Soltanto un naso rosso
"È una riflessione profonda sul rapporto tra arte e pubblico, sugli artisti che devono confrontarsi con una realtà sempre mutevole". Nessuno meglio di Andrea Camilleri può definire Soltanto un naso rosso, il film che Rocco Mortelliti ha tratto dall'omonima pièce teatrale che nel 1986 partecipò al Premio Idi e che ora è arrivata sul grande schermo grazie all'impegno di un gruppo di studenti dell'Accademia Nazionale di Arte Drammatica "Silvio D'Amico". Il padre del Commissario Montalbano è infatti in qualche modo "padrino" anche del film, visto che all'epoca scrisse la prefazione della piéce (quando fu pubblicata su Teatro Scenario) e che oggi ha supervisionato la sua trasformazione in sceneggiatura per il cinema, dando dei preziosi consigli al regista.
Rocco Mortelliti ha girato un film ambientato nel mondo del circo tra Fellini e Kafka, tratto dalla sua commedia teatrale Soltanto un naso rosso, nella propria città natale, Ceprano (in provincia di Frosinone). L’ex cartiera e altri siti industriali hanno fatto da scenografia alla nuova pellicola dell’attore di teatro allievo di Strehler, cresciuto come regista al fianco di mostri sacri quali Passalacqua, Camilleri, Lizzani, Scola e D’Alessandria. Commenta Mortelliti: “È stata mia figlia Alessandra, che fa parte del cast (c'è pure un cameo di Antonello Fassari e due mimi francesi, “I Parapiglia”, della scuola di Marcel Marceau) a convincermi. Gli effetti e la presa diretta, sono a cura del Conservatorio di Frosinone "Licinio Refice". E gli stessi allievi del conservatorio registreranno la colonna sonora sotto la direzione del maestro Antonio Di Pofi. La scenografia è di un ragazzo di Castro che si chiama Mario Mantua. Il progetto è possibile grazie al Comune di Ceprano”. “Il film l'ho fatto per una questione di cuore – continua Mortelliti – ma anche per lanciare un’idea: trasformare in teatro di posa (cinematografica) o di prosa l’ex cartiera di Ceprano. Ho voluto ambientare lì la mia storia, perché era un simbolo di benessere. Ricordo che chi entrava in cartiera si sentiva “arrivato”. Un vero status symbol negli anni del boom economico. Mi è rimasta impressa l’arroganza di tanta gente che lavorava lì e si sentiva “importante”. Poi nel giro di poco la cartiera è andata in malora. Dalle stelle alle stalle. Una vicenda che mi ha insegnato ad essere umile, perché la vita è una ruota che gira”. |
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Wednesday, July, 13, 2011
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