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RASSEGNA STAMPA

OTTOBRE 2023

 

il Fatto Quotidiano, 7.10.2023
Che c’è di bello
I ricordi di Camilleri: “Al provino di regia mi salvò Gassman”
MEMORIE FRESCHE DI STAMPA (SELLERIO) - “Ero un cane a recitare e feci infuriare Costa, ma mi presero in accademia”. Uno stralcio de Il teatro certamente, dialogo tra il defunto scrittore siciliano e Giuseppe Dipasquale
Anticipiamo uno stralcio di “Il teatro certamente” di Andrea Camilleri in dialogo con Giuseppe Dipasquale, fresco di stampa con Sellerio.

Allora l’esame di Regia consisteva in questo: nel bando di concorso per i registi, c’erano sei titoli di testi teatrali, tu dovevi sceglierne uno e fare una sorta di tesi di laurea ovviamente volta alla messinscena. Poi dovevi allegare anche, che so, i figurini di probabili costumi e probabile scenografia e fare le note sulla recitazione, su come vedevi il personaggio. Insomma una tesi di laurea autentica. Poi c’era: “Storia di un personaggio”. Potevi scegliere Don Giovanni o Antigone e descrivere la sua trasformazione attraverso i testi teatrali. Infine c’era una scena da recitare. Allora io non conoscevo nessuno della commissione, li conoscevo solo di nome: Silvio d’Amico, Orazio Costa... Quindi mi presentai in questo ottobre romano bellissimo del ’49, al teatrino di via Vittoria, in un buio totale, solo il palcoscenico illuminato e in platea, davanti alla prima fila, un lungo tavolo con quelle lampade, sai, che fanno un alone di luce sul piano ma non diffondono niente intorno. Non vedevo chi era seduto a quel tavolo. Allora d’Amico disse: “Vada in palcoscenico e reciti la scena”. Io risposi: “Non ho preparato nessuna scena”. “Perché?” fece lui. “Perché non ritengo che il regista debba necessaria mente saper recitare” affermai spavaldamente. “Lei non deve ritenere nulla, deve attenersi al bando di concorso, io potrei escluderla!”.
“E va bene, mi escluda, signor d’Amico…”. Non sapevo allora che bisognava chiamarlo Presidente. “No, non la escludo. Le do due ore di tempo, noi esaminiamo altri e lei in due ore prepara la scena!”. Poi voltandosi verso la sala buia continuò: “C’è qualcuno che vuole aiutare questo qui…?”. Scoprii allora che la platea era gremita di ex allievi. E una splendida voce disse: “L’aiuto io!”. Si alzò un ragazzo alto, bello, lo riconobbi, era Vittorio Gassman. Passando davanti al tavolo prese un numero de Il Dramma e disse: “Andiamo”. Andammo nei camerini. Il testo che aveva preso a caso era Arsenico e vecchi merletti. Scegliemmo una scena e in due ore lui mi insegnò come farla. Ritornammo quindi in palcoscenico e recitammo la scena. Lui, Gassman, non solo diceva a me le sue battute, ma mi suggeriva anche quelle che dovevo dire io. Ad un certo punto d’Amico ci fermò: “Basta così, grazie Vittorio. Lei non teorizzi il fatto che è un cane e che non sa recitare. Non cerchi di fare una teoria del fatto che non sa recitare, venga giù!”.
Principio sì giulivo, ben conduce. Mi sedetti davanti a Costa, che iniziò subito una sorta di sventramento sistematico, una specie di tortura dell’Inquisizione che si concluse due ore dopo. A un certo punto mi chiese: “Se lei avesse i soldi per mettere in scena l’opera che più le sta a cuore, quale sceglierebbe?”. Lui si aspettava che dicessi Faust, I sette contro Tebe, io candido risposi invece La vedova allegra, che Costa vedeva come il Diavolo. L’esame si concluse con questa frase di Costa: “Sappia che nulla di quello che lei ha detto o scritto è condiviso da me”. Me ne andai sconsolato, sicuro di non avercela fatta. Restai a Roma. Due settimane dopo venni rintracciato da mio padre che diceva che mi dovevo presentare in Accademia, ero stato ammesso. Arrivai in ritardo e mi incontrai subito con Costa. Ero l’unico allievo regista ammesso. Mi fulminò chiedendomi per ché così in ritardo. Mi giustificai ricordandogli la frase con la quale mi aveva congedato e che mi aveva fatto pensare di non essere stato ammesso. Allora lui, severo, ma preciso, mi fulminò una seconda volta: “Il fatto che io non abbia con diviso le sue idee non voleva dire che erano stupide! Voleva solo dire che non le avevo condivise”.
Andrea Camilleri
 
 

Il Sussidiario, 7.10.2023
Letture
Camilleri, “Il re di Girgenti”: mistica e commedia di una terra sofferente
“Il re di Girgenti”, romanzo storico di Andrea Camilleri, è uno spettacolo che lascia stupiti, divertiti, arrabbiati, a tratti senza fiato e con dubbi e domande

Esistono storie di vita vera e vita reale; storie di dominazioni, usurpatrici e demolitrici; storie di riscatto e potere; storie che si intrecciano inevitabilmente tra di loro, che si legano alla fantasia e goliardia dello scrittore e solo quando la penna inizia a macchiare di nero la carta, è in quel momento che inizia lo spettacolo.
Il re di Girgenti (Sellerio, 2001) di Andrea Camilleri non è nient’altro che questo: uno spettacolo in teatro che lascia stupiti, divertiti, arrabbiati, a tratti senza fiato e con dubbi e domande.
Attraverso i racconti sulla famiglia Zosimo ci si ritrova nella Sicilia di fine seicento: la terra degli spagnoli, del malgoverno, della povertà e della carestia. Una terra di gente umile, di fedeli e credenti; una terra spesso superstiziosa e legata alla tradizione. Terra travagliata da terremoti e pestilenze, da sofferenze e precarietà.
È una storia dal carattere mistico che si intreccia con il buffo: il protagonista è Gisuè, umile bracciante di Montelusa che si ritrova ad assecondare il desiderio di morte di un giovane duca spagnolo ormai senza denaro e coraggio. Un omicidio per soli cento onze.
È il racconto della giustizia amministrata da viceré e capitani: “Volete asistir all’interrogatorio del prisonero? Spiò con un sorrisino don Sebastiano che gia s’aspittava la risposta. ‘Ma no’ fece il Capitano di Giustizia pronto a lavarsi le mano cento volte più di Pilato. ‘Mi rimetto alla vostra equità’”.
È una storia fatta di tradimenti e infedeltà, di raggiri e cospirazioni, di astuzia e coraggio.
È la narrazione di come si diventava re nella Sicilia del tempo, tramite premonizioni e racconti magici: “una sola cosa, ma non dirlo a nisciuno, manco a tò partre, a tò matre, a tò frati. Sulla tua testa c’è una corona”.
È la storia di Zosimo, bambino prodigio che mangia pane e sarda: “Gisuè gli desi il pane e il picciliddro s’arricreò, si spaccò la faccia in un sorriso di contentezza”.
È il racconto di una terra che soffre a causa della siccità: “‘Io chiangio perché sento la terra patire e lamentiarsi’. ‘Io non sento manco un acceddro’ disse Gisuè. ‘Appunto’ disse Zosimo ‘questo silenzio granni è la sua voci di lamento’”.
È un racconto intricato, carico di vicende, pieno di personaggi, colmo di sensazioni e cambiamenti.
Camilleri, con uno stile a tratti comico, a tratti tragico, ci fa immergere in un contesto che a primo impatto appare paradossale e lontano da noi, ma che nel tempo si comprende e quasi ci si immedesima. Ci racconta di una Sicilia travagliata dalle contraddizioni, della vita fatta di stenti ma anche di piccole cose, quelle quotidiane, quelle genuine, quelle che sanno di casa e famiglia.
E forse il destino non sarà favorevole al re di Girgenti, ma ciò che di più della lettura si conserva sono le ferite di una terra mal governata, abbandonata a sé stessa, che con difficoltà si è rialzata e ha conservato i suoi colori, la gioia della sua gente e la speranza di cambiamento non solo nella Girgenti di Zosimo ma anche nella semplice e cruda realtà.
Virginia Drago
 
 

Agrigento Oggi, 9.10.2023
La statua di Andrea Camilleri ad Agrigento: un omaggio al “re” della letteratura italiana
Il Re incontrastato della Via Atenea: il fascino duraturo di Andrea Camilleri nella Città dei Templi

Lo scrittore Andrea Camilleri continua ad essere il “re” incontrastato della via Atenea, Seduto al tavolo del Caffè, in tutti questi anni ha dialogato silenziosamente con migliaia e migliaia di turisti che, percorrendo il salotto buono cittadino, si sono voluti sedere accanto per un selfie. Basta scorrere a caso le pagine social per rendersi conto di quanto sia importante, per i turisti in visita nella città dei templi, farsi immortalare accanto alla statua in bronzo del grande scrittore. Ma non basta, Da anni è diventato di moda anche lasciare la propria recensione dopo la visita alla statua di Camilleri su “TripAdvisor”, su “Italia recensioni” o su altri siti ancora, dedicati alle bellezze della nostra terra. Dati significativi che confermano l’interesse crescente verso il centro storico di Agrigento.
“Molto suggestiva. Collocata nella via principale ha una visibilità eccellente. Complimenti” scrive ad esempio, il 16 aprile 2023, nel suo commento online Giuseppe da Torino.
Sono tante recensioni, in italiano ma parecchie anche in inglese, lasciate da turisti che hanno subito il fascino della città vecchia e dell’autore di casa nostra. E pazienza se qualche vacanziere continentale, nella recensione, sbaglia ad indicare la via dove si trova l’opera bronzea realizzata dallo scultore Giuseppe Agnello, confondendo via Imera con via Atenea. Alcuni lamentano la poca somiglianza con lo scrittore o la mancanza di rispetto verso l’opera dovuta ai “bivacchi” notturni intorno, ma in generale è tutto un coro di elogi per la statua collocata nella piazzetta dello scrittore nel cuore del centro storico. Dopo le prese di posizione del passato, quando una ragazza si fece fotografare a cavalcioni sul collo del Maestro di Vigàta, Vincenzo B. di Casalnuovo in provincia di Napoli, scrive oggi: “Un piccolo omaggio a Camilleri ad Agrigento. Purtroppo si potrebbe fare sicuramente di più oltre alla totale inciviltà delle persone che ci si siedono sopra per mangiarsi gelati e quant’altro”.
Il commento lasciato da Caruccia di Busto Arsizio (Varese) è che la statua è: “una bella idea. Ultimamente sta diventando di moda mettere un personaggio locale in versione statua in centro”.
“Un piccolo ma dovuto omaggio quello che ha voluto fare l’amministrazione di Agrigento allo scrittore Andrea Camilleri: una piazzetta – chiamata non a caso “Piazzetta dello Scrittore” – dove campeggia la statua in bronzo di Camilleri” scrive Andrea MNZ Ancona
“Una scoperta inaspettata, – firma la sua recensione, il 4 settembre scorso, Giuseppe C. – E’ stato stupendo trovarsi davanti alla statua del maestro Camilleri. Molto carina l’idea di potersi sedere nella sedia accanto la sua per due “chiacchiere letterarie”.
Più datata è invece la recensione di Rosa, (1° Novembre 2015): “Certamente è un piacere poter sedere vicino al grande Camilleri, seppure in una scultura, non molto somigliante per la verità!”.
“Chiudendo gli occhi avverti la sua presenza – fa eco Emanuele il 12 luglio 2023. – Opera molto bella e soprattutto contestualizzata benissimo”.
Insomma, sembra veramente che l’attrattiva principale di via Atenea sia proprio lui, il papà del Commissario Montalbano, in attesa, 24 ore su 24, di qualcuno che vada sedersi accanto, per farsi immortalare e pubblicare la foto sui social. Tutto questo non può che giovare all’economia turistica della città!
Lorenzo Rosso

 
 

La Nazione (ed. di Arezzo), 10.10.2023
C’è Zenzero Fest. Arrivano Cercato e la Nipotissima
Da giovedì a domenica le presentazioni in biblioteca. Arianna Mortelliti, erede di Camilleri, si racconta.

