetta Giovannetti
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 4.9.2020
Luca Zingaretti. Troppo facile amare la Puglia una terra unica

[...]
La bellezza dei classici. Ha espresso il desiderio di portarne uno al teatro, Cechov o Shakespeare, ma c'è un altro classico ormai, contemporaneo, che ha fatto parte della sua vita: Andrea Camilleri, il papà del "suo" Montalbano.
«Senza entrare nella mia sfera privata, penso che in un momento come questo manchi moltissimo una voce autorevole e lucida come era la sua, dell'altro secolo con tutto quello che di positivo questo significava. M'immagino quel che avrebbe detto in questi tempi di Covid, di emergenza ecologica, con il pianeta che va alla deriva: ascoltare le voci dei padri aiuterebbe».
[...]
Antonella Gaeta
 
 

La Repubblica - Robinson, 5.9.2020
Sellerio

Il 6 settembre Andrea Camilleri avrebbe compiuto 95 anni, lo ricordiamo sempre con grande affetto e profonda gratitudine.
Ci piace immaginare che al nostro pensiero si uniscano tutti quei lettori che da tanto tempo ne seguono l’opera.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.9.2020
“Lo scrittore che domani avrebbe compiuto 95 anni fu anche una guida civile. Fece arrabbiare Lega e destra”
“Aveva un rapporto difficile con il suo personaggio e in quest'ultimo romanzo fa i conti on lui, con Pirandello e con la critica”
Salvatore Nigro
“Perché Camilleri liquida Montalbano”

La felicità di far libri e di viverci, per Salvatore Silvano Nigro, è reale. Si muove, tra una stanza ed un’altra nella sua casa catanese, e sembra che danzi. Sì, una danza – come dentro un sogno, alla Borges – tra copertine e titoli vecchi e nuovi, mentre al telefono lo cercano i più grandi editori italiani. Critico letterario e filologo, italianista e francesista, il professor Nigro firma da sempre i risvolti dei libri Sellerio di Andrea Camilleri, che il 6 settembre avrebbe compiuto 95 anni. A Porto Empedocle, nella vera Vigàta agrigentina, lo ricordano con una serie di iniziative del Comune. E domenica sera, conversazione a più voci in piazza Chiesa vecchia, a due passi dalla casa dove lo scrittore è nato il giorno di san Calogero, con Pietro Grasso, Giuseppina Torregrossa, Marina Castiglione e Sebastiano Lo Monaco, tutti invitati da Felice Cavallaro nell’evento promosso dalla “Strada degli scrittori”.
Professor Nigro, in quest’estate calda e difficile che finisce, si è chiuso il cerchio con le storie di Montalbano. L’ultimo libro di Andrea Camilleri, “Riccardino”, ha sorpreso i lettori…
«Ma non me – dice – gli ultimi romanzi di Andrea Camilleri, gli ultimi Montalbano per intenderci, sono tutti dei metaromanzi come Riccardino, o almeno tendono ad esserlo. Andrea Camilleri negli ultimi tempi voleva in qualche modo entrare direttamente dentro la trama e discutere di alcune cose. Quando mi è arrivato il manoscritto di quest’ultimo Montalbano, ho capito che non c’era una svolta. Negli ultimi tempi voleva un po’ approfondire il giallo, intervenire sul tema del giallo, come Dürrenmatt che ad un certo punto dice basta, il giallo è finito, facciamo un altro tipo di giallo e costruisce un metaromanzo».
Dove fa i conti con Pirandello...
«Certo, con il “padre” Pirandello. E fa i conti con il personaggio Montalbano e con sé stesso. Questo rapporto difficile tra il personaggio e l’autore deriva dal fatto che in fondo Montalbano ha monopolizzato l’autore. E lui, come sappiamo, voleva fare anche altre cose. Ad un certo punto ha avuto bisogno di mettere a posto il suo personaggio e vedere come farlo uscire di scena. Non voleva farlo andar via in maniera banale, cioè morto o rimbambito. Ha trovato un modo pirandelliano e molto poetico con il personaggio che si cancella alla fine, nel senso che ormai era diventato impossibile il colloquio con l’autore».
Luigi Pirandello, dunque, “padre” di Camilleri. Così lo definiva anche Leonardo Sciascia.
«Tutti e due fanno i conti con Pirandello continuamente. Nel caso di Andrea, i conti li fa anche nella sua esperienza diretta di regista. Infatti, in questo ultimo romanzo tutto il discorso che viene fatto sul rapporto tra autore e personaggio (nella prima versione c’erano i nomi, nella seconda invece ha messo le parole Autore e Attore con la A maiuscola) ha accenti pirandelliani. Come nei Personaggi in cerca d’autore: anche lì c’è tutta una storia difficile tra l’autore che diventa il capocomico e i personaggi che scappano, si nascondono, contestano tutto. Mentre Sciascia ne fa soltanto un rapporto letterario e antropologico, Camilleri ci mette l’elemento teatrale».
E con chi altro fa i conti Camilleri?
«Intanto c’è una resa dei conti con i critici. Ad un certo punto dice: “non mi recensiscono e per me va benissimo e li mando al diavolo”. E poi c’è un’altra battuta, quando dice di non essere soltanto un autore di gialli, ma uomo di letture, intellettuale a tutto tondo. E credo che dentro il romanzo ci sia anche il modo per fare i conti con il personaggio televisivo. Poi fa i conti con i luoghi, anche perché quelli veri, quelli che Camilleri ha sempre amato nella sua narrativa, sono quelli più selvaggi, quelli meno pettinati cioè le periferie, le campagne non sempre brillanti e a volte smorte, le cave».
I suoi risvolti per i romanzi, i racconti critici che possiamo dire “fanno libro”…
«Il primo risvolto che ho fatto non era su Montalbano, ma su un romanzo storico. Il grande Camilleri, quello veramente grande, era l’autore dei romanzi storici, l’autore dei romanzi fantastici che sono quelli messi in ombra dal grande successo del commissario Montalbano. Questo non vuol dire che metto i romanzi di Montalbano sul piano più basso. Mi sono appassionato follemente ai romanzi fantastici e sarebbe opportuno che i lettori li riscoprissero. Per quanto riguarda l’aspetto dei risvolti di copertina, per me è stata una esperienza difficile. Fare i risvolti di tutti i Montalbano, di tutti i libri di Andrea Camilleri, è stata un’impresa enorme, non per la difficoltà critica, ma perché Camilleri poteva essere seriale. Ma io non potevo fare dei risvolti seriali, quindi ogni volta dovevo inventarmi una situazione diversa, pur senza raccontare la trama. Sono stato servitore di più padroni: dovevo servire l’autore, dovevo servire l’editore, che ovviamente aveva interessi pubblicitari, e dovevo venire incontro ai lettori e forse dovevo accontentare anche me stesso. Un’esperienza bellissima, ma anche difficile e pesante: avevo una responsabilità morale grandissima».
Come arrivò ai risvolti di copertina dei libri blu Sellerio?
«Il motivo per cui io venni chiamato da Elvira Sellerio e da Camilleri per scrivere i risvolti è perché Andrea pubblicava i suoi romanzi e non usciva mai una recensione. I miei risvolti dovevano anche essere una specie di recensione, una guida ai libri di Camilleri. Avendo lavorato molto nell’editoria, prima da Laterza poi da Sellerio, ne ho scritto tantissimi. Quando scrivevo un risvolto, l’autore mi chiamava, mi diceva di mettere un aggettivo positivo, che era un bellissimo romanzo, un capolavoro. Camilleri non mi ha mai chiesto un aggettivo. Lui non mi ha mai chiesto di mettere una virgola, di aggiungere un aggettivo o di mettere un complimento. Solo una volta mi ha telefonato per chiedermi un favore: aveva scritto un libro dove il tema era la femminilità e mi ha detto di far intendere che lui parlasse della moglie, perché le voleva fare questo omaggio».
Cosa le manca dello scrittore?
«Andrea ha sorpreso un po’ tutti perché, come detto, non è soltanto un romanziere, un autore di gialli. I dibattiti in televisione, le battute sui giornali erano illuminanti. Era un grande attore del mondo che lui portava avanti, oltre ad essere un grande scrittore ed un grande intellettuale. Ed era anche coscienza civile. I romanzi di Camilleri si possono leggere anche come una guida civile alla convivenza politica in questo Paese. Sia Leonardo Sciascia che lui sono stati utilissimi all’Italia. Mancano questi scrittori, come manca Pasolini. Bastava che scrivessero sui giornali e i Palazzi tremavano. Camilleri non ha sostituito Pasolini e Sciascia del tutto, ma si è messo in fila. Anche lui quando diceva certe cose - ricordate? - la Lega si arrabbiava, come si arrabbiava la destra. E lui non aveva paura di perdere lettori, quello che aveva da dire lo diceva. E lo diceva in modo fantastico».
Salvatore Picone
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 5.9.2020
Porto Empedocle festeggia Camilleri con sei panchine letterarie
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Nel weekend in cui si celebra l’anniversario numero 95 della nascita di Andrea Camilleri sono state inaugurate a Porto Empedocle sei panchine letterarie, di cui quattro dedicate allo scrittore empedoclino. Queste sono state installate nel percorso della sua “Vigata”. Il parco letterario, realizzata grazie all’opera dell’associaizone “A tutta vita” è stato finanziato dai deputati del gruppo 5 stelle all’Ars per un costo di 20 mila euro. Oltre a Camilleri, le panchine celebrano anche l’altro autore nato a pochi passi da Porto Empedocle, Luigi Pirandello. Le celebrazioni si svolgeranno anche domani, domenica, con l’incontro-dibattito nella Vigata di Camilleri, cui parteciperà l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, la scrittrice Giuseppina Torregrossa e il giornalista Felice Cavallaro. Durante la manifestazione l’attore Sebastiano Lo Monaco leggerà i testi di Andrea Camilleri.
Alan David Scifo
 
 

La Repubblica - Robinson, 5.9.2020
Chi sale, chi scende
Valérie Perrin ruba il trono a Camilleri

E alla fine, tra lo stupore di molti, l’aspirante regina ha spodestato il re. Anche se di un soffio. Guardare la top ten qui accanto per credere: Andrea Camilleri, dopo sei settimane consecutive, perde il primato assoluto del suo Riccardino postumo. E cede lo scettro a lei, Valérie Perrin, scrittrice francese che con l'intelligente e sorridente Cambiare l'acqua ai fiori - protagonista una guardiana di cimitero - ha consolato tanti lettori e lettrici già durante il lockdown. In una lunga e irresistibile marcia che ora la porta fino alla vetta, con l'ultimo Montalbano costretto ad accomodarsi al secondo posto. [...]
Claudia Morgoglione
 
 

Gossip e Tv, 5.9.2020
Nessuno scontro tra Maria De Filippi e Montalbano: la scelta della Rai

Cambio di programmazione per il prime time di Rai 1 di sabato 12 settembre 2020. Come riportato dal portale web Bubinoblog, le indagini del commissario Montalbano non si scontreranno più contro la prima puntata della nuova edizione del talent show ‘Tu si que vales‘.
[..]
Tiziana Terranova
 
 

Il Sole 24 Ore, 6.9.2020
#AlleyBooks
Riccardino, l’ultimo Montalbano di Andrea Camilleri (forse)

Andrea Camilleri ha consegnato il manoscritto di ‘Riccardino’ a Elvira Sellerio, sua amica ed editrice storica, nel 2005 con la promessa che il romanzo, l’ultimo con Montalbano, sarebbe dovuto uscire a conclusione della serie. Aveva 80 anni Andrea Camilleri, si sentiva stanco, ma l’idea di congedo si dimostrò prematura. Lo scrittore e regista e sceneggiatore e drammaturgo italiano che avrebbe compiuto 95 anni oggi, si è spento nell’estate 2019. Fino alla morte Camilleri scrisse altri romanzi e racconti.
L’ultimo Montalbano, Il metodo Catalanotti, lo terminò nel 2018. Quel Riccardino del 2005 viene risistemato da un Camilleri “Scopertosi ancora vivo nel 2016, a 91 anni compiuti“. Ormai cieco, si fa aiutare dall’amica Valentina. Non cambierà nulla della trama, che trova ancora “buona e purtroppo sempre attuale“, ma aggiorna la lingua “In questi anni si è tanto evoluta, grazie anche alla fiducia dei miei lettori che mi hanno seguito, compreso e che mi hanno quindi permesso di farlo“.
Il patto con Elvira Sellerio però viene rispettato, Riccardino è uscito pochi mesi fa, ed è forse per questo che i lettori affezionati a cui fa riferimento il Maestro troveranno comunque nel romanzo il sapore del congedo. Un congedo che, come ci ha abituati Camilleri nelle sue pagine scritte in un dialetto siciliano immaginario che riesce a comprendere anche una milanese, è lontano dall’artificio letterario. Mette al centro della narrazione la persona, i dubbi esistenziali, le paure. Mette al centro l’uomo Montalbano di fronte all’enigma della vita, dove le risposte, se ci sono, vanno trovate da soli. Come soli si è di fronte alla morte.
Così è in Riccardino, dove la trama poliziesca si intreccia con una conversazione a tre: il Montalbano persona, il Montalbano personaggio televisivo, l’Autore (Camilleri stesso). Noi che non ci siamo persi un volume con quelle belle copertine blu oltremare opache che sanno di velluto.
Noi che non ci siamo persi una puntata di quel Montalbano televisivo, all’inizio con scetticismo, poi con titubanza, poi trovandoci incollati davanti allo schermo pensando ecco che faccia ha il commissario, e Catarella, e Fazio, e Mimì. Noi affezionati lettori, e quelli nuovi che verranno, e quelli che magari a un certo punto hanno voluto separarsi da Montalbano, troveremo e troveranno in Riccardino un epilogo che non chiude, ma apre. Apre a un dibattito semprevivo sul potere della parola e della immagine visiva. Al rapporto tra un autore e le sue creature, che a un certo punto sembrano separarsi dal gesto della scrittura e vivere di vita propria. Che rivendicano una loro autonomia. O forse chissà, quelle creature già esistevano da qualche parte nell’immaginario collettivo e l’autore non ha fatto altro che catturarle e metterle nero su bianco.
Quel Camilleri ormai cieco, un Omero dei nostri tempi, che non vede e proprio per questo sa, tratta questi temi con l’intelligenza di chi è consapevole che potrebbe essere rimproverato di ricalcare questioni già sentite con modalità già note. Gioca d’anticipo. E forse anche per questo si conferma di tutt’altra partita. Se poi qualcuno si stesse chiedendo se, alla fine, il commissario Montalbano muore, beh se lo leggesse Riccardino, di pirsona pirsonalmente. Andrea Camilleri è sicuramente vivo.
Elena Delfino
 
 

Parolacce, 6.9.2020
Camilleri e le 3.109 parolacce di Montalbano
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“Trenta picciotti di un paese vicino a Napoli avevano violentato una picciotta etiope, il paese li difendeva, la negra non solo era negra ma magari buttana”. Questo brano contiene solo 26 parole. Ma sono certo che tutti sapete chi le ha scritte: Andrea Camilleri ne “Il ladro di merendine”. L’autore dei gialli di Montalbano, infatti, si riconosce a prima vista grazie a due tratti inconfondibili: il dialetto siciliano e le parolacce, anzi: le “parolazze”. Ci avete fatto caso? Forse non molto, perché in Camilleri il turpiloquio è così integrato nello stile letterario da non destare sorpresa né scandalo.
Ma quanto sono frequenti le parolacce nei romanzi dello scrittore siciliano? Sono un orpello marginale o svolgono un ruolo importante? Da assiduo lettore di Camilleri, da siciliano e da studioso di turpiloquio, non potevo sottrarmi alla domanda. Così ho deciso di studiarle per celebrare il suo anniversario: oggi avrebbe compiuto 95 anni.
[...]
Vito Tartamella
 
 

Agrigento Notizie, 7.9.2020
Nenè Camilleri e San Calò, il ricordo dell’ex presidente del Senato Pietro Grasso
Il magistrato originario di Licata ha partecipato alle iniziative promosse a Porto Empedocle in occasione del novantacinquesimo anniversario della nascita dello scrittore Andrea Camilleri

C'era anche l’ex procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato, Pietro Grasso, a Porto Empedocle per celebrare quello che sarebbe stato il novantacinquesimo compleanno del compianto scrittore Andrea Camilleri.
Grasso, alla torre Carlo V, ha partecipato all’incontro dibattito “Tutti a Vigata” promosso dall’associazione “Strada degli scrittori”. L’ex presidente del Senato ha anche ricordato i rapporti personali di amicizia con il maestro Camilleri, così come ha rievocato il legame del "papà" del commissario Montalbano con San Calogero. Un legame, nonostante Camilleri fosse ateo, riconducibile proprio al giorno della sua nascita che avvenne nel giorno in cui Porto Empedocle festeggia il santo nero.
 
 

Corriere Etneo, 7.9.2020
Belpasso, mercoledì sera in scena “La donna a tre punte” di Camilleri e Di Pasquale: in Piazza Duomo

La tournée de “La donna a tre punte” ha scelto la kermesse “Offensiva Culturale” di Belpasso per chiudere in bellezza un anno di successi.
L’opera teatrale sarà in scena mercoledì 9 settembre, alle ore 20.00, in Piazza Duomo a Belpasso.
Orgoglioso della presenza dello spettacolo all’interno del programma dell’Offensiva Culturale il sindaco di Belpasso, Daniele Motta con l’assessore alla cultura, Tony Di Mauro.
Anche l’on.le Giuseppe Zitelli è soddisfatto per la prossima fruizione dell’opera per i cittadini di Belpasso. Un’opera particolarmente affascinante, scelta e finanziata dalla Regione Sicilia quale canale privilegiato di alcuni tra i valori e le caratteristiche della sicilianità più conosciuta e intrigante.
E in questo Andrea Camilleri, autore dell’opera “La donna a tre punte”, tre come le punte della trinacria, simbolo della Sicilia, rimane Maestro indiscusso.
Attesa la performance della protagonista, la bravissima attrice Valeria Contadino diretta dal regista, lo storico collaboratore di Camilleri, Giuseppe Dipasquale. Grande attesa anche per i movimenti coreografici delle tre danzatrici, Claudia Morello, Delia Tiglio, Beatrice Maria Tafuri, coordinati dall’eccellente Aurelio Gatti.
Le donne, protagoniste indiscusse dell’opera teatrale, donne non comuni: emblemi di una femminilità matriarcale, primitiva e ad un tempo modernissima.
Diceva Camilleri: “In quanto alle donne il matriarcato in Sicilia è (o era) diffuso non solo tra i contadini. Io ho conosciuto siciliani di rilievo in campi diversi che prendevano decisioni solo se la moglie era d’accordo. E non so quanto quelle decisioni non fossero già state abilmente guidate dalle mogli”.
In scena, tre le punte della femminilità, seduzione, passione e amore come tre le punte della Sicilia, luogo ideale e culla della mediterraneità universale. “Un omaggio alla donna – spiega il regista ma anche coautore Giuseppe Dipasquale – ma insieme un omaggio ad Andrea Camilleri che è stato maestro, amico e padre, momentaneamente partito per un viaggio nell’eternità”.
 
 

desdeSoria, 7.9.2020
Mañana, cita con el club de lectura y la novela ‘Tirar del hilo’ de Andrea Camilleri
Comenzará a las 20.15 horas y se tendrán en cuenta todas las medidas preventivas de la pandemia

El Club de Lectura del Círculo Amistad Numancia tiene mañana Martes, día 8, una nueva cita. En esta ocasión se comentará la novela ‘Tirar del hilo’ del italiano Andrea Camilleri. Comenzará a las 20.15 horas y se tendrán en cuenta todas las medidas preventivas de la pandemia. La participación en este Club que coordina César Millán es libre.
 
 

Página 12, 8.9.2020
Publicaron "La liebre que se burló de nosotros"
Andrea Camilleri y su amor por los animales
Este libro de cuentos constituye una rareza en la obra del escritor italiano, que se hizo famoso gracias a la saga de novelas negras protagonizadas por el comisario Montalbano.

Al adolescente siciliano que salía con su padre a cazar no le gustaba matar. Cuando alguien de la comitiva de cazadores llevaba una escopeta de sobra, él disparaba a botellas vacías o latas oxidadas. Dicen que tenía buena puntería. Hasta que un día disparó y mató a un conejo y decidió no acompañar más a su padre en esas batidas. Tiempo después, ya casado y con tres hijas, vio a un grupo de cuatro niños jugando con un pequeño gatito como si fuera una pelota. Andrea Camilleri (1925-2019) –-el escritor que vendió más de 35 millones de libros en el mundo-- se abalanzó como un poseso y les dio patadas en el trasero hasta que logró rescatar al pequeño felino. El gatito tenía la espalda destrozada y estaba en pésimas condiciones. Lo vendaron como una momia y el veterinario le advirtió que no se encariñara porque no tenía muchas chances. El Barón, como lo llamaron por el protagonista de una serie que veían entonces, vivió dieciocho años más.
La liebre que se burló de nosotros (Duomo Ediciones) es un libro delicioso, una belleza extraña para el lector de Camilleri, acostumbrado a la saga de novelas negras protagonizadas por el comisario Montalbano, que empezó en 1994 con La forma del agua. Él se lo dedicó a sus bisnietas, Matilda y Andrea. En una nota al final del libro explica los motivos por los cuales escribió los doce cuentos reunidos en el volumen --prologado por Fernando Aramburu y con ilustraciones de Paolo Canevaro-- en los que muestra una relación más respetuosa y armónica con los animales. “Si realmente un día logramos saber qué opinión tienen de nosotros los animales, estoy seguro de que no nos quedará más remedio que desaparecer de la faz del planeta, muertos de vergüenza. Suponiendo que, dentro de cincuenta años, los hombres todavía sean capaces de albergar tal sentimiento. Yo, afortunadamente, ya no estaré. Pero quisiera que algún bisnieto mío entregara a los animales una copia de este librito para que pudieran tener de mí, y de muchísimos otros como yo, una opinión, ni que fuese ligeramente, distinta”.
“Las liebres son animales preciosos”, plantea en el primer relato del libro. Después de que reciben un disparo, las liebres ejecutan una voltereta perfecta en el aire, que implica que han sido heridas de muerte. Cuando todavía acompañaba a su padre en las batidas, le tocó recoger el cuerpo de una liebre que su padre había matado. Cuando intentó agarrarla por las patas posteriores, se contorsionó y huyó como un rayo, dejando al adolescente Camilleri boquiabierto. Los disparos ni siquiera la habían rozado. “¿Cuántos compañeros suyos había visto morir cazados, en su larga vida, para lograr imitar perfectamente su muerte?”, se pregunta el escritor. No será la única pregunta. La historia del papagayo Pimpigallo –que imitaba a la perfección la voz de Camilleri- introduce otro interrogante. “Yo no sabía que un papagayo tan pequeño fuera capaz de hablar. Pero ¿cómo podía salir una voz tan gruesa y profunda como la mía de un animalito tan pequeño?”.
La sensibilidad del escritor siciliano hacia los animales suma a la causa. En una de las últimas entrevistas que dio el año pasado al Diario.es de España, poco antes de ingresar al hospital Santo Spirito, donde murió el 17 de julio de 2019, dilucidaba su posición. “No soy un animalista apasionado pero respeto a los animales. El abandono de los cachorros en las carreteras, que se hace con tanta facilidad, muestra una forma de comportarse que no es antianimalista sino antihumana. Es la ausencia de cualquier piedad”. “Los pavos no dan las gracias” es uno de los cuentos más significativos del libro. Cada cuarto jueves de noviembre se celebra el día de Acción de Gracias en Estados Unidos. La tradición manda que cada mesa en las casas de los norteamericanos esté presidida por un pavo relleno. “En los ojos abiertos de par en par de muchos animales llevados al matadero he podido leer el terror por el final próximo, tal vez olían la sangre de las víctimas que los habían precedido. Los pavos, en cambio, no mostraban el menor indicio de inquietud. ¿Estupidez absoluta o suprema dignidad?”. Más allá de la duda, el autor tiene una certeza con la que concluye ese cuento: “Alabada sea, pues, la dignidad de los pavos que mueren pero no dan las gracias. Mientras tanto hay numerosos jefes de Estado que, sentados a la mesa del poderoso aliado norteamericano como invitados de honor, terminan igual que los pavos. Y ellos, encima, dan las gracias”.
Silvina Friera
 
