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Camilleri a scuola


"Ho dato al mio commissario il nome di un professore"
Salvo Montalbano era un docente, oggi è l'investigatore più famoso d'Italia

C'era un vecchio docente che si chiamava Salvo Montalbano al liceo classico "Empedocle" di Agrigento. Andrea Camilleri lo ha sicuramente ricordato quando ha dato vita al suo celebre commissario. Il professore, come lo chiamano con deferenza anche gli amici più intimi, in quegli anni giovanili era un vulcano. Come lo è oggi a 76 anni. Ancora imberbe aveva fondato il giornalino della scuola "L'asino che vola", dato vita a una compagnia teatrale che aveva rappresentato opere dell'allora emergente Italo Calvino.

Ricorda tutti i suoi compagni?

«Ho una foto di gruppo fatta l'ultimo giorno di scuola nel cortile del liceo. Dal mare arrivava il cupo lontano rimbombo delle cannonate della flotta alleata su Lampedusa. Era il 1943 e i marines americani sarebbero sbarcati due, tre mesi dopo. Di molti dei compagni di quella fotografia non ho più notizie; di qualcuno sono rimasto molto amico: Gaspare Giudice, il più acuto tra i biografi di Pirandello, e Dante Bernini, poeta e sovrintendente alle belle arti. Ricordo anche Luigi Giglia, precocemente scomparso, che si diede alla politica e ricoprì incarichi di governo. E infine, gli amici di sempre Pepè Fiorentino e Fofò Gaglio».

Era un alunno disciplinato?

«Per niente. Nel secondo semestre dell'ultimo anno la mia pagella documenta un sette in condotta. Due anni fa sono tornato nel mio vecchio liceo e mi hanno fatto vedere il registro delle punizioni. La professoressa Vullo, di scienze, scrive che «a un tratto Camilleri si alza dal banco e recita ad alta voce un suo incomprensibile monologo». Il preside Lo Jacono mi assegnò tre giorni di sospensione».

Le vengono in mente altri docenti?

«Ricordo eccellenti professori. Come la De Mauro che quando capì che ero negato per i numeri fece con me un accordo: mi avrebbe dato il sei solo se avessi superato tutte le altre materie. E mantenne il patto. Poi c'era Carlo Greca, di filosofia, che ci fece capire i passaggi più difficili di Kant. E De Marino che ci insegnò il latino facendoci leggere passi allora proibiti di Marziale».

Il più bizzarro?

«Il professore d'italiano Cassesa. Ci disse che fatti i conti, con i soldi che gli dava lo Stato, lui non poteva farci più di sei lezioni all'anno. Commentando Dante ci stregò. Terminata la sesta lezione, annunziò che non sarebbe andato avanti, a meno che noi non l'avessimo pagato facendogli trovare un pacchetto di orrende sigarette "Milit" a lezione. Accettammo, pretendendo però che non si concedesse alcuna pausa fino alla fine dell'ora. Solo anni dopo capii che si trattava di una sua geniale strategia per attirare la nostra attenzione».

Ricorda qualche scherzo particolarmente riuscito?

«C'era poca goliardia. C'era la guerra, eravamo sottoposti ai bombardamenti, molti di noi avevamo familiari al fronte. Erano frequenti, invece, le azioni di sabotaggio verso i docenti. Come quella volta che qualcuno fece esplodere un petardo mentre la professoressa di chimica stava soffiando dentro il cannello di un alambicco. Il botto la fece inspirare e così inghiottì un liquido fetido che la fece star male. Un'altra volta cospargemmo di cera la lavagna e la supplente di matematica non riuscì a scrivere le equazioni».

Lei era un pendolare da Porto Empedocle dove abitava.

«Ci recavamo a scuola con la corriera o con la Littorina, una vecchia automotrice. Quando avevamo voglia di marinare le lezioni, la decisione veniva presa collegialmente. Con Ciccio Burgio, Fofò Tripodi, Pepè Fiorentino, Benuzzo Di Betta gironzolavamo senza meta, ci raccontavamo storie, visitavamo i templi e, soprattutto, rubavamo frutta dagli alberi in giro per la campagna».

t.g.





Carissimi picciotti e picciotteddre della V, voi non meritate di stare in H ma di giocare in serie A! Devo sinceramente dirvi che me la sono scialata a leggere i vostri due giornali e vi elenco le principali ragioni (perdonate questa forma da libro mastro).