Flavia Cercato, Marco Gaetani, Francois Morlupi e la nipote di Andrea Camilleri Arianna Mortelliti. Dopo la maratona di autori e libri di settembre, Zenzero Fest torna con un ricco calendario a ottobre, e un poker di incontri in programma giovedì 12, venerdì 13, sabato 14 e domenica 15 nella Sala della Biblioteca Città di Arezzo.
[…]
Il programma di ottobre si chiude domenica 15 con Arianna Mortelliti che presenterà il suo libro "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni" (Mondadori), una narrazione originale, un racconto tenero, uno stile definito per un romanzo d’esordio che rivela un vero talento: quello che Arianna Mortelliti ha ereditato dal nonno, il grande Andrea Camilleri.
Tutti gli incontri si tengono dalle 18.30 con ingresso gratuito, al termine il firma copie.
Flavia Baldi
 
 

EFE, 11.10.2023
Andrea Camilleri
Salamandra publica el libro de Camilleri sobre la relación de Alma Mahler y Kokoschka

Barcelona - Salamandra ha publicado este miércoles "La criatura del deseo", del fallecido escritor italiano Andrea Camilleri, un relato sobre la tormentosa relación entre la compositora Alma Mahler y el pintor Oskar Kokoschka.
Camilleri, habitual de la novela negra a través de la serie protagonizada por su comisario Montalbano, reconstruye en este libro no sólo la sobrecogedora historia de una desenfrenada pasión amorosa, sino también una época crucial para el destino de Europa, que acabará desembocando en la Gran Guerra de principios del siglo XX.
En 1912, un año después de la muerte del compositor Gustav Mahler, Alma, su joven viuda, conoció al pintor Kokoschka y así comenzó su historia de amor, que pronto desembocó en una pasión tan desenfrenada como tumultuosa.
Cuando Alma rompió brutalmente la relación, Kokoschka, con el corazón destrozado, decidió partir al frente en la Primera Guerra Mundial y a su regreso, traumatizado por el conflicto y obsesionado aún con el amor perdido, encargó una muñeca de tamaño natural con los rasgos de su amada.
A partir de documentos, escritos biográficos, cartas y otros materiales inéditos e inaccesibles para el gran público, Andrea Camilleri reveló secretos poco conocidos de una relación tormentosa entre dos personalidades de la Viena del siglo XX en la que pugnan el genio artístico y la enfermedad mental.
"La criatura del deseo" es también una reconstrucción de una época crucial para el destino de Europa, donde la vida privada, el debate artístico y el contexto social se entrelazan fatalmente.
 
 

Lamezia in strada, 11.10.2023
Il rapporto tra Alma Mahler e Kokoschka, raccontato da Camilleri in La creatura del desiderio – Cultura

Il rapporto tempestoso tra la compositrice Alma Mahler e il pittore Oskar Kokoschka è il soggetto di “La creatura del desiderio”, un racconto del compianto scrittore italiano Andrea Camilleri pubblicato oggi da Salamandra.
Camilleri, frequentatore abituale del romanzo poliziesco attraverso la serie con protagonista il suo commissario Montalbano, ricostruisce in questo libro non solo la storia travolgente di una passione amorosa sfrenata, ma anche un momento cruciale per le sorti dell’Europa, che si concluderà con la Grande Guerra. Dall’inizio del XX secolo.
Nel 1912, un anno dopo la morte del compositore Gustav Mahler, la sua giovane vedova Alma incontrò il pittore Kokoschka, e così iniziò la loro storia d’amore, che presto sfociò in una passione sfrenata e turbolenta.
Quando Alma interruppe brutalmente la relazione, Kokoschka, affranto, decise di andare al fronte nella Prima Guerra Mondiale e al suo ritorno, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dal suo amore perduto, commissionò una bambola a grandezza naturale con i suoi cari. ‘ caratteristiche.
Utilizzando documenti, scritti autobiografici, lettere e altri materiali inediti e inaccessibili al grande pubblico, Andrea Camilleri svela segreti poco conosciuti sul rapporto tra due figure viennesi del Novecento in cui gareggiavano genio artistico e malattia mentale.

 
 

Palermo Mania, 11.10.2023
Al via la terza edizione di ''Amici del libro al Salinas'': Tra i libri un postumo di Camilleri e le nuove uscite
Sette appuntamenti letterari nell'Agorà del Museo Archeologico palermitano con due eventi speciali, uno dedicato a Calvino e uno a Camilleri. Dal 20 ottobre al 3 dicembre.

Non solo anteprime letterarie ma anche eventi speciali dedicati ad alcuni degli scrittori che hanno caratterizzato il Novecento e non solo. Oltre un mese di eventi che, dislocati, come di consueto, all’interno degli spazi del Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas di Palermo, saranno i protagonisti della terza edizione di “Amici del libro al Salinas”, la rassegna letteraria ideata da Lia Vicari, già direttrice della libreria Feltrinelli di Palermo e da Caterina Greco, direttrice del Museo Regionale Antonino Salinas in collaborazione con CoopCulture e con l’associazione culturale Retablo.
[…]
Il 27 ottobre, si terrà un evento speciale dedicato alla figura di Andrea Camilleri con la presentazione del libro postumo “Il Teatro certamente”, che è un dialogo sul mondo del teatro con il regista Giuseppe Di Pasquale (Sellerio editore). Dal dialogo tra i due infatti emerge l’idea che Camilleri aveva del teatro e della regia.
[…]
 
 

Nulla dies sine linea, 13.10.2023
“Camilleriade”