 

Il Fatto Quotidiano, 8.9.2020
Sostenitore
Andrea Camilleri, ‘Riccardino’ e lo scontro finale con Montalbano: un’amichevole resa dei conti

Nel suo ultimo romanzo intitolato Riccardino, il maestro Andrea Camilleri irrompe sul proscenio delle indagini “di pirsona pirsonalmente”. Telefona al commissario Montalbano comunicandogli la propria delusione per la lentezza, certo dovuta alla vecchiaia incombente, con cui sta portando avanti l’inchiesta sul nuovo caso di omicidio avvenuto a Vigata. Lo esorta quindi a non prendersela troppo comoda, per non metterlo in imbarazzo davanti alle legittime aspettative dei suoi tanti lettori, lo prega di smettere di “babbiare” come vede fare spesso all’altro commissario Montalbano, quello della serie televisiva, diventato ormai molto più famoso di lui e con cui, inevitabilmente, finisce per confrontarsi.
Insomma si arriva ai ferri corti, ad una vera e propria competizione tra l’Autore che sta scrivendo la trama del libro e il commissario che, come protagonista della storia, la sta mettendo in pratica. Si avverte, leggendo il libro, come uno straniamento, uno sdoppiamento dell’io, un gioco delle parti pirandelliano in cui realtà e apparenza, vero e falso, ciò che si è e ciò che si crede di essere, si intrecciano e si rincorrono.
Camilleri aveva da tempo pianificato l’uscita di scena del commissario, scrivendo questo libro all’età di 80 anni e posticipando la sua pubblicazione a dopo la sua dipartita. Era giunto ormai il tempo di regolare i conti con il suo alter ego, di misurarne l’ingombro, di deciderne le sorti, e lo fa attraverso un epilogo paradossale ispirato al dramma di Beckett, Finale di partita, a lui tanto caro per essere stato il primo a volerlo rappresentare in Italia, come regista teatrale. Solo che mentre in Beckett i protagonisti della partita a scacchi sono già segnati da un destino vuoto e insensato, Camilleri dipinge un quadro denso di palpitante vitalità.
Nessun personaggio sopravvive al suo autore. Don Chisciotte muore con Cervantes, così come Maigret può esistere solo nelle pagine di Simenon. Personaggio e autore tuttavia restano legati intimamente nella vita e nella morte, perseguendo una strenua “lotta con il proprio doppio” che non è solo semplice afflato romanzesco, ma una condizione congenita, viscerale, della natura umana in quanto ognuno è “l’alter ego” di un altro se stesso, con cui perigliosamente convive.
In questo romanzo d’addio Camilleri richiama per intero la sua “sicilitudine”, alimentata da un profondo senso di comunanza verso i propri simili, pervasa da profondi sentimenti di amicizia, perennemente turbati dall’ossessione del tradimento. Una personale visione del mondo affollato da donne mature e lussuriose che, con il loro silenzio e il loro incedere luccicante, rendono fascinoso il ritmo del tempo.
Camilleri non ha mai pensato di far scomparire il commissario per cercare di salvare se stesso. E, d’altra parte, farlo uscire di scena in modo poco dignitoso, abbandonarlo ad un triste destino, magari lasciandolo morire durante un conflitto a fuoco, sarebbe stato troppo penoso e lacerante per un sodalizio illustre e longevo come il loro. Avrebbe significato per l’Autore uccidere se stesso, morire due volte, come accade nel finale di Wiliam Wilson, personaggio di un racconto di E. A. Poe, che esasperato da una estenuante lotta con il proprio se stesso, che lo perseguita per tutta la vita, decide di liberarsene pugnalandolo a morte, senza accorgersi che uccidendo l’altro moriva anche lui ed era “come se avesse assassinato se stesso…solo che lui era già morto”.
Per questo Camilleri preferisce lasciare ancora una volta campo libero a Montalbano nello scegliersi da solo, e con dignità, la maniera più congeniale di congedarsi, di svanire, di far perdere le proprie tracce eclissandosi tra le righe del libro. Allo scrittore non rimane altro che accompagnarlo nel suo ultimo tragitto, prendendosela comoda, un piedi metti e l’autro leva, godendosi simultaneamente lo stesso sogno, fino alla fine.
Carmelo Zaccaria
 
 

El Correo Gallego, 9.9.2020
Montalbano, siempre

Por quitarme de la realidad preñada de números, informes y ruedas de prensa previsibles, o simplemente planas, intenté escapar hacia el paraíso de La Dos. Tiene una particularidad, con respecto a otros: es gratis. Me pasé dos horas tras la cena con el comisario Montalbano. En este tiempo de series muy truculentas, armadas como puzles difíciles de comprender hasta que no han trascurrido varios capítulos, el personaje de Andrea Camilleri se mueve utilizando los resortes clásicos del mundo de los enigmas. Sigue ahí, no se ha ido nunca, a pesar de que sabemos que Camilleri logró darle un final antes de morir, hace poco más de un año. En realidad, Riccardino, la última novela de la serie montalbanesca, había sido escrita hace muchos años, revisada algunas veces. Camilleri lo programó todo con gran mimo, también con mucha ironía. Su amistad con Vázquez Montalbán, del cuyo apellido toma el personaje el suyo, le inspiró para dejar todo atado y bien atado por lo que respecta a las creaciones, que suelen volverse contra los autores y no sin razón. Afortunadamente nos queda la serie, que sigue emitiéndose sin cesar, a pesar de que Camilleri nunca creyó que Luca Zingaretti, el protagonista, se pareciera en nada a su investigador. No es el auténtico, digámoslo así, pero funciona.
Por supuesto, Camilleri sabía muy bien de lo que hablaba. Su larga experiencia en teatro, sus trabajos para la RAI. Conocía el medio, aunque la literatura era su mayor pasión. Pero los grandes detectives o comisarios de la ficción nunca se han parecido del todo a sus versiones televisivas o cinematográficas. Por más que lo intentaran. ¿David Suchet, quizás? Camilleri no reconocía parecidos entre el actor y su personaje, ya digo, y sin embargo la serie tiene para mí ese sabor profundo del sur de Italia, ese sabor de Sicilia, que desde luego también puede encontrarse en las historias escritas por Camilleri. Italiana a más no poder, eso es todo, El comisario Montalbano combina el humor y la campechanía de unos con la seriedad y la meticulosidad de otros, responde sin duda al esquema clásico, enseña la quietud soleada de las calles mediterráneas, muestra la vida cotidiana con una naturalidad extrema y cálida. Un comisario de método, un autor de método también, por lo que respecta a estas historias criminales, como fueron todos los grandes del género. Y siempre, claro está, su influencia teatral, la importancia de sus diálogos sin artificio, y el aroma local, representado por el dialecto siciliano, que Camilleri introducía cada vez más.
Desaparecido Camilleri, que tan bien conocía el noir español, y que tanta amistad mantuvo con autores como Montalbán, claro es, o Alicia Giménez Bartlett, podemos considerar que el autor italiano forma parte ya de los clásicos de la novela negra y el universo detectivesco. Luca Zingaretti será la imagen de Montalbano que quedará para nosotros, aunque no fuera la favorita del autor, y lo mismo que todos los investigadores locales (Poirot lo era, no dejaba de subrayar su nacionalidad) lo recordaremos por las atmósferas domésticas, por esa forma peculiar de hablar y de hacer. De momento, si prefieren están ficciones más calmadas y menos laberínticas, sigan instalados en el paraíso de La Dos. Es gratis.
José Miguel Giráldez
 
 

Ámbito, 9.9.2020
Camilleri, también narrador de fábulas

Mejor que no nos enteremos de lo que opinan los animales de los seres humanos, nos moriríamos de vergüenza, proclamó Andrea Camilleri, y en los doce espléndidos relatos, de este sutil tratado de convivencia entre especies, los deja que se muestren y que con sus naturales atributos, expongan su superioridad y conmuevan al lector, al punto de que –como rara vez sucede- se tenga ganas de salir corriendo a leérselos a alguien (no necesariamente pequeño). Eso sí, no hay fábulas, por lo menos de esas tal lucrativas con animales que hablan y se comportan como sobreactuadas personas. En la mayoría de los casos la inevitable prosopopeya corre a cargo del lector. Sólo una vez en todo el libro se da la comprensible comparación que le permite al autor una moraleja ideológica. Aparece en el relato “Los pavos no dan las gracias” (“porque tienen dignidad de sobra, no como algunos jefes de Estado”), que da título de tapa en la edición original, italiana; en la edición en español se eligió poner la que remite a la astucia que consiguió con los años “La libre que se burló de nosotros”.
Camilleri no ofrece fábulas sino recuerdos de animales con los que compartió retazos de su vida. El maestro de Puerto Empedocle, Agrigento, coincide con el filósofo Derrida en que “el discurso docente no debe ser fabuloso para poder dispensar saber, porque es preciso saber sin fábula”. Camilleri elige hacernos cómplices de sus experiencias, del zoológico con que fue poblando una zona de su memoria. Allí está el jilguero que canta el entusiasmo de tener de nuevo una jaula y del papagayo que cuando descubre que lo está tomando el Alzheimer decide morirse (“Pimpigallo y el jilguero”). Nos hace saber del irrenunciable amor de un gato por una de sus hijas (“Elegía del Barón”), del pájaro Chap Chap que defiende de modo indiscutible su derecho de propiedad (“No toquéis mis cerezas”). Del zafarrancho de la fiesta de unos puercos (“El día que los cerdos se emborracharon”). Hay cuentos que se suman al pasar a otros cuentos. Están los que hablan de la cooperación entre perros y gatos, del horario de trabajo de una serpiente o de la cabra que sabe que tiene una belleza de pasarela. Todo para que el final nos saque una cierta sonrisa,
Camilleri fue dramaturgo, guionista y director teatral y cinematográfico hasta que en 1994, un tal Salvo Montalbano, comisario, lo volvió mundialmente famoso. El año pasado, a los 93 años, murió en Roma. Entre sus últimos deseos estuvo que sus bisnietos le entreguen estos relatos a los animales en señal de respeto y cariño.
=Andrea Camilleri “La liebre que se burló de nosotros”, Duomo Ediciones, Milán, Italia, 2020, 207 págs.
Máximo Soto
 
 

Agrigento Notizie, 9.9.2020
Lo slargo che ospita la statua di Camilleri si chiamerà "Piazzetta dello scrittore"
Il provvedimento è stato esitato dalla Giunta del Comune su proposta della commissione Toponomastica

Il piccolo slargo che oggi ospita la statua di Andrea Camilleri avrà un nome, e, ovviamente, non potrà citare esplicitamente lo scrittore deceduto lo scorso anno. Il provvedimento è stato esitato dalla Giunta del Comune su proposta della commissione Toponomastica e rinominerà come “Piazzetta dello scrittore” il pezzetto di piazza che è tra la via Atenea e la scalinata San Francesco dove oggi è collocata la statua.
Un’area cittadina che non aveva ad oggi alcun nome specifico e che adesso richiamerà a tutti coloro che vanno in “pellegrinaggio” al simulacro bronzeo di del “papà” del commissario Montalbano.
Nella medesima determinazione la Giunta dedica a Paolo Ciotta la strada che va dalla via Empedocle alla via Vallicaldi – piazza Ravanusella che oggi si chiama Traversa Ortolani. Tutto dovrà passare adesso al vaglio della Prefettura di Agrigento, che dovrà dare il definitivo “ok”.
Ma perché chiamare la piazzetta soltanto “dello scrittore” e non semplicemente Camilleri? Questo per una necessità normativa: non è infatti possibile intitolare una strada o un’area pubblica ad un personaggio che sia deceduto troppo di recente, salvo motivazioni molto particolari e comunque abbastanza stringenti. Certo è che poco sarebbe cambiato agli occhi dei cittadini e dei turisti, per i quali quella resta la “piazza della statua di Camilleri”.
Dati i tempi in genere necessari, sarà probabilmente la prossima amministrazione a godere dei “frutti” di questo cambio di denominazione, che è comunque solo uno dei tanti consumatisi in questi anni nell’ottica di una complessiva riorganizzazione degli spazi comunali e della toponomastica pubblica, che è stata utile anche ad eliminare alcuni doppioni e alcuni nomi assegnati negli anni passati senza alcuna effettiva motivazione storica.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 11.9.2020
Posti ridotti e mascherine Teatro Biondo, su il sipario per un stagione di "eroi"

[...]
Dalla prossima primavera, Covid permettendo, è previsto l'avvio del progetto " 100 Sicilie" che nell'arco di un triennio si occuperà di autori come Bufalino, Sciascia, Camilleri, Perriera e Licata e di nuove scritture, con una sezione dedicata a Franco Scaldati.
[...]
Claudia Brunetto
 
 

L'Altra Mantova, 11.9.2020
Caparròs: 'Il mio ritorno al giallo grazie a Camilleri e a un'estate italiana'

Mantova - Martin Caparròs presenta la sua ultima fatica letteraria a Festivaletteratura: lo scrittore si sforza di parlare in italiano per tutta la durata dell'incontro condotto da Bruno Arpaia, mettendo da parte il suo caratteristico accento argentino.
Caparròs è prolifico autore di saggi, inchieste giornalistiche e di romanzi come "Amore e Anarchia" e "il terzo corpo": il suo ritorno al giallo dopo vent'anni con il recente "Tutto per la patria" desta la curiosità di Arpaia su come sia arrivato a questa scelta. Con il suo piglio affabile, Cabarròs gli risponde che la scelta è legata all'Italia: "tre anni fa ho passato un'estate incollato ai romanzi del Montalbano di Camilleri, ritrovando quella spensieratezza di leggere che si ha da giovani". Da qui l'idea dell'autore di provare a continuare quel percorso gioioso mettendolo su carta e tornando ad un genere che gli aveva dato grande notorietà.
[...]
Emanuele Bellintani
 
 

La Voce di New York, 12.9.2020
Salvatore De Mola, “Inspector Montalbano”: Precision and Innovation for Success
The screenwriter of popular Italian TV series, including "Commissario Montalbano" talks about "Imma Tataranni" and the crime genre

If you are a fan of the “Commissario Montalbano” (Inspector Montalbano) films made for Italian television, you are a fan of Salvatore De Mola. The fifty-one-year-old screenwriter from Bari has written nearly 30 episodes of the popular RaiUno series based on the novels by the late Sicilian author Andrea Camilleri. He has also written four episodes of “Il giovane Montalbano” (Young Montalbano), a prequel to the main series focusing on the detective Salvo Montalbano’s early career. (Both series are available to English-speaking viewers, in the United States through the streaming service MHz, and in Great Britain on the BBC.)
[…]
In August, I interviewed De Mola (via email) about his current projects, how he became a screenwriter, the crime drama genre, and a few other topics. He also had a few things to say about the future of the “Commissario Montalbano” series. What follows is a translated and edited version of our conversation.
[…]
The series has a powerful sense of place, with very evocative scenes of Matera. How important is place for the series? In the Montalbano films, one is always aware that they are set in Sicily. Matera and Basilicata seem as central to “Imma.”
One thing that not only Montalbano but also other great international series have taught us is that the more you show a precise, identifiable place, the more universal you can be, the more you can touch a vast audience that goes beyond national borders. I often vacation in Sicily, in the area where the series is shot. There are road signs indicating “Vigata,” which, as you know, is an imaginary place. And there many people who go there from all over the world to find the Montalbano locales. The difference with the location of “Imma” is that it’s Matera, not a mix of towns and villages in the Val di Noto and Ragusa [in Sicily] that “become” Vigata. In adapting the novels of Venezia, we wanted to capture the authenticity and universality of those characters, who are like that because they live in a place like that, which has oil wells but seems to have stopped thirty years ago, where, for example, there is no train station. You can only get there by bus.
In the United States, since the Black Lives Matter movement, there has been discussion of the crime story genre or police procedurals; the argument is that they are “copaganda” because they are usually written from the point of view of the police or are at least sympathetic to the police. And yet we know that police, in the United States and in Italy, mistreat people, and especially powerless people and black people. In one of the Montalbano novels, Camilleri has Salvo express his [Camilleri’s] anger at police brutality at the Diaz school in Genoa.
I’ve been wondering a lot about that too, in recent months but even before. As you know, much of my production, especially television, belongs to the crime genre. It’s a genre that I like because it allows you to address reality while also confronting social problems, but in a compelling way and by creating a strong empathy with the viewer. A predisposition that comes from my passion for the film noir of the 1940s-50s-60s and the new Hollywood—”Chinatown” and “The Godfather” with “Goodfellas” and “Casino” my points of reference up to what I consider a masterpiece of the genre, “The Wire” by David Simon.
Keep in mind that we too have had a “George Floyd”: Stefano Cucchi, killed by the brutality of a group of carabinieri who for years were protected by other ranks. And, recently, the criminal actions of a Carabinieri barracks near Piacenza came to light.
One of the most beautiful films in the history of cinema, in my opinion, is Elio Petri’s “Investigation of a Citizen Above Suspicion,” starring Gian Maria Volontè, from 1970. And one of the most obnoxious characters in “The Godfather” is Sergeant McCluskey. When Michael shoots him in the head, applause breaks out in the theater. Think also of Orson Welles’ “Touch of Evil”. Can “serve and protect” permit the suspension, even if partial, of civil rights? My position, after years of profound and painful reflection, is precisely the one described by Camilleri that you mentioned: there are “rotten apples,” perhaps even part of the system is profoundly corrupt, but we can’t forget that there are many, among the police, the carabinieri, who do their job well and are important for the community.
[…]
Tell us a little about your experience of writing the Commissario Montalbano series, and its future.
For me, the experience of the “Montalbano” writer’s room was fundamental. Practically everything I know I’ve learned in almost twenty years of working on that series. They were beautiful, exciting years, in which I had the opportunity to work within the perfect organizational machine of Palomar with great masters like [director] Alberto Sironi and Francesco Bruni. And I would also like to mention Gianluca Tavarelli, the director of “Giovane Montalbano,” a prequel that does not make you miss the main series. I would like to continue to be part of this adventure, however the production proceeds, but I still don’t know what will happen.
Luca Zingaretti, who has played Salvo Montalbano since the Rai series went on air, recently said he doesn’t know if it will continue, and even if he wants to continue with it.
He knows more about the future of the series than I do, but I hope that it will still go on because people love the characters and his stories.
George De Stefano
 
 

La Opinión de Málaga, 13.9.2020
Novela
Camilleri vive en el 'Km 123'
El maestro italiano del género policíaco regresa con esta aventura que no por liviana demuestra menos su magistral dominio de la trama

Una de las muertes recientes más sentidas en el panorama literario continental ha sido la de Andrea Camilleri. El conocido escritor siciliano, más famoso si cabe por su adaptación televisiva del comisario Montalbano, nos demuestra en este ligerísimo capítulo de las aventuras del comisario Bongioanni que sigue muy vivo porque su obra es reflejo imperecedero de su tiempo y sus gentes.
En 'Km 123', la editorial Destino nos acerca de nuevo al universo Camilleri que por reconocible no deja de ser apasionante y vibrante. Su misterio siempre está en la impredecible resolución de la trama y esa capacidad maravillosa de retratar a los estereotipos surregionales de Italia. Esa es la clave de su inmortalidad.
Se dice en la especie de epílogo que alarga esta corta y liviana novela que pocos escritores han conseguido acercar la novela policíaca, prerrogativa anglosajona a los escenarios meridionales europeos y Vázquez Montalbán o el propio Camilleri son ejemplo de un cambio de tendencia en ello. En ellos late esa Europa mediterránea tan dada al crimen de alcoba, como es trasfondo en este caso.
En 'Km 123' podemos reconocer el submundo de corrupción que late bajo la Roma deslumbrante del turista. Podemos certificar que la infidelidad convive a diario con la hipocresía católica y que la riqueza no conlleva mejores valores éticos, más bien lo contrario. La trama, con el inesperado giro final, es una lucha de apariencias y bajas pasiones que sacan lo peor del ser humano; su acceso al crimen por colmar sus pretensiones sexuales.
La manera en la que Camilleri narra ocasionalmente los hechos a partir de transcripciones literales de emails, sms y páginas de periódicos da una medida de la capacidad de adaptación que ya en su senectud tuvo a los nuevos modos de comunicación de la sociedad burguesa de nuestro tiempo. Todo un acierto, como la simplicidad elocuente de sus descripciones.
Francisco José Mármol Collado
 
 

RagusaNews, 13.9.2020
A Scicli torna Camilleri
Il 19 settembre

Scicli - Il ritorno di Andrea Camilleri nei siti che hanno accompagnato il suo successo mondiale; un viaggio che parte dai luoghi “televisivi” del suo personaggio più famoso per coprire buona parte della parabola artistica di un autore che non è soltanto “il commissario Montalbano”, ma molto di più. Dopo il successo del debutto, la breve ma intensa “maratona” delle Camilleriadi – il cui primo capitolo ha condotto per un'ora circa gli spettatori in una suggestione dove le parole e le emozioni del grande scrittore, a braccetto con la musica e il canto, vengono incastonate nella cornice unica del centro storico di Scicli – viene riproposta a grande richiesta. Il 19 settembre, nel centro storico di Scicli, la Vigata televisiva di Montalbano. È soltanto l'inizio di un appuntamento destinato, nelle intenzioni, a diventare ciclico per celebrare una voce la cui eco è uno dei retaggi più importanti che la nostra epoca lascerà ai posteri. Prevendita presso l'androne del Palazzo Comunale. Un ringraziamento a chi ha sostenuto l'iniziativa: il Comune di Scicli, Ummara, Offiser, Cannolia, Koinè.
 
 

Ufficio Stampa Rai, 13.9.2020
RAI 1 14 SET 2020, 21:25
"Una faccenda delicata" per il Commissario Montalbano
Luca Zingaretti in prima serata su Rai1

Il Commissario Montalbano in un episodio dal titolo "Una faccenda delicata", in onda su Rai1 lunedì 14 settembre alle 21.25, con Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Miriam Dalmazio, Sebastiano Tringali, Ileana Rigano, Roberto Nobile, Davide Lo Verde, Marcello Perracchio e con la partecipazione di Sofia Bergamasco. Salvo è con Livia a Genova, quando riceve una chiamata: c’è stato un omicidio e deve tornare subito al commissariato. Non appena a Vigata, Salvo apprende che è stata uccisa una prostituta, Maria Castellino, un personaggio piuttosto singolare: ancora in piena attività alla soglia dei settant’anni, felicemente sposata, e benvoluta da tutti per la sua gentilezza e generosità. Tra le false piste di Augello e gli altri casi che gli si presentano, il commissario scoprirà i risvolti sempre più ambigui e inquietanti della vita di Maria.
 
 

Malgrado Tutto, 14.9.2020
“Vi racconto il mio Camilleri”

L’INTERVISTA Il critico letterario Salvatore Silvano Nigro ricorda Andrea Camilleri. Intervistato da Salvatore Picone per la “Strada degli scrittori”, il grande italianista svela i segreti dell’ultimo romanzo dello scrittore empedoclino con protagonista il commissario Montalbano. “I romanzi di Camilleri – dice Nigro – si possono leggere anche come una guida civile alla convivenza politica in questo Paese. Sia Leonardo Sciascia che lui sono stati utilissimi all’Italia. Mancano questi scrittori, come manca Pasolini. Bastava che scrivessero sui giornali e i Palazzi tremavano. Camilleri non ha sostituito Pasolini e Sciascia del tutto, ma si è messo in fila”.