1) La capacita' di sintetizzare un racconto in poche righe senza trascurare dettagli importanti, dandogli il tono di una notizia di cronaca. Certe volte, leggendo alcune recensioni, rimango esterrefatto dai "riassunti" che, per fortuna raramente, travisano quello che avevo scritto. Voi siete puntuali e precisi senza pedanteria, anzi con brio. Questi recensori dovrebbero imparare da voi.

2) L'autonomia che avete saputo guadagnarvi uscendo fuori dai paletti dei miei racconti. Le opinioni di Ragonese (avversario storico di Montalbano) sono perfettamente in linea col mio personaggio e non e' detto che, in futuro, io non "rubi" qualche vostra battuta.

3) L'idea molto bella della contrapposizione tra due testate giornalistiche risponde perfettamente a una certa dialettica dell'informazione ai giorni nostri (chiamiamola dialettica per carita' di patria). Mi ha divertito molto, tra l'altro, trovare nel "Corriere" il pettegolezzo sul "tradimento" di Montalbano o il consiglio dato al commissario di frequentare la palestra. Divertentissime poi sono le interviste, a Catarella, alla dottoressa Pavisi, ecc.

4) Molto spasso con le foto, a volte splendidamente deliranti.

Amici miei, Che dirvi? Sono commosso per l'attenzione e ringrazio voi e il professor Pintacuda. La mostra avrei proprio voluto vederla, ma...siccome sono tanticchia vecchio, viaggiare mi stanca molto. Continuate ad avere fantasia, e' importante!! Vi abbraccia il vostro

Andrea Camilleri

Liceo Umberto I di Palermo - Classe V H
Realizzazione di articoli ispirati a Gli arancini di Montalbano di Andrea Camilleri (aprile 2001)




Perché leggere Camilleri a scuola? Non è un autore troppo "facile", troppo "commerciale"? Non ha forse il "difetto" di vendere migliaia e migliaia di copie dei suoi libri? Ed un best-seller come "Gli arancini di Montalbano" può presentare quella che il nostro scrupolo di docenti definisce "valenza didattica"? Questi "angoscianti" interrogativi non mi hanno "angosciato" più di tanto: un autore che vende due milioni di copie in due anni è di fatto un caso letterario (con buona pace dei suoi non pochi detrattori) e diventa anche un fenomeno di costume; quindi studiare Camilleri a scuola è, semplicemente, inevitabile, se è vero che la scuola non può essere solo una sorta di museo ove venerare sacre reliquie del passato ma è, anche e soprattutto, luogo di concreto contatto con la vita reale, con la società civile, col mondo di oggi. Camilleri, del resto, è autore quanto mai stimolante e tutti i suoi libri immancabilmente avvincono, sia quelli che hanno per protagonista il fortunatissimo commissario Montalbano, sia quelli di impostazione storica (come "Il birraio di Preston" o "La stagione della caccia") sia ancora quelli - impareggiabili - in forma di "dossier" ("La concessione del

telefono", "La scomparsa di Patò"); personalissimo è poi il "pastiche" linguistico che costituisce l’ inconfondibile (e ormai imitatissima) matrice stilistica dell’autore; efficacissimi sono inoltre i suoi riferimenti alla realtà dei nostri giorni: le considerazioni sugli ex-sessantottini che aprono "La gita a Tindari" ("visto che non erano arrinisciuti a cangiare la società, avevano cangiato se stessi"), la spietata e ricorrente denuncia del malaffare siciliano, la contestazione del trasformismo dilagante nella cosiddetta Seconda Repubblica, le esilaranti favolette pubblicate su "MicroMega" che hanno per protagonista un riconoscibilissimo "Cavaliere".

Per di più, come è stato detto giustamente, "riflettere su Camilleri, sui suoi luoghi, sulla sua lingua porta inevitabilmente a considerare come l’essere siciliani non sia un fatto solo anagrafico. È una condizione dello spirito": in questo Camilleri è degno erede di Sciascia, con il quale ebbe del resto – sono parole sue – un rapporto "d’affettuosa, reciproca simpatia".