Il volume “Camilleriade – I luoghi, il commissario, i romanzi storici”, appena pubblicato dalle edizioni Diogene Multimedia, è stato scritto “a sei mani” da Vito Lo Scrudato, Bernardo Puleio e me. Non è la prima volta che noi tre, “sodali in scrittura” (come ci definisce Lo Scrudato nella premessa al volume), scriviamo insieme un libro, poiché cinque anni fa pubblicammo con Vittorietti “Sicilitalia – Scontro-incontro fra Lingue, Identità, Culture”.
Il titolo principale del volume, “Camilleriade”, intende sottolinearne la dimensione quasi “epica”: ognuno di noi, infatti, si è cimentato in un’avventura critica tanto ardua quanto appassionante, con l’intenzione prioritaria di rendere un doveroso tributo a uno scrittore di cui riconosciamo concordemente la straordinaria importanza a livello letterario, storico e culturale in senso lato.
In questa particolare ottica, il risultato finale “è” e “non è”, al tempo stesso, un “saggio critico”: infatti, ognuno dei tre autori ha colto l’occasione, parlando di Camilleri, di mettere alla prova il proprio mondo culturale e interiore, ritrovando spesso ricordi lontani e magiche sensazioni della nostra vita.
Inoltre, nota caratteristica di questa fatica (che da noi non è stata mai avvertita come tale) è stato il “divertissement”, «desunto dallo stesso diletto dello scrivere di Andrea Camilleri» (come precisa ancora Lo Scrudato); semmai è stato il nostro rigore professionale di docenti, spesso, a rimetterci in carreggiata e a riportare la nostra scrittura nei binari dell’ortodossia filologica.
Il libro si articola in tre parti e tre appendici.
Nella prima parte (“Camilleri, i luoghi, l’arte, i pinsèri”) Vito Lo Scrudato, cammaratese e quindi quanto mai vicino geograficamente, storicamente e culturalmente a Camilleri, indugia anzitutto nell’analisi dei luoghi descritti dall’autore empedoclino, trasportandoci da Vigàta e Montelusa (alias Porto Empedocle e Agrigento) a Boccadasse, dalla sua natìa Cammarata a Palma di Montechiaro, dall’eremo della Quisquina al Teatro Greco di Siracusa.  
Invano però si cercherebbe, in questo viaggio (che è anche un viaggio nella memoria), un criterio rigido, un ordine, una (chiamiamola così) logica stringente; la trattazione procede invece, con un fare divagatorio costante/scostante, con un tono dichiarato di “babbìo”, in una sorta di conversazione amichevole che nega sul nascere ogni paludata dissertazione accademica.
Del resto, in questo modo, Lo Scrudato ritiene giustamente di essere perfettamente sulla stessa rotta di Camilleri, del quale sottolinea correttamente la “levità” e “leggerezza”: «I fatti lontani fisicamente diventano più facilmente manipolabili, il babbìo prende libero corso, la nostalgia, che Camilleri ha più volte confessato di avere nutrito costantemente, viene consolata da queste rivisitazioni creative, improntate al divertimento sfrenato, sul piano dell’effetto grottesco; la levità diventa stile, l’invenzione comica si fa sterminata, il rapporto dell’autore con la scrittura diventa una copula goduriosa, la trasfigurazione è compiuta, l’effetto sul lettore è ovviamente simmetrico e coinvolgente» (p. 95).
Ci si sposta dunque dalle donne dei romanzi camilleriani alla straordinaria lingua “vigatese”, dal legame con i luoghi pirandelliani alla dettagliata rievocazione del rapporto di Camilleri con lo scrittore agrigentino, dalle miniere di zolfo a un altro accurato giro per Vigàta, con un gustoso riferimento alla trattoria di Enzo Sacco, che ha ispirato le pagine in cui sono descritti i lauti pasti di Salvo Montalbano (e qui Lo Scrudato conferma di essere “liccu” e buona forchetta almeno tanto quanto lo è il celebre commissario camilleriano…).
Non manca qualche sassolino tolto dalle capienti scarpe di Lo Scrudato, sia che faccia sue le polemiche sulla Sicilia postunitaria, sia che evidenzi certe contraddizioni all’interno dell’ideologia camilleriana, sia ancora che ne contesti l’atteggiamento “antichiesastro” (magari mettendolo a impietoso confronto con alcune pagine di Sciascia).
Resta però predominante l’ammirazione per Camilleri, cui è riconosciuto il merito di aver provocato una «netta inversione di tendenza» nella percezione della Sicilia da parte della comunità nazionale ed internazionale, «riportata finalmente ad una realtà largamente caratterizzata dalla bellezza dell’Isola e della cultura dell’accoglienza e del rispetto della sua gente, soprattutto grazie alla travolgente realtà televisiva del Commissario Montalbano» (p. 95).
Del Maestro empedoclino, infine, sono studiati magistralmente i rapporti con Pirandello e Sciascia, con una serie di riflessioni tanto più interessanti quanto più sembrano divagatorie e occasionali. Infine, viene citato il monologo su Tiresia recitato da Camilleri l’11 giugno 2018 al Teatro Greco di Siracusa, nel quale l’assimilazione con l’antico indovino (anche per la perdita della vista) permise all’autore di riflettere sulla capacità divinatoria, in una sorta di “asciutto saluto” conclusivo al suo affezionatissimo pubblico; così, infatti, si congedò Camilleri: «Può darsi che ci rivediamo tra cent’anni in questo stesso posto. Me lo auguro. Ve lo auguro» (p. 107). Come commenta Lo Scrudato, «è un congedo sospeso, ma qualcosa si riesce ancora a capire: Camilleri affida il suo tempo, la sua sopravvivenza, il suo bisogno di eternità, all’arte, come facevano i poeti antichi, quando si auguravano l’immortalità attraverso l’arte, per il riconosciuto valore alla loro poesia» (ibid.).
L’ultimo paragrafo (“Per concludere: Empedocle”) ha per protagonista l’antico filosofo agrigentino, di cui viene ricordata la preghiera agli dèi che si trova all’inizio del suo poema sulla natura; per Lo Scrudato, chiudere la sua nota con una citazione dall’opera di Empedocle, un altro agrigentino, «è un definitivo, ultimo, omaggio al paese di Camilleri che, prima di chiamarsi Vigàta, continua a chiamarsi Porto Empedocle!» (p. 108).
La seconda parte del libro, da me curata, si intitola “Identikit di un commissario: i romanzi di Montalbano nella produzione di Andrea Camilleri”.
In questa ampia sezione ho cercato di ripercorrere, soprattutto da lettore appassionato, i romanzi e i racconti di cui è protagonista il commissario più noto d’Italia: ecco dunque anzitutto un resoconto sulla genesi del personaggio, cui in origine l’autore avrebbe voluto destinare soltanto un libro (salvo a essere poi “costretto” da Elvira Sellerio, stante lo straordinario successo de “La forma dell’acqua”, a proseguire in quella che sarebbe divenuta una vera e propria “saga”).
Di Montalbano vengono poi esaminate le fasi della vita: dall’infanzia segnata dalla precoce perdita della madre al successivo allontanamento dal padre, colpevole di essersi rifatto una vita con un’altra donna; dalle prime fasi della sua carriera nel paese montano di Mascalippa al trasferimento a Vigàta; dal decennale rapporto a distanza con la sua Livia all’avventura spiazzante con Antonia nel romanzo “Il metodo Catalanotti” (2018).
Le vicende biografiche del commissario sono corredate da un quadro completo del suo carattere, delle sue idiosincrasie, dei suoi pregi e dei suoi innegabili difetti, delle sue manie, delle sue immutabili abitudini, delle persone che lo circondano (anzitutto i membri della sua “squadra” al commissariato), dei suoi difficili rapporti con i superiori, della sua coerenza ideologica, del suo malcelato passatismo (che sembra rispecchiare a volte l’età avanzata del suo autore), della sua vasta cultura, del suo rapporto quasi idolatrico con il cibo.
Di Montalbano, poi, è seguito un elemento particolare e specifico (che costituisce un’altra delle differenze con il Maigret simenoniano): l’invecchiamento, il senso doloroso del tempo che passa, il timore dell’ineluttabile decadenza fisica e mentale. Da qui deriva, anche, il suo contrastante e doloroso rapporto con i ricordi: «è un gioco tinto, quello dei ricordi, nel quale finisci sempre col perdere» (“L’odore della notte”, p. 56).
Come reazione agli anni che passano, il commissario, che nei primi romanzi mostrava un’incrollabile fedeltà nei confronti della sua Livia, evidenzia sempre più la tendenza a “dimenticarla” e a sostituirla; ecco quindi che un’ampia digressione è dedicata alle donne che, via via, si pongono come “tentatrici” e “seduttrici” nei confronti di Montalbano, mentre parallelamente il rapporto con Livia si evolve e si scontra con nuove difficoltà (soprattutto dopo la mancata adozione del piccolo François, che avrebbe potuto costituire la base per un legame più profondo).
L’analisi del romanzo “Il metodo Catalanotti” (2018) è particolarmente approfondita, proprio perché costituisce di fatto l’ultimo romanzo di Camilleri in ordine cronologico, dato che “Il cuoco dell’Alcyon” (2019) era stato composto anni prima, come anche “Riccardino” (uscito postumo nel 2020), da tempo destinato a chiudere idealmente la serie su Montalbano.
Non meno opportuna mi è parsa un’accurata riflessione su “Riccardino” e sulla soluzione surreale adottata dall’autore per far “svanire” per sempre il suo personaggio, in una prospettiva “pirandelliana” che fa dell’opera un vero e proprio “metaromanzo”.
Le notizie sull’evoluzione della lingua camilleriana nei romanzi di Montalbano, da “La forma dell’acqua” a “Riccardino” (nella sua revisione finale), mirano a far cogliere l’evoluzione progressiva di uno strumento espressivo del tutto particolare e inimitabile, quel “vigatese” che è assurto al rango di lingua letteraria ma si è mostrato capace di influire potentemente persino sul lessico quotidiano di milioni di persone.
Non mancano le notizie (doverose) sulla “fiction” televisiva (sia quella principale con Luca Zingaretti, sia quella del “giovane Montalbano” interpretato da Michele Riondino), con una puntualizzazione delle differenze con i testi camilleriani.
Il problema conclusivo è quello relativo alla “sopravvivenza” di Montalbano “post mortem auctoris”: Montalbano “orfano” non per questo è condannato a “svanire” come aveva previsto il suo autore; la potente vitalità di certi personaggi, che sopravvivono alla scomparsa dei loro autori, è confermata in questa riflessione di Maria Corti, insigne filologa e semiologa milanese: «Noi moriamo, diventiamo polvere e non ci siamo più; loro, i fantasmi di quel teatro dell’immaginario che è la letteratura, escono dalla vita del testo senza morire, anzi continuano a popolare la vita degli uomini; non appartengono a nessuno e appartengono a tutti».
La terza sezione, “I romanzi storici di Camilleri: il rapporto con Sciascia”, è stata magistralmente curata da Bernardo Puleio, autore anche delle prime due appendici del volume.
Partendo dalla “scoperta letteraria” di Camilleri da parte di Sciascia, il critico analizza i rapporti fra i due autori, soffermandosi anzitutto sui primi romanzi storici camilleriani; infatti, come ricorda opportunamente Puleio, «Camilleri non è soltanto l’inventore di Montalbano, dal momento che non sono pochi i suoi libri d’altro genere, fantastici, libellistici, civili e di varia fiction giallo-storica» (p. 315).
Analizzando le fonti, Puleio smaschera alcune contraddizioni di Camilleri nel rapporto con Sciascia, sia quando lo accusa falsamente di “anticomunismo viscerale” (quando invece era stato eletto, sia pure da indipendente, nel PCI, con il solo torto di esserne un “intellettuale disorganico”, a differenza dell’empedoclino, che fu organico al partito, cfr. p. 319) sia quando gli attribuisce una “santificazione” della mafia (ad es. nella figura di Don Mariano ne “Il giorno della civetta”) in realtà assolutamente estranea agli intenti e all’effettiva scrittura di Sciascia.
Puleio evidenzia poi la profonda cultura di Camilleri, il quale, «attinge copiosamente alla tradizione siciliana che spazia dai veristi a Pirandello, da Brancati a Sciascia, fino all’amico D’Arrigo, ma che comprende una sterminata carrellata di autori europei e americani (nella duplice accezione di americani del Nord e di latino-americani)» (p. 322). Giustamente il critico aggiunge poi: «Il condimento di questa ricca pietanza non può che essere il “camilleriano”, il pasticcio linguistico intriso di dialetto, siciliano parlato, parasiciliano, invenzione linguistica e, abbattendo la peculiarità della lingua scritta, di cunto, cioè della capacità di far vivere il racconto in una dimensione orale, di primigenia purezza che rimanda a codici antichi della letteratura» (p. 323).
Una sezione critica molto significativa e decisamente originale è quella in cui Puleio individua un vero e proprio “metodo Camilleri” nell’approccio con il romanzo storico (pp. 324 ss.): «il lettore dei romanzi storici di Camilleri deve preliminarmente fare ‘tabula rasa’ di quello che è o potrebbe essere il codice identificativo del genere romanzo storico. […] I romanzi cosiddetti storici di Camilleri hanno infatti ben poco di storico. Innanzitutto, perché le fonti vengono spesso travisate o non esistono affatto o vengono ricostruite fantasiosamente anche quando ci siano dei ben precisi riferimenti storici. È una libertà, questa, che l’autore rivendica con sicuro orgoglio. Se a ciò aggiungiamo anche l’utilizzo di espressioni della lingua ‘inventata’ dall’autore, espressioni tipiche del linguaggio parlato, uso diffuso del turpiloquio, caratteristiche non certamente proprie del genere letterario storico che, ha, per così dire, una sua austera, rigorosa e letterarissima tradizione, ci imbattiamo perlopiù in testi che costituiscono la parodia del genere storico, che forse è uno degli intenti che ha voluto comicamente realizzare l’autore» (p. 325).
Su queste basi si pone il distacco dal modello sciasciano e, prima ancora, dalla tradizione del romanzo storico europeo; Puleio pone qui giustamente l’accento sull’ironia camilleriana, «che, con leggerezza, dissacra, ma invita a riflettere. Alla fine il narratore, anche se la narrazione si è sviluppata senza il supporto di precise indicazioni d’archivio, propone interessanti questioni morali filtrate attraverso un rapporto diacronico per cogliere genesi ed evoluzione delle maggiori problematiche sociali siciliane» (p. 328).
Lo studio del “metodo camilleriano” viene sviluppato attraverso un’analisi accurata prima di “Un filo di fumo” (1980), con un esemplare approfondimento storico sul tema delle zolfare, poi del romanzo “La strage dimenticata” (1984), testo “decisamente sciasciano” (p. 351). Con dovizia di opportune citazioni e riferimenti culturali ad ampio spettro, il critico chiarisce al lettore i meccanismi dell’operazione camilleriana, fornendo chiavi interpretative originali e spesso inaspettate.
La sezione relativa a “La bolla di componenda” (1993), come precisa Puleio, «dà la stura ad una serie infinita di discussioni e di polemiche. Esistevano ed esistono ancora in Sicilia, e probabilmente non solo in Sicilia, forme di ricomposizione, di mediazione tra i malviventi e i derubati» (p. 370). In tutta questa interessantissima trattazione la critica letteraria e storica si fa denunzia civile, esemplare presa di coscienza morale, informazione doverosa che colma lacune, suggerisce comportamenti e apre nuove prospettive. 
Nel capitolo intitolato “La storia e l’attualità”, Puleio rileva come in Camilleri prenda forma «un progetto di riscrittura senza idealizzazioni della storia siciliana e italiana postunitaria» (p. 402); infatti «è da osservare che Camilleri, senza cadere nella retorica neoborbonica ma anche senza accedere ad una esaltazione aprioristica del processo unitario quasi come se si trattasse di una fuoriuscita verso il progresso della Sicilia, intravede nel fenomeno risorgimentale e nella gestione post-unitaria dell’isola non un elemento di rinnovamento ma un elemento problematico, una condizione di sofferenza e di angoscia soprattutto a danno degli ultimi. L’unità è una mancata occasione di progresso» (pp. 403-404).
Chiude il prezioso contributo di Puleio la sezione relativa a “La mossa del cavallo” (pp. 416 ss.), a sua volta ricca di spunti di riflessione e particolarmente curata dal punto di vista dell’analisi linguistica.
Quanto alle tre appendici del volume, mentre le due curate da Bernardo Puleio («“La rivoluzione della luna” e il donnesco governo» e «Il tema del doppio in “Riccardino”») continuano ad offrire una messe di osservazioni preziose ed originali, l’ultima appendice presenta un “apocrifo camilleriano”, cioè un mio raccontino intitolato “La pensione di Montalbano” (pp. 457-466), inizialmente ambientato nel borgo di Boccadasse, a Genova.
Lungi dal voler in alcun modo competere con l’ineguagliabile modello camilleriano, il racconto riporta il volume al tono complessivo di “lusus” che caratterizza l’intera opera; un “lusus”, però, non privo – mai – di sottintese intenzioni, quale (in questo caso) quella di rendere omaggio ad Andrea Camilleri e al suo Montalbano, divenuto ormai a tutti gli effetti “patrimonio dell’umanità”.
Mario Pintacuda
 
 

Arezzo, 15.10.2023
Presentazione del libro di Arianna Mortelliti "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni"

 
 
 

La Nazione (ed. di Arezzo), 15.10.2023
"Andrea Camilleri era mio nonno". Arianna debutta a Zenzero Fest: romanzo familiare di Mortelliti
Oggi alle 18.30 appuntamento nella sala conferenze della Biblioteca Città di Arezzo. Presenta il romanzo familiare dal titolo: "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni".