Salvatore Picone
 
 

La Sicilia (ed. Sicilia Centrale), 14.9.2020
Porto Empedocle. Sarà suggellato il rapporto con il piccolo comune di Santa Fiora in provincia di Grosseto che ha avuto una venerazione nei confronti del celebre scrittore
Gemellaggio in onore di Camilleri

C'è un paese in Italia che per Camilleri ha avuto una venerazione. È Santa Fiora, in provincia di Grosseto, in Toscana, non proprio dietro l'angolo dunque, a conferma dell'universalità del messaggio camilleriano. Ma Camilleri ha legato molto con il piccolo centro toscano, tanto da trascorrervi parecchio tempo negli ultimi anni della sua vita, lasciando un solco in quel tessuto umano. Un rapporto tanto intimo e forte da spingere l'amministrazione comunale a rendergli la cittadinanza onoraria e a intitolargli perfino il teatro, quando era ancora in vita e pimpante. In occasione della sua morte, Santa Fiora proclamò tre giorni di lutto cittadino, dimostrando in questo modo l’attaccamento per l’illustre cittadino adottivo.
Paolo Cilona, storico e giornalista agrigentino, ha chiesto al sindaco del comune toscano di suggellare questo legame tra Camilleri e la piccola comunità in questione facendola gemellare con Porto Empedocle. Un gemellaggio empedoclino con il comune in provincia di Grosseto sarebbe una bellissima iniziativa che il sindaco toscano ha subito raccolto con entusiasmo avviando le interlocuzioni con gli amministratori empedoclini. Sarebbe come legare a filo doppio i due estremi italiani, accomunati dall’amore che Camilleri ha sempre avuto per il proprio paese natale e con quello che lo ha sostanzialmente adottato negli anni conclusivi della propria vita.
A Santa Fiora lo scrittore ha trascorso tanti giorni felici nella dimora dove ha trovato ispirazioni e forza per proseguire il proprio prestigioso cammino nella vita e nel panorama culturale internazionale. La speranza è che grazie al gemellaggio suggerito da Cilona al sindaco toscano, possa nascere un asse fruttuoso anche dal punto di vista turistico, con un continuo scambio di risorse ed energie a vantaggio di entrambe le comunità locali. Il tutto nasce nei giorni in cui Camilleri è stato ricordato in occasione di quello che sarebbe stato il suo 95° compleanno, senza dimenticare i numerosi eventi tenuti il mese prima in occasione del primo anniversario della morte, con tanto di posa di gigantografia sulla facciata laterale del municipio, meta quotidiana di decine e decine di turisti per selfie o foto ricordo.
Francesco Di Mare
 
 

Ufficio Stampa Rai, 14.9.2020
RAI 1 15 SET 2020, 21:25
Una vorticosa "Giostra degli scambi" per il Commissario Montalbano
Un martedì con Luca Zingaretti in prima serata su Rai1

Un negozio di elettronica è stato bruciato, un incendio chiaramente doloso. Marcello Di Carlo, il proprietario del negozio, è scomparso, di lui non c’è più alcuna traccia. Di certo si sa soltanto che l’uomo, un playboy di un certo successo, ha il vizio di spendere molto più di quanto riesca a guadagnare. Prende le mosse da qui l’indagine del Commissario Montalbano nell’episodio dal titolo "La giostra degli scambi", in onda su Rai1 martedì 15 settembre alle 21.25. Accanto a Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Sebastiano Lo Monaco, Roberto Nobile, Giovanni Guardiano, Desirée Noferini, Raffaele Esposito, Chiara Muscato, Davide Lo Verde, Ubaldo Lo Presti, Ketty Governali, Daniela Giordano, Noemi Giambirtone, Salvatore La Mantia, Bruno Di Chiara, Giovanni Argante, Salvatore Gioncardi e con la partecipazione di Sonia Bergamasco e di Fabrizio Bentivoglio.
Il mistero della scomparsa del proprietario del negozio sembra farsi sempre più sfuggente. E poi in quei giorni sta accadendo anche qualcos’altro, qualcosa di molto strano e inquietante: un bizzarro rapitore ferma con l’inganno alcune ragazze, le cloroformizza, le sequestra per alcune ore e poi le lascia libere fuori Vigàta: non le tocca, non fa violenza su di loro, neppure le deruba… le ragioni di questi rapimenti-lampo sembrano davvero incomprensibili. Montalbano capirà che i due casi, apparentemente diversissimi, sono in realtà legati, e soprattutto si renderà conto che per venire a capo di questa complessa indagine dovrà scoprire chi sia la misteriosa ultima fiamma di Di Carlo, la ragazza con cui il playboy ha trascorso una bellissima vacanza alle Canarie e che non ha presentato a nessuno dei suoi amici e conoscenti. E non dovrà solo scoprire la sua identità, ma anche dove si trovi adesso, perché non si sia presentata finora alla polizia, o se invece… non le sia successo qualcosa. In questa storia in cui le apparenze sono quanto mai ingannevoli, Montalbano, benché il baluginare delle parvenze rischi più volte di condurlo in errore, come di consueto non mancherà di risolvere l’intricato caso.
 
 

Velvet Gossip, 14.9.2020
Anticipazioni
Il Commissario Montalbano chiude? La rivelazione di Cesare Bocci: “La serie tornerà, ma…”

Il cast de Il Commissario Montalbano non sembra avere intenzione di fugare i legittimi dubbi dei milioni di fan della serie in merito al suo futuro. Da tempo, Luca Zingaretti sembra sempre più orientato verso un addio alla trasmissione, mandando il Commissario in pensione in rispetto delle figure scomparse in questi ultimi anni; ovviamente Andrea Camilleri, ma anche il regista storico Alberto Sironi, del quale lo stesso attore ha nel tempo preso il posto. Al momento, si sa che un episodio, l’ultimo girato in ordine di tempo, sarà trasmesso il prossimo anno; oltre, è per il momento buio totale.
L’episodio registrato, poi forse l’ultimo film: Cesare Bocci ipotizza il futuro de Il Commissario Montalbano dopo la morte di Andrea Camilleri
Ad affrontare l’inevitabile argomento è intervenuto anche Cesare Bocci, volto storico de Il Commissario Montalbano nel personaggio di Mimì Augello. Ospite di Francesca Fialdini, tra una battuta e un siparietto in compagnia del collega Peppino Mazzotta, Bocci è stato chiamato a dirimere la questione sul futuro della serie. Su questa, almeno per il momento, l’attore appare sicuro; “Montalbano tornerà“, ha spiegato infatti alla conduttrice. “Solo che non dipende da me. Deve andare in onda un film già girato, poi ce ne sarà un altro, Riccardino, che è l’ultimo romanzo di Camilleri e la tomba ideale di Montalbano“.
Il film già girato è Il Metodo Catalanotti, da tempo annunciato dai produttori de Il Commissario Montalbano e in programma per i primi mesi del 2021. Sembra una novità invece l’ipotesi di girare Riccardino, il romanzo scritto da Camilleri come conclusione ideale della serie; non si hanno per il momento notizie di un adattamento in lavorazione. In attesa di veder collocato il primo film su Rai Uno, Bocci si è lasciato andare ai ricordi, commentando quest’esperienze pluridecennale: “Sono stati vent’anni fantastici“, ha concluso. “Sono successe tante cose. Amori nati, naufragati, nati tanti figli“.
Saverio Felici
 
 

Vertele, 14.9.2020
Destacados de programación del lunes 14 de septiembre de 2020
Acordes y desacuerdos en 'Idol Kids' para atenuar el éxito sostenido de 'Mujer' en Antena 3

[...]
2. La 2
Nuevo episodio del 'Comisario Montalbano' en La 2 (22:00 horas)
La 2 emite un nuevo episodio de su serie italiana Comisario Montalbano, protagonizada por Luca Zingaretti en el papel principal.
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 14.9.2020
Michele Riondino. Io adottato da Roma la città presuntuosa bellezza

«A venire a Roma, a fare un provino per entrare all'Accademia nazionale d'arte drammatica "Silvio d'Amico", a inciampare in emozioni e conoscenze che m'hanno cambiato la vita - si confida e si guarda indietro Michele Riondino - m'ha spinto un fatto semplicissimo: nella mia Taranto non esisteva un teatro. Io per anni il teatro l'ho visto, da appassionato, nelle videocassette. Perciò, finita la scuola, sono scappato».
È stata una fuga verso la scena, l'attrazione verso il mondo degli attori, la necessità di toccare con mano una gran palestra di spettacoli, e trovarsi a pochi metri da allestimenti, artisti e fenomeni culturali metropolitani, a far emigrare a Roma "Il giovane Montalbano", fiction nel 2012 che tanto credito ha fruttato a Riondino, e a far diventare romano il ghignante e notevole demone de "Il maestro e Margherita" di Bulgakov.
[...]
Cosa significò fare "Il giovane Montalbano"?
«Il successo mediatico del piccolo schermo m'ha aiutato in tutto quello che ho scelto di fare. A vedermi nel Bulgakov dello Stabile dell'Umbria con regia di Andrea Baracco è venuto al 50% anche il pubblico di Montalbano. Ma la grammatica teatrale è la mia certezza».
[...]
Rodolfo di Giammarco
 
 

DavideMaggio, 15.9.2020
Ascolti TV | Lunedì 14 settembre 2020. Vince Montalbano in replica (3,7 mln – 19.06%), GF VIP 18.99% (2.8 mln). A mezzogiorno: Palombelli 16.65%, Falchi-Convertini 8.79%-7.38%, Magalli 5.05%-7.16%, Volpe 0.9%. Parodi torna su La7 con l’1.08%

Nella serata di ieri, lunedì 14 settembre 2020, su Rai1 – dalle 21.40 alle 23.53 – la replica de Il Commissario Montalbano – Una Faccenda Delicata ha conquistato 3.700.000 spettatori pari al 19.06% di share (Camilleri Racconta: 3.924.000 – 16.57%).
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Mattia Buonocore
 
 

La Repubblica (ed. di Bologna), 15.9.2020
Al nuovo Fantateatro la Gabbianella di Luis Supulveda

Torna la magia delle favole, interpretate ancora una volta dalla compagnia Fantateatro nella quarta edizione di "Bimbi al Duse con Conad", in programma da oggi al 27 ottobre. Sette letture tra i classici per l'infanzia a partire, oggi, dalla "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" di Luis Sepùlveda. Seguiranno poi "Gli Sporcelli" di Roald Dahl, l'eccentrica "Pippi Calzelunghe" di Astrid Lindgren, "Topiopì" di Andrea Camilleri, "Il libro della giungla" di Kipling, "Cipì" di Mario Lodi e "La magica medicina" ancora di Roald Dahl.
p.n.
 
 

Tv Fanpage, 16.9.2020
Il commissario Montalbano batte anche Bradley Cooper e Lady Gaga in “A Star is born”
Il fascino del Commissario Montalbano colpisce ancora e vince la sfida degli ascolti tv. La fiction di Rai1, infatti, è stata vista da oltre 3 milioni di telespettatori superando il pubblico di “A star is born” il film trasmesso da Canale 5, con protagonisti Bradley Cooper e Lady Gaga non ha colpito il pubblico della prima serata.

Con la fine della stagione estiva pian piano ci si addentra nei nuovi palinsesti palinsesti televisivi che offrono una scelta più vasta in fatto di programmi tv. Nella consueta sfida degli ascolti che si consuma ogni sera, ieri martedì 15 settembre, a conquistare il podio è, come sempre, Il Commissario Montalbano, in onda in prima serata su Rai1. La fiction della rete ammiraglia del Servizio Pubblico non tradisce le aspettative del pubblico che, ogni volta, la sceglie con entusiasmo confermando il legame venutosi a creare con il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri. Zingaretti-Montalbano supera, anche in replica, la prima visione di "A star is born" su Canale 5.
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Ascolti tv martedì 15 settembre 2020
Nella serata di ieri, martedì 15 settembre 2020, su Rai1 Il Commissario Montalbano – La Giostra degli Scambi ha interessato 3.647.000 spettatori pari al 18.1% di share.
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Ilaria Costabile
 
 

Quotidiano.net, 17.9.2020
Blog Arminio
Libri / Come dire addio a Montalbano

Era un commiato, e io l’ho sempre saputo. Per me infatti, come forse per altri era cominciato prima. Trenta maggio 2019: esce in libreria Il cuoco dell’Alcyon, Sellerio. Ce l’avevo sul comodino più o meno da allora, intonso. Un caso più unico che raro, visto che da quando mi hanno conquistato – in tarda età, come l’autore -, i libri di Montalbano godono di una corsia preferenziale tra le letture e passano avanti, il lampeggiante tenuto appoggiato sulla scocca da Mimì Augello, tra l’invidia dei romanzieri in coda.
Dunque stavolta qualcosa di diverso s’ers percepito, questo pare chiaro. Forse nella postfazione, in cui Camilleri ammette che quel racconto non è regolamentare e però, assicura, “me lo sono fatto leggere, e fila come un romanzo di Montalbano”. Era lì fermo, in ogni caso: nonostante le premesse non volevo sprecarlo e alla fine ho avuto ragione. Andrea Camilleri, il papà del commissario di Vigata e di molto ancora, è venuto a mancare difatti due mesi dopo. Da allora ho atteso ancora, più di un anno: a quel punto mancava Riccardino, di cui tutti noi cultori conoscevamo il nome. Era la fine, che un tipo come l’autore di Porto Empedocle non poteva lasciare in sospeso o alla mercé di qualche autore televisivo. Camilleri, con lucidità estrema, a un certo punto l’ha pensata, l’ha scritta e l’ha consegnata in attesa degli eventi.
Questa estate li ho letti entrambi. Cosa mi aspettavo? Ne più né meno di quanto poi ho trovato. Su tutti e due ho letto critiche motivate, perché né Riccardino né Il cuoco dell’Alcyon sono alla pari delle storie sul commissario di Vigata. Camilleri si è divertito con noi? ‘Ci pigliò tutti po’ culu’? Sì, certo, questo pare ovvio. E io, essendo lui, al suo posto avrei fatto uguale. Per il finale, soprattutto!
Vietati gli spoiler a fa il recensore, dunque da qui in poi non si può aggiungere altro. Basti sapere che se con Il cuoco dell’Alcyon semplicemente l’autore – per sua stessa ammissione e per genesi di quella storia – gioca a scimmiottare all’uso di Vigata i grandi polizieschi americani (quelli in cui il buono salta dal finestrino dell’auto in fiamme un secondo prima di finire nel burrone), con Riccardino Camilleri compie il miracolo di agganciarsi definitivamente alla più illustre tradizione letteraria isolana, con quella lucida follia che da secoli ha contraddistinto i romanzieri siciliani.
Un romanzo-testamento, d’altronde non poteva fare altro che giocare un’ultima volta con l’Umorismo pirsndelliano (come in una conversazione, una delle tante, con Bonetti-Alderighi). Infine Camilleri ha giocato una volta in più, e bene, sulla finta dicotomia tra romanzo alto e popolare, tra Letteratura e libelli, di cui da troppo abbiamo le tasche piene. Sono rimasto male? Certo che sì. Me l’aspettavo? Certo. E’ rimasta immutata la mia passione per Andrea Camilleri e per il suo Salvo Montalbano? Affatto, è cambiata eccome. Si è elevata ed è cristallizzata, e ora sta lì, dove nessuno la può più scalfire.
Peccato soltanto che sia dovuta finire. Ma non è poi così, in fondo, la vita? “La fregatura – suole dire un mio amico – era già scritta nel contratto”. Stava in quelle righe piccole, minuscole a fondo pagina, fatte apposta per fregarti. Solo che noi, come tutti, non potevamo non firmare. Tanto più che, guardando mentre scrivo nella lunga fila dei ‘Memoria’ Sellerio, così piccoli e tutti uguali, la schiera dei Camilleri oggi è una lunga avventura che valeva la pena di essere vissuta al completo, Riccardino compreso.
Ps, mentre iniziavo queste righe, in spiaggia, una donna dalla sdraio di fianco leggeva assorta La gita a Tindari. L’ho odiata fino a farmi male.
 
 

24live, 17.9.2020
Cannistrà ospita il Festival Andrea Camilleri: al centro le diverse espressioni della leadership

Cannistrà, storico borgo collinare di Barcellona Pozzo di Gotto, ospiterà dal 27 al 29 settembre 2020 il “Festival Andrea Camilleri”. La manifestazione, che mette insieme espressioni artistiche e culturali, è organizzata dall’associazione Cannistrà e si svolgerà nell’area di Via Adelaide (Zona Pozzo).
Il Festival vivrà una giornata preliminare con un evento speciale in programma domenica 20 settembre 2020 alle 18 che vedrà protagonista la musica. Nella tenuta dell’azienda agricola “Ararat” andrà in scena “Punti di ascolto”, una performance musicale del Coro Polifonico “Ouverture”, diretto dal Maestro Giovanni Mirabile.
A ricoprire il ruolo di Direttore Artistico del Festival Andrea Camilleri è lo scrittore Antonio Alizzi mentre il Media Partner dell’intero cartellone sarà la nostra testata giornalistica 24Live.it
Il Festival, che vuole essere un tributo ad Andrea Camilleri, avrà come filo conduttore la leadership e le sue variegate espressioni. “Per il tema della manifestazione – precisano gli organizzatori – non a caso abbiamo ripreso il titolo del libro-dialogo “La lingua batte dove il dente duole”, edito da Laterza qualche anno fa, che ha per protagonisti proprio lo scrittore di Porto Empedocle e il linguista Tullio De Mauro”.
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La Repubblica, 17.9.2020
Povera Europa sembri proprio la mia Grecia

L'ultimo giallo di Petros Markaris inizia con un funerale. Solo che la bara è vuota: perché quelle che sfilano mestamente nelle prime pagine del libro sono le esequie "della sinistra". Nella crisi di partiti e ideologie, i poveri di Atene non sanno più a che santo votarsi. In loro soccorso giunge un ricco uomo d'affari saudita, deciso a creare un enorme complesso turistico alle porte della capitale, ma non fa in tempo a mettere nero su bianco il progetto che viene assassinato. «Incredibile, arriva qualcuno per investire su questo paese e lo ammazziamo» è il caustico commento del commissario Kostas Charitos in L'omicidio è denaro , quindicesimo romanzo di Markaris che ha per protagonista uno dei poliziotti seriali di maggiore successo in Europa (in Italia lo pubblica ora La nave di Teseo). Ancora più che in altre occasioni, stavolta la sua indagine, aiutata dall'immancabile moglie Adriana fra effluvi di souvlaki, carciofi alla costantinopolitana e piselli con feta, fa affiorare non solo il profilo di un killer ma pure gli enigmi del nostro tempo. Il momento propizio per interrogare l'83enne autore sul mondo di oggi visto dalla ultramillenaria spianata dell'Acropoli.
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L’anno scorso è mancato Andrea Camilleri: le fa piacere che il commissario Charitos venga paragonato a Montalbano?
«Molto, anche perché Camilleri era un caro amico. Ho sulla scrivania di casa il suo ultimo romanzo, non vedo l’ora di leggerlo».
Charitos viene paragonato pure a Maigret.
«Viviamo in un'epoca in cui bisogna sempre dare un'etichetta alle cose: il vero nome non basta. Per cui Charitos sarebbe il Maigret greco e io il Simenon greco. Lascio che dicano, anche se non è poi tanto vero. Charitos somiglia di più a Montalbano e io a Camilleri, come la Grecia somiglia più all'Italia che alla Francia. Facciamo tutti parte del Sud».
Enrico Franceschini
 
 

RTVE, 17.9.2020
Literatura
Del comisario Montalbano a Petra Delicado: el retorno de las mejores series de novela negra
Detectives míticos, cierre de trilogías superventas y nombres nuevos que siguen con fuerza, entre los destacados

Las opiniones desde el sector editorial son unánimes: una vez atravesado el parón de publicaciones del confinamiento cuando aumentaron los índices de lectura, 2020 se ha desvelado como el año de la cosecha fértil de novedades literarias. Una bonanza de calidad y cantidad que también alcanza a la novela negra con aluvión de retornos de sagas policiales consolidadas. A continuación, una selección de algunas de las que más sobresalen.
Comisario Montalbano (Andrea Camilleri )
El comisario Montalbano no necesita presentación. El personaje creado por Andrea Camilleri es el detective más célebre de la novela negra europea reciente. Un policía siciliano, amante del buen comer, instintivo y honrado, que dirige la comisaría del pueblo de Vigàta (trasunto del Porto Empédocle natal de Camilleri).
Un sabueso puramente mediterráneo que el escritor imaginó con un frondoso mostacho y creó a semejanza de Pepe Carvalho, el detective de su íntimo amigo Manuel Vázquez Montalbán en cuyo nombre se inspira.
Camilleri no siempre se dedicó a la escritura de libros, sino que hasta los setenta años sobre todo dirigió obras teatrales y fue guionista en radio y televisión.
El éxito le llega cuando el común de los mortales se jubila: Con 70 años triunfa con La stagione della caccia (1992), inspirado en la Sicilia rural decimonónica, y con su estilo irónico conquista definitivamente al público desde 1994 con Montalbano. Las historias han sido llevadas a televisión en una exitosa serie protagonizada por Luca Zingaretti que emite La2 de TVE
Tirar del hilo (Salamandra) es la novela número treinta de Montalbano publicada en España y pivota sobre el drama de la inmigración, un tema que obsesionaba a Andrea Camilleri, fallecido el pasado año a los 93 años, junto con los tentáculos de la mafia y sus imbricaciones sociales o la maraña de la burocracia italiana. Todas preocupaciones que conectan con las de propio escritor, veterano afiliado del Partido Comunista y muy crítico con el poder político.
El elenco de secundarios de la serie de novelas también es memorable: desde Livia, la eterna novia en una relación a distancia, Catarella y sus confusiones nominales o el leal Mimi Augello. Un retrato que conforma aquello tan manido de un universo propio.
En Italia ya ha salido a la venta el último libro de la saga, Riccardino, hay dos pendientes en español, que el novelista y dramaturgo reverenciado en su país, dictó ya ciego a su secretaria Valentina. El prolífico Camilleri escribió hace quince años el cierre de Salvo Montalbano, inquieto por si alguna discapacidad le impedía dar el final que deseaba a su amado y también un poco detestado comisario.
La comisaria Petra Delicado (Alicia Giménez Barlett)
“Quería un personaje que fuera mujer y tuviera protagonismo porque la mujer en la novela negra o es la víctima, que aparece muerta en la primera página, o es la ayudante de alguien”.
Bajo esta firme-y clarividente en tiempos del postfeminismo- declaración de intenciones ideó Alicia Giménez Barlett (Premio Nadal y Planeta) a la inspectora Petra Delicado en Ritos de muerte en 1996.
Sus señas de identidad: inconformista, peleona y contradictoria, siempre acompañada de su inseparable compañero Fermín Garzón. Una jefa que posee el arrojo imprescindible para ser una de las primeras mujeres al mando de la policía española. Así la moldeó Barlett.
La novelista ha convertido a su primero inspectora y luego comisaria en un referente feminista en la novela negra, su popularidad subió exponencialmente con la serie protagonizada por Ana Belén y Santiago Segura en 1999. En Italia, donde la saga ha despachado un millón de ejemplares, también cuenta con su propia versión televisiva.
Sin muertos (Destino) aterriza en las librerías a finales de septiembre y es la novela número doce protagonizada por Petra Delicado en la que bucea en sus memorias: desde su expulsión de un colegio de monjas, sus relaciones fallidas hasta la toma de conciencia de las riendas de su propia vida.
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Ana Belén García Flores
 
 

Tv Fanpage, 17.9.2020
È ora di mettere un freno al commissario Montalbano
Dietro il successo eterno e indiscutibile della fiction con Luca Zingaretti si nascondono due insidie: un pubblico stanco delle repliche e la paralisi della televisione generalista che da anni scappa dal confronto con la fiction dei record. Rai1 tuteli il suo titolo più pregiato, preservandolo dall’abuso di repliche fatto negli ultimi anni.