La V H ha dunque letto per intero "Gli arancini di Montalbano", provando ben presto la sensazione che provano tutti i lettori di Camilleri: divertimento, interesse, coinvolgimento, mai noia, mai stanchezza: anche questo sia detto con buona pace di alcuni insigni scrittori siciliani di oggi, che mal celano il loro livore verso il loro troppo fortunato collega; scrive in proposito Camilleri stesso: "sostengono che sono uno scrittore facile, macari se poi s’addannano a capire come scrivo".

Se però avessi chiesto ai miei ragazzi di fermarsi qui, non so quanti sarebbero andati oltre questo epidermico "godimento" (per quanto la lettura stessa di un libro, coi tempi che corrono, non sia operazione da buttar via…).

Ho pensato allora di "riciclare" una mia idea di due anni fa (del resto, chi è più gran "riciclatore" degli insegnanti? La nostra categoria dovrebbe essere tutelata dagli ambientalisti…). L’idea era stata quella di far leggere agli alunni della V H 1998/99 "Il giorno della civetta" facendo "rivivere" agli alunni il libro di Sciascia in forma di quotidiano, con articoli e commenti sul "caso Colasberna", creando due testate giornalistiche, una coraggiosamente antimafiosa, l’altra invece collusa con la mafia. La formula aveva funzionato: sicché ho pensato di riproporla ai miei attuali alunni: le indagini del commissario Montalbano sono così divenute spunto per gli articoli di due immaginari giornali dell’immaginaria Vigata camilleriana.

Ovviamente i due quotidiani sono frontalmente contrapposti nell’interpretazione dei fatti:

- "Il Vigatese" segue con ammirazione e stima le inchieste del commissario, difendendolo anche quando il suo comportamento investigativo risulta meno "ortodosso" e convenzionale;

- "Il Corriere di Vigata", invece, critica aspramente i metodi di Montalbano, ne contesta le scelte anticonformistiche e le idee politiche, ne auspica l’allontanamento dalla "pacifica" Vigata.

In entrambi i "giornali", gli articoli sono affiancati da ampi commenti (ovviamente di segno opposto); anche la scelta "tipografica" è diversa, come diverso è il risalto dato agli eventi e alla loro interpretazione. L’impaginazione (realizzata al computer) è curatissima: il lettore è indotto a "visualizzare" subito la notizia importante, ma – per una sorta di "horror vacui" – tutti gli spazi sono sfruttati opportunamente.

Devo dare atto ai ragazzi di avere realizzato questo lavoro con vivo interesse: divertendosi a "fare i giornalisti", essi hanno compreso meglio l’enorme potere dei media, la loro capacità di presentare e imporre una certa interpretazione della realtà, la loro abilità nell’ "informare" e/o nel "deformare".

Gli alunni, inoltre, al termine della loro fatica, hanno inviato un messaggio di posta elettronica al Camilleri Fans Club, un’associazione culturale che ha creato un apposito sito Internet, assiduamente consultato "pirsonalmente di pirsona" dal "Sommo" (così scherzosamente viene chiamato Camilleri dai soci). In tale "e-mail" la V H ha comunicato le modalità del lavoro svolto, culminato nella realizzazione della presente "mostra" su Camilleri, che – oltre a presentare i migliori fra gli articoli realizzati - intende fornire a tutti gli alunni dell’ "Umberto" un’ informazione di base sullo scrittore agrigentino.

L’impegno, l’entusiasmo, i sacrifici di questi ragazzi sono stati encomiabili: essi hanno intensamente e proficuamente lavorato in gruppo, non senza litigi – "sciarre", direbbe Camilleri -, momenti di sconforto, rifacimenti, contrasti e innumerevoli problemi "tecnici". La fatica è stata tanta, ma il risultato è senz’altro positivo. Conseguentemente, spiace ancor di più il fatto che probabilmente, per colpa della ricorrente "maledizione" che incombe sul miserando corso H, nel prossimo anno scolastico la classe debba essere "smembrata" e dispersa nelle altre sezioni dell’istituto. Se così fosse, sarebbe francamente un peccato: speriamo tuttavia che la Fortuna (debitamente supportata dagli uomini) possa aiutare la V H a restare unita e a continuare a dar buona prova di sé nel triennio liceale.