Un debutto letterario intrigante quello che Arianna Mortelliti presenta a Zenzero Fest, la rassegna in programma oggi alle 18.30 nella sala della Biblioteca di Arezzo. "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni" (Mondadori), è un romanzo familiare scritto calibrando suspense e informazioni all’interno di una struttura a dialoghi che permette di ricostruire le vicende della famiglia Baldi. Il coma profondo in cui cade Arturo, 95enne, è l’evento che innesca un susseguirsi di riflessioni profonde e intime.
Arianna, perchè ha deciso di raccontare questo momento?
"Scrivere il romanzo è stato terapeutico. Ho avuto una persona cara in coma per un mese e scrivere lasciandomi andare alla fantasia mi ha aiutato".
Ha immaginato di essere Arturo?
"Il libro è scritto dal suo punto di vista, perchè durante il tempo vissuto accanto a quella persona, mi sono chiesta continuamente, se avesse percezione di tutto ciò che lo circondava. Non potendomi rispondere con la ragione ho provato a farlo con la fantasia".
Arturo è circondato da molte donne. Una che le somiglia?
"Diciamo che forse un po’ tutte le donne del libro hanno qualcosa di me. In particolare Nina, la nipote più piccola di Arturo".
Come accade che una biologa, come lei, scopra la passione per la scrittura?
"Quella per le scienze e per la scrittura, sono passioni che ho sempre avuto. Fin da bambina ho scritto quotidianamente un diario e ho continuato a farlo anche in età adulta. La scrittura mi ha sempre aiutato a superare i momenti, più o meno difficili, della mia vita. Questa volta però il diario non mi è bastato e ho voluto provare a cimentarmi nella stesura di un romanzo".
Avrà influito anche essere cresciuta con nonno Andrea Camilleri...
"Soprattutto negli ultimi anni della sua vita, gli sono stata molto vicina. Sono stata i suoi occhi e le sue mani. L’ho aiutato nella stesura di "Autodifesa di Caino", quando da solo non riusciva più a farlo. Quell’esperienza mi è servita tantissimo. Anche se l’ho scoperto dopo, perchè in quel momento non pensavo di scrivere un romanzo".
Qual è l’insegnamento professionale, il trucco narrativo, del nonno che le è stato più utile nella stesura del libro?
"Sicuramente due. Lui diceva sempre ‘buttiamo giù, anche se non è perfetto, lo sistemiamo dopo’. E, per il romanzo ho fatto proprio così, come mi veniva un’idea la scrivevo. Poi, l’uso dell’immaginazione: visualizzare le scene che vengono narrate. Serve tantissimo a controllare che la storia sia aderente alla realtà".
Cosa le avrebbe detto leggendo il suo libro?
"Non ho osato immaginare una cosa del genere!".
Gloria Peruzzi
 
 

ArezzoNotizie, 15.10.2023
A Zenzero Fest la prima prova narrativa della nipote di Andrea Camilleri
Gran finale oggi nella sala conferenze della biblioteca

Un romanzo decisamente intrigante, che calibra suspense e informazioni all'interno di una struttura a dialoghi che, progressivamente, scioglie nodi e ambiguità. Alla sua prima prova narrativa, ma cresciuta alla scuola del nonno Andrea Camilleri, Arianna Mortelliti è l'ospite dell'ultimo appuntamento dell'edizione di ottobre di Zenzero Fest con il suo libro “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” (Mondadori).
Un anziano 95enne, Arturo, viene portato in ospedale dove scivola in un coma profondo. Un misterioso tempo sospeso, nel quale Arturo riesce a sentire l’amata moglie, le figlie e le nipoti che, ognuna in solitudine, si abbandona a confessioni e sfoghi. Arianna Mortelliti dà forma a questa famiglia da cui emergeranno lontani segreti e recondite verità, che nel presente aiuteranno – tanto chi è destinato a restare quanto chi se ne andrà – a fare pace con la propria vita e a guardare oltre.
Appuntamento con Arianna Mortelliti oggi alle 18:30 nella Sala Conferenze della Biblioteca Comunale con ingresso per il pubblico libero e gratuito. Al termine della presentazione il consueto firma copia.
Zenzero Fest è promosso da Officina Rilancio Arezzo ed organizzato in collaborazione con la libreria Edison by Biblion, con il patrocinio di Provincia di Arezzo, Comune di Arezzo e Biblioteca Città di Arezzo. Main sponsor Estra, sponsor Chimera Gold, Caurum e Banca di Anghiari e Stia - Credito Cooperativo. Partner, B&B Antiche Mura, Logge Vasari, La Lancia d’Oro, Cremeria Cecconi; media partner Weare e The Aretiner.
 
 

Tiempo argentino, 15.10.2023
Juegos de ingenio
Tiempogrilla letteraria
Doce preguntas sobre literatura italiana para homenajear al autor de "El barón rampante". ¿Cuánto sabés?

Celebramos hoy el centenario del nacimiento del genial escritor italiano (1923-1985) de la fotografía, autor de “El barón rampante” y “Las ciudades invisibles”, entre otras novelas y cuentos. Su nombre y su apellido se leerán en vertical si se responden estas 12 preguntas sobre literatura italiana.
[..]
8. El comisario Montalbano es el personaje central de una treintena de novelas policiales de un escritor siciliano fallecido en 2019. Se llamaba Andrea. ¿Cómo se apellidaba?
[..]
 
 

esRadio - Es la Mañana, 17.10.2023
Los Libros: 'La criatura del deseo'
Amorós recomienda la lectura de ‘La criatura del deseo’, de Andrea Camilleri. Relata la historia de amor trágico entre Alma Mahler y Oskar Kokoschka.
Federico Amorós
 
 

AGR, 17.10.2023
Grande successo per la serata “Poli incontra Manzini”
Giovedì 12 ottobre presso il Museo Civico

Si dice che l’unione faccia la forza, che per noi significa “forza della cultura”. Ed è quello che abbiamo realizzato venerdì a Poli nell’ambito della V edizione delle “Giornate della Cultura” dove il Comune, insieme al Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni di Palestrina, ha realizzato un incontro con lo scrittore Antonio Manzini, l’autore dei romanzi che raccontano le indagini del vicequestore della Polizia di Stato Rocco Schiavone e della sua squadra e che da dieci anni è uno dei più pregevoli prodotti “fiction” della RAI, con l’interpretazione, nelle vesti del vicequestore, di Marco Giallini.
Il numeroso pubblico ha partecipato per circa due ore al fuoco di fila delle domande a cui Rita Di Biase, presidente del Circolo, e profonda conoscitrice dell’autore, ma meglio sarebbe dire di Rocco Schiavone, ha sottoposto Manzini. Una serata piacevole tra aneddoti raccontati dall’autore Manzini e brevi spot tratti dalla fiction. Esilarante l’aneddoto raccontato da Manzini che vedeva lui e Camilleri confrontarsi sulla fine dei rispettivi personaggi: il commissario Montalbano e il vicequestore Schiavone. Raccontava Camilleri che mentre Manuel Vasquez Montalban e Jean Claude Izzo, altri due celebrati autori noir, avrebbero, ad certo punto, fatto morire i loro personaggi, il detective privato Pepe Carvalho e il poliziotto Montale, lui, Camilleri, era di opposto parere. Montalban e Izzo sono morti relativamente giovani (il primo a 64, il secondo a 55 anni), mentre Camilleri era allora ancora vivo. Morirà nel 2019 a 94 anni. “Quindi - disse Camilleri a Manzini – decidere di far morire prima dell’autore i propri personaggi porta sfiga”. 
[…]
Rocco Micale
 
 

ArezzoTV, 17.10.2023
Mortelliti e Morlupi chiudono la seconda edizione di Zenzero Fest

Arianna Mortelliti, nipote di Andrea Camilleri, alla sua prima priva narrativa, l'ospite dell'ultimo appuntamento dell'edizione di ottobre di Zenzero Fest con il suo libro “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni”.
Un romanzo decisamente intrigante, che calibra suspense e informazioni all'interno di una struttura a dialoghi che, progressivamente, scioglie nodi e ambiguità.
Altro protagonista della rassegna Francois Morlupi con il suo libro “Formule mortali”

 
 

Sellerio Editore, 18.10.2023
Giuseppe Dipasquale 'Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale'

 

Mercoledì 18 ottobre alle 18.00, presso Piazza Scammacca - Mercato Persone Cultura di Catania, in piazza Scammacca 9, Giuseppe Dipasquale presenta Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale di Andrea Camilleri.
Intervengono Carmelita Celi, Tuccio Musumeci, Ester Pantano.
 
 

Comune di Cascina, 19.10.2023
"Libri lungo le mura": ecco il ricco programma

Si chiama “Libri lungo le mura - Festival della lettura Città di Cascina” il ricco programma di eventi culturali che prevede, tra il 23 ottobre e il 19 dicembre, una serie di iniziative per promuovere la lettura. Il tutto grazie alla presenza di autori e scrittori che esporranno alla collettività, in occasione di dibattiti e confronti culturali appositamente dedicati, opere riferite a temi storici, artistici, poetici e letterari. 
La rassegna è realizzata con il contributo della Regione Toscana ottenuto con la partecipazione al bando nell’ambito degli “Interventi del Consiglio regionale per la realizzazione delle finalità statutarie in materia di sviluppo sostenibile, cultura e turismo ambito di intervento”, area di intervento “Contributi per la promozione della lettura”, mirato a garantire il diritto alla conoscenza di ognuno e l’accesso alla cultura come bisogno individuale e collettivo. 
Questo il calendario degli incontri:
[…]
12 dicembre martedì ore 18.30
Alfonso Maurizio Iacono racconta Andrea Camilleri  
“Il corso delle cose è sinuoso. Il Mondo di Andrea Camilleri”
BIBLIOTECA COMUNALE “P. IMPASTATO” Viale C. Comaschi n. 67

[…]
 
 

CinemaSerieTV, 19.10.2023
Montalbano, il cofanetto DVD con la serie completa è su Amazon a un prezzo imperdibile
Il cofanetto DVD con la serie completa de Il commissario Montalbano è in prevendita su Amazon ad un prezzo imperdibile: ecco tutti i dettagli.

 

Il cofanetto DVD contenente la serie completa de Il commissario Montalbano, in uscita il 23 novembre 2023, è già acquistabile da Amazon, tramite preordine, ad un prezzo imperdibile; il boxset, distribuito da Eagle Pictures, comprende in 37 dischi, per un totale di più di 63 ore di visione complessiva, tutti i film con protagonista l’omonimo commissario di polizia, tratti dalle opere letterarie dello scrittore siciliano Andrea Camilleri; all’interno del cofanetto è presente, oltre a un ricco booklet, un disco aggiuntivo interamente dedicato a contenuti extra, A impreziosire ulteriormente l’uscita, troviamo una speciale card numerata e un segnalibro. Potete prenotare il cofanetto a questo link.
Il commissario di polizia Salvo Montalbano, nato dalla fantasia di Andrea Camilleri nel 1994, è stato interpretato in una serie di 37 film per la televisione dall’attore romano Luca Zingaretti, a partire dal 1999, quando su Raiuno in prima serata, andò in onda l’adattamento de Il ladro di merendine, terzo romanzo della saga di Montalbano; il successo fu immediato e da allora le riduzioni televisive dei romanzi di Camilleri si susseguirono senza soluzione di continuità, fino ad arrivare al 2021, con Il metodo Catalanotti, ultima trasposizione letteraria.