Né l'astinenza né l'eccesso hanno mai reso l'uomo felice. E se non è eccesso, quando parliamo di Montalbano, poco ci manca. Lungi dal volersi esibire in un sacrilegio, una posizione che ha il sapore di imprecazione, ma sarebbe ora che in Rai prendessero in considerazione di porre un limite all'abuso di Vigata fatto negli ultimi anni.
Da tempo, ormai, Rai1 si serve dei racconti di Andrea Camilleri in tutte le salse. Vale per Montalbano lo stesso discorso del maiale per la cucina di terra e del tonno per quella di mare: non si butta via niente. E così la prima rete del servizio pubblico ha scoperto, non senza una certa sorpresa, che non sono i soli episodi inediti a radunare gli italiani davanti alla Tv come accade solo per una serata di Sanremo o una partita della nazionale, ma che le repliche degli oltre 30 film di Montalbano sono redditizie, in fatto di ascolti, come la più fortunata prima visione di una fiction di successo.
La recente pandemia che ha fermato le produzioni, ed esaurito le scorte delle emittenti, ha portato questa strategia dell'accanimento agli estremi, con gli appuntamenti in replica in onda anche in apertura di stagione e non solo nell'abituale finestra inverno-primavera.
Un fenomeno particolare che se da una parte favorisce la gloria eterna del Commissario Montalbano, dall'altra ridimensiona fisiologicamente le aspettative per i nuovi film e, più di tutto, può stancare il pubblico. Montalbano è diventato una liturgia, una festa comandata da cui non si può fuggire, una messa dai dialoghi imparati a memoria, una tale certezza di riscontro di pubblico da aver condizionato l'intero panorama televisivo. Perché quando c'è Montalbano la concorrenza scappa, come ha legittimamente fatto Mediaset negli ultimi anni. Se c'è Zingaretti in prima serata non c'è altro e quindi cos'altro puoi vedere?
Non si tratta di una posizione "contro" Montalbano a prescindere e non c'è alcun dubbio che quello con Luca Zingaretti sia il prodotto più riuscito degli ultimi anni, quello di maggiore successo della storia recente della Tv e il più trasversalmente acclamato. Ma oltre alla sensazione di una programmazione monotematica, genuflessa all'immaginario siculo dei paesaggi di Sciacca, Rai1 rischia involontariamente di generare una paralisi del panorama televisivo che, sul lungo periodo, sarebbe sfavorevole per tutti. Montalbano è una perla, va pertanto trattata con parsimonia.
Andrea Parrella
 
 

Malgrado tutto, 18.9.2020
Camilleri, l’itinerario del ricordo fra statue e dipinti
I simboli artistici che ricordano lo scrittore, ad un anno dalla scomparsa, ad Agrigento e Porto Empedocle

Pare che il senso di responsabilità, alla fine, abbia prevalso sugli eventi di commemorazione, a un anno dalla scomparsa, di Andrea Camilleri. Pare che il ricordo doveroso e commosso di due comunità – quella di Porto Empedocle, sua città natale, e quella di Agrigento – abbia spento le tensioni che per qualche giorno alcuni commentatori seriali avevano tentato di favorire, con calcolata ingenuità e più basso movente, nel tentativo di contrapporre all’idea del tributo di memoria al grande scrittore il conflitto fra le due città, vicine, che lo hanno – di fatto congiuntamente – celebrato.
Tentativi che una volta sconfitti dalla sostanza delle cose hanno perduto un’identità chiara e non sono stati assunti alla rivendicazione di chi li ha posti in essere: sono scomparsi, semplicemente, come molte piccole cose inutili della vita quotidiana.
Sì, perché nel caso specifico gli assunti concettuali che hanno presieduto i numerosi tentativi di argomentazione logica erano davvero grotteschi e del tutto insostenibili, partoriti da eccessi di opinione che non nascondono uno straccio d’idea.
Uno scrittore, qualunque esso sia, appartiene alla comunità del mondo: dei lettori, innanzitutto, e poi della città che gli ha dato i natali, di quella in cui si è formato, di quella in cui ha vissuto, e dei luoghi in cui ha scritto e nei quali ha fatto esperienza di vita, e se – come nel caso di Andrea Camilleri – tutto il suo mondo ideale ha finito per essere ammantato di Sicilia, allora la sua stessa identità appartiene di diritto a una sorta di memoria collettiva che è bene gli dia il suo tributo.
Il ricordo ha un valore di presidio di cultura e di difesa del vivere civile, ed ecco che Porto Empedocle e Agrigento hanno dato la migliore testimonianza di sé con due iniziative che hanno immediatamente ricevuto il sostegno delle amministrazioni comunali di riferimento e si sono risolte in un momento più grande di celebrazione del senso di comunità, venendo meno le ragioni contrapposte di un retorico municipalismo di fronte alle cose che oggi rimangono e che esistono, belle per come sono state realizzate.
A Porto Empedocle, la città che ha dato i natali a Camilleri, il ricordo è stato affidato a un grande murale che raffigura lo scrittore nell’atto di affacciarsi quasi a un dialogo: lo fa in modo curioso eppure in qualche maniera discreto, proprio a un fianco del Comune, vigile delle sorti del suo paese.
A realizzare l’opera, che appare in pieno contesto, e perciò senza quegli effetti di fastidioso straniamento che sovente hanno gli interventi di street art, l’artista siciliano Salvo Ligama – uno dei più noti e tra i più incisivi, anche per i suoi interventi di ripensamento degli spazi urbani attraverso l’espressione visiva – che per alcuni giorni ha lavorato mentre la comunità gli si assiepava intorno a sostenerlo.
Per lui è stato compiere un atto d’amore e di devozione culturale verso un autore che ama e che ha voluto rappresentare in forme realistiche, deliberatamente, rinunciando alla tentazione di un progetto di interpretazione artistica del mondo letterario dello scrittore: è lui – sono parole di Ligama – una “icona trasversale” dei suoi stessi personaggi, e l’intuizione dell’artista è stata proprio la risposta a questa semplice tautologia: Camilleri è Andrea Camilleri.
A volere quest’opera, dentro un più articolato progetto di rigenerazione urbana del centro storico, due associazioni attivissime e con le idee chiare: Mariterra e Archeoclub Sezione di Agrigento. Presiedute rispettivamente da Erika Zoppo e Angela Roberto, donne impegnate che traducono l’amore per i luoghi in impegno civile, insieme a tanti altri che hanno deciso di fare gruppo con uno spirito di sincera solidarietà e chiaro intento, le due associazioni hanno inaugurato un vero e proprio percorso turistico sui luoghi dello scrittore valorizzando ancora una piccola e suggestiva scalinata sulle cui alzate sono stati scritti i nomi di alcuni romanzi dello scrittore, tracce concrete di quella Vigata letteraria che inizia proprio fra questi vicoli ansati e alcune splendide aperture di varco.
Ad Agrigento, città nella quale Camilleri si è formato agli studi classici, scegliendo un piccolo e prezioso slargo che ha finito per diventare come la più piccola piazza al mondo, tra la via Atenea e la strada in cui visse per qualche tempo Luigi Pirandello, il Comune ha voluto ricordare lo scrittore proprio a ridosso di una scalinata che è stata simbolo di invenzione romanzesca con la collocazione di una statua di Giuseppe Agnello, uno dei più famosi scultori siciliani.
Più che una statua, in realtà, è una composizione materica che sembra richiamare un frammento possibile di vita quotidiana come anche un fotogramma cinematografico ritessuto a ospite fisso di Agrigento. C’è Andrea Camilleri, seduto, non con la postura di chi si ritrae dalla folla e si schermisce rinchiuso al proprio spazio ma con la serena comodità di chi osserva il passeggio in attesa di un saluto e di un colloquio amichevole.
A fianco a lui un tavolino, su cui distende il braccio, con due libri che lo accompagnano, e una sedia vuota: l’invito alla sosta è chiaro e provocato, e difatti si è fatta la fila perché tutti hanno voluto uno scatto accanto al Maestro, ognuno portando qualcosa di sé: chi sorridendo, chi intimidito, chi alle spalle in un abbraccio e chi in gruppo di famiglia come ritrovando un parente venuto da lontano.
L’opera, pregevolissima, ha trovato proprio nella sedia vuota il suo punto di forza, la sua idea fortissima di dialogo; e del resto Giuseppe Agnello, che è artista anche nella sua trasognata fisicità di uomo, ha sempre lavorato nel rapporto fra la materia e lo spazio reale, indagando il rapporto spaziale come luogo di risanamento identitario.
Beniamino Biondi
 
 

El Cultural, 18.9.2020
‘El joven Wallander’: loa a Henning Mankell
A pesar del éxito de las anteriores adaptaciones de la novela, la versión de Harris para Netflix supera el reto con solvencia

Tras el éxito cosechado por las adaptaciones televisivas de las aventuras protagonizadas por el comisario Salvatore Montalbano, los impulsores de la longeva serie -todavía en emisión- basada en las novelas de Andrea Camilleri decidieron seguir explorando la biografía del policía siciliano con una precuela. El escritor de Porto Empedocle, que ya estuvo al frente de la teleficción original, se alió con dos de sus más fieles colaboradores (Francesco Bruni y Salvatore De Mola) para descubrirle al público cómo fueron los primeros años de uno de los personajes más famosos del policíaco contemporáneo, posibilidad que el propio Camilleri ya había desarrollado brevemente en el libro de relatos bautizado como ‘El primer caso de Montalbano’.
Si traemos a colación este ejemplo es porque Kurt Wallander, como Montalbano, forma parte de esa estirpe de héroes novelescos con sitio reservado en el panteón de la cultura popular y, sobre todo, porque el guionista Ben Harris ha calcado la operación arqueológica que en 2012 y bajo el amparo de la Rai, llevaron a cabo Andrea Camilleri y sus adláteres. Aunque haya similitudes de partida entre las dos producciones, la empresa asumida por Harris se enfrentaba a no pocos contratiempos. En primer lugar, no podía contar con la asesoría del creador del inspector Wallander, puesto que el escritor sueco Henning Mankell falleció en 2015. Continuar la obra de un autor reputado -aunque sea en otro formato- y con infinidad de admiradores es como firmarle un cheque al portador al fracaso, un cheque que puede ser cobrado en cualquier momento. Ciñéndonos al terreno literario, pocos son los que han podido sobrellevar el peso de una herencia como la que supone devolver a la vida a un ídolo al que todos daban por muerto y cuyo regreso, tan deseado como inesperado, siempre será observado con recelo (valgan como casos de éxito ‘La rubia de ojos negros’, que supuso la feliz resurrección de Philip Marlowe de la mano de Benjamin Black/John Banville, y ‘Problemas de identidad’ en el que Carlos Zanón recupera al detective Pepe Carvalho surgido de la imaginación de Manuel Vázquez Montalbán… cuyo segundo apellido sirvió para dar nombre al comisario inventado por Camilleri).
[...]
Enric Albero
 
 

ANSA, 18.9.2020
Luca Zingaretti da Montalbano a re dark su Sky
L'attore nei panni di un ambiguo direttore di carcere nel prison drama Il re

Roma. [...] Ventun anni di Commissario Montalbano, due decenni in cui ha prestato il volto e la voce al personaggio ideato da Andrea Camilleri e l'ha portato in televisione. Con il suo senso di giustizia e la sua pietà umana, questo commissario si è immerso dal 1999 nel dolore, rimettendo ordine nelle cose senza accettare comode verità. E senza nascondersi Ma va detto, che è da quando sono andati in onda gli episodi del 2020 che Luca Zingaretti esprimeva incertezza sulla continuazione della sua avventura a causa dei tanti addii che si sono susseguiti nel corso degli ultimi due anni e che hanno costellato di lutti la serie tv (sono morti Camilleri, il regista Alberto Sironi e lo scenografo Luciano Ricceri che ha costruito l'immaginario camilleriano in tv). Nel 2021 ci sarà comunque un altro episodio, annunciato già nei palinsesti Rai, 'Il metodo Catalanotti'. Possibile che dopo ventun anni di grandi successi e di numeri record - quasi 6 milioni in replica - l'attore abbia deciso di mollare? I fan da tempo gli scrivono sui social di non abbandonare. E molti si augurano sia un addio momentaneo, un periodo sabbatico e non un congedo definitivo. [...]
Nicoletta Tamberlich
 
 

il manifesto, 19.9.2020
Andrea Camilleri e il cerchio magico del raccontare
Scaffale. «Il dio della curiosità», due interviste al «maestro di Vigata» di Guido Festinese, edito da Il canneto. Tra ricordi d’infanzia e scoperte letterarie, «ritmo» e mestiere del creatore di Montalbano

Un tempo sospeso, si direbbe quasi incantato, scandito da una musica che evoca il Mediterraneo, le sue lingue e le sue rive. Sullo sfondo, Genova, amata e vissuta. Ma anche la poesia dilatata della lingua siciliana, i rimandi lusitani di Tabucchi, l’eco di una partitura jazz senza confini.
NELLE DUE INTERVISTE ad Andrea Camilleri che Guido Festinese ha raccolto in Il dio della curiosità (Il canneto editore, pp. 70, euro 9) c’è molto del «maestro di Vigata» – scomparso il 17 luglio dello scorso anno – ma anche dell’autore, tra i maggiori giornalisti, ed esperti musicali del nostro paese. Se l’occasione degli incontri – avvenuti nello spazio di un mese, alla fine del 2015 – era stata rispettivamente l’assegnazione a Camilleri del Grifo, un premio destinato a chi abbia saputo farsi ambasciatore del fascino della città della Lanterna, e la sua partecipazione al festival capitolino «Più libri più liberi», l’approccio di Festinese sembra muovere da un orizzonte simbolico dove musica e letteratura procedono intrecciate, tra rimandi all’autore di «Sostiene Pereira» e al Fabrizio De André di «Crêuza de mä».
Come dalla consapevolezza di uno sguardo rivolto verso lo stesso mare. Genovese, l’autore, incontra chi quella città, e in particolare il borgo di Boccadasse, ha fatto proprio per amore e scoperta, restituendone qualcosa perfino nello scenario dove opera il commissario Montalbano. «L’odore del mare di Genova mi ricordava stranissimamente quello del mio paese. Genova non era casa mia, era l’angolo preferito di casa mia. E Boccadasse la patria nella patria», ricordava lo scrittore, aggiungendo, «questa impressione uguale l’ho provata solo in un’altra città, il Cairo».
L’INTESA TRA I DUE, pare di cogliere nelle pagine del libro, è stata perciò immediata, tradotta in una sorta di divertita complicità.
Forse anche per questo il Camilleri che si racconta, seppur brevemente, in Il dio della curiosità mescola le scoperte letterarie ai ricordi d’infanzia, la «lingua» appresa con il teatro e le «regole» che si è dato trasformando la passione per la parola in un mestiere. «Io sono un uomo curioso – rifletteva Camilleri – non sono uno strucciolero. Alt, fermi, mi spiego. strucciolero è “Ma lo sai che quello è diventato l’amante di…?”. Di questo me ne frego, non me ne importa nulla. Fatti loro. Sono curioso dell’uomo, dell’umanità. Quando passeggiavo stavo con le orecchie che me le sentivo diventare delle antenne per captare le parole degli altri».
Festinese usa le parole di Tabucchi, «l’uomo ha imparato a vedersi e capirsi quando ha imparato a raccontarsi», per chiedere all’interlocutore del senso ultimo del suo lavoro. Camilleri concorda con la frase e replica: «Raccontarsi non è solamente la descrizione minuta, raccontare porta con sé una sfumatura, un alone dentro il quale entra l’ascoltatore. La conoscenza reciproca, più che attraverso la carta d’identità si può fare solo attraverso il racconto di sé rivolto agli altri».
ACCANTO ALLA SCOPERTA e alla curiosità c’è poi il metodo. Autore di più di cento libri, la metà dei quali con al centro il commissario reso celebre anche dalla serie tv – l’ultimo dei quali, Riccardino (Sellerio, pp. 242, euro 14) è uscito postumo quest’estate -, Camilleri ha raccontato a Festinese il suo modo di operare. «Secondo la mia pagina interiore (il racconto) deve essere composto di ventiquattro pagine divise in quattro capitoli di sei pagine. Se già in partenza sento che il racconto può concludersi in questo modo vuol dire che è un racconto che sta riuscendo. Se vado fuori strada, capisco che vado anche fuori misura, e il racconto già non mi sembra buono». Il tutto, aggiungeva, doveva però avere un suo «ritmo» interno. «Quando ancora vedevo, a un certo punto mi rileggevo la pagina ad alta voce e mi ascoltavo… e doveva suonarmi bene».
Guido Caldiron
 
 

Un libro tira l'altro ovvero il passaparola dei libri, 19.9.2020
UN FILO DI FUMO Andrea Camilleri

Si tratta di un breve romanzo ambientato nel secondo Ottocento, come altri del maestro, e questa volta i protagonisti sono numerosi membri nobili o borghesi della comunità vigatese. La trama ruota attorno alla sparizione di un carico di zolfo, destinato alla ditta di don Totò Barbabianca, ad opera di un suo nemico compaesano, Ciccio Lo Cascio.
Sono in tanti a volere la rovina dei Barbabianca, arricchitisi a dismisura e spesso non in modo specchiato, ma non si espongono mai e cercano di rimanere neutrali, come funamboli in precario equilibrio sulla corda, finché non è chiaro dove tira il vento. Immancabile la beffa finale, che chiude il cerchio e ricompone l’ordine delle cose.
Come sempre, Camilleri è un maestro nel tratteggiare personaggi nella loro meschinità, situazioni e scene da teatro, che sembrano frutto della fantasia ma non si discostano da quella che doveva essere la realtà caratterizzata da rivalità, invidie, omertà, opportunismo e illegalità.
Non so perché ma io vi ho colto anche dei legami, arbitrari o meno che vogliate, con altri autori siciliani che fanno parte della mia formazione: il naufragio della nave russa Tomorov mi ha fatto venire in mente il carico di lupini dei Malavoglia, così come Ciccio Lo Cascio mi ha portato alla mente lo zio Crocifisso. E poi il commercio dello zolfo e il dissesto economico che aleggia come uno spettro sulla ditta Barbabianca mi hanno portato alla mente il triste episodio del dissesto economico subito da Pirandello a causa dell’allagamento della miniera di zolfo in cui era stata investita la dote della moglie.
La narrazione all’inizio mi è sembrata un po’ lenta per via dei numerosi personaggi che vengono presentati indirettamente, ma la lettura prosegue più spedita nello svolgimento caratterizzato da numerose esilaranti scenette, colte e rese dall’immancabile sguardo ironico, come solo il maestro è in grado di fare.
Una particolarità del romanzo è la presenza in appendice di un glossario dei termini siciliani utilizzati, fortemente voluto dall’editore Livio Garzanti nel 1980 e mantenuto nell’edizione Sellerio per volontà dello stesso Camilleri, “perché la cosa sottilmente ci diverte.”
E chi conosce bene il maestro non se ne meraviglierà e insieme a lui ne sorriderà.
Chi lo ha letto che impressioni ne ha tratto? Chi ha intenzione di leggerlo?
Patrizia Bellanova
 
 

ZTL, 19.9.2020
Apre Floris, chiude Carofiglio
Ragusa, tutti gli autori di "A tutto volume"

Sarà il giornalista Giovanni Floris ad aprire l’11esima edizione di “A Tutto Volume – libri in festa a Ragusa”, mentre a chiudere la tre giorni letteraria sarà lo scrittore ed ex magistrato Gianrico Carofiglio.
Ragusa, dal 9 all’11 ottobre 2020, torna a ospitare la manifestazione che accoglie scrittori e incontri tra i suoi monumenti barocchi.
[...]
Ma sono tanti gli ospiti che arricchiranno il programma 2020 svelati oggi dal festival e che si aggiungono ai primi nomi già annunciati e alla prestigiosa media partnership di Radio 3 Rai che ha scelto di rilanciare in ambito nazionale i punti salienti della manifestazione con i collegati due eventi speciali dedicati a Camilleri e Bufalino.
[...]
 
 

La Repubblica - Robinson, 19.9.2020
Hanno ucciso nonno Giacomo

Una frase folle in cambio di un pezzo di carta. E molta tramontana, vento ghiacciato che schiaffeggia Napoli a gennaio. Anche bambini: quelli che, come i vecchi, non li guarda e non li sente mai nessuno. Ormai Maurizio de Giovanni è un giallista sociale, oltre che seriale. Scrive tantissimo, e l'ultimo prodotto sfornato dal suo opificio racconta la morte di un vecchio professore di Lettere in pensione, Giacomo Gravela, sembrerebbe solo monossido di carbonio (il poverino era costretto dalla nuora a campare in un gelido sottotetto) ma è chiaro che così non è. Troppo freddo per Settembre, un cognome, non il mese (Einaudi Stile Libero) mette sulle piste dell'assassino nientemeno che un'assistente sociale al consultorio Quartieri Spagnoli Ovest, Gelsomina Settembre detta Mina (era già apparsa con de Giovanni per Sellerio) e un ginecologo detective, il dottor Mimmo Gammardella.
[...]
Più della storia, per de Giovanni contano i personaggi e le loro ragioni. Bisogna mettere a posto le cose in senso etico, rovesciare quel luogo comune chiamato Napoli e dargli riconoscibilità universale: in Italia, sembra che i narratori di genere lo sappiano fare più e meglio degli "scrittori scrittori", sono loro ormai a raccontarci davvero i luoghi, i territori, i dialetti, le sfumature di una lingua in cui la forma è sostanza. Il grande Andrea Camilleri ha figliato benissimo, e ora per capire come siano fatti una città, un borgo di mare o il rovello di un'anima in pena, bisogna rivolgersi a chi artigianalmente mette insieme delitto e castigo: il peggiore dei quali è ancora nascere nel posto sbagliato.
Maurizio Crosetti
 
 

Scicli Video Notizie, 21.9.2020
Scicli: da piazzetta Aleardi in piazzetta “Camilleri”
La proposta viene lanciata da I Love Scicli

Scicli – Una nuova proposta per ricordare ancora di più Andrea Camilleri. La pagina Facebook di “I Love Scicli” ha lanciato la proposta di dedicare un luogo e/o una statua al Maestro Andrea Camilleri.
“La Sicilia e, in particolare, Scicli e il ragusano -scrive nella nota stampa I Love Scicli- devono tanto delle loro fortune televisive e turistiche allo scrittore di Porto Empedocle”.
“A Punta Secca lo hanno fatto: una piazza ‘Andrea Camilleri’ è stata appena inaugurata -si legge nel documento- mentre una statua dello scrittore campeggia già da tempo nel pieno centro della borgata marinara, meta di turisti fan della serie televisiva”.
“Non sarebbe il caso che anche la città di Scicli desse il giusto tributo a questo grande della letteratura italiana? Un posto ideale -aggiunge I Love Scicli- sarebbe un luogo in pieno centro, molto carino e già oggetto di attività e fermenti culturali”.
“Noi pensiamo -conclude- allo spiazzo che oggi viene definito “piazzetta Aleardi” già luogo di incontri letterari promossi dal circolo culturale Vitaliano Brancati”.
 
 

Il Foglio, 21.9.2020
La mafia immaginaria
Da “In nome della legge” a Montalbano, così cinema e tv hanno trasformato il racconto di Cosa nostra

Nell’Italia del dopo Covid le repliche di Montalbano hanno assunto un sapore ancora più sinistro. L’ennesimo ciclo di vecchie puntate era partito a fine marzo, in pieno lockdown, per “far fronte all’emergenza del Coronavirus” (così recitava il comunicato Rai), ma in quel momento tutta la tv era un flusso indistinto di “programmi registrati prima del dpcm sul Coronavirus” e Montalbano era solo uno dei tanti. Poi l’emergenza è rientrata, le scuole hanno riaperto, la televisione è ripartita, hanno rimesso in lockdown quelli del “Grande Fratello”, ma le repliche sono rimaste. Lunedì scorso, davanti a una puntata del 2016, il déjà-vu che evoca ormai ogni puntata di Montalbano ci parlava anche di qualcos’altro. Ecco che quella Sicilia arcaica, muta, immobile diventava la metafora perfetta di questo periodo sospeso, raggelato, intrappolato in una temporalità ciclica, tra un’emergenza alle spalle, l’incubo dei nuovi contagi e un vaccino che c’è ma non c’è ancora. Una metafora limpida, cristallina, perfetta. D’altronde, in un’ideale sala d’attesa del purgatorio italiano, nel brutto televisore a diciotto pollici sulla parete scrostata, sopra il display eliminacode (rotto), trasmetterebbero in loop una replica di Montalbano.
Andrea Minuz
 
 

Premio Letterario Giuseppe Dessì, 21.9.2020
Premio letterario Giuseppe Dessì - Cercatori di Meraviglie

Come sono diventato scrittore - Presentazione del volume di Giuseppe Dessì - Edizioni Henry Beyle.
Partecipano Giuseppe Marci, Stefano Salis e Paolo Lusci.
[Marci e Salis hanno ampiamente parlato anche di Andrea Camilleri, NdCFC]
 
 

Mangiatori di Cervello, 22.9.2020
Riccardino, “quant’è bravu ‘stu Montalbano!”
‘U cummissariu sta parlanno cu tri pirsone
E che gli spia?
Da ccà supra non si senti
Ma ‘stu cummisariu non po’ parlari cchiù forti comu fa chiddro di la tilevisioni?