Mario Pintacuda



Marta Bevilacqua, Valentina Caramazza, Daniele Castelli, Simona Codiglione, Francesco Ferrara, Francesco Ferretti, Gianmaria Giannusa, Christian Guzzardi, Rosa Rita La Marca, Gabriele Lentini, Angela Lo Brutto, Simone Mercurio, Anna Maria Paternò, Lorena Pennica, Alessia Pignatone, Ludovico Pino, Giorgia Prezzemolo, Alessandra Raffa, Grazia Schiera, Antonella Spera, Alessia Zenta, Andrea Zizzo,




Il birraio di Preston: una proposta di Analisi


Contestualizzazione:

Per parlare del motivo per cui io considero il Birraio di Preston di A.C: un testo proponibile come lettura guidata in un biennio di un Liceo è necessario fare un salto indietro nel tempo e riportare le concezioni manzoniane sulla letteratura. In primo luogo faccio riferimento alla edizione del 1846 della famosa lettera "Sul Romanticismo", nella quale Manzoni così si esprime: "(…) quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico (…) mi sembra poter essere questo: che la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più colta, una disposizione di curiosità o affezione, nata da rapporti reali, a preferenza degli argomenti pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, e la moltitudine una riverenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente (…)" Questo passo mi sembra particolarmente interessante per gettare luce sia sullo spirito con il quale Manzoni aveva ideato il suo romanzo a metà dell’Ottocento, cioè con l’intento di accostare alla lettura tutti coloro che per motivi sociali e culturali non si sentivano rappresentati dalla cultura accademica e aristocratica, sia sulla natura della lettura in generale, alla quale Manzoni attribuisce si un valore formativo ma non in chiave esclusivamente morale, infatti il grande vecchio della nostra letteratura si rendeva conto che la massa dei lettori va educata per gradi alla lettura, egli dice, lo ripeto, "ha o avrà" una disposizione positiva alla lettura, non si pone il problema di un gusto letterario completamente maturo fin dalla nascita di una letteratura di massa, quale era quella che il Romanticismo proponeva solo da alcuni decenni, a fronte di una cultura classicheggiante antica e consolidata. A questo punto esplicito il mio collegamento: se correttamente contestualizzato il Birraio di A.C. sembra assolvere pienamente alla funzione assegnata alla letteratura da Manzoni stesso, infatti il romanzo storico del Camilleri contribuisce ad avvicinare alla lettura per mezzo del diletto, altro termine chiave dello stesso Manzoni, che si trova più avanti nella citata epistola, un diletto che aiuta la mente di lettori a trovare assentimento e riposo nella lettura, anche queste sono parole manzoniane. Leggere è importante, così come godere di uno spettacolo teatrale, di un film o di un brano musicale, ma l’accostamento a queste pratiche deve essere graduale, deve nascere in primo luogo dal piacere, e se questo significa prendere atto della difficoltà dei quindicenni ad accettare un testo che sentono lontano è nostro dovere di insegnanti trovare strade alternative, che conducano all’obiettivo finale: fare in modo che i ragazzi non spendano dieci anni della loro vita per imparare a fare una cosa che poi non praticheranno più, è come imparare a giocare a calcio, allenarsi per anni e non giocare mai una partita vera.

Analisi:

Dal punto di vista squisitamente letterario mi sembra poi che il Birraio offra non pochi spunti di riflessione, soprattutto se riusciamo serenamente a porci con distacco di fronte al fenomeno commerciale che Camilleri incarna da qualche anno a questa parte, non è inusuale infatti sentir dire che un autore è immondizia perché vende molte copie e dunque è commerciale. Questo potrebbe essere vero per il Camilleri giallista seriale dei vari Montalbano, anche se non ho mai sentito queste accuse rivolte ad Agatha Christie o Georges Simenon, ma pur ammettendolo dobbiamo distinguere il giallista dall’autore dei romanzi storici. Quest’ultimo infatti ha il carattere attento del ricercatore e le sue ricostruzioni frizzanti e linguisticamente originali contribuiscono a fornire affreschi del contesto socioculturale della Sicilia di fine Ottocento estremamente vividi. Basta pensare al valore ideale che acquista in tutte le opere di Camilleri la cittadina immaginaria di Vigata, sospesa tra mare, monti e campagna, estranea ad ogni realtà geografica eppure sintesi ideale di tutta la Sicilia: quella rurale del lavoro duro e usurante, quella solare del mare, quella oscura della illegalità e della mafia feudale e infine quella dei valori e dei principi irrinunciabili tipici di una civiltà che è riuscita a sopravvivere con una propria identità malgrado le innumerevoli occupazioni patite nel corso dei secoli. Proprio come se si trattasse dell’ennesimo dominio straniero la Sicilia visse i primi decenni dell’Unità, un’epoca in cui le decisioni venivano prese lontano dall’isola, basandosi sulle figurine dei libri illustrati, e soprattutto venivano comunicate in dialetti ignoti e incomprensibili, toscano, piemontese, lombardo, con buona pace della presunta unità linguistica manzoniana, assolutamente irrealizzabile con la scelta toscanista imposta dall’alto e affermatasi solo negli anni cinquanta con il più vituperato mezzo di divulgazione linguistica del Novecento, la Televisione, dalla quale Camilleri ci affranca con un linguaggio finalmente vero, adeguato all’epoca di ambientazione del Birraio, non infiorettato da letterarie reminiscenze, quali si riscontrano nel "Gattopardo", che è, a mio parere, il vero termine a quo da cui bisogna partire per capire il romanzo di Camilleri. Infatti la tematica del difficile rapporto tra la Sicilia e il resto del Mondo viene splendidamente rappresentata proprio attraverso l’accostamento linguistico dei vari personaggi, un accostamento che produce ilarità e riflessione sulle effettive condizioni storiche del periodo in questione e che aiuta il lettore a calarsi in un mondo che non è frutto di mediazioni filosofiche ed accademiche, come quelle del "Gattopardo", ma di suoni, di canti e controcanti, a volte anche di turpiloqui e cacofonie, che mi sembrano, però, essere la linfa palpitante della Sicilia camilleriana e che sono accostabili sia al coro verghiano dei "Malavoglia" sia all’epico inizio della "Terra trema" di Visconti, dei quali Camilleri condivide il senso formale del dialetto. Anche la parolaccia, mai morbosa e sempre pronunciata come l’intercalare bonario di un nonno, assume un ruolo in questo gioco che definirei musicale, un gioco che ci fa riappropriare di un mondo perduto grazie all’unità linguistica e che probabilmente vale la pena di recuperare almeno attraverso la lettura, anche scolastica, di opere che hanno il pregio di avvicinare al piacere della lettura coloro che ad esso sono disabituati, e di far rivivere i principi di una letteratura che oggi non ha più lo scopo di essere didattica della lingua italiana, questo è stato già fatto abbondantemente nel corso degli ultimi ottanta anni, e che può riappropriarsi del proprio ruolo di diletto popolare, già indicato dai romantici come obiettivo dell’innovazione culturale ottocentesca. Se oggi leggiamo Camilleri in un Liceo probabilmente lo dobbiamo proprio a Manzoni, Camilleri del suo tempo, che ha attaccato l’accademismo classicista e ha rivoluzionato il modo di raccontare una storia, sia dal punto di vista contenutistico che linguistico.

Conclusione:

Vorrei concludere segnalando che la scelta dei brani proposti è stata fatta proprio in funzione del plurilinguismo del romanzo, come esempi dell’effetto musicale che l’accostamento delle diverse realtà dialettali produce nel lettore. Aggiungo, inoltre, che altri elementi del Birraio di Preston mi sembrano notevoli e vorrei evidenziare tra i tanti soprattutto la scelta della figura del narratore dell’epilogo del romanzo, quel bambino che vede sorgere il sole ad occidente e che quindi, naturalmente, non può far altro che vedere i fatti in maniera opposta a come si sono realmente svolti, anche per la sua assoluta estraneità culturale alla regione, più di un fiorentino, un tedesco; e la struttura ad incastro dei tempi del romanzo per cui tutti i capitoli sono sciolti dal continuum temporale e possono essere riletti secondo un ordine alternativo a quello proposto. Questo romanzo a scuola? Perché no, in fondo ci aiuta a capire un po’ meglio da dove veniamo, cosa abbiamo perso e cosa abbiamo guadagnato in questo secolo noi siciliani, ci aiuta a togliere fascinazione al turpiloquio da strada per poterlo ricondurre alla sua funzione espressionistica di coloritura linguistica, ci aiuta, forse, a dimostrare che letteratura non significa noia, e poi ci ha costretti ad uscire dal guscio della pigrizia intellettuale che per decenni ci ha fatto dire: "si è sempre letto questo, continuiamo a leggerlo" e ci ha costretti ad essere qui invece che davanti al Grande Fratello.