Montalbano, noto per la sua ironia e per lo spiccato acume investigativo, agisce nell’immaginaria cittadina di Vigata, dove risolve crimini di vario genere, legati alla criminalità organizzata o semplicemente opera di comuni cittadini. Nel creare il personaggio, Camilleri prese ispirazione da un altro importante detective letterario europeo, il Pepe Carvalho di Manuel Vasquez Montalban; i due personaggi hanno in comune l’amore per la cucina, le buone letture e un rapporto tormentato con l’altro sesso.
Simone Frigerio
 
 

SAIG, 21.10.2023
"La lingua italiana nelle opere di Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia"

In occasione della XXIII Edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, l'Associazione Cultura e Arte Siciliana presenta l'incontro "La lingua italiana nelle opere di Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia" condotto da Lucia Russo, giornalista culturale e scrittrice
SABATO 21 OTTOBRE 2023, alle 19:00
Sede SAIG
Avenue Ernest Pictet 10, Ginevra
INGRESSO LIBERO, seguito da un aperitivo
 
 

Roma, 21.10.2023
Presentazione del libro di Arianna Mortelliti "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni"

 
 
 

Arigraf, 22.10.2023
CONFERENZA: Oltre il Personaggio IL COMMISSARIO MONTALBANO
Data: 22 Ottobre 2023
Ora: 18:00 - 20:00
Luogo su piattaforma Zoom
Organizzatore Arigraf Nazionale
Telefono: +39 333 58 81 360
Email: arigraf.segreteria@gmail.com

"IL COMMISSARIO MONTALBANO. DI PIRSONA PIRSONALMENTE", M.L.FAVIA
Questa Iniziativa è rivolta a tutti i Soci Arigraf.
 
 

Diario de León, 22.10.2023
«Al lector hay que hacerlo militante de la literatura»
El escritor leonés Alejandro Gallo reúne en un libro los mejores relatos del sagaz y desaliñado comisario Gorgonio

—Gorgonio es el prototipo de policía desaliñado y sagaz. Un ‘Colombo a la española’. ¿Has conocido a algún comisario que se le parezca?
—Los comisarios reales no son como Gorgonio, como no existe un Sherlock Holmes ni un Poirot ni un Padre Brown. Todos son personajes de ficción que sirven a sus creadores como metáfora y crítica de una realidad. Gorgonio es un comisario al que no le preocupa su estética, pero no es un Colombo hispano, pues trabaja en equipo y valora el equipo policial. Los miembros de su equipo serían personajes de novela por sí mismos. La Mari es la inspectora de perfiles criminales. Pepote es el inspector de la Científica y de métodos escrupulosos. Matías es el inspector que solo cree en la fuerza bruta para resolver los crímenes. Y cierro con el aspirante a inspector Manolo Catarella, un homenaje al gran maestro Andrea Camilleri.
[…]
Verónica Viñas
 
 

La Notizia di Ginevra, 23.10.2023
Sciascia e Camilleri a Ginevra con l’ACAS

Il 21 ottobre scorso, l’Associazione Cultura e Arte Siciliana (ACAS) ha tenuto una conferenza sulla “Lingua italiana nelle opere di Andrea Camilleri e di Leonardo Sciascia”, con la partecipazione della dott.ssa Lucia Russo, giornalista culturale e scrittrice esperta di letteratura siciliana.
La serata è iniziata con un discorso introduttivo della Presidente del Com.It.Es. di Ginevra, Ilaria di Resta, che, dopo i saluti ai presenti e al reggente del Consolato Generale d’Italia Calogero Massimiliano Caputo, ha ricordato le celebrazioni della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, nel cui ambito l’ACAS ha promosso l’evento in argomento, portando il saluto e il messaggio del Consigliere Federale Ignazio Cassis, tramite un video istituzionale.
La stessa ha quindi presentato la conferenziera Lucia Russo, laureata in Scienze Politiche nel 1988 a Catania, città in cui risiede, la cui attività giornalistica è iniziata nel 2006 su temi legati all’architettura e alle arti visive, all’ambiente e al settore sociale, ed è oggi dedita ad ambiti strettamente culturali, con particolare riguardo alla letteratura (recensioni, presentazioni, interviste ed articoli). Attualmente, Lucia Russo collabora con le testate “La Sicilia”, letteratitudine.it, fattitaliani.it ed è curatrice e autrice su L’EstroVerso della rubrica di critica letteraria “Il romanzo abita qui”.
Autrice dal 2010 di vari racconti confluiti in raccolte antologiche di diversi editori, e della silloge poetica “Identità” (Algra editore, 2015), è approdata al romanzo a dicembre 2021 con “Il presagio del pipistrello rosso” (Algra Editore), romanzo di fantascienza sociologica scritto a quattro mani insieme a Maria Pina Crifò Antonello.
Nominata nel 2021 Ambasciatrice della lettura dal Centro del libro e della lettura del Ministero della Cultura, ha preso parte a giurie letterarie e teatrali, e curato libri come correttrice di bozze ed editor.
Il Presidente ACAS, Vincenzo Bartolomeo, ha quindi rivolto il suo saluto alla platea ed espresso l’avvio, con tale conferenza, del progetto di promuovere da qui in avanti una serie di incontri letterari.
Con grande professionalità, la conferenziera ha sottolineato l’importanza di due giganti della letteratura italiana della seconda metà del Novecento, evidenziando l’eredità letteraria, linguistica e di pensiero critico da essi lasciata.
Dopo una breve introduzione sulle opere principali e sulle figure letterarie di Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri, la giornalista ha esplorato le motivazioni della loro rilevanza, mettendo a confronto i due autori per evidenziare comunanze e differenze, nei temi, nelle influenze di altri scrittori, nello stile narrativo e nelle peculiarità linguistiche, evidenziando come e se gli stessi utilizzassero espressioni, termini e strutture sintattiche della lingua siciliana. Ha anche discusso la percezione del siciliano come lingua (piuttosto che dialetto regionale) e la sua preesistenza rispetto alla lingua italiana.
Nella sua presentazione, la dott.ssa Russo ha fatto riferimento alle opere dei due autori per illustrare le sue affermazioni, ha mostrato dati sui libri italiani più tradotti, ha fatto riferimento a testi specifici e condiviso alcuni aneddoti rappresentativi della personalità di questi autori.
Di Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989), scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, poeta, politico, maestro di scuola elementare e critico d’arte, rimane la grande qualità narrativa e letteraria, insieme alla statura di intellettuale.
Primo scrittore a raccontare il fenomeno mafioso in libri come “Il giorno della civetta” (1961) o “A ciascuno il suo” (1966), si definì uno scrittore “impegnato”, ebbe sempre “la verità” come tema centrale della scrittura e delle sue ricerche storiche, assertore della “circolarità tra letteratura e realtà”. La sua vocazione fu quella non del letterato puro, ma dello scrittore-critico-saggista militante che informa e si informa sulla realtà per cambiarla. Il suo linguaggio s’ispirò – come egli stesso dichiarò – alla scrittura di certi francesi del Settecento: Diderot, Voltaire. Quanto al colorito della lingua, egli perseguì l’uso di un italiano lontano dalla sintassi dialettale e privo di sicilianismi, diversamente da Camilleri.

Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019), scrittore, sceneggiatore, regista teatrale e drammaturgo italiano, ha lasciato l’irresistibile capacità di narrare storie che richiamano le tradizioni dei narratori siciliani. Di grande successo nel mondo, consacrato dai gialli del Commissario Montalbano, alla data della sua morte vanta ben 10 milioni di copie vendute dei suoi libri, con oltre 100 romanzi tradotti in circa trenta lingue.
Le scelte linguistiche di A. Camilleri sono state presentate da Lucia Russo come l’aspetto centrale della sua produzione letteraria. La contaminazione del testo italiano con termini del dialetto siciliano ha dato origine a una sua personale struttura linguistica che, nonostante le critiche ricevute e gli ostacoli frapposti, egli mantenne anche a costo di non pubblicare, perché il dialetto, nella sua concezione costituisce un valore aggiunto all’identità della sua opera. A supporto di tale affermazione, Lucia Russo ha fornito il video dal titolo: La Lingua e la Cultura italiane sono tutto” in cui egli stesso espone il suo pensiero.
L’evento è stato condotto in uno stile colloquiale e comunicativo, con l’obiettivo di dimostrare in modo chiaro quanto affermato e di fornire indicazioni concrete a chi fosse interessato alla lettura delle opere dei due autori. Il linguaggio utilizzato è stato semplice e comprensibile a tutti.
Alla fine della presentazione, nella fase più conviviale, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di porre domande, condividere osservazioni e chiedere consigli sulla lettura delle opere di Sciascia e Camilleri.

Con questo evento, l’ACAS si è inserita con successo nelle organizzazioni di eventi culturali di rilievo, contribuendo a rappresentare la Sicilia nel Cantone di Ginevra.
 
 

Radio RCS Sicilia, 24.10.2023
Serradifalco ricorderà il grande Andrea Camilleri
Previsto un incontro presso il teatro comunale (martedì 7 novembre). Circa venti anni addietro, il sindaco pro tempore – Bernardo Alaimo – assieme all’Amministrazione comunale gli conferì la prestigiosa cittadinanza emerita

Andrea Camilleri, “cittadino onorario” di Serradifalco. Ruota su questo tema l’evento culturale programmato per martedì 7 novembre (ore 10) presso il teatro comunale “Antonio de Curtis”. Un’iniziativa lodevole organizzata dall’Auser, in collaborazione con Cesvop (Centro di Servizi per il Volontariato di Palermo – delegazione di Caltanissetta, Gela e San Cataldo), Amministrazione comunale, Istituto comprensivo “Flippo Puglisi” e Pro Loco.
In apertura, i saluti di Salvatore Pelonero (presidente provinciale dell’Auser di Caltanissetta), del sindaco Leonardo Burgio, di Valeria Vella (dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo “Filippo Puglisi”) e del sindaco Calogero Martello (Porto Empedocle).
Nel corso dell’evento, interverranno: Pasquale Petix (rettore della Luse), l’onorevole Bernardo Alaimo (già sindaco di Serradifalco – sotto la sua sindacatura venne conferita la cittadinanza a Camilleri), Arianna Mortelliti (scrittrice e nipote del grande autore empedoclino), Felice Cavallaro (giornalista del “Corriere della Sera”, che intervisterà la scrittrice durante la presentazione del libro intitolato “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni”).
Un appuntamento culturale di notevole spessore. Per ricordare la figura di un grande scrittore: Andrea Camilleri. Morì quattro anni addietro (era il 17 luglio 2019). Avrebbe compiuto 94 anni agli inizi del settembre successivo. A ridosso, dunque, del ventennale dal conferimento della prestigiosa cittadinanza emerita, si parlerà diffusamente di questo straordinario protagonista della Cultura italiana.
Michele Bruccheri
 
 

Palermomania, 24.10.2023
Amici del libro al Salinas
''Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale'' il libro postumo di Andrea Camilleri
La terza edizione di Amici del libro al Salinas prosegue con ''Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale'', libro postumo di Andrea Camilleri.

