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Sei personaggi d’autore



Questa è la trascrizione, a cura di Paola Rossi (l'Amanuense), della puntata di "Sei personaggi d'autore" andata in onda su Tele+ il 31/10/2001. La trasmissione, in cui Curzio Maltese (nel seguito indicato con C.M.) intervista Andrea Camilleri (A.C.), aveva per titolo "La cultura popolare".

Non sono stati riportati i brani di libri di Camilleri apparsi a video o letti dall'attore Francesco Foti. Le trascrizioni dei vari inserti (scritte a video, film, TV, etc) sono parziali: del resto, non è facile riportare in testo scritto una trasmissione TV, anche se la nostra Amanuense c'è riuscita egregiamente! Di seguito diamo una LEGENDA dei simboli usati per indentificare gli inserti.

Una domanda che tutti vorremmo fare ad Andrea Camilleri, il segreto di uno straordinario, inatteso successo, non si può fare perché lui stesso non conosce la risposta, e nessun altro.
Dal dopoguerra l’Italia non ha mai avuto un fenomeno letterario paragonabile a questo. Romanzi lasciati nel cassetto per anni, rifiutati dagli editori oppure pubblicati nel silenzio, che d’improvviso ritornano, vengono ripubblicati e incontrano milioni di lettori in un paese che non legge, che rimangono quattro, cinque alla volta in testa alle classifiche delle vendite per mesi e mesi…
E allora, con il metodo d’indagine del suo personaggio più popolare che è il commissario Montalbano, si può cercare di raccogliere indizi su questo che è il giallo letterario del secolo.
C’entrano: il Mediterraneo, la Sicilia, una lingua inventata che è solo di Camilleri, il teatro e la televisione di una volta, il bisogno di giustizia, la sessualità, Georges Simenon e il suo Maigret, Vázquez Montalbán e una dose massiccia di ironia, di umanità. Non c’entrano, invece, l’America, il cinema d’azione, la violenza, il sangue, gli effetti speciali, come non c’entra lo snobismo da letterati di una certa tradizione letteraria italiana. È come se Camilleri, tra le mille prove di scrittore, le prove di linguaggio, le tante, molteplici esperienze della sua vita tra letteratura, teatro e televisione, avesse scoperto da solo, per una via misteriosa, la miniera d’oro di una genuina letteratura popolare, il segreto, tanto ricercato nei laboratori editoriali, per far leggere finalmente gli italiani.

C.M. Tu hai provato nella vita molti modi di espressione, però, dovendo parlare di qualcosa che sta al centro di tutte queste tue attività si dovrebbe parlare di cultura popolare che è un concetto sul quale si dovrebbe tornare a riflettere.

A.C Sai, è avvenuto che la cultura, in Italia, è sempre stata aristocratica e naturalmente, su questa linea, si è molto insistito, perché o c’era, da una lato, la scrittura grossa, alta, importante del Manzoni e dall’altra c’era la scrittura del Guerrazzi, parlo di uno scrittore popolare, cioè che era un po’ arrangiata, un po’ approssimativa: popolare…
Quello che è sempre mancato, è un tipo di letteratura medio-alta, che, ecco… cioè, nei paesi anglosassoni si trova girato l’angolo e che invece in Italia il concetto elitario di cultura ha sempre soffocato, portato alla non-considerazione.
Come lucidissimamente scrisse un grande critico che chiaramente non mi amava, non poteva amarmi, come Carlo Bo… però questo lo individuò chiaramente, che io venivo a occupare un posto che era stato lasciato libero dagli altri scrittori perché non considerato degno del loro sedere.

Carlo Lucarelli, scrittore. Beh, l’irruzione di Camilleri nel panorama letterario ha portato ottime conseguenze, anzi, è stata una di quelle cose che dovevano accadere… è uno dei motivi per cui il romanzo giallo viene considerato molto dal punto di vista letterario, critico e anche dal punto di vista letterario. Un altro dei piccoli passi per fare in modo che il romanzo giallo uscisse dal ghetto e diventasse letteratura… letteratura popolare, che vuol dire due cose: letteratura, cioè bei libri scritti bene, pensando alla scrittura, alla storia, libri di letteratura. Popolare, cioè letti da tanta gente, secondo me una delle forme di letteratura più alte che esistono… bei libri letti da tanta gente è meraviglioso.