"MONTALBANO E IL CASO TRAMAGLINO-MONDELLA"

"Pronto…il Commissario Montalbano sono…chi è che rompe a quest’ora?"

"Dottori mi scusasse, Catarella sono…qui ci stape un signore milanisi che volesse parlare con lei."

"Un milanese? E che minchia vole?", "Dottori, ci posso spiari io, se lei dice.", "No, no per carità di Dio, Catarè, vengo subito io, se no ci infiliamo in un casino che non finisce mai."

"Allora mi dica."

"Il mio nome è Manzoni, Alessandro, sono di Milano e sono uno scrittore. Mi occupo di soprattutto di Storia, amo indagare sul passato attraverso la mia immaginazione. Cerco di capire i sentimenti, i pensieri i fatti che non si trovano nei libri di storia e li racconto attraverso personaggi e situazioni inventate. Desidero dare ai fatti storici una dimensione umana, vicina alla sensibilità dei lettori e per questo sono stato spesso accusato di essere un eccentrico, un ribelle. Capisce?"

"Francamente no! A parte il fatto che anche a me piace scavare nel passato per amore di giustizia, non riesco a capacitarmi del motivo per cui lei è venuto a cercarmi. In concreto, che cosa posso fare per lei?"

"Sono venuto qui in Sicilia per denunciare la scomparsa di due persone a me molto care e di tutti i loro parenti, amici e nemici."

"Non capisco. Che cosa è stata una strage?"

"No, niente di così cruento, semplicemente la decisione di un Professore del II anno del Liceo Classico di Ispica di sostituire il mio romanzo "I Promessi Sposi" con "Il Birraio di Preston" di Andrea Cammilleri, il quale, per altro, mi ha anche scritto una lettera di conforto, che ho molto apprezzato."

"E perché una cosa così l’avrebbe spinta a rivolgersi alla Polizia?"

"Perché essa ha sollevato un fiume di polemiche e voglio che lei mi aiuti a ritrovare la misura del vero. In sostanza io sono sempre stato convinto che la letteratura avesse lo scopo di aiutare il popolo a crescere. Per fare questo ho lottato con tutte le mie forze e il mio ingegno contro i classicisti, che riservavano la lettura a pochi e privilegiati aristocratici. Prima le ho detto che sono stato considerato un ribelle, un eccentrico, infatti ho dovuto difendermi da innumerevoli accuse; ho dovuto dimostrare che le mie scelte erano giuste in un’epoca di cambiamento e progresso; ho dovuto spiegare perché mi ero affezionato a un tal Renzo Tramaglino, filatore di seta della Brianza, e perché avevo trascurato i grandi eroi come Orlando o Goffredo. Mi sento fuori luogo ad essere considerato un "classico", sento di essere stato frainteso, sento che, se è così che mi si propone ai lettori, il mio destino è quello delle muffe delle biblioteche, così come auguravo io ai miei tempi ai parigini neoclassici. Caro capogendarme Montalbano, mi aiuti a ristabilire le verità: indaghi, scavi, porti alla luce i veri colpevoli della scomparsa di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Faccia in modo che si sappia che i responsabili della loro dipartita sono tutti coloro che hanno voluto trasformare l’avvincente storia di due giovani innamorati in un esempio di lettura ufficiale e imposta d’imperio. Faccia in modo che si sappia che i ragazzi devono innanzitutto leggere, cosa leggere è secondario ed è dettato dal tempo in cui si vive. Mi aiuti a far capire che la lettura a scuola deve essere momento di piacere e crescita comune e che io per primo ho lottato affinché non si imponesse la cultura dei tromboni, che hanno paura di cambiare le vecchie regole perché non intendono cosa potrà accadere con le nuove. Caro Montalbano, aiuti Cammilleri a non diventare mai un "Classico" e a rimanere un autore letto con amore e interesse dentro e fuori dalla scuola. Se questo sarà possibile forse lo si dovrà al sacrificio mio, un sacrificio che faccio volentieri nel nome del vero, dell’utile e dell’interessante."