Riccardino. Si intitola così l’ultimo romanzo di Andrea Camilleri, che vede ancora una volta il misterioso susseguirsi delle vicende del commissario Salvo Montalbano. Scritto già nel lontano 2005 e completato nell’ultima revisione del 2016, è rimasto custodito sino al nostro più recente 2020 tra le mura dell’editore Sellerio di Palermo, in onore ed in memoria della sua “amica del cuore” Elvira.
Un titolo donato non per qualche oscuro motivo, ma per semplice affezione al nome. Soprannome di Riccardo Lopresti, che assieme agli amici Mario Liotta, Gaspare Bonanno e Alfonso Licausi, sapientemente contornati da tante figure popolane e di “sfera celeste”, si ritrova a recitare, come il maestro Camilleri ci ha abituati alacremente, in un dramma alla siciliana: è tale per le vicende personali e per i comportamenti degli stessi personaggi, compreso Montalbano. Pieno di farfaterie, bugie, camurrie, aspetti nìvuri e al tempo stesso grotteschi nella semplice cornice di Vigata.
Teatrino siculo che nel linguaggio prosegue la sua incessante innovazione nel creare il vero – prosaicamente parlando – dialetto vigatese, che con le sue sfumature, i suoi tocchi, i suoi accenti ci immerge ancor di più nello sfondo e nella vita di Montalbano.
Lo scambio di battute in testa a questa pagina non è scelto a caso. Ha un suo significato nell’aprire una modesta riflessione sull’ultimo inedito dell’autore. Sì, modesta: altrimenti non potrebbe essere; almeno a voler stare alla volontà di Camilleri, che con la critica letteraria “alta” ha avuto sempre qualche cosa da ridire. Sempre modestamente, allora, proviamo a parlarne.
Quelle poche battute in apertura sono significative dell’intento dell’opera: studiare nel profondo e nel dettaglio il rapporto tra il Montalbano sulla pagina, il suo autore e il (successivo) Montalbano televisivo. Il teatrino alla siciliana non sussiste unicamente nella storia principale, quella del caso Licausi, ma riverbera anche nei dialoghi, diretti e non, tra queste tre figure.
Il Montalbano televisivo, in fondo, rimane in disparte, lontano dalla realtà, a cui in effetti non appartiene. Un’entità a cui la gente, per stessa popolarità del personaggio, si rivolge e prende esempio, ma che per l’autore rimane non tanto una brutta copia, ma un qualcosa che esiste e coesiste nel vero Montalbano che è – e rimane – diverso. E questo il vecchio Montalbano lo sa. Lo sa benissimo che il suo animo – o forse l’animo dell’autore stesso – è solcato da due strade: carta e televisione.
Non a caso vengono in mente parole di pirandelliana concezione.
Chi era colui? Nessuno. Un povero corpo – qui, spirito -, senza nome, in attesa che qualcuno se lo prendesse.
Riprese dallo stesso Camilleri:
E cioè che mentre che per doviri d’ufficio reciti un certo pirsonaggio, per cunfunniri la testa di chi stai ‘ntirroganno, tu, nello stisso tempo, ti osservi, ti consideri, ti giudichi, t’apprezzi o no.
Lo stupore di Vitangelo Moscarda non colpisce Camilleri e Montalbano: gli uni rimangono separati dagli altri, e certi di sé. Anzi, l’avversione che Montalbano prova verso il suo collega è decisa, seppur a tratti lo tocchi una falsa ammirazione per quel commissario così bravo e così scaltro.
E l’attori sarà sempre cchiù bravo di tia […] L’unica è che quanno trasmettono il programma che porta il nome tò, tu astuti la tilevisioni, nesci di casa e ti nni vai al ginematò a vidiri Paperino.
Dico falsa perché non scaturisce da un sincero sentimento, ma piuttosto dalla stanchezza degli anni che il vero Montalbano ed il vero Camilleri sentono; la stanchezza di un percorso che li ha portati a dubitare di sé stessi.
Ad ogni modo, ci tengo a sottolinearlo: da questa indagine lei è completamente fuori, ha capito? […]
‘Na vota si sarebbi arraggiato come a un pazzo e avrebbi fatto il quarantotto per mantiniri l’incarrico. Ora, ‘nveci, era contento che se la futtivano loro.

Si inserisce e prende sempre più forza una terza figura chiave, qui molto più concreata della versione televisiva del commissario: il “profissori autori”. Camilleri entra con vigore nella sua stessa storia. Il suo obiettivo è quello di semplificare la vita al suo personaggio, che però ostinatamente, pur preso dalla stessa stanchezza del suo creatore, si ribella all’esito inevitabile delle parole.
Sono io che informo te, e non capisco perché ti ostini a credere che sei tu a informare me. Questa storia di Riccardino io la sto scrivendo mentre tu la stai vivendo, tutto qua.
Montalbano non è perfetto, no; non è “comu cchiddro de la tilevisoni”, e l’Autore se ne accorge e se ne stanca. Ne va della sua stessa reputazione: avere un commissario imbranato, illogico, svogliato come protagonista di uno dei suoi romanzi è come tirarsi da soli una zappa sui piedi. Non può più fidarsi, o meglio, è stanco di fidarsi sempre dell’istinto “strambo” del suo commissario. Gli propone una conclusione che con le sue storie non ha nulla a che fare: evoluzioni motociclistiche, indagini favolose, indizi che piovono dal cielo. No, tutto questo Montalbano non lo può proprio accettare, e chiede tempo. Tempo per sé, personaggio e uomo.
Che scrivere comincia a stancarmi. E che voglio trovare subito una soluzione a questa indagine.
Ma quella te la devo trovare io, non tu! E allura sugno io a spiariti: nni sei capace?
No, l’Autore aviva torto

Quel tempo se lo prende, e capisce, si comprende, a volte si compatisce ed altre si loda delle sue capacità. Il vecchio Montalbano si riempie d’orgoglio e prova ostinatamente a trovare una soluzione, non solo al caso ma a sé stesso.
Per sapere se ci riesca, occorre leggere il libro. Un consiglio: ragionate sul finale.
Montalbano non ha considerato solamente un aspetto di questo conflitto a tre: mentre lui e il Montalbano della televisione sono personaggi eterni, per quanto i libri, i racconti, i programmi televisivi possano disintegrarsi e non piacere più; il “profissori autori”, seppur reciti lui stesso in una grandissima “pupazzata” deve lasciare quel ruolo che lo ingabbia, perché per lui il tempo passa inesorabile. E la Morte, la Cancellazione, l’Annullamento entrano a far parte del teatro letterario e reale, danzando anche loro con i destini dei due personaggi e del grande Camilleri.
Il giocoliere che manovra, non senza incertezza, il destino aereo delle sue palline.
Grazie maestro…
Riccardo Punis
 
 

La Sicilia (ed. di Ragusa), 22.9.2020
A Punta Secca adesso una piazza porta il nome di Andrea Camilleri

Punta Secca. La casa di Montalbano, a Punta Secca, si affaccia ora sulla piazza che porta il nome del suo papà letterario. È stata intitolata, infatti, al maestro Andrea Camilleri la piazzetta che dà sull’ingresso del luogo simbolo della borgata. Camilleri fu nominato nel 2001 Grande ufficiale al Merito della Repubblica [In realtà nel 2003, NdCFC]. In virtù di questo riconoscimento è stato possibile agire in deroga alla norma che vuole l’intitolazione di strade e piazze a persone decedute da almeno dieci anni [In effetti sono passati 17 anni, NdCFC].
L’intitolazione è nata motu proprio da una decisione “popolare”: circa un anno fa, a seguito di una proposta lanciata su Facebook dal santacrocese Gianni Giacchi e da altri cittadini-internauti, è stata accolta dall’amministrazione retta dal sindaco Giovanni Barone. Piazza Camilleri è stata presentata ufficialmente sabato all’ora del tramonto. In quel luogo si trova già un’erma di Andrea Camilleri realizzata in acciaio da Nino Barone, stimato artigiano camarinense. “Con questo provvedimento sindacale – ha sottolineato il sindaco Giovanni Barone – vogliamo ricordare tangibilmente un maestro di cultura, che ha fatto conoscere al mondo un’immagine positiva della Sicilia e dei luoghi di Montalbano. Camilleri con i suoi romanzi ha regalato alla nostra Isola e alla nostra frazione di Punta Secca il più efficace spot turistico”.
Presenti alla cerimonia anche il presidente del Consiglio comunale Piero Mandarà, l’assessore Giulia Santodonato e altre autorità. “Ritengo giusto – ha sottolineato il presidente Mandarà – che una frazione come Punta Secca, simbolo dei racconti dello scrittore Camilleri, tributi questo riconoscimento nei confronti di un personaggio che ha esaltato i valori della sicilianità promuovendo i nostri luoghi attraverso “Il Commissario Montalbano”. È il minimo che si potesse fare nei suoi confronti.
Punta Secca rafforza ancora di più il legame indissolubile con Camilleri. Il sindaco Franca Iurato, già nel 2017, per manifestare il riconoscimento e la gratitudine di tutta la comunità locale, conferì la Civica onorificenza alla casa di produzione televisiva e cinematografica Palomar e alla casa editrice Sellerio “per aver fatto sì che i nostri luoghi abbiano superato i confini del nostro territorio”. La giunta deliberò, inoltre, il conferimento della cittadinanza onoraria ad Andrea Camilleri, Luca Zingaretti e Alberto Sironi.
Alessia Cataudella
 
 

Télam, 23.9.2020
"La liebre que se burló de nosotros", donde Camilleri retrató su vínculo con los animales
Se trata de doce relatos sobre una persona que interpreta la conducta de los animales que aparecen enamorándose, asustándose o recurriendo a alguna treta para no ser atrapados.

Andrea Camilleri (1925-2019), uno de los escritores más famosos de Italia que trascendió a nivel mundial por su saga de novela negra protagonizada por el comisario Montalbano, aparece en "La liebre que se burló de nosotros" con una obra atípica y deliciosa que lo traslada a su infancia y adolescencia en la que cultivó el amor por los animales, protagonistas de estos doce cuentos cargados de ternura e inteligencia.
El amor por los animales surgió de la convivencia en la Toscana y en Sicilia, de la mano de su abuela materna Elvira que le enseñó a observar la naturaleza "con una mirada atenta y fascinada, donde la magia tenía un papel principal", según cuenta el autor en una de las últimas entrevistas concedidas antes de morir.
"Mi abuela tendía a "humanizar" a todos los animales que encontrábamos y, por tanto, era capaz de entablar conversación, por ejemplo, con un grillo que yo observaba fascinado. Mi abuela hablaba con el grillo, le daba un nombre, escuchaba sus respuestas y, créeme, conseguía entenderlo y hacerse entender", manifestó.
Esta descripción que el autor hace del vínculo de su abuela con los animales es la que aparece en sus cuentos, publicados por Duomo Ediciones, y que no transitan el terreno de la fábula. En los relatos hay una persona que generalmente es el propio autor que interpreta la conducta de los animales que pueblan su cotidianeidad, y aparecen enamorándose, asustándose o recurriendo a alguna treta para no ser atrapados.
Tampoco faltan situaciones donde son rescatados de la crueldad, como ocurre con Barón, un pequeño gato que el autor rescató de la calle cuando un grupo de niños jugaba con él como si fuera una pelota de fútbol. Sin demasiadas esperanzas de que sobreviviera lo vendó como una momia, y pudo vivir casi veinte años y hasta se enamoró de una de las tres hijas que tuvo el escritor.
En otro de los cuentos, Camilleri evoca a un jilguero que ingresó a su casa, se acurrucó entre sus pies, y aceptó mansamente volver a vivir en una jaula, sobre la que para sorpresa de todos, un día se posó un pequeño papagayo con el don de imitar la voz del autor.
El humor también se hace presente en la obra, cuando relata la historia de un curioso perro en apariencia muy salvaje, que tuvo en vilo a toda la familia, o en el cuento de los cerdos que se emborracharon en una fiesta de vendimia en la viña de su abuelo.
En otros relatos, el escritor da lugar a una mordaz crítica social y política como en "Los pavos no dan las gracias" dondeafirma que estos animales, que son alimento para los estadounidenses en el Día de Acción de Gracias, "tienen dignidad porque mueren pero no dan las gracias" mientras muchos jefes de Estado "sentados a la mesa del poderoso aliado norteamericano como invitados de honor, terminan igual que los pavos. Y ellos encima dan las gracias".
El cuento que da título al libro reconstruye una jornada de caza en la que acompaña a su padre y a un grupo de amigos, en búsqueda de alondras. De repente una liebre aparece entre unas matas de sorgo y su padre le dispara pero no la alcanza, ejecuta un segundo disparo de escopeta y, seguro de haber dado en el blanco, envía al joven Camilleri a buscar la presa que al caer hizo una voltereta, lo que indica para todo buen cazador que la liebre ha muerto. Pero cuando llega al lugar la astuta liebre ha desaparecido.
En otro de los relatos, el autor revela que en una oportunidad y luego de haber matado un conejo, se promete no volver a matar, pero continúa acompañando a su padre para disfrutar de estar al acecho sobre las matas de pasto y ver salir el sol. Solo disparará contra botellas vacías o latas oxidadas sobre las que practica su buena puntería.
Agudo observador de la realidad, Camilleri escribió estos cuentos, preocupado por el universo que estaba gestando la humanidad: "Si realmente un día logramos saber qué opinión tienen de nosotros los animales, estoy seguro de que no nos quedará más remedio que desaparecer de la faz del planeta, cubiertos de vergüenza", expresó el autor en el libro, dedicado a sus bisnietas Matilda y Andrea.
El escritor dice en el libro estar sorprendido de que los niños hayan perdido el contacto con la naturaleza, a tal punto que muchos desconocen cómo son los animales de granja o los peces, ya que sólo los vieron en las góndolas de los supermercados para alimento humano, lo que para el autor era una verdadera tragedia.
Con prólogo del español Fernando Aramburu (autor de "Patria") y bellísimas ilustraciones de Paolo Canevari, con cuyo padre Camilleri tuvo una larga amistad, estos cuentos son una especie de memoria escrita de su relación "con estos animales tan queridos" y que el escritor consideraba fundamental integrarlos "no solo a la niñez o a la adolescencia, sino también a la vejez", según manifestó.
El autor, que vendió más de 35 millones de libros a nivel mundial, se dedicó más de 40 años al guion y dirección teatral y televisiva, debutó tardíamente como novelista con "El curso de las cosas" pero no alcanzó notoriedad en su país hasta la publicación de la serie de novelas de género policial centrados en su personaje Salvo Montalbano. Con el primer libro de la serie llamado "La forma del agua" (1994) su obra trascendió gracias a su adaptación televisiva.
Claudia Lorenzón
 
 

Siglo XXI, 23.9.2020
Tirar del hilo, de Andrea Camilleri. Editorial Salamandra
Magníficas historias literarias y fílmicas en las que se ofrece literatura y cine cariñosamente cogidas por su mano con maestría

Desde que tomó la antorcha para alumbrar la novela de serie negra desde una geografía siciliana, pero sin fronteras, de Vázquez Montalbán, Andrea Camilleri fallecido en 2019 ha seguido fielmente a su personaje el comisario Salvo Montalbano, apareciendo en las novedades de la editorial Salamandra
“España está por debajo de la media de la UE en profesionales médicos y de enfermería, sobre todo en atención primaria. Sociedades médicas y sindicatos critican esta carencia.” (El País)
Una inesperada carambola literaria y cinematográfica vivida el pasado lunes mañana y noche, me sirvió como tubo de escape del propicio ante el abanderado y vergonzoso Abrazo de Vergara. Sainete quinteriano envuelto de papel higiénico no renovable, entre Pedro Sánchez, presidente del Gobierno y quien desgobierna la comunidad de Madrid, Isabel Díaz Ayuso para salvar a la patria y sus súbditos de los que todavía vivimos bajo la dictadura de la ambigüedad. Y las mentiras de sección continúan. Forma cauta y pacífica para huir de la constante borrasca.
Me entregué durante el día al disfrute de la lectura Tirar del hilo, la reciente novela de Camilleri y traducción de Carlos Mayor, publicada por Salamandra en España. Emparejando por la noche por la TVE2 en versión cinematográfica. Palabra escrita con la soltura, ingenio, intriga, crítica y humor. Lo propio del maestro ya fallecido pero vivo para sus seguidores con esa adaptación fina y acertada en la pantalla. Y es que siempre la puñetera vida cuando percibe que la pesadez y el temor intenta amagar la existencia, como una evasión de espaldas a las cuadrillas de los “cojo el dinero y corre”, nos permite ese respiro que resulta ser la lectura de una buena novela con un brindis completo en la pantalla.
Desde que tomó la antorcha para alumbrar la novela de serie negra desde una geografía siciliana, pero sin fronteras, de Vázquez Montalbán, Andrea Camilleri fallecido en 2019, ha seguido fielmente a su personaje el comisario Salvo Montalbano, apareciendo en las novedades de la editorial Salamandra, su editorial en español. Tirar del hilo, la obra número 29 que comento de su saga policíaca. Esta novela publicada en Italia en 2016, nos llega ahora en la lengua de Cervantes. Una historia repleta de secuencias que nos lleva saltando desde una versión ejemplar y crítica sobre la lamentable y explotada leyenda negra de los que buscan trabajo, el pan de cada día y la sanguinaria dictadura de sus patrias. Esperando encontrar El Dorado en esta Europa donde el racismo viene echando raíces y odios por la derecha tenebrosa que nos amenaza como si ya no tuviéramos bastante con la pandemia.
Y de ese mundo triste y doloroso de la emigración y el desembarco de los barcos nocturnos, ante el comisario Montalbano, guiado por el maestro de la novela negra sin artificiales efectos especiales, se asoma un curioso gato para alegrarnos con otra historia paralela dentro de su novela. Una sastrería que tiene como dueña y señora una bella y elegante mujer. Personaje de exquisito gusto para los clientes, los cuales quedan apresados de sus encantos y estilo. Su incomprensible asesinato incompresiblemente, la convierte en la misteriosa protagonista de tan rica narración
Humana, demasiada humana. Donde los protagonistas, cada uno en su papel, incluido el humor del entrañable Catarella y su olfato humano para con humildad sugerir matices que ayuden a su respetado y admirado “Doctore” Montalbano a esclarecer ese inesperado y doloroso crimen. Cuya aclaración se complica y ensancha, sin que un querido gato, al que solo le falta el habla, pueda conducir al comisario hacia la realidad de tan dolorosa tragedia.
Siempre quedará con los buenos lectores Camilleri y su comisario Montalbano, sin olvidar a la veterana Livia, novia perpetua, que, curiosamente, es la que obliga a su querido y reñido novio a que se haga un traje a medida para celebrar ese cuarto de siglo que llevan de noviazgo y amor.
Magníficas historias literarias y fílmicas en las que se ofrece literatura y cine cariñosamente cogidas por su mano con maestría.
Francisco Vélez Nieto
 
 

Telva, 23.9.2020
Las recetas italianas para comer como el comisario Montalbano
Además, el restaurante de Madrid, Premiata Fornería Ballarò, ha creado un menú dedicado al comisario más famoso de Europa.
Decía Andrea Camilleri que si algo envidiaba de Montalbano, era su plato de salmonetes fritos. Bien, pues ya puedes probar esos deliciosos salmonetes, acompañados de un risotto de hinojo, en el restaurante de Madrid, Premiata Fornería Ballarò. Acaban de crear el Menú Adelina en homenaje al comisario más famoso de Europa, inspirado en las recetas elaboradas a fuego lento (e infinita paciencia) de su Adelina del alma.

Adelina, la cocinera de Montalbano, tardaba dos días en preparar los Arancini, pero tú los puedes tomar igual de buenos, y sin mover un dedo, en el restaurante madrileño Premiata Fornería Ballaró. Acaba de inaugurar el Menú Adelina, tan sustancioso como sabroso, con algunos de los platos sicilianos que se sirven en los libros de Camilleri del Comisario Montalbano.
"En el horno vio una tartera con cuatro enormes raciones de pasta ?ncasciata, un plato digno del Olimpo". Esta frase, en la página 110 de El perro de terracota puede volverse tan real como el tiempo que estés dispuesta a dedicar a estos platos. A continuación, te damos algunas de las recetas.
ARANCINETTI DI MONTALBANO
Ingredientes para 15 unidades: 250 g de arroz Arborio, 150 g de carne picada mitad ternera, mitad cerdo, 80 g de guisantes pequeños, 100 g de salsa de tomate, 150 g de queso de Pasta Filata, 80 g de queso caciocavallo (parecido al Provolone pero sin ahumar) rallado, 2 huevos, 100 g de harina, 200 g de pan rallado, aceite de oliva, sal y pimienta.
Modo de hacerlo:
1. Sofreír en una sartén la carne y salpimentar. Añadir la salsa de tomate y los guisantes, previamente escaldados en agua salada. Dejar que se cocine al menos durante 10-15 minutos, hasta obtener una salsa espesa.
2. Hervir el arroz en una olla con agua salada. Cuando esté listo, añadir dos o tres cucharadas de aceite de oliva para evitar que se pegue por el almidón, y el queso caciocavallo rallado. Remover con energía y dejar enfriar.
3. Mientras, cortar el queso en dados. Formar bolas de arroz introduciendo en la parte central la mezcla de carne, tomate y guisantes y un dado de queso.
4. Enharinar las bolas y pasarlas por huevo batido con una pizca de sal. Finalmente, pasarlas por el pan rallado y freírlas cuidadosamente en aceite de oliva. Servidas calientes, con queso fundido dentro, son deliciosas.
PASTA 'NCASCIATA
Se trata de una variante de la pasta al horno y representa uno de los platos fuertes de Adelina.
Ingredientes para 6 personas: 600 g de macarrones, 200 g de queso caciocavallo fresco, 200 g de carne picada, 50 g de mortadela o salami, 2 huevos duros, 4 berenjenas, 100 g de pecorino rallado, salsa de tomate, 1/2 vaso de vino blanco, albahaca, aceite de oliva, sal y pimienta.
Modo de hacerlo:
1. Cortar las berenjenas en rodajas, dejarlas reposar durante una hora en agua y sal, lavarlas, escurrirlas, secarlas con papel de cocina y freírlas.
2. Sofreír la carne picada en aceite de oliva, añadir el vino y completar la cocción añadiendo unas cucharadas de salsa de tomate.
3. Hervir la pasta, al dente, escurrirla y mezclarla con salsa de tomate. En una fuente de horno engrasada, espolvorear pan rallado y verter la pasta, alternando capas con la carne picada, berenjena frita, queso rallado, albahaca, huevos duros, queso caciocavallo y salami cortado en rodajas. Completar la última capa de pasta con las berenjenas, la salsa y mucho pecorino.
4. Cocer el preparado 20 min. aprox. en el horno precalentado hasta que el queso se derrita formando una costra ligeramente dorada (de ahí el nombre 'ncaciata).
SALMONETES FRITOS
Ingredientes para 4 personas: 1 k de salmonetes, 3-4 limones de tamaño medio, ramitas de perejil, harina, aceite de oliva, sal.
Modo de hacerlo:
1. Limpiar los salmonetes, enjuagarlos con agua, enharinarlos ligeramente y freírlos en abundante aceite de oliva caliente.
2. En cuanto estén dorados, dejarlos escurrir sobre papel de cocina, agregar sal y servirlos aún calientes con unas rodajas de limón y algunas ramitas de perejil.
Otra opción sería freír los salmonetes al revés, conservando sus escamas: se ponen en una sartén y se rocían con aceite hirviendo.
Dirección de Premiata Fornería Ballarò: Santa Engracia, 90. Madrid.
Precio menú: 35 euros (bebida no incluida). Consiste en dos entrantes, dos platos principales y un postre. Se ofrecerá hasta finales de octubre y luego se sustituirá por distintos menús, también inspirados en Montalbano.
Teléfono: 915 939 133.
**Todos los que tomen este menú, tendrán un 5% de descuento en la compra de cualquier libro de la saga en la librería Rafael Alberti (calle del Tutor, 57. Madrid).
Isabela Muñoz Ozores
 
 

La Nacion, 24.9.2020
El libro póstumo de Andrea Camilleri, con fábulas modernas para lectores "de 0 a 99 años"
Camilleri y su pasión por los animales en un libro de cuentos que se publicó poco después de su muerte