A.C. Un giorno, nel 1998, sul finire del ’98, presentando un mio libro in una grande libreria di Firenze, e davanti a me avevo il mio solito pubblico dai 45 agli 80 vidi in fondo alla sala arrivare un gruppo di giovani ventenni, con gli orecchini e tutto… mi dissi: ecco, questa è la contestazione, memore del ’68. Invece alla fine, dopo avermi ascoltato, dopo aver fatto due o tre domande molto intelligenti, si misero in fila con gli altri per l’autografo e invece di… l’unica differenza da quello di dire scusi, dottore, mi fa una dedica per mia figlia Giuseppina… buttavano sgarbatamente il libro sul tavolo e dicevano "scrivi a Giovanni", questa era l’unica differenza. Ma all’improvviso quelli rappresentarono l’allargamento del ventaglio che portò i miei libri da 5.000 a 100.000, 200.000, 300.000…

  Fred Buscaglione, Il dritto di Chicago (mentre scorrono sullo schermo fotografie di Weegee degli anni 1935-1960)
"Io ho avuto da bambino Al Capone per padrino e mia madre mi allattava a whisky e gin…"

C.M. Perché è importante capire i meccanismi e in che cosa i meccanismi del giallo all’europea sono diversi da quelli del poliziesco all’americana?

A.M. Mah, sai, incominciamo col dire una piccola, sostanziale differenza: in tutta Europa, proprio tutta, Germania, Inghilterra, Francia, Italia, l’occhio privato, il "Tom Ponzi", il poliziotto della situazione non può, per nessuna ragione, occuparsi di un fatto di sangue; negli Stati Uniti può.

Immagini da Dick Tracy, creato da Chester Gould nel 1931

A.C. È un trauma giovanile, il mio… mi veniva da ridere… non parlo di Hammett o Chandler, cioè i due scrittori, soprattutto Hammett, con tutte le carte in regola per essere prima scrittori e poi poter essere etichettati nel ghetto dei giallisti. Parlo di quello che è il grosso romanzo giallo, quello hard, soprattutto, dove il poliziotto vede irrompere due sconosciuti nel suo studio alle 10 di mattina e che lo malmenano…

Humphrey Bogart malmenato da due bruti ne Il grande sonno di Howard Hawks del 1946, tratto da un noir di Raymond Chandler

A.C. …dopo di che va a mangiare, ha una rissa per l’hamburger, fa a cazzotti… alle 5 in un vicolo scuro gli sparano e lo pigliano di striscio…

Il grande sonno: Bogart vivo e vegeto dopo la sparatoria

A.C. …alle dieci lo colpiscono colle mazze da golf e a mezzanotte è a letto che fa l’amore con la bionda.

Il grande sonno: Lauren Bacall, dopo essere stata baciata da Humphrey Bogart: "Gradevole…vuoi riprovarci?"

A.C. Questa sorta di superomismo dell’occhio privato o dell’"annusapatte", come viene chiamato con dispregio dalla polizia, mi ha sempre fatto ridere. Io vedevo i commissari di P.S. che avevo conosciuto, come persone tranquille, serene, come Maigret, che puoi invitare a cena, e che siccome vengono a cena a casa tua lasciano la pistola a casa.

La corsa in macchina di Gallo, prima di incrociare la gallina, da La voce del Violino

A.C. Il personaggio del commissario Montalbano, con tutte le sue componenti, nasce dalla battuta finale de Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia, del capitano Bellodi, ex partigiano, che dice, trasferito, sa di dover tornare in Sicilia, e dice: "mi ci romperò la testa, ma ci torno".