La terza edizione di Amici del libro al Salinas prosegue il 27 ottobre alle 17,30 nell’Agorà del Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas di Palermo con la presentazione del libro postumo di Andrea Camilleri “Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale”, (Sellerio). Dialogheranno con   Giuseppe Dipasquale, Lello Analfino, Teresa Mannino e Totò Rizzo.
lI teatro certamente è un libro di conversazioni. Gli interlocutori sono un ex e devoto allievo dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, il regista Giuseppe Dipasquale, e il suo maestro di regia teatrale, Andrea Camilleri, con la sua sapiente e collaborativa sovranità. Discutono su quella che Camilleri chiama “dicibilità teatrale”: su come “trasformare le cose scritte in cose dette”; sulla teatralizzazione o trasposizione teatrale, in sostanza, di testi narrativi dello stesso Camilleri o di Pirandello. Nel libro, la pulizia del dettato è pari alla profondità delle analisi. Dipasquale legge le opere di Camilleri, e Camilleri legge se stesso. Le letture a volte divergono. Ma Camilleri lascia sempre libertà di giudizio. Il maestro scava nei ricordi. “Noi avevamo davvero timore delle critiche che potevano decretare il successo o l’insuccesso di uno spettacolo. Ora, purtroppo, è un mero resoconto della serata... Questo, se vogliamo, avviene anche in letteratura dove abbiamo i recensori e i critici. Ecco, una volta i critici erano davvero critici e basta”; opportuni sempre, anche quando stroncavano. Si può leggere il libro come un discreto e suggestivo scorcio biografico. Non è nata la prima, inarrivabile biografia della letteratura europea, la settecentesca Vita di Samuel Johnson scritta da James Boswell, dall’elaborazione delle conversazioni del grande critico letterario trascritte dall’inseparabile biografo?
 
 

ANSA, 24.10.2023
News dalle Ambasciate
Al via a Città del Messico un ciclo di conferenze su Calvino
Amb. De Chiara: 'Testimonia l'interesse culturale tra i 2 Paesi'

Città del Messico. Al via le Giornate internazionali di studi italiani, presso la cattedra straordinaria Italo Calvino dell'Università nazionale autonoma del Messico (Unam), giunte alla loro XVI edizione e dedicate all'autore del Barone rampante, nell'anno del centenario dalla nascita.
Dal 23 al 27 ottobre si susseguiranno gli interventi di accademici italiani, messicani e internazionali, in presenza e online, sull'eredità culturale, letteraria e linguistica di Italo Calvino e sul suo rapporto con l'America Latina e i suoi rappresentanti nella letteratura contemporanea.

E' prevista la partecipazione di circa 50 studiosi di 16 istituzioni accademiche messicane, italiane e internazionali.
Non solo Calvino, tuttavia: molti i tavoli di lavoro dedicati alla storia della lingua italiana, alla critica letteraria e alla didattica dell'italiano.

Non ultimo, un seminario dedicato ad Andrea Camilleri e alla sua produzione letteraria da un punto di vista della contaminazione culturale.
[…]

 
 

radio 70 80 90, 24.10.2023
Montalbano. Camilleri, dai libri alla Tv.

“Il Commissario Montalbano” la serie basata sui romanzi dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, è sicuramente tra quelle di maggior successo degli ultimi anni nel nostro Paese.
Numeri da record per una fiction che segue le indagini del carismatico commissario Salvo Montalbano, interpretato magistralmente da Luca Zingaretti.
Con il suo stile unico, in un’ambientazione suggestiva, quale quella della Sicilia attuale (ma, in verità, fuori dal tempo), Salvo Montalbano è diventato uno dei personaggi più noti, grazie al fascino e alla personalità, resi unici proprio da Zingaretti.
Amante della buona cucina, Montalbano è un detective intelligente e intuitivo che risolve i casi con astuzia e dedizione.
Simbolo di integrità, saggezza e passione per la giustizia, il personaggio è caratterizzato da un imprescindibile humor sarcastico e dall’amore per la sua terra.
La Sicilia è presente in maniera puntuale e viva. I paesaggi sono mozzafiato, le strade strette e tortuose, i tramonti infuocati, i panorami sul mare rimandano un’atmosfera rarefatta ed unica.
La serie – più di altre – riesce a trasmettere allo spettatore l’essenza autentica della cultura, della tradizione e delle contraddizioni della sicilia, senza fronzoli, ma in modo naturale, rendendo il territorio parte essenziale della trama.
Le storie sono ricche di intrighi, di colpi di scena, di personaggi curiosi ed ogni episodio è una nuova sfida per il commissario.
L’abilità narrativa di Camilleri si riflette fedelmente nella serie, mantenendo gli spettatori col fiato sospeso fino all’ultima scena.
Come è logico supporre, “Il Commissario Montalbano” ha conquistato il pubblico in Italia, ma anche in altri numerosi Paesi del mondo, riscuotendo grande successo.

Un consiglio. I libri sono ugualmente godibili come gli episodi della serie.
Beatrice Silenzi
 
 

Radio Cusano Campus - That’s amore, 24.10.2023
Arianna Mortelliti - "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni": tutto il mio amore per la scrittura e per mio nonno Andrea Camilleri

Annalisa Colavito
Arianna Ciampoli
 
 

Nulla dies sine linea, 25.10.2023
Camilleri scrive al Liceo “Umberto” di Palermo (2001)



I primi romanzi con protagonista il commissario Montalbano, “La forma dell’acqua” (1994), “Il cane di terracotta” (1996) e “Il ladro di merendine” (1996), erano stati accolti dal grande pubblico con un successo straordinario, consacrato poi dai primi riconoscimenti ufficiali (ad es. nel 1998 il premio Flaiano per “La voce del violino” uscito l’anno prima). Oltre cinque milioni di copie dei libri di Andrea Camilleri furono vendute dal 1997 al 2001 in Italia (senza contare le vendite delle traduzioni francesi, spagnole, tedesche, giapponesi, ecc.).
I dati delle vendite produssero subito due reazioni opposte: per alcuni le vendite rispecchiavano la popolarità dello scrittore e confermavano la validità della sua opera; i detrattori, invece, anche quando il numero delle copie vendute aveva oltrepassato un milione, ribattevano che “comprare non significa leggere”.
In particolare la critica si pose subito il problema del linguaggio sorprendente e spiazzante utilizzato da Camilleri, talora considerandolo un astuto espediente per accalappiare lettori o (come scrisse Francesco Merlo sul “Corriere della Sera”) una nuova ricorrente manifestazione della “sicilitudine” come genere letterario: “quella Sicilia immaginaria delle macchiette e degli stereotipi … Camilleri è il gran ciambellano di un espediente retorico, la sicilitudine appunto”.
Io, però, che da pochi anni ero docente al Liceo Umberto, fui subito attratto dalla scrittura originale e intrigante di Camilleri e decisi, pionieristicamente, di farlo leggere alla mia classe, la V ginnasiale H dell’anno scolastico 2000-2001, proponendo la lettura de “Gli arancini di Montalbano”.
Nella relazione con cui presentai il progetto (in un istituto che, allora, era piuttosto conservatore e poco propenso alle “novità” perturbanti) scrissi così: «Perché leggere Camilleri a scuola? Non è un autore troppo “facile”, troppo “commerciale”? Non ha forse il “difetto” di vendere migliaia e migliaia di copie dei suoi libri? Ed un best-seller come “Gli arancini di Montalbano” può presentare quella che il nostro scrupolo di docenti definisce “valenza didattica”? Questi “angoscianti” interrogativi non mi hanno “angosciato” più di tanto: un autore che vende due milioni di copie in due anni è di fatto un caso letterario (con buona pace dei suoi non pochi detrattori) e diventa anche un fenomeno di costume; quindi studiare Camilleri a scuola è, semplicemente, inevitabile, se è vero che la scuola non può essere solo una sorta di museo ove venerare sacre reliquie del passato ma è, anche e soprattutto, luogo di concreto contatto con la vita reale, con la società civile, col mondo di oggi».
La V H dunque lesse per intero “Gli arancini di Montalbano”; si badi bene, leggevamo il libro INSIEME, in classe: perché credevo che mio dovere di docente fosse sempre quello di “guidare” i ragazzi alla lettura consapevole e attenta dei testi; le genialate didattiche delle attuali “flipped class” (classi “capovolte”, dove i ragazzi studiano da soli e il docente interviene dopo) erano troppo geniali per me, notoriamente e doverosamente accentratore della prassi didattica.
Ebbene, le alunne e gli alunni della V H provarono ben presto la sensazione che provano tutti i lettori di Camilleri: divertimento, interesse, coinvolgimento, mai noia, mai stanchezza. Se però avessi chiesto ai miei ragazzi di fermarsi qui, non so quanti sarebbero andati oltre questo epidermico “godimento”.
Le indagini del commissario Montalbano divennero allora spunto per gli articoli di due immaginari giornali dell’immaginaria Vigata camilleriana. Ovviamente i due quotidiani erano frontalmente contrapposti nell’interpretazione dei fatti: “Il Vigatese” seguiva con ammirazione e stima le inchieste del commissario, difendendolo anche quando il suo comportamento investigativo risultava meno “ortodosso” e convenzionale; “Il Corriere di Vigata”, invece, criticava aspramente i metodi di Montalbano, ne contestava le scelte anticonformistiche e le idee politiche, ne auspicava l’allontanamento dalla “pacifica” Vigata. In entrambi i “giornali”, gli articoli erano affiancati da ampi commenti (ovviamente di segno opposto); anche la scelta “tipografica” era diversa, come diverso era il risalto dato agli eventi e alla loro interpretazione. L’impaginazione (realizzata al computer, con i mezzi un po’ primordiali di allora, all’alba della scuola informatizzata) era curatissima: il lettore era indotto a “visualizzare” subito la notizia importante, ma – per una sorta di “horror vacui” – tutti gli spazi erano sfruttati opportunamente e spesso ironicamente.



Gli alunni, divertendosi a “fare i giornalisti”, compresero meglio l’enorme potere dei media, la loro capacità di presentare e imporre una certa interpretazione della realtà, la loro abilità nell’ “informare” e/o nel “deformare”.


La classe VH del Liceo Umberto I di Palermo – aprile 2001

Al termine della loro fatica, i ragazzi contattarono per mio tramite il Camilleri Fans Club, un’associazione culturale che aveva creato un apposito sito Internet, assiduamente consultato “pirsonalmente di pirsona” dal “Sommo” (così scherzosamente era chiamato Camilleri dai soci). In tale “e-mail” la V H comunicò le modalità del lavoro svolto, culminato nella realizzazione di una “mostra” su Camilleri, che – oltre a presentare i migliori fra gli articoli realizzati – intese fornire a tutti gli alunni dell’“Umberto” un’informazione di base sullo scrittore agrigentino.
Ebbene, il 2 giugno 2001 arrivò una mail di Camilleri che ci riempì di gioia per le espressioni entusiastiche nei confronti del lavoro dei ragazzi. La riporto per intero: «Carissimi picciotti e picciotteddre della V, voi non meritate di stare in H ma di giocare in serie A! Devo sinceramente dirvi che me la sono scialata a leggere i vostri due giornali e vi elenco le principali ragioni (perdonate questa forma da libro mastro): 1) La capacità di sintetizzare un racconto in poche righe senza trascurare dettagli importanti, dandogli il tono di una notizia di cronaca. Certe volte, leggendo alcune recensioni, rimango esterrefatto dai “riassunti” che, per fortuna raramente, travisano quello che avevo scritto. Voi siete puntuali e precisi senza pedanteria, anzi con brio. Questi recensori dovrebbero imparare da voi. 2) L’autonomia che avete saputo guadagnarvi uscendo fuori dai paletti dei miei racconti. Le opinioni di Ragonese (avversario storico di Montalbano) sono perfettamente in linea col mio personaggio e non è detto che, in futuro, io non “rubi” qualche vostra battuta. 3) L’idea molto bella della contrapposizione tra due testate giornalistiche risponde perfettamente a una certa dialettica dell’informazione ai giorni nostri (chiamiamola dialettica per carità di patria). Mi ha divertito molto, tra l’altro, trovare nel “Corriere” il pettegolezzo sul “tradimento”     di Montalbano o il consiglio dato al commissario di frequentare la palestra. Divertentissime poi sono le interviste, a Catarella, alla dottoressa Pavisi, ecc. 4) Molto spasso con le foto, a volte splendidamente deliranti.
Amici miei, Che dirvi? Sono commosso per l’attenzione e ringrazio voi e il professor Pintacuda. La mostra avrei proprio voluto vederla, ma… siccome sono tanticchia vecchio, viaggiare mi stanca molto. Continuate ad avere fantasia, è importante!! Vi abbraccia il vostro Andrea Camilleri
».