"Si un autor escribe un libro significa que tiene sus motivos para hacerlo. Hay quien sostiene que existen autores, y serían la mayoría, que se ponen a escribir libros sin ningún motivo aparente. Pero yo no me lo creo, en el fondo, siempre hay una razón, incluso cuando solo sirve para que el autor vaya por ahí diciendo orgullosamente a todo el que se encuentra: '¿Sabe una cosa? ¡Este es mi libro!'. Yo, en este caso, por lo menos he tenido dos buenos motivos". En la nota que cierra La liebre que se burló de nosotros, Andrea Camilleri cuenta las razones que lo llevaron a escribir los doce cuentos que integran su único libro para lectores "de 0 a 99 años": expresar su amor y respeto por los animales en historias maravillosas (muchas, con gran sentido del humor) que pueden leerse como fábulas modernas.
Publicado por Duomo Ediciones en 2019, el volumen tomó forma en la primera década del 2000. Pero, lamentablemente, salió en Europa poco después de la muerte del escritor italiano (Sicilia, 1925-Roma, 2019). "Terminé de escribir estos relatos hace más de diez años. Si los publico ahora es porque he tenido la suerte de poder abrazar a Matilda y Andrea, mis bisnietas, a quienes dedico el libro", dice Camilleri a modo de despedida a los lectores.
Doce cuentos para lectores de todas las edadesDoce cuentos para lectores de todas las edades
Toda una rareza para los fanáticos de las novelas policiales protagonizadas por el comisario Salvo Montalvano, que hicieron famoso a Camilleri a nivel mundial desde el primer título de la serie, La forma del agua (1994), La liebre que se burló de nosotros tiene prólogo de Fernando Aramburu e ilustraciones del italiano Paolo Canevari, amigo de la familia del escritor desde la infancia. Y es precisamente a esa época a la que se remonta el autor para contar historias que suenan a recuerdos personales y anécdotas familiares. Algunas, muy disparatadas, como la del papagayo Pimpigallo, que aprendió a imitar su voz a la perfección. "Yo no sabía que un papagayo tan pequeño fuera capaz de hablar. Pero ¿cómo podía salir una voz tan gruesa y profunda como la mía de un animalito tan pequeño?", se pregunta en el cuento "Pimpigallo y el jilguero".
"En todos los cuentos, las personas y los animales comparten protagonismo en un ámbito a menudo familiar. Son historias, recuerdos, episodios, que ocurren en el país del autor, Italia, dentro de la casa o en parajes campestres localizables en el mapa: Sicilia, la Toscana", escribió Aramburu, que destaca que por las páginas del libro "no deambulan dragones ni animales fantásticos". Son liebres, jilgueros, gatos, perros, pavos, zorros, gatos, erizos y serpientes que se comportan como animales, no como seres humanos. "No hablan, ni conducen automóviles, ni llevan sombrero", aclara Aramburu. "Son, pues, idénticos a los animales que conocemos fuera de la literatura", agrega el escritor español, que define el libro como "delicioso". "Más allá de los buenos ratos de lectura que nos pueda deparar, apela directamente a nuestra conciencia, invitándonos a conocer más de cerca a los animales y a mirarlos con ojos distintos de los del depredador". Esa es la clave de este Camilleri para todo público, un libro que disfrutarán sus fans y también los que nunca lo leyeron; en especial, los chicos y adolescentes.
En una de sus últimas entrevistas, el best seller italiano (llegó a vender más de 35 millones de ejemplares en todo el mundo) había contado que su abuela Elvira le enseñó a respetar la naturaleza. "Mi abuela tendía a 'humanizar' a todos los animales que encontrábamos y, por tanto, era capaz de entablar conversación, por ejemplo, con un grillo que yo observaba fascinado. Mi abuela hablaba con el grillo, le daba un nombre, escuchaba sus respuestas y, créeme, conseguía entenderlo y hacerse entender".
Natalia Blanc
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 24.9.2020
Marco Malvaldi: "Io erede di Camilleri? No, lui è immortale"
Lo scrittore sabato a Una Marina di libri per presentare "Il borghese Pellegrino": il giallo e la Sicilia

Si è accorto che come scrittore poteva avere un futuro, quando è stato messo a redigere i verbali degli incontri dei dottorandi di chimica, convinto che nessuno li leggesse: ha provato a scriverli in italiano medievale, come polizieschi, in stile boccaccesco o “Hallo Kitty” con il risultato che sono diventati i verbali più letti dell’università. Poi sono arrivati i vecchietti del Bar Lume e l’incontro con la casa editrice Sellerio e oggi Marco Malvaldi è uno dei giallisti più amati, per molti l’erede di Camilleri per quella sua capacità di coniugare cultura, ambientazioni di provincia e tanta ironia. A Una Marina di libri sabato presenterà il suo nuovo romanzo “Il borghese Pellegrino”, il secondo con protagonista l’erudito gourmet di inizio secolo scorso Pellegrino Artusi. Lui che di cucina se ne intende, riesce perfettamente a spiegare la tecnica indagatoria come il procedimento a ritroso dal piatto finito alla ricetta.
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Ci ritroviamo a vivere una seconda epoca d’oro del giallo?
«Se questa è una nuova epoca d’oro del giallo lo sapremo tra qualche anno, solo se i gialli scritti in questi anni sopravvivranno alla prova del tempo. Sono certo che alcuni romanzi di Camilleri o Sciascia li leggeranno tra cento anni, i miei e quelli di qualche collega non so. Di certo qualcuno usa il giallo per dire cose interessanti».
Come ci si sente con il trono vuoto lasciato da Camilleri?
«Il trono non è vuoto. Camilleri morirà nel giugno luglio 2021 quando non uscirà più un suo romanzo e allora lì accadrà qualcosa. “Riccardino” l’ho letto e mi ha stupito, non era quello che mi aspettavo, ma tante volte Camilleri mi ha spiazzato. Ricordo quando ho letto “La presa di Macallè” di esserci rimasto male, qualche anno dopo l’ho riletto e ho capito che era un libro geniale che sotto le mentite spoglie di un romanzo storico prendeva in giro le nostre ossessioni contemporanee e il rapporto tra sesso e potere. Camilleri era tante cose, “Il re di Girgenti” e “Il birrario di Preston” sono due romanzi straordinari che pure non rispecchiano il Camilleri classico».
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Eleonora Lombardo
 
 

Italics Magazine, 25.9.2020
Translating Andrea Camilleri into english
Camilleri writes in a peculiar mixture of Italianized Sicilian and Sicilianized Italian. How do translators handle the constant switching of linguistic codes?

Andrea Camilleri — who replaced Sciascia, Bufalino and Consolo as the writer who best expresses the island’s ‘sicelitude’ — enjoys tremendous popularity in Italy and around the world. His books are ubiquitous. His novels, especially those dealing with Salvo Montalbano, a police inspector who lives in the imaginary town of Vigàta, made him the best-selling author of all times in Italy.
Even though he started writing novels when he was 69 years, he managed to publish 100 novels by the time he died in 2019. He was so prolific that a Catanese journal printed this headline in cubital letters “Basta Camilleri!” that I readily translate as “Enough already, Camilleri!” — making a rhyme without trying.
My interests in translation and the language and culture of Sicily were the catalysts for studying Camilleri’s works. He was a great writer, a master of dialogue, who developed a captivating style that made it difficult to put down a book after you started reading it. It was sparked also by the fact that his novels are practically all located in Sicily, and are written in a peculiar mixture of Italianized Sicilian and Sicilianized Italian. This feature in time became Camilleri’s signature. But it is also a feature that poses problems for translators. How does a translator handle the constant switching of linguistic codes?
Everyone who dabbles in translation inevitably asks “how in the world can you translate Camilleri?” The straight answer is that you cannot translate Camilleri, if you expect to present an English-speaking Camilleri. But I would give the same answer to the question “how can you translate Dante, Petrarch or Calvino?” Theorists of translation tell you in two hundred pages that translation is an impossible task. The reality is, however, that it has always been part of the literary world and it has been done since the beginning of time. As a practicing translator I am more interested in the pragmatic aspect of translation that accomplishes every day something that in theory can’t be done. As proof I offer the fact that Camilleri’s books have already been translated into 30 languages, including Chinese. This article addresses the problems posed to translators by Camilleri’s text. It was written early in Camilleri’s meteoric rise when only few translations had been published. I am confident, however, that the problems remains the same. I will examine two translations of La forma dell’acqua; one by Stephen Sartarelli into English and Serge Quadruppani in French.
The most difficult subtext to translate in Camilleri is his unpredictable and whimsical interspersing of the narrative with Italianized Sicilian words. Their presence, in fact, distinguishes Camilleri from other Sicilian writers such as Brancati, Sciascia or Bufalino, who used Sicilian occasionally but always with transparent goals.
Linguistic code-switching is not discussed much by academic translation theorists. But this is a serious problem, especially when you translate from Italian which is has dialects that are different languages that boast a long and important literary tradition. In my translation of Giovanni Meli’s Don Chisciotti and Sanciu Panza, written in Sicilian, the poet quoted one line by Petrarch in Italian: “un bel morire tutta la vita onora” that I rendered with “a worthy death brings honor to thy life,” where the archaic word ‘thy’ signaled that it was a poetic quotation. But Camilleri’s use of Sicilian goes beyond the occasional quotation. It constitutes an intrinsic part of his style and as such its function must be understood before any attempts can be made not to duplicate it — because that is impossible — but to come as close to it as possible. To develop a strategy the translator must understand what Camilleri is trying to accomplish by interjecting the Italianized Sicilian into his narrative. This task is not an easy one. But before we can offer a tentative solution, we should examine a sample of Camilleri’s narrative.
I copied a paragraph at random from one of the thirty stories in Un mese con Montalbano. Let’s read it:
Calorio non si chiamava Calorio, ma in tutta Vigata lo conoscevano con questo nome. Era arrivato in paisi non si sa da dove una ventina d’ anni avanti, un paro di pantaloni ch’ erano più pirtusa che stoffa, legati alla vita con una corda, giacchetta tutta pezze pezze all’arlecchino, piedi scavusi ma pulitissimi. Campava dimandando la limosina, ma con discrezione, senza dare fastiddio, senza spavintare fimmine e picciliddri. Teneva bene il vino, quando poteva accattarsene una bottiglia, tanto che nessuno l’aveva veduto a malappena brillo: e dire che c’erano state occasioni di feste che di vino se n’era scolato a litri.
The italics are mine and indicate Sicilian words and expressions that the author uses as an intrinsic component of his style. Their employment has a definite impact on the reader, each word is charged to express bits of meanings, nuances and color that cannot be completely ignored by the would-be translator without flattening the text, reducing a stereophonic sound into a single speaker.
The author here is making great demands on the translator. The italicized words are in effect Sicilian words that have been modified to sound Italian by changing a vowel or two, and they can be understood because the author placed them in a context that even non-Sicilians can decipher, even though they may not know the exact meaning. But a reader who understands Sicilian and Italian will get a richer context from the paragraph.
Calorio is the Sicilian equivalent of Calogero, but it is not Caloriu, which is the exact Sicilian name. The word paro is the same as paio in Italian, but in Sicilian it would be written as paru. We can guess why Camilleri uses paro instead of paio (it’s easier for Sicilians to pronounce paru instead of paio). The etymological equivalent of pirtusa in Italian is pertugi (holes), but in Italian this learned word identifies physical holes in structures, not holes in clothing, as the Sicilian pirtusa does here.
“Dimandando la limosina” would be “domandando l’elemosina” in Italian, but “dumannannu a limosina” in Sicilian. The double “d” of “Senza dare fastiddio” identifies it as Sicilian, owing to the common practice of doubling the consonants after a stressed vowel. “Senza spavintare fimmine e picciliddri” in Italian would be “senza spaventare donne e bambini” and in Sicilian “senza fari scantari fimmini e picciliddri”. The ‘ddri’ ending of picciliddri identifies the speaker as a person from the area of Agrigento where the cacuminal sound of ‘ddu’ as in Turiddu is pronounced as “Turiddru.” Accattarsene might not be readily understood as the equivalent of comprarsene if the context did not come to clarify it. In Sicilian, of course, the verb accattari, from the French ‘acheter’, commonly replaces the Italian comprare.
The use of Italianized Sicilian or Sicilianized Italian was originally thought to be an impediment to non-Sicilians. In fact, in the first edition of Il filo di turno, the editor at Mondadori required Camilleri to add a glossary of the Sicilian words to help non-Sicilian readers. This feature was dropped from later books as unnecessary. Italians can understand the text because Camilleri has become more skilled in creating a context for their use. Even if the terms are not understood exactly, they have a good idea of the possible meanings.
All of the nuances, color and information we uncovered in our brief linguistic analysis would be lost if the translator makes no attempt at rendering the code switching. The problem for non-Italians reading Camilleri in Italian is probably insurmountable because those who have learned Italian in school in a foreign country are notoriously poor at making connections between words that vary even slightly from the dictionary meanings. Such people have difficulty equating limosina with elemosina, paro with paio.
It is difficult to understand why Camilleri developed his style of writing. The presence of Sicilian interjections is highly subjective and unpredictable. Sometimes Camilleri uses them when the Sicilian is more expressive and better translates what he had in mind. But in general, there does not seem to be any logic, either linguistically determined or contextually driven for the interjections. But their presence adds color and context in addition to identifying the locale as Sicilian. A more important reason may rest in Camilleri’s desire to make a connection with his reader, taking him into his confidence, by speaking a language that by its restrictive nature constitutes a secret jargon that both the writer and his listener understand. It’s a form of captatio benevolentia with which he draws the readers into the web that he is spinning.
Sicilians have been historically conditioned not to speak in Sicilian to strangers or anyone whom they do not know or trust. Camilleri throws in his Sicilian expressions as hooks to draw readers into his world. As a literary ploy, this is not new. Boccaccio established the same kind of relationship with his readers, a complicity between author and reader that excludes some of the characters themselves. As Boccaccio lets us be a knowing audience, participants in the joke, Camilleri by using his Sicilianized Italian or Italianized Sicilian is forming a bond with the reader who understands — the trick is that after a while everyone understands — and the use of a different code does not exclude anyone.
These somewhat tentative conclusions may be sufficient to start working on a strategy for the translation. Following is a straightforward rendition of the paragraph without making any attempt at signaling the linguistic shift in the code.
Calorio’s name was not Calorio, but in Vigata everyone knew him with that name. He had come to town, — nobody knows from where — about twenty years back, with a pair of pants more holes than fabric, tied at the waist with a rope, with a little jacket with so many patches he looked like a Harlequin, barefoot, but with very clean feet. He begged for a living, but discreetly, without bothering anyone, or scaring the women and children. He could hold his wine well, when he could afford to buy a bottle, so much so that nobody ever saw him even slightly drunk, in spite of the fact that there had been times during feast days when he had put away quite a few liters.
This is a faithful rendition of the Italian text in terms of the information conveyed. What is missing is the writer’s voice, his gently mocking tone that emerges from his problematic use of the dialect. Having lost the metalinguistic component, i.e. the use of the dialect, the rendition is flatter than the original. What options are open to a translator? It seems to me that if he wants to maintain a multilevel linguistic code, he must couch his rendition with at least two, and possibly more, linguistic codes that would be accessible to the readers. If the audience for the novel is English, the translator could try to use standard English with American English as subtext. If he is American, he might utilize expressions and idiomatic sentences that can be identified with a local dialect to render the Sicilianized Italian expressions. For example, whenever possible he might interject Brooklynese or a local jargon of some kind into the stream of standard American English.
Naturally, the risk is great that the translator would introduce an alien dimensions into the novel, disregarding the fact that the action takes place in Sicily and such interjections would be considered out of sync with the environment. Failing this option, the translator would need to develop his own multiple level language made up of sequences that he himself considers normal and interjecting expressions that deviate in a consistent way from the dominant language. The types of deviation naturally would depend on the translator’s background and preparation and they would not have to coincide with Camilleri’s code switching. So, let us try a different rendition of the same excerpt.
This might be an improvement:
Calorio was not his name, but in Vigata the whole town knew him as Calorio. About twenty years back, he had turned up in town from God knows where, with a pair of britches that were draftier than a barn on account of the many holes, tied with a rope around his waist, and with a raggedy jacket so patched up he looked like a circus clown. He walked barefoot, but his feet were spotless. He scraped along by begging but without making a nuisance of himself, never bothering nobody, or scaring the womenfolk or young’uns. He held his booze so well, when he could scare up enough to buy himself a bottle, that nobody ever saw him even slightly pickled; although there had been times on Feast days when he had put away quite a few quarts.
The italicized words were chosen to convey a subtext normally associated with a slangy, folksy, homespun, southern vocabulary that mimics what Camilleri is doing. Questionable grammatical structures like “never bothering nobody” or the use of local jargon “womenfolk and young’uns” or colloquial terms like “scare up,” “pickled,” or “scraped along” produce a multi-voiced narrative that is akin to Camilleri’s. No doubt this is only an approximation of Camilleri’s style. No translator expects a perfect correspondence between his version and the original. Translation is like riding a seesaw with the translator sitting on one end and the original author on the other. It is impossible to synchronize his movements to match the author’s. The important thing is to maintain a balance. Sometimes the translator will overshoot the target, sometimes he will come up short.
The sample translation of Camilleri’s text was simply meant to point the way. I think that after a while the translator would develop a sub language that would serve him well whenever his fancy called for it. But it would be almost like speaking in falsetto. The danger of overdoing it probably dawned on Camilleri himself, for as his stories develop, he lightens the code-switching to a minimum, often dropping it. In the Forma dell’acqua, for example, in the last few chapters, except for one or two words, Camilleri uses standard Italian. Perhaps he wanted to develop his conclusions without distractions.
When I learned that Stephen Sartarelli had translated La forma dell’acqua I bought a copy to see how he had solved the problems discussed above. And I must say, he solved the problem by completely ignoring it. In all fairness to him, I think Sartarelli did a creditable job. His translation is highly readable, accurate in terms of the content of Camilleri’s text. Nevertheless, Sartarelli’s English text is monolingual, with one exception where he translates some Sicilian dialogue with American slang or colloquialism. But the code-switching is completely ignored. And I must say that the French translator who addressed the problem and claimed that he would occasionally intersperse his translation with Francitan terms, that is, a kind of modern Provençal, does not seem to do much of it. Let’s compare the three texts:
Pino e Saro si avviarono verso il posto di lavoro ammuttando ognuno il proprio carrello. Per arrivare alla mànnara ci voleva quasi una mezzorata di strada se fatta a pedi lento come loro stavano facendo. Il primo quarto d’ora se lo passarono mutàngheri, già sudati e impiccicaticci. Poi fu Saro a rompere il silenzio.
“Questo Pecorilla è un cornuto” proclamò.
“Un grandissimo cornuto” rinforzò Pino.

I have added the italics to the words that represent Camilleri’s code-switching. Here is the French translation:
Pino et Saro se dirigèrent vers leur lieu de travail en tirant chacun sa carriole. Pour arriver au Bercail, il fallait une demi-heure de route, quand on la suivait à pas lents comme eux. Le premier quart d’heure, ils le passèrent sans mot dire, dejà tout pegueux de sueur. Puis ce fut Saro qui rompit le silence.
—Ce Pecorilla est un cornard, proclama-t-il.
—Un cornard de premiere grandeur, rajouta Pino.

And here is Sartarelli’s rendition:
Pino and Saro headed toward their assigned work sector, each pushing his own cart. To get to the Pasture it took half an hour, if one was slow of foot as they were. The first fifteen minutes they spent without speaking, already sweaty and sticky. It was Saro who broke the silence.
“That Pecorilla is a bastard,” he announced.
“A fucking bastard,” clarified Pino.

As you can see, neither translator has acknowledged the code-switching or made an attempt to go beyond the surface meaning of the words and even at that level one could be picky and find infelicitous renderings. Monsieur Quadruppani actually has Saro and Pino pulling a two wheeled “carriole” behind them when they are pushing a four-wheel cart in front of them. Carriole is a Provençal word described as having two wheels, thus not equivalent to the one-wheel Italian carriola with which he probably wanted to mimic Camilleri’s code-switching. In the process, however, he mistranslated the sentence.
One could argue minor points in both translations, but let’s take one word that both translated in a similar fashion: mutàngheri. Surely it means more than “sans mot dire” and “without speaking”. The word does not exist in Italian, but it’s understood because of the context. In Sicilian it means more than “taciturn,” “unspeaking,” it means an unwillingness to speak, a sullenness brought about by being engrossed in one’s thoughts, by mulling over things. It also means an inability to speak.
Mutàngaru in the region of Agrigento describes also a deaf-mute who cannot speak clearly because he cannot hear. I would have said “brooding silently,” or “in bleak silence” or “stubbornly silent” or something like that. The word ammuttando is also more than “pushing” or the French “pulling” because the Sicilian is more than “spingere.” The word is strangely onomatopoeic. I can’t seem to pronounce it without moving my body forward, which is exactly why Camilleri chose it. He wanted to convey the considerable energy required to make the carts move forward. Simply pushing or pulling would not do.
I suppose it’s fair to ask how I would translate this passage. So here is my tentative version:
Pino and Saro started out toward their assigned work area, each leaning forward on his cart. It would take half an hour to walk to the Pasture if you moved one foot after the other as slowly as they did. They spent the first quarter of an hour, already sweaty and sticky, stubbornly clinging to their silence. Then Saro was the first to speak.
“That Pecorilla is a cuckold!” he blurted out.
“A major cuckold” Pino added.