"Il giallo è la forma più onesta di letteratura perché lettore e scrittore sono su un piano di parità: al lettore si richiede un esercizio intellettuale pari a quello di chi ha scritto la storia" Leonardo Sciascia

A.C. É questa ostinazione nel voler pervenire ad alcuni risultati che è alla base del carattere di Montalbano.

Fazio comunica a Montalbano che Mimì non è in commissariato perché andato al cementificio, dove ci sono gli operai in cassa integrazione che "hanno principiato a fare bordello"

C.M. Si ha l’impressione che questi eroi, questi commissari saggi, ironici, siano un po’ malinconicamente pervasi dalla consapevolezza che la giustizia si può ottenere, forse, solo in un singolo caso.

A.C. Questo sì… questo senso di composto scetticismo sul fatto di sapere che non sempre la verità, alla quale uno faticosamente è pervenuto, coinciderà poi con la verità processuale. Allora, molto spesso, il gioco di questi grossi commissari si riduce a un esercizio di appassionata logica che è la parte più bella dell’investigazione.

Assassinio sul Nilo di John Guillermin, 1978, tratto da un giallo di Agata Christie

A.C. Mentre prima i gialli rassicuravano che tutto sarebbe tornato nell’ordine costituito, il colpevole avrebbe pagato il fio delle sue colpe, la giustizia avrebbe trionfato, arrivati a un certo punto ci siamo venuti a trovare con delle possibilità di soluzioni aperte: siamo sicuri che il colpevole sia quello?

Carlo Lucarelli. Gadda, per esempio, il Pasticciaccio… eh, siccome non finisce come dovrebbero finire i gialli non è un giallo. Perché no? Fa la stessa cosa che cerchiamo di fare tutti noi, che potrei fare io, che fa Camilleri e tutti: giochiamo con le parole per riuscire a costruire una storia misteriosa e se alla fine diciamo l’assassino, questo è un particolare incidentale.

A.C. Questo è il segno di individuazione del romanzo giallo dei nostri giorni ed è anche, credo, la singolarità del giallo europeo.

"Siamo stati molto colpiti dalle globalizzazioni. Le multinazionali controllano l’affare delle polizie private e noi detective artigianali cominciamo ad essere visti come una curiosità antropologica" Manuel Vázquez Montalbán

Carlo Lucarelli. C’è un filo che unisce parecchi investigatori, c’è un filo che unisce Montalbano, Carvalho, Montale. Sono tutti investigatori particolari: apparentemente perdenti, però non è vero, però è vero che è gente… che non sono furbi, non sono astuti, non è gente, insomma che riesce a fare carriera grazie a queste cose. Sono tutte persone che sotto sotto comunque sono impegnate, in un certo modo. C’è in questi romanzi, in tutti i romanzi del noir di adesso, sicuramente una forma di impegno civile, di raccontare quello che ci circonda, le cose che non vanno bene, persone che non stanno zitte, se le cose non vanno bene.

A.C. Oggi il romanzo giallo è anche quello che dà la possibilità di illuminare meglio certe realtà locali, assai meglio di quanto non si possa fare con altri tipi di indagine. Quando io leggo i romanzi di Jean-Claude Izzo, ambientati nella Marsiglia dei giorni nostri, io capisco di Marsiglia assai di più di un trattato di socio-politica o socio-economia marsigliese.

  "Marsiglia, la mia città, sempre a metà strada tra la tragedia e la luce, si trasforma, per forza, nell’eco di ciò che ci minaccia" Jean-Claude Izzo, prefazione a Solea

A.C. Una cosa che ho sempre rimproverato a Simenon, leggendo Maigret, è che quando tu leggi Maigret, e sono ben 72 romanzi che occupano una vita, non riesci a capire niente di quello che sta succedendo in Francia in quegli anni. Ora, un personaggio come Montalbano che vive nel suo tempo, riceve le spinte del suo tempo e con queste spinte si confronta.

C.M Come leggi il voto siciliano?