Le alunne e gli alunni della V H (a.s. 2000/2001)

Mario Pintacuda
 
 

Milocca - Milena Libera, 25.10.2023
I Montalbano di Camilleri
Quando Montalbano aveva i capelli…

Andrea Camilleri aveva una precisa idea dell’aspetto fisico di Salvo Montalbano e raccontò a proposito un curioso aneddoto. Nel 1996 era stato invitato all’Università di Cagliari dal prof. Giuseppe Marci, che aveva tenuto quell’anno un corso su “Il birraio di Preston”.
Il professore, che sarebbe venuto a prenderlo ad Elmas, si sarebbe fatto riconoscere perché avrebbe tenuto sotto braccio una copia di quel libro.
Camilleri racconta così: “Arrivato all’aeroporto, con mio enorme stupore, vedo Montalbano in persona con “Il birraio di Preston” sotto braccio.
Il professor Marci era il mio Montalbano.
Quindi, quando Carlo degli Esposti, il produttore della serie televisiva, mi chiese come immaginassi il mio commissario, io telefonai a Marci, mi feci mandare tre foto sue e le feci avere alla produzione dicendo: “Eccolo qui Montalbano”.
Non trovarono però un attore con quelle caratteristiche e scelsero invece Luca Zingaretti, che fisicamente è l’opposto: è calvo come una palla di biliardo, mentre Montalbano è pieno di peli.
Zingaretti era stato mio allievo in Accademia e io sapevo quanto fosse bravo, oltre a essere una persona molto simpatica e molto colta. Non aveva il fisico del ruolo? Pazienza, sarebbe stato in grado di farlo benissimo. E così, infatti, avvenne.”
Benché negli anni il commissario, nell’immaginario dei lettori e dei telespettatori abbia assunto le sembianze di Zingaretti, Camilleri non ha mai smesso di descriverlo con le caratteristiche da lui pensate, cioè con molti capelli e i baffi.
Lo scultore Giuseppe Agnello, scultore siciliano e già autore di una statua dedicata a Sciascia, ha realizzato nel 2009 una statua in onore del celebre commissario a Porto Empedocle, la fittizia Vigata, che lo mostra baffuto, con una folta capigliatura e profonde rughe sul volto, appoggiato a un lampione.
pellitteris

 

Universidad Nacional Autónoma de México, 26.10.2023
XVI Jornadas Internacionales de Estudios Italianos

10:00 SEMINARIO CAMILLERIANO
Luisa Principessa Sorbello, Università di Varsavia: Non solo Montalbán. Donne trasgressive nei gialli di Andrea Camilleri
Simona Demontis, Investigadora independiente: Le ruote girano al contrario: un parallelo fra Limpieza de sangre di Arturo Pérez-Reverte e La setta degli angeli di Andrea Camilleri
Giuseppe Fabiano, UniMarconi: Elementi psicologici e contaminazioni culturali nell'opera di Andrea Camilleri
Modera: Sabina Longhitano
 
 

La Repubblica (ed. di Bari), 26.10.2023
Scritture a Sud
Il Sud non è terra di caccia ai colpevoli: così commissari e avvocati dei romanzi raccontano un Far West immaginario 
L’analisi dello scrittore Giuseppe Lupo ospite al festival Punto Sud. Dalla Sicilia di Camilleri alla Napoli di De Giovanni fino alla Bari di Carofiglio e Genisi. Ma prima di loro ci sono state le inchieste di Giorgio Bocca e Roberto Saviano con la narrazione di un Sud irredimibile
Da Camilleri in avanti a prevalere sono le narrazioni in cui l’Italia meridionale sembra il posto ideale per far muovere commissari e avvocati: tutti a caccia di colpevoli

Interrogarsi sui modi in cui la narrativa italiana di questi ultimi decenni contribuisce alla rappresentazione del Mezzogiorno non risponde soltanto a una curiosità editoriale, finalizzata a capire come mai il mercato preferisca certi generi letterari e non altri, ma obbliga a una vera e propria riflessione antropologica. Sta sotto gli occhi di tutti la predilezione che molti scrittori dimostrano, con esiti più o meno fortunati, nei confronti di quel genere narrativo conforme al paradigma Camilleri, cioè a quella particolare forma di giallo gaddiano (a causa della neolingua in uso a Vigata) declinato però alla maniera siciliana, non come impasto di dialetti, appunto, ma come iperbolica ostentazione linguistica. Sono davvero tante le ragioni per cui le storie del commissario Montalbano continuano a sbancare nelle librerie e non è qui il caso di elencarle, anche perché ciascuna di esse contiene una sua necessità e una sua spiegazione talmente evidenti da rendere inutile investigarne i motivi nel dettaglio. Quel che conta, invece, è smascherare un paradosso: nessuno oggi sarebbe in grado di immaginare una Sicilia senza la voce di Luca Zingaretti o i modi spicci con cui il suo personaggio attraversa i corridoi del palazzo di Scicli, che fornisce l’ambientazione agli uffici del commissariato. Si deve alla tv se si verifica questo strano cortocircuito, come se il personaggio di Montalbano avesse avuto il potere di irrompere sulla scena degli anni Duemila sospingendo ai margini i suoi colleghi che prima di lui abitavano i libri di Brancati, Sciascia, Bufalino, il più delle volte dimenticati per strada o assegnati a un alone di letterarietà assai più distante (e quindi meno capace di penetrare nell’humus popolare) di quanto non sia riuscito a fare lo scrittore di Porto Empedocle. È chiaro che quasi tutto dipende dal mezzo televisivo, motivo per cui non solo il protagonista uscito dalla penna di Camilleri ha avuto una tale forza d’impatto da diventare un modello con cui misurarsi, ma ha inaugurato una stagione tanto omologata quanto fortunata all’interno della quale il Sud è rimasto prigioniero del successo mediatico, vittima della sua stessa impossibilità a declinarsi in altre vesti. Difficile ignorare che proprio grazie a Camilleri il grado di rappresentatività del Mezzogiorno abbia subito un’accelerazione vistosa verso un tipo di lettura monocorde e certi luoghi – dalla Napoli di Maurizio De Giovanni alla Matera di Mariolina Venezia fino alla Puglia di Gianrico Carofiglio e Gabriella Genisi – sono diventati lo scenario ideale in cui far muovere commissari, poliziotti, avvocati, tutti alla ricerca di colpevoli, suscitando perfino l’impressione (non sempre veritiera) di un mondo falsificato ad arte, lontano anni luce dal diritto, una landa in preda a fuorilegge insomma, una specie di far west in cui nessun’altra regola governa se non quella dell’abuso e della delinquenza. Volendo guardare le cose dal principio, prima ancora di Camilleri e in funzione probabilmente collaterale, alle origini di tale fenomeno bisognerebbe collocare un’inchiesta di Giorgio Bocca, L’inferno. Profondo Sud, male oscuro (1992), destinata a fare scuola per quanto concerne l’interpretazione di un Meridione irredimibile, condannato a restare fuori dalle coordinate della civiltà perché corrotto dalla radice, come se città e paesi appartenenti all’ex Regno delle Due Sicilie fossero da paragonare alle città dell’Antico Testamento, Ninive, Sodoma, Gomorra, su cui si sarebbe abbattuta l’ira di Dio. Il richiamo a Gomorra (2006) di Roberto Saviano viene spontaneo perché fra i due libri, almeno nelle intenzioni, corre un filo diretto, quasi scontato, eppure ignorato dalla stragrande maggioranza dei lettori. […]  
Giuseppe Lupo
 
 

Sellerio Editore / Amici del libro al Salinas, 27.10.2023
A Palermo presentazione del libro di Andrea Camilleri 'Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale'

 

Per la terza edizione della rassegna letteraria Amici del libro al Salinas, venerdì 27 ottobre alle ore 17,30 al Museo Archeologico Salinas di piazza Olivella a Palermo, in occasione dell'uscita del libro di Andrea Camilleri Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale incontro con Giuseppe Dipasquale. Intervengono Lello Analfino, Teresa Mannino, Totò Rizzo.


Teresa Mannino, Giuseppe Dipasquale, Totò Rizzo e Lello Analfino (foto Camilleri Fans Club)

Bella serata in ricordo del Sommo al Museo Salinas di Palermo, per la presentazione di Il teatro certamente. Dialogo con Giuseppe Dipasquale, con Giuseppe Di Pasquale affiancato da Teresa Mannino, Lello Analfino e Totò Rizzo.
L'ennesima dimostrazione di affetto a tutto tondo per il Sommo, anche con spunti e sollecitazioni per possibili future attività editorial-archivistiche.
Dipasquale ha infatti annunciato che consegnerà al Fondo Camilleri le registrazioni video degli spettacoli teatrali messi in scena in collaborazione col Sommo, mentre Teresa Mannino ha chiesto all'editore Sellerio di prendere in considerazione la pubblicazione del materiale inedito registrato durante la lavorazione del documentario Il Maestro senza regole, materiale che a quanto pare è piuttosto abbondante e interessante.
Parlando di testi teatrali, Totò Rizzo ha a sua volta auspicato la pubblicazione del copione di Giudizio a mezzanotte, l'opera teatrale scritta in gioventù e immediatamente "ripudiata" e gettata dal finestrino di un treno, salvo poi "risuscitare" grazie al rinvenimento nell'archivio del Sommo di alcune copie del testo, come annunciato dalla famiglia già nel 2021.
Camilleri Fans Club


 
ANSA, 28.10.2023
Cultura/Teatro
Ritrovato un testo teatrale inedito di Andrea Camilleri
Lo ha scoperto la figlia Andreina tra le carte custodite a Roma

Palermo. Con la pubblicazione postuma di "Riccardino" sembrava che non ci fossero altri inediti di Andrea Camilleri.
Invece un lavoro giovanile, che lo stesso scrittore e regista aveva detto di avere letteralmente gettato via, è tornato alla luce: lo ha ritrovato la figlia Andreina tra la montagna di carte del padre custodite in casa a Roma.
La storia del testo ritrovato è stata raccontata dal regista Giuseppe Dipasquale che di Camilleri è stato prima allievo di regia teatrale all'Accademia nazionale d'arte moderna "Silvio d'Amico" e poi amico.
Dipasquale ha presentato a Palermo il suo libro "Il teatro certamente", edito da Sellerio, che riporta aneddoti e dialoghi con lo scrittore. Nella sua lunga carriera Camilleri ha curato la regia di molte opere ma riteneva di non potere mai essere un autore teatrale. "Tutta la mia vita - confida a Dipasquale - è stata stravolta dall'unico lavoro teatrale originale che ho scritto". Era un atto unico intitolato "Giudizio a mezzanotte".
Era il 1947 e Camilleri aveva appena 22 anni quando mandò il testo alla commissione del premio Faber di Firenze, presieduta da Silvio d'Amico. L'opera ottenne il primo premio che Camilleri andò personalmente a ritirare. "Quando tornai in Sicilia - ricorda - in treno rilessi la commedia premiata e dissi 'ma che è 'sta schifezza?'. E la buttai dal finestrino".
Non si sa se Camilleri abbia preso davvero le distanze dalla sua opera, che a suo giudizio "puzzava di modernismo", con quel lancio dal finestrino. O se ne aveva conservato una copia. Fatto sta che il testo è stato ritrovato dalla figlia dello scrittore come lei stessa ha riferito a Dipasquale quando il libro di dialoghi era già uscito
[In realtà l’annuncio del ritrovamento è stato dato nel 2021, NdCFC]. Il testo, ha annunciato Dipasquale, sarà pubblicato [In realtà Dipasquale e gli altri relatori hanno soltanto auspicato la pubblicazione, NdCFC]. E chissà se il vulcanico Camilleri non abbia lasciato altri inediti.
 