I suppose Sartarelli’s use of the word “bastard” is more appropriate, but in using “cuckold” I wanted to retain a measure of the strangeness evoked by the code-switching in Camilleri’s text. Americans generally do not use the word, and some would have to look it up in a dictionary. Hence “cuckold” would work almost the same way for Americans as one of Camilleri’s Sicilian words for Italians.
In conclusion, while it is possible to achieve a similar effect in the English, it is very likely that the translator would adopt the minimax strategy, that is, he will try to obtain the maximum effect with the minimum of effort and in real life it takes too much time to imitate Camilleri’s style. Hence the translations of his work will inevitably be monovocal.
Gaetano Cipolla, Arba Sicula
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 25.9.2020
Poliziotti di carta una storia siciliana
Da Sciascia e Franco Enna a Camilleri: così l’investigatore letterario ha vinto le resistenze in un’Isola refrattaria allo Stato
La riflessione di un giallista su uno dei temi di Una Marina di libri

«Lei è un uomo»: il riconoscimento a divinis di uno sbirro in mezzo alla selva di quaquaraquà e ominicchi, viene tributato da don Mariano al capitano Bellodi in uno dei passi più celebri de "Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia. Siamo nel 1961 e anche se Bellodi è un carabiniere venuto dal Nord, il verdetto di un autorevole mafioso in una Sicilia dominata dal codice d’onore, ha la sacralità di un battesimo. Sino a quel momento poliziotti e sbirri tutti, nell’Isola, non erano certo abituati a così alte legittimazioni. Invisi per le ataviche diffidenze riservate ai rappresentanti di uno Stato percepito come invasore e oppressivo, sono vissuti da cerberi del sistema e casomai da garanti di un ordine che assicura privilegi e ingiustizie. Un problema macroscopico in Sicilia, ma non certo assente nel resto d’Italia: i poliziotti "accettati", poi addirittura amati, hanno bisogno, in quegli anni non lontani dalla dittatura fascista, di un bel rimescolamento in salsa americana. Ubaldo Lay, alias tenente Sheridan, impazza col suo trench dismesso da Marlowe nel piccolo schermo che ha conquistato gli italiani. Solo così, in una sceneggiata alla Carosone (che con "Tu vuo’ fa’ l’americano" prendeva in giro quegli stereotipi diffusi) e in improbabili e remoti scenari d’oltreoceano, lo sbirro può diventare un ospite gradito. E i mitici gialli Mondadori portano tutti firme anglofone ricorrendo casomai allo pseudonimo per celare un’identità nostrana. Fa eccezione proprio un siciliano: Francesco Cannarozzo, in arte Franco Enna (il cognome svela i suoi natali) ideatore del commissario Sartori, che però agisce tra Roma e Milano.
Sicilia e sbirro resta dunque ancora un’accoppiata proibita, con rare eccezioni marginali e con sagome tutt’al più sbiadite. E del resto, tra don Mariano e il capitano Bellodi, a vincere era stato il primo. Ma si tratta pur sempre di sbirri di carta, in fin dei conti innocui. La parola commissario, in Sicilia, a quei tempi, è ancora associata agli echi delle repressioni di Mori o legata alle nebbie del caso Tandoj, il poliziotto ucciso nel marzo 1960 ad Agrigento e su cui si riversò una valanga di fango, fra intrecci amorosi, presunte collusioni e speculazioni politiche.
La stessa terra, ma ci vorranno ancora 34 anni, dove nascerà l’astro del commissario Montalbano capace, grazie a Camilleri, di infrangere definitivamente il muro di ostilità e il tenace pregiudizio nei confronti di uno sbirro. Ma attenzione, il miracolo, prima di avvenire sulla carta, stavolta ha un antefatto reale, assume le forme di un personaggio in carne e ossa, di un poliziotto "vero". Quest’uomo si chiama Boris Giuliano. Investigatore tenace, irreprensibile, dotato di intuito straordinario in un’epoca in cui dna e supporti digitali sono ancora un miraggio, Giuliano ha anche il look giusto: faccia simpatica e aperta, baffoni accattivanti, vestiti sagomati secondo il gusto d’allora, modi di fare diretti e gentili. È lo sbirro moderno che sbaraglia tutti i luoghi comuni, che dimostra che la polizia bracca i mafiosi, snida il covo di vipere degli intrecci criminali e finanziari, non mostra timori reverenziali nei confronti dei politici e dei potenti, si impegna anche nelle indagini comuni, nei delitti che colpiscono la povera gente. Giuliano è la rivoluzione copernicana, incarna la polizia democratica, «che sta accanto al cittadino». È più credibile di Sheridan, e più incisivo di Ginko, perché non è un eroe dei fumetti o della tv. È lui che spiana la strada a Salvo Montalbano e a quel fortunato matrimonio tra sbirri e narrativa che grazie al genio di Camilleri dilagherà in quantità e qualità.
Montalbano mutua dal dirigente della Mobile palermitana numerose virtù investigative e soprattutto l’empatia immediata e i tratti caratteriali giusti per creare l’immagine del poliziotto positivo, dello sbirro che sembra il vicino di casa. Montalbano sta al passo con i tempi, con una mafia che ha perso il suo ipocrita appeal moralistico e si è rivelata solo una bestia spietata e senza scrupoli, ha i suoi momenti di sconforto come ognuno di noi, i suoi casini sentimentali, segue le vicende di cronaca e della politica e non ha dubbi sulle scelte di campo da compiere. Da quel momento — "La forma dell’acqua", primo romanzo con Montalbano protagonista è del 1994 — il confine è varcato, cessano le contraddizioni tra sbirri di carta e sbirri veri (dopo Giuliano sono arrivati i Cassarà, i Montana, gli Zucchetto, per citarne solo qualcuno), gli scrittori possono liberamente ispirarsi alla cronaca e a figure reali di investigatori perché sono cadute le remore, perché si può simpatizzare, il lettore si può anche liberamente proiettare nella loro personalità, nelle loro vicissitudini. Da quel momento, fioccano autori, romanzi e personaggi.
Una menzione particolare la merita l’ispettore Salvo Riccobono, perché nato dalla penna di uno sbirro-scrittore, Piergiorgio Di Cara, che si inserisce nella illustre scia tracciata da Antonio Pizzuto, palermitano, questore e raffinatissimo autore. Ma ci sono anche il commissario Spotorno di Santo Piazzese (spalla e poi protagonista nella serie di Lorenzo La Marca), il sovrintendente Cacciamali di Giacomo Cacciatore, il commissario Mancuso di Carlo Barbieri. E se il protagonista non è un poliziotto ma un investigatore sui generis, i suoi rapporti con gli sbirri sono di collaborazione, rispetto, se non di amicizia.
Gian Mauro Costa
 
 

Tustyle, 26.9.2020
“Ricordatemi per la musica ma anche per i testi”. Il cinema celebra Paolo Conte
Paolo Conte, Via con me. Dopo Venezia il doc di Giorgio Verdelli approda in sala, dal 28 al 30 settembre

“L’eleganza dell’intelligenza”. La brillante locuzione è quella con cui lo scrittore siciliano Andrea Camilleri ha definito l’arte di Paolo Conte, cantautore astigiano. Il commento risale a un incontro avvenuto nel 2003, durante il quale ognuno dei due artisti raccontava cosa avrebbe voluto “rubare” all’altro. L’episodio è un frame del film Paolo Conte, Via con me. Presentato alla 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, approda al cinema dal 28 al 30 settembre.
Un ritratto di un gigante della musica italiana fatto da Giorgio Verdelli che ha attinto all’immenso patrimonio dell’archivio personale di Conte, mixato poi a materiale realizzato ad hoc. Un’occasione per godere di una serie di straordinarie testimonianze di nomi noti, che tutti noi, a prescindere dall’età e dalle preferenze, non solo musicali, ci portiamo nel cuore.
[...]
Paolo Conte, Via con me è prodotto da Sudovest Produzioni, Indigo Film in collaborazione con Rai Cinema. Sarà nelle sale italiane solo il 28, 29, 30 settembre. È distribuito da Nexo Digital in collaborazione con i media partner Radio Capital, MYMovies.it, Rockol.it e con Concerto Music.
Cinzia Cinque
 
 

il Giornale, 26.9.2020
"Io, la Livia mai vista avrei voluto essere lei anche se siamo molto diverse"
La voce della fidanzata di Montalbano: "Esordii nel Padrino doppiando il nipotino di Brando"

L'unica a cambiare sempre è Livia. Non Mimì Augello o Fazio o Catarella. I personaggi, cioè gli interpreti, di Montalbano sono sempre stati gli stessi, solo le Livia sono state tre, più Sarah Felberbaum, la Livia giovane.
Ma c'è una quinta Livia che non avete mai visto, la Livia di nove stagioni su quattordici, la Livia delle telefonate infinite. Claudia Catani, nata a Teheran e madre di due bambine, non è solo attrice e doppiatrice, pluripremiata dal Leggio d'Oro al Gran Galà del Doppiaggio, ma danza, canta, ha una voce da mezzosoprano, e scrive poesie «che un giorno mi piacerebbe pubblicare in un libro». È la Livia che non avete mai visto. E vi racconta il Montalbano che nessuno conosce.
[...]
E come è diventata Livia?
«Ho fatto un provino con il regista Alberto Sironi e fu molto divertente. Mi chiesero di dare calore e simpatia a Katharina Böhm, donna bellissima ma un po' troppo nordica e freddina per il personaggio».
E cosa pensa di questa figura eternamente fedele e eternamente lontana?
«La sua assenza è un pilastro del racconto, una scelta necessaria alla trama. Un Montalbano playboy impegnato in mille relazioni avrebbe complicato l'intreccio. Senza di lei non ci sarebbe lui».
In cosa vi somigliate?
«In niente. Io sono molto più passionale, l'amore mi piace viverlo nella quotidianità. Ma credo siano poche le donne che somigliano a Livia».
Non le piace?
«Al contrario. Livia è una donna molto positiva che ha fiducia nel suo uomo, che lascia spazio e se lo prende. Ma chi vivrebbe per anni una storia d'amore così?».
E Montalbano perché piace alle donne?
«Perché è affascinante, seduttivo, ma buono. Un uomo attaccato ai valori della vita, con una sua etica, un uomo che forse non esiste più, che esiste nella realtà meno di quanto esista Livia».
In che senso?
«È un uomo che ha una solidità rara, soprattutto in un periodo storico come questo che poco si cura dei sentimenti e dell'etica dei rapporti. Montalbano non ha paura di amare e di essere amato, di restare legato a una donna pur avendo una vita a parte, e delle responsabilità che comporta l'amare».
Com'è stato essere Livia?
«A volte comico. Nelle scene delle telefonate tra me e Salvo c'era uno della troupe, forse un macchinista, dall'accento molto romanesco, che leggeva sul set le mie battute a Zingaretti. Io dovevo doppiare sui tempi dettati dal macchinista. In sala ridevamo da matti».
Però
«È qui che è nata la mia Livia. Non dovevo doppiare nessuno, interpretare un'altra, dovevo solo essere lei: lì non c'è altra Livia all'infuori di me».
Ha conosciuto le due Livia straniere, Katharina Böhm e Livia Perned?
«Né l'una, né l'altra. Ho saputo però che Katharina è il commissario Lanz in una serie tv tedesca. Montalbano adesso è diventata lei».
E con Zingaretti?
«Ci siamo conosciuti a un turno di doppiaggio dove doveva integrare alcune parti dello sceneggiato. Non ci eravamo mai incontrati e dovevamo recitare una parte molto drammatica. Alla fine si toglie la cuffia, si gira verso la cabina di regia e dice: questa ragazza e incredibile, piange e ride come se fosse sul posto».
Molto carino.
«Mi ha detto anche: tu saresti una perfetta attrice francese, quasi quasi dovresti cercare spazio lì. Lo stimo molto, è un grande attore».
Le spiace non fare più Livia?
«Molto. Sarei stata l'unica a non parlare quello strano siciliano. Mi sarebbe piaciuto proprio interpretarla, non solo darle la voce, proprio perché così diversa da me».
Come finirà questa storia?
«Senza papà Camilleri non lo so. Probabilmente il commissario andrà in pensione come tutti. E forse finalmente sposerà Livia». [Evidentemente non ha ancora letto "Riccardino", NdCFC]
Massimo M. Veronese
 
 

La Sicilia, 27.9.2020
In libreria “Storia del giallo italiano” di Luca Crovi, un viaggio dall’800 ai giorni nostri. Ogni regione ha i propri delitti. Nell’Isola una scrittura che sa di ulivo, di mal di luna e di limoni
L’anima in giallo della Sicilia

È come il gioco delle tre carte. La mano del giallista deve essere più veloce dell'occhio del lettore perché un vero autore di gialli non bluffa, va veloce. C'è sempre una sfida tra chi legge e chi scrive un giallo, un noir, un poliziesco, variazioni su uno stesso tema. Scatta naturale la sfida, puntare su un assassino, su un innocente, su un colpevole. Il gioco è l'anima della lettura. Non un mero meccanismo. Tra le pagine di un giallo entrano in ballo elementi degni del lettino di Freud, gli stessi di Delitto e castigo di Dostoevskij. Non ingannino quei più modesti romanzi che tutti abbiamo in mano quando vogliamo rilassarci: in vacanza, in treno, in sala d'attesa. Insomma, quando vogliamo ammazzare il tempo. Gli stessi che ripieghiamo senza cura in tasca, che dimentichiamo in una stanza d'albergo, sul tram o sul tavolo di un caffè.
Sono puzzle che ci sfidano con quel pezzo fuori posto, il delitto, che fa saltare i meri incastri della realtà. Catasti di uccisioni che non sono una semplice contemplazione del male, non una distratta violazione dell’idea che ognuno di noi ha del bene, ma pagine che piegano la mente, come arco teso, all’esperienza della colpa, della compassione, della condanna. La carta geografica, la mappa dell’era del caos ipotizzato da Vico come ultima fase della civiltà.
È il giallo! Il colore di una copertina nel 1929. Il colore preferito da Van Gogh, tanto da mangiarne qualche tubetto; il colore che entra nella cronaca quando si spezza l’esile filo della certezza. È il giallo! Un sottobosco letterario che sa raccontare in ogni parte del mondo una realtà che i romanzieri non sanno più narrare. Perché è facile raccontare la morte di Socrate, è difficile descrivere una cameriera che apre una porta. È il giallo! La storia dell’anima insanguinata di un Paese. Da sempre. «In Svizzera – disse Orson Welles - con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos'hanno prodotto? L'orologio a cucù. In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, stragi ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento». Tradizione sempre rispettata, sino ad oggi con sempre più delitti e sempre meno grandi artisti?
L’Italia non è una nazione, ma un agglomerato di regioni. Ognuna con un proprio giallo. Sulla letteratura locale sostano i capitoli della Storia del giallo italiano di Luca Crovi (Marsilio editore): 500 pagine fitte di titoli e nomi, che scorrono da metà Ottocento ai giorni nostri. Non un saggio, ma l’ottima enumerazione di scrittori con un linguaggio piano, semplice. Ed è una corsa all’indietro quella del giallo in Italia, una ricerca delle radici, “della testa dell’acqua”. Perché, diciamolo francamente, si soffre di inferiorità rispetto a Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Come si sa tutte le strade portano a Napoli. Il primo giallo, nel senso compiuto del genere, è quello di Francesco Mastriani, avventuroso nella vita e nella penna, apprezzata anche da Croce. Titolo: Il mio cadavere (1851). Quindi nulla da invidiare a francesi e inglesi visto che il primo Sherlock Holmes è del 1854 e Poirot nasce nel 1920 (consiglio: cercate la vecchia edizione di Poirot a Styles Court con la postfazione di Sciascia). Una Napoli ricca di colori, quella di Mastriani, che oggi si è sbiadita nel linguaggio superficiale, quanto le storie, di Maurizio De Giovanni.
Il libro di Crovi è ricco di notizie. Il fascismo riesce a fermare la “nera” nei giornali, ma non nei gialli con il commissario De Vincenzi di Augusto De Angelis. Ci sarà poi Giorgio Scerbanenco che smitizza gli Anni Sessanta rivelando che “I milanesi ammazzano al sabato”: il giallo tiene d’occhio la realtà e la svela senza incanti. Anche con l’eleganza del capolavoro di Fruttero e Lucentini nella Torino de “La donna della domenica” (1972). Raffinate e sanguinarie, capaci di intessere una nuova psicologia di personaggi e delitti, anche il carosello di scrittrici che vanno dalla Serao a Carolina Invernizio e oggi dalla bravissima Annamaria Fassio all’88nne Elda Lanza.
L’elenco è lungo e sbarca inevitabilmente, e con ampio spazio, in Sicilia. Nella terra che sa di ulivo, di mal di luna e di limoni, il giallo squadretta la realtà dell’Isola come in un quadro di Picasso. Cogli il particolare, ma l’insieme sfugge, sempre. Inafferrabile, da “rompersi la testa”. Con un cappello a tre punte il giallo diventa pirandelliano, forma e apparenza si cercano senza trovarsi. In realtà il fu Mattia Pascal non è un giallo?
Si parte da quei Beati Paoli che fa propria la frase di Machiavelli «perché il poter fare aperta guerra ad uno principe è conceduto a pochi, il poterli congiurare contro è concesso a ciascuno» (Discorso sulla prima Decade di Tito Livio). Il primo capolavoro nel 1901, quel Marchese di Roccaverdina che è certo l’opera più bella (con le favole) di Capuana. Rimorsi e fantasmi abbondano nell’Isola che cerca di superare il passato e sospira il moderno.
Ma chi segna il prima e il dopo è Leonardo Sciascia. A cominciare dal capitano Bellodi, protagonista de “Il giorno della civetta (1961): «Rincasò verso mezzanotte, attraversando tutta la città a piedi, deserta. “In Sicilia le nevicate sono rare” pensò: e che forse il carattere delle civiltà era dato dalla neve e dal sole, secondo che neve o sole prevalessero. Si sentiva un po’ confuso. Ma prima di arrivare a casa sapeva, lucidamente, di amare la Sicilia: e che ci sarebbe tornato. “Mi ci romperò la testa” disse a voce alta». E sì, perché è la geografia che fa la Storia. E le storie.
Leonardo Sciascia entra nella «gabbia gialla» adagiandovi comodamente la sua arte, la sua scrittura asciutta e scarna come pietra. Nel rosario dei miei ricordi c’è quello di un pranzo seduto accanto a Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, quest’ultimo aveva, nel corso della mattina, ricordato e celebrato Luigi Pirandello. Durante il pranzo i due scrittori mi regalarono, seduto accanto a loro, qualche sorriso di cortesia e di scuse, mentre per tutto il tempo parlarono di romanzi gialli.
Anche chi, come Gaetano Savatteri, vuol mandare al diavolo Verga e il Gattopardo, ha dentro quel mal di luna pirandelliano che permette ai suoi personaggi di addormentarsi serenamente siciliani e non risvegliarsi lombardi. È la mal ombra, che non può riparare dal sole che spacca il cervello, scorre nei gialli non siciliani del siciliano Franco Enna (al secolo Francesco Cannarozzo da Castrogiovanni 1921 – 1990), con il suo commissario che soffre un “mal di Sicilia” ad ogni passo delle indagini.
Il delitto sta alla storia della Sicilia come la sistole e la diastole a un battito del cuore. Storia e cronaca, mafia e politica distorta fanno a gara per dimostrarlo. Lo ha raccontato Camilleri, a cui Crovi dedica un bel paragrafo, che ha calato Maigret in una soluzione di pirandellismo tirandone fuori Montalbano.
«La Sicilia mafiosa – scrive Crovi – e contemporaneamente passionale e mistica è invece al centro di “Morte a Palermo” (1987) di Silvana La Spina». E c’è una «scrittura femminile azzurro pallido», quella di Cristina Cassar Scalia con la sua testarda e scontrosa vicequestore Vanina Guarrasi in Sabbia nera e La Salita dei Saponari che mescolano, come in una caponata, tormenti amorosi, vecchio cinema e cucina. C’è una Palermo dall’aura blues che sembra portata dallo scirocco. E’ quella di Santo Piazzese – certo il più raffinato dei giallisti contemporanei – che cerca un po’ d’Africa in giardino e trova uccisioni “sane” non mafiose con “I delitti di via Medina-Sidonia”.
Nell’Isola in cui anche il sole ha una macchia nera, il romanzo giallo è capace di «centrifugare la realtà» con una scrittura - da Capuana a Sciascia, Camilleri a Piazzese, attraverso Pirandello e Verga, De Roberto, Consolo, Bufalino e Brancati – che immerge il lettore in un mondo torbido e lento, ma sempre in confidenza con ogni tristezza.
Filippo Arriva
 
 

Séries da TV, 27.9.2020
RTP2 estreia 14.ª temporada de Il Commissario Montalbano

A RTP2 vai estrear a 14.ª temporada de Il Commissario Montalbano, em português O Comissário Montalbano, no dia 3 de outubro, às 15h00.
A temporada da série tem apenas dois episódios, sendo que o segundo será emitido na semana seguinte à estreia, no dia 10 de outubro, às 15h00. A série italiana policial é uma produção da RAI Fiction e é protagonizada por Luca Zingaretti.
Baseada no romance do escritor Andrea Camilleri, Il Commissario Montalbano centra-se no famoso detetive siciliano, que investiga e soluciona atos criminosos. Na nova temporada, o Comissário Montalbano tem de enfrentar novos problemas de criminalidade e mistérios que não dão tréguas, onde Montalbano terá de agir sem perder o sentido de humanidade e justiça. O detetive lida com os crimes da máfia, assassinatos e raptos, mas serão a sua profunda intuição e notável perspicácia suficientes para os desvendar?
Para alem de Zingaretti, o elenco principal também inclui, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Davide Lo Verde e Roberto Nobile.
Il Commissario Montalbano é uma série intrigante que acompanha as investigações do detetive Salvo Montalbano, a ser emitida nos dias 3 e 10 de outubro, dois sábados, às 15h00, na RTP2.
Podes conferir todas as estreias mensais no nosso artigo das Estreias da TV e Streaming Portugueses.
[texto adaptado do comunicado de imprensa do canal]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 27.9.2020
Anna Grassellino: "Io, da Marsala a Chicago per creare un computer"
Intervista alla scienzata di origine marsalese che dirige il Fermilab - Fermi National Accelerator Laboratory - di Chicago

La passione per i numeri sin dai tempi della scuola a Marsala, l’ingegneria elettronica a Pisa, la carriera negli Stati Uniti e le estati irrinunciabili a Favignana, fino al sogno di dirigere il progetto per creare un mega computer quantistico per il dipartimento dell’energia degli Stati Uniti. Ne ha fatta di strada Anna Grassellino, 39 anni, scienziata marsalese che dirige il Fermilab - Fermi National Accelerator Laboratory - di Chicago, per il quale coordinerà il Superconducting Quantum Material and Systems Center, 120 milioni di dollari di finanziamento, non meno di cinque anni di lavoro.
[...]
Com’è l’Isola osservata da lontano?
«Vista da qui, dagli americani, la Sicilia, a volte, mantiene purtroppo tutti suoi stereotipi, ma non manca chi guarda l’Isola attraverso le sue eccellenze: identificandola come la terra di Camilleri e di Montalbano, per esempio. Conosco moltissime persone che desidererebbero essere in grado di capire e leggere l’italiano di Camilleri solo per leggere i suoi libri come noi».
[...]
Tullio Filippone
 
 

Vertele, 28.9.2020
Destacados de programación del lunes 28 de septiembre de 2020
'Idol Kids' lo apuesta todo al 'Rojo Pantojo' contra 'Mujer' y el segundo asalto de 'HIT'

[...]
2. La 2
'El comisario Montalbano' se encuentra en La 2 'Un diario del 43' (22:00h.)
Tras la demolición en Vigata de un silo, aparece un diario de 1943, escrito por un joven de unos quince años, que llega a manos del comisario Montalbano. En él, se hace alusión a un terrible acontecimiento. Al día siguiente, un anciano de 92 años aparece asesinado a tiros en su casa.
[...]
 