A.C. Il voto siciliano ha scatenato alcune analisi, alcune delle quali mi hanno coinvolto in prima persona, cioè a dire che sul Corriere della Sera, un articolo di fondo di un notista politico dice che la responsabilità, in fondo, del voto politico siciliano è di Giancarlo Caselli, con lo strapotere della sua Procura e di uno scrittore come Andrea Camilleri al quale i siciliani si ribellano perché non fa altro che sputtanarli nel mondo con la sua letteratura. Magari… magari una regione si ribellasse alla letteratura di uno scrittore!

(scorrono immagini della vecchia tv in bianco e nero)
Questa è una storia che Andrea Camilleri non ha scritto ed è un peccato. È la storia della televisione. C’era una volta la televisione. C’era una televisione che era una grande fabbrica di cultura. La RAI dei veri concorsi, quella che selezionava il meglio dell’intelligenza italiana, dal giovane Umberto Eco a Carlo Emilio Gadda. Una televisione che è riuscita a unificare l’Italia più di Garibaldi, a fare gli Italiani, bene o male, dopo che l’Italia era stata fatta. Alla RAI Andrea Camilleri ha lavorato una vita fino alla pensione, come regista e produttore di prosa, dalle commedie di Eduardo alle mitiche serie del commissario Maigret. Naturalmente non era solamente l’età dell’oro, c’era la censura, c’era la sessuofobia, i veti, i divieti della gestione personale di Ettore Bernabei. Ma anche la sorprendente capacità di smentire sé stessi e di interessare un pubblico che non era ancora considerato, com’è oggi, soltanto una massa da vendere ai pubblicitari.

Le inchieste del commissario Maigret, 1964. Gino Cervi passeggia per un mercatino fumando la pipa e riflette sulla presenza del vecchietto nella casa della chiromante.

A.C. Mi ricordo, per esempio, la funzione politica della fiction. Questo non è smentibile perché io venni designato ad essere il produttore della serie di Maigret: misi in preventivo che non ce l’avrei fatta a mandare in onda la serie a marzo e venni chiamato dal direttore generale Ettore Bernabei, che è bello vivo e vegeto e che mi disse: "Ovvia, una ’osa ’osì non me la fa mi’a, sa… lei va in onda!". "Ma perché?". "Ci sono le elezioni, caro, bisogna che gli italiani stiano lì davanti alla televisione, a guardarsi il loro bravo Maigret, eh?, non facciamo storie". E io ho dovuto anticipare la produzione perché gli italiani stessero lì davanti al televisore, in attesa… bboni!… in attesa delle elezioni.

Aldo Grasso, critico televisivo. Mah, questo episodio che racconta Camilleri è estremamente sintomatico per capire il clima dell’epoca, dove si evince anche che Bernabei aveva capito una cosa importantissima: che nella televisione conta più il mezzo che il messaggio. E allora il compito della televisione è proprio quello di tenere la gente a casa. Nella versione Bernabei è anche tenere la famiglia unita. Questo doveva fare la televisione, questa era la sua vera missione, non mai dichiarata, ma quella più decisiva.

Le nuove inchieste del commissario Maigret, 1966. Gino Cervi (che fuma la pipa) con Andreina Pagnani, la signora Maigret, che ha una geniale intuizione.

Un giorno dopo l’altro, nella versione francese, mentre sullo schermo scorrono immagini di Georges Simenon

C.M. Simenon si faceva vivo?

A.C. No, mai. Quando andammo a trovarlo all’inizio, gli portammo la foto di Gino Cervi, che lui già conosceva e che gli piaceva moltissimo, e la foto di Andreina Pagnani che avrebbe dovuto fare la signora Maigret, che lui scartò immediatamente: "È troppo bella".

Andreina Pagnani, la signora Maigret, al telefono col marito. "Questa faccenda di Picpus mi sembra alquanto sospetta…."

A.C. Una signora anziana, sa… "Sempre bella!"