 

La Stampa, 29.10.2023
Antonio Manzini: “Ai maestri bisogna rubare. E io ho lo stesso caratteraccio di Schiavone”
«Il primo esempio è stato mio padre Francesco, un pittore che mi ha insegnato come guardare in profondità».

«Il mio maestro ideale sta in una bottega rinascimentale. Un luogo dove gli allievi imparano gradualmente, osservandolo e lavorando fianco a fianco a lui. Il modo migliore di passare il testimone è vivere, non dare lezioni». È ironico come il suo alter ego Rocco Schiavone, Antonio Manzini, ma nelle sue parole si sente la nostalgia per un mondo più a misura d’uomo, dove ci sia spazio per crescere e trovare il proprio talento. Non è un caso se ha scelto di vivere lontano dalla modernità, nella campagna laziale. «Il senso profondo della vita non si è mai insegnato - dice - si è sempre rubato».
Lei, Manzini, da chi è andato a bottega?
«Il primo maestro è stato mio padre. Si chiamava Francesco Manzini, era pittore e mi ha insegnato a guardare. Non accade spesso che la figura del padre e quella del maestro coincidano, sono stato fortunato. Passavamo molto tempo insieme, mi portava nei musei, nelle chiese, mi faceva capire la luce, il colore, il ritmo, la forma. Da lui ho imparato una visione profonda, perché quello che vedi non è sempre quello che è. Ricordo che insisteva sulla differenza di colore dei cieli, come è cambiato l’azzurro tra il ’500 e il ’700...».
La sua scrittura così attenta ai dettagli viene da lì?
«Penso proprio di sì. Mio padre ha allenato il mio sguardo facendomi di continuo domande: “Cosa ti colpisce? Cosa pensi che stesse provando in questo momento il pittore? Che sentimento esprime questa figura?” e io mi sono esercitato a osservare. L’occhio educato, attento, è importante. Poi naturalmente ci sono i gusti personali».
Dopo un rapporto così speciale con suo padre non sarà stato facile trovare altri maestri all’altezza...
«E invece ho incontrato Andrea Camilleri all’Accademia di Arte Drammatica. L’ho detto che sono fortunato... Un grandissimo maestro. La sua forza era non mettersi mai sul piedestallo, non prendersi troppo sul serio, ma spingerti a guardare dentro te stesso, a metterti in crisi. Solo così si impara. Non prendersi troppo sul serio è stata la prima lezione imparata davvero all’Accademia».
La seconda?
«L’importanza delle storie. Camilleri ci raccomandava: “Raccontate una storia, non fate un personaggio”. L’ho sempre fatto, anche prima di scrivere libri, quando recitavo, e nei disegni - non so disegnare ma disegno. Infatti amo molto i fumetti e ho provato spesso a crearne».
Altri maestri?
«Tanti, anche se non ho li ho conosciuti personalmente, penso a registi come Ettore Scola o Mario Monicelli, quante volte ho visto e rivisto L’armata Brancaleone. Il denominatore comune è sempre quello di non prendersi troppo sul serio. Leggo e rileggo anche i grandi scrittori, maestri inarrivabili come Shakespeare, Maupassant o Zola. Ogni volta scopro un significato nascosto, ulteriore».
Quindi il maestro deve essere un po’ criptico? Far faticare il discepolo?
«Dipende: deve parlare facile ma non renderti le cose troppo facili. Naturalmente un maestro elementare deve farsi capire dai bambini, e se ti occupi di scienza devi essere il più chiaro possibile. Ma su argomenti come pittura e letteratura ognuno, alla fine, deve trovare il suo significato. Penso al bellissimo film Amadeus di Milos Forman, dove Salieri cerca di capire il perché della magia della musica di Mozart. Non c’è un perché, il genio e inspiegabile».
È un non-insegnamento spietato.
«Nell’arte non c’è maestro che tenga, se tu una cosa la sai fare la sai fare, altrimenti non c’è niente da fare: è l’arte che sceglie te non tu che scegli l’arte. Ricorda Wedekind? Il tenore dice Io ero un muratore, è l’arte che mi ha scelto. L’unica cosa che si può fare è dare alle persone strumenti. Naturalmente nel campo della scienza è diverso, le conoscenze scientifiche sono oggettivamente vere. Resta il fatto che il modo migliore di passare il testimone è con la vita».
Lei passa il testimone a qualcuno?
«Io non mi pongo mai come maestro, sono grato a chi mi legge ma pensare di avere qualcosa da trasmettere mi sembra un po’ una “hubris”. Mi basta poter raccontare storie».
E i cattivi maestri?
«Ce ne sono tanti e di varie razze. Ci sono quelli che fanno dell’arte un tornaconto, una questione di furbizia e di denaro. E poi quelli che stanno sempre sul piedistallo pomposi e vuoti... quante ovvietà frutto del copia e incolla esprimono certi cosiddetti maitre à penser. Ma i maestri più pericolosi e infidi sono quelli di grande fascino ed esperienza, che seducono e rovinano gli allievi creando delle sette, “o con me o contro di me”, escludendo chi non è come loro».
Ne ha incontrati tanti, di cattivi maestri?
«All’Accademia ne ho visti parecchi, ahimè. Due volte ho rischiato di essere espulso perché non volevo starli a sentire. Non accetto la verità rivelata».
Un animo ribelle come il suo Rocco Schiavone?
«Certo, il suo caratteraccio e la sua insofferenza a certe regole sono un po’ anche i miei. Lo vedrete adesso, nella prossima avventura in arrivo il 31 ottobre, la ventesima di Schiavone, stavolta lontano da Aosta: Riusciranno i nostri eroi a trovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America? Il titolo richiama volutamente il film di Ettore Scola con Sordi e Manfredi, tanto per tornare ai maestri di cui sopra».
Questa è una bella notizia per i lettori...
«Lo so, sono assediato da richieste: quando torna Rocco? Mi fa un po’ paura questa dipendenza da un personaggio, non ho ancora capito da cosa nasca. Camilleri anche in questo mi fa da guida. Aveva scritto cose bellissime senza Montalbano, ma, diceva, “questo qui ogni volta rispunta fuori. Non riesco a togliermelo di torno”».
La dipendenza è una brutta bestia?
«Il problema è che poi la moda passa. Ricordo quando da bambino mi appassionavo alle cose e poi da un giorno all’altro mi stancavo. Tipo, adoravo le merendine Buondì, poi di colpo non le ho più mangiate. Ecco non vorrei che Schiavone diventasse come i Buondì».
 
 

Nulla dies sine linea, 30.10.2023
Il piccolo Montalbano e il giorno dei Morti

Nel romanzo “Riccardino”, pubblicato postumo nel 2020 ma scritto da Andrea Camilleri nel 2005 con l’intento dichiarato di farne l’epilogo della storia di Montalbano, l’autore introduce una splendida digressione che ricorda un episodio dell’infanzia del commissario.
Nel brano viene ricordata la tipica usanza siciliana di far trovare ai bambini, la mattina del 2 novembre, dei regali che si dicono portati nottetempo dai defunti.
Il piccolo Salvo Montalbano aveva da poco perso la sua mamma, morta prematuramente, ed era stato affidato dal padre a una coppia di zii senza figli, che vivevano in un altro paese.
Il primo di novembre il padre di Salvo viene a trovarlo e lo sveglia, con grande gioia del bambino, che a distanza di tanti anni ricorda con profonda emozione quel momento.
Il padre comunica al bambino che l’indomani andranno al cimitero a far visita alla mamma e gli spiega che, nella notte fra l’uno e il due novembre, i morti scendono dal cielo e portano regali ai bambini buoni, riempiendo un canestro di giocattoli e di dolci (“cosi duci”). Chiede allora al piccolo quale regalo spera di ricevere dalla mamma (“a portare i regali non potiva essiri che lei”). E Salvo risponde senza esitazioni: “Un triciclo”.
Il bambino aspetta dunque la notte, sperando di poter rivedere la sua mamma, di cui ha solo un vago e luminoso ricordo: «‘na speci di luci biunna ‘n movimento, come le spiche di frumento quanno supra ci batte il soli».
Allora si chiede, disperato, perché sia capitato proprio a lui di perdere la madre; e non gli basta la vaga consolazione della zia, che gli dice che quella era stata la volontà di Dio (“u Signuruzzu aviva addiciduto accussì”).
Salvuccio però decide di restare sveglio, fingendo di dormire, per poter rivedere, anche solo per un istante, la sua mamma: «Giurò che l’occasioni di quella notti non l’avrebbi perduta. Finalmente avrebbi potuto vidiri ‘a mamà, s’appromittì di ristari vigliante. Non provava scanto. Che scanto ti pò fari ‘na morta se è tò matre? Lo pigliò però un pinsero: se ‘a mamà s’addunava che lui non era ancora addrummisciuto, capace che si nni tornava novamenti ‘n celo senza farisi vidiri da lui. Abbisognava perciò fari finta di dormire, come ai gatti che pari che tenno l’occhi chiusi e invece contano le stiddre».
Ma ogni sforzo eroico del “picciriddu” per restare sveglio finisce per risultare vano: «Arrisistì tanticchia con l’occhi a pampineddra e di colpo, senza addunarisinni, calumò nel sonno».
L’indomani mattina, al risveglio, il piccolo trova un grande canestro che contiene «un triciclo russo fiammanti, tutto circunnato da cosi duci: frutti che parevano veri fatti di pasta reali, rami di meli, mustazzola di vino cotto, carcagnette, tetù , viscotti regina. E c’era macari un pupo di zuccaro che arrapprisintava un bersaglieri».
Al cimitero il bambino va con il triciclo; e pedala per i vialetti, incontrando tanti altri bambini che giocano come lui con i regali “dei Morti”: «Mentri che i granni pregavano davanti alla tomba d’a mamà, si misi a curriri col triciclo nei vialetti del camposanto chini di genti e ‘ncontrò a ‘na quantità di picciliddri come a lui che jocavano coi regali che gli avivano portato i morti: monopattini, automobili a pedali, trenini, fucili, aeroplanini, bambole. E si chiamavano, arridevano, si passavano di mano i regali, cangianno il jorno dei morti in un jorno di festa. Lui no, lui pedalava e arripitiva: “Grazie, mamà, grazie, mamà…”. E gli viniva di chiangiri e di ridiri».
Colpisce, in questo bellissimo episodio, l’estrema delicatezza nella descrizione della psicologia del bambino, che ha subìto una terribile disgrazia e si rivela sensibile e bisognoso d’affetto; al tempo stesso, emerge da qui la remota spiegazione di tante caratteristiche del futuro commissario: la solitudine connaturata nella sua esistenza, l’abitudine alla riflessione, l’estrema sensibilità, la determinazione ma anche la fragilità.
Se Riccardino voleva essere una sorta di “testamento” camilleriano, brani come questo contribuiscono indubbiamente a caricare di una sorta di aura “mitica” la storia di Montalbano, risultando al tempo stesso una commossa testimonianza su un’antica usanza tradizionale siciliana così suggestiva.
Contestualmente, direi, si fa giustizia di tanti giudizi frettolosi su Camilleri, ritenuto spesso, a torto, autore “facile”, superficiale e ripetitivo. Basterebbero quelle due righe che descrivono il bambino impazzito di gioia, che gira per il cimitero con il suo triciclo, ringraziando la sua mamma perduta, piangendo e ridendo al tempo stesso, per fare di Camilleri l’autore straordinario che è.
P.S.: Per questo episodio, rinvio al volume “Camilleriade”, da me scritto con Vito Lo Scrudato e Bernardo Puleio, ed. Diogene Multimedia, pp. 129-131.
Mario Pintacuda
 
 

 

 


 
Last modified Thursday, November, 02, 2023