Ragusamondo 30.10.2000

Gaetano Accardi



Il commissario Montalbano entra anche a scuola

Ispica. Dopo «Il birraio di Preston», ecco «Il cane di terracotta». A distanza di due anni, al Liceo «Curcio» di Ispica raddoppiano la lettura critica dei libri di Andrea Camilleri, elevati al rango di testi scolastici. Il collegio dei docenti, su proposta del dirigente Attilio Sigona, si appresta a deliberare la scelta del «Il cane di terracotta», che diventerà così oggetto di studio da parte degli alunni della quinta ginnasiale, accanto a «I promessi sposi» sul quale hanno sgobbato intere generazioni di studenti. «La scuola deve andare incontro ai bisogni di ragazzi che crescono in un vorticoso giro di scoperte ed applicazioni tecnologiche e nuove forme di costume – afferma Sigona. «Qui al "Curcio" abbiamo fatto assistere i nostri ragazzi alla "Bohème" di Puccini, ma nello stesso tempo, abbiamo accolto la loro richiesta di andare al palasport di Acireale per vedere Ligabue in uno spettacolo dal vivo. In questa maniera, tra l'antico ed il moderno, tra il nuovo e la tradizione, gli insegnanti riescono a compiere la loro missione». Come dire: la scuola cambia interlocutori guardando sempre all'obiettivo primario, l'insegnamento. «E' proprio così – aggiunge Sigona – «I docenti fanno fatica a farsi sentire dagli alunni se non li raggiungono attraverso nuove forme di stimolo. In Italia, ma il dibattito è molto più diffuso in Europa di quanto si pensi, da anni si continua a pronunciare il ritornello che "la scuola è una barba". Bene, i ragazzi del "Curcio" avranno meno alibi». Nell'anno scolastico 2000/'01, l'adozione del "Birraio di Preston", ritenuto l'unico romanzo storico dell'autore del commissario Montalbano, associato alla tradizionale lettura del capolavoro di Alessandro Manzoni, testo sacro della letteratura italiana, scatenò molte polemiche, infuriando su tutti gli organi d'informazione nazionale. «Anche se qualcuno storse il naso, l'esperimento riuscì – continua Sigona –. Ancora oggi, i ragazzi ricordano a tal proposito le lezioni infarcite di note del professor Pietro Lauretta. Quest'ultimo, dallo scorso anno, è lettore di lingua italiana nell'Università di Tallinn, in Estonia» Ma come si è arrivati a formulare la nuova scelta? Risponde Sigona: «Di recente la casa editrice Sellerio ha introdotto la collana scolastica, introducendo le schede didattiche e le note dell'autore». «Il cane di terracotta», noto al grosso pubblico per la trasposizione televisiva, vede Salvo Montalbano imbattersi per caso in un giallo ambientato ai tempi della seconda guerra mondiale nella solita, immaginaria Vigata. Dalla tv alla scuola, il passo è stato breve».

Antonio Casa - La Sicilia 18.1.2003



"Il ladro di merendine"

cortometraggio a cura della scuola S.M.S "Ranzoni" di Pallanza-Verbania vincitore del festival nazionale di cortometraggi in digitale sezione scuole. (FIERID'ESSERCORTI, Monza 19-20 maggio 2004 www.fieridessercorti.it )

In una scuola cominciano a sparire delle merendine al cioccolato. Stufi di trovarsi senza merende, alcuni ragazzi decidono di investigare. Scoprono che si tratta di furti, ma non riescono ad individuare né colpevole né movente. Decidono allora di rivolgersi ad un professionista e contattano il commissario Montalbano, noto anche per aver avuto a che fare con le merendine in una sua indagine. Con il suo aiuto, i ragazzi scoprono che il colpevole è un loro compagno di classe il quale, stanco di sentirsi emarginato, aveva scoperto i vantaggi che le proprietà del cioccolato potevano arrecargli: miglioramento dell'umore, concentrazione e successi scolastici. Pentimento e lieto fine riportano il sereno in classe.

Regista: Nicole Stella, Scuola Media Statale "Ranzoni", Pallanza-Verbania

Autore, sceneggiatura, regia e produzione: Alunni del laboratorio di cinema delle classi seconde della S.M.S "Ranzoni" di Pallanza-Verbania








Last modified Saturday, July, 16, 2011