La signora Maigret, sempre al telefono col marito. "Tu dici che hai sempre tanto da fare e poi vai a pesca di lucci!"

A.C. "Possiamo invecchiarla…". "La bellezza non si nasconde". "Vabbè, ma ormai…". "No, guardi – disse a me – Maigret si è sposato giovane: lei immagina che un uomo giovane, posato, come Maigret, già con la testa sul collo, avrebbe corso il rischio – disse proprio così – di sposare una giovane così bella?".

Le gemelle KesslerStudio uno, 1966. "Su, su, giù, giù"

A.C. Certo, c’era la censura. Era una censura piuttosto dura, una censura cattolica, quella del periodo. Però, comunque, non era strisciante, era "patti chiari amicizia lunga", questo si può fare questo non si può fare e lì finiva il discorso.

Aldo Grasso. La cosa bella e perversa di Bernabei è che, non scrivendo sulla norma di censura, in realtà fece un progetto meraviglioso, perché instaurò la forma dell’autocensura.

A.C. La censura era esplicitamente di carattere moralistico-sessuale, non era altro.

Aldo Grasso. Tutto era molto chiaro, nel senso che non c’era nulla di scritto ma tutto era molto chiaro, cioè non bisognava fare battute contro la chiesa, contro il governo, e il sesso doveva essere limitato.

  "Oggi censurare è un lavoro retribuito e regolarmente riconosciuto. E oggi che tagliano tutti a che vale parlare di censura" Giorgio Saviane, Dietro il video

A.C. Mi ricordo che un giorno, occupandomi di una rivista, c’era quella castissima cantante e ballerina che è Zizi Jeanmaire.

Zizi Jeanmaire in Studio Uno, 1963 "E stop, gente gente gente stop, venite tutti qui stasera, un pizzico di gioia vi darò. Guardate me, solamente me…"

A.C. Zizi aveva questa calzamaglia, lunga e poi aveva un grosso, come si …, pullover, eh?, che la copriva. Ricevetti una telefonata dal Vaticano… un Monsignore ci diceva se era possibile allungare di due dita questo maglione di Zizi Jeanmaire. Bene, andai dalla Zizi Jeanmaire e gli dissi queste cose… "Va bene" disse "due dita bastano? Fin qua basta?"… e ti sfottono, anche, vabbè, pazienza… e glielo allungammo. Passa, va in onda, e un giorno ritelefona il monsignore, dice "Senta, non va bene ancora". "Perché – dissi – non va bene, monsignore? L’ho fatto allungare". "Sa – dice – la signorina alza le braccia e quando alza le braccia gli Italiani guardano tutti lì.".

Zizi saluta il pubblico alzando le braccia

A.C. Per esempio, dover tagliare, modificare, la traduzione di Garcia Lorca che diceva "tu non hai idea come sono venuto precipitosamente appena tu…" nel senso del venire, arrivare… via, tutto tagliato!

C.M. Ci pensavano in continuazione…

A.C. Non pensavano che a quello!

Immagini da Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco, 1998. In sottofondo, Marino Barreto jr. che canta La più bella del mondo

C.M. Credi che adesso sia cambiata? Che ci sia una censura diversa, sicuramente c’è, oppure è una corruzione, piuttosto che una censura…

A.C. Difficile, all’epoca, che ci fosse una censura politica, in RAI. Allora la politica di Bernabei era semmai una politica dell’inglobamento della opposizione.

Napoli milionaria di Eduardo De Filippo, con Totò. Eduardo: "Pasquà, io volevo sapere una cosa da te ma mi devi dire la verità: tu sei felice?". Totò: "Io sì"...

A.C. Bernabei ci teneva moltissimo alla collaborazione di Eduardo, perché era la prima collaborazione seria che avveniva tra uno scrittore dell’area di sinistra e la RAI.

(Scorrono immagini dei tre fratelli De Filippo col sottofondo di Malafemmina

A.C. Quindi bisognava fare in modo che Eduardo lavorasse tranquillamente e serenamente alla RAI rompendo una sorta di tabù dell’intellettuale di sinistra di ostracismo verso la RAI.