 

La Repubblica - Robinson, 29.9.2020
Così il "Riccardino" di Camilleri vola oltre le 300 mila copie
Il libro, uscito postumo, con cui termina la saga di Montalbano parla più di letteratura che di crimine. E porta alla popolarità procedimenti compositivi niente affatto banali

Chissà se fra le letture di Andrea Camilleri - che si arguiscono alquanto estese e adeguatamente variegate - si può annoverare quel bizzarro prodotto della fantascienza lisergica che è Opzioni, del mattissimo Robert Sheckley. A lasciarlo vagheggiare è la circostanza per cui in Riccardino (l'ultimo romanzo di Montalbano, pubblicato a luglio, oltre 300mila copie vendute, ndr) Camilleri ha fatto comparire un personaggio che nella prima stesura del 2005 è denominato "Andrea Camilleri" e "l'Autore" nella seconda (del 2016). A Salvo Montalbano questo Camilleri scrittore ma anche scritto ricorda di essere considerato dalla critica come un autore "di genere. Anzi, di genere di consumo": da supermercato. Baudrillard e Foucault sono riferimenti troppo colti per lui, può casomai citarli il commissario stesso, suo personaggio e qui anche interlocutore polemico.
La fantascienza invece è alla sua portata: non va quindi escluso che, tolte le complesse stratificazioni giocose di tali dialoghi fantastici, da lettore l'Andrea Camilleri vero e proprio si sia a suo tempo divertito con la pagina in cui il protagonista di Opzioni finisce in pasticci tanto inestricabili da consigliargli di scrivere una lettera direttamente al suo autore, Robert Sheckley, per supplicarlo di essere salvato. In Riccardino invece il supplice è l'Autore: telefona per sette volte al suo Personaggio e gli manda un fax. Il Personaggio risponde al telefono, ma di malavoglia; scrive a sua volta un fax, dedica all'Autore una nota ironica in una lettera-appunto che scrive per sé stesso e infine gli lascia un messaggio nella segreteria telefonica. Queste conversazioni fra Autore e Personaggio dove mai si svolgeranno, all'interno o all'esterno del libro? Sotto quale cielo narrativo?
Camilleri ha avuto moltissimi editori ma una sola, vera "casa": l'editrice Sellerio. Alla fondatrice Elvira, aveva consegnato nel 2005 il libro terminale della saga del commissario Montalbano, perché fosse pubblicato postumo. Lo scopo era duplice: voleva fissare in anticipo il punto finale della saga di Montalbano ma anche consentirsi la possibilità di ideare nuove puntate. Quando scrisse Riccardino i romanzi di Montalbano editi erano già nove. Dopo la prima stesura dell'inedito scrisse e pubblicò altre diciotto puntate della saga. L'inedito è uscito solo quest'estate, nella stesura definitiva e in un'ulteriore edizione che comprende entrambe le versioni (e mostra come la riscrittura del 2016 avesse esclusive motivazioni linguistiche e non ha minimamente alterato le strutture narrative).
Dal 2005 a quest'estate l'unico dettaglio pubblico del testo era il titolo, un nome proprio con diminutivo. Fino a quel momento nei titoli dei romanzi di Montalbano era comparso un solo nome proprio, il toponimo di Una gita a Tindari e anche in seguito i titoli della serie si sarebbero attenuti con pochissime eccezioni a uno schema sintattico fisso: La forma dell'acqua, Il cane di terracotta, Una lama di luce, Una voce di notte, La rete di protezione, e simili.
Ora, nel 2020, a quindici anni dalla prima stesura (sempre troppo pochi), si è saputo che Riccardino non è un bambino, un parente, un rivale, un ricordo di Montalbano. Chi ha già letto il libro sa che Riccardino è innanzitutto una voce e che Camilleri ha inteso salutarlo, il suo lettore, con un romanzo che sulle voci è costruito.
Il nome proprio del titolo e la voce che squilla subito nel ricevitore di Montalbano e dice "Riccardino sono" è come se segnalassero che il libro parlerà forse più di letteratura che di crimine. Sì, certo, c'è un cadavere e questioni di corna, banche, mafia, politici, preti e vescovi, discariche, truffe. Ma c'è anche un'altra storia e questa si svolge in un'area che riesce a essere intermedia fra l'interno e l'esterno del libro, fra la storia che si racconta (l'enunciato) e il fatto di raccontarla (l'enunciazione). Una vicenda, quest'altra, in cui Montalbano mal soffre la popolarità del suo doppio televisivo e se ne duole con l'Autore.
In un primo momento costui è presentato, ancora "realisticamente", come il trascrittore (e abbellitore) di casi risolti dal Personaggio. Pochi capitoli dopo, però, l'Autore, con le sue stanchezze di ottantenne (l'età che aveva davvero Camilleri nel 2005), sta scrivendo proprio la storia di Riccardino e propone al commissario - stanco e un po' invecchiato pure lui - delle soluzioni di compromesso, che Montalbano non accetta. Dunque la storia non è più presentata come una trascrizione: si scrive mentre sta avvenendo, un po' cronaca, un po' oracolo, un po' sceneggiatura composta direttamente sul set. L'Autore - il Camilleri scrittore e scritto - è pensato scrivere mentre Montalbano agisce e i due litigano su chi ha il diritto di decidere che mosse fare, che piste seguire nell'indagine.
L'arte di Camilleri è di far apparire tutto normale, con il suo usuale tono sardonico. Ma se quello che ci racconta riesce a sembrare "normale" è solo perché il lettore contemporaneo è avvezzo a muoversi in un mondo in cui le narrazioni rimbalzano una contro l'altra e "si parlano". Salvo Montalbano è per esempio un lettore di Camilleri e uno spettatore dei film tv in cui lo interpreta Zingarettti (Luca). Ma non doveva trattarsi di semplice letteratura di genere?
Viene il dubbio che persino la macroscopica operazione linguistica compiuta da Camilleri sia anche se non soprattutto una manovra elusiva. L'attenzione critica per le tecniche di Camilleri si è concentrata soprattutto su quella famosa patina di siciliano stesa sopra l'italiano, con intensità crescente a mano a mano che i lettori non siciliani si facevano più pronti a raccapezzarcisi. Infatti nel 2016 Camilleri si era accorto che nei molti romanzi scritti dopo la prima stesura di Riccardino quella patina si era inspessita e Riccardino sarebbe ormai sembrato un passo indietro; perciò decise di aggiornarne la dizione.
Oggi possiamo però chiederci se quei macari, i taliare, i tanticchia e i celebratissimi cabasisi che ci sono sinora bastati a definire la singolare personalità di Camilleri non ci abbiano distratto e non ci abbiano impedito di notare come l'autore si sia divertito anche in modo più raffinato. Non dietro alle nostre spalle, ma sotto ai nostri occhi, e senza parere.
Tra i romanzi storici di Camilleri, quelli senza Montalbano, il Birraio di Preston è scritto in ventiquattro capitoli che possono essere letti in qualsiasi ordine; La concessione del telefono, invece, propone alternanze di generi diversi - lettera, articolo di giornale, circolare burocratica, dialogo -, come capita negli Esercizi di stile di Raymond Queneau. Il modo in cui Autore e Personaggio intervengono nella vicenda di Riccardino non è proprio per un pubblico di bocca buona e forse un editor di letteratura di genere non lo avrebbe lasciato passare inalterato. Prenderlo per un omaggio a Pirandello e per una strizzata d'occhio alla competenza liceale dei lettori sarebbe una spiegazione, e davvero troppo semplice. Nello stesso romanzo Pirandello viene evocato come "autore locale", così come si citano le figure topiche per il folklore siciliano di "pupi" e "pupari". Figure di schermo, come è uno schermo la stessa "ironia", tanto decantata, di Camilleri. (Quella dell'ironia è una categoria che in generale avrebbe bisogno di qualche lustro o decennio di moratoria).
A voler studiare strategie di enunciazione, dispositivi e strutture si potrebbe essere portati a formulare un'ipotesi opposta: che Camilleri abbia scommesso di portare alla popolarità procedimenti compositivi niente affatto banali e niente affatto comuni per la letteratura di genere. O almeno all'immagine che comunemente se ne ha.
Stefano Bartezzaghi
 
 

Mundiario, 30.9.2020
Andrea Camilleri, la literatura consciente de sus rasgos sociales
Tirar del hilo es la póstuma y más reciente novela del autor siciliano. El comisario Salvo Montalbano nació en 1994 con La forma del agua. El primero de otros más de treinta títulos que lo inmortalizan como personaje literario contemporáneo.

El Parlamento de los imbéciles. En esta época que sufrimos bajo la amenaza pandémica de la enfermedad del coronavirus y sus terribles y luctuosas consecuencias, las necias declaraciones vertidas desde atriles institucionales de carácter nacional e internacional, me retrotraen a una de las obras cervantinas a las que el autor español encuadró y denominó como Novelas ejemplares. Concretamente la que se conoce popularmente como El coloquio de los perros. Si bien su título real es Novela y coloquio, que pasó entre Cipión y Berganza, perros del Hospital de la Resurrección, que está en la ciudad de Valladolid, fuera de la puerta del Campo, a quien comúnmente llaman "Los perros de Mahudes". Su resonancia nos remite a esos largos títulos que, en cierta manera, entreabren una especie de acertijo, de juego en el que el lector se ve inmerso desde la primera aproximación. Ecos de altísimo vuelo literario enunciados en la largura de aquellos que en el siglo XX tienen su comparativa hispanoamericana, entre otros, con el siempre vigente e imprescindible Gabriel García Márquez. La buena literatura siempre halla espacios intemporales de encuentro. De ahí su capacidad de pervivencia laboriosa que no cesa. Se trata de autores y obras reactivas que continúan escribiéndose. Es decir, que logran trascender más allá de lo que su escritura original predijo.
Los lectores la transforman en una obra nueva porque la novedad estriba en ese acontecimiento singular que solo ellos tienen el arbitrio de hacerlo o no posible en el tiempo. Atribuir el don del lenguaje a dos canes, establece el parangón diferenciador con respecto a otras aproximaciones como las fábulas. En este caso los animales son sabedores que hablan y del significado de tener lenguaje. Uno de los dos perros es apaleado en su intento de intervenir en un asunto de extrema practicidad: cómo solventar la plaga de enfermedades que acarrean las vagamundas prostitutas a todos aquellos que se hacen de sus servicios. Berganza desea manifestar su solución al Corregidor pero solo articula ladridos que son correspondidos con una cruel paliza. Cervantes evita que sepamos cuál es la solución al problema. Sin embargo, podemos intuir el halo de influencia en su entendimiento de los cuatros hombres soñadores y locos por los que fue acompañado en el Hospital de Valladolid.
“La sabiduría en el pobre está asombrada; que la necesidad y miseria son las sombras y nubes que la escurecen, y si acaso se descubre la juzgan por tontedad y la tratan con menosprecio”. El posicionamiento social, la jerarquía económica, la doble moral investida de buen hacer tienen acceso a la sabiduría. A esa sabiduría que es oída y atendida porque se expresa. Quizás el apaleamiento es un mal menor, teniendo en cuenta que la sabiduría desconsiderada por su origen no es tenida en cuenta, no es oída, no existe. Finalmente, el diálogo entre ambos perros es la expresión humanista que reflexiona sobre la condición humana, “la virtud y el buen entendimiento siempre es una y siempre es uno: desnudo o vestido, solo o acompañado. Bien es verdad que puede padecer acerca de la estimación de las gentes, más no en la realidad verdadera”.
La realidad verdadera que acaba por atropellar a quienes desde su responsabilidad en el ejercicio de poder democrático, minimizaron este drama planetario sin dejar de ser oídos en su más alta expresión de sansirolé y, lo que es peor, menospreciando otra visión menos arrogante y más ajustada a nuestras limitaciones. Al contrario de los políticos y sus parlamentos hueros y embaucadores, las buenas novelas policiacas se sinceran con el lector y les hacen acusar el golpe de las sombras que maquinan desde esa parte inconfesable del ser humano.
La forma del agua
Editorial Salamandra. 1994.Traducción de María Antonia Menini Pagès-. En el año 1988 Manuel Vázquez Montalbán publicaba una novela corta titulada Cuarteto. Germán Ventós narra en primera persona su relación con dos parejas que conoce en un viaje a Luxor en 1977. El hecho fundamental que se plantea en derredor al crimen como hecho motivador de la trama, es el fondo abisal de horror que contiene el espíritu humano. Y que en el caso del escritor catalán implementa con escenas visuales en las que anexiona territorios concernientes a la pintura, cine y literatura. Un entramado de personalidades con las que reflexionar en voz baja. Una especie de confesión sobre lo indecible. En un momento determinado el personaje clama la negación de su propio interior y subraya la dificultad insalvable de convivir con este, "Lo mejor es conformarse con la apariencia de la realidad y escoger sus facetas más placenteras y hermosas. Bastante hay con el infierno interior, esas arenas movedizas donde remordimientos e inseguridades se tragan tu propia identidad ¡Si se pudiera extirpar la capacidad de mirar dentro de uno mismo".
Hace apenas un año moría el escritor italiano Andrea Camilleri. Coincidiendo con su aniversario la Editorial Salamandra ha publicado Tirar del hilo, volumen treinta incluyendo el libro de relatos, de la saga en la que el comisario Salvo Montalbano deleita a los lectores en español desde 1994, fecha en que fue publicada su primer título, La forma del agua. En esta primera novela los personajes tienen el encanto primario de verse pronunciados por primera vez. Y si bien alguno de ellos desaparece y otros más populares aún esperaremos para verlos, la arquitectura literaria se denota en ese primer apunte del edificio. Los signos de identidad del poco convencional comisario caracterizan la forma de contar de Camilleri. Entre el desenfadado estilo que nos procura cierta dosis de humor y el drama que entremezcla política, asesinato y delincuencia. La perversión de un mundo de la que el funcionario policial sin dar la espalda se regenera física y mentalmente cada mañana zambullendo su cuerpo y su mirada en las aguas del Mediterráneo. Su vivienda a orillas de ese mar mestizo, se constituye en el fortín animoso y psicológico desde donde fortalecerse antes de empezar a bajar cada día el lóbrego sótano donde se encierra la desatada corrupción a la que hace frente con especial lucidez y sagacidad.
En esta ocasión la muerte del ingeniero Silvio Luparello centra sus pesquisas. Pino Catalana y Saro Montaperto, dos arquitectos técnicos en paro que gracias a la intervención del honorable Cusumano, el alcalde de Vigàta -el pequeño e imaginario pueblo siciliano que en la magnífica serie televisiva se corresponde a la localidad de Ibla (Ragusa)- trabajan en La Splendor, empresa adjudicataria de la limpieza urbana. Ambos son enviados a limpiar los alrededores de lo que se denomina popularmente aprisco. Por un antiguo uso relacionado con el pastoreo del ganado y hoy convertido en fósil de una industria química abandonada. Retrato de la especulación del medio natural para surtir intereses espurios. Este recinto es lupanar a la intemperie donde el mercadeo de la carne solícita y las drogas blandas brillan por su presencia, bajo la atenta mirada de Gegè Gulleta. Amigo de la infancia, pequeño camello y a ratos confidente del comisario que administra este espacio bendecido por las instancias oficiales, que hacen la vista gorda y donde putas y chaperos abanderan la promiscuidad.
En ese lugar es encontrado el cuerpo del secretario provincial del Partido Popular, católico practicante, que durante veinte años ha mantenido una discreción absoluta. En la sombra y el silencio habia obrado para tejer alianzas e ir escalando peldaños en su carrera política a la que en público era indiferente. Y en las que el abogado Pietro Rizzo era su mano derecha emparentada con la mafia. A partir de estos hechos las pesquisas de Montalbano van tornándose cada vez más siniestras e inquietantes pero siempre brindadas por esa labor de buceo en el alma humana y sus debilidades, carencias y frustraciones. El lodazal contiene trazas de índole sexual que la voracidad del poder político utiliza, temiendo que su cota de influencia se vea amenazada y emprende esa lucha encarnizada que no conoce límites. El poder ejecutivo, judicial y eclesiástico presionan para que el caso se cierre como muerte natural y evitar el escándalo. A lo que el policía se resiste primero por intuición y más tarde por la correlación de hechos incriminatorios. Como en posteriores títulos, nuestro comisario no adolece de ese sentir humanista que deriva en compasión por el vapuleo a los débiles, damnificados por un destino rocambolesco o estigmatizados por la maledicencia social. Así encontramos otras historias menores que no forman parte del núcleo central de la narración, pero sí de su cometido como autoridad policial ejercida no sin cierto escepticismo, como la del octogenario maestro Giosue Contino y la relación con su esposa. O la de Fatma ben Gallud, con el sobrenombre de Carmen, que sueña con abandonar la prostitución tras la propuesta de un cliente.
También la de las mujeres de los obreros de la fabrica de sal, entorpeciendo el tráfico ferroviario ocupando con sus cuerpos las vias de la estación en protesta por los despidos. Incluso de la rara enfermedad que sufre el hijo de Tana y Saro. En todas ellas el aura del comisario sin que peligre su rigurosidad en el desempeño de sus funciones, trata de driblar estas realidades y componer un estado que en ocasiones se abre como vía de esperanza. Aunque otras inevitablemente se malogran. En el fondo es un rebelde inteligente que a sabiendas de los límites de su autonomía, los potencia sacándoles el máximo partido para con esos fines.
Andrea Camilleri, la escritura sin edad
El creador italiano fue un autor tardío. Dramaturgo y guionista televisivo, publicó su primera obra a la edad de cincuenta y tres años, El curso de las cosas. Al igual que sus dos obras posteriores pasaron de puntillas por el horizonte literario de su país. En 1994 con la edad de sesenta y cuatro años inicio con La forma del agua una incursión que le ha llevado hasta su muerte en 2019 a una trayectoria favorecida por los lectores ávidos de nuevas entregas de Salvù, como le llaman cariñosamente sus allegados. La cifra de obras publicadas sobrepasa la centena traducidas a ciento veinte lenguas y con más de treinta y cinco millones de ejemplares vendidos en todo el mundo. No está mal para un escritor que empezó en el oficio con más de cincuenta años. Algo más de la treintena corresponden al popular comisario. Las obras restantes, aún no publicadas en español incluida la más reciente Tirar del hilo, no fueron escritas por él. Su ceguera le obligó a dictarlas a su colaboradora y agente literaria Valentina Alferj. Aún restan otras cuatro tras la última ya referida centrada en el drama de la inmigración en el Mediterráneo. Lleva como título Riccardino, que cierra el círculo. A las que le preceden La rete di protezione, Il metodo Catalanotti e Il cuoco dell’Alcyon, muy anterior a esta afección visual provocada por un glaucoma, que no redujo su hábito de acérrimo fumador.
La insufrible condición humana
Las raíces sicilianas del policía y del escritor se entremezclan. Por más que aquel habite en la localidad ficticia de Vigàta y este naciera en la real de Porto Empedocle. Valentina Alferj señala que "Él escribía por la mañana, yo trabajaba al lado y, poco a poco, se puso a leerme en voz alta lo que hacía. Su escritura, con tanto trabajo dialectal, debía ser probada en la oralidad". Este aspecto y tratamiento de la palabra en la trama detectivesca singulariza a una geografía y las connotaciones que de ella se derivan. La forma de ser de sus habitantes y el lenguaje que emplean constituye por si mismo el localismo que bien construido se hace universal. Cuestión nada asequible pero que en el caso de Camilleri secunda la sombra de la pasión humana y esta, cualquiera que sea el acento que la contenga, siempre hablará de los temas que hacen del ser humano un extraño recluido en si mismo. En esa inmersión a la ambigüedad que concilia la mano asesina con la devota, Montalbano analiza el destello de la perfidia, el latrocinio, la corrupción política, el crimen. En este sentido la invocación del personaje literario rememora la del escritor Manuel Vázquez Montalbán. Cuando leyó Asesinato en el comite Central, su impresión le reveló que si alguna vez se internaba en los caminos de la novela negra, esta sería la forma de escribirla. Con la nota de humor y retranca que le caracterizó, señalaba que: "Pepe Carvalho no representó nada para mí, es solo un personaje y Manual Vázquez Montalbán es un gran escritor que ha representado muchísimo para mí".
De ahí su reconocimiento al incorporar el apellido Montalbano a su creación ya que también lo es muy usual en Sicilia. También afirmaba que "El personaje de Vázquez Montalbán tiene muchos puntos comunes con mi Montalbano". Eso sí, "si vivieran en la misma casa, no estarían muy cerca".
El Universo Montalbano
La localidad de Vigàta, provincia de Montelusa, es el epicentro siciliano que acoge la personalidad policial del dottò. En esta primera obra el pensamiento de dos de los personajes define su perfil de esta peculiar manera, "Se dirigieron a la comisaria del pueblo. La idea de acudir a los carabineros ni se les paso por la cabeza, pues los mandaba un teniente milanés. En cambio, el comisario era de Catania, se llamaba Salvo Montalbano y, cuando quería entender una cosa, la entendía". Estamos ante un hombre que comprende el carácter isleño de sus habitantes porque él también es uno de ellos. No hay doblez en su forma de entender las relaciones humanas. Su honestidad y perseverancia unido a cierto grado de perspicacia analiza el comportamiento humano y le dota de un componente psicológico nada despreciable.
Le acompañan en la ingente tarea de investigación el subcomisario Domenico Mimí Augello, el siempre pulcro, diligente y eficiente sargento Giuseppe Fazio, el metódico y huraño doctor forense Pasquano con su insaciable apetito pastelero, el agente Galluzo y el que en las siguientes entregas surgirá con un espíritu de servicio tan fiel como desconcertante en sus formas de cortesía y en el lenguaje retorcido que emplea: el agente telefonista Agrigento Cattarella. La gastronomía es otro trasunto que redunda en ese equilibrio entre lo epicúreo y estoico que convive en el personaje, tanto en su propia ejecución culinaria como en sus visitas a la hosteria de San Calogero. También con Adelina, su fiel asistenta y paradojicamente madre de dos presos, uno de ellos atrapado por el comisario. Pero el verdadero contrapunto lo ejerce Livia Burlando. Su novia de toda la vida, nunca mejor dicho. La distancia hasta Génova, su lugar de residencia, la convierte en ese cambio de tono y ritmo que Montalbano asume como algo circunstancial en el amor.
Las periódicas visitas de estas son el gozne que articula ese entornar la puerta sin que el compromiso se haga efectivo ni malogre el grado de independencia entre ambos. El teléfono se convierte en hilo conductor para salvar la distancia que les separa. En ella encuentra el remanso de paz, también en ocasiones de cierto agobio, que los propios altibajos vitales consolidan con fidelidad y honestidad. Es la vida misma soñada e idealizada que se reconoce en una relación atípica, pero que para ellos, y más concretamente para el comisario, se convierte en un revulsivo para su trabajo. En los diálogos entre ambos personajes, Livia sigue los casos e incluso se permite la libertad de orientar hacia ciertos caminos de la investigación a modo de sencilla observación o, como en esta novela, criticar la actitud ética de su novio a la hora de abordar un asunto y valorar sus consecuencias.
El Policía es sensible al arte y la literatura
De ahí los lances que en esta obra se mantienen con alusiones a Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Renato Guttuso, Mario Mafai y Antonio Donghi, entre otros. Estas anotaciones aquilatan por parte del escritor el deseo de dotar a su creación de distinciones equivocas que motiven esa especie de contradicción entre portar un arma para defender la ley y admirar una hermosa pintura. Pero quizas lo más significativo porque asi lo motiva el propio autor, es que Montalbano es consciente de su valor social y la representación de cada una de sus obras en este sentido.
Camilleri lo sentenciaba de esta manera, "La novela policial refleja las cosas como son. Hoy es insoportable una novela negra que solo tenga el enigma policial. Se convertiría en una banalidad. En cambio, la novela policial es realmente social". Atendiendo a la actualidad de nuestro país, me pregunto cómo sería la investigación que emprendería el comisario sobre la operación Kitchen. Sin duda sustanciosa y jugosa. Villarejo no aguantaría la mirada punzante y a la par desenfadada de Montalbano. Dos comisarios frente a frente. Aquel cubierto por la infamia y la depravación. Y este con la certeza incuestionable que el poder degrada tanto como la honestidad hace sufrir a quien la practica. En la obra El simple arte de matar, de Raymond Chandler, publicada en 1950, el escritor estadounidense reflexiona sobre la novela negra: "Hemingway dice en alguna parte que el buen escritor compite unicamente con los muertos.
El buen escritor de historias de detectives (al fin y al cabo tiene que haber unos cuantos) compite no solo con todos los muertos sin enterrar, sino también con todas las huestes de los vivos". Vivos que leen a la par que se transfiguran en el papel del investigador que desentraña la verdad oculta. Quizás, y volviendo a Cervantes, con Montalbano Camilleri nos habla de la sabiduría de los que no son poderosos pero que tienen con él la posibilidad que esta pueda ser expresada y, por consiguiente, oída. A saber, que existe. Y lo es en la medida que el comisario y el escritor mantienen una visión inconformista con el mundo pero sin desengañarse. El desencanto por la realidad siendo legítimo no significa dejar de mantener la actitud juiciosa ante la vida, que nos permite diferenciar entre la presunción de aparente inocencia del bien y la perversión del mal.
Pedro Luis Ibáñez Lérida
 
 

Espalha-Factos, 30.9.2020
‘O Comissário Montalbano’ regressa à RTP2 com novos episódios

Uma das séries mais populares entre os espectadores da RTP2 está de volta ao canal. O Comissário Montalbano é uma série policial baseada nas obras do escritor Andrea Camilleri e conta já com 14 temporadas, sendo um dos maiores sucessos da televisão italiana. O detetive siciliano está de regresso com dois novos episódios que o segundo canal vai exibir nas tardes de fim de semana, a partir do próximo sábado (3).
Salvo Montalbano é o comissário da polícia de Vigàta, um homem duro, responsável e sério no trabalho, mas aberto e gentil com as pessoas da sua confiança. Montalbano, interpretado por Luca Zingaretti, tem de investigar vários crimes que acontecem na cidade e, graças ao seu talento e à ajuda dos seus colaboradores, dentro e fora da esquadra, consegue sempre desvendar os mistérios mais complexos.
Da sua equipa fazem parte o subcomissário Domenico “Mimì” Augello, um mulherengo incorrigível, o inspetor-chefe Giuseppe Fazio, sério e zeloso, o imprudente agente Galluzzo, o desajeitado agente Agatino Catarella e o mal-humorado médico-legista Pasquano.
Fora da esquadra, Montalbano conta com a ajuda de vários amigos da sua confiança, entre os quais Ingrid Sjostrom, uma bela sueca que há muito tempo se mudou para Vigata, o jornalista Niccolò Zito e os filhos indisciplinados da cozinheira Adelina. Na vida privada, Montalbano mantém uma tempestuosa relação à distância com a genovesa Livia Burlando, em que o amor prevalece sempre.
No primeiro episódio, uma amiga de Livia é encontrada morta nas instalações do arquivo municipal, tendo sido assassinada com um martelo na cabeça. O mistério sobre as razões para a vítima estar naquele local adensa-se, e Montalbano tem de resolver o enigma para descobrir o culpado. No segundo capítulo, dois homens encapuzados invadem a escola onde o filho do subcomissário Mimi estuda e disparam para o teto, fugindo de seguida. Mimi está na sala de aula do filho e tenta apanhar os homens armados, mas em vão.
Miguel Alexandre
 
 

 


 
Last modified Sunday, June, 04, 2023