Filumena Marturano di Eduardo De Filippo "Mo’ è finita, sì, tu te ne vai… e se non te ne vai coi piedi tuoi, morto uscirai da questa casa"

Toni Servillo, attore. È sicuramente vero che Eduardo ha, con intelligenza, forse con astuzia, consegnato una testimonianza alla posterità, forte, comprendendo l’uso della televisione, quando la televisione è nata, per mettere un sigillo, imprimere un sigillo fortissimo con le sue interpretazioni, i suoi personaggi. Come a dire, chi farà i testi di Eduardo dopo Eduardo eh, son problemi…

"Giacchè c’è questo mezzo che si chiama televisione mi è sembrato giusto adoperarlo per lasciare un "documento"" Eduardo De Filippo

A.C. Giocavano a casa sua, a casa del padre di mia moglie, suo padre, Titina, Eduardo, Peppino e Carloni, marito di Titina… giocavano a poker in cinque. Giocando a poker in cinque, che si fa? Si mettono i sei. Carloni si alza e va a bersi un bicchiere d’acqua, piglia ’sto bicchiere – era come di casa – scivola, si rompe il bicchiere… si taglia, proprio qui [indica il polso, NdT], esce sangue… succede un casino napoletano, essendo tutti napoletani a Milano, in quella casa. Eduardo rimane solo, seduto. Titina si precipita nella sala da pranzo e dice: "A Eduà… s’è tagliato ’a vena! Gli esce sangue! Come facciamo?", E Eduardo dice: "Leviamo i sei".

Napoli milionaria di Eduardo De Filippo "Una bella litigata, ogni tanto, fa piacere…s i vengono a sapere i fatti degli altri senza faticare"

A.C. Quando facevo il produttore e regista televisivo, quanti attori facevano per la prima volta la televisione… All’origine pativano tanto la mancanza del pubblico. Io mi ricordo quando Eduardo improvvisò certe scenette che dovemmo registrare su due piedi e lui le improvvisava, quindi i signori tecnici, quelli che registravano, i cavisti, non avevano mai visto… non riuscivamo ad andare avanti perché sentivi ’ste risate continue…

Toni Servillo. Eduardo con grande, con supremo vezzo amava dire, alla fine della sua carriera, in privato ma forse anche in pubblico… adesso non ricordo in quale circostanza, rivolgendosi al mondo del teatro, "Attenzione, io sono l’epilogo", come a dire che lui aveva la netta consapevolezza di essere espressione ultima di un teatro che era vissuto nel paese, in Italia, ancora come una necessità.

A.C. Un giorno – stavo scendendo a via Teulada – e un signore mi fa: "C’è Eduardo, c’è Eduardo". Mi raggiunge Eduardo e mi fa: "Camilleri, come state". "Come state voi? So che vi hanno messo il pace-maker". "Sto bene, sto bene", e poi mi fa: "So che dopo di me avete lavorato con mio fratello Peppino". "Sì.".
(Camilleri, imitando Eduardo, fa una faccia contrita, dà una pacca sulla spalla a C.M.-A.C.)
"La vita!"
(dando un bacio sulla guancia e un’altra pacca consolatoria sulla spalla a C.M.-A.C.)

Sigla di apertura con balletto da Studio uno, 1963

C.M. L’impressione, il ricordo, è di una televisione più bella, più intelligente…

A.C. …più seria, più intelligente, più incidente… incidente nel senso che incideva, no? Ricca, ricca di idee, di voglia di fare.

Aldo Grasso. C’era una cura maniacale e il tempo sufficiente per mettere in scena tutti questi grandi varietà… nel senso che un balletto lo si provava anche quindici giorni, prima che andasse in onda.

Un boogie da Studio uno

A.C. I momenti alti della televisione, per esempio l’intrattenimento televisivo, il varietà, è stato sempre importato in Italia da grossi personaggi dello spettacolo, ma proprio grossi: Walter Chiari, Alberto Lupo, ai suoi tempi, Mina.

Mina che presenta e canta Tarataratata tararatata, Studio uno, 1966

A.C. Una volta mi misero in contatto, la RAI mi mise in contatto con un produttore americano che voleva fare delle produzioni televisive in Italia, uno show televisivo che faceva negli Stati Uniti. Questo produttore americano, così importante, si terrorizzò quando vide il nostro Giardino d’inverno, Studio Uno… e disse "Ma questo non ha senso" e io dissi "Perché non ha senso?", "Ma come? Ma quante star ci sono dentro questo programma? 5, 6…Ma è un modo di sprecare i soldi, questo? Un programma televisivo si fa con una star e una spalla, come facciamo noi negli Stati Uniti…"

Walter Chiari a Studio uno che presenta: Rita Pavone, Don Lurio, il Quartetto Cetra, 1963

A.C. Certo che Studio uno, splendidamente fatto, tra l’altro, da Antonello Falqui e da Guido Sacerdote, richiamava più pubblico della prosa che io facevo. Però, quando io ho fatto come produttore e come regista Finale di partita di Samuel Beckett, difficilissimo per il pubblico di allora, e l’ho fatto barando perché ho chiamato Renato Rascel per fare uno dei due personaggi e l’altro Adolfo Celi, allora notissimo (aveva fatto anche il cattivo con 007)… col contrabbandare Beckett attraverso due attori notissimi io ebbi 700.000 spettatori.

Renato Rascel e Adolfo Celi in Finale di partita di Samuel Beckett, regia di Andrea Camilleri

A.C. Ma dall’ufficio competente mi dissero "E’ un flop"… Era un flop rispetto alle televisioni private che già cominciavano a esserci, però erano 700.000 spettatori! Neanche lavorando sei anni in teatro a Roma io sarei mai riuscito ad avere quel numero di spettatori…

Immagini da pubblicità varie di Carosello

C.M. Con che occhi guardi adesso la televisione? Ammesso che tu la guardi…

A.C. Mah, sai, la televisione oggi la guardo con un occhio estremamente disincantato, però è antipatico dirlo, non vorrei fare come ai miei tempi… "ai miei tempi" è una frase che io odio… I miei tempi non ci sono, ci sono altri tempi. Voglio dire che questi altri tempi non sono sfruttati al meglio. Quindi, allora, la domanda è: a che punto di calo di livello si è ridotto il pubblico televisivo?

"I nemici della democrazia non sono del tutto consapevoli del potere della TV. Ma quando se ne saranno resi conto la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi" Karl. R. Popper

C.M. Un’altra passione della tua vita, visto che le abbiamo citate quasi tutte, è stata la politica. Anche prima delle ultime elezioni sei entrato nel voto in maniera anche molto divertente. Come consideri questa stagione politica? Tu hai militato per anni nel Partito Comunista…

A.C. Il problema, oggi, per uno come me che ha vissuto dentro certe idee, convinto fino all’ultimo di certe idee, è purtroppo quello di un tentativo di consuntivo che tu a tutti i costi non vuoi chiudere in termini fallimentari. Come posso dire? Denuncerebbero l’inanità e la vanità, in fondo, di quello che è stato tutta una vita. Certo è un umiliazione più grossa di farsi parare un gol da un portiere così stupido che non ha capito che stavi facendo una finta. Ma oggi temo proprio di avere parato tutti i tiri in porta.

"Tutto di questo libro, nomi, cognomi, situazioni, è inventato di sana ràdica. Se qualche coincidenza c’è, è dovuta al fatto che la mia fantasia è limitata" Andrea Camilleri (dalla Nota a La gita a Tindari)

Mina canta E se domani (Carlo Alberto Rossi) mentre scorre la bibliografia di Camilleri, con immagini delle copertine dei suoi libri.



trascrizione, a cura di Paola Rossi (l’Amanuense),





Last modified Saturday, July, 16, 2011